§ 49. I Chordata
Anche fra gli animali s’incontra una grande variabilità di forme, che si manifesta tanto nella simmetria quanto nell’organizzazione interna del corpo e nelle fasi di sviluppo. Si distinguono pertanto, in base alla presenza o all’assenza di caratteristiche comuni, oltre 30 phyla (sing.
phylum), il cui numero varia a seconda dei raggruppamenti operati dalle diverse scuole sistematiche e dai diversi autori. Comparsi all’epoca dell’esplosione cambriana (530 milioni di anni fa), ciascuno di essi corrisponde a un particolare piano di costruzione del vivente: dai vermi piatti a quelli metamerici, dagli artropodi dotati di esoscheletro agli echinodermi con simmetria radiale, le linee lungo le quali gli animali hanno esplorato le possibilità di vita a partire da un insieme di cellule eucariote sono molteplici, ricche e spesso sorprendenti. Di seguito una fra le molte suddivisioni proposte, da scorrere soprattutto per l’effetto vagamente psichedelico che essa induce: Placozoa (i più semplici fra gli animali multicellulari non parassiti); Porifera (le spugne); Cnidaria (idre, anemoni marini, coralli, meduse); Ctenophora (animali marini gelatinosi, di forma tondeggiante e con due tentacoli retrattili); Platyhelmithes (vermi piatti); Nemertea (animali marini vermiformi); Gnathostomulida (animali marini vermiformi che vivono negli interstizi di sabbia e fango); Mesozoa (organismi che manifestano una pluricellularità diversa da quella “maggioritaria” degli eumetazoi); Gastrotricha (animali microscopici, marini e di acqua dolce); Nematoda (i vermi rotondi); Nematomorpha (vermi pelosi); Rotifera (animali microscopici dotati di una corona di ciglia attorno alla bocca); Acanthocephala (parassiti di artropodi e vertebrati aventi forma di verme); Kinorhyncha (organismi marini che presentano una segmentazione differente rispetto a quella, “maggioritaria”, degli eucelomati); Loricifera (microscopici animali marini che vivono nei sedimenti e sono difficili da studiare perché non si riesce a separarli al granello cui aderiscono); Priapulida (vermi marini la cui forma ricorda quella di un pene); Sipuncula (vermi marini bilaterali, simmetrici, non segmentati); Mollusca (i molluschi); Echiura (vermi marini cilindrici); Annelida (vermi segmentati); Pogonophora (minuscoli animali delle profondità marine); Tardigrada (animali segmentati, con otto gambe, che abitano nelle acque); Onychophora (animali segmentati in modo poco evidente, con scarsa specializzazione dei segmenti, antenne e diverse paia di arti); Arthropoda (granchi, gamberi, scorpioni, ragni e insetti); Penstomida (enigmatico gruppi di parassiti obbligati dei vertebrati, con forma a lingua); Phoronida (animali marini che si nutrono filtrando l’acqua e producono un tubo di chitina per proteggere il corpo); Bryozoa (piccoli animali marini che filtrano l’acqua e vivono in colonie; singolarmente non sono autonomi); Brachiopoda (invertebrati marini bivalve, con le valve disposte secondo l’asse sopra/sotto); Entoprocta (invertebrati marini, prevalentemente coloniali, la cui metamorfosi dallo stadio di larva a quello adulto distrugge la gran parte dei tessuti); Chaetognata (vermi marini predatori a forma di freccia); Echinodermata (simmetria radiale pentamera: ad esempio, le stelle marine); Hemichordata (animali marini vermiformi che sembrano possedere una notocroda); Chordata (presentano una corda dorsale e comprendono tutti i mammiferi, i rettili, gli anfibi, gli uccelli e i pesci)78.
La nostra specie fa parte del phylum dei Chordata, un gruppo evolutivamente ben diversificato che conta oltre 65.000 specie presenti in ambiente marino, fluviale e terrestre, e che appare nel primo Cambriano, 530 milioni di anni fa. Esso raggruppa gli animali che, in uno stadio almeno della loro vita, presentano fessure faringee, una corda dorsale o notocorda e un tubo neurale. Il gruppo è suddiviso in tre subphylum: gli Urochordata, che hanno la notocorda solo in fase larvale; i Cephalochordata, in cui la notocorda, lunga quanto l’intero corpo,
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permane per tutta la vita; e infine i Vertebrata, in cui la notocorda è sostituita o circondata, nell’adulto, da vertebre cartilaginee o ossee, il tubo neurale si differenzia nel cervello e nella corda spinale e la testa è ben sviluppata.
Le specie vertebrate (che sono la quasi totalità delle specie Chordata) presentano una notevole varietà adattiva e sono più attive rispetto agli altri cordati: in una fase evolutiva precoce sono passati dall’alimentazione per filtrazione allo sfruttamento di cibo di dimensioni maggiori attraverso lo sviluppo di capacità predatorie. Il più antico vertebrato fossile, il
Myllokunmingia (un pesciolino di 3 cm di lunghezza), è stato trovato in Cina ed è datato al primo periodo Cambriano (530 milioni di anni fa). Le specie attualmente viventi sono suddivise in sei classi: Chondrihthyes (gli squali); Osteichthyes (i pesci dotati di ossa); Amphibia (gli anfibi); Reptilia (i rettili); Aves (gli uccelli); e Mammalia (i mammiferi).
§ 50. La classe: i mammiferi
In termini di sistematica zoologica, la classe dei mammiferi (Mammalia), comprendente appena 5000 specie, è piuttosto piccola. È caratterizzata dall’omeotermia, ovvero dalla capacità di produrre calore; dalla presenza di ghiandole mammarie per l’allattamento dei piccoli; dalla presenza di pelo; da un sistema circolatorio che include un cuore a quattro camere; e infine dalla presenza della neocorteccia nel cervello.
La transizione filogenetica fra le caratteristiche dei rettili e quelle dei mammiferi occupa un periodo assai lungo ed è fra le meglio note di tutta la paleontologia. Verso la fine del Carbonifero, circa 285 milioni di anni fa, la linea evolutiva dei rettili era già separata in tre diverse discendenze: una di queste, quella dei Synapsida, passando attraverso le forme dei Pelycosauria e poi dei Therapsida (rettili con caratteristiche mammifere progressivamente sempre più precise), dà origine, 240 milioni di anni fa, alle prime forme di mammiferi, classificati nell’ordine dei Triconodonti. Questi restano, per un lungo periodo, piccoli animali insettivori e notturni, probabilmente simili a topi, che grazie all’omeotermia sfruttavano una nicchia ecologica non disponibile ai rettili. A partire dai Triconodonti evolvono, lungo il Giurassico e il Cretaceo (213 - 65 milioni di anni fa), le due sottoclassi di mammiferi attuali: Prototheria (i monotremi) e Theria (i marsupiali e i placentati). Ma la vera, grande radiazione adattiva dei mammiferi avviene solo alla fine del Cretaceo quando, con l’estinzione dei molte specie di sauri, i mammiferi ebbero a disposizione un grande numero di nuove nicchie ecologiche. Attualmente, i mammiferi sono il maggiore gruppo di vertebrati terrestri.
In termini tecnici, i mammiferi sono animali generalisti, adatti alla sopravvivenza entro un’area ambientale vasta: animali privi di particolari specializzazioni e quindi costitutivamente aperti a una quantità di situazioni possibili. Ciò è testimoniato, fra l’altro, dalla variabilità delle forme e delle dimensioni (si va da una specie di pipistrello che pesa 1,5 g alle cento tonnellate delle balene giganti) e dalla diversità degli ambienti abitati (se prevale quello terrestre, esistono nondimeno diverse forme di mammiferi marini e un gruppo di mammiferi aerei, i pipistrelli). Ciò induce a ripensare alcune delle caratteristiche della classe più in termini di possibilità generali che in termini di adattamenti specifici.
Lo sviluppo dell’endotermia, ovvero la capacità di regolare l’omeostasi termica, permette ai mammiferi di mantenere la temperatura corporea a un livello costante indipendentemente dalla temperatura dell’ambiente circostante. Per ciascuna specie mammifera esiste una zona termica neutra, ovvero una fascia di temperature ambientali entro la quale la temperatura corporea può essere mantenuta con poche variazioni del tasso metabolico; al di sotto o al di sopra della zona neutra, il dispendio energetico per il mantenimento dell’omeostasi è maggiore poiché si fa necessario produrre calore, aumentando l’attività metabolica, ovvero disperderlo, rallentando il metabolismo o attraverso meccanismi quali la sudorazione.
La locomozione e la postura dei mammiferi permette loro di muoversi in molti modi differenti; questo non significa solo che diverse specie mammifere hanno sviluppato sistemi di
77 locomozioni differenti, ma che una medesima specie può scegliere fra diversi tipi di movimento a seconda delle circostanze (si pensi alla capacità di molti mammiferi terrestri di avventurarsi, sia pure per brevi periodi, in ambiente acquatico attraverso forme più o meno efficaci di natazione).
Le specie mammifere che vivono in gruppo mostrano un alto livello di organizzazione sociale e gli schemi di riproduzione sono decisamente orientati verso la strategia K: il numero di piccoli è basso, l’intervallo fra parti lungo, il legame fra genitori e piccoli prolungato nel tempo.
Ancora, i mammiferi manifestano, rispetto a ogni altra specie vertebrata, un notevole sviluppo degli organi di senso, del grado di encefalizzazione e delle capacità di apprendimento. Questo significa che nelle loro strategie di sopravvivenza possono fare affidamento non solo sui tempi lunghi della genetica, ma anche sui tempi brevi e brevissimi dell’adattamento cognitivo. Un interessante correlato di questa caratteristica è la presenza di diverse fasi vitali, che hanno una lunghezza inusuale e permettono, per così dire, di “rallentare” la crescita e l’invecchiamento biologico a vantaggio dello sviluppo cognitivo.
Figura 3 Tavola sistematica della classe dei mammiferi.
Phylum CHORDATA
Subphylum VERTEBRATA
Classe MAMMALIA (mammiferi)
Sottoclasse Prototheria Theria
Infraclasse - Metatheria (marsupiali) Eutheria (placentati)
Ordine Monotremata (ornitorinco ed echidna: sono mammiferi che mantengono un certo numero di caratteristiche dei rettili, fra cui quella di deporre uova)
Marsupialia
(opossum, canguri ed altre specie: i piccoli nascono in una fase precoce dello sviluppo e completano lo sviluppo nel marsupio)
Insectivora (insettivori, piccoli mammiferi col muso appuntito) Edentata (formichiere, armadillo) Macroscelidea (toporagno elefante) Dermoptera (detti anche “lemuri volanti”, sebbene non siano lemuri; ne esistono due sole specie, dotate di una membrana di pelle che consente loro di farsi trasportare dalle correnti)
Chiroptera (i pipistrelli) Scandentia (toporagno) Primates (le scimmie)
Xenarthra (formichieri e armadilli del Nuovo Mondo)
Pholidota (il pangolino)
Tubulidentata (l’aardvark sudafricano)
Lagomorpha (lepri e conigli) Rodentia (i roditori)
Cetacea (grandi mammiferi marini) Carnivora (mammiferi che si nutrono di carne:cai, orsi, felini, foche, leoni marini ecc.)
Proboscidea (gli elefanti)
Hyracoidea (piccoli erbivori del medio oriente)
Sirenia (manati e dugonghi: mammiferi marini erbivori)
Perissodactyla (ungulati con numero dispari di dita: tapiri rinoceronti e ordi)
Artiodactyla (ungulati con numero pari di dita: maiale, ippopotamo, cammello, giraffa, renna ecc.)
78
Ciascuna delle caratteristiche appena elencate, anziché renderli adatto a un contesto specifico, svincola i mammiferi da una particolare restrizione ambientale e, anziché rinforzare un adattamento già presente, amplia la possibilità di adattamento generico: l’endotermia rende indipendenti dalle fonti di calore esterne; il legame prolungato coi genitori consente di sottrarsi durante l’ontogenesi alle pressioni immediate della sopravvivenza; dove presente, una struttura sociale articolata estende questo svincolamento anche a parte della vita adulta; l’incremento nelle capacità percettive, nella quantità di cervello a disposizione e nella disponibilità ad apprendere rendono l’animale genericamente “intelligente”, capace di adattarsi per via cognitiva (e quindi, anche per via culturale) alla mutevolezza del contesto.
Questo non significa, ovviamente, che le singole specie mammifere non dipendano da ambienti specifici; la loro evoluzione come gruppo, tuttavia, parte da un certo sganciamento dalla dipendenza ambientale – ciò che ha permesso, appunto, la varietà degli esiti adattivi.
I Primati
§ 51. L’ordine senza qualità
I mammiferi placentati, o mammiferi completi, sono suddivisi in diciassette ordini, definiti in base alla presenza di uno o più caratteri comuni a tutte le specie che lo compongono: nel caso dei roditori, una delle caratteristiche che definiscono dell’ordine è la crescita continua dei denti, presente in tutte le specie; nel caso dei cetacei è l’adattamento all’ambiente acquatico; e così via per tutti gli altri ordini – tranne uno.
L’ordine dei primati, quello a cui apparteniamo insieme alle proscimmie, alle scimmie e alle antropomorfe, ha la particolarità di essere l’unico ordine di mammiferi che non presenta alcun carattere definitorio riscontrabile in tutte le specie che ne fanno parte79: non c’è nessun tratto
che, per quanto diffuso e “tipico”, sia presente in tutte le specie di primati. Si tratta di una situazione anomala: se, al contrario di tutte le altre classi animali, i primati non sono apparentati fra loro da nessuna singola caratteristica specifica, che cos’è che permette di raggruppare le specie all’interno dell’ordine? Perché il Microcebus, un lemure malgascio che pesa circa 30 grammi e ha l’aspetto di un topolino, è più affine al gorilla che al criceto?
Nella descrizione dei Primati si parla, anziché di caratteri specifici universalmente distribuiti, di più generiche tendenze evolutive. Se molte specie di primati presentano tutte le tendenze evolutive, nessuna tendenza evolutiva è però presente in tutte le specie di primati.
Questo, in sintesi, l’elenco delle tendenze evolutive dei Primati80:
- la struttura corporea è primitiva in quanto non specializzata. La taglia è estremamente variabile, da pochi grammi a molte decine di chilogrammi. Molte specie di primati manifestano una certa tendenza alla postura eretta della parte superiore del corpo, che può tradursi sia in talune posture sedute che in un occasionale bipedismo. L’articolazione della spalla è molto flessibile e permette di arrampicarsi in modo efficiente;
- la struttura degli arti è generalizzata; le diverse specie si sono facilmente adattate a circostanze ambientali anche assai differenti; in generale, le specie di primati possono praticare diverse forme di locomozione; nessuna specie corre velocemente e nessuna è in grado di cacciare in modo efficiente;
79 Pilbeam 1988. 80 Le Gros Clark 1959.
79 - le dita tendono a essere molto mobili e col pollice opponibile. Con l’unica eccezione della scimmia-ragno, è sempre conservata la pentadattilia mammifera. Sebbene l’opponibilità del pollice sia presente anche in specie appartenenti ad altri ordini, la capacità di afferrare è uno dei passaggi evolutivi più importanti dei primati. La presa di forza (ovvero la capacità di afferrare oggetti con la mano) è presente in tutte le specie; la presa di precisione (ovvero la capacità di afferrare gli oggetti fra la punta del pollice e la punta delle altre dita caratterizza invece le antropomorfe e l’uomo;
- gli artigli sono sostituiti da unghie, ciò che rende più facile la manipolazione di oggetti e di cibo;
- il muso è accorciato: c’è una tendenza a potenziare progressivamente la vista a detrimento dell’olfatto;
- la vista è binoculare con le orbite oculari frontalizzate: la visione binoculare, coi campi visivi sovrapposti, permette di percepire la profondità di campo; al contempo, poiché richiede orbite frontalizzate, diminuisce la visione periferica; molte specie dispongono di una visione dei colori analoga alla nostra;
- lo schema dentario è semplice e generalista: la presenza di diversi tipi di denti (incisivi, canini, premolari e molari) permette l’adattamento a diete differenti e complesse, non dipendenti da un singolo o da pochi elementi, ma tendenzialmente onnivore;
- il cervello è tendenzialmente grande rispetto alla dimensione corporea e tende a essere
complesso: sono particolarmente sviluppate le aree che controllano i movimenti della mano, la coordinazione fra mano e occhio e la visione stereoscopica;
- il periodo di gestazione è più lungo rispetto a quello di animali della stessa taglia e i piccoli nascono quindi fisicamente più maturi; nonostante ciò, le cure materne sono generalmente ampie e prolungate. Le nascite gemellari o multiple sono rare.
- il ciclo di vita è lungo e, in genere, è associato alle dimensioni corporee: più grande l’animale, più lungo il ciclo. I primati, tuttavia, presentano cicli di vita lunghi anche rispetto alle dimensioni (Microcebus vive circa 8 anni, mentre i topi di taglia analoga raramente raggiungono i 2/3 anni di vita).
La linea filogenetica dei Primati comincia a differenziarsi in corrispondenza della grande radiazione adattiva dei mammiferi, a partire quindi da 66 milioni di anni fa81, e conosce due
momenti di espansione: il primo nel Paleocene (66-58 m.a.f.), all’epoca della prima differenziazione dell’ordine; il secondo nell’Eocene (58-37 m.a.f.), che ha dato origine a linee evolutive simili alle famiglie di lemuri oggi viventi nel Madagascar. In seguito, ancora durante l’Eocene, una linea di primati evolve tratti nuovi, fra cui un cervello più largo, e si separa per dare origine ai gruppi attuali di Platyrrhini e Catarrhini. Dal Miocene in poi, tutti i gruppi vanno incontro a radiazioni successive più limitate.
Per quanto riguarda la parentela con altri ordini della classe dei mammiferi, quelli che sembrano essere più strettamente associati coi primati sono i Dermoptera e gli Scandentia.
Secondo la terza edizione di Mammal Species of the World, l’ordine dei primati comprende 376 specie82; il numero, tuttavia, non è stabile presso i diversi autori, perché dipende dalla
valutazione che viene data della variabilità intra- e inter-specifica. Gli studi di sistematica molecolare hanno sostanzialmente confermato la validità della suddivisione tassonomica dell’ordine, ad eccezione di due punti: la valutazione della biodiversità, che nel sistema classico potrebbe essere è sottostimata; e la relazione fra uomo e altre antropomorfe, più stretta di quanto si pensasse.
In un certo senso, i primati sono mammiferi estremi, che portano a conseguenza lo stile evolutivo generalista e svincolato da specifiche pressioni adattive. Ciascuna delle “tendenze evolutive” elencate sopra rappresenta, più che un tratto particolare dotato di specifica funzione,
81 Martin 1990. 82 Groves et al. 2005
80
un permanere in condizioni generalmente “aperte”, che permettono l’adattamento flessibile (cognitivo) anziché dipendere da quello strettamente biologico.
Figura 4 Classificazione tassonomica dell’ordine dei Primati e numero
di specie per famiglia (tratta da Wikipedia, marzo 2017)
Sottordine Infraordine Parvordine Superfamiglia Famiglia n. specie
Strepsirrhini Lemuriformes Lemuroidea Cheirogaleidae 34 Lemuridae 21 Lepilemuridae 26 Indriidae 19 Daubentoniidae 1 Lorisoidea Lorisidae 14 Galagidae 19
Haplorrhini Tarsiiformes Tarsidae 11
Simiiformes Platyrrhini Cebidae 14
Aotidae 11
Pithecidae 43 Atelidae 29 Callitrichidae 42 Catarrhini Cercopithecoidea Cercopithecidae 138
Hominoidea Hylobatidae 18 Hominidae 7
§ 52. Strepsirrhini e Haplorrhini
L’antica e classica suddivisione tassonomica dei primati comprendeva due sottordini:
Prosimii (le proscimmie: lemuri, lorisidi e tarsio) e Anthropoidea (le scimmie vere e proprie, includenti anche le scimmie antropomorfe e gli esseri umani). Questa classificazione era basata, fra gli altri caratteri, anche sulle dimensioni encefaliche relative: mentre nelle proscimmie il cervello non è più grosso che in altri mammiferi della stessa taglia, nelle scimmie il quoziente di encefalizzazione è molto più alto rispetto a mammiferi di taglia analoga. Negli ultimi due decenni, tuttavia, questa suddivisione ha cominciato a scricchiolare; in particolare, la classificazione del genere Tarsius – che ha un indice di encefalizzazione analogo a quello delle proscimmie, ma per altre caratteristiche è più simile alle sciemmie – ha imposto una ristrutturazione complessiva nei due sottordini degli Strepsirhini e degli Haplorhini, separatisi circa 60 milioni di anni fa.
Il sottordine Strepsirrhini (le antiche proscimmie), suddiviso in tre infraordini, comprende fra l’altro lemuri e galago. I lemuri hanno avuto una radiazione adattiva imponente in Madagascar; le altre specie sono diffuse nell’Africa continentale e, parzialmente, in Asia. Si tratta di animali di taglia media e piccola, dal quoziente di encefalizzazione paragonabile a quello di mammiferi della stessa taglia, e inferiore a quello degli Haplorrhini. La zona olfattiva del cervello è proporzionalmente più sviluppata. Gli schemi riproduttivi sono differenti da quelli delle altre scimmie: anziché disporre di ciclo individuale, fra gli Strepsirrhini c’è una stagione specifica per l’accoppiamento; i parti sono multipli; le femmine hanno diverse paia di capezzoli e l’utero bicorne. La gran parte delle specie sono notturne. Il naso è umido e sono presenti due adattamenti particolari al grooming: il grooming claw sul secondo dito della mano e il cosiddetto pettine dentale, una particolare formazione dentaria in cui canini e incisivi, più sottili, sporgono in avanti.
81 Il sottordine Haplorrhini comprende le 11 specie di Tarsius e tutte le specie di scimmie, incluse le grandi antropomorfe e gli esseri umani. Il labbro superiore non è connesso al naso e alla gengiva; il naso è asciutto e la mobilità labiale permette una grande varietà di espressioni facciali. Il quoziente di encefalizzazione è alto, la visione è il canale sensoriale privilegiato. Mani e piedi sono versatili (fanno eccezione le specializzazioni locomotorie, fra cui il piede umano). Il ciclo riproduttivo è individuale, quasi tutte le femmine hanno utero a camera singola, i parti sono quasi sempre singoli. Il tempo gestazionale è analogo a quello degli Strepsirrhini, ma i piccoli degli Haplorrhini nascono dimensionalmente più grossi e hanno bisogno di cure parentali più lunghe.
§ 53. Scimmie del nuovo mondo e scimmie del vecchio mondo
Escluse le specie del genere Tarsius, la principale suddivisione delle scimmie Haplorrhine è quella fra i parvordini Platyrrhini (scimmie del Nuovo Mondo) e Catarrhini (scimmie del Vecchio Mondo). I due gruppi condividono molti caratteri che non sono presenti nelle proscimmie, e che indicano quindi un lungo periodo di evoluzione in comune prima della separazione delle due linee, avvenuta presumibilmente 40 milioni di anni fa.
I Platyrrhini, o scimmie del Nuovo Mondo, si trovano in America centrale e meridionale. Come i primati malgasci, le scimmie platirrine si sono evolute su un’isola-continente, senza successiva concorrenza da parte di altri primati. Sono animali di dimensioni piccole e medie, che differiscono dalle scimmie del vecchio mondo per diverse caratteristiche. Il naso è piatto, con le narici rivolte verso i lati (da cui il nome del gruppo); è quasi sempre presente una coda lunga e prensile; lo schema dentario è 2/1/3/3 (ovvero, per ciascuna semiarcata dentaria: 2 incisivi, 1 canino, 3 premolari, 3 molari). Tutte le specie sono esclusivamente arboricole e abitano le foreste tropicali; molte sono notturne. Per quanto riguarda la struttura familiare, molte specie di scimmie del Nuovo mondo formano coppie monogame in cui il maschio prodiga notevoli cure parentali ai piccoli.
I Catarrhini, o scimmie del Vecchio Mondo, sono i primati meglio conosciuti. Evolutisi in Africa e Asia dopo la separazione dai Platyrrhini, sono primati arboricoli e forestali. Comprendono le tre famiglie delle Cercopithecidae (scimmie del Vecchio Mondo in senso stretto), delle Hylobatidae (i gibboni, o piccole antropomorfe) e delle Hominidae (le grandi antropomorfe e gli esseri umani). Sulla base di dati paleontologici, molecolari e di anatomia comparata, la data di separazione fra Cercopithecoidea e Hominoidea è stata fissata al primo Miocene, fra 20 e 24 m.a.f.. In seguito, i due gruppi si sono spostati dall’Africa verso l’Asia e l’Europa, e alcune specie di entrambe le superfamiglie hanno colonizzato gli ambienti terrestri.