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Sulla configurabilità astratta del leasing d’azienda

Nel documento Il leasing d’azienda (pagine 70-74)

In primo luogo, si rileva come il legislatore ha previsto una disciplina scarna in materia di azienda tanto che le uniche ipotesi di circolazione, espressamente disciplinate, sono

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rappresentate dalla cessione della titolarità, mediante vendita, e dalla cessione in godimento, mediante affitto e usufrutto.

Scelta legislativa che si presta a varie interpretazioni.

Si può, infatti, ritenere che la circostanza per cui vengano disciplinate espressamente ed esclusivamente tali due modalità comporti che la circolazione d’azienda sia denotata da tipicità: il godimento dell’azienda può essere oggetto di circolazione solo mediante affitto e usufrutto, non ritenendosi ammissibili altre e diverse forme di circolazione.

Tuttavia, l’assenza di una qualsiasi norma che disponga la tipicità delle modalità di circolazione, così come l’assenza di una qualsiasi disposizione che vieti forme differenti da quelle disciplinate, deporrebbe a favore di una possibile configurazione di modalità atipiche di circolazione del godimento dell’azienda.

Le fattispecie previste sono solo “modelli guida” per l’autonomia privata nella determinazione della disciplina tipica dell’azienda. Il legislatore, considerata la complessità dell’istituto in questione, ha voluto semplicemente mettere in chiaro che l’azienda, qualora circoli, anche con riguardo al solo godimento, deve essere sottoposta a determinate regole a garanzia dei terzi e della certezza dei rapporti aziendali.

Tale affermazione (seconda interpretazione) trova sostegno nella disciplina di cui all’art. 1322 c.c., che sancisce il principio per cui l’autonomia privata è libera di provvedere alla creazione di tipologie contrattuali differenti da quelle tipiche purché nel rispetto della disciplina generale e sempre che l’operazione sia tale da poter essere ritenuta meritevole di tutela. Meritevolezza di tutela che sottintende che l’assetto negoziale predisposto sia sorretto da interessi riconosciuti tali dall’ordinamento, interessi posti nel rispetto dei principi dell’ordinamento non solo prettamente di matrice civilistica234.

La configurabilità di un leasing d’azienda, dunque, stante l’assenza di una base normativa più specifica, deve essere valutata proprio alla luce dell’art. 1322 c.c.

Ebbene, il leasing, anche qualora abbia ad oggetto un’azienda, rinviene comunque la sua causa giustificativa, come ormai ampiamente riconosciuto dalla dottrina e giurisprudenza dominante235, nella causa di finanziamento.

Un tale profilo causale è ampiamente ammesso nel nostro ordinamento.

Nessuna norma di senso contrario sancisce la nullità di una causa di finanziamento. Anzi è pacifica sia la previsione di contratti di finanziamento, tra i quali si menziona lo stesso mutuo, sia lo stesso riconoscimento del leasing, oggigiorno dotato di tipicità quantomeno sociale.

234 È meritevole di tutela quell’interesse che non possa essere considerato illecito, dunque contrario alle

norme imperative, al buon costume e all’ordine pubblico.

235 Cottino in CAGNASSO O., COTTINO G., I contratti commerciali, in COTTINO G., Trattato di diritto

commerciale, Cedam, 2000, vol IX. Vedi CLARIZIA R., I contratti di finanziamento. Leasing e factoring, cit., pag. 70 e Caselli e Mottura in CASELLI G., op. cit., pag. 218 e 220. Vedi anche Cass. civ. 4367/1997. Un autore considera il leasing come contratto di finanziamento con garanzia reale. Ferri in CAVAZZUTI F., op. cit., pag. 3. Cfr. Baccigalupi, Colagrosso, Simonetto, Galasso in CLARIZIA R., I contratti di finanziamento. Leasing e factoring, cit., pag. 28 ss.

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Si pensi, inoltre, che qualora il leasing d’azienda venga utilizzato al fine di consentire la crescita ovvero lo sviluppo o il sorgere di nuove attività imprenditoriali, lo stesso contratto di leasing d’azienda sarebbe da considerarsi meritevole di tutela ai sensi dello stesso disposto costituzionale in materia di iniziativa privata.

L’art. 41 della Costituzione, infatti, tutela l’iniziativa economica privata. Unico limite è rappresentato dalla non contrarietà all’utilità sociale ovvero dal fatto che si tratti di iniziative economiche che non pregiudichino e quindi non arrechino danno alla sicurezza, libertà e dignità umana.

La causa di finanziamento del leasing ben si mostra compatibile, poi, con una logica imprenditoriale di costi-benefici, utili-perdite, quale quella dell’impresa in cui lo stesso si troverà ad operare.

Con la stipulazione di un contratto di leasing, difatti, l’imprenditore ottiene un notevole risparmio di risorse finanziare necessarie alla costituzione di un complesso aziendale, oltre che una riduzione di incombenti finanziari ed economici da non sottovalutare. In questo modo si agevola anche il sorgere di nuove attività imprenditoriali. Le medesime considerazioni devono essere estese poi all’ipotesi di imprenditori che necessitino di un’azienda per l’esercizio esclusivamente temporaneo dell’attività d’impresa, di breve e/o medio periodo. Quanto all’imprenditore che ha necessità di dismettere la propria azienda, oltre i vantaggi economici e fiscali di cui sopra, lucrerà sicuramente il vantaggio di una pronta o comunque non difficile allocazione dell’azienda sul mercato, così come si risparmierà le lungaggini di ciò e il periodo di stallo dell’azienda stessa. Inoltre, in tale ipotesi viene garantita all’azienda, ancora una volta, una qualche sua utilità economica e del suo valore se ne gioverà senz’altro l’Utilizzatore che vi subentra.

Secondariamente, deve tenersi in considerazione la natura atipica del contratto di leasing e, di conseguenza, la sua flessibilità, il suo agevole adattamento a qualsiasi interesse particolare delle parti, la sua possibilità di contemplazione di qualsiasi bene, finanche l’azienda.

Oggetto di leasing, infatti, può essere qualsiasi bene: non solo un bene mobile o immobile, ma, si ritiene, anche le universalità di beni.

Ulteriormente, si rammenta che il leasing è nato come contratto d’impresa e, più precisamente, come contratto per il finanziamento dell’impresa e, solo successivamente, è stato esteso ad altre ipotesi, quali il leasing al consumo. Tanto ciò vero che soggetti principali dell’operazione sono imprenditori e lo stesso bene deve essere strumentale all’attività d’impresa svolta dall’Utilizzatore.

Tali requisiti, ovverosia il soggetto imprenditore, l’esistenza di un’azienda e la strumentalità del bene, oggetto di leasing, con l’attività svolta dall’Utilizzatore, vengono perfettamente rispettati nel caso di leasing d’azienda.

Orbene, soggetto interessato ad un godimento di un’azienda è sicuramente rappresentato da un imprenditore, a prescindere dalla circostanza per cui lo stesso sia una persona fisica o giuridica (qualsiasi tipologia di società). Inoltre, come si evince dallo stesso dettato dell’art. 2555 c.c., l’azienda non è altro che un complesso di beni organizzati per lo svolgimento di un’attività d’impresa; ed ecco la strumentalità dell’azienda all’attività svolta dall’Utilizzatore .

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In terzo luogo, prendendo ora come punto di riferimento l’azienda, si afferma che elemento a sostegno della configurabilità del leasing è rappresentato dalla circostanza per cui, generalmente, colui che utilizza l’azienda per una propria attività imprenditoriale non necessariamente è titolare del diritto di proprietà dell’azienda o di tutti i suoi beni, potendo in capo a lui, invece, risultare solamente un semplice diritto di godimento sui beni.

Ebbene, con il leasing d’azienda l’Utilizzatore - imprenditore ottiene un diritto di godimento sul complesso aziendale (ovvero un diritto d’uso dello stesso). Non solo, l’Utilizzatore consegue anche la facoltà o diritto di acquistare l’azienda al termine del godimento, mediante esercizio dell’opzione di acquisto.

Non si comprende, quindi, quale differenza intercorra tra un imprenditore che abbia i singoli beni in godimento in forza di tutta una serie di singoli e specifici contratti, dall’imprenditore che, invece, acquista il diritto di godimento dell’intero complesso aziendale in forza di un unico contratto di leasing.

Oltretutto, la compatibilità con il leasing non può venir meno neanche riferendosi alla circostanza per cui l’azienda necessiti di un imprenditore di riferimento unico e fisso. L’azienda ha una vita indipendente sia dall’imprenditore che dall’impresa fino a che mostri o conservi una qualche utilità d’uso.

Quanto ad eventuali problematiche di regolamentazione dell’operazione negoziale, si consideri che non esiste un’unica norma di circolazione dell’azienda, ma la disciplina risulta alquanto composita. Trovano, infatti, applicazione non solo le disposizioni di cui all’art. 2555 ss. c.c., ma anche la disciplina propria del tipo contrattuale utilizzato dalle parti, la disciplina convenzionale pattuita, la disciplina particolare afferente a ciascun bene facente parte del complesso aziendale. Anzi, solo in caso di dissonanza tra le varie discipline, troverà applicazione indiscussa la regolamentazione dell’azienda, ma pure in tale ipotesi non viene meno la possibilità per le parti di disporre forme di circolazione atipiche, posta la natura derogabile della disciplina.

Dunque, al leasing d’azienda troveranno applicazione sia la disciplina di cui agli artt. 2555 c.c. sia la disciplina del leasing, il tutto previa verifica di compatibilità. Si badi bene che ogni volta che le due discipline risultino tra loro compatibili e integrabili non si pone alcun problema di circolazione atipica dell’azienda. Viceversa, si avrà una prevalenza della disciplina dell’azienda in caso di problemi di compatibilità, ma ciò non influisce sulla configurabilità di un leasing d’azienda, posta la stessa natura atipica della fattispecie contrattuale.

Si evidenzia, però, come la natura particolare e complessa dell’azienda, considerando anche la sua mutevolezza nel tempo, da una parte, la peculiarità del contratto di leasing, dall’altra parte, e la diversità di interessi che rilevano (interessi dell’azienda, dell’Utilizzatore e della Società di Leasing ), dall’altra parte ancora, conducono ad affermare che sia impossibile un’applicazione pedissequa della disciplina dell’azienda e pertanto è necessaria una vera e propria commistione di discipline.

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Tuttavia, la configurabilità del leasing d’azienda è pressoché pacifica se il leasing viene configurato come fattispecie a formazione progressiva, e dunque scomposto in una locazione con eventuale successiva vendita (in caso di esercizio del diritto di opzione).

In tal modo non si pone più alcun problema neanche con riferimento alla tipicità o atipicità dei modi di circolazione d’azienda e alla conseguente determinazione della disciplina applicabile. Al leasing d’azienda verranno applicate la disciplina dell’affitto d’azienda, come prevista all’art. 2259 c.c., e la disciplina della vendita d’azienda, come prevista dagli art. 2555 ss. c.c.

Si badi bene che una tale compatibilità può ravvisarsi anche a livello terminologico. Infatti, la denominazione italiana del contratto di leasing è individuata in “contratto di locazione finanziaria”. E sempre a tal fine si tenga presente che tra locazione e affitto ricorre un rapporto di genus a species, la cui differenza è rappresentata esclusivamente dalla tipologia di oggetto del contratto. Nel primo caso, un qualsiasi bene, mobile o immobile, nel secondo caso, un immobile.

Infine, sempre in tale ottica, una breve considerazione deve essere dedicata alla possibilità di vagliare una compatibilità del leasing con l’azienda alla luce della tipologia del leasing - usufrutto. Tematica, però, molto discussa in dottrina e difficilmente accolta ed applicata stante la diversità delle situazioni giuridiche e della struttura delle due fattispecie236.

In conclusione, alla luce di quanto sinora esposto e argomentato, pare potersi affermare con sicurezza un’astratta configurabilità del contratto di leasing con riguardo all’azienda.

3 Segue. La configurabilità del leasing d’azienda secondo la dottrina e la

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