159 807 volte ricorrono infatti lemmi connessi alla dimensione lavorativa: azienda (402); lavoro (151); dipendenti (146); lavorare (108).
160 521 sono i lemmi ad esso connessi: persone (246); bambino (165); famiglia (110). 161 338 lemmi: asilo (197); nido (141).
CONCLUSIONI
195 l’azienda, vista nella sua interezza, i dipendenti – di cui si valorizza la specificità in quanto
persone – l’ambito familiare degli stessi (famiglia) e la collettività più ampia (gente).
È interessante rilevare come i lemmi famiglia e conciliazione, differentemente dalle analisi ai dipendenti, non presentino associazioni particolarmente significative; maggiormente preganti sembrano invece essere i lemmi cultura e valutazione163.
Analizzando le co-occorrenze possiamo evidenziare, per il primo (cultura) un nesso determinante con la dimensione temporale/processuale (anni, passo); la cultura è un qualcosa che si costruisce – anche faticosamente (sforzo) - nel tempo e si connota per un’elevata complessità: essa investe infatti vari aspetti della realtà aziendale164, assume sfaccettature differenti a seconda delle posizioni lavorative occupate (manager, figura), risente fortemente della dimensione e composizione aziendale (gruppo) ed infine consta di differenti azioni:
sperimentazione, valorizzazione, associazione, diffusione. Improntata alla qualità e fiducia, e
connotata secondo alcune dimensioni valoriali (etico, sociale, buone), rappresenta, per il management, un privilegio.
Da ultimo è interessante rilevare un’associazione del lemma valutazione con l’oggetto, la finalità e gli strumenti della stessa. La valutazione interessa infatti il personale, le sue esigenze e competenze e non può prescindere dall’aspetto economico (oggetto); si tratta di un processo
strutturato che, fondato sul rapporto tra azienda, management e dipendenti, si avvale di strumenti, figure (assistente) e modalità specifiche; tale azione valutativa non è mai fine a se
stessa (mero, sola) ma, al contrario, ha finalità e funzioni precise, identificate dalle seguenti co- occorrenze: facilitare, crescere, strutturare, introdurre, valutare, premiare.
10.3. UN GIUDIZIO SUI CASI ANALIZZATI
Dalle analisi condotte emerge in generale una forte coerenza per quanto attiene, in particolare, la mission/cultura aziendale e la modalità con cui tali valori vengono quotidianamente tradotti nella realtà di ogni azienda e nelle misure conciliative concretamente attuate, il che rivela una trasparenza e chiarezza dei processi aziendali e delle modalità comunicative adottate.
I programmi conciliativi attuati risultano generalmente ben articolati, strutturati e coerenti nelle loro parti costitutive (analisi preliminare, progettualità ad hoc, realizzazione, valutazione in itinere).
10.3.1 ANALISI PRELIMINARE E PROGETTUALITÀ AD HOC
Se in linea di massima viene effettuata un’accurata analisi della potenziale popolazione target e dei suoi bisogni - fase comunque influenzata dalla cultura aziendale e dalla cultura specifica del management - più carente e problematica appare invece l’individuazione delle risorse; vi è dunque la necessità di investire su una valutazione ex ante che consenta, non solo di mettere in luce i bisogni -delle singole persone e della realtà aziendale come organizzazione- ma anche di illuminare e valorizzare le risorse presenti in azienda, facendo leva su di esse per un’efficace riorganizzazione.
163 Ciò assume particolare rilevanza in quanto, come è emerso dall’analisi dei questionari e come vedremo nel paragrafo seguente, la valutazione sembra uno dei punti più critici nel processo aziendale di progettazione e realizzazione di azioni conciliative.
CONCILIAZIONE FAMIGLIA E LAVORO
Occorre altresì rilevare un’estrema coerenza e linearità tra quanto evidenziato dall’analisi preliminare, ove effettuata, e l’aspetto progettuale ed implementativo, favorito anche dall’utilizzo di una politica di informazione e comunicazione semplice e chiara - condotta sotto i principi della trasparenza, del dialogo e della partecipazione - e da un coinvolgimento diretto dei dipendenti in tutte le fasi, inclusa quella progettuale. Tale articolazione ha consentito, in molti casi, la progettazione e realizzazione di un complesso sistema di servizi, rivolti a tutta la popolazione aziendale , in quanto volti a rispondere ai bisogni di tutti ed, al contempo, diversificati all'interno di ogni specifica sede e secondo le esigenze proprie del ciclo di vita familiare165.
In alcuni casi, tuttavia, il progetto non si origina da una previa analisi della realtà aziendale ma da elementi decisionali di altro ordine (un’intuizione del management, scelte e strategie aziendali…); nelle piccole aziende capita poi che le misure conciliative adottate non derivino da un rigoroso processo di ideazione e progettazione, quanto piuttosto dalla pratica di tutti i giorni e dalla necessità/volontà di risolvere i diversi problemi che si presentano. Le caratteristiche stesse della popolazione aziendale e del territorio in cui tali aziende si trovano, rendono la conciliazione famiglia – lavoro una questione meno evidente; se certamente il fatto che la conciliazione non venga avvertita come un problema specifico - piuttosto insito nella normale gestione ed organizzazione lavorativa - rappresenta un buon punto di partenza per un efficace affronto della stessa, ponendo immediatamente gli attori in un’ottica risolutiva, occorre tuttavia evidenziare il rischio di una tale mancanza di riflessività: l’assenza di una analisi della domanda specifica e di una progettualità ad hoc, che consentirebbero altrimenti di verificare la presenza di bisogni latenti, non espressi da parte di dipendenti, favorendo un dialogo costruttivo tra management e lavoratori maggiormente focalizzato sulle scelte conciliative. Per contro, in tali realtà, il dialogo e il coinvolgimento dei dipendenti assume un carattere diretto e personale e rappresenta un elemento positivo, utile a velocizzare i processi, a favorire l’emergere di richieste e sicuramente adeguato alla cultura ed allo stile gestionale aziendale.
10.3.2 Realizzazione
Per quanto attiene alla fase implementativa vera e propria, è interessante rilevare come ad essa si sia spesso accompagnata un’azione formativa, tesa a modificare le pratiche quotidiane in merito alla gestione dei tempi e alle modalità di organizzazione del lavoro e, più in generale, finalizzata ad introdurre ed istituzionalizzare in azienda una vera e propria “cultura della conciliazione”; oltre a realizzare specifici interventi conciliativi, tale fase ha quindi parallelamente messo a tema le pratiche, le culture del lavoro consolidatesi in azienda, identificando dunque nel lavoro stesso, più che nella condizione famigliare, l’origine della difficile conciliabilità dei mondi vitali; si è dunque cercato, mediante appositi interventi formativi, di scardinare una cultura lavorista e presenzialista, creando le condizioni affinché la conciliazione potesse trovare “legittimazione” da un punto di vista culturale e giungesse ad essere “praticata”, istituzionalizzata, nella normale prassi aziendale. Per catalizzare tale cambiamento si è dunque puntato sul coinvolgimento dei ruoli direttivi, nella convinzione che tale nuovo approccio alle risorse umane e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
165 Si supera in tal modo una cultura di intervento di breve periodo e finalizzata al mero aumento della produttività.
CONCLUSIONI
197 necessitasse di esempi concreti ed autorevoli, tali da facilitare la circolazione del messaggio entro la popolazione aziendale e garantire ad esso una maggiore risonanza.
10.3.3 Monitoraggio in itinere e valutazione ex post
Ove effettuata166, la valutazione – in itinere e finale - assume un ruolo fondamentale nei processi, nell’organizzazione e nella cultura aziendale: viene infatti approntato un sistema valutativo, complesso e differenziato, in grado di cogliere appieno la rispondenza del singolo intervento/misura all’obiettivo originario ed un conseguente riadeguamento dello stesso progetto. Le aziende che si muovono secondo questa linea direttrice appaiono dunque molto flessibili, in grado di adattarsi ai cambiamenti e di modificare l’offerta dei servizi a seconda delle esigenze che mano a mano compaiono.
Nelle PMI il processo di valutazione avviene invece attraverso riunioni allargate dove si discute a livello generale delle questioni aziendali, per lo più di tipo tecnico (legate al lavoro) ma anche di tipo organizzativo; in tali realtà, la valutazione non é quindi specificamente centrata sulla conciliazione tra famiglia e lavoro. Come già sottolineato per la fase progettuale, occorre qui evidenziare il doppio versante di questa modalità organizzativa: se da una parte il processo di valutazione si basa prevalentemente su modalità informali, più fluide, rapide e semplici, dall’altra il rischio è che tale processo valutativo avvenga in assenza di una riflessione specifica sul senso di quanto si sta facendo.
Quale elemento di perfettibilità, per tutte le realtà esaminate, segnalerei dunque un maggior investimento nella fase di valutazione (in itinere e finale), che consente di cogliere appieno la rispondenza della singola misura all’obiettivo originario e di affinare gli indicatori utilizzati giungendo all’identificazione di un vero e proprio key performance.
Per quanto riguarda nello specifico la misurazione dell’efficienza, possiamo rilevare, tra quanti la effettuano: un miglioramento del clima aziendale -inteso come una maggiore condivisione della mission aziendale, un incremento del rapporto fiduciario tra dipendenti e manager, un aumento della motivazione e del livello di soddisfazione del dipendente ed una riduzione dello stress; un incremento delle performance dei dipendenti– nei termini di una maggiore partecipazione ai processi aziendali, sviluppo di capacità e competenze, riduzione dei tassi di assenteismo e dei ritardi, aumento della produttività; un aumento della qualità dei collaboratori– come capacità di attrarre e trattenere talenti e conseguentemente come riduzione del turnover; ed infine una massimizzazione delle performance aziendali intese come rafforzamento dell’immagine aziendale, crescita del shareholder value, miglioramento delle performance finanziarie e riduzione dei costi aziendali.
Per quanto riguarda invece la valutazione dell’efficacia, possiamo riscontrare una decisa soddisfazione del personale non solo relativamente alle misure di conciliazione – delle quali viene altresì apprezzata la rilevanza167, ovvero la capacità delle stesse di fornire una
166 Difficoltoso è tuttavia il giudizio circa l’adeguatezza e la coerenza delle modalità di implementazione e valutazione, a fronte di una generale difficoltà delle realtà aziendali nella realizzazione di una fase valutativa strutturata e precisa.
167 La rilevanza –ovvero l’ampio numero di beneficiari di un intervento in un determinato contesto aziendale– è garantita non solo dalla differenziazione e complessa articolazione delle misure conciliative proposte, ma anche dalla considerazione delle stesse nell’ambito di una cultura ampia e comprensiva
CONCILIAZIONE FAMIGLIA E LAVORO
risposta ai bisogni esistenti - ma soprattutto per la modalità gestionale ed organizzativa concretamente adottata in azienda e dal management.
Tale esito positivo ha origine dal già menzionato nesso esistente tra analisi, progettualità ed implementazione, nonché dalla volontà di offrire servizi diversificati secondo le esigenze specifiche di ciascuno, adattabili alle varie fasi di vita del dipendente e dunque ai conseguenti cambiamenti delle necessità familiari. A fronte di ciò, molte aziende sono intenzionate ad investire sempre di più in un monitoraggio costante delle iniziative, affinché l'offerta possa rispondere sempre di più ai bisogni reali e alle esigenze che emergono tra i dipendenti e nell'azienda; solo tale processo può infatti consentire di affinare la riflessività aziendale e la conseguente progettazione di misure sempre più efficaci.
Le aziende esaminate sembrano poi distinguersi, non solo per la cura rivolta alle esigenze dei dipendenti – considerati nella loro totalità, come cittadini avente una famiglia ed una vita al di fuori dell'azienda - ma anche per l’attenzione e apertura al territorio e per la creazione di partnership nella e a sostegno della comunità locale, rispetto alla quale si pongono in un rapporto sussidiario, non meramente compensatorio/suppletivo. Sottesa vi è dunque la volontà di integrare l'azienda con il mondo esterno che la circonda, alla ricerca di un radicamento nel tessuto sociale; interessante è infatti rilevare come, per tutte le attività/misure proposte ed attuate in azienda, si guardi prima con attenzione al territorio, per vedere cosa può offrire e quali eventualmente siano le carenze, senza dunque sostituirsi ad esso, ma in una logica di completamento e compensazione che culmina nella realizzazione di buone partnership.
Se certamente il valore ed il contenuto innovativo di taluni progetti è ravvisabile nell’accurato coinvolgimento di tutta la realtà aziendale nelle varie funzioni di competenza, finalizzato esso stesso alla valorizzazione di tutti i soggetti presenti e ad una progressiva familiarizzazione – intesa quale coinvolgimento delle reti primarie/familiari – è necessario evidenziare, quale elemento di perfettibilità, un maggiore coinvolgimento ed empowerment dei dipendenti, tanto nella fase di mappatura del bisogno, definizione e progettazione delle misure, quanto nella valutazione delle stesse.
Da ultimo, pur riconoscendo la coerenza con la cultura aziendale e con altre iniziative già in essere, occorre interrogarsi circa gli elementi distintivi di tale framework valoriale, che rischiano di valorizzare la famiglia quale fatto totalmente privato e personale e tendono a focalizzare maggiormente l'attenzione sui singoli membri componenti piuttosto che sull’unità singolare e la ricchezza che ciascuna famiglia porta. Parimenti, una distorta considerazione della realtà familiare determina la permanenza di un’impronta paternalistica nelle politiche e nelle prassi aziendali, un’impronta che, da un lato, è garanzia di un’attenzione tangibile alle esigenze e alle richieste dei dipendenti, dall’altro, tuttavia, non sempre si traduce in «esplicite policies» ma si compone talvolta di «concessioni aziendali» fatte a fronte di specifiche richieste. Le politiche di conciliazione vanno invece concepite sempre di più “come dispositivi di investimento per generare benessere sociale, non come elargizioni assistenzialistiche alle famiglie, né come meri strumenti per le pari opportunità e neppure come meccanismi per generare più occupazione o lavoro” (Prandini, 2009, p.14). Per far ciò è necessario che si affermi maggiormente, sia tra i lavoratori sia da parte del management, un paradigma che riconnetta in maniera riflessiva e sussidiaria lavoro, famiglia e benessere,