• Non ci sono risultati.

La tesi dell’incommerciabilità degli immobili da costruire prima della richiesta del permesso di

Dopo l’entrata in vigore del d.lg. n. 122 la dottrina ha ritenuto che da alcune disposizione del decreto in commento risulterebbe che la nuova normativa di tutela non sia applicabile, nei casi in cui il contratto tra costruttore e acquirente abbia per oggetto un immobile per il quale non sia stato richiesto il permesso di costruire e che di conseguenza in assenza di tale richiesta il fabbricato stesso sia incommerciabile.

Le disposizioni sulle quali si poggia tale tesi dottrinale sono le seguenti:

a) L’art. 1 comma 1, lett. c) che definisce immobile da costruire solo quello per il quale sia richiesto il permesso di costruire;

b) L’art. 6 comma 2, lett. b) che richiede l’allegazione al contratto degli elaborati di progetto in base ai quali è stato rilasciato o richiesto il permesso di costruire:

c) L’art. 5 comma 1 che limita la garanzia fideiussoria agli immobili il cui permesso sia successivo all’entrata in vigore della legge;

d) L’art. 12 comma 3 che limita l’accessibilità alle prestazioni del Fondo di solidarietà ai soli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire177.

Secondo quanti aderiscono alla tesi in esame, l’incommerciabilità dei fabbricati per i quali non sia stato richiesto il permesso di costruire risulterebbe, oltre che dalle disposizione suddette, anche dalla ratio del decreto stesso. A tal riguardo, si è osservato che l’intento del legislatore, sotteso alla nuova normativa di tutela, non è soltanto quello di attribuire all’acquirente o al potenziale acquirente una tutela ad ampio raggio avverso le eventuali situazioni di dissesto del costruttore, ma anche quello di contrastare l’abusivismo edilizio.

Se si ammette che sia questa la ratio della nuova disciplina, di conseguenza si deve necessariamente negare validità non solo al contratto definitivo ma anche al contratto preliminare, quando il permesso di costruire non sia stato rilasciato anche se richiesto. Questa corrente dottrinale conclude affermando che, in assenza di questi presupposti, gli immobili da costruire non potrebbero essere commerciabili perché:

176Cass. 3.9.1993 n.9313

177S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.

164 ss.

88 - in primo luogo non rientrerebbero entro il perimetro applicativo del decreto legislativo 2005 n.

122;

- in secondo luogo l’acquirente non godrebbe di quel pacchetto di tutele introdotto dalla nuova disciplina; con la conseguenza che se si ammettesse la commerciabilità di questi fabbricati, i corrispondenti contratti sarebbero uno strumento messo a disposizione dei privati per eludere la disciplina protettiva in esame, ossia per privare l’acquirente della relativa protezione.

La tesi dell’incommerciabilità degli immobili da costruire prima della richiesta del permesso di costruire o del suo rilascio in realtà si fonda su argomenti e giustificazioni per niente esaustivi.

In primo luogo, le disposizioni suddette non fanno alcun riferimento all’incommerciabilità ma si limitano ad escludere espressamente l’operatività della disciplina protettiva; in secondo luogo, non risulta che le stesse elevino a requisito di commerciabilità la richiesta o il rilascio del permesso di costruire; in terzo luogo, pur ammettendo che la ratio del legislatore sia anche quella di contrastare l’abusivismo edilizio, da questo non sembra discendere logicamente che un immobile è commerciabile se e solo se rientra entro il perimetro applicativo del decreto legislativo 2005 n. 122;

e da ultimo, non risulta un pericolo di elusione della disciplina protettiva se si ammette la validità delle vendite “sulla carta” concluse prima della richiesta del permesso di costruire, cosa questa che non sembra compatibile con l’attuale struttura del mercato immobiliare.

D’altra parte la tesi che esclude la commerciabilità degli immobili da costruire prima della richiesta del permesso di costruire o del suo rilasciato, se condivisa, determinerebbe non solo la nullità del contratto preliminare di permuta del suolo in cambio di un fabbricato che il costruttore si obbliga a costruire sul terreno promessogli in permuta e per il quale non può aver chiesto il relativo permesso non avendone il titolo, ma anche una diminuzione della capacità contrattuale del costruttore che non risponderebbe all’esigenza attuale della circolazione degli immobili178.

Dopo aver chiarito i motivi per i quali la tesi in esame non sia condivisibile, si rende necessario affrontare la tematica relativa alla validità delle vendita “sulla carta” concluse prima della richiesta o rilascio del permesso di costruire.

La dottrina dominante ha contestato l’obiezione alla validità di queste fattispecie contrattuali, osservando che, sebbene l’art. 46 t.u. in materia edilizia (come il precedente art. 17 l. n. 47/1985 sul condono edilizio) sanzioni con la nullità i contratti traslativi, costitutivi o di scioglimento della comunione di diritti reali privi degli estremi del permesso di costruire, nella vendita “sulla carta”

l’effetto traslativo è certamente collegato al contratto ma non si verifica al momento della conclusione dello stesso. Invero, come abbiamo già visto nei capitoli precedenti, la vendita di cosa futura

178S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.166

89 determina l’acquisto della proprietà a favore dell’acquirente soltanto dopo l’adempimento dell’obbligazione in capo al costruttore, ossia la costruzione dell’immobile dedotto nel contratto.

Prima di questo momento la vendita determina soltanto la produzione di effetti obbligatori, nell’ambito dei quali non vi è motivo di escludere l’obbligazione di chiedere il relativo permesso di costruzione e anzi di integrare il contratto con la sua indicazione. A fondamento di tale convincimento, si è altresì osservato che non esiste alcuna disposizione che nega alle parti la possibilità di integrare successivamente il contratto con l’indicazione degli estremi del permesso di costruire. Tuttalpiù è possibile rintracciare nel codice molte norme che dimostrano come una diminuzione dell’autonomia contrattuale delle parti rappresenti l’eccezione e non la regola: basta pensare all’art. 1349 cod. civ. che ammette la determinazione dell’oggetto da parte di un terzo in un momento successivo alla conclusione del contratto; agli artt. 1332, 1374, 1372, 1322 comma 2 cod.

civ., i quali ammettono rispettivamente la rettifica, l’integrazione, lo scioglimento consensuale del contratto e la conclusione di contratti atipici.

Non risulta, dunque, che ci siano degli argomenti di diritto tali da impedire alle parti di integrare il contratto con gli estremi del permesso di costruire in un momento successivo alla stipula del contratto stesso ma prima che si realizzi l’effetto traslativo.

In conclusione deve quindi ammettersi la possibilità di integrare una vendita sulla carta priva degli estremi del permesso di costruire, perché non ancora rilasciato o richiesto, prima che l’immobile venga ad esistenza o anche dopo se la vendita abbia per oggetto un edificio non abusivo. La vendita dunque è valida se il permesso di costruire sia anteriore all’inizio della costruzione e può essere valida anche se la costruzione è iniziata prima del permesso di costruire, ma l’abuso sia sanato prima che l’edificio venga ad esistenza e il contratto produca l’effetto traslativo179.

Ciò non vuol dire che la vendita sia altrettanto valida se abbia ad oggetto un fabbricato da costruire senza permesso, perché in tal caso il contratto sarebbe nullo per illiceità della causa o impossibilità dell’oggetto ex art. 1418 cod. civ.; ma se la vendita avesse ad oggetto un immobile da costruire in base a regolare permesso e se il costruttore iniziasse la costruzione prima del rilascio del permesso stesso, il contratto sarebbe valido è idoneo a produrre il trasferimento nel caso in cui l’abuso fosse sanato prima della venuta ad esistenza del fabbricato.

La ratio delle norme che prescrivono l’indicazione del permesso di costruire non risiede nel contrasto all’abusivismo edilizio, quanto piuttosto nell’esigenza di individuare compiutamente l’ubicazione, la conformazione e la distribuzione interna, la superficie e le caratteristiche architettoniche dell’immobile da costruire al fine ultimo di determinare con precisone l’oggetto del contratto. Questa

179S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.170

90 ratio induce l’interpretare ad interpretare le disposizioni in esame nel senso che, quando il contratto non ha effetti traslativi immediati, è necessario per la validità del contratto che il permesso di costruire esista e sia indicato quando avviene il trasferimento.

Qualsiasi tesi, che giunga ad una conclusione diversa da quella suddetta, sembrerebbe troppo legata al tenore letterale delle disposizioni, mettendo in secondo piano il senso logico delle stesse e la sostanza della fattispecie.

9 I principali strumenti di tutela: la garanzia fideiussoria, assicurazione indennitaria decennale, il contratto preliminare. Il decreto 122/2005 e la legislazione d’oltralpe.

Il decreto 122 /2005, attuativo della legge delega del 2 agosto 2004, n. 210, rappresenta indubbiamente un passo avanti per la tutela degli acquirenti di immobili da costruire, data l'inadeguata protezione apprestata dall'ordinamento per i molti casi di dissesti economici dell'impresa costruttrice.

Invero queste situazioni di dissesto, come abbiamo già visto nei paragrafi precedenti, arrivavano a compromettere i risparmi di una vita non solo per la difficoltà di recuperare le somme corrisposte ma anche per il potere del curatore fallimentare, al quale gran parte della giurisprudenza, ritiene inopponibile il contratto preliminare nonché l'azione proposta ai sensi dell'art. 2932 c.c., eccezion fatta per una sentenza di condanna già emessa che, tuttavia, può essere impugnata al fine di sciogliersi dal preliminare. Si rileva, dunque, che l'intervento del legislatore è stato per lungo tempo atteso in quanto considerato non solo adeguato ma addirittura indispensabile.

Quest’utlimo si inserisce in quel filone legislativo per lo più di derivazione comunitaria conosciuto come "diritto privato europeo", diretto a tutelare il contraente debole in assenza di equilibrio nelle posizioni delle parti. Tuttavia la nuova disciplina di tutela è stata ispirata anche dalla legislazione francese, considerata sulla questione quella più all'avanguardia. Da questo modello sono conseguite, non senza differenze, le diposizioni che istituiscono l'obbligo in carico al costruttore di stipulare una polizza fideiussoria a garanzia delle somme ad esso versate o da versare prima del trasferimento della proprietà dell'immobile come requisito di validità del contratto (art. 2 e 3), nonché l'imposizione di requisiti minimi del relativo contenuto (art. 6).

Altre misure sempre a tutela dell'acquirente introdotte dal decreto legislativo, mostrano invece delle novità rispetto al modello francese: basti pensare all'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile ex art. 1669 c.c. (art. 4); al diritto al frazionamento del mutuo fondiario e dell'ipoteca, attribuito nei confronti della banca all'acquirente o promissario acquirente (art. 7); al divieto per il notaio di stipulare l'atto definitivo di compravendita di immobili da costruire in assenza di cancellazione o frazionamento dell'ipoteca, o di cancellazione del pignoramento (art. 8); al diritto di prelazione