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2.2 Il testo

2.2.1 La trama

Il copione è diviso in dodici «sequenze» e prevede una continua interazione tra recitazione e musica di commento: le numerose indicazioni in didascalia suggeriscono in modo conciso il ruolo e la presenza del commento musicale.

Il racconto si sviluppa su due livelli paralleli e indipendenti. Un primo livello è incentrato sulla rappresentazione dell’ambiente urbano: lo sguardo panoramico su una «generica città del Sud» (secondo Patroni Griffi l’unica vera protagonista di questa «ballata radiofonica»)87 è affidato alla voce di un narratore esterno all’azione. Parallelamente, su un altro livello narrativo, viene raccontata la storia «banale» già citata da nella lettera di Piovesan; la crisi di un rapporto coniugale viene resa attraverso le voci di un nucleo ristretto di personaggi: i due coniugi (Ciro e Dolores) e la sorella di quest’ultima, Assunta. I due piani del racconto procedono parallelamente e si avvicendano senza quasi toccarsi: la descrizione della città e dei suoi abitanti non segue necessariamente lo svolgimento della vicenda, ma piuttosto contribuisce a costruire la

86 Il copione che Maderna utilizzò per preparare la partitura è andato perso. Per l’analisi del testo (e puramente a

fini argomentativi) si utilizzerà quindi il copione pubblicato successivamente alla messa in onda del radiodramma, con la consapevolezza che esso potrebbe risultare differente rispetto ad una prima versione del copione. Il testo del radiodramma viene riportato interamente nel paragrafo 2.2.2, dove vengono evidenziate le discrepanze tra la versione pubblicata nel copione e il testo presente in partitura.

cornice ambientale e simbolica entro cui si inseriscono i protagonisti. Inoltre, mentre la storia si protende senza deviazioni verso il finale tragico, la rappresentazione dell’ambiente segue il periodico ripetersi delle fasi del giorno, suggerendo piuttosto una dimensione ciclica del tempo.

Il testo si apre con la voce del narratore che, per tre intere sequenze, è impegnato nel tratteggiare la vita brulicante e policroma di questa «generica città del Sud». Ne scaturisce un vivido affresco dai dettagli quasi disturbanti, e la voce narrante sembra voler svelare gli aspetti più nascosti e degradati di queste «città livide al chiaro di luna, squallide sotto la pioggia», mettendone in evidenza inattesi risvolti poetici, come le immagini di cani e gatti randagi in mezzo ad «altari di immondizie».

Interrompe la narrazione la voce di una ragazza (2a sequenza), il cui canto («Amore, ti aspetto ancora») risuona nella strada notturna. Il narratore si sofferma su questa voce e la commenta, prefigurando il futuro di questa giovane donna come una successione ciclica di amori e abbandoni. In un ingenuo stato di inconsapevolezza lei continuerà a cantare lo stesso canto «mattina e sera, sera e mattina».88

In poche righe si compie il ciclo del giorno (3a sequenza) dal momento in cui il «sole implacabile picchia sulle terrazze» al nuovo arrivo della sera, quando «la luna spazza le strade». La giornata è costellata da fuggevoli figure secondarie del mondo popolare urbano. Talvolta questi personaggi sono descritti con pochi tratti dal narratore (i ragazzini nudi, gli spazzini) altre volte il testo prevede che le loro voci affiorino nel tessuto sonoro del radiodramma: così accade ad esempio che i richiami dei venditori ambulanti (una voce che «passa e si allontana») servano da fondale sonoro alla voce narrante.

Questa lunga descrizione della vita cittadina viene interrotta da un suono che attira l’attenzione del narratore. Si tratta, come precisano le didascalie, di «un fischio con

un motivo ossessivo facilmente individuabile che si ripete». Questo intervento sonoro fa da

snodo tra i due livelli della storia e porta ad un cambio di “scena”: dopo che il narratore ha formulato qualche congettura sulla provenienza e sul significato di questo suono («forse il richiamo di un innamorato?») compaiono le voci di due personaggi femminili (4a sequenza). L’ascoltatore è quindi calato in medias res nell’azione drammatica perché sino ad ora la voce narrante non ha fornito alcuna indicazione riguardo al luogo (l’interno di un appartamento) e ai personaggi in scena (Dolores e la sorella Assunta). Le prime battute di dialogo, e in particolare la domanda rivolta a Dolores («che ti prende?»), servono da marcatori temporali: l’ascoltatore è così informato di una condizione passata di equilibrio che, nel momento in cui inizia la rappresentazione, è venuta a mancare. L’avvenimento perturbante da cui scaturisce il racconto è svelato dalla stessa Dolores: il fischio che risuona ogni sera, e che proviene dal carcere vicino, è per lei come «una spina che […] s’infila nel cuore». Anche se non sa nulla del carcerato e del perché fischi, è convinta che si tratti di un richiamo destinato proprio a lei: lui «canta per disperazione, canta per desiderio»

Dolores è totalmente succube di quest’immagine sonora e invoca l’aiuto della sorella: il disagio e il disorientamento che prova minacciano il suo equilibrio e il suo ruolo di madre e di moglie; tuttavia, pur essendone consapevole, non riesce a sfuggire a questa idea ossessiva.

Assunta capisce che la ragazza è malata, ma il dialogo si interrompe bruscamente per l’arrivo di Ciro, che torna a casa dopo una giornata di lavoro come

netturbino. Egli, ignaro di tutto, sfoga le proprie frustrazioni lamentandosi del mestiere difficile, che lo pone ogni giorno a contatto con la parte più ripugnante della città. La reazione di Dolores, improvvisa ed aggressiva, sconcerta Ciro, che si sente ingiustamente e inspiegabilmente rifiutato.

L’azione si interrompe nuovamente con il ritorno della voce narrante che, senza commentare l’accaduto, continua a descrivere gli aspetti più fatiscenti della realtà urbana. In particolare si sofferma su una scena dai tratti grotteschi: sul nascere di una nuova alba, a cornice del lavoro degli spazzini, un gatto randagio (una «tigre da strapazzo») è alla ricerca di rifiuti e viene scacciato malamente da una donna.

Al termine della scena il narratore si accomiata annunciando l’imminente continuazione della storia di Ciro e Dolores: «la tragedia [che] scoppia fra quattro mura» (6a sequenza).

Ciro è tornato a casa prima, non riesce più a lavorare: il rifiuto di Dolores ha fatto nascere in lui una forte crisi esistenziale, che si manifesta nel rifiuto del proprio corpo, a partire dalle mani: «grosse, coi calli, nere di pelle e sporche». Inutilmente egli chiede a Dolores una spiegazione del suo comportamento. Il dialogo è scandito ritmicamente dagli interventi incalzanti di Ciro e dalle risposte monotone di Dolores, la quale dapprima reagisce passivamente e con risposte elusive, e infine, incalzata dalla rabbia crescente ed incontrollata di Ciro, arriva a pronunciare una condanna definitiva: «non è per le mani, non sei fatto per cambiare […] creperai con le mani nei sacchi di rifiuti».89 Sul suono dello schiaffo di Ciro la scena si chiude.

Anche il terzo intervento del narratore, come i precedenti, non commenta l’azione ma apre una nuova finestra sulla vita urbana. Questa volta la descrizione si focalizza sui bambini che, onnipresenti, caratterizzano ogni luogo della città. «Guizzanti per vicoli, per scale, per portoni, per angiporti, per umidi cortili col sole e senza sole», i bambini vengono dipinti in modo ambivalente nella loro condizione di miseria in una città del dopoguerra: vi è un lato solare di questa rappresentazione, in cui essi sono descritti come «febbricitanti di vita» e «spensierati» nei loro semplici ed esuberanti giochi; vi è invece un’immagine notturna e più cupa di «bambini […] avvelenati dai grandi», individui già provati da condizioni di vita assai dure. La voce narrante conclude con l’immagine dei neonati che si addormentano spaventati con «tristi e lamentose Ninne Nanne» e si sofferma ad ascoltare Dolores che canta per addormentare il figlio.

Ciro irrompe nell’appartamento (8a sequenza) furente: è convinto che Dolores lo tradisca e vuole vendicarsi. Si precipita quindi in strada alla ricerca del rivale, senza però trovare nessuno, mentre Dolores è sempre più soggiogata dal fischio del carcerato. Assunta svela a Ciro la realtà dei fatti, invocando nuovamente il ricorso a delle cure mediche, ma la scoperta della dimensione platonica, ma totalizzante, del tradimento non fa che acuire l’esasperazione di Ciro.

In un breve dialogo con il guardiano del carcere (9a sequenza) Ciro trova conferma a ciò che Assunta gli ha rivelato: il fischio proviene da un detenuto per omicidio. L’irragionevolezza della posizione di Dolores (10a sequenza) porta Ciro a meditare la conclusione tragica della vicenda. Si reca al carcere e, simulando una visita all’ignaro detenuto, lo uccide. Dolores ha un presentimento dell’accaduto e manda

89 La scansione ritmica interna al dialogo (l’alternanza di domande e risposte e la reiterazione delle parole “mani”,

“sola”, “vattene”, “lasciami”, “si”) servirà a Maderna per elaborare alcuni motivi ritmici. L’episodio per sole percussioni che ne deriva è illustrato al paragrafo 2.3.4.

Assunta al carcere. Le ultime battute sono di quest’ultima, che, compassionevolmente, descrive a Dolores la fisionomia del suo “amante” appena assassinato.

L’epilogo è riservato ad un ultimo intervento del narratore. Dipingendo la città del Sud in «un’ora strana, […] un’ora deserta, enorme, fuor del tempo», la voce narrante offre, per la prima volta, una chiave interpretativa per l’intera vicenda. La storia che si è appena conclusa è solo un tassello di un mosaico complessivo. Nella città una moltitudine di storie si sovrappongono simultaneamente e ciclicamente: non si tratta più quindi della tragedia di singoli individui, ma di una condizione ineluttabile e collettiva che viene a compiersi. In momenti come questi, nell’«ora delle Dolores, delle Assunte», la città, come fosse un organismo, risponde empaticamente alla tragedia: per un momento ogni cosa si placa e «il vento fugge e si nasconde». Gli ultimi versi quindi offrono al dramma una prospettiva epica e corale, e chiariscono, solo al termine del racconto, quale sia stata la vera protagonista della storia:

«Nella città del Sud, / dove la gente impazzisce prigioniera d’amore / solo il mare, alle volte, odora. […] Nella città del Sud, /dove la gente impazzisce prigioniera del dolore / sotto un altare d’immondizie /c’è sepolto il mio cuore».