• Non ci sono risultati.

Struttura finanziaria limite e rischio: la qualificazione del capitale allocato

La struttura finanziaria limite e quella obiettivo

5.4. Struttura finanziaria limite e rischio: la qualificazione del capitale allocato

Come accennato nelle considerazioni introduttive, lo studio della dinamica evolutiva del sistema impresa tra economia e finanza condotto da Golinelli in seno all’approccio sistemico al governo dell’impresa, si fonda sul riconosci-

mento del rischio nell’azione di governo e nella determinazione di un capitale allocato a presidio della massima perdita in cui può incorrere l’impresa, cioè legata al rischio di non conoscenza8.

Secondo l’Autore, esistono eventi ripetibili, dei quali è possibile individuare una fenomenologia, e poi ci sono eventi caratterizzati dalla non ripetitività; all’interno di tale scenario si possono individuare tipologie di rischi connessi ad eventi ipotizzabili, poco ipotizzabili e non ipotizzabili.

Anche l’approccio probabilistico identifica tre tipologie di rischi: il rischio statico (caratterizzato dalla preventiva conoscenza degli eventi futuri eventual- mente dannosi per l’impresa), il rischio quasi dinamico (caratterizzato dalla non conoscenza degli eventi futuri, ipotizzabili però attraverso tecniche statistiche)

ed il rischio dinamico (connesso ad eventi non prevedibili)9.

Ne derivano, in sintesi, due classi di rischio: aleatorio e di non conoscenza. L’impresa può essere in grado di valutare la probabilità, in base ad accurate previsioni, che determinati eventi accadano, e di stimarne, anche sotto il profilo quantitativo, gli effetti (rischio aleatorio) ovvero può non esserlo (rischio di non conoscenza).

In relazione alla determinazione del rischio e con riferimento alla capacità che l’impresa deve sviluppare per far fronte alla componente di “non conoscen- za”, giova, ai nostri fini, identificare la massima perdita possibile per l’impresa, riferita ad una non sufficiente capacità di valutazione o ad una scarsa cultura del rischio.

Attraverso l’applicazione ancora di un approccio probabilistico, si può de- terminare la rischiosità considerando la possibilità che il risultato netto presenti scostamenti rispetto al risultato obiettivo10.

8 Lo sviluppo del paragrafo è incentrato sul contenuto dei Capitoli 11 e 12 di G.M. G OLI- NELLI, L’approccio sistemico al governo dell’impresa, cit., p 143 ss.

9 In base alle impostazioni accennate, l’Autore identifica due classi di rischio. «La prima classe

identifica il rischio aleatorio. Esso consegue ad venti che l’impresa riesce a collocare, grazie alle sue capacità di lettura dell’indeterminatezza, nel campo della varietà. [...] La seconda classe identi- fica il rischio di non conoscenza. Questo consegue sia ad eventi ignoti sia ad eventi che l’impresa non ritiene di considerare in quanto, pur avendo coscienza della possibilità del loro verificarsi, non ne riesce a valutare le probabilità del manifestarsi e le possibili conseguenze sui risultati attesi an- che in quanto l’evento può essere interrelato con altri eventi». Ibidem, p. 148.

10 «Tale possibilità è riconducibile al rischio di non conoscenza ed al rischio di insufficiente

capacità ad analizzare e computare il rischio aleatorio. Queste due tipologie di rischio conseguo- no a loro volta da eventi diversi che, con riferimento all’impresa, possono essere classificati se- condo la natura [...] nel modo seguente: rischi di business, [...] di mercato, [...] di credito, opera- tivo, da controversie derivanti da legislazione e regolamentazione, ecc.», Ibidem, pp. 156-157.

Identificando con lo scostamento semplice medio relativo del risultato netto descritto dalla funzione di probabilità P, la massima perdita attesa di un eserci- zio sarà

3 σ (P)

ed utilizzando la formula della rendita perpetua si può individuare la massima perdita possibile con

i P)]

( 3

[ σ

dove il tasso di attualizzazione i viene determinato come media ponderata del costo del capitale di debito e del capitale azionario11.

Tale procedimento è realizzabile facendo riferimento allo stato attuale del- l’impresa ma anche al suo passato e, naturalmente, alla stima del suo stato futu- ro, attraverso la misurazione dei risultati attesi.

In sintesi si può affermare che le modalità di “copertura” del rischio, suddi- viso nelle sue due componenti analizzate, possono variare da impresa a impre- sa; tuttavia, da un punto di vista generale, si può identificare una struttura fi-

nanziaria, che Golinelli definisce “limite”, in ragione delle sue caratteristiche12.

Tale struttura è composta da un livello di mezzi propri, comprendente sia il capitale sociale che le riserve, pari all’ammontare del così detto capitale alloca-

to, espressione quantitativa e sintetica del rischio di non conoscenza; a ciò si

aggiunge un volume di fondi rischi che copre la perdita relativa ad eventi ricor- renti nell’attività d’impresa, espressione del rischio aleatorio ed un ammontare di capitale di credito che si riferisce ad una parte di attività prive di rischio.

Per cui si avrà:

K = MP + D

dove, K rappresenta il totale delle attività, al netto dei fondi rischi, MP il capita- le proprio e D rappresenta il capitale di credito.

Nel caso “limite” generalizzato, i mezzi propri coincidono con il capitale al- locato e l’espressione diventa:

K = CA + D.

La struttura finanziaria limite si esplicita nella composizione dell’attivo net- to in termini di rischio, dove il capitale allocato (CA) può essere definito come

11 Per l’analisi dei passaggi algebrici che portano alla definizione della massima perdita pos-

sibile (PMP), Ibidem, pp. 157-161. Un esempio numerico è riportato a pp. 163-164.

12 L’analisi e le argomentazioni verso la specificazione della struttura finanziaria limite sono

una grandezza di “regolamento”, utilizzata per la formulazione di analisi e giu- dizi sulla copertura del rischio, sulla sua ripartizione fra i portatori del capitale a pieno rischio e portatori di capitale a titolo di credito.

Come appare chiaro, una struttura finanziaria così delineata, in cui i portatori di capitale a titolo di credito finanziano solo investimenti privi di rischio, corri- sponde ad una situazione “limite” che deve essere confrontata con la struttura “effettiva”, cioè quella realmente assunta dall’impresa in base ad una serie di determinanti diverse dal rischio (quali, ad esempio, possono essere considerate le caratteristiche dell’assetto proprietario e dell’organo di governo, le capacità decisionali e di autorganizzazione, i piani di sviluppo, i costi diversi delle fonti di finanziamento, le modalità tecniche di rimborso dei finanziamenti e le condi- zioni di offerta dei fondi, ecc.).

Ciò che Golinelli evidenzia, è l’importanza del confronto fra la struttura fi- nanziaria limite e quella effettiva, poiché da esso deriva una grandezza definita eccesso/difetto di capitale (EDC) che misura lo scostamento tra il capitale allo- cato ed i mezzi propri.

EDC = MP – CA.

Confrontando i mezzi propri con il capitale allocato, si può individuare, in presenza di

MP = CA

un quoziente di indebitamento “limite”, pari a:

K D q* = *

in tutti gli altri casi un quoziente di indebitamento “effettivo”, pari a: .

K D q=

Dal confronto dei due quozienti di indebitamento discendono alcune rilevan- ti considerazioni sulla situazione patrimoniale dell’impresa rispetto al rischio:

– se EDC = 0, allora q = q* e MP = CA;

– se q < q* allora l’impresa è sovracapitalizzata, rispetto al capitale allocato

(CA);

– se q > q* allora l’impresa è sottocapitalizzata, rispetto al capitale allocato

(CA).

Per comprendere le implicazioni di tale approccio nella valutazione dei pro- getti di sviluppo dell’impresa e nella prospettiva di creazione di valore, si pensi alla scelta tra due progetti (A e B), aventi le medesime caratteristiche di redditi-

vità netta ma capitale allocato differente; il reddito netto, rapportato a diverse entità di capitale a presidio del rischio di non conoscenza, configura differenti rendimenti del capitale allocato, rendimenti relazionati al rischio del progetto e anche alla propensione alla creazione di valore.

L’indicatore che misura il rendimento del capitale allocato è definito da

CA P ROCA=

dove P rappresenta il risultato netto atteso ed esprime l’insieme delle scelte ge- stionali reali dell’impresa.

Come già evidenziato nel Capitolo 4, condizione necessaria per la creazione di valore, è rappresentata dalla differenza, positiva, tra risultati realizzati e risul- tati attesi, e poiché i risultati attesi sono misurati dal costo atteso del capitale di rischio (Ke), possiamo individuare nella relazione

ROCA > Ke

il presupposto, insieme all’aumento della probabilità di sopravvivenza dell’im- presa, per la creazione di valore13.