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1.2 «Come, non che cosa»: ripensare la Entfremdung

Capitolo 2 L’analisi sociologica di Hartmut Rosa

2.2 Diagnosi della tarda modernità

2.2.1 Vivere nell’accelerazione

Fino a questo punto abbiamo analizzato l’accelerazione sociale e il concetto di alienazione così come vengono intesi all’interno del pensiero di Rosa. Il passo che faremo in queste pagine è quello di mettere insieme questi due aspetti e vedere quali fenomeni della società contemporanea caratterizzata dall’accelerazione sociale possono essere causa di alienazione e insieme, al contrario, in che modo il concetto di

Ivi, pp. 57-58. 44

alienazione come «distorsione strutturale profonda delle relazioni tra il sé e il mondo, dei modi in cui il soggetto è posto o “collocato” nel mondo» possa fare luce su alcuni 45

aspetti della modernità. Per fare ciò è utile seguire il percorso svolto da Rosa il quale presenta l’analisi di cinque ambiti di alienazione - ognuno legato ad uno o più processi di accelerazione sociale - che caratterizzano la vita all’interno della società contemporanea.

1) Alienazione dallo spazio. Come abbiamo già detto parlando dell’accelerazione tecnologica, uno dei fenomeni che caratterizzano l’epoca contemporanea è uno stravolgimento della dimensione spaziale la quale risulta sia contratta, per non dire annichilita, sia smaterializzata. Tutto ciò ha delle enormi ripercussioni sulla vita individuale poiché ognuno di noi, in quanto soggetto corporeo, vive nello spazio e si percepisce come spazialmente collocato. Per riprendere l’esempio già citato, prima che gli aerei fossero inventati e diventassero un mezzo di trasporto comune, per un italiano l’America era letteralmente l’altra parte del mondo, un luogo lontanissimo, pressoché inarrivabile. Oggi, invece, per un ragazzo che vive in Italia è normalissimo pensare di andare a fare uno stage negli U.S.A e mantenere i rapporti con degli amici che vivono in Canada.

Il fatto che gli spazi si siano accorciati o diventino digitali influisce quindi sul nostro modo di stare al mondo, ma ciò non implica necessariamente conseguenze alienanti. Poter viaggiare ovunque e sentire vicine persone lontane non rappresentano un ostacolo alla vita buona anzi, al contrario, possono rappresentare delle possibilità che promuovono la propria realizzazione e il proprio benessere. L’elemento patologico sorge quando la possibilità di spostarsi ovunque diviene necessità di spostarsi continuamente da un luogo all’altro, quando non viviamo più gli spazi ma passiamo solamente attraverso di essi, quando alla vicinanza fisica si sostituisce una presenza irreale composta da messaggi e reactions. Tutto ciò rende possibile ciò che Rosa intende per alienazione dallo spazio la quale si manifesta ogniqualvolta gli spazi «rimangono “silenziosi” nel senso dei “nonluoghi” di Marc Augé: essi non ci raccontano storie, non ci restituiscono ricordi, non sono connessi alla nostra identità».46

2) Alienazione dalle cose. Un altro aspetto legato all’accelerazione tecnologica di cui abbiamo parlato, riguarda il nostro rapporto col mondo oggettuale inteso come insieme

Ivi, p. 98. 45

Ivi, p. 99. 46

di tutte le cose che ci circondano e che non solo possediamo e usiamo quotidianamente, ma con le quali necessariamente ci relazioniamo nella nostra esistenza. Come abbiamo detto, l’evoluzione tecnologica rende disponibili un numero sempre più elevato di oggetti e strumenti ogni giorno più potenti che vengono continuamente migliorati. Questo processo ci interessa perché rappresenta la condizione di esistenza della mentalità che caratterizza la società contemporanea in cui il «consumo morale» prende il sopravvento su quello fisico, cioè acquistiamo cose che 47

neanche ci servono e che a volte buttiamo senza aver utilizzato, ci sbarazziamo di qualcosa non appena si rompe senza neanche provare ad aggiustarlo e cambiamo ciò che abbiamo non perché esaurito, ma perché non ci piace più o ci ha stancato. Tutto ciò può dirsi patologico dal momento in cui arriva a rappresentare il nostro unico - o comunque il nostro principale - modo di relazionarci al mondo delle cose le quali finiscono quindi col diventare qualcosa di estraneo e indifferente che non riusciamo in nessun modo ad interiorizzare e a percepire davvero come nostro, cioè come parte del nostro io. 48

Accanto a ciò, l’evoluzione tecnologica fa sì che gli oggetti diventino sempre più sofisticati e sempre più smart. Ciò acuisce ancora di più l’alienazione nei confronti del mondo delle cose perché rende più difficile relazionarsi con quegli oggetti. Se prendiamo ad esempio un computer di ultima generazione, ci accorgiamo subito che, pur volendo, la maggior parte di noi non riuscirebbe mai ad aggiustarlo e neanche saprebbe lontanamente da dove iniziare. Allo stesso tempo, diviene difficile persino usare quel computer in ogni sua potenzialità, conoscerne tutte le funzioni e comprendere come usufruirne. Di conseguenza, non solo tendiamo a cambiare il pc non appena si rompe, ma, finché lo possediamo, non riusciamo ad usarlo nel modo giusto. Simili esperienze mostrano che l’alienazione dalle cose può riguardare non

Ivi, p. 100. 47

Rosa riporta degli esempi opposti in cui è possibile sentire le cose che possediamo come 48

qualcosa di familiare: «Un’auto che avete voi stessi aggiustato, calzini che avete voi stessi cucito, sono cose che vi appartengono di più e che assumono un carattere più “individualizzato”: in breve, le interiorizzate. Esse vengono “portate dentro” ed esperite in tutte le dimensioni sensoriali, e portano tracce della vostra esperienza. Diventano parte del vostro vissuto quotidiano, della vostra identità e storia. In questo senso l’io si estende nel mondo materiale e le cose divengono abitanti dell’io» (Ibidem).

solamente ciò che non si possiede; scrive l’autore: «mi sento anche alienato dalle 49

cose che mi appartengono, nel senso che mi sento male perché non le tratto nel modo giusto. Mi sento colpevole nei loro confronti. Sono così preziose ed intelligenti e io le tratto come un idiota». 50

3) Alienazione dal nostro agire. Questo terzo ambito di alienazione risulta strettamente collegato agli altri due appena trattati. Nel nostro agire vengono infatti coinvolti gli spazi in cui ci troviamo e gli oggetti che utilizziamo i quali, quando diventano a noi estranei nel senso che abbiamo visto, fanno sì che le nostre azioni siano non di rado inconsapevoli. Per spiegare in cosa consista questa inconsapevolezza, Rosa cita come esempio un’esperienza che ormai quasi tutti viviamo quotidianamente, cioè, le volte in cui navigando in internet clicchiamo su “Accetta” o (non solo in internet) dichiariamo di aver letto un’informativa quando invece non l’abbiamo fatto. Questi esempi mostrano che anche nello svolgere le attività più banali e quelle in cui ci sentiamo più a nostro agio - come appunto navigare in internet - ci sia sempre qualcosa che ci sfugge, che non riusciamo completamente a controllare e che non ci fa sentire del tutto sicuri.

Questo aspetto mette in luce solo una parte di ciò in cui consiste quella patologia descritta come alienazione dal nostro agire. Accanto alla nostra inconsapevolezza vi è infatti un altro elemento che risulta più interessante ai fini di questa analisi. Esso richiama quanto abbiamo detto nelle pagine precedenti circa la sensazione di essere perennemente incastrati in un vortice di accelerazione senza riuscire a controllarlo né ad uscirne. Ogni giorno, infatti, la nostra esistenza viene condotta correndo in mezzo a mille impegni, eppure la sensazione è di non aver fatto abbastanza, e, allo stesso tempo, che avremmo voluto fare altro. Non solo, quindi, il numero di cose da fare aumenta sempre di più, ma molte di esse (per non dire la maggior parte) non vorremmo farle, col risultato che non abbiamo tempo da dedicare a ciò che vorremmo fare davvero. Precisamente in questo consiste l’alienazione dal proprio agire la quale può essere così formulata: «non volere realmente ciò che stiamo facendo», anche se il nostro atto dipende solo da noi. 51

Penso alla critica dell’alienazione in Marx in cui la Entfremdung dal mondo degli oggetti si 49

verifica in quanto il lavoratore è privato dei mezzi di produzione e dei prodotti del proprio lavoro. Ivi, p. 101.

50

Ivi, p. 104. 51

Tutto ciò viene confermato da quella che il sociologo chiama «retorica del dovere» 52

la quale accompagna le nostre azioni e ci induce «a giustificare qualsiasi cosa facciamo con scuse come “dovevo proprio farlo adesso” (leggere le notizie, aggiornare il computer, compilare il modulo delle imposte, comprare nuovi vestiti e così via) e questo dimostra che sentiamo tali attività come eteronome». Nella società contemporanea 53

raramente riusciamo a fare ciò che ci andrebbe davvero, ciò che ci piace e a cui vorremmo dedicare il nostro tempo, mentre siamo sempre più impegnati in attività che non amiamo e che pure dobbiamo svolgere. Interessante è la spiegazione che egli tenta di fornire

Questa strana e in fondo nuova forma di alienazione delle nostre azioni risulta, secondo me, dalla logica autopropellente dell’accelerazione e della competizione. In un mondo strutturato da imperativi di velocità, non solo siamo incoraggiati a cercare realizzazioni a breve termine dei nostri desideri (guardare la Tv) piuttosto che un’evoluzione a lungo termine di essi (suonare il violino); siamo anche spinti […] ad acquistare «potenzialità» e opzioni più che beni, e ciò per compensare il consumo «reale» con acquisti sempre più frequenti: non troviamo il tempo di leggere I fratelli Karamazov, ma compriamo L’idiota di Dostoevskij. Non ci prendiamo il tempo per imparare a usare il nostro telescopio […], ma compriamo una macchina fotografica da fissare sulla lente. 54

Stando a quanto afferma Rosa, ciò che conta nella società contemporanea non è quello che realmente sappiamo fare e facciamo, ma l’aumento del nostro numero di opzioni e possibilità. In questo crescente ventaglio di cose da fare, ciò che davvero ci sta a cuore viene messo in ombra e relegato, quando va bene, allo sporadico tempo (davvero) libero. Il risultato dell’alienazione dal nostro agire pesa dunque sulla nostra esistenza in quanto, scrive il sociologo: «alla fine abbiamo la sensazione di essere qualcuno di molto diverso e non abbiamo mai trovato il tempo di essere noi stessi». 55

Ivi, p. 106. 52 Ibidem. 53 Ivi, p. 107. 54 Ivi, p. 108. 55

Possiamo quindi già comprendere perché e come nella sua analisi Rosa passi alle altre due forme di alienazione che caratterizzano l’epoca contemporanea: l’alienazione dal tempo e l’alienazione da sé e dagli altri.

4) Alienazione dal tempo. Per spiegare ciò che accade nella moderna società dell’accelerazione, Rosa riprende la distinzione evocata da Walter Benjamin tra Erlebnissen ed Erfahrungen, termini che possono entrambi essere tradotti in “esperienza” ma che richiamano situazioni profondamente differenti tra loro. Mentre il primo termine indica degli avvenimenti, degli episodi di cui facciamo generalmente esperienza, il secondo viene utilizzato per esperienze profonde, che lasciano un segno e che viviamo come rilevanti. Detto diversamente, Erfahrungen indica tutto ciò che ci tocca. Avendo chiara questa distinzione, l’alienazione dal tempo potrebbe essere così spiegata in breve: oggi la nostra vita è sempre più ricca di Erlebnissen ma sempre più povera di Erfahrungen. A quel moltiplicarsi di luoghi, di oggetti e di possibilità che abbiamo visto fin qui, non corrisponde infatti un nostro reale attaccamento, una nostra profonda partecipazione, un nostro vero interesse. Da ciò deriva il fatto che tutto quello che facciamo tende a scivolarci addosso senza davvero incidere sulla nostra esistenza e, spesso, senza neanche lasciare tracce su di essa. L’alienazione dal tempo riguarda infatti, nell’analisi di Rosa, anche una certa alienazione, si potrebbe dire, dalla nostra memoria. La miriade di esperienze che viviamo (Erlebnissen) riempiono il nostro tempo solo quantitativamente ma non qualitativamente. Ciò fa sì che pur avendo trascorso molto tempo facendo ad esempio zapping, o navigando in internet, quel tempo sembrerà come evaporato. In questo senso Rosa afferma che nell’età contemporanea 56

il tempo «sembra fuggir via da entrambe le estremità: scorre veloce e scompare dalla memoria» e per questo lo viviamo come qualcosa di alieno. 57

5) Alienazione da sé e dagli altri. Infine l’ultimo ambito di alienazione che il sociologo mette a tema nella sua analisi riguarda il rapporto con noi stessi e con gli altri il quale risulta disintegrato ed eroso dalla società dell’accelerazione e da tutti quei fenomeni 58

che abbiamo sin qui descritto. Allo stesso modo di quanto abbiamo detto in Marx, il rapporto con se stessi e con gli altri risulta profondamente distorto e impoverito da tutte

Questi esempi sono riportati dallo stesso Rosa (Ivi, pp. 109-110). 56

Ivi, p. 112. 57

Rosa scrive: «In un certo senso l’accelerazione conduce direttamente alla disintegrazione e 58

le altre forme di alienazione che coinvolgono, secondo Rosa, il rapporto col mondo oggettuale, le proprie azioni, il tempo e lo spazio in cui si vive. Accanto a questo, il sociologo sottolinea un ulteriore fenomeno tipico della società contemporanea che contribuisce al sentirsi estranei da se stessi e dagli altri: la saturazione, la quale deriva 59

dall’elevato numero di persone con le quali quotidianamente ci relazioniamo o che semplicemente incontriamo. Il numero di coloro con cui veniamo a contatto e la varietà delle relazioni che ci coinvolgono rendono il nostro sé talmente pieno di contatti umani che «diventa strutturalmente improbabile che ci relazioniamo davvero gli uni con gli altri». Ciò fa sì che, al pari di quanto abbiamo visto per le esperienze vissute, anche le 60

relazioni che intratteniamo siano quantitativamente elevate ma qualitativamente vuote. Le relazioni profonde richiedono infatti impegno e tempo, due elementi che la società dell’accelerazione tende sempre più a far scomparire. Questo modo di relazionarci agli altri, ma anche al nostro spazio, al nostro tempo, ai nostri oggetti e alle nostre azioni, ha delle conseguenze spaventose sul nostro sé e sul nostro senso dell’io il quale nasce appunto «dalle nostre azioni, esperienze e relazioni, dal modo in cui siamo collocati (e ci collochiamo) nel mondo sociale e spazio-temporale e nel mondo delle cose». 61

Ecco dunque che alla fine di questo percorso attraverso i molteplici fenomeni di alienazione contemporanea, dimensione soggettiva e oggettiva dell’alienazione risultano indissolubilmente legate come era stato anticipato. La Entfremdung nella società dell’accelerazione riguarda ogni rapporto individuale e sociale e si manifesta come una distorsione e un impedimento nella propria autodeterminazione e nello sviluppo di una dimensione sociale buona. Per Rosa: «L’alienazione dal mondo e l’alienazione da sé non sono due cose separate, ma due facce della stessa medaglia. Esse persistono quando gli “assi di risonanza” tra l’io e il mondo divengono silenziosi». 62

Sul tema del rapporto tra saturazione ed identità personale nella società contemporanea si 59

veda K. Gergen, The Saturated Self. Dilemmas of Identity in Contemporary Life, Basic Books, New York 1991.

H. Rosa, Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità, 60

cit., p. 113. Ibidem. 61

Ivi, p. 114. Qui il richiamo a Taylor e alla sua categoria di assi di risonanza viene chiaramente 62

esplicitato da Rosa. Si veda C. Taylor, A secular age, Harvard University Press, Harvard 2007 (L’età secolare, trad. it. P. Costa, Feltrinelli, Milano 2009).