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Tipologia dei sogni: i cinque gener

Il Commentario macrobiano: la sezione introduttiva

IV. 3. Tipologia dei sogni: i cinque gener

Giunto a questo punto, Macrobio dichiara di voler passare all’analisi vera e propria del Sogno ma, immediatamente, si rende conto che tale lavoro esegetico necessita di una preliminare presentazione concernente la definizione stessa del termine “sogno”184

: nell’antichità, infatti, esistono diversi generi di “sogno” dei quali l’autore ritiene opportuno compiere un immediato excursus al fine di verificare a quale di questi appartenga il Sogno ciceroniano. Tale questione, affrontata nel terzo capitolo, riveste, per la comprensione del libro VI del De re publica, una notevole importanza.

Nel Commentario sono individuati185, attraverso la solita classificazione puntuale, cinque generi di sogno di cui l’autore fornisce la definizione sia in greco che in latino: sogno (oneiros o somnium), visione (orama o visio), oracolo

183 N

ERI, Macr. Comm. al Sog. di Scip. cit., p. 582. 184

Sulla concezione medievale del sogno si veda S. F. KRUGER, Dreaming in the Middle

Ages, Cambridge 1992, trad. it. di E. D’INCERTI e G. IAMARTINO, Il sogno nel Medioevo, Milano 1996.

(chrematismos o oraculum), visione interna al sogno (enupnion o insomnium), apparizione (phantasma). Al primo genere appartengono quei sogni che nascondono, sotto una coltre simbolica e velatamente enigmatica, un significato che esige il soccorso dell’interpretazione. Questo primo genere di sogno si suddivide, a sua volta, in cinque specie: esso può essere particolare (quando colui che sogna vede se stesso attivo protagonista del sogno), estraneo (quando colui che sogna vede un’altra persona protagonista del sogno), comune (quando colui che sogna condivide insieme ad altri la medesima situazione), pubblico (quando colui che sogna riconosce, come ambiente del sogno, la propria città o un territorio familiare), universale (quando il sogno ha per oggetto le cose celesti, quali il cielo, il sole, gli astri). La visione, in secondo luogo, è quel genere onirico in cui si preannuncia, a colui che sta sognando, un avvenimento che di lì a poco avverrà realmente. Nell’oracolo, poi, appare in sogno un parente, un personaggio venerabile o, addirittura, la divinità stessa che informa il sognatore su ciò che gli accadrà e il modo in cui egli dovrà comportarsi in quel frangente. La visione interna al sogno ha un’importanza inferiore rispetto ai primi tre generi dal momento che essa è prodotta da ansia psichica o fisica (pesantezza di stomaco, ad esempio, causata da un’eccessiva assunzione di cibo o vino): la capacità profetica di questo genere onirico è nulla e falsa. Della visione interna parla anche Cicerone186 il quale, riprendendo Platone187, sostiene che in questo genere di sogno mentre l’anima razionale è assopita e debole, quella istintiva e violenta, al contrario, abbrutita dall’eccesso di cibo e vino, si esalta in maniera smodata provocando visioni di ogni genere. L’apparizione, infine, è quel momento di passaggio tra veglia e sonno profondo in cui il dormiente fantastica pensando di essere ancora sveglio: alla stregua della visione interna, quindi, anche tale genere non può essere considerato un mezzo divinatorio e profetico. Quest’ultima tipologia di sogno comprende l’epialtes, ossia l’incubo: quest’ultimo, che gli antichi assimilavano a Pan o ai fauni188

, per Artemidoro può essere portatore di messaggi divinatori. Macrobio, al contrario, pone in risalto il contenuto immaginario dell’apparizione e, conseguentemente, si mostra fortemente scettico anche nei

186 C

ICERONE, De divinatione, I, 60. 187 P

LATONE, Repubblica, IX, 571c. 188 P

confronti dell’epialtes: questo scetticismo macrobiano sarà largamente condiviso e accolto nel Medioevo che, sulla scorta della concezione demonologica della patristica, tenderà ad ignorare questo “demone incubo”.

C’è da rilevare che Macrobio, dopo aver introdotto i cinque tipi di sogno, inizia la loro singola trattazione cominciando dagli ultimi due, cioè dalla visione

interna e dall’apparizione: questa scelta, apparentemente incomprensibile, trova una

sua ragion d’essere se la si rapporta ad una concezione molto antica attestata tra l’altro da Orazio189

ed indirettamente dallo stesso Virgilio190

. Secondo tale concezione i sogni falsi avvengono prima della mezzanotte, quelli profetici dopo la mezzanotte: qui il commentatore latino, dunque, opta per questo criterio cronologico tradizionale, partendo dai sogni non profetici per poi giungere a quelli divinatori.

Definiti i cinque generi, Macrobio conclude il discorso sostenendo che il

Sogno ciceroniano è comprensivo dei primi tre: c’è in esso l’oracolo dal momento

che all’Emiliano appare in sogno il suo venerabile avo che gli predice ciò che gli accadrà; è presente, al tempo stesso, la visione in quanto il condottiero romano gode della vista di quei luoghi in cui la sua anima dimorerà dopo al morte; c’è, infine, il

sogno visto che, per il carattere elevato delle cose narrate, c’è la necessità di ricorrere

alla scienza dell’interpretazione. Con la puntuale e sistematica precisione che caratterizza l’intera sua opera, Macrobio si attarda a spiegare anche il motivo per cui il Sogno ciceroniano comprende la cinque specie interne all’oneiros: esso, infatti, è particolare, perché l’Emiliano è trasportato personalmente nelle regioni superne dove viene a conoscenza del proprio avvenire; è, poi, estraneo, in quanto egli osserva la condizione di altre anime; è comune, dal momento che egli apprende che quei medesimi luoghi sono destinati a chi, come lui dopo la morte, è stato meritevole in vita; è pubblico, poiché gli vengono predetti la distruzione di Cartagine, il suo trionfo in Campidoglio e le conseguenti inquietudini; è, infine, universale, perché l’Emiliano, sia alzando che abbassando lo sguardo, comprende cose ignote per gli uomini ancora in vita, quali il cielo, le stelle, l’armonia della loro rotazione, la geografia terrestre. Questo aspetto estremamente analitico, questa cura dei particolari fin nei minimi dettagli, sono sicuramente degli elementi distintivi del Commentario

189 O

RAZIO, Sermones, I, 10, 33. 190 V

che, oltre a confermare l’acclarata capacità stilistica dell’autore, dimostrano il suo eclettismo dottrinale.

IV. 4. Le fonti della sezione introduttiva: l’originalità della proposta