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Il reato di scambio elettoralepolitico-mafioso tra esigenze di politica criminale e la dogmatica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

IL REATO DI SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO:

RELATORE: CANDIDATA

Chiar.mo Alberto Gargani Zaka Soida

ANNO ACCADEMICO 2015-2016

(2)

Politica e mafia sono due poteri che vivono sullo stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo.

PAOLO BORSELLINO

(3)

INDICE

INTRODUZIONE 1

CAPITOLO PRIMO

LO SCAMBIO ELETTORALE POLITICO -MAFIOSO: GENESI NORMATIVA E CARATTERISTICHE

STRUTTURALI

1. Profili criminologici 2. L'azione di contrasto

3. L'interferenza mafiosa nelle competizioni elettorali 4. Ratio e genesi normativa dello scambio elettorale

politico-mafioso

5. Analisi dei requisiti strutturali della fattispecie 5.1. La natura della fattispecie

5.2. Il bene giuridico 5.3. I soggetti attivi

(4)

5.4. L'oggetto del patto di scambio: solo denaro o anche altre utilità ?

5.5. La consumazione del reato e il concetto di erogazione 5.6. La promessa di voti e la necessaria presenza della associazione mafiosa 5.7. Il metodo mafioso 5.8. Elemento soggettivo 5.9. Dosimetria sanzionatoria CAPITOLO SECONDO

I rapporti con le fattispecie affini e con il concorso esterno in associazione mafiosa

SEZIONE I

IL PROBLEMATICO RAPPORTO DELLO SCAMBIO ELETTORALE CON I REATI ELETTORALI E CON LA FATTISPECIE ASSOCIATIVA DI CUI ALL'ART.

416-BIS

(5)

0. Premessa

1. La legislazione elettorale e il reato di scambio elettorale

politico-mafioso: uno sguardo d'insieme

1.1. ( Segue): Il rapporto con il reato di corruzione elettorale

1.2. Il reato di scambio elettorale e quello di partecipazione in associazione mafiosa: un analisi sistematica

SEZIONE II

IL CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA TRA DOTTRINA E GIURISPRUDENZA

1. Concorso esterno e partecipazione in associazione mafiosa

2. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso nel contesto della tematica generale del concorso esterno nel reato associativo

3. Il primo intervento delle Sezioni unite: il caso Demitry

4. L'ulteriore approdo della Corte Suprema: il caso Carnevale

5. Il caso Mannino

(6)

6. Gli sviluppi recenti

7. Il concorso esterno in associazione mafiosa davanti alla Corte

Europea dei Diritti dell'Uomo: il caso Contrada

CAPITOLO III

Analisi strutturale del nuovo reato di scambio elettorale politico-mafioso

1. Cause di inadeguatezza del previgente reato di scambio elettorale nella repressione della contiguità politico-mafiosa

2. La proposta della Commissione Fiandaca

3. La proposta della Commissione Garofoli 4. La proposta di Costantino Visconti

5. Verso l'approvazione del nuovo reato di scambio elettorale

politico-mafioso: le proposte avanzate alla Camera 6. La proposta unificata alla Camera

7. L'approvazione della l. 16 aprile 2014, n. 62: il nuovo reato di

scambio elettorale politico-mafioso

8. La nuova struttura dell'art. 416-ter : fattispecie plurisoggettiva

(7)

propria 9. Il bene giuridico 10. I soggetti attivi

11. Le condotte penalmente rilevanti

12. Il metodo mafioso: elemento costitutivo del nuovo reato? 13. Il tempus commissi delicti

14. Elemento soggettivo del reato 15. La nuova dosimetria sanzionatoria 16. Interferenze con altri reati

16.1.(Segue) Il rapporto con i reati elettorali

16.2 (Segue) Il rapporto con il concorso esterno in associazione

mafiosa

17. Questioni di diritto intertemporale

18. Le prime applicazioni del nuovo reato di scambio elettorale politico- mafioso: il caso Antinoro

19 .Il caso Polizzi 20. Rilievi conclusivi BIBLIOGRAFIA

RINGRAZIAMENTI

(8)

INTRODUZIONE

Il presente lavoro si propone l'obiettivo di analizzare uno dei più importanti e dibattuti strumenti legislativi approntati dal legislatore nella lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso e alle sue connessioni con il mondo politico-istituzionale: si tratta del reato di scambio elettorale politico-mafioso, introdotto per la prima volta dal d.l. 8 giugno 1992, n. 356, recentemente novellato dalla l. 17 aprile 2014, n. 62, recante <<Modifica dell'art. 416-ter del codice penale>>.

Attraverso la fattispecie incriminatrice in esame, si mira a punire il candidato o il suo collaboratore che si rivolgono alla associazione mafiosa, affinché questa – con le sue note capacità persuasive, consistenti nel ricorso alla violenza e alle minacce, ovvero nella concessione di protezione o favori – influenzi il risultato elettorale in favore del candidato politico, in cambio di un corrispettivo precedentemente pattuito.

L'intendimento legislativo, è cioè, quello di rendere penalmente rilevante la pratica del “mercanteggiamento dei voti”, che costituisce una drammatica realtà che accompagna l'Italia fin dal momento della sua unificazione, e che inevitabilmente comporta nefaste conseguenze sia su un piano strettamente politico-istituzionale, sia sul più ampio contesto economico e sociale.

Le associazioni mafiose, infatti, presentano una particolare attitudine ad

(9)

intrecciare rapporti di cooperazione, sia attiva, sia passiva, con soggetti “esterni”, attraverso la cui collaborazione esse riescono a condizionare a loro favore tutti i settori della vita associata: la politica, l'economia, le istituzioni, le professioni.

L'indagine si struttura in quattro capitoli.

Il primo sarà dedicato alla disamina del reato di scambio elettorale politico-mafioso nella sua primigenia formulazione.

In un primo momento illustreremo il contesto storico-politico, in quanto ritenuto una chiave di lettura importante per comprendere la ratio della riforma. Si segnala che molti dei limiti dell’originario delitto di scambio elettorale politico-mafioso derivano proprio dalla spinta “emotiva” ed emergenziale del momento.

La difficoltà di trovare un giusto equilibrio tra le istanze repressive del fenomeno della “contiguità politico-mafiosa”, e le ineludibili garanzie penalistiche di matrice costituzionale, si tradussero in una norma “problematica”, caratterizzata da gravi lacune ed equivocità strutturali, e conseguentemente inidonea a soddisfare le esigenze politico-criminali poste alla base della riforma.

In particolare, l'incapacità della disposizione di cui all'art. 416-ter c.p., di fungere da elemento capace di colpire le “compiacenze politico-mafiose”, verrà colta al momento della esamina dei singoli elementi costitutivi del reato; in questo ambito, effettueremo una accurata esegesi dei contenuti normativi del reato, mettendo sotto la luce dei riflettori gli elementi più controversi e oggetto di discussione.

(10)

Una volta colta l'infelice formulazione della disposizione, vedremo come la giurisprudenza di merito e di legittimità ha cercato di sopperire alle lacune normative del reato di scambio.

Dunque, appare senz'altro necessario affrontare la problematica giuridica della contiguità alle associazioni delittuose non solo nella sua componente legislativa, ma anche in quella giurisprudenziale e dottrinale; infatti, ampio spazio verrà dedicato nell'ambito del presente lavoro all'esame della prassi applicativa.

In particolare, risulterà interessante verificare sia se i tentativi di condizionamento dottrinale sulla prassi siano stati efficaci, ovvero se gli apporti della dottrina sul versante della concretizzazione dei criteri identificativi della condotta punibile abbiano effettivamente costituito dei reali e validi parametri di verifica per le decisioni giudiziali, sia sopratutto, se il ruolo “creativo” assunto dalla giurisprudenza in questo campo sia stato rispettoso del limite costituito dal dato legislativo e, più in generale, dal complessivo sistema di garanzie sancite dalla carta costituzionale.

Nel secondo capitolo analizzeremo il rapporto, da un lato, tra il reato di scambio e le fattispecie penali limitrofe di corruzione e coercizione elettorale disciplinate dagli artt. 96 e 97 del d.p.r 361/ 1957, e, dall'altro, il più problematico rapporto con la figura del concorso esterno in fattispecie associative. Il nostro obiettivo sarà quello di riuscire a tracciare i rispettivi ambiti applicativi ed eventualmente anche parziali sovrapposizioni.

L'attenzione riservata alla problematica del concorso esterno nel reato associativo - la quale nemmeno si era posta nella mente del legislatore del

(11)

codice Rocco – può essere spiegata alla luce del fatto che che la vicenda ha finito per simboleggiare una sorta di “seconda stagione” della lotta giudiziaria contro la criminalità organizzata di tipo mafioso, caratterizzata da delicatissimi risvolti politico-sociali.

In altre parole, il concorso esterno è diventato emblema di un magistero penale che, a cominciare dai primi anni '90, attraverso il combinato disposto degli artt. 110 e 416- bis c.p., ha alzato il tiro dell'attività repressiva per arrivare a colpire la contiguità mafiosa, ovvero quella particolare forma di criminalità “dei potenti” fino ad allora lasciata più o meno intenzionalmente indenne da conseguenze penali.

Nel terzo capitolo, esamineremo la recente riforma del reato di scambio elettorale politico-mafioso. In un primo momento si elencheranno in modo sintetico le cause di insoddisfazione della vecchia disposizione, e, successivamente si seguiranno passo per passo, le diverse proposte di modifica dell'art. 416-ter c.p., fino a giungere alla approvazione definitiva del nuovo reato. Seguiremo poi con l'analisi della struttura della nuova fattispecie, con particolare attenzione agli elementi di novità rispetto al passato.

Nel capitolo conclusivo, commenteremo le prime applicazioni giurisprudenziali del nuovo reato. Vedremo a tal fine, se, l'inserimento di nuovi elementi, quali il metodo mafioso, costituisca o meno una scelta apprezzabile anche nella prassi giudiziaria.

Al termine di questo lavoro, cercheremo di rispondere al quesito, se le esigenze repressive che hanno determinato la riforma siano state soddisfatte

(12)

oppure no.

(13)

Capitolo I

LO SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO:

GENESI NORMATIVA E CARATTERISTICHE

STRUTTURALI

SOMMARIO: 1. Profili criminologici - 2. L'azione di contrasto- 3. L'interferenza mafiosa nelle competizioni elettorali- 4. Ratio e genesi normativa dello scambio elettorale politico-mafioso. - 5. Analisi dei requisiti strutturali della fattispecie. - 5.1. La natura della fattispecie. - 5.2. Il bene giuridico. - 5.3. I soggetti attivi. - 5.4. L'oggetto del patto di scambio: solo denaro o anche altre utilità ?. - 5.5. La consumazione del reato e il concetto di erogazione. - 5.6. La promessa di voti e la necessaria presenza della associazione mafiosa. - 5.7. Il metodo mafioso. 5.8. Elemento soggettivo. -5.9. Dosimetria sanzionatoria.

1. Profili criminologici

Ai fini di un corretto e compiuto inquadramento del delitto dello scambio elettorale politico-mafioso di cui all'art. 416-ter c.p, pare

(14)

ragionevole indagare sulle origini1 e l'evoluzione del fenomeno delle contiguità al sodalizio mafioso 2.

Si intende dimostrare che il potere criminale mafioso è un potere articolato, con diversi referenti quali istituzioni, partiti, professioni e

imprese3: un sistema che facilitato dalla corruzione e collusione che

caratterizza il paese, ha determinato un profondo inquinamento dell'intero sistema istituzionale.

Visto la complessità della fenomenologia mafiosa e dell'oscurità e clandestinità del suo rapporto con il mondo politico, risulta molto arduo il tentativo di una precisa collocazione sistematica temporale.

Gli studi più autorevoli sul fenomeno mafioso, sostengono che l'origine

delle relazioni politico-mafiose risale all'unità d'Italia4, ma non mancano

tuttavia autori secondo i quali la genesi coincide con i primi dell'800.

L'introduzione delle elezioni politiche e amministrative, hanno offerto alle organizzazioni di stampo mafioso, enormi potenzialità di infiltrazione nei circuiti democratici attraverso uno scambio reciproco di favori, che

1

Per un analisi approfondita della storia della mafia: SALVATORE LUPO, Storia della mafia dalle origini

ai giorni nostri, Donzelli editore 2004; CICONTE, Storia criminale, Rubbettino, 2008.

2

Il termine fu coniato per la prima volta durante il maxiprocesso di Palermo tenutosi nell' 1986. La locuzione si deve a Giovanni Falcone : Il primo giudice Italiano che evidenziò l'esistenza di un terzo livello, il cui contenuto chiama in causa rapporti tra importanti esponenti politici e Cosa Nostra.

3

Sulla contiguità economica-mafiosa, G. FIANDACA, La contiguità mafiosa degli imprenditori tra

rilevanza penale e stereotipo criminale, in, Foro it 1991, p.471 ss.

4

La commistione tra la criminalità organizzata, la politica e il mondo degli affari secondo documenti storici e giudiziari risale all'unità dell'Italia dove si registrano le prime denunce di collusioni tra le istituzioni e Cosa nostra.

Per interessanti riflessioni in materia, G.. FIANDACA e VISCONTI : La mafia le mafie.

(15)

avrebbe conferito alle organizzazioni criminali una matrice di protezione esterna, che è l'elemento che meglio spiega il loro radicamento nel territorio,

'mimetizzandosi' e addirittura confondendosi con il tessuto 'fertile' dello

Stato.

In questi anni inizia a svilupparsi una rete di relazioni, che ha avuto la sua massima espressione nel sistema politico meridionale; la contiguità in altri termini originariamente era territorialmente limitata alla Sicilia nordoccidentale.

La “vecchia mafia” era caratterizzata da affiliati violenti che aggredivano e depredavano la società ai fini del raggiungimento degli obiettivi del clan di appartenenza, nel corso degli anni la struttura criminale ha subito sostanziali trasformazioni, necessarie per sopravvivere o addirittura prevalere nello Stato e contro lo Stato. Abbandonate le armi, si è iniziato ad aggredire direttamente patrimoni e risorse economiche, con la creazione di vere e proprie holding economico-criminali (società di imprese operanti contemporaneamente sul mercato criminale e su quello legale con costante circolazione di capitale tra i due mercati), con pretese di egemonia economica e di governo delle decisioni e degli investimenti locali; la corruzione e il clientelismo hanno lasciato ampio margine di manovra alla illegalità, insidiando silenziosamente i terreni più fertili della società, con

effetti esiziali per il mercato economico e finanziario5.

5

PINO ARLACCHI :La mafia imprenditrice; Dalle ricerche svolte l'autore segnala che a partire dagli anni settanta del secolo scorso inizia il processo di industrializzazione e in parallelo con tale processo nasce la

Impresa mafiosa. Non trattiamo di una qualsiasi forma di impresa, ma di quella più pericolosa che ha

conosciuto il sistema economico. Il punto di forza della mafia diventa il potere economico, essa abbandona

(16)

Il mafioso, ieri come oggi, tendeva a monopolizzare la sua posizione e, in particolare, le fonti di guadagno nel ruolo di mediatore e protettore in determinate tipologie di relazioni sociali e sia ieri come oggi, ha mostrato una forte capacità di infiltrazione, manipolazione e delegittimazione delle istituzioni democratiche.

Queste le parole del ministro dell'interno Scotti, nella relazione sull'attività della DIA nel 1992:

<<La caratteristica fondamentale di Cosa Nostra, e di qualsiasi organizzazione di tipo mafioso è la sua tendenza al confronto da pari a pari con lo stato e i suoi rappresentanti, nonché l'infiltrazione in esso, tramite relazioni occulte con esponenti dei suoi apparati e degli organismi elettivi fino alla neutralizzazione , tramite corruzione e violenza di chiunque si opponga al suo strapotere>>.

il primitivo ambiente agrario e svolge nuove attività quale traffico illecito di stupefacenti e riciclaggio di denaro sporco proveniente dalla commissione di fatti penalmente rilevanti all'interno della consorteria. La collusione, ha diversi referenti, uno di questi è “l'imprenditore colluso”, ossia colui che è entrato in rapporto con la consorteria mafiosa, al fine di produrre vantaggi per ciascuno di essi, consistenti per l'imprenditore, nell'imporsi nel territorio in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell'ottenere risorse e servizi di diversa natura.

Si veda anche CARLO ENRICO PALIERO: Criminalità organizzata e criminalità economica: due

paradigmi a confronto, Giuffrè editore, 2004, p. 141 ss.

L'autore tratta i punti di contatto tra i due fenotipi che in apparenza eterogenei risultano collegati dalla creazione di regole 'antagonistiche' rispetto a quelle legali e dall'affidamento nella impunità degli autori, un ulteriore punto di contatto che le rende quasi indistinguibili è la fenomenologia del riciclaggio che stravolge le regole del mercato e della concorrenza.

(17)

Le organizzazioni criminali di stampo mafioso, hanno assunto nel tempo le vesti di un contropotere rispetto a quello statale, fondato su modelli comportamentali violenti e intimidatori.

Per tanti anni la repressione penale dei fenomeni di contiguità politico-mafiosa, ha palesato debolezza, a lungo è prevalso l'indifferenza e la sottovalutazione; ne è conferma il fatto che le più importanti misure legislative sono state emanate all'indomani di violenti delitti, commessi nei confronti di uomini di enorme importanza istituzionale e di grande cultura professionale.

L'azione di contrasto del fenomeno mafioso è stata particolarmente intensa durante il Fascismo, negli anni sessanta e infine durante gli anni ottanta-novanta del secolo scorso. Si evince, che nel passato gli interventi legislativi di contrasto alla criminalità erano legati a fasi transitorie e di emergenza: tutti gli interventi in materia venivano realizzati in ritardo, ossia dopo vari delitti politici che creavano l'allarme sociale di tutela e di repressione. Oggi viceversa le azioni di contrasto devono avere natura sistematica e non più episodica.

I fattori che hanno contribuito alla espansione massiccia della criminalità mafiosa sono endogeni, il più importante dei quali è la mentalità

delle popolazioni locali6, che si dimostrarono restie nella collaborazione

6

Le analisi sociologiche, definiscono le associazioni mafiose delle subculture formatesi nella società e cristallizzatesi, intorno ad una serie di regole, norme valoriali e mezzi per rispettarle. L'elemento conditio

sine qua non della struttura e del modus operandi delle associazioni mafiose è l'omertà, a cui fa riferimento

l'articolo 416-bis, come effetto principale dell'espletamento del metodo mafioso. Si tratta dell'alleato più forte, attraverso il quale il clan mafioso ottiene il silenzio sui fatti di reato, dunque in altri termini una

(18)

con gli organi giudiziari e di polizia. Al fattore culturale si aggiunge anche <<l'aggiustamento dei processi>>, tramite il quale le organizzazioni ottengono l'impunità dei loro esponenti. Molti processi non iniziavano, oppure terminavano con una sentenza di assoluzione o in extrema ratio con condanne irrisorie.

La forza di intimidazione induceva i cittadini a non prendere iniziative di denunce e querele e di rifiutare o addirittura ritrattare le proprie testimonianze7;

Negli anni ottanta del secolo scorso ha avuto inizio una violenta offensiva volta a rimuovere gli ostacoli alla crescita della mafia: ricordiamo l'uccisione di Mattarella nel 1980, di La Torre e Carlo Alberto della Chiesa nel 1982; il culmine di questa offensiva si ha negli anni novanta con l'assassinio di due protagonisti della lotta alla mafia: i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

2. L'azione di contrasto

Fino agli anni ottanta la dottrina e la giurisprudenza lamentavano

tacita collaborazione che spesso ha impedito alle autorità investigative di svelare la verità processuale di vari delitti.

7

INGROIA, L'associazione mafiosa, Milano, 1993; TURONE, Le associazioni di tipo mafioso, Milano, 1984.

(19)

l'assenza di una norma ad hoc che potesse prevenire e reprimere le associazioni di tipo mafioso, per questo motivo con la legge 13 dicembre 1982 n. 646 è stato introdotto l'art. 416-bis c.p8. L'atto di iniziativa da cui è scaturito l'art. 416-bis è costituita dalla proposta di legge n. 1581 del 1980: la proposta La Torre introduce un nuovo metodo di analisi consistente nel rilievo del fenomeno della micro-organizzazione, per cui si ritenne sufficiente un gruppo di tre persone al fine di costituire una associazione mafiosa.

La normativa indicata, venne approvata, a seguito di un travagliato

8

L'art.416-bis c.p, recita: “Chiunque fa parte di una associazione di tipo mafioso formato da tre o più persone è punito con la reclusione da tre a sei anni. Coloro che promuovono, dirigono, o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni.

L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva poer commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti, per sé o per altri.

Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi previsti dal primo comma e da cinque a quindici anni nei casi previsti dal secondo comma.

L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti anche se occultate o tenute in luogo di deposito. Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo , il prodotto o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o che furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego .

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”.

(20)

dibattito parlamentare e per effetto dell'accelerazione decisiva impressa in seguito ai tragici fatti di sangue relativi alla uccisione del prefetto di Palermo Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa.

La disposizione secondo prevalente dottrina, tutela l'ordine pubblico9 e

la libertà morale dei consociati, intesa come facoltà di autodeterminarsi liberamente nelle decisioni.

I connotati dell'associazione mafiosa sono esplicitati al comma tre dell'art.416-bis c.p., infatti il legislatore li ha individuati nella forza intimidatrice del vincolo associativo e nella condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. In ogni caso, secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del reato in questione, è necessaria oltre al metodo mafioso anche la presenza di una struttura organizzativa stabile e permanente.

Le condotte associative consistono nella promozione, direzione od

organizzazione dell'associazione, oppure nella mera partecipazione10.

9

DE VERO, Tutela penale dell'ordine pubblico, Milano, 1988, p.290; INSOLERA, L'associazione per

delinquere, Padova, 1983; SABATINI, Dei delitti contro l'ordine pubblico, in, Il codice penale illustrato articolo per articolo, sotto la direzione di U.CONTI, Milano 1934, p.672.

10

A ciascuna delle condotte associative il legislatore attribuisce un disvalore specifico e un trattamento sanzionatorio differenziato. Secondo una diffusa interpretazione la attività di promozione viene intesa come azione esterna e prodromica all'associazione al fine di farle assumere le caratteristiche del sodalizio mafioso, in altri termini la promozione si livella al significato di creazione della associazione; questa tesi è stata criticata, perché la condotta di promozione è punibile solo in quanto riferita ad una associazione esistente ed operante. Se così non fosse, la promozione rappresenterebbe una condotta di un tentativo di associazione, che fino ad oggi non è ammesso. In sintesi la promozione è intesa come azione di diffusione, in funzione di espansione dell'associazione criminale.

La seconda condotta associativa, quella di direzione ricomprende le attività di chi è al vertice, di chi

(21)

Emerge chiaramente, che il tema della contiguità, non trova spazio nella disposizione che disciplina le associazioni mafiose.

La lacuna di disciplina è apparsa alla dottrina particolarmente allarmante, data la gravità dell'influenza mafiosa nelle competizioni elettorali. Le investigazioni esperite nel tempo hanno consentito di raggiungere importanti risultati ed hanno rilevato la esistenza di una rete estesa di fiancheggiatori, presenti in diversi contesti politico-economici; pertanto si auspicava da tempo un immediato intervento legislativo che regolamentasse la materia della collusione. Per un sistematico intervento nella materia si dovette attendere la riforma n. 365 1992, con la quale è stato introdotto il terzo comma dell'art. 416-bis che tra le finalità tipiche dell'associazione prevede la possibilità di condizionare il libero esercizio del diritto di voto in occasione delle consultazioni elettorali 11.

Essa costituiva il primo tentativo organico di contrasto del connubio politica-mafia: fino a quel momento il legislatore penale non si era mai

comanda ed indirizza l'associazione nel perseguimento degli obiettivi finali.

La condotta di organizzazione è comprensiva di una vasta gamma di comportamenti, quali il coordinamento di quanto necessario per la stabilità e la permanenza dell'associazione; il predisporre l'impiego di risorse, di mezzi e di persone al fine dell'attività dell'associazione.

A riguardo invece della condotta di partecipazione, si sono delineate due linee interpretative. Il primo orientamento ritiene che la partecipazione è espressione della affiliazione al clan, in altri termini il partecipe è il membro dell'associazione. Il secondo orientamento, indica che il soggetto facente parte del sodalizio, oltre che componente del clan, deve assumere un comportamento che sia significante per la consorteria mafiosa. Per non cadere in una responsabilità di posizione, appare preferibile seguire il secondo orientamento.

11

.La modifica veniva inserito nell'ambito delle misure adottate dopo gli attentati mortali di Capaci e via d'Amelio.

(22)

specificamente occupato della materia sottovalutandola, ritenendo sufficiente il ricorso alla normativa comune. Infatti, secondo un minoritario orientamento, il procacciamento di voti da parte della cosca mafiosa a favore del candidato politico era penalmente rilevante già prima della riforma del 1992, cioè ricompreso nel delitto di associazione mafiosa che nella previsione “ profitti e vantaggi ingiusti per sé o per altri” assorbiva anche le collusioni politico-mafiose.

Questa tesi sosteneva che il legislatore con la introduzione della finalità elettoralistica di cui al comma 3 dell'art. 416-bis c.p, abbia voluto semplicemente agevolare la configurazione del reato; dunque un intento meramente esemplificativo-chiarificatore.

Con il maxiprocesso di Palermo nel 198612, la magistratura si rese

ulteriormente conto della rete di collusioni tra le istituzioni, il settore affaristico e la mafia. Inoltre i pubblici ministeri erano riusciti a raccogliere un grande patrimonio investigativo grazie al fenomeno del pentitismo che rilevò la struttura verticistica e unitaria della mafia, nel passato solo intuita e ipotizzata ma mai provata.

Viene disvelato un retroterra di segreti ed penetranti collegamenti che

12

Il maxiprocesso segnò una svolta nella percezione del fenomeno mafioso, le indagini antropologiche e sociologiche svolte fino a quel momento avevano negato la struttura verticistica la cosiddetta 'cupola', inoltre erano convinti della discontinuità del vincolo mafioso, con la particolare perizia che contraddistingue i giudici del ufficio istruttorio Palermitano e con le confessioni dei pentiti in particolare di Buscetta avevano fatto emergere un modello di mafia a più livelli.

Il primo è costituito dagli esecutori materiali dei delitti, il secondo dai mandanti cioè dai vertici delle famiglie mafiose e infine un terzo livello costituito da alcuni rappresentanti del mondo politico-finanziario .

(23)

secondo i giudici andava oltre la semplice contiguità 13.

Proprio alla luce dei nuovi elementi investigativi e dei vari scandali politici, l'attività del parlamento sul fronte della lotta alla criminalità organizzata si è rivelata particolarmente intensa dalla fine della X legislatura e l'inizio di quella successiva;

Oltre l'introduzione dell'art. 416.ter c.p., e della modifica del comma tre dell'art.416-bis c.p, importanti misure si sono inserite per tutelare la terzietà dei organi amministrativi locali e provinciali.

Con l'art. 15-bis del d.l n. 55/1990 convertito con legge n. 221/1991 veniva previsto lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per collegamenti diretti o indiretti di singoli amministratori con esponenti della criminalità organizzata o per condizionamento degli amministratori da parte delle stesse.

Con l. n. 142/1990 è stata disposta la rimozione di amministratori e enti locali <<quando compiono atti contrari alla costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge e dell'ordine pubblico>>.14

13

Grazie al lavoro del pool antimafia di Palermo guidato da Rocco Chinicci, il tema delle contiguità politico-mafioso entrò nel dibattito pubblico, si rivendicava la necessaria presa di posizione da parte del legislatore.

14

Dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari, tenutosi a Roma il 28.05.1993 risulta lo scioglimento di 56 consigli comunali dei quali 22 in Campania, 11 in Calabria, 19 in Sicilia e 4 in Puglia, 221 amministratori erano sospetti per collegamenti con i clan mafiosi.

Seguirono altri scandali, nel 1991 veniva chiesto l'autorizzazione per procedere contro i deputati Maira e Occhipinti;Il deputato Maira è accusato di avere versato in occasione delle consultazioni elettorali siciliane del 1991 a una famiglia mafiosa di Caltanissetta una somma di 25 milioni di lire per ottenere il controllo

(24)

Nello stesso anno venivano istituiti organi importanti dell'antimafia quale l'alto commissariato per il coordinamento nella lotta alla criminalità organizzata e la direzione investigativa antimafia presso il ministero dell'interno.

3. L’interferenza mafiosa nelle competizioni elettorali

E` di tutta evidenza che le organizzazioni mafiose a partire dal periodo storico relativo alla unificazione dell'Italia, hanno cominciato a interloquire con il sistema politico in maniera sempre più capillare.

Le consorterie mafiose si servono della corruzione dei politici al fine di alterare i normali processi decisionali . Le collusioni con il mondo politico, sono un aspetto molto preoccupante per il paese, poiché mettono a rischio la stabilità delle istituzioni democratiche. I predetti legami vengono utilizzati

dell'ufficio elettorale, egli inoltre avrebbe influito su deliberazioni amministrative al fine di avvantaggiare esponenti mafiosi.

Il deputato Occhipinti veniva accusato per aver fatto parte di un comitato di affari politici-mafioso che alterava le gare d'appalto per favorire Cosa nostra, egli in qualità di amministratore del comune di Caltanissetta, avrebbe consegnato al mafioso L .Messina una busta contenente l'offerta di una ditta per la partecipazione all'aggiudicazione di una gara di appalto.

La Procura della Repubblica di Palermo ha chiesto l'autorizzazione per procedere contro il senatore Giulio Andreotti, contestandogli di aver contribuito non occasionalmente alla tutela degli interessi e al raggiungimento degli obiettivi di Cosa nostra, in relazione a processi giudiziari a carico di membri dell'organizzazione.

(25)

dalle consorterie mafiose soprattutto per condizionare le scelte degli amministratori, al fine di instaurare con essi un circuito per lo scambio di favori illeciti.

All'esito di un intenso dibattito sociale e parlamentare , furono emanate una serie di disposizioni con l'obiettivo di sanzionare le infiltrazioni mafiose nelle procedure elettorali di selezioni dei candidati politici.

Un significativo intervento è dato dalla limitazione dell'elettorato passivo, la sospensione e la decadenza dalle cariche elettive e di governo negli enti locali e nelle regioni per gli imputati del delitto di associazione mafiosa. Per la prima volta il legislatore si riferisce direttamente alla amministrazione dello Stato e agli enti locali.

Il massiccio numero di scioglimento dei consigli comunali e provinciali (che hanno garantito alle organizzazioni mafiose l'acquisizione di licenze, autorizzazioni, appalti ed infine assunzioni) è chiara conferma dell'esistenza di fenomeni di collusione tra mafia e politica che si attuano a partire dai poteri più bassi - locali e provinciali - fino ad arrivare al potere nazionale.

Le organizzazioni mafiose instaurano relazioni reciproche di dare ed avere con quelle parti del sistema politico, economico ed istituzionale che disattendono cannoni di onestà, trasparenza e imparzialità. La scelta del partito e del singolo esponente è ispirata a una logica di convenienza per cui tutto ciò che giova all'associazione si può fare e tutto ciò che la danneggia è severamente proibito.

Secondo la relazione della commissione antimafia del 31 marzo 1972, la mafia ''ha una propria strategia politica che consiste nell'occupazione e il

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governo del territorio in concorrenza con le autorità legittime, nel possesso di ingenti risorse finanziarie, la disponibilità di un esercito clandestino e ben armato, un programma di espansione illimitata.

Tutte queste caratteristiche ne fanno un'organizzazione che muove secondo logiche di potere e di convenienza , senza regole che non siano quelle della propria tutela e del proprio sviluppo.

La strategia politica di cosa nostra non è mutuata da altri ma è imposta agli altri con la violenza e la corruzione''.

Per la prima volta nella storia Italiana, la mafia, viene identificata e

equiparata ad un soggetto politico, la cosiddetta “mafia politica” 15 ,

composto da un insieme di norme, da affiliati che operano con metodi di coercizione fisica, da un territorio su cui esplica il suo controllo e applica le regole surrogandosi a quelle statali; le consorterie mafiose condizionano i processi decisionali in vario modo: attraverso il controllo delle attività politico-amministrative oppure determinando la classe politica che concorre alle competizioni elettorali.

Il rapporto politico-mafioso si configura come “uno scambio di beni su

un mercato particolare, quello della protezione. Su questo particolare mercato si incontrano il mafioso e il politico: il primo offre voti, cioè

15

G.FIANDACA, Riflessi penalistici del rapporto mafia -politica, il foro Italiano, 1993, pp. 137 ss. In una relazione presentata al convegno su mafia e politica, tenutosi a Firenze il 5 e 6 febbraio del 1993, l’autore afferma: “ Se c'è una caratteristica fondamentale che contribuisce a distinguere la criminalità mafiosa dalle altre forme di delinquenza, questa è proprio costituita dallo stretto legami di essa col potere politico. Questo è attestato dalle rilevazioni di numerosi pentiti, da cui emerge un radicato e ramificato collegamento con uomini politici, liberi professionisti, imprenditori e funzionari dello stato”

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consenso, il secondo garantisce implicitamente o anche apertamente di rendere sensibili le funzioni pubbliche agli interessi dell'organizzazione mafiosa”.16

La definizione di Gambetta ci consente di comprendere le ragioni della mancata liberazione della società e degli apparati pubblici dal condizionamento mafioso: secondo l'autore, la ragione risiede nella sensibilità delle autorità pubbliche agli interessi della consorteria criminosa.

Compito delle forze politiche, dell'autorità del governo e della magistratura è, in primo luogo, quello di impedire il controllo mafioso sulla formazione e l'espressione del consenso politico. A tal fine sono necessari interventi sanzionatori adeguati e soprattutto un indirizzo politico visibile fondato su una etica professionale in grado di resistere al 'condizionamento' e di ripristinare il primato della legalità che è la premessa per l'annientamento di quei pericolosi rapporti che mettono in repentaglio i diritti e la fiducia che i cittadini riporre in uno Stato democratico, rappresentante dei loro interessi.

E' ineludibile una azione di contrasto di ampio raggio al fine di colpire efficacemente l'inquinamento del voto, del mercato economico e infine delle

16

V.GAMBETTA, La mafia siciliana. Un' industria della protezione privata, Torino, 1997. In tal senso la tesi di Gambetta della mafia come venditrice di protezione andrebbe completata: la mafia non solo vende ma riceve protezione da parte dei poteri legittimi, la protezione che riceve il mafioso è la salvaguardia della responsabilità personale da procedimenti penali e il rafforzamento del suo potere economico e di controllo del territorio, al contrario la domanda di protezione che il politico formula al mafioso riguarda l'adoperarsi per mobilitare il voto. In tal modo essi formano interlocutori politici con i quali creano un circolo di affari durante la loro carriera.

(28)

istituzioni

4. Ratio e genesi normativa della fattispecie di scambio elettorale politico-mafioso

Già dal primo rapporto della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso del 196217, la mafia veniva designata come ''parte della

struttura del potere pubblico ''18. Tuttavia, solo a partire dagli anni '90, il

problema della corruzione dei politici che assicuravano la loro base elettorale attraverso una illecita raccolta del consenso elettorale, fu portato all'attenzione delle aule parlamentari.

Se il disvelamento dei legami di complicità non era un fatto inedito, (l'intera società ne era al corrente), il dato innovativo è rappresentato dall’introduzione di una nuova fattispecie incriminatrice avente ad oggetto

lo scambio elettorale politico-mafioso.19

17

La Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso, 20 dicembre 1962, n.1720, aveva denunciato la capacità di infiltrazione e di ricatto del potere mafioso, nonché la debolezza degli organi pubblici, sovente disponibile a scendere a compromessi.

18

MARCO SANTORO: Riconoscere le mafie; cosa sono, come funzionano, come si muovono? p. 125 e ss. E' ormai assodata la natura istituzionale della mafia, come contropotere o antistato dovuto alla sua natura criminale.

19

Questo strumento legislativo, volto a colpire la mafia nei suoi punti di contatto e complicità con il compiacente mondo politico, delle professioni economiche e della stessa magistratura fu utilizzato per la prima volta nei confronti di Giulio Andreotti. L'imputazione nei confronti del senatore democristiano era quella di << una vera e propria partecipazione all'associazione mafiosa protratta nel tempo>> insomma secondo i giudici vi erano tutti gli elementi per addebitargli il concorso esterno. Nel ottobre del 1990 il tribunale di Palermo assolse il senatore per insufficienza del quadro probatorio che lo stesso avesse agito

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Il mercato del voto come luogo di scambio tra venditori di pacchetti di voti e gli acquirenti interessati a vincere le elezioni è caratterizzato da procedure segrete 20 . II nodo più difficile da risolvere è quello della dimostrazione probatoria della esistenza del pactum sceleris; sul punto, registriamo uno straordinario passo in avanti con lo strumento delle intercettazioni che è diventata la prova regina nel delitto in questione.

Dopo le stragi dell'estate del 1992, il governo Andreotti ha approvato d'urgenza il D.L 8 giugno 1992, n. 306 - il cosiddetto decreto Martelli, dal nome del ministro di grazia e di giustizia dell'epoca - convertito con modifiche in L. 7 agosto 1992 n. 356 recante : “Modifiche urgenti al nuovo

codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso”.21

con la coscienza e la volontà di apportare all'associazione un contributo causalmente rilevante per la conservazione o il rafforzamento della sua organizzazione, decisione che fu capovolta dalla corte di appello che riteneva sussistente a tutti gli effetti il concorso esterno.

Nel 2004 la corte di cassazione ha a sua volta capovolto la decisione della corte di appello escludendo relazioni di complicità e di scambio di favori del senatore con esponenti di cosa nostra, dichiarò il reato prescritto e assolse l'imputato.

Il caso Andreotti riveste importanza sul piano certamente giudiziario ma sopratutto sul piano etico-sociale, la società riconquista la fiducia negli organi giudiziari che sono riusciti a fare ciò che prima era impensabile e cioè imputare lo scambio elettorale a uno dei poteri istituzionali più alti dello stato.

20

In proposito si veda F.M IACOVELLO, I controlli della cassazione sulla motivazione non persuasiva: la

disagevole prova della partecipazione ad associazione per delinquere di candidati alle elezioni sostenuti dal voto mafioso, in, Cass.pen., 1993, p.852 ss, il quale giustamente ritiene: “Quel che occorre provare è un

accordo programmatico tra amministratori e cosche, cioè un fatto privo di visibilità esterna e ben

nascondibile alle investigazioni. Un simile accordo può provarsi soltanto con un'opera paziente di tessitura degli indizi”(...).

21

Il governo sotto pressione decise di recepire le diffuse istanza di repressione penale della “cifra nera” fino

(30)

La riforma interveniva sia sul piano sostanziale, sia su quello processuale; dal primo punto di vista, l'art. 11-ter di tale decreto introduceva il reato di scambio elettorale politico-mafioso.

Il nuovo art. 416-ter c.p, prevedeva che

La pena stabilita dal primo comma dell'art 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo art 416-bis, in cambio della erogazione di denaro.

La norma è stata introdotta con l'obiettivo di reprimere la pratica del mercanteggiamento dei voti, in occasione delle consultazioni elettorali. Si mira cioè a neutralizzare la drammatica realtà della contiguità politico-mafiosa, che accompagna il paese dal momento della sua unificazione fino ad oggi. L'approvazione della riforma dell'agosto 1992, testimonia una maggiore sensibilità legislativa nei confronti di questa pericolosa prassi, per la prima volta ritenuta meritevole di sanzione penale. Dobbiamo aggiungere, che il nuovo delitto, pur volendo soddisfare con rigore la domanda di repressione penale proveniente dalla società, risentiva del contesto emergenziale nel quale era stato approvata e delle difficoltà parlamentari che avevano connotato la sua approvazione. La modifica dell'art.416-bis c.p e il nuovo art.416-ter c.p, sono quindi il risultato di un intervento legislativo di natura eccezionale, che ha compromesso la sua chiarezza, operatività ed efficacia22

a quel momento impunita. Si noti il tempismo legislativo molto significativo; il disegno di legge viene approvato poco dopo l'attentato del giudice FALCONE mentre quella di conversione dopo l'attentato del giudice BORSELLINO.

22

FONZO-PULEIO, Lo scambio elettorale politico-mafioso. Un delitto fantasma? IN Cass.pen, 2005;

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Contestualmente alla introduzione del reato di scambio elettorale, il provvedimento del 1992 ha novellato anche l'art. 416-bis, aggiungendovi come tipica finalità quella di <<impedire o di ostacolare il libero esercizio

del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione delle consultazioni elettorali (art. 416-bis, terzo comma, c. p ).23

Mediante la previsione di questa nuova finalità, il legislatore si

VISCONTI, Nota a Cass., sez. IV, 19 febbraio 2004, in tema di scambio elettorale politico-mafioso, in

foro.it, 2005; ID., Il reato di scambio elettorale politico-mafioso, in Indice penale, 1993; G.A.FRANCESCO, Gli artt. 416, 416-bis, 416-ter, 418 c.p, in AA.VV, Mafia e criminalità organizzata,

Utet Torino, 2005; MANTOVANI, Nota a Cass. Sez.III, 28 ottobre 200, in Giur.it., 2006. 23

Le altre finalità consistono nella: a) commissione di delitti; b) l'acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche anche attraverso il condizionamento di attività amministrative; c) realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti.

Questo il teso definitivo dell'art. 416-bis: ''L'associazione è di tipo, mafioso quando coloro che ne fanno

parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento o di omertà che ne deriva, per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se o per altri.

“ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazione elettorali”.

Il senato decise di accogliere l'emendamento di Michele Pinto (DC) invece di quella del senatore Massimo Brutti che proponeva un emendamento all'art. 416.bis c.p, del seguente tenore: “Le disposizioni del

seguente articolo si applicano altresì a coloro i quali nel corso di campagne elettorali, al fine di procurare voti a sé o ad altri ricorrono al sostegno intimidatorio delle associazioni mafiose”.

Per ulteriori approfondimenti emendamento del sen. Brutti, Atti Parlamentari, Senato della Repubblica, XI

legislatura, Commissione Giustizia , seduta del 22 luglio del 1992.

L'ampliamento del programma associativo ha posto in dottrina e giurisprudenza la questione di diritto intertemporale; secondo la dottrina la modifica apportata non aveva ricadute applicative, la giurisprudenza ha dato conferma a questo orientamento ritenendo che già prima queste condotte finalizzate a incidere sulle consultazioni elettorali fossero soggette a sanzione penale.

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proponeva lo scopo di adeguare la disposizione dell'art 416-bis c.p, alla realtà complessa delle organizzazioni mafiose e di assicurare in tal modo una più ampia e incisiva tutela contro le trame politico-affaristiche.

Secondo una parte della dottrina, nonostante l'apprezzabile intento, la disposizione in realtà non sembra condurre ad un ampliamento di tutela, considerando che la finalità di condizionare il libero esercizio del voto -in senso di ostacolo o di impedimento- risultava già incriminato sia dall'art. 294 c.p, concernente l'attentato contro i diritti politici del cittadino, sia dalla legislazione complementare di cui al T.U 30 marzo 1957, n. 361, in tema di regolamentazione per l'elezione della camera dei deputati, sia infine dagli artt. 86 e 87 del D.P.R del 16 maggio 1960 n. 750 in tema di elezioni amministrative24.

L’art. 11-quater del decreto in esame, ha confermato la parallela vigenza del delitto di corruzione e di coercizione elettorale, previsti rispettivamente dagli artt. 96 e 97 T.U 30 marzo 1957, n. 361, mediante la previsione dell'aggravamento della pena ivi stabilita., l'art.12-sexies introduceva, invece,

24

Un'altra parte della dottrina sosteneva invece che il procacciamento di voti da parte della cosca mafiosa a favore del candidato politico, era penalmente rilevante già prima della riforma del 1992, cioè ricompreso nel delitto di associazione mafiosa di cui all'art. 416-bis c.p, che nella previsione “ profitti e vantaggi

ingiusti per sé o per altri” assorbiva anche le collusioni politico-mafiose. Secondo questa tesi, il legislatore

con la riforma del 1992, ha voluto semplicemente agevolare la configurazione e la contestazione del reato, dunque un intento quello della riforma, meramente chiarificatore. A proposito, la dottrina ha replicato, affermando, che nel caso di specie (ossia di accaparramento di voti) non fosse ravvisabile il requisito della ingustizia.

G.A.FRANCESCO gli artt 416, 416 bis, 417 e 418, in AA.VV ''Mafia e criminalità organizzata'', utel 1995 p. 60 e ss; A.ALBAMONTE, Le modifiche apportate all'articolo 416-bis e la mafia politica, in Cass. Pen.1992.

(33)

una particolare forma di confisca (cosiddetta allargata), applicabile nel caso in cui si accerti un divario tra il reddito dichiarato e il valore dei beni

posseduti dal condannato25.

Importanti interventi riguardarono anche il codice penale sostanziale: furono introdotti gli artt. 371-bis e 374-bis c.p., nell'ambito dei Delitti

contro l'Amministrazione della giustizia, rendendo penalmente rilevanti le

condotte di false informazioni al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria. Sul versante processuale il decreto in esame, apportò una serie di modifiche, limitative del diritto al contraddittorio processuale, ritenendo utilizzabili le dichiarazioni rese durante la fase processuale delle indagini preliminari, da persone informate sui fatti, nel caso in cui queste non le avessero ripetute specularmente in dibattimento.

Il decreto antimafia Martelli-Scotti è intervenuto anche sull'art.41-bis dell'ord. Penit. (comunemente chiamato “carcere duro”), al quale ha

aggiunto un secondo comma del seguente tenore: “.Quando ricorrano gravi

motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare

25

P.CELESTANO, La nuova forma della confisca obbligatoria dei proventi delle attività criminose, in Riv .dir. Pen.econ. 1994 p.306 e ss.

L'articolo 12 -sexies, ha introdotto una presunzione relativa, di illecita accumulazione patrimoniale, accollando sul soggetto che ha la titolarità o la disponibilità del bene l'onere di giustificare la loro provenienza, allegando elementi e documenti idonei a vincere tale presunzione.

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l'associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente. In caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, la sospensione può essere disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nell'articolo 4-bis”.

La norma prevede la possibilità per il ministro della giustizia di sospendere l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti, in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza per alcuni detenuti incarcerati per reati di criminalità organizzata26. Il regime è volto

26

L'art 41-bis dell'ord. Penit. venne per la prima volta introdotta dalla legge Gozzini, e riguardava originariamente soltanto le situazioni di rivolta o altre situazioni di emergenza interna alle carceri Italiane. A seguito della strage di Capaci del 23 maggio del 1992, dove persero la vita G. Falcone, sua moglie e gli uomini della sua scorta, il decreto n. 356/1992, ha aggiunto un secondo comma, al fine di consentire al ministro della giustizia la sospensione delle ordinarie regole detentive anche in casi di detenuti per reati di criminalità organizzata. Dal 2009, la sospensione si applica anche ai reati di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico dello stato.

Nel 1995 il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, ha ritenuto questa particolare fattispecie di regime detentivo inumano, poiché i detenuti si trovavano tagliati fuori dal mondo esterno, con conseguente alterazione delle condizioni fisiche e psichiche.

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ad ostacolare le comunicazioni degli detenuti con le organizzazioni criminali operanti all'esterno, così da evitare il verificarsi di delitti e garantire la sicurezza e l'ordine pubblico.

La previsione di cui all'art. 41 comma 2 ord.penit, consentiva di far riemergere strumenti tipicamente inquisitori che erano stati rimossi con l'introduzione del nuovo codice di rito del 1889 (codice Vassalli); non sono infatti mancate censure di illegittimità nei confronti di questo particolare regime penitenziario.

Nonostante i plurimi interventi, lo scopo sottostante era il medesimo: una risposta penale capace di recidere i legami delle organizzazioni criminali con le istituzioni e più in generale con la società civile. Gli interventi normativi suesposti, miravano a tutelare la democraticità del sistema elettorale (a livello nazionale e/o locale) da condotte capaci di falsare il corretto svolgersi delle competizioni elettorali. E' indubbio che per affrontare condotte di una tale gravità e complessità, lo strumento punitivo di contrasto deve contemplare tecniche di reazione di diversa natura.

Con l'introduzione della fattispecie delittuosa dello scambio elettorale politico-mafioso il legislatore intendeva predisporre una norma ad hoc, attraverso la quale gli organi giudicanti potessero reprimere efficacemente le devianze della classe politica. Nonostante l'intento di colpire l'instaurazione di rapporti tra il mondo politico e quello dei sodalizi mafiosi, l'art. 416-ter c.p, nella sua vecchia formulazione apparve fin da subito inadeguato a tal fine a causa della ambigua e deficitaria tecnica legislativa; lo testimonia il fatto che da quando è stata introdotta nell'ordinamento, la disposizione de

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quo, si è attirata una serie di critiche riguardanti la infelice formulazione

fatta propria dal legislatore nella redazione della norma. Da una attenta lettura del testo legislativo, risultava immediatamente la sua scarsa o nulla effettività.

La critica principale verteva sull'oggetto dello scambio corruttivo, limitato al rapporto sinallagmatico della promessa di voti seguita dalla erogazione di denaro. La prassi giudiziaria conosceva ben altre forme di collusioni riguardanti soprattutto l'ottenimento da parte della consorteria di gare di appalti, licenze, autorizzazioni, l’assegnazione di posti di lavoro agli esponenti del clan, la protezione dalla repressione giudiziaria grazie all'intervento manipolativo della classe politica. Un altra critica ha riguardato il momento consumativo, che stando al tenore letterale della disposizione, era individuato nella erogazione di denaro da parte del politico e non nel momento antecedente della stipula dell'accordo, tralasciando di tener presente, che nella prassi il politico adempie al impegno assunto con il patto illecito, solo dopo l'esito positivo delle consultazioni elettorali.

Per queste ragioni, il reato veniva concepito come un prodotto sterile

della legislazione di natura emergenziale forgiato dal legislatore27.

L'iter parlamentare della fattispecie delittuosa di cui all'art. 416-ter è stato assai complesso. Se, da un lato, vi era la comune consapevolezza della necessità di una azione di contrasto della “zona grigia” della contiguità, dall'altro lato erano assai discusse sia le specifiche modalità della condotta tipica che dovevano essere considerate dalla norma incriminatrice, sia

27

G.AMARELLI, CIT., Dir. pen. Contemporaneo, p.5.

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l'individuazione del momento consumativo del reato.

Dalla esamina dei lavori parlamentari, emerge nitidamente una gestazione molto travagliata e piena di tensioni.

Pur volendo soddisfare la domanda di repressione penale proveniente dall'opinione pubblica il decreto Martelli, nella sua formulazione originaria non faceva alcun riferimento al tema dei rapporti politico-mafiosi. Eppure proprio in quei giorni un gruppo di giudici Palermitani, avevano redatto un

noto documento28, nel quale riunivano una serie di accuse alla politica

sorretta da “quote significative di consenso criminale29” e manifestavano la

necessità di affrontare immediatamente il problema della contiguità.

Nel documento si avanzava la proposta di modifica dell'art. 416-bis attraverso l'aggiunta di un intero comma del seguente tenore:

“Le pene stabilite dai primi due commi dell'articolo 416-bis si applicano anche a chi, per ottenere a proprio od altrui vantaggio il voto elettorale si avvale, anche indirettamente della forza di intimidazione del vincolo associativo di cui all'articolo 416-bis, accettando la promessa di sostegno elettorale da persone sottoposte a procedimento di prevenzione o a procedimento penale per il delitto di associazione mafiosa in cambio della somministrazione di denaro o della promessa di agevolare l'acquisizione di

28

Il documento viene riportato nel Notiziario di Magistratura democratica, n.2 settembre 1992, p.21 ed era intitolato “Un indispensabile salto di qualità: Proposta dei magistrati Palermitani per l'assemblea

nazionale dell'antimafia del 20 giugno del 1992”.

29

Si noti la accusa alla classe politica davvero significativa: “Fino a quando segmenti della classe politica

continueranno a fondare il loro potere su quote significative di consenso criminale, la risposta complessiva dello stato è destinata a restare parziale, discontinua, segnata da gravi limiti complessivi”,

p.21 del notiziario di magistratura democratica n.2 settembre del 1992.

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appalti, contributi, finanziamenti pubblici o comunque la realizzazione di profitti illeciti”.

La proposta intendeva ampliare, l'ambito applicativo del reato delle associazioni mafiose, ma di questo documento durante i lavori preparatori non si fa mai cenno.

Grazie ad un emendamento presentato nell'ambito della Commissione Giustizia del Senato, il tema del terzo livello venne finalmente introdotto nella discussione parlamentare. Ci riferiamo all'emendamento del senatore Brutti che aveva proposto l'aggiunta al comma 1° dell'art. 416-bis del seguente periodo: “le disposizioni del presente articolo si applicano altresì a

coloro i quali nel corso delle campagne elettorali, al fine di procacciare voti a se o ad altri, ricorrano al sostegno intimidatorio delle associazioni mafiose”30.

Tuttavia il Senato approvò un altro emendamento proposto dal senatore Michele Pinto che alla fine del 3° comma dell'art. 416-bis aggiungeva le seguenti parole: “ovvero impedendo il libero esercizio del voto, procurando

indebitamente a sé o ad altri voti in occasione di consultazioni elettorali”.31

Il testo, fu poi trasmesso alla Camera dei deputati, per la prima lettura; in

30

Emendamento 11/26 del senatore Brutti, Atti Parlamentari, Senato della Repubblica, XI Legislatura,

Commissione Giustizia, seduta del 22 luglio 1992.

31

Emendamento 11/158 del senatore Pinto, Atti Parlamentari, Senato della Repubblica, XI Legislatura,

Commissione Giustizia, seduta del 22 luglio 1992.

L'avverbio indebitamente fu eliminato in sede di perfezionamento del testo ad opera di un emendamento del relatore Gargani in modo da comprendere anche le ipotesi in cui manca la consequenzialità tra l'esercizio dei diritti elettorali e la raccolta dei voti da parte delle cosche.

(39)

questa sede si discusse della opportunità di introdurre una nuova norma che tenesse conto del problema della contiguità, si avanzava cioè la proposta di introdurre una nuova fattispecie incriminatrice atta a sanzionare lo scambio

elettorale tra candidati politici ed esponenti del clan mafioso32.

La maggioranza politica non accolse la proposta della introduzione del reato di scambio politico e decise di inviare una raccomandazione al governo affinché questo provvedesse alla introduzione della norma

incriminatrice che sanzionasse le forme di contiguità politico-mafioso33.

La maggioranza politica, nonostante non avesse alcuna intenzione di pronunciarsi sullo scambio elettorale, a causa di un nuovo emendamento

proposto in aula, non poteva più posticipare la discussione34. La proposta

prevedeva una nuova disposizione -il 416-ter c.p- che mirava a sanzionare le condotte dei candidati politici, che al fine di ottenere appoggio elettorale a proprio od altrui vantaggio, prometteva all'esponente mafioso la somministrazione di denaro o la promessa di agevolare l'acquisizione di appalti, autorizzazioni, concessioni o, la realizzazione di profitti o vantaggi

32

Atti parlamentari, Senato della Repubblica, XI Legislatura, seduta del 4 agosto del 1992.

33

COSTANTINO VISCONTI, Indice penale, 1993, p.278. 34

Si tratta del emendamento dei deputati Alfredo Galasso e Carlo Palermo, Atti Parlamentari, Legislatura

seduta del 4 agosto del 1992.

L'emendamento era cosi formulato: “Le penne stabilite dai primi 2 commi dell'art. 416-bis si applicano anche a chi per ottenere a proprio od altrui vantaggio il voto elettorale, si avvale anche indirettamente, della forza di intimidazione del vincolo associativo di cui all'art. 416-bis accettando la promessa di sostegno elettorale da persone sottoposte a procedimento di prevenzione o procedimento penale per il delitto di associazione mafiosa in cambio della somministrazione di denaro o della promessa di agevolare l'acquisizione di concessioni, appalti, contributi, finanziamenti pubblici o, comunque, la realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti”.

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ingiusti. Si trattava di una proposta molto coraggiosa che sanzionava sia lo scambio sinallagmatico denaro-voti, sia lo scambio favori-voti.

La commissione Giustizia, al fine di ritirare quest'ultimo sottopose al voto della camera un'altra modifica che aveva riscosso maggiori consensi e che comportava l'introduzione di un nuovo articolo dal seguente tenore: “La

pena stabilita dal primo comma dell'art.416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal 3° comma dell'art. 416-bis, in cambio della somministrazione di denaro o della promessa di acquisizione di concessioni, agevolazioni, appalti, contributi, finanziamenti pubblici, o comunque nella realizzazione dei profitti”.

A causa del timore diffuso nella maggioranza, decise di intervenire il ministro della giustizia Claudio Martelli, dopo aver espresso la sua preoccupazione per la eccessiva “manipolabilità” del testo, propose il voto per parti separate35.

Il Parlamento, recependo l'indicazione dell'esecutivo ( che avrebbe accordato il suo consenso solo alla prima parte) rigettò la seconda parte ( dalle parole somministrazione di denaro in poi) e approvò a larga maggioranza la prima parte ( fino alle parole somministrazione di denaro).

Successivamente in Senato seguirono emendamenti integrativi e correttivi, che vennero tutti respinti in quanto l'accoglimento dei medesimi avrebbe comportato il rischio di non rispettare la data di scadenza del

35

Secondo il guardasigilli Martelli “la norma proposta dalla commissione, a giudizio dei magistrati e dei funzionari che lavorano al ministero e di quelli che seguono la commissione stessa, si presta ad interpretazioni diverse ed eventualmente ad arbitri”.

(41)

decreto36. A tal proposito il relatore Pinto, ritenne più utile <<visto la natura del decreto e la sua urgenza lasciare quella versione normativa>>, parole emblematiche dalle quali possiamo dedurre la denunciata natura “compromissoria” della nuova fattispecie di reato.

Il testo della nuova disposizione venne definitivamente approvato, malgrado tutti gli interventi correttivi 37.

Il decreto n. 306 /1992 veniva emanato per colmare quel <<deficit di

coraggio>>38 che autorevole dottrina ha rimproverato al legislatore del 1982, in sede di introduzione dell'art. 416-bis c.p: allorquando non se la sentì di punire espressamente le connessioni politico-mafiose.

5. Analisi dei requisiti strutturali della fattispecie

Nella sua formulazione originaria, l'art. 416-ter c.p, recitava: “la pena

stabilita dal primo comma si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della

36

Un esemplare esempio è costituito dall'emendamento Covi, che si sarebbe tradotto nell'aggiunta alla fine del 416-ter della locuzione “altre utilità, Atti parlamentari, Senato della Repubblica, seduta del 6 agosto 1992.

Gli emendamenti correttivi furono respinti non per la loro inadeguatezza ma perché il rinvio nuovamente alla camera avrebbe rischiato di non rientrare nei termini per la conversione del decreto.

37

COSTANTINO VISCONTI, L'indice penale, 1993, p.280. 38

M.COLLICA, Scambio elettorale politici-mafioso: Deficit di coraggio o questione irrisolvibile, in riv. Dir. pen. e proc.pen del 1999, p.877 ss.

(42)

erogazione di denaro”.

5.1. La natura della fattispecie

Il reato di cui all'art. 416-ter c.p., si configura come un reato-contratto di mera condotta. Il legislatore ha scelto di ancorare il disvalore del fatto alla mera stipula di un accordo sinallagmatico tra il politico ed il mafioso, in cui le prestazioni corrispettive promesse sono, da un lato il procacciamento dei voti e dall'altro, la promessa di erogazione di denaro. La nuova previsione assume le sembianze di reato di pericolo presunto in cui si incrimina la stipula del patto illecito con conseguente irrilevanza, ai fini della configurabilità del reato, delle vicende successive al patto e del suo adempimento. Il pericolo per il bene giuridico è oggetto presunto, non richiedendo il legislatore nessun tipo di accertamento concreto di un effettivo pericolo per i destinatari della tutela. Il legislatore si limita a reprimere la mera promessa di voti, non richiedendo la dimostrazione dell'effettivo pregiudizio della libertà di autodeterminazione elettorale e tantomeno la prova dell'effettivo inquinamento delle procedure di voto, poiché considera il momento della stipula del patto, già fonte di pericolo per l'ordine pubblico e per la libertà morale dei elettori nella scelta del candidato politico.

La scelta legislativa di arretrare la soglia del penalmente rilevante ad un momento prodromico e molto lontano rispetto a quello della concreta lesione del bene giuridico tutelato deve fare i conti con il principio di

(43)

offensività.

Assoggettando a pena il mero accordo, la disposizione in esame deroga all'art. 115 c.p, secondo cui: “Salvo che la legge disponga diversamente,

quando due o più persone si accordano al fine di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell'accordo”.

Questa precisa scelta politico-criminale è stata ritenuta incostituzionale39, poiché contrastante con il principio di offensività. La censura non è stata accolta dalla dottrina maggioritaria, sul presupposto secondo cui sarebbe indubbia la grave potenzialità lesiva della condotta repressa. In secondo luogo, è lo stesso art. 115 c.p, che sancisce “salvo che la legge disponga diversamente”, suggerendo in via eccezionale l'ammissibilità della incriminazione del mero accordo quando vengono compromessi beni giuridici di rango primario, quali, quelli tutelati dalla

norma in questione40.

Il reato dello scambio elettorale può essere inserito nella categoria dei reati plurisoggettivi impropri, dal momento che, pur richiedendo ai fini della configurabilità del reato la stipula del patto tra il promissario ed il promittente, sottopone a pena, a differenza dei reati elettorali, il solo

promittente dei voti41: la condotta del sodale rimane assorbita dalla

39

G.A.FRANCESCO, Paradigmi generali e concrete scelte repressive nella risposta penale alle forme di

cooperazione in attività mafiose, in Cass. Pen, 1996. I.FONZO-F.PULEIO, Lo scambio elettorale politico-mafioso, un delitto fantasma? In Cass. Pen, 2005.

40

Per un approfondimento si rinvia al paragrafo n. 3.2 di questo capitolo. 41

In proposito registriamo che si tratta di un apparente reato-contratto, poiché le prestazioni corrispettive

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