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Gli strumenti litic

§ 109. Una selva classificatoria

Paleolitico, mesolitico e neolitico designano tappe progressive nell’evoluzione tecnica del nostro genere. Orientarsi nello studio degli strumenti litici non è impresa facile: essi sono diversamente raggruppati e studiati in base al tipo; allo stile; al periodo geologico; al luogo di ritrovamento; a sequenze archeologiche di valore nazionale; a somiglianze con altri attrezzi già noti; alla specie a cui sono associati; e così via. Inoltre, i diversi modi e stili di fabbricazione non si susseguono ordinatamente nel tempo gli uni agli altri, ma si sovrappongono su periodi anche lunghissimi. Infine, gli strumenti litici sono di per sé di difficile datazione, per cui bisogna affidarsi ai dati di contesto.

Per comodità espositiva, e senza inoltrarci nella selva dei nomi e degli stili, ci limiteremo qui a una descrizione di massima dei modi tecnici che si succedono lungo l’arco evolutivo del genere Homo. È bene precisare che non si tratta di culture ma, appunto, di modi tecnici, impiegati più o meno allo stesso modo non solo da gruppi diversi di una medesima specie, ma anche da specie diverse e forse perfino, almeno per quanto riguarda l’olduvaiano, da generi diversi. Inoltre, se col progredire del tempo le tecniche di lavorazione della pietra andavano perfezionandosi, nulla vietava a ominidi tecnicamente più avanzati di costruire, se bisogno c’era, attrezzi più rudimentali.

Figura 14 Schema dei periodi tecnici che si susseguono nell’arco

dell’evoluzione del genere Homo

Periodo tecnico

Industrie Tempo Specie

Paleolitico inferiore Olduvaiana 2.500.000 – 500.000 H. habilis, H. ergaster, H. erectus Acheuleana 1.800.000 – 120.000 H. ergaster, H.

erectus, H. heidelbergensis medio Musteriana 300.000 – 30.000 H. neanderthalensis

superiore 40.000 – 10.000 H. sapiens

Mesolitico 10.000, fino all’introduzione

dell’agricoltura

H. sapiens Neolitico dall’introduzione dell’agricoltura

all’uso dei metalli

H. sapiens

I diversi modi tecnici si susseguono secondo un ordine crescente di complessità. Gli attrezzi olduvaiani o, a seconda delle classificazioni, gli attrezzi di modo 1, sono i primi a comparire nelle stratigrafie, ma questo non significa che si tratti dei primi strumenti utilizzati né dei primi a essere consapevolmente costruiti. Gli scimpanzè, così come le altre grandi antropomorfe e come diverse specie di mammiferi, utilizzano regolarmente attrezzi; alcuni di questi vengono “trovati” nell’ambiente circostante e usati così come sono; altri, come i bastoncini per pescare le termiti, vengono consapevolmente e accuratamente preparati. È quindi plausibile che l’impiego consapevole di attrezzi preceda i più antichi strumenti litici; dal punto di vista archeologico, la caratteristica vantaggiosa degli strumenti in pietra è che, a differenza di quelli in legno, si conservano nelle stratigrafie, rendendone possibile lo studio a distanza di milioni di anni.

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§ 110. Paleolitico inferiore, industria olduvaiana (Modo 1)

L’industria olduvaiana è la prima industria ominide della preistoria e inaugura il periodo paleolitico (apre, cioè, l’“età della pietra”). Associata inizialmente alla specie Homo habilis (di cui, tra l’altro, giustificava il nome), oggi l’attribuzione di specie non è certa né per quanto riguarda gli inizi dell’olduvaiano, né nel lungo periodo della sua permanenza. Si suppone comunque che le zone di Olduvai in Tanzania, da cui l’olduvaiano prende nome, e di Omo in Etiopia siano i primi siti in cui le ominide hanno costruito attrezzi in pietra scheggiata.

Gli attrezzi olduvaiani più antichi sono stati datati – tuttavia in modo incerto – 2,6 milioni di anni fa. Non sono mai stati trovati associati a fossili di ominidi, ma si suppone comunque (forse per pregiudizio antropocentrico) che siano di fattura ominide. Homo habilis resta il candidato più probabile, anche perché la maggior fioritura della tecnica olduvaiana si registra in Africa fra 2,4 e 1,7 milioni di anni fa; alcuni, tuttavia, sostengono che non è impossibile che le ultime specie di australopitecine gracili, coeve a Homo habilis, e più tardi le australopitecine robuste, fossero in grado di padroneggiare la scheggiatura monofacciale. Verso l’alto, le stratigrafie africane hanno prodotto strumenti olduvaiani datati al tempo di Homo erectus, 1,4 milioni di anni fa. Al di fuori dell’Africa, attrezzi olduvaiani datati forse 2 milioni di anni sono stati trovati in Asia (Pakistan e Iran) e, più recenti, in Europa, datati fino a 500.000 anni fa. Si stima che la tecnica olduvaiana sia stata definitivamente abbandonata 250.000 anni fa.

Si tratta di un modo di lavorare la pietra estremamente semplice, poiché consiste nello sfruttamento dei bordi taglienti. Il bordo di una pietra viene percosso con un’altra pietra di forma tondeggiante (la cosiddetta “pietra-martello”) fino a far saltare una grossa scheggia, o comunque a spezzare la pietra in lavorazione. Come risultato si produrrà, tanto sulla pietra-base quanto sulla scheggia (che nell’olduvaiano sono spesso indistinguibili), una superficie tagliente che potrà essere usata per diversi scopi; questo processo è noto col nome altisonante di

riduzione litica. È possibile che i primi attrezzi fossero, semplicemente, delle pietre spezzate. Gli attrezzi prodotti tecnicamente sono riconoscibili da pietre spezzatesi a causa di processi naturali in base alla presenza dei segni caratteristici che la pietra-martello lascia in prossimità della frattura. I materiali usati erano prevalentemente quarzo, quarzite, basalto, ossidiana e selce.

Figura 15 Schema di attrezzo olduvaiano149.

Gli attrezzi olduvaiani servivano sia nella lavorazione del legno che, soprattutto, nella lavorazione delle pelli e, probabilmente, nella macellazione degli animali. A seconda del tipo di lavoro da fare era impiegata la pietra oppure la scheggia. Nella classificazione di Mary Leakey,

149 Immagine scaricata da Wikipedia, liberamente riproducibile nei termini della GNU General Public

147 le pietre-base erano heavy duty tools, ovvero attrezzi da lavoro pesante, mentre le schegge erano

light duty tools, ovvero attrezzi da lavoro leggero. I chopper (ovvero, le pietre con superficie tagliente) potevano essere sia monofacciali, creati scheggiando un solo lato, che bifacciali, prodotti scheggiando entrambi i lati.

L’attribuzione di un attrezzo in pietra scheggiata al periodo olduvaiano o al seguente periodo acheuleano non è sempre facile e sono stati proposti diversi criteri: temporale (olduvaiano = Paleolitico inferiore, acheuleano = Paleolitico medio), geografico (olduvaiano = Africa, acheuleano = Europa), tipologico (olduvaiano = attrezzi monofacciali, acheuleano = attrezzi bifacciali). Oggi si preferisce basarsi sulla complessità tecnica della lavorazione. Gli attrezzi prodotti per percussione semplice sono olduvaiani, quelli ritoccati facendo saltare piccole schegge fino a raddrizzare il bordo tagliente sono acheuleani.

§ 111. Paleolitico inferiore, industria acheuleana (Modo 2)

La tecnica acheuleana, sviluppata in Africa, è stata impiegta lungo la maggior parte della storia evolutiva di Homo: la si trova associata a H. ergaster, H. erectus, H. heidelbergensis e alle prime forme di H. neanderthalensis. La datazione degli strati contenenti attrezzi acheuleani va da 1,65 milioni di anni (nella regione del West Turkana in Kenya) fino a circa 100.000 anni fa. Si suppone tuttavia che la comparsa dell’acheuleano possa risalire anche a 1,8 milioni di anni fa ed essere associata a Homo ergaster. In ogni caso, gli attrezzi acheuleani si sovrappongono largamente prima a quelli olduvaiani e poi a quelli musteriani. Gli insiemi acheuleani più antichi contengono anche molti attrezzi di tecnica olduvaiana e non sono stati trovati esempi di transizione fra le due tecniche (ammesso che, fra due tecniche così basilari, una transizione sia effettivamente possibile). Le suddivisioni in periodi della tecnica acheuleana sono variabili a seconda della regione geografica.

La tecnica acheuleana comincia col lavorare la pietra nel modo olduvaiano, ovvero facendo saltare grosse schegge dal bordo della pietra-base. Poi rilavora i bordi della pietra scheggiata con martelli di osso e corna, che permettono un controllo più fine della percussione e la definizione precisa della superficie tagliente. A differenza dell’industria di modo 1, quella di modo 2 produce schegge più piccole e lavora solo la pietra-base, sebbene alcuni strumenti più piccoli venissero ricavati anche dalle schegge; inoltre, l’industria di modo 2 lavora il materiale simmetricamente e sempre su entrambi i lati.

Figura 16 Schema di attrezzo acheuleano150.

150 Immagine scaricata da Wikipedia, liberamente riproducibile nei termini della GNU General Public

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I materiali sono scelti a seconda della disponibilità locale (selce, basalto, calcedonio, quarzite, arenaria e anche calcare) e gli attrezzi vengono fabbricati accanto alle fonti di pietra grezza. La varietà di attrezzi prodotti con tecnica acheuleana è più alta di quella prodotta con tecnica olduvaiana; l’analisi dei bordi ha tuttavia mostrato che non c’era una vera e propria produzione di attrezzi specializzati e ogni strumento era impiegato, a seconda delle circostanze, per scopi differenti.

Nell’analisi di questi manufatti è bene evitare interpretazioni utilitaristiche: in alcuni siti sono stati trovate insiemi di centinaia di asce a mano, alcune troppo grandi, altre del tutto inutilizzate, che fanno pensare a “oggetti privi di funzione”. (Naturalmente, è sempre possibile piegare l’assenza di funzione pratica a significare una funzione simbolica: alcuni sostengono, ad esempio, che le asce meglio costruite davano prestigio, e magari anche accrescevano il sex

appeal, del costruttore; ma siamo nel regno delle ipotesi inverificabili e, ancora una volta, nella logica adattazionista.)

Secondo alcuni autori, la simmetria, la varietà e la bellezza degli attrezzi acheuleani indica che i costruttori avevano un livello cognitivo maggiore rispetto ai costruttori olduvaiani e che, probabilmente, disponevano di una forma di linguaggio. Secondo altri, invece, non vi è alcuna correlazione necessaria tra l’abilità tecnica necessaria alla costruzione di attrezzi e il comportamento linguistico.

§ 112. Paleolitico medio, industria musteriana (Modo 3)

Musteriano è il nome che prende in Europa il Paleolitico medio. La diffusione della tecnica musteriana coincide con la presenza di Homo neanderthalensis; comincia circa 300.000 anni fa e ha termine 30.000 anni fa; è diffusa in Europa, in Africa e nel Vicino oriente.

La tecnica musteriana è caratterizzata dalla lavorazione delle schegge. Mentre la tecnica acheuleana prediligeva la lavorazione della pietra base, da cui veniva ricavato lo strumento finale attraverso un processo di affinamento progressivo della superficie tagliente, quella musteriana lavora la pietra-base in modo da poter far saltare schegge della forma voluta, da cui poi ricavare l’attrezzo finale, più piccolo e tagliente.

Il materiale usato per la costruzione degli attrezzi dipende dalla disponibilità locale; in generale, aumenta in questo periodo l’uso della selce.

Il musteriano produce un maggiore varietà di attrezzi rispetto all’acheuleano: diminuisce la quantità di asce a mano, aumentano le punte, i raschiatoi, gli attrezzi denticolati. Il tipo prevalente varia da sito a sito: questo lascia supporre che i costruttori usassero attrezzi diversi in luoghi diversi, a seconda del tipo di attività che dovevano svolgere, e che gruppi diversi avessero schemi di sussistenza differenti e impiegassero quindi set diversi di attrezzi.

§ 113. Paleolitico superiore

Il Paleolitico superiore va, grosso modo, da 40.000 a 10.000 anni fa, è associato alla sola specie Homo sapiens e rappresenta una vera e propria rottura rispetto ai periodi precedenti.

Il primo elemento notevole è il periodo delle prime manifestazioni, che non corrisponde alla comparsa di alcuna nuova specie, né all’emergere di trasformazioni anatomiche: quando la cosiddetta “rivoluzione del paleolitico superiore” comincia a essere visibile, H. sapiens è già comparso da diverse decine di migliaia di anni (l’origine biologica della nostra specie è datata a circa 200.000 anni fa), si è già espanso per tutto il vecchio mondo, e nei resti fossili del periodo non si nota alcuna particolare modificazione che lasci supporre capacità cognitive aumentate.

Per molto tempo, quindi, la nostra specie, pur dotata di tutte le caratteristiche anatomiche moderne, mantiene lo stesso stile di vita e lo stesso livello tecnologico dei predecessori e dei

149 contemporanei. Poi, in modo piuttosto brusco, attorno a 40.000 anni fa cominciano a prodursi una quantità di stili culturali regionali; vengono impiegate nuove e più efficienti tecniche di caccia; e conosce un’impennata anche la cura estetica, tanto nella produzione degli attrezzi che nelle forme più propriamente artistiche (dipinti, ornamenti personali, strumenti musicali, statuette ecc.).

Per quanto riguarda la produzione di attrezzi in pietra, l’innovazione tecnica principale consiste nell’introduzione di strumenti specializzati: mentre nel Paleolitico inferiore e medio tutti i gruppi umani producono lo stesso ristretto insieme di attrezzi generici, nel Paleolitico superiore le forme diventano funzionali agli scopi. Il materiale lavorabile si estende a comprendere osso e avorio, ciò che permette l’emergere rapido di una varietà di stili differenti; compaiono pertanto bulini, frecce di foggia avanzata e arpioni. Inoltre, le industrie si basano sulle lame lunghe, sottili e “polivalenti” come materiale di base anziché sulle schegge, più corte e meno plasmabili.

Intorno a questo periodo compaiono anche i primi resti di accampamenti organizzati, costituiti di abitazioni fatte con tende, dotati di pozzi per lo stoccaggio e ubicati in punti critici per la caccia; si suppone che in concomitanza con queste trasformazioni anche la struttura sociale si faccia più complessa.

L’impennata culturale che sembra avere inizio dal Paleolitico superiore è stata interpretata in diverse maniere e costituisce uno dei temi principali della ricerca che si muove sul confine fra la paleoantropologia e l’archeologia: è il problema della transizione. In breve, si tratta di spiegare perché è solo a partire dal Paleolitico superiore che le manifestazioni di cultura materiale assumono un carattere “moderno”, ovvero simbolico.

In questa analisi la questione che richiede maggior cautela è quella che riguarda la definizione stessa di “comportamento simbolico”. In linea di massima, si ritiengono simbolici i manufatti che perdono il carattere utilitaristico di quelli prodotti nel Paleolitico inferiore e medio e dipendono piuttosto da un sistema di significati attribuiti e condivisi a livello di gruppo. Mentre, dunque, si suppone che un raschiatoio venga prodotto in vista di uno scopo pratico preciso, una statuetta non avrebbe invece nessun uso immediato e la sua costruzione dipenderebbe assai più da un apparato simbolico condiviso da una comunità che non da una necessità tecnica o materiale. Inutile notare come, una volta di più, la potenza simbolica venga così appiattita sulla raffinatezza tecnica nella lavorazione dei materiali.

La transizione è stata spiegata secondo quattro interpretazioni: le prime due suppongono un mutamento repentino, le seconde due una trasformazione graduale. Il primo modello ipotizza che vi sia stata una sorta di “rivoluzione culturale” avvenuta fra i membri della specie Homo

sapiens all’epoca del loro arrivo in Europa. In questo modello, la trasformazione ha un carattere deciso e subitaneo, testimoniato dall’improvvisa comparsa di manufatti fino a quel momento inesistenti, fra cui incisioni, strumenti musicali, ornamenti personali, dipinti rupestri e attrezzi in osso151. Il secondo modello suppone invece che la cultura e il comportamento moderni

emergano a seguito di un cambiamento di ordine biologico che riguarderebbe il cervello: pur lasciando immutata l’anatomia del cranio e la forma esteriore dell’encefalo, tale mutamento – che si suppone sia avvenuto in Africa 50.000 anni fa – avrebbe modificato, potenziandolo, il funzionamento cerebrale152. Il terzo modello si discosta dai precedenti perché suppone che il

cambiamento non sia stato affatto repentino, bensì esito di un lungo processo iniziato in Africa già a partire da 250.000 anni fa, alla fine dell’epoca acheuleana, e che in Africa procede gradualmente fino al Paleolitico superiore (40.000-30.000 anni fa)153. Il quarto modello, infine,

ammette che le prime evidenze di comportamento moderno siano africane, ma asserisce che analoghe tendenze culturali sono rintracciabili anche nelle culture dei tardi neanderthaliani dell’Europa e del Vicino Oriente. In questo modello, i tratti che definiscono il comportamento

151 Stringer & Gamble 1993; Bar-Yosef 1998. 152 Klein 1999.

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moderno non appartengono esclusivamente a Homo sapiens anatomicamente moderno ma potrebbero essersi sviluppati lentamente e progressivamente fra differenti popolazioni154.