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6.3 Miguel Ángel Tenorio e il tiempo mexicano

6.3.1 Travesía guadalupana: un grande mosaico messicano

La prima versione di Travesía guadalupana, scritta durante la Settimana Santa del 1992, viene poi corretta definitivamente durante lo stesso periodo pre-pasquale dell’anno successivo. Rappresentata per la prima volta nel 1994 nella Sala Xavier Villaurrutia del Centro Cultural del Bosque e poi nel 1995 nel Centro Cultural Helénico a Città del Messico, l’opera porta in scena una grande riflessione intorno al valore simbolico e spirituale dell’immagine guadalupana. Il testo viene pubblicato soltanto nel 1996 nell’antologia che Vicente Leñero dedica alla Nueva Dramaturgía Mexicana, raccolta in cui inserisce opere di Víctor Rascón Banda, Jesús González Dávila, Leonor Azcárate, Tomás Urtusástegui, Sabina Berman, Óscar Liera, Guillermo Schmidhuber y Gerardo Veláquez, ovvero alcuni tra i nomi più rappresentativi dell’epoca.

Cuando Vicente Leñero mi pidió una obra para publicarla en el libro La Nueva Dramaturgia Mexicana, él en realidad me estaba pidiendo En Español se dice Abismo que es tal vez mi obra más representada, porque por lo menos una vez cada año algún grupo la representa. Sin embargo, yo le dije: "No, Vicente, esa obra todo mundo la conoce, mejor publica ésta que veo difícil que alguien más la quiera publicar". Y él aceptó, por eso es que Travesía Guadalupana aparece en esa antología (ibidem).

A causa della violenza delle aggressioni verificatesi in occasione della rappresentazione di Cúcara y Mácara, alcuni registi preferiscono non rischiare con un testo che torna ad occuparsi della revisione del caso guadalupano, sebbene il timore che possano nuovamente verificarsi gli atti del 1981 è, a nostro avviso, un sentimento del tutto

168 ingiustificato. Se Liera aveva ridicolizzato la devozione nazionale attraverso una farsa dai toni grotteschi e licenziosi, l’opera di Tenorio porta in scena un testo certamente critico che però non viene mai meno al rispetto religioso del culto. In ogni caso, le supposizioni di Tenorio circa la sua difficile diffusione sono esatte: non solo la Travesía viene presto lasciata fuori dalle scene messicane ma addirittura ancora oggi non esistono testi critici che parlino dell’opera. La nostra analisi, dunque, vuole aprire un cammino in questa direzione e riscattare dall’oblio un testo avvincente, ricco di quella profondità simbolica che lo rende necessario e imprescindibile per una nuova rilettura dell’identità messicana contemporanea. Se il maestro Usigli inaugura una drammaturgia che stravolge le formule immobili e ripetitive della tradizione, con Miguel Ángel Tenorio il teatro guadalupano compie un ulteriore passo in avanti: ciò che appare sulla scena, infatti, non è la revisione della nascita del culto e né tantomeno una parodia delle manifestazioni devozionali, ma una nuova prospettiva sulla natura sincretica della storia dell’identità che la devozione del Tepeyac ha prodotto.

Non sarà facile riassumere la trama di questo lungo racconto che si svolge in un solo atto piuttosto complesso e articolato, poiché ogni elemento contribuisce alla costruzione scenica di “un mosaico de lo que conforma el imaginario colectivo del mexicano” (ibidem). All’inizio della prima scena, il palco ospita tre gruppi di fedeli che, in un tumulto scomposto e rumoroso, rendono onore all’immagine della Madonna di Guadalupe. Quando finalmente cala il silenzio, una grande luce avvolge la tela mentre il corpo della Virgen inizia a prendere vita. Guadalupe, stanca di assistere inerme al dolore degli uomini che quotidianamente si rivolgono a lei perché allevii le loro sofferenze, decide di abbandonare la sua cornice. Ecco, però, che tra i fedeli si distingue un impaurito Juan Diego, il quale tenta invano di persuaderla a non lasciare il suo altare. Guadalupe è risoluta nella sua decisione ma appena mette piede fuori dall’immagine la terra inizia a tremare e dalla folla le si avvicina una donna indigena:

MUJER INDÍGENA: ¿Adónde vas, Tonantzin?

GUADALUPE: ¿Quién eres tú que me llamas por mi antiguo nombre?

MUJER INDÍGENA: ¿Tanto tiempo ha pasado que ya no me reconoces?

169 La dea Coatlicue, furiosa per il tradimento di Tonantzin, la minaccia di morte ma Guadalupe si difende spiegando la necessità della sua trasformazione:

GUADALUPE: [...] Si yo hubiera seguido siendo Tonantzin, los conquistadores hubieran

seguido con su sed de sangre. Por eso quise ser Guadalupe. Mismo nombre que el de una virgen que se apareció en tierras del conquistador, muchos siglos antes de que viniera para acá. Por eso el conquistador también se postró ante mí. Por eso pudo detenerse el río de sangre que amenazaba con volverse interminable (ivi: 365).

Lo scontro la le due donne-dee si fa sempre più acceso e il rifiuto di Guadalupe di ritornare nell’immagine dell’altare obbliga Coatlicue a dichiararle ufficialmente guerra. Compare allora un cavaliere aquila che, lasciando cadere una grande piuma sul ventre di Coatlicue, corre poi a nascondersi sotto la sua gonna. Mentre i due sono presi dall’estasi, tra la gente si alza la voce di una donna. È Coyolxauhqui, umiliata e furiosa, che tenta di uccidere la madre per il suo inaccettabile comportamento ma, fermata dal fratellastro Huitzilopochtli, appena uscito dal ventre di Coatlicue, viene brutalmente fatta a pezzi. Salvata la madre dall’ira della sorellastra, il cavaliere aquila, ormai trasformatosi nel dio della guerra, si dichiara anch’egli nemico di Guadalupe. Desideroso di esercitare il suo potere, Huitzilopochtli vuole ricondurre gli uomini ad Aztlán, terra d’origine del popolo azteco. Guadalupe cerca inutilmente di dissuaderlo ma il dio abbandona la scena per eseguire il suo piano. Coatlicue e Guadalupe tornano a scontrarsi mentre uno spaventatissimo Juan Diego tenta disperatamente di convincere la “niña” a tornare al suo altare. A causa della rottura dell’“equilibrio que había entre las distintas fuerzas de los dioses” (ivi: 375) provocata dalla venuta di Guadalupe, si manifesta la spaventosa “energía reprimida de Tezcatlipoca” (ibidem).

TEZCATLIPOCA: [...] Por más imágenes que tengan de la misericordiosa Tonantzin, yo estoy

aquí para hacer que los hermanos traicionen y engañen a sus hermanos, para que los roben, para que comercien con su dolor, para que el rico se desquite con el pobre y el pobre con el más pobre. La discordia de su alma es la fuerza que me da vida y me hace renacer. La negligencia, la venganza, el abuso de poder, de ésos me alimento. Y para asegurarme de que mis deseos van a ser cumplidos, me cogí a la Coatlicue y le hice que le naciera otra vez la Coyolxauhqui, que será mi brazo ejecutor (ivi: 377).

170 Coyolxauhqui, tornata in vita, minaccia nuovamente Guadalupe e mentre sta per colpirla a morte viene fermata dalla madre che, avendo preso atto della coraggiosa determinazione di Tonantzin, decide inaspettatamente di concederle una tregua. Coyolxauhqui, invece, tradita per la seconda volta, fa per scagliarsi contro la madre, subitamente difesa da Huitzilopochtli. Torna allora Tezcatlipoca che anticipa l’arrivo di un grande massacro sulla terra.

La seconda scena si apre con le lamentazioni di Juan Diego che ha assistito alla barbarie annunciata dal malefico Tezcatlipoca:

JUAN DIEGO: ¡Ay, niña mía, qué horror!, muertos, heridos, detenidos que luego serán torturados. Niña mía, regrésate a tu altar (ivi: 383-385).

Le suppliche di Juan Diego non convincono Guadalupe, risoluta a portare pace e giustizia nel mondo. Appare allora una donna in abiti eleganti e avvolta da una luce accecante: è la Virgen de los Remedios, protettrice dei colonizzatori spagnoli.

MUJER ELEGANTE: Mi nombre es Remedios y estoy aquí desde que Cortés y sus tropas

huyeron del asedio de los nativos de estas tierras. El día de la Noche Triste, ellos me invocaron con todas sus fuerzas y yo vine en su auxilio. Yo no pido el mal para nadie. Sólo protejo, pido la misericordia para el conquistador que está en peligro. Y mi deber ahora es proteger a los soldados. Por eso enceguecí a los tuyos con mi resplandor.

GUADALUPE: Pero al actuar así estás permitiendo que los enemigos de mi pueblo sigan ahí

para humillarlos y eso me parece muy injusto.

MUJER ELEGANTE: Ellos también son hijos de Dios.

GUADALUPE: Sí, pero no es posible medir igual a todos.

MUJER ELEGANTE: Esos a los que tú me acusas de defender, ésos también hacen sus acciones

en tu nombre, te tienen en todos sus altares, te traen en su cartera, también les perteneces [...] (ivi: 385).

Guadalupe, messa in guardia dalla rivale Remedios, decide tuttavia di continuare la sua missione quando un uomo, d’un tratto, le parla dalla penombra del suo altare. È Dio, che la rimprovera per aver abbandonato il suo posto e le annuncia che un prigioniero, suo figlio, sta per essere sacrificato per il perdono dei peccati dell’umanità. Guadalupe, che auspica “crear una humanidad distinta. Una humanidad tal vez más humana” (ivi: 387),

171 disobbedisce alla volontà di Dio e corre con Juan Diego a liberare il figlio il quale, però, non desiderava essere salvato. Cristo, infatti, a causa dall’intervento della madre, non può più essere crocifisso, perdendo così l’occasione di incarnare il nuovo eroe morto in nome della giustizia.

CRISTO: [...] Sólo a través del sacrificio los hombres le encuentran sentido a su vida. Tú, que

has venido al mundo a entender a los hombres, a comprenderlos, piensa en esto. Y por favor, la siguiente vez que te encuentres con un hombre que está a punto de ser sacrificado, no interrumpas el rito. Acompáñalo si quieres, para que no se sienta tan solo en esos momentos cuando todos lo traicionan y así tiene que ser. Acompáñalo, pero no interrumpas el rito. Hasta luego, madre (ivi: 390).

Mentre il Cristo deluso abbandona la scena, una triste Guadalupe confessa a Juan Diego il suo desiderio di volersi liberare di tutto il male che, pur non volendo, ha causato agli uomini e agli dei. Appare allora Tlazoltéotl, “la diosa de las inmundicias” che “recibe las desdichas y las intercambia por vida y paz” (ivi: 394) che le propone un rituale di purificazione. Mentre Guadalupe, allora, si immerge nel pocito, arrivano al santuario due uomini del popolo. Il primo chiederà come grazia una donna da sposare mentre il secondo vuole vincere la lotteria. Appena si accorgono che la bellissima Guadalupe sta uscendo dall’acqua, interpretano quella visione come un segno miracoloso:

HOMBRE I: Puta, ha de ser el milagro que andaba yo buscando, porque mira, está buenísima

y al mismo tiempo se ve pura y casta como una virgen. HOMBRE II: Sí, cabrón, tiene su aire divino.

HOMBRE I: Parece un ángel.

HOMBRE II: Y creo que no hay nadie alrededor, cabrón. Así que...

HOMBRE I: Pues yo me la chingo (ivi: 399).

Ma alla vista di quella “auténtica aparición que deja momentáneamente congelados a los dos hombres” (ibidem), il primo cade a terra morto mentre il secondo rimane pietrificato. Arriva dunque Juan Diego seguito da altra gente del popolo che porta via i due corpi per giustiziarli. Guadalupe si oppone alla violenza del popolo ma nessuno sembra ascoltarla:

172 GUADALUPE: Diles que ésa es mi voluntad. Que al muerto le den cristiana sepultura y al otro lo dejen libre.

JUAN DIEGO: Perdóname, niña, pero eso no es posible. [...] su fe ya está más allá de todo.

GUADALUPE: ¿Pero cuál fe? ¿A qué fe se refieren?

JUAN DIEGO: A la fe que te tienen.

GUADALUPE: Pero no es una fe en mí, es en ellos. [...] O si acaso, es una fe en algo que no

soy yo.

JUAN DIEGO: A lo mejor también, niña. [...]

GUADALUPE: ¿Me vas a desobedecer?

JUAN DIEGO: Si me mandas algo que vaya contra tu imagen, sí (ivi: 402).

A questo punto Guadalupe capisce di essere stata sopraffatta dalla potenza della sua immagine e chiede nuovamente aiuto a Tlazoltéotl, che le consiglia di trasformarsi in Maria Maddalena, unico rimedio che la porterà a comprendere davvero la condizione umana. Nel momento in cui Guadalupe accetta la strana proposta della dea “de las transformaciones de lo putrefacto en lo puro, pero también de lo gozoso en lo espantoso” (ivi: 403), un gruppo di prostitute e di clienti occupa la scena. Subito dopo, però, arriva la polizia che disperde tutti i presenti mentre due comandanti catturano Guadalupe che viene violentata da entrambi.

JEFE I: [...] Si alguien te pregunta quién fue, puedes decirles que fueron Tezcatlipoca [...] y su compadre Cortés (ivi: 407).

Guadalupe, tra le lacrime, rimane a terra avvolta dall’oscurità.

La terza e ultima scena si apre su Juan Diego che, mentre aiuta Guadalupe a rialzarsi e a raggiungere l’altare, le chiede perdono per averla abbandonata. Autoinfliggendosi un castigo dopo l’altro, l’indio si rende ridicolo agli occhi di una Virgen ormai stanca e disillusa, che cerca soltanto di tornare ad occupare il suo posto nell’immagine. Appena la donna mette piede sui gradini dell’altare, però, terremoti e inondazioni, malattie e inflazione economica travolgono il mondo degli uomini. Appare nuovamente Coatlicue che ritira la sua dichiarazione di guerra prima di essere colpita a morte dalla figlia, tradita

173 per la terza volta. Guadalupe, che inizia a perdere sangue a causa delle violenze subite, fa incarcerare Coyolxauhqui da Huitzilopochtli e dispone che il corpo della madre sia posto al centro della terra. Ancora sui gradini, Guadalupe è ora in pieno travaglio e dà alla luce una figlia:

LA MUJER QUE ACABA DE NACER: Ha nacido el hijo que esperabas, Guadalupe. Pero no he

sido hijo, sino hija. Pero aún siendo hija yo, o tal vez mejor por serlo, te puedo decir, madre Guadalupe, que he nacido para que se haga la justicia. Ya no más resignación, ya es el tiempo de la justicia (ivi: 417-418).

Mentre infine la gente del popolo si riunisce in processione, Coatlicue riprende vita per un momento e insieme a Dio e a Guadalupe lancia un ultimo grido: “¡Ay, mis hijos!” (ivi: 419).