• Non ci sono risultati.

6.6 Le osservabili

6.6.3 Il WHITE TOP HAT

C'è però l'interesse a quanticare in maniera più precisa la forma e l'evoluzione dei fronti di reazione ad un istante ssato, in modo, se possibile, di costruire un'osservabile in grado di distinguere la nascita di digitazioni.

Alcuni operatori di morfologia matematica, tra cui l'apertura, ben si prestano a questo scopo (ci si riferisca aSerra e Soille(1994) per denizioni più precise). Brevemente, gli operatori morfologici sono funzioni che si applicano ad un'immagine discreta, ovvero ad una matrice di pixel ad ognuno dei quali è associato un valore positivo o nullo (colore), per mezzo di un elemento strutturante, che è un insieme di pixels di forma ssata libero di muoversi all'interno dell'immagine originale. Una denizione intuitiva degli operatori utilizzati potrebbe essere:

- Erosione: operatore che restituisce in ogni pixel il minimo dei valori dell'intersezione tra l'immagine originale e l'elemento strutturante centrato in quel pixel.

- Dilatazione: reciproco dell'erosione, restituisce il valore massimo dell'intersezione tra l'immagine originale e l'elemento strutturante, in ogni punto.

- Apertura: successione di un'erosione ed una dilatazione, entrambe con lo stesso ele- mento strutturante.

- White Top Hat: dierenza tra l'immagine originale e la sua apertura. Ha valori sempre positivi, per costruzione.

Dato che nel problema in esame si vogliono identicare le digitazioni del fronte di reazione, che sono strutture che si sviluppano in senso verticale (parallelo al usso medio) nell'immagine, come elemento strutturante è utile scegliere un segmento orizzontale a larghezza (dispari) variabile: trattandosi di un grid 32 × 32, la lunghezza dell'elemento strutturante può variare da 3 a 31. In maniera del tutto intuitiva si può pensare all'apertura come all'immagine costituita dall'insieme dei pixel in cui può essere incentrato l'elemento strutturante tali per cui l'elemento è completamente contenuto nell'immagine stessa (gure 6.21 e 6.22). L'apertura in pratica seleziona le strutture dell'immagine meno larghe dell'elemento strutturante: più esse saranno estese longitudinalmente, maggiore sarà la supercie della dierenza tra l'immagine e l'apertura stessa. Questa dierenza prende appunto il nome di White Top Hat (WTH).

(a) Immagine iniziale edelemento strut- turante (b) Costruzione dell'apertura morfologica (c) L'apertura è un sottoinsieme del- l'immagine

(d) White Top Hat

Figura 6.21: Schema del signicato dell'apertura morfologica e del White Top Hat, che altro non è che la dierenza tra l'immagine originale e la sua apertura: dato un elemento strutturante (in rosso) ed un'immagine iniziale, l'apertura corrisponde al luogo dei punti dell'immagine iniziale in cui è possibile incentrare l'elemento in modo che esso resti completamente dentro l'immagine

Figura 6.22: Stesso schema ma per una forma del fronte dierente. La supercie del WTH è proporzionale all'estensione delle strutture di larghezza inferiore all'elemento strutturante

Il graco della supercie del WTH in funzione della larghezza dell'elemento strutturante è una curva monotòna crescente (dalla denizione di apertura discende immediatamente il fatto che essa sia una funzione decrescente della larghezza dell'elemento strutturante) che corrisponde in pratica alla granulometria dell'immagine originale: la curva granulometrica è una curva cumulata che accentua la propria pendenza in corrispondenza della larghezza caratteristica delle strutture longitudinali dell'immagine. In gura 6.23 sono confrontate le curve WTH per due fronti dalla forma diversa. Nel caso di fronte con digitazioni strette ed estese, la curva presenta una forte pendenza già per le piccole larghezze dell'elemento strutturante; al contrario, per un fronte ad ampio raggio di curvatura, la curva è meno nettamente inclinata, mentre la massima pendenza si ha per larghezze signicativamente maggiori dell'elemento strutturante.

Figura 6.23: Due curve WTH in funzione della larghezza dell'elemento strutturante, per due fronti dalla forma diversa. La dimensione lineare alla quale si ha la massima pendenza della curva corrisponde alla larghezza caratteristica delle strutture longitudinali dell'immagine.

Manca da fornire un piccolo particolare, ed è quello relativo alla costruzione dell'immagine iniziale. Si possono in eetti scegliere tutte le variabili (porosità, permeabilità, anche se è in inter-blocco, oppure concentrazione) poiché tutte contengono l'informazione relativa al fronte di reazione; quello che interessa è il fatto se la singola cella sia stata o no raggiunta dal fronte. Si è così scelto di applicare all'immagine (in generale, la variabile usata a questo scopo è la concentrazione) una condizione -variazione rispetto al valore iniziale- per trasformarla in bina-

ria, identicando le maglie intatte da quelle dove la reazione è già avvenuta oppure in corso. Così il valore 1 viene assegnato alle celle dove si è avuta dissoluzione, ovvero che mostrano un cambiamento in concentrazione in rapporto al valore iniziale, mentre il valore 0 caratterizza le celle che non sono ancora state raggiunte dalla reazione.

L'algoritmo schematico della costruzione della curva del White Top Hat è allora: 1. Trasformazione binaria dell'immagine;

2. Calcolo delle aperture corrispondenti ad elementi strutturanti di larghezza crescente; 3. Calcolo della supercie del White Top Hat (che è a sua volta un'immagine binaria).

Capitolo 7

Inuenza della variabilità spaziale nel

caso di reazione di dissoluzione

Ora che sono stati deniti tutti gli strumenti per comprendere e confrontare le simulazioni, si può concentrare l'attenzione sulla parte centrale di questa tesi: l'identicazione dell'inuenza che la variabilità spaziale del mezzo ha sull'evoluzione del sistema.

Questo capitolo è organizzato in maniera da presentare dapprima la serie di esperienze che si sono fatte, per poi analizzare in maniera sequenziale l'importanza di ciascun parametro: prima la variabilità spaziale del mezzo, poi la dispersività, inne la cinetica. La prima parte dei risultati si riferisce a simulazioni a concentrazione costante; le concentrazioni variabili sono introdotte in un secondo tempo, e vengono studiate con un grado minore di sistematicità. In seguito sono presentate alcune esperienze condotte su grid diversi, allo scopo da una parte di vericare la bontà delle conclusioni cui si è giunti con la discretizzazione spaziale standard, dall'altro di introdurre condizioni diverse (soprattutto la 'doppia permeabilità', ovvero il passaggio da una zona eterogenea ad una omogenea, per osservare come la dissoluzione si propaghi in un mezzo omogeneo). Il capitolo si conclude con una sintesi dettagliata dei risultati ottenuti e dei tempi di calcolo necessari per ottenerli, di valore per il lettore che si interessi al trasporto reattivo su mezzi eterogenei.

7.1 Piano delle esperienze

Si possono dividere le esperienze numeriche condotte in 2 parti distinte. La prima è l'ana- lisi sistematica dell'inuenza dei diversi parametri della variabilità spaziale e delle condizioni idrodinamiche sul trasporto reattivo, dove giova ripetere che i parametri sono:

- quelli legati alla variabilità spaziale del sistema: portata, varianza e coeciente di corre- lazione di porosità e permeabilità, ed in seguito delle concentrazioni minerali;

- la dispersività, che sebbene descriva in qualche misura l'eterogeneità intrinseca del tra- sporto, viene considerata omogenea su tutto il dominio;

- la cinetica di reazione.

L'intento è quello di analizzare la sensitività del sistema a ciascun parametro separatamente. La seconda tranche di esperienze può essere vista piuttosto come di controllo, andando a studiare casi particolari e/o su diverse discretizzazioni spaziali, allo scopo di fornire allo stesso tempo una validazione dei risultati della prima serie ed un'applicazione a sistemi (e domini) più complessi.

Un punto fondamentale da mettere subito bene in evidenza è il fatto che le simulazioni utiliz- zate nello studio sistematico provengono dalla stessa estrazione di numeri aleatori, ssata una volta per tutte. Il modello di regionalizzazione scelto e l'algoritmo di simulazione geostatistica lo permettono, o meglio, sono stati scelti appositamente a questo proposito. D'altronde l'analisi delle uttuazioni statistiche generate da diverse realizzazioni dello stesso modello di variabilità è imprescindibile: per questo motivo è stata condotta una serie di esperienze per investigare questo aspetto, dal carattere meno estensivo (si è naturalmente limitati dal tempo di calcolo, e dunque non si possono realizzare centinaia di simulazioni) ma che comunque consentono di quanticare tali uttuazioni.

Per riassumere:

1. Deduzioni a partire da una sola realizzazione di K, ω e C:

(a) Studio sistematico dell'inuenza relativa dei parametri della variabilità spaziale, della dispersività e della cinetica, per concentrazioni minerali inizialmente omogenee; (b) Eetto della variabilità spaziale della concentrazione di minerale;

(c) Comportamento su griglie diverse;

2. Studio della variabilità statistica su dierenti realizzazioni dei campi di porosità e permea- bilità a partire dagli stessi parametri di variabilità spaziale.

Lo schema di gura 7.1rende conto del numero delle esperienze.

Dissoluzione EQUILIBRIO αα ==10 a==10, 30 σσ ==0.5, 1 ρρ ==0.5, 1 αα ==5 a==10, 30 σσ ==1 ρρ ==1 CINETICA 187.5 Da: RAPIDA 93.75 18.75 9.37 LENTA αα ==10 a==10, 30 σσ ==0.5, 1 ρρ ==0.5, 1 αα ==5 a==10, 30 σσ ==1 ρρ ==1

Figura 7.1: Piano schematico delle esperienze su grid 32 × 32

Nota Bene: i risultati esposti nelle prossime sezioni si riferiscono a simulazioni a concentra- zione minerale omogenea sul dominio. All'inuenza della variabilità spaziale delle concentrazioni è dedicata un paragrafo distinto (7.5), così come alla variabilità generata da diverse realizzazioni dei campi di permeabilità e porosità che rispettano i medesimi parametri (7.6).

7.2 Inuenza della variabilità spaziale di porosità e permeabilità