• Non ci sono risultati.

Un bilancio delle politiche dell'Unione Europea

2. Le politiche comunitarie e nazionali »

2.2. Lo scenario nazionale »

2.2.1. Un bilancio delle politiche dell'Unione Europea

Proporre, per l’Italia, una valutazione dell’attuazione delle politiche dell’Unione Europea per il periodo di programmazione 2007-2013 è una sfida particolarmente complessa perché non sono ancora disponibili i dati definitivi e, come noto, il periodo di programmazione appena terminato e l’avvio del nuovo hanno una sovrapposizione rilevante.

Il periodo che vede due cicli di programmazione sovrapporsi, nella Politica di Coesione, è sempre problematico per tutti gli attori coinvolti: le pubbliche amministrazioni, le autorità di programmazione, quelle di gestione e di con- trollo e i beneficiari degli interventi. Si sovrappongono, infatti, sia il monito- raggio che la certificazione dei fondi già spesi (ciclo 2007-2013), mentre si

preparano le procedure per l'avvio delle spese, ancora solo programmate, per il ciclo 2014-2020 e che dal 2016 dovrebbero entrare in fase di piena realizza- zione.

Un rapido sguardo alla Politica di Coesione 2007-2013 evidenzia come al 31 dicembre 2015 (ultimo anno di attuazione della programmazione per la re- gola del “n+2”) la spesa per i pagamenti effettuati era pari al 93,5% dei quasi 45,8 miliardi della dotazione totale dei Fondi Strutturali per l’Italia. Tenendo conto del fatto che una parte dei pagamenti non è ancora stata registrata nel si- stema di monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato, e del fatto che c’è tempo fino al termine del 2016, si può ragionevolmente pensare che, in extre- mis, si possa evitare il disimpegno automatico dei fondi. La corsa a spendere tutti i fondi nell’ultimo anno disponibile si ripresenta puntualmente e ci chie- diamo con quali costi in termini di qualità degli interventi e dei progetti finan- ziati. Domanda alla quale non sappiamo rispondere poiché gli unici dati di- sponibili sono quelli legati all’efficienza finanziaria e non all’efficacia degli interventi stessi. Possiamo trarre, comunque, qualche indicazione dai dati di quelle regioni che avevano una quota residua di fondi molto più elevata da spendere. I dati sulla capacità di spesa non sono uniformi a livello territoriale, con livelli maggiori nelle regioni Obiettivo Competitività del Centro-Nord, che hanno raggiunto il 98,6% (su un ammontare totale di 15 miliardi di euro), a fronte di una spesa del 91% nelle cinque regioni dell’Obiettivo Convergenza (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia). Il programma che rischia maggiormente il disimpegno è quello legato al fondo FESR della Sicilia che dei 4,36 milioni a fine 2015 aveva speso solo il 71,1%.

In Italia, dall’inizio del periodo di finanziamento 2007-2013, gli investi- menti del FESR hanno contribuito a: creare oltre 47.000 posti di lavoro; avvia- re oltre 3.700 nuove imprese; sostenere oltre 26.000 piccole e medie imprese; ampliare la copertura Internet a banda larga di cui hanno beneficiato oltre 940.000 persone; servire oltre 1 milione di persone grazie a progetti di depura- zione delle acque reflue; costruire o ricostruire oltre 1.500 km di strada ferrata. Nello stesso periodo il FSE ha cofinanziato oltre 500.000 progetti che hanno visto la partecipazione di più di 6,6 milioni di persone, di cui oltre 2 milioni di età compresa tra i 15 e i 24 anni e quasi mezzo milione al di sopra dei 55 anni. Gli interventi hanno interessato un ampio ventaglio di settori, ad esempio la prevenzione dell’abbandono scolastico a percorsi occupazionali per chi fa in- gresso nel mercato del lavoro eventualmente anche in condizioni di svantag- gio, la formazione per i lavoratori, il sostegno dell’istruzione superiore, il mi- glioramento della capacità amministrativa.

I dati relativi al periodo di programmazione 2007-2013 (spesa per tipologia di progetti, dimensione finanziaria, natura dei beneficiari e tempi di realizza-

2. LE POLITICHE COMUNITARIE E NAZIONALI

41 zione), erano particolarmente attesi proprio per tentare di fare un bilancio su quanto ha funzionato nel periodo 2007-2013 e su quanto invece andrà rivisto per il periodo 2014-2020, in modo da rendere l’impatto delle politiche più ef- ficace.

La Politica di Coesione per il 2014-2020 prevede un ammontare di finan- ziamenti pari a 351,8 miliardi di euro per i 28 Paesi, corrispondente al 32,5% del budget europeo. L’Accordo di Partenariato per l’Italia, 2014-2020, è stato approvato dalla Commissione Europea il 29 ottobre 2014 ed è il documento predisposto dal nostro Paese, in collaborazione con le istituzioni di livello cen- trale e locale e i partner economici e sociali, che definisce strategie, metodi e priorità di spesa delle risorse cofinanziate dai Fondi Strutturali e di Investi- mento Europei (Fondi SIE). Come previsto dal Regolamento di disposizioni generali sui Fondi SIE, l’Accordo declina l’orientamento strategico su 11 obiettivi tematici articolati in risultati attesi e azioni, con un deciso orienta- mento a risultati misurabili (anche attraverso indicatori), volti a cogliere i prin- cipali cambiamenti attesi sul contesto territoriale di riferimento. La regola del disimpegno automatico, applicabile nei due anni successivi all’impegno delle risorse, per il periodo 2014-2020 è stata modificata in “n+3”, con la speranza che tale misura minimizzi per il nostro paese il rischio di disimpegno.

La Programmazione comunitaria 2014-2020 prevede in Italia la realizza- zione di 75 Programmi Operativi cofinanziati mediante quattro Fondi Struttu- rali e di Investimento europei: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE) che cofinanziano 39 Programmi Regionali (POR) e 12 Programmi Nazionali (PON), il Fondo europeo agricolo per lo svi- luppo rurale (FEASR) che cofinanzia 21 Piani di Sviluppo Rurale (PSR) e 2 Programmi Nazionali (PON) e il Fondo per la politica marittima e della pesca (FEAMP) che cofinanzia 1 Programma Operativo Nazionale (PON). Com- plessivamente le risorse finanziarie disponibili ammontano a circa 123 miliardi di euro per il settennio 2014-2020 e costituiscono un universo in parte ancora in fase di programmazione.

Nel periodo 2014-2020 l’Italia riceverà circa 32,2 miliardi di euro prove- nienti dai fondi della Politica di Coesione: 22,2 miliardi di euro sono destinati alle regioni meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia); 1,3 miliardi di euro sono destinati alle regioni in transizione (Sardegna, Abruzzo e Molise); 7,6 miliardi di euro sono destinati alle regioni più svilup- pate (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Provincia di Bol- zano, Provincia di Trento, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio); 1,1 miliardi di euro sono destinati alla Cooperazio- ne territoriale europea; 567,5 milioni di euro sono destinati all’iniziativa a fa- vore dell’occupazione giovanile. Degli importi indicati, il FSE coprirà almeno

10,5 miliardi di euro per tenere conto delle specifiche sfide che il Paese deve affrontare. Le priorità italiane sono indicate nell’Accordo di Partenariato e comprendono: lo sviluppo di un ambiente imprenditoriale favorevole all’innovazione; la realizzazione di infrastrutture ad elevate prestazioni e la ge- stione efficiente delle risorse naturali; l’aumento del livello di partecipazione al mercato del lavoro, la promozione dell’inclusione sociale e il miglioramento qualitativo del capitale umano; la qualità, l’efficacia e l’efficienza della pub- blica amministrazione.

Anche per la dotazione del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), sono sorti problemi legati al disimpegno automatico in alcune re- gioni italiane. Infatti, dell’importo comunitario attribuito all’Italia nel periodo 2007-2013 pari a 8.967 milioni di euro (al netto dell’importo disimpegnato per la Basilicata al 31 dicembre 2014), il nostro paese ha speso 8.852 milioni di euro. Il quadro relativo al disimpegno automatico per alcune regioni risulta ancora fluido in quanto grazie ad una modifica (del Reg. UE 1974/2006) è sta- ta data agli Stati Membri la possibilità di concedere nuovi impegni fino alla fi- ne del 2015 (regole di transizione che non si applicano, però, alle Misure 113, 131, 221, 223). Sulla base di questo quadro le regioni Emilia-Romagna, Lom- bardia, Umbria, e Molise sono riuscite ad evitare il disimpegno automatico esaurendo tutto il budget che era stato loro assegnato dalla Commissione Eu- ropea. Le regioni Campania, Sicilia, Calabria e Sardegna potrebbero subire un disimpegno rilevante (anche se la decisione finale della CE avverrà nel 2016 in seguito alle decisioni di liquidazione dei conti FEASR e dalla procedura di chiusura dei singoli PSR) compreso tra i 36 milioni di euro della Campania e i 12,5 milioni di euro della Sardegna. Tutte le altre regioni rischiano quote infe- riori di disimpegno.

Per il periodo 2014-2020 è previsto uno stanziamento di 99,6 miliardi di euro nell’ambito del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, per un to- tale di 118 programmi nei 28 Stati Membri. Le misure per lo sviluppo rurale beneficeranno di un cofinanziamento supplementare nazionale, regionale e privato. Il regolamento sullo sviluppo rurale (Reg. 1305/2013) per il periodo 2014-2020 individua sei diverse priorità economiche, ambientali e sociali. La novità di questo periodo di programmazione è la predisposizione dell’Accordo di Partenariato che definisce, come abbiamo già detto, strategie integrate per gli investimenti realizzati nell’ambito di tutti i fondi strutturali e d’investimento europei.

Tutti i Piani regionali di sviluppo rurale sono stati approvati al 24 novem- bre 2015. La programmazione dello sviluppo rurale 2014-2020 può, così, prendere avvio in tutte le regioni. A settembre 2015 erano stati, invece, appro- vati 12 PSR italiani sui 23 previsti (19 PSR regionali, 2 PSR delle province au-

2. LE POLITICHE COMUNITARIE E NAZIONALI

43 tonome di Trento e Bolzano e 2 PSRN nazionali). Il 26 maggio 2015 erano stati approvati i primi cinque PSR delle regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Bolzano e Rete Rurale Nazionale. Il Molise è stata la più veloce re- gione del Sud (e più veloce di molte regioni del Nord) a vedere approvato il PSR, mentre ultimi sono arrivati quelli di Puglia e Sicilia. Alcune regioni han- no già emanato i primi bandi per la programmazione 2014-2020.

Una importante novità dei PSR regionali riguarda la possibilità di finan- ziamenti per ricerca e innovazione. I Gruppi operativi per l’innovazione (GOI), sono lo strumento mediante il quale nell’Unione Europea intende favo- rire l’innovazione in agricoltura. L’obiettivo oltre a quello di fare ricerca è quello di trasferirla e a tale scopo verrà predisposta una banca dati pubblica del Partenariato europeo per l’innovazione (PEI), che sarà aperta all’innovazione. I GOI possono avere diverse forme giuridiche ed essere costituiti da più azien- de agricole ed enti di ricerca, oltre che da enti di formazione, consulenti, im- prese di trasformazione e commercializzazione del settore agro-alimentare. Questa sorta di alleanza dovrà consentire di predisporre un Piano di innova- zione che risolverà un problema concreto dell’azienda agricola (un GOI ha una durata massima di 36 mesi). Maggiori dettagli su questo strumento ver- ranno forniti nella descrizione del PSR dell’Emilia-Romagna (capitolo 12).

L’Italia ha scelto di presentare due PSRN nazionali, la “Rete Rurale Na- zionale” e il “Programma di Sviluppo Rurale Nazionale”. La Politica di svi- luppo rurale in Italia vale 20,85 miliardi di euro in sette anni di cui: 18,6 mi- liardi di euro destinati all’attuazione dei programmi regionali; 2,14 miliardi di euro alle misure nazionali; 0,1 miliardi di euro alla Rete Rurale Nazionale.

La nuova Politica agricola comunitaria, per il Primo Pilastro, fa riferimento a sei anni di applicazione e, formalmente, si attua un anno più tardi rispetto al- le altre politiche strutturali, dal 2015 al 2020. Dopo il primo anno di applica- zione (il 2015) si parla già di alcune revisioni necessarie in virtù del quadro di profonda incertezza legata alla crisi di alcuni comparti agricoli, della consulta- zione pubblica sul greening, e che dovranno essere affrontate nell’ambito delle prime proposte di revisione del bilancio dell’Unione, quando la PAC subirà pressioni affinché vengano destinate risorse per la soluzione dei gravi proble- mi che stiamo vivendo in questo momento, come quelli dell’immigrazione e del cambiamento climatico. Ma quali sono state le principali novità nel primo anno di applicazione?

La nuova PAC 2015-2020 ha introdotto requisiti minimi più restrittivi per accedere ai pagamenti diretti con soglie minime di pagamenti, dimensioni mi- nime di superficie per i pagamenti disaccoppiati e limiti minimi per i paga- menti accoppiati. Lo scopo principale è quello di ridurre i costi amministrativi. La soglia minima stabilita dall’Italia sotto la quale AGEA e gli altri organismi

non erogano i contributi PAC è di 250 euro per gli anni 2015 e 2016 e di 300 euro dal 2017. La soglia si applica all’importo totale di tutti i pagamenti diretti che un agricoltore deve ricevere: pagamento base, greening, giovani, accop- piato o piccoli agricoltori.

Un’ampia discussione si è avuta sul terzo impegno del greening che obbli- ga gli agricoltori a destinare una quota pari al 5% dei seminativi dell’azienda ad aree di interesse ecologico (EFA). Il 5% di EFA si applica solo alle superfi- ci a seminativo e non alle colture permanenti, mentre le aziende di dimensione inferiore ai 15 ettari a seminativo sono esonerate dall’obbligo delle aree di in- teresse ecologico. A partire dal 2018 la percentuale del 5% di EFA potrebbe essere aumentata al 7%, ma le forti critiche del Parlamento Europeo, del Commissario Hogan e dalla maggior parte degli Stati Membri, rendono l’ipotesi poco probabile.