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Spazi musicali

Nel documento Complessità e musica (pagine 99-102)

5.2 Spazi matematici, spazi sonori e musicali

5.2.2 Spazi musicali

Lo spazio sonoro tridimensionale continuo pu`o essere discretizzato in una infinit`a di modi diversi, ciascuno dei quali determina l’insorgere di un diverso reticolo tridimensionale che definisce tutti e soli i possibili punti ammissibili da una data struttura musicale fuori dal tempo che nel seguito chiameremo spazio musica- le e che indicheremo con M [16]. L’arbitrariet`a che `e alla base del processo di discretizzazione consente di poter impiegare questo sistema di rappresentazione per qualsiasi sistema musicale sia esso gi`a esistente o di l`a da venire. La ricer- ca etnomusicologica contribuisce ad avvalorare questa tesi mostrando che per quanto riguarda, per esempio, le scale musicali esistono nelle varie culture scale molto diversificate, artificiali, spesso soggette a variazioni ed eccezioni piuttosto singolari [1]. La constatazione di tale ricchezza di variet`a induce, dunque, gli studiosi a non pensare pi`u alla scala musicale come qualcosa di unico, fissato e “naturale” fondato sulle leggi stesse dalla costituzione del suono musicale. Gli studi etnomusicologici hanno messo in luce la coesistenza e la pari dignit`a di valore dei vari sistemi musicali che si sono evoluti nelle diverse regioni del mon- do. Ogni sistema musicale `e caratterizzato da una diversa discretizzazione dello spazio sonoro continuo che si `e evoluta storicamente in base a scelte estetiche e funzionali all’interno di una determinata cultura e in una ben definita regione geografica. Da questo punto di vista appaiono, dunque, vani gli sforzi di co- loro che intendono dimostrare, al contrario, la superiorit`a e l’ineluttabilit`a del sistema tonale sviluppato in occidente. Tali sforzi si scontrano profondamente con il carattere assolutamente arbitrario delle diverse discretizzazione possibi- li dello spazio sonoro. L’evoluzione del pensiero musicale, in aree geografiche differenti e durante epoche storiche diverse, ha seguito vari percorsi che sulla base di criteri e di scelte puramente culturali hanno condotto al consolidarsi di determinati sistemi e pratiche musicali. Lo sviluppo della musica del secondo Novecento, assieme alla nascita della musica elettronica sembrano dimostrare in maniera chiara la fragilit`a della tesi della superiorit`a e dell’ineluttabilit`a del si- stema tonale occidentale. Inoltre, la nascita dell’Informatica musicale da un lato ha fornito la possibilit`a di operare direttamente all’interno dello spazio sonoro continuo, e d’altra parte ha dato l’opportunit`a di creare in maniera semplice un gran numero di discretizzazioni di tale spazio continuo moltiplicando il numero di sistemi musicali possibili. Queste le ipotesi su cui fondare la sperimentazione dell’uso dello spazio sonoro e delle varie discretizzazioni che portano a ottenere diversi spazi musicali come strumento di rappresentazione di sistemi musicali gi`a esistenti o di l`a da venire. La nuova musica potrebbe nascere proprio dall’esplo- razione di nuovi spazi musicali, soltanto l’evoluzione che nel tempo subiranno il pensiero, la societ`a e i gusti degli individui potr`a fornire una misura del loro reale valore musicale.

Una data discretizzazione dello spazio sonoro porta a ottenere un certo spazio musicale M che pu`o essere rappresentato mediante un reticolo tridimensionale immerso nello spazio sonoro. Questo reticolo `e costituito da un certo numero di punti dello spazio sonoro che da un punto di vista musicale determinano i valori di altezze, durate e intensit`a ammissibili dalla discretizzazione che si `e scelto d’impiegare. L’insieme di note ammissibili in un dato sistema musicale, consi- derate come eventi caratterizzati da altezza, durata e intensit`a, corrispondono a tutti i vari punti appartenenti al reticolo. Ci`o comporta, in maniera inversa, che la scelta di un dato reticolo determina univocamente la scelta dei valori am-

missibili di altezza, durata e intensit`a. Limitandosi solo al caso del parametro altezza, l’impiego di un determinato sistema di quantizzazione dell’asse delle altezze determina di conseguenza la scelta di una data gamma o la scelta di una data scala o tonalit`a. Cos`ı allo stesso modo la discretizzazione che si realizza per gli altri parametri determina l’insieme dei valori ammissibili all’interno del- lo spazio musicale. Per esempio le durate possono essere discretizzate secondo la consueta notazione musicale fissando un tempo di riferimento (generalmente indicato in battiti per minuto – BPM) e quantizzando i valori di durata am- missibili secondo i valori 4/4, 2/4, 1/4, 1/8, 1/16, 1/32. In maniera simile `e possibile realizzare la discretizzazione dell’asse relativo all’intensit`a utilizzando ad esempio una suddivisione basata sull’uso delle indicazioni dinamiche utiliz- zate nella notazione tradizionale (ppp – pi`u che pianissimo, pp – pianissimo, p – piano, mp – mezzopiano, mf – mezzoforte, f – forte, ff – fortissimo, fff – pi`u che fortissimo). La figura 5.12 mostra un reticolo discreto immerso nello spazio sonoro.

Figura 5.12: Reticolo discreto immerso nello spazio sonoro.

Cos`ı come proposto da Xenakis [108], lo spazio musicale viene appositamen- te definito per la rappresentazione di musica strumentale `e, quindi, preferibile prendere in considerazione i parametri percettivi del suono, pi`u legati alla pra- tica musicale rispetto ai parametri fisici, finora utilizzati nella definizione degli spazi sonori. I parametri percettivi che definiscono i suoni orchestrali sono: p – altezza: attributo del suono che dipende principalmente dalla frequenza

di vibrazione dell’onda sonora;

d – durata: intervallo di tempo nel quale viene emesso il suono;

i – intensit`a: attributo del suono che dipende soprattutto dall’ampiezza delle vibrazioni di un onda sonora;

c – timbro: attributo del suono legato alla sua forma d’onda che dipendente dal contenuto spettrale e dalla variazioni che subiscono nel tempo le sue diverse componenti di frequenza.

Poich`e questi parametri, entro certi limiti,8 possono essere considerati come

indipendenti fra loro l’introduzione del concetto di spazio musicale pu`o risulta- re estremamente utile come strumento di rappresentazione formale degli eventi musicali. Diverse tipologie di spazi musicali possono essere costituite tramite la scelta e la combinazione di questi quattro parametri. ´E necessario sottolinea- re che il timbro, per sua definizione, `e caratterizzato di per se da una natura multidimensionale, da ci`o deriva che risulta impossibile rappresentare questo attributo mediante un unico parametro. Considerare il timbro in tutta la sua complessit`a porterebbe al bisogno di utilizzare spazi multidimensionali carat- terizzati da un infinito numero di dimensioni. Per semplicit`a `e possibile con- siderare esclusivamente un insieme di timbri predefiniti ordinati ed etichetatti mediante un apposito numero. In tal modo si pu`o rappresentare una famiglia di timbri mediante un unico parametro che pu`o essere facilmente utilizzato come una delle dimensioni dello spazio musicale. Da quanto detto deriva che `e pos- sibile rappresentare una qualsiasi nota prodotta da uno strumento orchestrale mediante un punto m immerso in uno spazio a quattro dimensioni, cos`ı come illustrato nella relazione 5.3.

m = {p, d, i, c} (5.3)

Per realizzare questa rappresentazione pu`o essere utilizzato lo standard definito dal protocollo MIDI che consente di associare ai valori assunti dai diversi para- metri musicali appositi valori numerici. Per semplicit`a di trattazione a partire dallo spazio musicale M a quattro dimensioni `e possibile ricavare diversi spa- zi a dimensione inferiore che `e possibile utilizzare per la creazione di strutture musicali. Per esempio `e possibile prendere in considerazione uno spazio tridi- mensionale M1 costituito dalle tre variabili altezza (p), durata (d), intensit`a (i),

all’interno di questo spazio una melodia M e pu`o essere rappresentata mediante una sequenza di punti (note):

M e = {m1, m2, ..., mi, ...mn|mi∈ M }, (5.4)

in cui la generica nota `e definita come: mi= {p, d, i}. L’immagine (a) in figu-

ra 5.13 mostra una sequenza di note, una melodia, rappresentata nello spazio musicale. Lo spazio tridimensionale costituisce la struttura fuori tempo, men- tre il moto di un punto all’interno dello spazio costituisce una struttura nel tempo. Se si realizza una opportuna codifica mediante numeri interi dei valori ammissibili per i tre parametri che costituiscono il reticolo caratteristico dello spazio musicale M1, `e possibile individuare ciascuna nota mediante una terna

di numeri interi. In tal modo una melodia pu`o essere rappresentata mediante una funzione f del tipo:

f : N → N3 (5.5)

che rappresenta una applicazione che associa a una sequenza di numeri natu- rali una terna di numeri naturali, che individuano, secondo la codifica appena definita, la nota musicale. Tramite quest’approccio `e possibile, inoltre, dare una rappresentazione di una polifonia, ossia dell’evoluzione di due o pi`u linee melodiche come il moto simultaneo di due o pi`u punti all’interno allo spazio. 8Gli studi di psicoacustica dimostrano che questi quattro parametri percettivi sono collegati

fra loro in maniera complessa. Nonostante queste relazioni, entro certi limiti, l’ipotesi di indipendenza pu`o ritenersi comunque valida.

Allo stesso tempo `e possibile considerare l’analisi o la creazione di strutture ar- moniche mediante lo studio di un sistema di punti che si muovono nello spazio musicale in funzione del tempo.

(a) Una melodia rappresentata nello spazio musicale altezza, durata, velocity.

(b) Due melodie rappresentate nello spazio musicale altezza, durata, timbro.

Figura 5.13: Diverse melodie rappresentata in opportuni spazi musicali. ´

E possibile, inoltre, prendere in considerazione altri spazi tridimensionali costi- tuiti a partire dallo spazio M a quattro dimensioni. Per esempio un altro spazio

M2 pu`o essere costituito dalle tre variabili altezza (p), durata (d), timbro (c).

L’impiego di questo spazio potrebbe essere molto utile per la rappresentazio- ne di polifonie suonate da diversi strumenti che possono essere rappresentate mediante curve definite su piani altezza–durata caratterizzati da valori diversi della variabile timbro. L’immagine (b) in figura 5.13 mostra due diverse melodie eseguite mediante timbri differenti.

Nel documento Complessità e musica (pagine 99-102)