C) La liquidazione del patrimonio (se le altre opzioni non vanno a buon fine)
4. Valutazione delle aziende in cris
4.4 La valutazione di aziende in crisi in presenza di patrimoni destinati ad uno specifico affare
Adesso esamineremo questa particolare configurazione aziendale, prima dal punto di vista dottrinale e della prassi, successivamente verrà osservato a seconda se ci troviamo davanti ad una azienda in crisi o meno.
I patrimoni destinati ad uno specifico affare, sono una configurazione peculiare da sottoporre ad una valutazione del capitale economico, non solo nei momenti straordinari della vita aziendale, ma anche a prescindere da questi eventi.
Ai sensi degli artt. 2447 bis e 2447 novies c.c., le società possono suddividere in proprio patrimonio complessivo in piccole entità minori, destinate proprio ad uno specifico affare.
Come prevede la norma codicistica, non si possono realizzare patrimoni destinati superiori al dieci per cento del patrimonio netto contabile della azienda. Lo scopo principale è quello di andare ad assegnare una responsabilità giuridica limitata al patrimonio proprio per poter porre in essere attività più rischiose senza compromettere tutta l’azienda.
Una volta realizzato l’affare, o l’impossibilità a realizzarlo il patrimonio rientra nel complesso aziendale.
346L’autonomia giuridica, economica, organizzativa e contabile permettono al
patrimonio di avere una maggiore veridicità dei dati nella configurazione dei drivers del valore, e non è una rarità che vi sia un ricorso ai patrimoni destinati per suddividere le varie aree d’affari.
La destinazione di un patrimonio ad uno specifico affare, prevede la redazione di un apposito rendiconto separato per ogni singolo affare, dove, non solo è possibile individuare ciascuno di essi, ma si presta facilmente all’applicazione di indici per supportarne le valutazioni.
346Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
146
347La valutazione del patrimonio, non dovrebbe essere effettuata con il metodo
patrimoniale, che pur permettendo una dettagliata analisi delle attività e passività, non è sufficiente.
Questo accade perché non tiene conto dei flussi prodotti dalla gestione, quindi può essere impiegato nell’attività di controllo dopo aver utilizzato altri metodi.
348La scelta più opportuna è indirizzata verso i metodi misti patrimoniali-
reddituali, in particolare verso il metodo della rivalutazione controllata dei cespiti.
Possiamo avere diverse esigenze valutative in presenza di patrimoni destinati349,
ovvero350:
a) Valutazione preventiva del capitale economico della società finalizzata all’assunzione della decisione di costituire uno o più patrimoni destinati. Gli amministratori in questa ipotesi, prima di scomporre il patrimonio aziendale, vogliono dare una garanzia agli stakeholder sullo stato dell’azienda, andando così ad effettuare una preventiva determinazione del capitale economico.
b) La valutazione del capitale di funzionamento per determinare il rispetto del limite del 10%. Occorre in tale ipotesi procedere ad una valutazione del capitale economico al fine da distaccare una parte del patrimonio andando a verifica che la parte sia inferiore al valore del 10% del complesso aziendale, considerando anche gli eventuali altri patrimoni destinati.
c) Valutazioni del capitale da destinare allo specifico affare al momento della costituzione del vincolo. Questa riguarda il momento in cui si
347Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
Giuffrè editore, Milano, 2014, p. 459
348Ibidem
349
Vedasi per un approfondimento le seguenti opere: Angeloni S., I patrimoni destinati ad uno specifico affare, Giappichelli, Torino, 2005; Dell’Atti A., I patrimoni destinati ad uno specifico affare, Caccucci, Bari, 2005; Gennari F., I patrimoni destinati ad uno specifico affare, CEDAM, Padova, 2005; La Rosa F., Patrimoni e finanziamenti destinati ad uno specifico affare, Giuffrè, Milano, 2007; Niutti A., I patrimoni e finanziamenti destinati, Giuffrè, Milano, 2006
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costituisce la destinazione del patrimonio, dove si redige un business plan a tal fine.
d) Valutazione degli apporti di terzi e dei patrimoni destinati esterni di altre società.
e) Valutazione del capitale economico relativo al patrimonio separato, in ipotesi di negoziazione del patrimonio stesso.
f) Valutazione del capitale economico relativo all’intero complesso
aziendale, quando esso è costituito da patrimoni destinati sia per esigenze
conoscitive e alfine di determinarne i valori.
g) Valutazione del capitale di liquidazione relativo al patrimonio separato, nel caso particolare ne facciano richiesta i creditori.
I casi e), f), g) meritano di essere trattati separatamente in quanto fanno riferimento a situazioni di crisi della società destinante.
Per ciò che concernono gli aspetti fallimentari, con il D. Lgs. 5/2006 sono state introdotte solo alcune novità in tal senso, in particolare in merito all’azione revocatoria e al fallimento della società destinante, tuttavia nulla è stato previsto per l’insolvenza del patrimonio destinato.
Non è chiaro, date le disposizioni dell’art. 2447-novies, c.2 in quanto “in tal
caso, applicano esclusivamente le disposizioni sulla liquidazione della società (…), in quanto compatibili”, quali norme sulla liquidazione possano estendersi
anche alla liquidazione del patrimonio destinato, in quanto il processo non ha lo scopo di estinguere la società ma solo una sua parte.
351Al di fuori della situazione fisiologica di cessazione del patrimonio per aver
conseguito l’affare, nel momento in cui l’azienda si trova in una situazione di crisi la cessazione del vincolo si verifica:
351Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
148
A causa delle ingenti perdite subite, la prosecuzione dell’affare non è economicamente conveniente fino ad arrivare al caso estremo, ovvero l’insolvenza del patrimonio.
Meccanicamente in caso di fallimento della società destinante.
In questo caso le procedure da attuare sono la realizzazione di un rendiconto del patrimonio destinato ed il successivo deposito preso il Registro delle imprese. Il procedimento diventa più complesso se i creditori particolari non vengono soddisfatti.
352La dottrina giuridica si è posta il problema nel caso in cui emerge una
situazione dove, si manifesta l’insolvenza del patrimonio destinato, ma non del patrimonio residuo e sulla estendibilità a questo.
353In questa tabella si riassumono le varie ipotesi di valutazione in presenza di
patrimoni destinati:
352 Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
Giuffrè editore, Milano, 2014, p. 466; per ciò che concerne il profilo di insolvenza e crisi del patrimonio destinato hanno trattato i seguenti autori: Ciampi F., Patrimoni e finanziamenti destinati in rapporto con le regole del concorso fallimentare, in Le società, n. 10, 2004; Falcone G., Patrimoni “destinati” e finanziamenti “dedicati”: la posizione dei creditori e le prospettive concorsuali, in Diritto della banca e del mercato finanziario, n. 2, 2005; Fiammanò F., La liquidazione delle cellule destinate alla luce della riforma del diritto fallimentare, in Le società, n.2, 2006; Laudonio A., Patrimoni destinati e insolvenza: una prospettiva comparatistica, in Banca borsa e titoli di credito, n. 3, 2006; Locoratolo S, Patrimoni destinati e insolvenza, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2005; Manferoce T., Soggezione a procedure concorsuali dei patrimoni dedicati, Il fallimento, n. 12, 2003; Meoli B., Patrimoni destinati e insolvenza, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 2, 2005; Rocco di Torrepadula N., Patrimoni destinati e insolvenza, in Giurisprudenza commerciale, n. 2, 2004; Salamone L., I patrimoni destinati a specifici affari nelle s.p.a. riformata: insolvenza, esecuzione individuale e concorsuale, in Rivista dell’esecuzione forzata, n. 1, 2005; Stesuri A., Patrimoni destinati: problemi applicativi in ambito fallimentare, in Diritto e pratica delle società, n. 6, 2005;
Scarafoni S., I patrimoni di destinazione: profili societari e fallimentari, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, n. 1, 2004; Tomasi T., Novità concorsuali in tema di patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Impresa Commerciale Industriale, n. 12, 2005; Vicre S., Patrimoni destinati e fallimento, in Giurisprudenza commerciale, n.1, 2005
353Elaborata da: Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle
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Oggetto dello stato di crisi
O gge tt o d ell a valu taz ion e
Patrimonio destinato Società destinate
Patrimonio destinato
Caso A: Valutazione del patrimonio destinato deficitario
Caso B: Valutazione del patrimonio destinato in ipotesi di insolvenza della società Società destinate
Caso C: Valutazione della società con patrimoni destinati deficitari
Caso D: Valutazione della società in ipotesi
di sua insolvenza e fallimento
Adesso, prima di esaminare ogni singolo caso, andremo a parlare della valutazione del patrimonio destinato in assenza di crisi.
Nella valutazione del patrimonio destinato è necessario realizzare un piano economico/finanziario, andando a specificare che la parte del patrimonio che andrà a distaccarsi dall’azienda sia congrua in relazione all’affare da compiere. Esso è composto da354:
Un piano economico, dove emergono i costi da sostenere e i ricavi da conseguire in riferimento all’affare da compiere. I ricavi derivanti dallo specifico affare devono essere in grado di coprire i costi ad esso relativi.
Un piano finanziario, dal quale devono affiorare i flussi di cassa derivanti l’affare sia per quanto riguarda i ricavi sia le per le altre attività finanziarie e i relativi fabbisogni.
354Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
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Un piano degli investimenti, dove emergono gli investimenti da effettuare per realizzare l’affare.
La formula impiegata per determinare il valore del patrimonio destinato è355:
𝑉𝐴 𝑒𝑐𝑜𝑛𝑜𝑚𝑖𝑐𝑜 𝑝𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑎𝑡𝑜 = ∑ 𝐹𝑅𝑅𝑡 (1 + 𝑖)𝑡+ 𝑉𝐴 𝑙𝑖𝑞𝑢𝑖𝑑𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 (1 + 𝑖)𝑛 𝑛 𝑡=1 Dove:
FRRt = flussi di reddito prospettico
VA liquidazione = valore di liquidazione del patrimonio destinato i = tasso di attualizzazione
n = numero di anni considerati
Al valore così determinato possiamo sommarci il valore degli investimenti accessori.
Se abbiamo di fronte delle commesse o appalti, ovvero affari a lungo periodo, occorre andare a considerare anche gli interessi che maturano sui crediti esigibili solo nel lungo termine.
Nel caso in cui, si presume una durata indeterminata, o comunque un periodo temporale molto lungo, allora si può omettere di considerare il fattore temporale nella suddetta formula, ovvero andremo a prendere come riferimento la più semplice rendita perpetua.
Per ciò che concerne il tasso di attualizzazione, dovrà essere valutato in base al rischio dell’affare specifico a cui il patrimonio destinato è soggetto.
Adesso andiamo ad analizzare il “Caso A” della tabella precedente, ovvero “La
valutazione del patrimonio destinato deficitario in ipotesi di impresa non in crisi.”
355Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
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Questa tesi si verifica quando il patrimonio destinato non è in grado di appagare le pretese dei creditori particolari.
356Questa categoria di soggetti, può avanzare la richiesta di liquidazione, in tal
senso non fa venire meno la separazione tra i patrimoni che persiste anche durante questa fase, andando così a salvare i diritti delle classi dei creditori. La separazione dei patrimoni cessa soltanto nel caso in cui l’ultimo creditore ha trovato adeguato soddisfacimento nell’attivo.
In una situazione liquidatoria, possono emergere due scenari357:
1. Dopo la liquidazione sussistono ancora delle attività. Se accade questo, esse tornano a far parte dell’attivo generale e quindi fungeranno da garanzia per i creditori della società.
2. Dopo la liquidazione sussistono ancora passività da soddisfare. La società, la quale ha dei patrimoni destinati insolventi, non è soggetta al fallimento e i creditori non possono soddisfarsi né sulla società né su altri patrimoni destinati. Questa ipotesi va sotto il nome di “patrimonio destinato
deficitario”. Il D. Lgs. 310/2004 ha chiarito che si va a “ escludere che il patrimonio separato possa essere dichiarato insolvente e fallire autonomamente rispetto alla società che lo ha creato …”
Occorre ricordare che in tale ipotesi, i c.d. driver del valore sono influenzati dallo stato di dissesto e quindi avremo che358:
I redditi, saranno difficilmente stimabili in quanto negativi.
L’orizzonte temporale, che normalmente è già limitato è destinato ad accorciarsi.
Il tasso, sarà più elevato perché l’attività sarà più rischiosa.
356Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
Giuffrè editore, Milano, 2014, p. 471
357Ivi, p. 472 358Ivi, p. 474
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Da qui ne discente che sia più opportuno ricorrere al metodo basato sulla rivalutazione controllata dei cespiti, in quanto il metodo reddituale è difficilmente applicabile.
Il caso B, prevede “La valutazione del patrimonio destinato in presenza di
impresa insolvente”.
In questo caso, si è verificato il fallimento della società andando così a compromettere la realizzabilità dell’affare.
Normalmente il patrimonio destinato viene ceduto in blocco ad un’altra azienda al fine di portare a compimento l’opera. 359Dobbiamo a tal fine andare a
considerare la perdita delle relazioni con il patrimonio residuo, ovvero in generale con la società originaria.
Come prima fase dovremo valutare l’azienda nel suo insieme e poi andremo ad individuare una percentuale in grado di esprimere la relazione tra il patrimonio complessivo e quello destinato. Normalmente vengono presi come riferimento i patrimoni netti per determinare questa relazione.
Come nella scissione, anche in questo caso accade che, una ripartizione così eseguita non terrebbe in considerazione le sinergie che vi sono tra i patrimoni andando a rendere questo metodo impreciso e inadatto.
Il caso C, prevede “La valutazione della società destinante in ipotesi di
patrimoni destinati deficitari”.
360Analogamente a quanto avviene in ambito degli investimenti accessori è da
escludere, nella valutazione dell’impresa, il patrimonio deficitario non di interesse per il potenziale acquirente.
Ad esclusione di questa tesi, dobbiamo definire con precisione quali patrimoni generano flussi positivi e quali no.
359Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
Giuffrè editore, Milano, 2014, p. 475
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Dovremo a tal fine considerare i valori dei patrimoni relativi agli affari che potranno essere portati a termine e quali formare oggetto di negoziazione.
Dovremo tenere presente l’arco temporale, il capitale investito in ogni singolo affare e il proprio rischio. Per raggiungere l’obietto, ovvero determinare il valore dell’azienda, occorre stimare il valore delle varie aree, dei costi e della Posizione Finanziaria Netta.
361In conclusione, possiamo considerare un valore addizionale, anche se di fronte
abbiamo un’azienda con patrimoni in crisi, a patto che questo possa tornare a produrre reddito in un tempo ragionevolmente breve.
362Questo può verificarsi a seguito di un processo di ristabilimento o di sinergie
che possono scaturire dalla liquidazione del patrimonio.
Il caso D prevede “La valutazione della società destinante in ipotesi di sua
insolvenza e fallimento”
L’insolvenza del patrimonio dell’azienda e il successivo assoggettamento alle procedure concorsuali, ne consegue l’impossibilità di proseguire gli affari anche se presentano un andamento positivo. Emerge la necessità di realizzare, durante le procedure concorsuali, due distinte masse attive e passive.
Se il curatore lo ritiene opportuno e vantaggioso per la soddisfazione dei creditori, può proseguire l’affare e quindi si può evitare la liquidazione del patrimonio destinato. Possono quindi emergere due situazioni363:
In presenza di un residuo attivo, esso viene assorbito dalla società per la copertura delle obbligazioni;
La presenza di un residuo passivo.
In questa ipotesi è più probabile la presenza di un residuo attivo, facendo la considerazione che i patrimoni destinati non siano la causa del dissesto.
361Liberatore G., Amaduzzi A., Comuzzi E., Ferraro O., La valutazione delle aziende in crisi,
Giuffrè editore, Milano, 2014, p. 481
362 Ibidem 363 Ivi, p. 482
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