• Non ci sono risultati.

Analisi strutturale del nuovo reato di scambio elettorale politico-mafioso

11. Le condotte penalmente rilevant

In base al novellato art. 416-ter c.p., la condotta incriminata è quella di chi “accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al

terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità”.

Preliminarmente analizzeremo la condotta del candidato politico, e da ultimo focalizzeremo l'indagine sulla condotta riguardante il promittente mafioso.

Quanto al esponente politico, in base al nuovo reato, egli potrà essere

276

In questo senso C.VISCONTI, Verso la riforma del reato di scambio elettorale, op, cit., p.11; E. SQUILLACI, Il “nuovo” reato di scambio elettorale politico-mafioso, op, cit., p. 7; G. AMARELLI, op, cit., p.15.

incriminato per il reato di scambio elettorale in ipotesi di <<erogazione o

promessa di erogazione di denaro o di altra utilità>>.

Già da una lettura prima facie, emerge l'ampliamento dell'ambito applicativo della norma sotto due profili; in primo luogo, è stato finalmente introdotto il riferimento -tanto auspicato e atteso- alle “altre utilità”: in questo modo, il reato supera le timidezze e le paure del legislatore del 1992, rendendo la fattispecie in esame più aderente alla realtà, e del resto, conferendoli una maggiore efficacia repressiva delle diverse forme della contiguità politico-mafiosa 277.

In secondo luogo, è stato specificato che assume rilievo penale non soltanto la effettiva erogazione – come avveniva nel previgente reato – ma anche la “promessa di erogazione”.

Per quanto attiene l’oggetto della prestazione promessa o erogata dal politico, giova rilevare come questo intervento correttivo estensivo, in realtà non ha costituito una vera e propria novità legislativa, ma piuttosto è servito soprattutto ad arginare un orientamento, magari condivisibile da un punto di vista sostanziale, ma palesemente contra legem, invalso sotto la vecchia disciplina in alcune recenti pronunce della Cassazione nelle quali era stata sostenuta la configurabilità del reato anche nei casi in cui la prestazione del

277

L'ampliamento dell'oggetto della prestazione politica è stata proposta da tutti i disegni di legge presentati nel corso della XVII legislatura. In ogni caso il riferimento alle altre utilità non costituisce per l'interprete una novità: durante la vigenza ventennale del reato, la giurisprudenza aveva in parte rimediato alle lacune della norma attraverso interpretazioni creative, fino al punto di ritenere integrato il reato di scambio elettorale configurabile anche nei casi in cui la promessa del politico avesse ad oggetto beni diversi dal denaro purché suscettibili di valutazione in termini economici. In tal senso,

“politico” avesse avuto per oggetto non soltanto il denaro ma anche altra utilità278.

Inoltre, questa opzione politico-criminale, in realtà, non fa altro che recepire l’originaria intenzione del legislatore al momento della prima

formulazione del delitto di scambio elettorale politico-mafioso279.

Com’è noto, difatti, il testo del disegno di legge presentato e discusso in tempi rapidi nel 1992 prevedeva come oggetto della prestazione del candidato, oltre alla «erogazione di denaro» quale corrispettivo della promessa di voti mafiosi, anche la «promessa di agevolare l’acquisizione di

concessioni, appalti, contributi e finanziamenti pubblici o comunque la realizzazione di profitti», ma tale ulteriore locuzione venne poi soppressa

nel corso del travagliato iter parlamentare che precedette la conversione in legge del d.l. n. 306 del 1992, sul presupposto che una così ampia formulazione avrebbe potuto alimentare il rischio di arbitrii sul piano

278

Tra le altre, Cass., 30 novembre 2011, n. 46922; Cass., 11 aprile 2012, n. 20924; Cass., 5 giugno 2012, n. 1390

279

La scelta di inserire nel nuovo testo della disposizione il riferimento alle altre utilità non è andata comunque esente da critiche. E' stato, difatti, osservato che l'aver introdotto il requisito dell'utilità nella fattispecie espone al rischio di una “sistematica estensione della norma all'attività politica, soprattutto allorquando quest'ultima si connoti per il raggiungimento di interessi pubblici che possano però anche comportare il complementare soddisfacimento di interessi privati, magari riferibili pure ai membri di un'associazione mafiosa. Insomma il rischio è che l'introduzione di tale requisito possa seriamente condizionare gli stessi rapporti tra politica e magistratura. Nel senso che il riferimento espresso ad una non meglio definita “utilità” quale oggetto della controprestazione del politico potrebbe rivelarsi l'occasione per avviare un indagine penale nel corso di una campagna elettorale, onde potere in tal modo risalire anche alla scoperta di altri fatti di reato, tuttavia, in quel momento storico ancora soltanto sospettati”; in tal senso v. E. SQUILLACI, Punti fermi ed aspetti problematici, op, cit., p. 11.

applicativo.

Quanto al secondo elemento, quello cioèriguardante la rilevanza penale

anche della promessa di erogazione del denaro, esso costituisce un profilo

assai importante in quanto, il legislatoreelimina così la difficoltà probatoria

di verificare l'effettiva elargizione del denaro, bastando, ai fini dell'integrazione del reato dimostrare il reciproco scambio delle promesse.

In realtà, anche questa opzione politico-criminale, più che rappresentare una autentica novità rispetto al passato, costituisce ancor una volta il recepimento a livello normativo di un orientamento giurisprudenziale ai confini con l’applicazione analogica contra legem, in base al quale il termine “erogazione” doveva essere inteso in una accezione ‘debole’, sicché per la consumazione del reato era sufficiente la stipula delle reciproche

promesse indipendentemente dalla materiale erogazione del denaro280 .

Tuttavia, è stata scartata la proposta più ‘estrema’ contenuta nella versione del d.d.l emendata dal Senato il 28 gennaio 2014 di ritenere integrato il reato alternativamente anche “in cambio della disponibilità a soddisfare gli

interessi o le esigenze dell’associazione”.

L'eliminazione di ogni riferimento alla nozione di disponibilità non può

che essere accolta positivamente281. In primo luogo l'inserimento di tale

280

In tal senso cfr. Cass., 2 marzo 2012, n. 32820; 281

Si constata che il termine disponibilità, non è stato mai utilizzato in tutto il diritto penale positivo. La ratio della mancata penalizzazione della disponibilità testimonia la rischiosità di una simile formula, che non solo viola i principi capisaldi del diritto penale, ma che può comportare arbitri anche in sede processuale. Sul punto, P. MOROSINI, La riforma del reato di scambio elettorale politico-mafioso, op cit.: “Robusti argomenti giustificano la mancata integrazione. Del termine «disponibilità», infatti, non vi è

formula, avrebbe determinato una eccessiva dilatazione dei fatti perseguibili, con negative ripercussioni sui principi di determinatezza e offensività.

In secondo luogo, l'incriminazione del politico a seguito della “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa”, avrebbe ingenerato una confusione con il concetto di “messa a

disposizione” elaborata dalla giurisprudenza al fine di identificare il

concorrente esterno. Quindi, intendiamo dire che se nell'art. 416-ter c.p., il legislatore avesse incriminato anche la mera disponibilità, si sarebbe ingenerato un serio rischio di sovrapposizione tra il reato di scambio e il

concorso esterno in fattispecie associative282. La scelta del legislatore,

invece, consente l'applicazione dei reati di scambio elettorale e di concorso esterno nell'art. 416-bis c.p., in capo allo stesso soggetto.

Ed infine, com’è stato rilevato in sede di primo commento al disegno di legge durante il suo iter legislativo, l'adozione di questa formula, in ragione

traccia in tutto il sistema penale positivo. Non è mai stata descritta una condotta con quel termine, in alcun codice. Da quello del Regno delle due Sicilie del 1819, passando per il Sabaudo del 1859, sino al codice Zanardelli del 1889 e ovviamente al codice Rocco del 1930. Tutto questo non è avvenuto per puro caso. Il termine «disponibilità» appare vago, inafferrabile, non compatibile con la necessaria determinatezza dell’illecito penale. La questione è stata affrontata con specifici approfondimenti dalle sezioni unite della Suprema Corte con la sentenza del 12 luglio 2005 (n.33748). Si trattava di un processo a carico di un noto esponente politico per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. In quella sede, i giudici di legittimità, nell’assecondare esigenze di profilassi giudiziaria, hanno affermato che ancorare il precetto penale a concetti come «disponibilità» o «vicinanza» significa veicolare nel processo intuizioni, precomprensioni, giudizi etici. Insomma, il concetto di «disponibilità» viene considerato quanto di più ambiguo e in contrasto con i cardini di un sistema penale costituzionalmente orientato”. Cfr. anche G. AMARELLI, La riforma del reato di scambio elettorale politico-mafioso, cit., p. 21; E. Squillaci, Punti

fermi e aspetti problematici, cit., p. 3.

282

G.INSOLERA, Ripensare l'antimafia: il sistema penale, op. cit., p. 6.

della sua genericità ed ampiezza, avrebbe comportato la punibilità anche di fatti privi di alcuna carica lesiva. Ciò avrebbe generato l’ulteriore rischio di accettare una “colpevolezza sostanzialmente vuota e formalizzata, perché

riferita a un fatto in sé neutro o comunque solo vagamente offensivo”283,

nonché di privare la fattispecie di quella necessaria funzione general- preventiva positiva di orientamento culturale dei consociati, dal momento che non avrebbe tracciato chiaramente i contenuti del fatto vietato.

Apprezzabile è anche la soluzione politico-criminale di non dare penale rilevanza al “tentativo di scambio”: alla condotta di chi, cioè, “si adopera

per ottenere la promessa di voti”284.

Tale scelta va condivisa sotto un duplice punto di vista: da un lato, perché si evita la punizione di condotte ulteriormente prodromiche e molto lontane dal bene giuridico tutelato e dall'altro perché ci si sarebbe trovati di fronte ad una irragionevole equiparazione, sotto il profilo sanzionatorio, di due condotte – scambio e tentativo di scambio – con disvalore diverso con riferimento al bene giuridico.

Rispetto alla precedente formulazione letterale, è anche cambiato il materiale linguistico impiegato per descrivere la condotta del politico.

Se, infatti, nella originaria versione dell’art. 416-ter c.p., si puniva chi “otteneva” la promessa, impiegando cioè un verbo insolito nella descrizione dei reati-contratto, nella nuova disposizione si sanziona chi “accetta” la

283

E. SQUILLACI, Punti fermi ed aspetti problematici, op cit., p. 3. 284

Si tratta di una formulazione proposta alla Camera con il d.d.l 957, secondo cui: “la pena stabilita dal primo comma dell'art. 416-bis si applica anche a chi ottiene o si adopera per far ottenere la promessa di voti previsto dal terzo comma del medesimo art. 416-bis.

promessa, uniformando così il delitto di scambio elettorale a tante altre fattispecie incentrate sulla stipulazione di un accordo dal contenuto illecito, prime tra tutte le affini norme in materia di corruzione di cui agli artt. 318 e ss. c.p285.

Sempre sul versante della descrizione della condotta, il legislatore ha compiuto un passo in avanti rispetto al passato, in cui si incriminava semplicemente chi otteneva la promessa di voti prevista dall’art. 416-bis, comma 3 c.p., (che peraltro non conteneva nessun riferimento ad alcuna condotta), precisando che per essere punibile la condotta di accettazione deve riguardare una promessa di procacciamento di voti “mediante le

modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis”, vale a dire

avvalendosi del vincolo di assoggettamento ed intimidazione derivante

dall’appartenenza al sodalizio mafioso286.

Passando ora alla condotta del promittente mafioso, la novità forse più rilevante della riforma è stato per l'appunto la sua espressa incriminazione anche per il reato di scambio elettorale in concorso con i altri reati se eventualmente commessi. Infatti, il secondo comma dell'art. 416-ter c.p., prevede lo stesso trattamento sanzionatorio previsto per il candidato politico anche per colui che <<promette di procurare voti mediante le modalità di

285

G.AMARELLI, op, cit., p. 20. 286

Forse a tale riguardo si sarebbe potuto specificare che la prestazione del candidato doveva essere rivolta all'associazione mafiosa intera e non al singolo soggetto con cui è stato stretto l'accordo, così facendo si sarebbe probabilmente modellata una fattispecie più rispettosa del principio di offensività, dal momento che avrebbe ristretto il campo dei fatti punibili ai soli comportamenti pericolosi per l'ordine pubblico, vale a dire quelli riguardanti l'intera associazione.

cui al terzo comma dell'art. 416-bis c.p>>.

L'espressa incriminazione della controparte mafiosa, sopperisce al disequilibrio sanzionatorio -tra il promissario ed il promittente- cui aveva dato luogo il previgente reato, e al contempo rimedia alle problematiche applicative, dovute ai stratagemmi utilizzati dalla giurisprudenza nel passato al fine di far venir meno l'unilateralità sanzionatoria e pervenire alla

punizione del promittente mafioso287. E non solo: con l'aggiunta del secondo

comma, il legislatore, ha trasformato il reato di scambio in fattipecie plurisoggettiva propria, e le ha conferito una pura struttura di reato-contratto.