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L'art. 1 lett. b) del decreto 122/ 2005, definisce come costruttore non solo l'imprenditore che provveda in prima persona alla realizzazione dell'immobile da costruire, ma anche colui che alieni fabbricati la cui edificazione “sia data in appalto o comunque sia eseguita da terzi”. Abbiamo visto nei paragrafi precedenti come sia imprecisa la terminologia utilizzata dal legislatore nel dare una definizione al

“costruttore”, tale da riferirsi, ai fini del decreto in esame, non solo al soggetto che sia direttamente occupato nell'attività edificatoria, ma anche al soggetto che si sia servito dell'attività edificatoria di terze imprese costruttrici. Questa interpretazione della nozione in esame porterebbe ad escludere i soggetti operativi nell’ambito dell’intermediazione immobiliare.

Questa certamente è una ricostruzione restrittiva della disposizione in esame.

Un’interpretazione diversa, suggerisce l’estensione del perimetro applicativo del decreto in commento a tutti i casi in cui un'impresa costruttrice affidi ad una società secondaria, ad un'agenzia o ad un mandatario senza rappresentanza, la vendita dei fabbricati da edificare; ma questa non troverebbe applicazione, invece, per le cc.dd. agenzie immobiliari, nell’ipotesi in cui esse si limitino a porre in essere un’ attività di mediazione tra il costruttore-venditore e l'acquirente133..Questa diversa ricostruzione merita di essere condivisa solo se accompagnata dalla precisazione che l'agenzia immobiliare è esclusa dall'operatività del d.lgs. n.122/2005 allorquando si limiti a mettere in contatto l'acquirente e l’impresa costruttrice ( e questo perché in tal caso sarà soltanto quest’ultima ad essere obbligata a rilasciare la garanzia fideiussoria e la polizza assicurativa indennitaria decennale, di cui rispettivamente agli artt. 2 e 4 del decreto in commento). Nel caso in cui, invece, l’agenzia

131S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.60

132 App. Roma 18.12.1956, DF, 1957, II, 123.

133 S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009

69 immobiliare abbia uno specifico mandato a concludere il contratto nell’interesse del costruttore, allora incomberanno anche su di lei le obbligazioni di cui agli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 122/2005.

5 Il presupposto oggettivo: l’immobile da costruire. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza.

L’art.1, lett. d) del decreto legislativo 2005 n. 122 fornisce la definizione di immobile da costruire, il quale non è soltanto l’oggetto del contratto ma altresì il requisito oggettivo necessario per l’applicazione della disciplina in esame.

Secondo la definizione dell’art. 1, lett. d) l’immobile da costruire è “un immobile per il quale sia stato richiesto il permesso da costruire e che sia ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in uno stadio tale da non consentire il rilascio del certificato di abitabilità”.

Tale definizione risulta tutt’altro che appagante dal momento che, sebbene sembri essere formulata in modo chiaro, solleva molti dubbi interpretativi la cui risoluzione è necessaria al fine di individuare con maggior precisione il perimetro entro il quale la normativa di tutela può trovare applicazione.

Innanzitutto il primo aspetto che balza agli occhi dell’interprete è la scelta del legislatore di far riferimento all’immobile e non al fabbricato. Tuttavia, considerata la ratio della disciplina in esame, sembra difficile credere che l’espressione “fabbricato” avrebbe potuto far nascere dei dubbi interpretativi se non i pochi casi del tutto eccezionali134.

Maggiori perplessità solleva invece l’espressione “da costruire”.

Ad una prima lettura della disposizione in esame sembrerebbe che si tratti di fabbricato non ancora esistente: la norma definisce gli immobili da costruire come immobili che siano ancora da edificare, espressione questa che si riferisce propriamente alla costruzione ex novo e non agli interventi sull’esistente, come ad esempio ristrutturazione o restauro, e quindi anche la successiva espressione

“o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata dovrebbe logicamente riferirsi alla prima edificazione135.

Se si condividesse questa ricostruzione dell’espressione “da costruire”, si limiterebbe di conseguenza l’applicazione della nuova normativa di tutela agli acquirenti che acquistino immobili ancora da costruire. In realtà questa interpretazione sarebbe giustificata dalla seguente constatazione: “se il fabbricato esiste, il contratto non ha per oggetto una cosa futura e realizza di conseguenza il trasferimento immediato della res; manca dunque proprio il presupposto della tutela dell’acquirente”136. Tale ricostruzione restrittiva della norma, che porterebbe ad escludere

134S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.141

135 S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.142

136S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, cit., pag.142

70 l’applicazione della disciplina in esame ai casi di ristrutturazione edilizia (limitandola solo agli edifici da costruire ex novo), è scongiurata per due motivi: il primo attiene alla errata interpretazione dell’espressione “cosa futura”, affrontata già nel primo capitolo, che per la sua genericità non coincide soltanto con il bene inesistente in rerum natura; il secondo attiene ad un errata interpretazione dell’espressione “da costruire” che si fonda esclusivamente sul tenore letterale della disposizione.

Invero, una lettura sistematica della norma, in relazione a quelli che sono invece gli scopi che il legislatore intende perseguire con la disciplina in commento, porterebbe invece ad una interpretazione estensiva137.

Non c’è alcun dubbio che la situazione dell’acquirente, persona fisica che acquista dal costruttore un fabbricato da costruire ex novo che deve essere tutelato attraverso la possibilità di recuperare gli acconti del corrispettivo già versati fino al momento in cui si realizza l’effetto traslativo, sia sostanzialmente identica a quella dell’acquirente persona fisica che acquista una porzione di edificio già esistente e da ristrutturare radicalmente.

Si è osservato di conseguenza che negare al secondo acquirente quel pacchetto di tutele introdotto dalla nuova normativa di tutela sarebbe privo di alcuna logica e non troverebbe giustificazione in alcun argomento interpretativo, soprattutto se si considera la ratio sottesa alla disciplina in esame.

In forza, dunque, di un’interpretazione sistematica delle disposizioni del decreto in esame sarebbe possibile estendere l’applicazione di tale normativa anche agli edifici di ristrutturazione.

“Deve però trattarsi di interventi di ristrutturazione c.d. maggiore, ossia di interventi che trovino la loro disciplina edilizio-urbanistica nel combinato disposto degli artt. 3 primo comma let. d) e 10 primo comma lett. c) del D.P.R. 380/2001 (testo unico in materia edilizia); deve pertanto trattarsi di interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso da quello precedente e che comportino aumento di unità, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero se in zona A mutamento della destinazione d’uso”138.

A tal riguardo occorre segnalare come il legislatore con la definizione di cui all’art. 1, lett. d) del decreto legislativo 2005 n. 122 abbia considerato l’immobile da costruire, oggetto del contratto stipulato tra costruttore ed acquirente, nella sua dimensione c.d. dinamica: deve trattarsi, in particolare, di un fabbricato che richieda una successiva attività edificatoria ad opera del venditore e che non risulti individuato nella consistenza voluta e convenuta tra le parti al momento della conclusione del contratto stesso.

137Rizzi Giovanni, Decreto legislativo 122/2005: la garanzia fideiussoria ed i presupposti di applicazione della nuova normativa, 23.07.3005, disponibile su www.notariato.it

138 Rizzi Giovanni, Decreto legislativo 122/2005: la garanzia fideiussoria ed i presupposti di applicazione della nuova normativa, 23.07.3005, disponibile su www.notariato.it

71 Questa ricostruzione della definizione di immobile da costruire induce a ritenere che la nuova normativa di tutela trova applicazione quando il fabbricato venga dedotto nel contratto con caratteristiche non ancora esistenti al momento della conclusione del contratto stesso; caratteristiche per le quali è necessaria un’attività edificatoria da parte del costruttore successiva alla conclusione dell’operazione negoziale139. Di conseguenza, dal perimetro entro il quale la nuova normativa di tutela è suscettibile di essere applicata, sono esclusi tutti i casi in cui l’oggetto del contratto sia rappresentato da immobili da costruire dedotti in una dimensione c.d. statica: basti pensare a fabbricati venduti nello stato in cui si trovano al momento della stipula del contratto medesimo, senza che sia prevista alcuna successiva attività edificatoria. L’interpretazione estensiva, secondo la quale rientrerebbero entro il perimetro di applicazione della nuova normativa di tutela anche i casi di ristrutturazione di beni immobili, certamente merita di essere condivisa sia per un criterio sistematico, rendendo la lettura della disposizione in esame coerente con gli scopi perseguiti dal legislatore con il decreto legislativo in commento, sia perché un’interpretazione letterale della norma che fornisce la definizione di immobile da costruire renderebbe la norma stessa incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza nella parte in cui non equipara la situazione dell’acquirente di un immobile da costruire ex novo a quella dell’acquirente di un immobile da ristrutturare.

Invero, si è ritenuto sulla base della considerazione suddetta, che i fabbricati in corso di ristrutturazione, restauro o risanamento debbano essere considerati “in corso di costruzione” ogni qual volta il bene giuridico dedotto in contratto sia un bene sostanzialmente diverso rispetto a quello esistente al momento della conclusione del contratto140. Come si è già accennato precedentemente, non ostacola questa ricostruzione dell’espressione “da costruire” neanche il convincimento che, a differenza del fabbricato da costruire ex novo, il fabbricato da ristrutturare esiste già al momento della conclusione del contratto e che conseguentemente, non essendo una cosa futura, sarebbe escluso dall’ambito di applicazione del decreto proprio per la mancanza del presupposto della tutela dell’acquirente. È evidente che in tal caso viene in rilievo un bene già esistente, ma è altrettanto evidente che trattasi di un bene diverso da quello che sarà dopo la ristrutturazione e se poi il venditore/costruttore si obbliga a venderlo già ristrutturato, il contratto avrà ad oggetto non un bene presente (il fabbricato esistente) ma un bene futuro (il fabbricato ristrutturato).

139RIZZI, Decreto legislativo 122/2005: la garanzia fideiussoria ed i presupposti di applicazione della nuova normativa, Studio n. 5813/C, approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 23 luglio 2005. Disponibile su www.notariato.it.

140 PETRELLI, gli acquisti di immobili da costruire. Le garanzie, il preliminare egli altri contratti, le tutele per l’acquirente (d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122), in letture notarili collana diretta da Laurini G., Ipsoa, Milano, pag. 39

72 Per la verità la dottrina non ha mai trattato nello specifico il problema se anche una cosa esistente e dotata di autonoma individualità economica, debba essere qualificata come cosa futura quando sia considerata oggetto del contratto in uno stadio diverso da quello esistente e se quindi in tal caso il contratto sia soggetto alla disciplina propria del corrispondente tipo contrattuale avente per oggetto la prestazione di cose future141. La dottrina, pur essendo concorde nel ritenere che per cosa futura debba intendersi anche un prodotto d’opera non ancora formato nella sua individualità economica, privo di autonomia giuridica, per la cui venuta ad esistenza è necessario, sia che ne sia artefice l’uomo o la natura, un processo di elaborazione o trasformazione, non ha mai indicato come esempio di bene futuro un fabbricato esistente ma considerato come oggetto del contratto in uno stato diverso da quello attuale, ossia un fabbricato da ristrutturare o venduto come ristrutturato.

“Né può dirsi che in tali affermazioni sia implicito con certezza che anche un bene esistente nella sua individualità fisica ed economica è un bene futuro se è considerato come oggetto del contratto con requisiti sostanziali non esistenti al momento della conclusione del contratto e la cui mancanza ne renda impossibile il trasferimento con effetto immediato”142. La questione relativa alla possibilità di qualificare il fabbricato da ristrutturare come bene futuro o come presente è stata invece affrontata nello specifico dalla giurisprudenza anche se dal punto di vista tributario.

In particolare, era oggetto di discussione se il calcolo dell’Invim per la vendita di due fabbricati che il venditore si era obbligato a ristrutturare in modo tale da renderli idonei al godimento, questione questa che dipendeva dalla possibilità di qualificare il contratto come vendita di cosa futura143. La Cassazione, investita della controversia, “premesso che il contratto ha per oggetto due unità immobiliari da completare risultanti dalla ristrutturazione di un’unica unità immobiliare dichiarata inabitabile ovvero “al rustico” e considerato che il bene, benché i lavori non fossero stati completati, esisteva dal punto di vista fisico (…); che esso veniva compravenduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava (…); che il venditore si era obbligato a completare i lavori (…)144, accoglieva il ricorso dell’amministrazione finanziaria, la quale contestava la qualificazione del contratto come vendita di cosa futura, osservando “che si tratta invece di cosa esistente con impegno del venditore di completare i lavori di ristrutturazione” e che di conseguenza “l’affermazione che si tratti di vendita di cosa futura è apodittica”. La sentenza in esame fornisce una soluzione al problema della qualificazione del contratto, negando che si tratti di vendita di cosa futura in forza di una mera clausola di stile, quale “l’immobile è venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova” e non

141S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.144

142S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, cit., pag. 146

143S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, pag. 147

144 Cass. Civ., 09.11.2005, n. 21773.

73 dunque in forza del contenuto contrattuale145. Ma è altrettanto vero che, sebbene non arrivi a qualificare il contratto del caso di specie come vendita di cosa futura, implicitamente non esclude che la vendita di un fabbricato da ristrutturare possa essere qualificata come vendita di cosa futura.

Invero nella massima la Corte di Cassazione afferma che “la cessione di un fabbricato da ristrutturare, con previsione dell’obbligo del cedente di eseguire i lavori necessari al fine di completare il bene o di renderlo inidoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli estremi della vendita di una cosa futura quanto quelli del negozio misto caratterizzato da elementi propri della vendita e dell’appalto”.

La tesi che estende l’applicazione della nuova normativa di tutela al fabbricato da ristrutturare, non limitandola al solo immobile da costruire ex novo, trova conforto anche nel principio giurisprudenziale secondo il quale “ il venditore di un bene immobile destinato ad abitazione, quando non vi siano patti contrari, ha l’obbligo di dotare tale bene della licenza di abitazione senza la quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico-sociale, e tale requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della commerciabilità del bene non può essere sostituito dalla definizione della pratica di condono e da altro, in quanto chi acquista un immobile-salvo che sia reso espressamente edotto della esistenza di un qualche problema amministrativo o urbanistico- ha diritto alla consegna di un appartamento in tutto conforme alle leggi, ai regolamenti e alla concessione edilizia e per il quale sia stata, quindi, rilasciata la licenza di abitabilità”146.

Se si ammette tale principio giurisprudenziale, si deve ammettere conseguentemente che, affinché il bene immobile possa dirsi venuto ad esistenza, è necessario il requisito dell’agibilità, come presupposto per la individualità giuridica ed economica del bene stesso. La conseguenza di questo ragionamento giuridico è che, fino a quando non sia dotato dal venditore della licenza di abitabilità, il bene, pur esistendo nella sua individualità fisica, non può dirsi realizzato nella sua specifica individualità come risulta dal programma negoziale delineato dalle parti e di conseguenza non può che considerarsi non ancora venuto ad esistenza e per questo come bene futuro147.

In conclusione il fabbricato da ristrutturare rientra nell’ambito di applicazione della nuova normativa di tutela introdotta dal decreto legislativo 2005 n. 122 se viene considerato nel contratto con requisiti fisici o giuridici, come ad esempio di struttura, di caratteristiche e destinazione d’uso, che non possegga al momento della conclusione del contratto stesso.

145 S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, pag. 148

146 Cass. Civ., 03.07.2000, n. 8880.

147S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.150

74 5.1 La venuta ad esistenza del fabbricato da costruire.

La regola generale esposta all'art. 1472 c.c. ricollega l'effetto traslativo al momento in cui il bene dedotto nel contratto venga ad esistenza nella sua autonomia funzionale, in modo che possa essere utilizzato secondo la destinazione che le è propria e che è stata pattuita dalle parti nel regolamento contrattuale148. L'individuazione del momento in cui l'immobile può considerarsi venuto ad esistenza è rilevante non solo per pervenire al trasferimento della proprietà del fabbricato (facendo gravare, da quel momento in poi, il rischio del perimento in capo all'acquirente), bensì, ai fini del presente decreto, per considerare venuta meno la garanzia fideiussoria di cui agli artt. 2 e 3, e conseguentemente ritenere operativa la copertura assicurativa dell'immobile di cui all'art. 4 d.lgs.

122/2005. L'orientamento prevalente della Corte di Cassazione, che emerge da una serie di sentenze emanate dalla stessa a partire dal 1989, ricollega il perfezionamento del processo produttivo della cosa al momento in cui viene realizzata nelle sue componenti essenziali, sottolineando l'irrilevanza che la stessa manchi di alcune rifiniture o accessori non indispensabili per la sua utilizzazione.

Quindi, quando le caratteristiche del bene sono tali da attribuirgli una precisa identità in riferimento alla sua destinazione economica, la mancanza di elementi accessori (quali l'impianto di riscaldamento o alcune pareti divisorie interne) o la stessa mancanza del certificato di abitabilità non inficiano la venuta ad esistenza della cosa nella sua destinazione economico-funzionale149.

Il criterio appena descritto è tuttavia destinato a cedere di fronte ad una diversa statuizione delle parti in merito al momento a partire dal quale il bene dedotto in contratto possa considerarsi esistente.

Se le parti si sono accordate per il trasferimento di un immobile in uno stato sostanzialmente diverso da quello attuale (per caratteristiche strutturali o funzionali, per destinazione d'uso etc…), solo nel momento in cui il bene sarà realizzato e utilizzabile in conformità al programma negoziale potrà dirsi che sia venuto ad esistenza. L’immobile quini perché si possa dire che sia venuto ad esistenza deve avere i requisiti che lo rendano utilizzabile e tra questi rientrano anche quelli che lo rendono agibile (e cioè idoneo al rilascio della relativa autorizzazione). Non impediscono invece la venuta ad esistenza i difetti di costruzione o le difformità che non incidono sulla identità del fabbricato sotto l'aspetto della sua destinazione economica. Per questi difetti il costruttore è tenuto alle garanzie di legge, ma essi non impediscono la venuta ad esistenza del fabbricato, per la quale conta solo che il fabbricato abbia la sua individualità fisica e funzionale150.

148S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.

151

149Cass. 5.9.1989, n. 3854

150S. Cardarelli, l’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruzione, Milano, A. Giuffrè, 2009, pag.

155 ss.

75 5.2 L'apparente contrasto tra l'art. 2645 bis e l'art. 1, lett. d) d.lgs. 122/2005

Come si è visto, il decreto 122 considera l'immobile "da costruire" almeno fino al momento in cui non presenti le condizioni richieste per il rilascio del certificato di agibilità. Solo in quello stadio l'immobile può considerarsi agibile, e può quindi realizzarsi compiutamente il trasferimento di proprietà a favore dell'acquirente persona fisica151.

Ciononostante da un’interpretazione sistematica delle norme vigenti nel nostro ordinamento giuridico in materia, è possibile riscontrare un contrasto apparente tra l’art. 1, lett. d), d.lg. n. 122 ed il disposto dell’art. 2645 bis, co. 6 cod. civ., il quale, invece, “considera "esistente" il fabbricato da costruire quando sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali, e sia stata completata la copertura”152. Secondo una parte della dottrina, la finalità dell’art. 2645 bis risiede nell’individuazione del momento in cui si produce l’effetto traslativo.

“Questa ricostruzione arriva a considerare l’art. 2645 bis come una regola generale destinata dunque ad operare sempre salvo che il contratto sia soggetto alla disciplina del d.lgs. 122/2005 e in tale ipotesi le parti convengano espressamente la venuta ad esistenza nel momento in cui il fabbricato sia ultimato

“Questa ricostruzione arriva a considerare l’art. 2645 bis come una regola generale destinata dunque ad operare sempre salvo che il contratto sia soggetto alla disciplina del d.lgs. 122/2005 e in tale ipotesi le parti convengano espressamente la venuta ad esistenza nel momento in cui il fabbricato sia ultimato