1. TEST OF PLACE E ‘CREOLIZZAZIONE’. Gli studi di geografia del turismo più attuali non associano più il concetto del turismo alla sola categoria della percezione visiva, per includere anche quelle relative agli altri sensi, fino a comprende il
soundscape, smellscape e tastescape (Urry, 2002), il rapporto tra turismo e gastronomia (Dann, Jacobsen, 2002) e la ricerca del gusto enogastronomico come motivazione turistica (Hjalager, Richards, 2002). In effetti, nonostante la generale contrazione della domanda, certe tipologie di turismo, come quello che ruota intorno al cibo, offrono ancora alcune opportunità.
Nel nostro Paese, il turismo enogastronomico è andato sempre più diffondendosi, specialmente con l’affermarsi delle Strade del Vino e le Strade dell’Olio, istituite alla fine degli anni ’90, che hanno contribuito a moltiplicare le mete turistiche e a dare un nuovo volto al paesaggio rurale. La ricchezza di prodotti certificati e di quelli tradizionali, inoltre, hanno avuto un ruolo fondamentale anche per la Toscana, dove le aziende agrituristiche si sono dotate di alcuni servizi in base alle proprie produzioni, attraverso la degustazione dei prodotti locali (circa il 31% delle aziende), l’abbinamento della degustazione con servizi di varia tipologia (27%) e la ristorazione (24%)1. Il fenomeno dell’enogastronomia, analizzato a livello nazionale, nel 2011 ha coinvolto l’11% degli italiani (5 milioni e mezzo di persone), per una spesa media pro capite di
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La ricerca è stata condotta congiuntamente dalle due Autrici. Tuttavia la stesura finale è da attribuirsi a E. Lemmi per il paragrafo 1 e a M. Siena Tangheroni per il paragrafo 2.
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193 euro, di cui il 20,7% per la ristorazione, il 20,2% per l’acquisto di prodotti alimentari tipici e il 17% per l’acquisto di vino (Censis, 2011).2
Negli ultimi anni l’offerta ha subito un’evoluzione per incontrare i diversi gusti e comportamenti del consumatore (Lemmi, 2009); oggi, infatti, riesce a soddisfare la richiesta di “food shopping”, dell’attualissimo “snapping”3 e della degustazione nell’ambito di sagre, fiere e festival, oltreché a proporre occasioni del tutto nuove, ad esempio a tema, nell’intento di far riscoprire le radici alimentari.4 La tematizzazione degli spazi e degli eventi è un processo strategico attraverso il quale creare uno scenario in cui si possa vivere un’esperienza turistica nuova pur in una destinazione già nota, percepitacome luogo “speciale” in virtù della logica del marketing esperienziale, ideata per favorire lo sviluppo di prodotti e di un certo tipo di comunicazione capaci di creare emozioni (Di Vittorio, p. 525).
In generale, le diverse iniziative esaltano l’importanza del rapporto fra territorio e prodotto in virtù della sempre più marcata sensibilità del turista enogastronomico verso una meta dalla notorietà e dalla qualità del territorio indiscusse: “La pianificazione e la gestione di attività turistiche enogastronomiche si devono muovere lungo un percorso definito dai nodi concettuali di terroir, milieu e la riaffermazione della centralità del concetto di territorio e paesaggio, in linea con la contestuale crescita di modalità di turismo integrato” (Croce, Perri, 2009, p. 29). Inoltre, non sono da sottovalutare il rispetto per le tradizioni culturali e produttive locali, il coinvolgimento della popolazione del luogo, l’eventuale adattamento alle esigenze del turista; tutti elementi sicuramente necessari per innescare un processo di sviluppo endogeno (Pollice, Spagnuolo, 2012, p.120).
Il settore dell’enogastronomia rappresenta ormai da tempo l’Italian lifestyle, un vantaggio per i Paesi che imitano il nostro stile e le nostre produzioni ma anche un punto di forza per implementare l’attrattività turistica italiana (Croci, 2009, pp. 33-36).
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E’ opportuno sottolineare che in assenza di dati statistici relativi al turismo enogastronomico, in quanto tale turismo è un’attività svolta durante la vacanza, i dati disponibili sono frutto di indagini a campione, apprezzabili nel complesso se messi in rapporto alla crescita dell’offerta di produzioni sempre più diversificate e di qualità, alla tipicità e alla tradizione della cucina locale- nonché alle tendenze culturali e all’esistenza di organizzazioni che gravitano intorno a tale fenomeno.
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Dalla fusione delle parole snack e supper. 4
Ad esempio, questa funzione è ampiamente svolta dai Wi-Mu (wine museums) e attraverso la diffusione di “Eataly”, eventi particolari come il BITEG (Borsa internazionale del Turismo Enogastronomico) e manifestazioni a tema in cui il cibo si unisce all’arte o alla storia (come “A cena come i Principi Etruschi” a Cortona).
Il compito è difficile ma non impossibile, in virtù della ricchezza paesaggistica e delle risorse culturali presenti in tutto il territorio, fondamento delle tipicità e delle tradizioni enogastronomiche di ciascuna area a scala regionale. Si presentano, così, scenari diversi che possono rispondere ad alcune delle aspettative dei “nuovi turisti”, eterogenei e desiderosi di esperienze uniche che il turista percepisce secondo la propria personalità e sensibilità, e da cui può rimanere coinvolto a vari livelli. In rapporto a tale tendenza, la strategia seguita già da alcuni anni di proporre marchi territoriali ben distinguibili ha condotto anche a riconoscimenti per il territorio di appartenenza, come Città Slow, Città del Pane, la Bandiera Arancione: marchi, a tutti gli effetti, che arricchiscono piccoli centri e borghi rurali con particolari vocazioni nel campo dell’enogastronomia e del turismo ecocompatibile e che, in alcuni casi, contribuiscono alla progettazione di un unico marchio per l’intero territorio, di un vero e proprio brand che offre indubbi vantaggi, favorendo un’unica strategia di marketing e l’immediato riconoscimento dei prodotti, e di un’offerta turistica specifica sotto i profili geografico e identitario.5
Nella politica di ampliamento del mercato turistico l’adattamento del prodotto secondo modelli di consumo diversi, così come il più generale processo di globalizzazione, comportano la negazione della cultura locale, del taste of place che, inevitabilmente, si traduce nell’indebolimento dei valori identitari, tramite l’adozione di un processo di fusione o di ‘creolizzazione’ del gusto (Richards, 2002, Mak et al., 2012)6. Processo assai diverso da quello evolutivo volto a rendere l’offerta del cibo più flessibile, secondo nuove tendenze del ritmo di vita e del consumo del cibo stesso, ma che può considerarsi un know how acquisito per favorire l’adeguato incontro tra la domanda e l’offerta. In contrapposizione, la dinamica che riguarda l’enologia, con particolare riferimento a quei vini che sono divenuti “miti dell’enologia mondiale” la
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In effetti, recentemente la Toscana ha visto proliferare i marchi d’area, fra i quali “Terre di Siena” e “Maremma” sono i più noti. Per quanto concerne il brand “Maremma” occorre specificare che è in atto un processo di internazionalizzazione attraverso l’ideazione dei due concept “Maremma Wine Shire” e “Maremma Food Shire”; ciò indica chiaramente una politica rivolta anche al mercato esterno con la stipula di partnership con regioni europee. Inoltre, come è noto, la Regione Toscana sta elaborando una nuova filosofia di place branding con la creazione di network composti da partner pubblici, privati e associazioni di categoria per la realizzazione di club di prodotti infraregionali. Interventi intrapresi in considerazione dell’attuale tendenza del mercato in genere e di quello turistico in particolare, in cui la concorrenza tra i prodotti viene sempre più spesso sostituita con quella tra le percezioni dei prodotti. Diviene quindi fondamentale un’immagine di marca che, come valore aggiunto, esalti l’esperienza che i consumatori potrebbero vivere (Pine and Gilmore, 1999, p.17).
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La cucina fusion prevede l’abbinamento di piatti di tradizioni culinarie diverse; nello specifico il termine ‘creolizzazione’, indica una combinazione di varie cucine in uno stesso piatto che potremmo, quindi,
cui produzione, pur esaltando la vocazione del territorio, è inserita nel contesto di un mercato globale, come nel caso dei Supertuscan (Macchia, 2011) che, in tutti i casi, nonostante la denominazione agganciata ad un’area regionale, sono globalmente accettati quale espressione dell’Italian lifestyle .
2. I CINESI E IL TURISMO ENOGASTRONOMICO IN ITALIA. L’attuale andamento del movimento turistico in Italia è caratterizzato da flussi piuttosto considerevoli da Paesi quali Brasile, Russia India e Cina; aree di provenienza che costituiscono dei mercati importanti, ad alto potenziale, verso cui gli operatori italiani si stanno sempre più indirizzando. I profili tracciati dall’Osservatorio Nazionale del Turismo7 e i dati della Banca d’Italia, aggiornati al 2011, confermano un trend dei flussi turistici provenienti dai Paesi BRIC e della relativa capacità di spesa in evoluzione costante negli ultimi 3-4 anni. Mentre il numero degli arrivi dei turisti brasiliani è aumentato del 37%, tra il 2007 e il 2011, il dato relativo ai cinesi indica un incremento pari a 33%. Quello riferito ai turisti russi è aumentato addirittura del 160% e, nonostante le cifre relative all’outgoing siano attualmente a vantaggio di altri Paesi, come la Turchia e l’Egitto, raggiungibili senza richiesta del visto, l’Italia è ormai percepita come una meta turistica con un forte potenziale attrattivo (Petrova et al., 2009). Per quanto riguarda i turisti provenienti dall’India, tra il 2009 e il 2011, si è verificato un incremento pari a 43%. Anche i dati relativi alle presenze, in particolare per quelli riguardanti i turisti russi, indicano un cospicuo incremento, sempre nello stesso arco temporale. Analizzando i dati relativi alla spesa sostenuta in Italia, quella dei turisti russi risulta quasi triplicata (fig. 1) tra il 2007 e il 2011 mentre è poco più che raddoppiata quella dei turisti indiani; poco significativo risulta, invece, quella dei turisti brasiliani e cinesi (rispettivamente +19% e +16%).
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A tale ricerca hanno partecipato l’Unioncamere e l’ISNART, fornendo schede specifiche per ciascun mercato (Brasile, Russia, Cina e India).
Fonte: Nostra elaborazione su dati della Banca d’Italia.
Fig. 1 – Spesa dei turisti provenienti dai Paesi BRIC tra il 2007 e il 2011 ( in miliardi di euro)
In particolare, la Toscana sembra essere molto apprezzata da questa tipologia di turisti: ad esempio le destinazioni note per le specialità enogastronomiche sono quelle maggiormente richieste da parte dei russi e dei brasiliani8; i turisti indiani (per cui è la seconda destinazione in Italia) e cinesi, invece, sono attratti da altre risorse, come l’arte e l’italian life style in generale. Nel 2011 la Toscana ha registrato un considerevole aumento dei turisti dai Paesi BRIC: + 53,6% dei brasiliani, +57,3% dei cinesi, +32,5% degli indiani e + 45,1% dei russi.
Alcuni centri urbani e rurali toscani, tra l’altro, sono stati recentemente scelti da alcune produzioni cinematografiche di tali Paesi per le riprese di film e fiction, contribuendo a pubblicizzare le risorse paesaggistiche e culturali della regione verso un pubblico di oltre due miliardi di persone. E’ probabile, come da altri già sottolineato
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Si vedano a tale proposito i rapporti dell’Osservatorio Nazionale del Turismo: Schede mercato India, 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 Brasile Russia India Cina Spesa 2007 Spesa 2011
(Piccinotti, 2012), che la telenovela brasiliana “Passione” abbia influenzato la scelta dei turisti brasiliani a favore dell’Italia e, in particolare, della Toscana. In linea con tale intuizione, potrebbe verificarsi un ulteriore incremento dei turisti provenienti dalla Cina e dall’India, a seguito delle proiezioni nei rispettivi paesi del film indiano Rajapattai e della fiction cinese The China Story, girati in Toscana e, di conseguenza favorire la creazione di una filiera innovativa del turismo, volta a diversificare un segmento di mercato basato sul place market, come già positivamente sperimentato altrove (Siena Tangheroni, in corso di stampa). Nel complesso, la spesa turistica dei viaggiatori dei Paesi BRIC verso il nostro Paese potrebbe compensare quella interna, attualmente in sofferenza, e costituire un importante sostegno per gli imprenditori del settore, gravati peraltro da un’imposizione fiscale in crescita.
Secondo le previsioni della Regione Toscana e dell’Enit, l’opportunità maggiore sarebbe offerta dal mercato turistico cinese in tempi non troppo lontani, entro 7-8 anni, periodo all’interno del quale la spesa di tali turisti potrebbe aumentare dell’11% circa (Lupano, 2012). Tuttavia, per cogliere tale opportunità, considerate le caratteristiche comportamentali e culturali di questo particolare consumatore, diventa necessario da parte del comparto privato ampliare le conoscenze del comportamento dei consumatori, creare una comunicazione pubblicitaria tagliata su misura e superare le carenze già rilevate all’interno di servizi piuttosto importanti (Ruggi D’Aragona, 2012). Non è corretto, ad esempio, considerare il mercato cinese come unico, in quanto, per quanto riguarda il cibo, le caratteristiche della cultura cinese sono assai diverse9: esistono la cucina settentrionale, meridionale, orientale, occidentale; tuttavia, non sembra necessario un vero e proprio adattamento delle produzioni tipiche locali quanto, piuttosto, un’integrazione con “un’appropriata quantità di fan”, quindi riso o altri tipi di cereali, e una diversa modalità di servire e di presentare il cibo (Chang et al., 2010). Molti cinesi che oggi oltrepassano i “confini” asiatici provenienti principalmente dalle grandi metropoli, sono abituati a standard di vita piuttosto alti e di conseguenza preferiscono i ristoranti internazionali -oltre i grandi hotel e i centri commerciali di lusso- (La Repubblica, 2012), perché poco inclini alle novità gastronomiche e inibiti da una psychological island of home (Quan, Wang, 2004, p. 302).
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Quella più conosciuta fuori dai confini cinesi è quella meridionale, per i flussi migratori consistenti provenienti dal Guangdong.
E’ possibile, comunque, rilevare due punti di forza acquisiti dal nostro settore enogastronomico: la convinzione da parte dei cinesi che il cibo italiano è di grande immagine e frutto di una lunga tradizione e il cambiamento in atto del comportamento dei turisti cinesi che si stanno aprendo verso la cucina italiana, di cui apprezzano anche la varietà. Rimane la diversità nella concezione del cibo per la ‘verticalità’ della nostra cucina, caratterizzata da portate consequenziali, in contrapposizione alla ‘orizzontalità’ di quella cinese, legata alla simultaneità nella presentazione dei piatti (Dall’Ara, Dionisio, 2012, p. 77).
Le ricerche di mercato condotte negli ultimi anni aiutano a far conoscere le motivazioni e le aspettative dei turisti cinesi che si recano in Italia, con l’intento di cogliere gli elementi critici per un eventuale adattamento dell’immagine e del prodotto turistico e per individuare prodotti e servizi mirati al pieno soddisfacimento del turista; fondamentale, inoltre, una giusta comunicazione, sia nella fase di vendita del prodotto turistico che al momento dell’accoglienza. Infatti, il 54 % dei cinesi intervistati in Italia in occasione di una di tali ricerche dà importanza alla “promozione delle caratteristiche distintive di ciascun viaggio” e il 19,1% ritiene importante l’incremento della promozione turistica. Ciò significa un maggior impegno per la creazione di proposte di viaggio meno generalizzate e per lo sviluppo di un’adeguata capacità di promuovere il prodotto turistico nel mercato cinese (Antonioli Corigliano, 2011).
Tuttavia, è già in atto la politica intuitiva del ‘fai da te’ che vede gli imprenditori della ristorazione adottare pochi e veloci accorgimenti per valorizzare le specificità gastronomiche, accontentare il consumatore e garantirsi un profitto, secondo l’ottica del
fit into asset; senza ‘creolizzare’ il cibo italiano, ma nel rispetto di un identità e di una tradizione secolari e nell’intento di perpetrare nella “interazione virtuosa tra turismo e produzioni tipiche”.
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RIASSUNTO. - All’interno del più generale processo di contrazione della domanda turistica a discapito di destinazioni e prodotti ormai maturi, alcune tipologie di turismo, fra cui quello enogastronomico, hanno recentemente presentato segnali di crescita e potenzialità di valorizzazione ancora da esplorare, soprattutto per cogliere le opportunità offerte da alcuni dei Paesi cosiddetti BRIC. Mentre alcuni turisti possono essere assimilabili per gusti e tendenze, altri, come i cinesi, sono difficilmente omologabili. L’adattamento secondo modelli diversi di consumo, così come il più generale processo di globalizzazione dei mercati, comportano il disconoscimento e la negazione della cultura del luogo di accoglienza e del taste of place, in assoluta contrapposizione con scelte politiche finalizzate alla valorizzazione delle specificità gastronomiche.
SUMMARY. - Food and wine tourism between local peculiarity and global opportunity Abstract. Within a general process of the tourist demand decrease to the detriment of mature destinations and products, some tourist typologies, such as food and wine tourism, have recently shown some positive signs and new chances for valorisation, in order to catch the opportunities coming from the so called BRIC Countries. Whereas some tourists can be assimilated in respect to their tastes and tendencies, some others (such as the Chinese) can be scarcely homologated. Both the adjustment due to different consuming patterns and the widespread process of market globalization mean the disclaiming and the cover-up of the sense and of the taste of a place. A process that is in contrast with the political choices directed to the valorisation of the local food peculiarity.