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La BSC in sanità: esperienze applicative e best practices

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Academic year: 2021

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3 introduzione CAPITOLO 1 ... 10 1.1 Introduzione ... 10 1.2 La Sanità Pubblica ... 10 1.3 Legge 833/1978 ... 11

1.4 Riforma anni novanta ... 13

1.5 Aziendalizzazione ... 16

1.6 Servizio Sanitario Nazionale ... 19

1.7 Sistema di finanziamento ... 28

1.8 Conclusioni ... 32

CAPITOLO 2 ... 34

2.1 Introduzione ... 34

2.2 La balanced scorecard ... 34

2.2.1 Descrizione della Strategia nella balanced scorecard ... 36

2.2.3 Misurazione della strategia nella Balanced scorecard ... 39

2.3 Ambiente sanitario ... 40

2.4. Le quattro prospettive nell’ambiante sanitario ... 42

2.5 La prospettiva economico-finanziaria ... 43

2.5.1 La crescita dei ricavi e del mix ... 44

2.5.2 Riduzione dei costi/miglioramento della produttività ... 45

2.5.3 Strategia degli investimenti ... 45

2.6 La prospettiva paziente/cliente ... 46

2.6.1 Le misure della prospettiva del paziente/cliente ... 46

2.6.2 La creazione di valore per il paziente/cliente ... 47

2.7 La prospettiva dei processi interni ... 48

2.7.1 Il processo d’innovazione ... 48

2.7.2 Il processo gestionale operativo ... 49

2.7.2 Il servizio di follow-up ... 50

2.8 La prospettiva dell’apprendimento e della crescita ... 50

2.8.1 Capacità del personale ... 51

2.8.2 Capacità dei sistemi informativi ... 52

2.8.3 Motivazioni ... 52

2.8.4 Comportamenti individuali e organizzativi ... 53

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2.9.1 Costruzione di una Balanced scorecard: il programma ... 58

2.10 La Costruzione della BSC... 60

2.11 Le fasi del processo di costruzione ... 62

2.12 Come applicare la Balanced scorecard: gestire la strategia ... 65

2.12.1 Condividere la strategia dal vertice alla base ... 66

2.13 Conclusioni ... 68

CAPITOLO 3 ... 70

3.1 Organizzazione della sanità: Regione Liguria ... 70

3.2 Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino... 75

3.3 Progetto BSC ... 82

3.4 La BSC oggi ... 88

CAPITOLO 4 ... 90

4.1 Regione Veneto ... 90

4.1.1 L’azienda nel contesto Regionale ... 95

4.2 Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona ... 96

4.3 Struttura organizzativa ... 100

4.4 Il sistema informativo ... 103

4.5 Programmazione ... 104

4.5.1 Quadrante Attività: ... 105

4.5.2 Quadrante Risorse: ... 109

4.5.3 Quadrante Qualità Professionale ... 113

4.5.4 Quadrante Qualità percepita ... 116

CAPITOLO 5 ... 122

5.1 Regione Lombardia ... 122

5.2 Istituto Europeo di Oncologia (IEO) ... 126

5.3 Perché la BSC ... 128

5.3.1 Lo Start Up del progetto ... 130

5.3.2 La definizione della struttura logica del BSC ... 131

5.4 Architettura informativa ... 136

5.5 L’integrazione dei processi manageriali: Pianificazione strategica ... 138

5.6 Budgeting ... 139

5.6.1 Formulazione delle politiche istituzionali ... 139

5.6.2 Formulazione delle proposte ... 139

5.6.3 Consolidamento delle proposte ... 141

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5.6.5 Compensation ... 142 conclusioni

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INTRODUZIONE

Il mondo della sanità pubblica ha vissuto in Italia per molti anni in comodi ambienti non competitivi. Ha goduto di libertà molto limitata per quanto riguarda l’ingresso in nuovi settori o la determinazione di prezzi delle prestazioni. Ma al tempo stesso le regole, hanno protetto le aziende sanitarie dall’ingresso di concorrenti potenzialmente più efficienti o innovativi. Oggi questo sta cambiando, in ambito sanitario si parla di concorrenza pubblico- privato partendo dal principio di libera scelta del cittadino. Ma mentre le aziende private perseguono obbiettivi di profitto in una prospettiva di medio - lungo periodo, le aziende pubbliche si concentrano su aspetti quali l’efficienza e l’efficacia del servizio stesso.

E’ da oltre un ventennio, dall’emanazione del D.Lgs 502/92, che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è al centro di un dibattito nazionale.

Il tema principale era quello di creare un SSN, più efficiente, efficace e oculato nella spesa, capace di tutelare la salute dei cittadini utilizzando le risorse a disponibili con economicità.

Con il provvedimento D.Lgs 502/92, e i successivi, il legislatore ha dato l’avvio al percorso di aziendalizzazione; con l’aziendalizzazione il legislatore ha volute creare un senso di appartenenza tra tutti coloro che operano nell’azienda per il conseguimento delle mission aziendale, sviluppare una cultura organizzativa volta ad una interdipendenza e sinergia degli operatori, responsabilizzare i singoli attori del sistema verso il raggiungimento del risultato, concepito come garanzia e qualità della salute in un ottica di efficacia ed efficienza.

Forse più che in altri settori, l’azienda, in sanità è oggi chiamata a rispondere dei risultati prodotti in termini di salute e dell’uso efficiente di risorse.

Diversi fattori, contribuiscono a porre correntemente gli operatori della sanità di fronte alla necessità di fare sempre di più e meglio con meno. Il graduale invecchiamento della popolazione, il continuo progredire delle conoscenza scientifiche e tecnologiche, l’affermarsi di forme di competizione più o meno regolata, l’emergere di maggiore consapevolezza e attenzione del rispetto della qualità dell’assistenza sanitaria da pare degli utenti, la cronica limitatezza delle risorse disponibili: tutti questi elementi imporranno l’esigenza di leggere e governare le performance delle organizzazioni che operano in sanità.

Questa sfida deve essere affrontata senza facili entusiasmi, ma con la voglia di innovare e con il gusto di imparare dai propri errori.

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Governare le performance di un’organizzazione non vuol dire solo dotarsi si sofisticati strumenti di misurazione, bensì fare in modo che questi strumenti vengano realmente utilizzati e, soprattutto, utilizzati bene.

In questa tesi prendiamo in considerazione uno dei molteplici sistemi adottati nel controllo direzionale. La Balanced Scorecard (BSC) o Scheda di valutazione bilanciata ha segnato il superamento dei tradizionali sistemi e ha creato un sistema in grado di mettere insieme programmazione strategica e controllo direzionale e ha permesso di tracciare e misurare la creazione del valore nelle aziende.

La Balanced Scorecard è “uno strumento che consente alla direzione di ottenere un disegno sintetico, ma esauriente, della situazione strategica dell’impresa tramite la presentazione bilanciata di misuratori sia finanziari che fisico-tecnici, riferiti ad un numero limitato di variabili chiave”.

La Balanced Scorecard nasce quale esito di un progetto di ricerca, condotto da Robert Klapan, docente dell’ Università di Harvard, e David Norton, CEO della società di consulenza Nolan e Norton, che si poneva l’obiettivo di sviluppare un nuovo modello di misurazione delle performance, capace di superare gli inconvenienti derivanti dall’impiego degli indicatori tradizionali.

Lo studio venne condotto presso dodici grandi aziende sensibili a simili problematiche e i risultati misero in evidenza la crescente inadeguatezza delle misure economico-finanziarie nonché la loro capacità di creare valore per i diretti portatori di interesse e di rispecchiare la moderna complessità e dinamicità dei mercati. Le evidenze del lavoro di ricerca avevano sottolineato come alcune delle imprese analizzate stessero sperimentando strumenti che, attraverso l’impiego bilanciato di diverse misure fossero in grado di offrire una visione più organica e esaustiva dell’operato aziendale.

Nel 1992 Robert Kaplan e David Norton proposero il primo modello di Balanced Scorecard, oggetto di modifiche ed integrazioni negli anni successivi.

.

Ciascun modello di Balanced Scorecard è disegnato sull’azienda ad opera dei vertici aziendali e coinvolgendo i principali process owners, spesso sono quest’ultimi ad individuare gli indicatori di performance. La Balanced Scorecard ha il merito di favorire la comunicazione della strategia all’interno dell’azienda e di perseguirla con attività di monitoraggio costante.

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Essendo un modello progettato sulla realtà aziendale, la sua capacità di raggiungere al meglio gli obbiettivi funzionali, a cui è preposta, è direttamente connessa con l’abilità di progettazione della Direzione e del Responsabile del controllo di Direzione.

Già alla fine degli anni novanta, anche alcune organizzazioni pubbliche erano impegnate nel tentativo di applicazione della BSC.

La misurazione delle performance nel settore pubblico è un’esigenza emersa in tempi assai recenti come conseguenza sia della crescente importanza ricoperta dai vincoli economico-finanziari sia dalla richiesta di prestazioni in linea con adeguati livelli qualitativi. Accanto a questi si possono aggiungere le pressioni relative alla necessità di rendere conto ai numerosi stakeholders aziendale, riducendo dove possibile, le asimmetrie informative.

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CAPITOLO 1

1.1 Introduzione

In ambito giuridico, la sanità garantisce uno dei diritto fondamentali dell’uomo: la salute1. Diritto riconosciuto nella Costituzione Italiana2, ma anche nella Carta dei diritti fondamentali3 richiamata nel Trattato di Lisbona. In quanto diritto fondamentale non è comprimibile ad opera della pubblica amministrazione sia nei rapporti tra privati, sia allorché tale situazione giuridica soggettiva si profili nei confronti della pubblica amministrazione.4 Non si considera la salute solo come cura della malattia, ma come stato di benessere fisico, mentale e sociale. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza assicurando ai cittadini eguali trattamenti sanitari a prescindere dalla loro condizione sociale.5 Guardiamo ora l’evoluzione giuridico legislativa della Sanità in Italia.

1.2 La Sanità Pubblica

La Sanità pubblica, nelle antiche civiltà, era intesa esclusivamente come tutela dell’igiene pubblica. Nel Medioevo, chiese e poteri politici laici, organizzarono l’assistenza ospedaliera: le prime istituzioni di questo tipo si svilupparono in prossimità di sedi episcopali e monasteri e lungo gli itinerari di pellegrinaggio, ma si trattava di centri che avevano una valenza più caritativa che sanitaria.

Il compito di garantire la salute dei cittadini da parte dello Stato, è una conquista veramente recente. Solo nel 1904 il governo Giolitti istituì una specifica Direzione Generale per la Sanità quale referente unitario nazionale nella materia. Nel 1948 il settore sanitario era organizzato in Casse Mutue, enti che fornivano ai propri assistiti una garanzia di tipo assicurativo differenziata sulla base della specifica posizione professionale assunta dal cittadino; ad essi si aggiungeva l’Istituto Nazionale Assistenza Malattie, per i dipendenti, e l’Istituto nazionale Assistenziale sugli Infortuni

1 D.lgs 502/92 ART.1, c.1, “ La tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il servizio sanitario nazionale, quale complesso di funzioni e della attività assistenziali dei servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale”

2

Costituzione Italiana Art. 32, c.1, “ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”

3 CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA Art.35, c.1, “ Ogni individuo ha diritto di accedere alla prevenzione sanitaria ed ad accedere alle cure mediche alla condizioni stabilite dalla prassi nazionale.”

4

Ferrara R. L’Ordinamento della sanità, Giappichelli Editore, 2007, pag.53

5 COSTITUZIONE ITALIANA Art.3 “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizione personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori

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sul Lavoro, quale assicurazione di copertura contro le invalidità derivanti dalle attività lavorative. Nel 1958 con la legge n.259, il governo Fanfani II, istituì per la prima volta il ministero della Sanità. Da quella data,l’intreccio tra gli originali interessi locali e gli interessi centrali si concluse con il superamento del localismo,che frammentava il territorio nazionale. Con la Riforma del 1968 si iniziò a parlare di azienda pubblica ospedaliera, con rette imposte autoritariamente dall’ente, pagate dalle mutue, che a loro volta ricevevano i contributi necessari per ripianare i disavanzi dello Stato. Da questo momento non funzionava più di fatto il meccanismo assicurativo delle mutue6; né ci fu più equilibrio tra previsione di spesa e consuntivo. Nel 1974 le competenze in materia sanitaria passarono dalle mutue alle Regioni. La scelta era volta ad avvicinare il servizio al territorio e ai poteri locali.

1.3 Legge 833/1978

Nel 1978 con l’approvazione della riforma sanitaria è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN): “ complesso delle funzioni, delle strutture e dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo le modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”7. Il SSN fonda la sua concezione di sanità non solo in un diritto individuale ma in un bisogno pubblico da soddisfare. La riforma cercò di dare effettivamente attuazione al disposto costituzionale di eguaglianza di trattamento dei cittadini, di universalità del servizio sanitario e di solidarietà tra cittadini.8 Il settore finanziario era finanziato grazie al prelievo fiscale obbligatorio; il servizio era gratuito per l’utente finale. La ratio della legge era anche il controllo della spesa pubblica. Con la legge 833/1978 si enfatizzava il ruolo centrale dello Stato, che era l’unico gestore della Sanità pubblica. Lo Sato aveva funzioni d’indirizzo generale e di coordinamento in ambito sanitario, era responsabile della programmazione nazionale e della fissazione dei livelli di prestazione da garantire a tutti i cittadini; aveva il coordinamento delle attività amministrative regionali e la quantificazione , a cadenza annuale con l’approvazione della legge di bilancio, del Fondo Sanitario Nazionale FSN, destinato a finanziare il sistema. Le regioni avevano competenze legislative all’interno della legge quadro dettata dallo Stato; era inoltre previsto che le Regioni dovessero adottare i Piani Sanitari, finalizzati all’eliminazione degli squilibri esistenti nei servizi e nelle prestazioni nel territorio regionale. I comuni, avevano

6

Ruggeri A., L’evoluzione dei sistemi in Italia, in AA. VV., Management per la nuova sanità, EdiSES, 1997, pag.30 7

L.833/78 ART.1, C.3 8

Costituzione Italiana Art. 32, c.1, “ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”

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competenze attuative nel campo dell’assistenza sanitaria e ospedaliera, ossia spettava ad essi l’effettiva erogazione del servizio.

Il risultato è la creazione di tre livelli decisionali gerarchicamente subordinati e di un unico centro di gestione, le USL (Unità Sanitarie Locali), cui fanno capo tutte le strutture presenti in un determinato territorio. L’Usl è un organismo che deve provvedere a tutti gli interventi necessari alla prevenzione, cura e riabilitazione. Esse erano deputate ad assolvere i compiti del SSN ed a provvedere alla gestione unitaria della tutela della salute. L’Usl era una struttura operativa dei comuni, singoli o associati, nelle comunità montane. L’Usl era amministrata dall’assemblea generale, costituita dal consiglio dal consiglio comunale. Il fallimento del modello, che ha portato ad riforme negli anni successi è dovuto all’ambiguità dell’unità sanitaria locale, tra ente ed azienda. Il fallimento del modello di gestione è da imputare al sistema di finanziamento del servizio, che non prevedeva un rigoroso controllo della spesa pubblica. Il sistema a cascata dell’art.51 della legge 833/1978 prevedeva che il SSN fosse finanziato con un fondo sanitario nazionale, alimentato dall Stato, il fondo doveva essere suddiviso poi tra le Regioni. Queste poi avrebbero assegnato tramite una legge regionale, una quota a ciascuna Usl. Questo impostazione top-down corrispondeva ad un modello tributario fortemente accentrato e ad un idea nazionale di del sistema sanitario. Mancavano controlli incisivi sulla gestione dei fondi stanziati dallo Stato e, responsabilità in caso di eccesso di ione spesa. Il connubio tra l’affermazione della globalità e della gratuità di qualunque prestazione sanitaria e un sistema di finanziamento a cascata dei finanziamenti che finiva per deresponsabilizzare tutti e per appesantire la finanza pubblica. Tra gli anni settanta e ottanta la spesa pubblica in ambito sanitari crebbe esponenzialmente, divenendo una criticità che portò, nel corso degli anni Novanta, a riforme “rigoriste”.

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Fonte: ns. elaborazione

Figura 1. Il sistema di finanziamento del SSN legge 833/78

1.4 Riforma anni novanta

D.Lgs 502/92 e D.Lgs 513/93 a cui fece seguito il D.Lgs 229/99 si dà inizio alla “aziendalizzazione della sanità” che ha sia degli aspetti di continuità che di grande cambiamento e innovazione rispetto al disegno legislativo precedente. La continuità si manifesta nella scelta di un modello unico di riferimento, unico SSN, avente come cardine la centralità della tutela della salute così come prevista dalla L.833/78. Anche lo strumento di governo adottato è ancora il Piano Sanitario Nazionale,se pur profondamente cambiato nella natura e nelle modalità della sua formulazione. Il cambiamento è manifestato dalla riorganizzazione dei compiti e delle responsabilità dei diversi livelli di governo predisposti alla tutela della salute. Il riordino ha comportato un processo di regionalizzazione, ossia un più alto grado di decentramento e una più forte responsabilizzazione delle Regioni. Attraverso la regionalizzazione si vuole coinvolgere nel controllo della spesa e nella gestione del servizio,

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organismi di governo intermedi più vicini alle esigenze ed al consenso della collettività, di quanto non sia il livello centrale, più distante da politiche “campanilistiche”.

Per aziendalizzazione s’intende l’introduzione di principi, tecniche e strumenti propri delle aziende private, il legislatore mira ad un ripensamento della filosofia di gestione, in ragione del fatto che il servizio sanitario nazionale, così com’era strutturato non era in grado di raggiungere i propri fini trovandosi in ritardo rispetto alla naturale evoluzione del sistema sociale, economico e tecnologico,con il conseguente sforamento dei tetti di spesa.

Quindi il vincolo del pareggio di bilancio diventa perentorio, in risposta del quale si perseguono obiettivi di efficacia, efficienza ed appropriatezza delle cure. Gli standard qualitativi sono stabiliti a livello nazionale ed omogenei su tutto il territorio.

Il sistema di finanziamento è completamente ridisegnato e rispecchia logiche di efficienza gestionale e di appropriatezza della prestazione.

Nel 2001 si è data maggior forza alla regionalizzazione del sistema sanitario tramite la riforma del Titolo v parte II della Costituzione Italiana. All’art. 117 c.3, si prevede che: ”sono materie di legislazione concorrente quelle relative a : …tutela della salute. …Nelle materie di legislazione concorrente spetta alla Regioni la podestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.”

Il principio di unità e indivisibilità non è messo in discussione9, ma si pone sull’accento l’importanza del principio del decentramento dei poteri e della promozione delle autonomie locali10. La Costituzione disegna un sistema di livelli di governo che prevede gli enti locali, capaci di dotarsi di un proprio indirizzo politico e amministrativo il più vicino possibile al cittadino, nel rispetto del principio di sussidiarietà, introdotto nel nostro sistema giuridici con la ratifica della Carta Europea dell’autonomia locale nel 1985. Stato e Regioni hanno ruoli e competenze differenti. Nel rispetto del principio dell’uguaglianza e dell’universalità del servizio sanitario: rimane di competenza esclusiva dello Stato la definizione del “livelli essenziali delle prestazioni”11 sanitarie mentre è di concorrenza concorrente la tutela della salute e , per cui “spetta alle Regioni la potestà legislativa”.

La sede deputata al confronto tra Stato e Regioni nelle materie concorrenti è la Conferenza Stato-Regioni, in cui si precisano gli accordi in materia sanitaria sottoscrivendo il Patto della Salute.

9 ART.1 Cost 10 ART.5 Cost 11 ART. 117, C.1

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Tale documento contiene l’impegno assunto dalla Stato, ossia la risorse che si impegna a trasferire presso le suddette, il metodo di riparto, la definizione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e l’impegno sottoscritto dalle Regioni sul perseguimento di standard qualitativi di assistenza e di politiche tese all’efficienza e ottimizzazione. Per garantire un’autonomia alle Regione sulla gestione economica e finanziaria degli ambiti di sua competenza, si è affermato che art.119 “ le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci” c.2 “ le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.

Nel 2009 vi è stata l’emanazione della L.42 “ Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione” con la finalità di sancire l’autonomia di entrata e di spesa di Comuni, Provincie , Città Metropolitane e Regioni nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale.

Per quanto riguarda l’ambito sanitario, uno dei decreti attuativi della L42/09 è stato il D.Lgs 68 emanato nel 2011 recante .” Disposizione in materia di autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e delle provincie, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”. Con tale provvedimento se è stabilità, a partire dal 2013, la determinazione dei costi standard e fabbisogni standard nel settore sanitario per le Regioni a statuto ordinario.12

Nello stesso decreto si sono previste la modalità di conteggio del costo standard sanitario13, che come poi è citato al p.6 nell’art.27 “ è dato, per … i tre macrolivelli di assistenza erogati in condizione di efficienza ed appropriatezza nella media pro-capite pesata dal costo registrato delle regioni di riferimento”.

Con il Patto della Salute 2010-2012 si è previsto un sistema di monitoraggio dei fattori di spesa con lo sviluppo di una seria di indicatori di performance che potessero mettere in evidenza il rispetto della programmazione nazionale ( dati di finanziamento e spesa pro-capite per macro-livelli di assistenza), gli aspetti di spesa con i costi medi dettagliati ( spesa pro-capite per l’assistenza di base, per la farmaceutica, costo medio ricoveri per acuti, ricoveri di lungodegenza…), una serie di standard fisici (tasso di ospedalizzazione,costo del personale, numerosità del personale, presenza di piccoli ospedali) e indicatori di appropriatezza organizzativa ( degenza media pre-operatoria,

12 D.lgs 68/11 Art.25 ; D.lgs 68/11 Art.27 13

Il conteggio dei costi standard si riferisce al valore medio per categoria di assistenza di tre Regioni scelte dalla conferenza Stato-Regioni tra le 5 migliori indicate dal Ministero della Salute, non incluse tra le Regioni soggette a piano di rientro e che hanno garantito “ l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico” D.lgs 68/11 Art.27, p.5

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percentuale di ricoveri con DRG chirurgico sul totale dei ricoveri..) per stilare una classifica tra le Regioni.

E’ importante un altro decreto attuativo della L.42/09, ossia il D.lgs 118/11, esso tende ad armonizzare i bilanci regionali uniformandoli con l’adozione di uno schema di bilancio, di rendiconto finanziario e di relazione della gestione comune, individuando in maniera precisa i criteri da utilizzare nella valutazione delle poste di bilancio e ricercando maggior trasparenza nel flusso di risorse finanziarie assegnate dalla Regione in ambito sanitario.14

Con il DLgs. 118/11 si intende superare i molteplici problemi, sollevati dalla Corte dei Conti, dovuti alla incongruenze sui bilanci regionali i cui dati vengono utilizzati per la formulazione del set di indicatori di performance. Nel 2010 la Corte dei Conti ha sollevato numerose perplessità sull’attendibilità dei bilanci delle aziende sanitarie e delle Regioni, mettendo in discussione come i risultati fossero “promissori e suscettibili di continue modificazioni” : come i risultati reddituali fossero influenzati dalla componente straordinaria, la dimensione del bilancio sanitario regionale fosse incerta,non definita e non certificata; inoltre la tenuta dei conti non rispettasse l’ordinata contabilità con possibili duplicazioni di pagamenti e incassi.

1.5 Aziendalizzazione

Con la Riforma il legislatore ha voluto aziendalizzare il settore sanitario sottoponendolo al perseguimento delle finalità istituzionali prestando attenzione all’equilibrio economico finanziario. Il legislatore ha anche dato indicazione sugli strumenti economici da utilizzare, le regole organizzative e gestionali da seguire.

La nuova disciplina normativa per le aziende sanitarie parte dal presupposto che il mezzo possa condurre al fine in linea con la definizione di azienda del codice civile “ L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.15

Nell’ambiente economico-aziendale, si studiano i fenomeni economici che si sviluppano nell’azienda, ossia le “manifestazioni di vita e condizioni di esistenza delle aziende, al fini di guidarle verso la creazione di valore nel tempo”.16 Non esamina il mezzo per qualificare l’azienda ma ne trae fondamento dall’esame dei fatti economici compiuti per il perseguimento della mission aziendale. Le operazioni economiche si realizzano tramite il processo economico ossia tramite i

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Il titolo II del D,lgs 118/11 detta i principi contabili per il settore sanitario 15

Cc. Art.2555 16

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beni e servizi economici che riescono a soddisfare il bisogno. Il bisogno economico non è una necessità puramente materiale, ma è inteso in senso più ampio di desiderio.

In ambito sanitario il bisogno è la salute e il benessere fisico, soddisfatto con risorse limitate e offerto all’interno di un mercato. In termini economici “ il problema economico è ispirare a raggiungere il rapporto più favorevole fra un piano di bisogni da soddisfare e una volume di mezzi di cui disporre”17. Nella situazione attuale ciò è avvertito come un’esigenza imminente da soddisfare. Le singole aziende sanitarie cercano, ove possibile, di standardizzare i percorsi di cura e assistenza, per rendere più tempestiva la modalità assistenziale e diminuire gli sprechi e le inefficienze. Il problema economico non si esaurisce nel rapporto ottimale mezzi e soddisfazione dei bisogni ma , si traduce nel “sacrificio che l’acquisizione dei mezzi procura alla persona che produce, e la soddisfazione che impiego dei mezzi procura”18. Questo è ancor più vero quando si parla di sanità, che non è come una mera merce ma è tutelata in modo più ampio perché la soddisfazione percepita dalla società ha un valore molto più alto rispetto al sacrificio economico sopportato.

L’azienda può essere rappresentata dal complesso delle attività economiche svolte dal soggetto o da una collettività di soggetti e costituisce “lo strumento per la soluzione del problema economico in quanto tende a far si che i mezzi a disposizione dei soggetti riescano ad ottenere il massimo dell’utilità, intesa come la massima soddisfazione dei bisogni a parità di mezzi consumati o minimo di mezzi a parità di bisogni soddisfatti”.19 L’azienda sanitaria può essere considerata un sistema composto da lavoro umano, beni e conoscenze, la cui attività è costituita dalla produzione di servizi sanitari e il cui fine è il soddisfacimento del bisogno di salute.

Non esiste una visione univoca di azienda ma si possono delineare dei requisiti di aziendalità,“i caratteri di aziendalità sono comuni ad ogni specie di azienda e dalla loro presenza, o assenza, se ne può dedurre il suo profilo costitutivo, essenziale ed evolutivo20”:

Un insieme di individui e mezzi coordinati che operano per un medesimo fine, l’azienda trascende dall’interesse dei soggetti che le hanno dato origine e la gestiscono. Il fine dell’azienda è la soddisfazione dei bisogni economici e la creazione di valore. Il fine per cui sorge un azienda sanitaria è la soddisfazione del bisogno di salute.

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Amaduzzi A.L’azienda nel suo sistema nell’ordine delle rilevazioni, 1953 pag.2 18

Amaduzzi A.L’azienda nel suo sistema nell’ordine delle rilevazioni, 1953 pag.7 19

Alberti G., Elementi di economia aziendale, CEDAM, 2002, pag.13-14 20

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La ricerca del rapporto ottimale di mezzi per rispondere ai bisogni economici, e la gestione dei fattori economici, per perseguire nel lungo periodo, l’armonia tra i fini economici e i fini generali della collettività. Ossia il principio di efficienza ed economicità nelle scelte, che in sanità va perseguito nel rispetto dell’uso appropriato delle risorse pubbliche.

L’unità, l’azienda è qualcosa di più della somma dei singoli elementi che la compongono, l’azienda nel suo complesso ha proprietà che i suoi elementi non hanno. Così come ogni unità economicamente coordinata, come ad esempio il lavoro in team o in equipe, dove le conoscenze professionali dei singoli, integrate con quelle di altri permettono di arrivare a risultati inaspettati.

Sistematicità, perché ogni operazione non si verifica in maniera casuale ma in stretta relazione con le altre per arrivare ad un fine comune

Autonomia, siccome è un soggetto distinto dagli individui che la creano, la gestiscono e dai fattori produttivi che le danno origine, essa è un’entità con vita propria. Nel settore sanitario l’autonomia aziendale è soggetta ad alcuni restringimenti, il mercato è regolamentato da normative sia nazionali che europee per garantire la salute ed evitare comportamenti volti esclusivamente all’efficienza e al profitto che potrebbero comportare gravi danni alla collettività.

Dinamicità, poiché opera sotto forme e modi differenti in continua evoluzione, per le ricercare le più efficienti combinazioni delle risorse disponibili al soddisfacimento dei bisogni

Mutevolezza, ossia la capacità di rinnovarsi al mutare delle sue strutture, dei processi, e del ambiente sociale, politico economico in cui opera. I cambiamenti per le strutture pubbliche sono in parte, espressione di una tendenza al miglior adeguamento delle aziende al situazione di mercato in cui operano e, in parte, risultanza di forti condizionamenti delle istituzioni (Stato,Regioni)

La presenza di un soggetto economico, che ne indirizza la strategia aziendale, identificandone gli obiettivi e le modalità di relazione con il mondo e sterno ed interno e l’individuazione di un patrimonio appartenete al “soggetto giuridici” azienda. Il soggetto giuridico di un azienda sanitaria è prevalentemente pubblico, ovvero si finanzia con il sistema sanitario con i capitali sottratti ai cittadini tramite imposizione fiscale per perseguire gli obiettivi di tutela della saluta della società.

Per Giannessi “ L’azienda non ha per scopo il conseguimento del lucro o il soddisfacimento di bisogni umani, ma il conseguimento di un determinato equilibrio economico a valere nel tempo”.21 Per tanto l’obiettivo non è raggiungere un risultato economico tale da remunerare il capitale

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investito, ma avere la capacità di equilibrare i costi con i ricavi per permettere all’attività economica di perdurare nel tempo. Una visione rispettosa delle risorse pubbliche sia garante della mission aziendale. Mentre le azienda pubbliche offrono la totalità e complessità dei servizi sanitari, le aziende sanitarie private tendono a collocarsi su quei segmenti di offerta più remunerativi e meno soggetti ad alti costi ed incertezza di mercato.

1.6 Servizio Sanitario Nazionale

“Il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”22.

L’obiettivo perseguito dalla riforma è quello di realizzare adeguati standard di efficacia ed efficienza dello stesso, per contenere la spesa sanitaria complessiva, mediante un effettivo aumento dell’efficienza.

Come era già nelle legge 833/78 era l’introduzione del momento della programmazione, uno degli elementi fondamentali della gestione dell’intero sistema sanitario. Il decreto attribuisce di nuovo rilievo alla programmazione sanitaria svolta a livello centrale e, quindi al Piano Sanitario Nazionale, esso diventa di durata triennale e deve contenere le indicazioni circa: le aree di intervento, i livelli uniformi di assistenza sanitaria, i progetti-obiettivo, le esigenze prioritarie in materia di ricerca scientifica, gli indirizzi per la formazione del personale, le misure e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza,i finanziamenti a ciascun anno di validità del piano in coerenza con i livelli uniformi di assistenza; inoltre si prevede un iter più rapido per l’emanazione dello stesso, la predisposizione e adozione del PSN è affidata al Governo, e non più al Parlamento.

Per quanto riguarda la programmazione, definizione degli obiettivi la nuova normativa, fa riferimento ai livelli uniformi di assistenza, che sono definiti come: quegli obiettivi che ciascuna funzione assistenziale del ssn deve conseguire, mediante un sistema di attività e prestazioni che devono assicurare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Le principali funzioni assistenziali del SSN individuate nel PSN sono :

• Assistenza collettiva in ambiente di vita e lavoro

• Assistenza sanitaria di base

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• Assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale

• Assistenza ospedaliera

• Assistenza sanitaria residenziale a non autosufficienti e lungodegenti stabilizzati Nel 1998/2000 i livelli uniformi sono stati accorpati a tre:

• Assistenza collettiva in ambiente vita e lavoro

• Assistenza distrettuale

• Assistenza ospedaliera

Nei limiti delle risorse disponibili e in coerenza con il PSN, le regioni sono tenute a definire nell’ambito dei PSR (Piani Sanitari Regionali), gli obiettivi e le relative strategie di attuazione: se il trasferimento del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) non è sufficiente per il raggiungimento degli obiettivi, la regione può integrarlo attraverso l’applicazione di tariffe o di tributi regionali oppure la regione può provvedere al ridimensionamento degli obiettivi in termini di contenimento quali - quantitativo delle risorse. La riforma del SSN ha introdotto il cosiddetto principio di responsabilizzazione finanziaria in capo alla Regioni; tale principio esonera lo Stato da interventi di ripiano dei disavanzi, dovuti: all’erogazione di livelli assistenza superiori a quelli uniformi,, all’adozione di modelli organizzativi diversi da quelli assunti a base della quota capitaria di finanziamento, o, a disavanzi di gestione delle unità sanitarie; in questi casi è stabilito che sia la regione a provvedere al soddisfacimento delle esigenze finanziarie sopravvenute mediante l’autofinanziamento regionale, cioè aumentando i tributi oppure imponendo ticket su prestazioni esenti o contributi sanitari obbligatori. Attraverso la responsabilizzazione finanziaria delle regioni, il legislatore ha instaurato un più stretto legame tra programmazione finanziaria e finanziamento, subordinando la definizione degli obiettivi alla capacità di copertura degli stessi.

Le Regioni diventano una sorta di Holding, che deve provvedere allo sviluppo armonico delle strutture aziendale poste sotto la propria giurisdizione.

L’ultimo livello di governo del SSN è rappresentato dalle Aziende Sanitarie Locali, il D.lgs 502/92 conferisce alle Usl lo status di azienda dotata di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica da qui (Azienda Sanitaria Locale,ASL). Essa viene scorporata dal comune o dai comuni di riferimento: non è più un presidio comunale, ma è un azienda autonoma che, in quanto tale deve essere in grado di operare in

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condizioni di economicità, al fine di perseguire il proprio obiettivo istituzionale di produzione ed erogazione di servizi sanitari per la tutela della salute. Il processo di aziendalizzazione è quindi guidato dal riconoscimento, alle ASL e a taluni ospedali, di una piena autonomia imprenditoriale, pur nella salvaguardi della natura pubblica e delle finalità sociale ed umanitarie che da sempre si riconoscono ai servizi sanitari. L’aumento degli spazi a propria disposizione, l’intensità delle pressioni, sia in termini di competitività che di maggior complessità, spingono le aziende a sperimentare nuovi assetti organizzativi, per improntare la gestione ai criteri di efficacia, efficienza ed economicità. L’elemento di maggiore innovazione è quello dello scorporo degli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione dalle ASL e alla costituzione di Aziende Ospedaliere. Le aziende ospedaliere mantengono la stessa organizzazione delle ASL. La loro gestione è affidata al un direttore generale, nominato dalla Regione tra gli iscritti ad un apposito elenco nazionale tenute presso il Ministero della Sanità. Il direttore generale ha un potere ampio ed è coadiuvato dal direttore amministrativo e da quello sanitario, da lui stesso scelti, e dal Consiglio dei sanitari, organismo dotato di funzioni di consulenza tecnico-sanitaria.

All’Asl spetta il compito di gestire e coordinare l’attività dei diversi soggetti operanti nel servizio sanitario. L’Asl diventa sia soggetto produttore delle prestazioni sanitarie fornite attraverso le proprie strutture sia soggette acquirente \ pagatore per le prestazioni acquisite da altri enti, la cui remunerazione è commisurata ad uno specifico meccanismo tariffario.

Le aziende sanitarie producono direttamente, oppure acquisiscono da produttori esterni sia pubblici, sia privati, i servizi sanitarie necessari per soddisfare i bisogni afferenti alla popolazione residente nel proprio territorio.

Le Aziende Ospedaliere, sono ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione che svolgono, esclusivamente, una funzione di erogazione di prestazioni.

I rapporti che si instaurano tra ASL e strutture di erogazione sono disciplinati attraverso l’istituto dell’accreditamento che ha sostituito il precedente basato sulla convenzione.

L’accreditamento è la condizione necessaria per far si che una struttura privata dotata di particolari requisiti, disposti dal D.lgs 299/99, possa entrare a far parte del SSN. Spetta alle Regioni disciplinare le procedure di accreditamento con le strutture sanitarie e definire gli accordi contrattuali secondo le quali le aziende possono erogare servizi e prestazioni, di cui controllano l’operato e l’esercizio di controllo di qualità esterna. L’accreditamento è un novità importante della riforma perché ha dato la possibilità al cittadino di avvalersi di strutture private o pubbliche.

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La complessa articolazione del sistema che si è venuta a creare dipende essenzialmente da due aspetti reciprocamente correlati: la libertà riconosciuta ai cittadini di scegliere la struttura sanitaria ritenuta più idonea al soddisfacimento dei propri bisogni e la regolamentazione della concorrenza che si viene a creare tra le varie tipologie di fornitori di prestazioni sul mercato. Le scelte operate dalle regioni possono prevalere un aspetto o un altro. L’ampiezza della possibilità di scelta da parte dei cittadini dipende dal numero di fornitori presenti. Le Regioni hanno adottato modelli diversi che si differenziano per il ruolo e per le funzioni attribuite alle diverse categorie di operatori, ad esempio per le modalità di allocazione delle risorse, per il grado di regolamentazione e per i meccanismi di programmazione.

La volontà di arrivare ad una sintesi ha consentito di configurare una serie di modelli che raffigurano i tratti salienti dei principali sistemi regionali: Modello ASL- finanziatore, Modello ASL- Sponsor e Modello ASL- regolatore.

Modello ASL- finanziatore, Modello Lombardo, il consumatore è libero di scegliere tra tutti i fornitori accreditati sia pubblici che privati; le Asl assumono il ruolo di terzo pagatore ossia di soggetto preposto all’acquisto tramite i fondi ricevuti dalla Regione, di prestazioni sanitarie per i propri assistiti, dalle Aziende ospedaliere e dalle strutture accreditate, che ottengono una remunerazione in relazione alle prestazioni erogate. Le Asl assumono in questo modello, solamente la funzione di acquirenti, lasciando l’erogazione delle prestazioni alle altre organizzazioni sanitarie. “Con questo modello l’azienda sanitarie gestisce, mentre gli ospedali pubblici o privati, e le strutture accreditate, erogano il servizio. La Regione stabilisce l’accreditamento degli erogatori del servizio, le tariffe delle prestazioni e i criteri della loro erogazione. Le Asl definiscono i contratti con margini di manovra limitati a causa della necessità di negoziazione con una vasta molteplicità di erogatori, senza poter programmare l’offerta che è ancillare alla domanda.” 23

Questa competitività tra i diversi erogatori e la libertà di scelta lasciata ai cittadini da un lato spinge verso il perseguimento dell’efficienza e di elevati standard dall’altro però presenta degli svantaggi tra cui la limitata possibilità di programmare l’offerta complessiva ed una possibile crescita del settore privato più flessibile e quindi più facilitato delle strutture pubbliche.

Attraverso la negoziazione contrattuale vengono stabiliti i requisiti qualitativi delle prestazioni erogate, i limiti della concorrenza, le forma di controllo attuate dalle Asl. La natura di questo modello implica una forte attenzione all’articolazione degli operatori presenti sul mercato, il numero di strutture sanitarie dovrebbe essere numeroso perché da questo che viene rafforzata la

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concorrenza ma anche il numero di acquirenti non deve essere troppo ristretto perché altrimenti le Asl non possono mantenere una supremazia contrattuale sui fornitori.

La maggior criticità di questo modello è dovuta al fatto che le difficoltà di natura negoziale che incontrano le Asl sono riconducibili a vincoli contrattuali che rinchiudono la contrattazione in ambiti troppo ristretti.

L’autonomia concessa ai governi Regionali ai quali si è aggiunto un quadro normativo nazionale ambiguo, ha fatto solo la Lombardia abbia adottato questo schema. In Lombardia sono presenti 15 Aziende Sanitarie Locali, che hanno un bacino d’utenza che varia dei 96.000 abitanti (Val Camonica) ai 1,3 milioni dell’area milanese. Sono presenti 29 Aziende Opsedaliere.

Fonte: ns. elaborazione

Figura 2 Il modello Lombardo

Modello ASL- sponsor, si caratterizza per una programmazione e un controllo della spesa pubblica più attivo da parte delle ASL e, per una forte limitazione della scelta da parte dei cittadini.

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L’azienda agendo per conto dei loro assistiti valuta e seleziona sul mercato le strutture ospedaliere sia pubbliche sia private che offrono il miglio rapporto qualità-prezzo e con queste concludono dei contratti sulla base di tariffe negoziate. La libertà di scelta dei cittadini si riduce molto, ai soli fornitori prevalentemente selezionati. La concorrenza tra gli operatori si mantiene comunque sostenuta considerata l’intenzione di mantenere alla scadenza, la riconferma del rapporto. Il mercato che ne consegue è sensibilmente condizionato dalle effettive capacità amministrative espresse dalle ASL e dagli ingenti costi connessi alla fitta rete di informazioni che le aziende devono necessariamente costituire e gestire per controllare i fornitori selezionati.

Accanto ad una serie di vantaggi della concorrenza amministrata, connessi principalmente alla maggiore responsabilizzazione economica e all’uso efficiente delle risorse, sono stati individuati nel tempo una serie di limiti :

Asimmetria informativa tra acquirenti e fornitori che determina da parte dei primi una difficoltà a determinare l’operato dei secondi, pregiudicando la possibilità di determinare una tariffa equa e di attuare un controllo valido sulle caratteristiche qualitative del servizio acquistato

All’esistenza di condizioni che limitano l’esercizio del diritto di scelta del miglior fornitore della prestazione

Alla manifestazione di fenomeni di comportamento opportunistico da parte dei manager aziendali indotti da logiche competitive, con possibili conseguenti peggioramenti della qualità dei servizi offerti.

La presenza dei suddetti limiti ha spinto progressivamente le autorità ai accostarsi sempre di più verso meccanismi di mercato cooperativo.

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Fonte: ns elaborazione

Figura 3. Modello sanità Veneto

Fonte: ns. elaborazione

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Modello ASL - programmatore, Modello Toscano, esalta il ruolo regolatore della concorrenza attribuito alle Regioni.

In questo schema, l’Azienda Sanitaria Locale, ricalcando il dettato della normativa nazionale, svolge il duplice ruolo di fornitore ed acquirente. In particolare le ASL hanno il compito di erogare ai propri assistiti la funzione assistenziale di primo livello attraverso le proprie strutture e di acquistare dalle Aziende Ospedaliere e dalle strutture accreditate prestazioni di alto livello, ossia prestazioni di alta specialità, divenendo in questo modo punti di riferimento per la soddisfazione della domanda di prestazioni specialistiche sia a livello regionale che nazionale. L’attività delle Aziende Ospedaliere e delle strutture private e pubbliche accreditate è quindi residuale rispetto alla attività erogatrice delle ASL, le quali sono conseguentemente incentivate all’autosufficienza nell’erogazione dei servizi sanitari, andando così a limitare anche la concorrenza tra le strutture stesse. La regolamentazione della concorrenza e il controllo della spesa viene perseguita attraverso accordo d’area vasta, che rappresentala dimensione operativa interaziendale attraverso la quale viene garantito il miglior coordinamento e la programmazione delle attività svolte dalle ASL e dalle AO.

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Tale modello può presentare delle problematiche legate alla commistione dei ruoli tra pagatori ee erogatori.

Fonte: ns. elaborazione

Figura 5. Modello toscano

La Regione che meglio ha interpretato questo modello è la Toscana. In toscana sono presenti 12 Azienda Sanitarie Locali e 4 Aziende Ospedaliero - universitarie.

Le 12 Aziende Sanitarie Locali sono a loro volta raggruppate in tre ESTAV (Enti per i servizi tecnico amministrativi di area vasta), suddivisi territorialmente in tre aree vaste:

• Centro Toscana

• Nord-Ovest Toscana

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Fonte: ns. elaborazione

Figura 6. I meccanismi di coordinamento

1.7 Sistema di finanziamento

Il sistema di finanziamento delle ASL come stabilito dal D.Lgs 229/99, è basato sulla popolazione residente, sulla frequenza dei consumi sanitari per età e sesso, tassi di mortalità della popolazione e indicatori relativi a particolari situazioni territoriali.

La Aziende sanitarie e ospedaliere che erogano servizi hanno entrate proprie ottenute grazie al pagamento dei ticket, alle prestazioni a pagamento, alle entrate derivanti dalla gestione del patrimonio da reddito, da donazioni. Ulteriori risorse derivano da proventi per prestazioni erogate a non residenti.

I proventi, da attività offerta in libera professione intramuraria, concernono la possibilità di adibire e riservare degli spazi all’interno delle struttura sanitaria preposti all’espletamento della libera professione del medico dipendente. La legge prevede che l’attività possa essere svolta in regime ambulatoriale, in day hospital e in day surgey.

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Le aziende sanitarie possono anche accedere ed usufruire di particolari forma di indebitamento (mutui, anticipazioni per cassa) per finanziare la propria attività.

Le ASL assegnano la corresponsione alle aziende sanitarie e ai loro presidi ospedalieri dei corrispettivi per le prestazioni erogate. Le modalità di finanziamento sono differenti a seconda delle prestazioni effettuate che vengono ripartite in tre categorie: prestazioni a remunerazione tariffaria (prestazioni ad assistenza specialistica ambulatoriale), prestazioni con remunerazione collegata all’attività svolta con riferimento alle funzioni assistenziali e prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti.

In base al DM del 15 Aprile del 1994 il tariffario viene definito suddividendo la produzione delle aziende sanitarie in classi omogenee: DRG (Diagnosis Related Groups) o ROD (Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi).

Il sistema di DRG, è un sistema di classificazione dei paziente dimessi per acuti elaborato da Fetter dell’Università di Yale, introdotto negli Usa nel 1983 come base per la valutazione dell’assorbimento di risorse nell’attività clinico ospedaliera.

Utilizzato anche in Itale dal 1995, il sistema DRG individua un numero piuttosto elevato di classi finali di recupero, definite in modo da risultare significative sotto il profilo clinico ed omogenee dal punto di vista di risorse assorbite e quindi dei costi di produzione dell’assistenza ospedaliera.

Perciò il sistema Drg si può definire un sistema di isorisorse in quanto orientato a descrivere la complessità dell’assistenza prestata al paziente, partendo dal principio di malattie simili, trattate in reparti ospedalieri simili, che comportano approssimativamente lo stesso consumo di risorse. Tale sistema è stato creato per poter predire la quantità ed il tipo di risorse utilizzate per assistere i pazienti. I DRG consentono di mettere in relazione tra di loro, nell’ambito dell’ospedale visto come struttura produttiva , gli input, ossia le risorse utilizzate (uomini,materiali, attrezzature), gli output, ossia, i servizi diagnostici, terapeutici, ed alberghieri erogati e l’outcome, cioè il risultato conseguito dai pazienti in termini di miglioramento del loro stato di salute e qualità, cioè la qualità tecnico scientifica dei procedimenti utilizzati. Nel nostro paese, questo sistema si fonda sulle informazioni riportate nella scheda di dimissione ospedaliera ed elenca circa 500 tipi di casistiche legate al consumo di risorse, alla durata delle degenza e al profilo clinico del paziente. Nella scheda sono contenute le informazioni di carattere clinico a cui il paziente è stato sottoposto, come la diagnosi principale e secondaria, gli interventi chirurgici o le procedure diagnostiche e terapeutiche; tutti i dati classificati utilizzando un codice internazionale delle malattie e delle cure.

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Le 538 classi sono articolate in 25 Major Diagnostic Catrgories. L’associazione della diagnosi principale di dimissione indica la condizione morbosa che nel corso del ricovero a comportato i maggiori problemi assistenziali e , quindi ha assorbito la maggiore quantità di risorse, non necessariamente quindi, con la maggiore importanza clinica o gravità della patologia trattata. All’interno delle MDC si individua un numero variabile di DRG, elencati progressivamente, prima quelli chirurgici, poi quelli medici, distinti poi per le diverse tipologie di ricovero.

Fonte: ns. elaborazione

Figura 7. Le categorie diagnostiche principali MDC

L’assegnazione di un caso a una specifica MDC avviene in base alla diagnosi principale di dimissione e rappresenta la prima fase del processo di attribuzione del DRG. Il DRG viene attribuito ad ogni paziente dimesso da una struttura ospedaliera tramite un software chiamato

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DRG-31

grouper mediante l’utilizzo di poche variabili specifiche del paziente: età, sesso, tipo di dimissione, diagnosi principale, diagnosi secondarie, procedure/interventi chirurgici.

Si specifica come nei DRGs, appena descritti, siano comprese solamente le prestazioni ospedaliere effettuate in regime di ricovero ordinario, in day hospital, prestazioni di riabilitazione e ricoveri in reparti di lungodegenza.

Le prestazioni ospedaliere non effettuate in regime di ricovero come quelle ambulatoriali, di assistenza residenziale e semiresidenziale, di elisoccorso e di assistenza termale, non vengono classificate nei Diagnosis Related Groups. Queste,infatti, vengono misurate attraverso altri indicatori, ma sono comunque presenti nel sistema tariffario. Esistono, inoltre, delle prestazioni non remunerabili attraverso l’applicazione di tariffare, in quanto caratterizzate da alta specializzazione, rilevanti esternalità ed elevati costi di erogazione. Rientrano in tale tipologia l’organizzazione del 118, il trapianto e il prelievo degli organi, la didattica, la ricerca, l’assistenza e la terapia dei grandi ustionati e altre attività specificate nel Piano Sanitario Nazionale e nei Piani Regionali. Per le suddette prestazioni vengono definiti specifici piani di finanziamento regionale.

I DRG possono essere considerati anche uno strumento di politica sanitaria, infatti oltre che per classificare i ricoveri vengono utilizzati anche per il calcolo delle tariffe.

Con l’obbiettivo di raggiungere una migliore efficienza operativa e di incoraggiare la concorrenza sulla qualità nell’elargizione dei servizi, la remunerazione delle prestazioni del ricovero ospedaliero si ispira ai DRG. Gli importi tariffari vengono utilizzati come proxy dei costi reali per valorizzare i dati relativi alle risorse fisiche impiegate nell’erogazione delle prestazioni sanitarie comprese in uno specifico DRG. Con ciò non solo si realizzano apprezzabili economie procedurali ma si standardizzano di fatto le figure di costo, migliorando anche la confrontabilità dei risultati di studi diversi. Con riferimento alle prestazioni sanitarie in regime di ricovero, subito dopo la riforma sanitaria del 1992, è stato introdotto attraverso il Decreto Ministeriale n. 169 del 14 dicembre 1994 il sistema tariffario nazionale, con riferimento alla versione 10’ dei DRG. Tale tariffario è stato aggiornato con il DM del 12 Settembre 2006. Ogni Regione può decedere una volta adottato il piano tariffario nazionale se utilizzare le tariffe predisposte dal Ministero della salute o modificare le percentuali in eccesso o in difetto, mantenendo i pesi nazionali e variando il valore per punto di DRG. Le tariffe sono determinate in relazione al costo standard di produzione considerando il personale impiegato, i materiali consumati, le apparecchiature utilizzate ed i costi generali dell’unità di produzione delle prestazione.

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Le tariffe regionali, indipendentemente dalla modalità con cui sono calcolate, dovrebbero comunque essere determinate, nel rispetto delle risorse disponibili, e cioè della quota del fondo sanitario che ciascuna regione a destinato all’assistenza sanitaria, con l’obbiettivo di remunerare adeguatamente gli erogatori pubblici e privati, di garantire l’ottimizzazione e l’equità nell’allocazione delle risorse, di concorrere a perseguire gli obiettivi della programmazione sanitaria in relazione ai volumi ed alla tipologia di prestazioni assistenziali, di assicurare l’erogazione dei LEA.

Allo Stato attuale non è possibile stabilire con esattezza i costi effettivi sostenuti nei percorsi diagnostici terapeutici. Ciò è dimostrabile nel ricostruire l’iter assistenziale di un paziente, in un organizzazione si rilevano notevoli differenze tra i costi di produzione e i DRG. Tale differenza trova origine nei sistemi di misurazione impiegati, si ripercuote nelle aziende sanitarie pubbliche, le quali essendo costrette a svolgere anche prestazioni sanitarie non remunerative, si presentano tendenzialmente in perdita, con importanti conseguenze per l’equilibrio economico aziendale del gruppo sanitario regionale.

1.8 Conclusioni

L’aziendalizzazione del SSN è stato un cambiamento voluto dall’alto, dalla politica, delle esigenze di bilancio e imposto senza alcuna gradualità. Questo ha significato solo una parziale realizzazione del processo normativo e una differente efficacia del sistema sanitario a livello territoriale. A seguito della ,riforma il SSN si è composto di aziende, dotate di personalità giuridica, autonome nell’adozione della strategia e della gestione, in competizione le une con le altre, sebbene inserite in un mercato regolamentato, oggetto di valutazione e di confronto da parte del cittadino, della comunità e della politica.

L’aziendalizzazione è stata significativa. E’ cominciata con l’istituzione delle aziende sanitarie, con le conseguenti riorganizzazioni interne, sviluppo di logiche di controllo direzionale; introduzione della contabilità economico patrimoniale e analitica. Le aziende sanitarie hanno iniziato poi a competere tra loro per una posizione nel SSN e per garantirsi maggiori entrate. Per poi arrivare a creare reti infra-regionali di cliniche per patologia,

la mission di una azienda sanitaria deve comunque essere la tutela della salute, con una garanzia di qualità della cura e assistenza. I vincoli di bilancio non possono rappresentare l’elemento che serve per stimolare la gestione e attuare gli strumenti economico aziendali per rendere il più efficiente possibili l’attività. “…Le ASL e gli ospedali devono tendere al rispetto di un bilancio economico ma questo non deve essere l’obiettivo primario dell’organizzazione. A causa di questo equivoco

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abbiamo importato senza sufficiente preparazione terminologie e culture estranee alla sanità, che hanno finito col distogliere i medici dai loro veri e primari interessi per avviarli su percorsi che non sono loro congeniali e che li trovano impreparati.”24

La vera sfida è la creazione di una cultura sanitaria aziendale che si estenda a tutti i livelli delle organizzazioni sanitarie, fornendo conoscenze professionali con i principali strumenti aziendali di gestione, e le capacità manageriali con la sensibilità dell’attività sanitaria.

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CAPITOLO 2

2.1 Introduzione

Nel corso del tempo si sono verificati profondi cambiamenti nei contesti entro i quali le aziende si trovano a operare, questo ha avuto riflessi rilevanti sulle variabili che necessitano di essere governate. Tutto ciò sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. L’insorgere di nuove istanze ambientali e organizzative ha reso necessario il riferimento a un sistema integrato di variabili, al contempo composto da parametri economico-finanziari e qualitativi. Questi mutamenti hanno ingenerato un’evoluzione degli studi e delle applicazioni dei sistemi di programmazione e controllo. Si è assistito ad un evoluzione dei sistemi di misurazione delle performance finalizzati a governare, in modo integrato, tutte le variabili rilevanti, e volti ad armonizzare gli aspetti gestionali con quelli strategici. La balanced scorecard ricopre un ruolo fondamentale; il compito di chi ricopre ruoli decisionale all’interno di un’azienda può essere paragonato a quello di un comandante di una flotta. La propria organizzazione deve muoversi dal punto in cui si trova per raggiungere una metà prestabilita; per fare questo devono essere messi nella condizione di misurare ciò che è importante. La balanced scorecard nasce come strumento per misurare le performance, per supportare l’organizzazione nell’individuazione e, nella spiegazione dei fattori determinanti il successo.

2.2 La balanced scorecard

Gli strumenti adottati nel controllo di direzione sono molteplici, uno di queste particolarmente innovativo è rappresentato dalla balanced scorecard (BSC) o scheda di valutazione bilanciata, che ha segnato il superamento dei tradizionali sistemi e ha creato un sistema in grado di mettere insieme programmazione strategica e controllo direzionale e ha permesso di tracciare e misurare la creazione di valore nelle aziende.

La balanced scorecard è “uno strumento che consente alla direzione di ottenere un disegno sintetico, ma esauriente della situazione strategica dell’impresa tramite la presentazione bilanciata di misuratori sia finanziari che fisico-tecnici, riferiti ad un numero limitato di variabili chiave”.25

La balanced scorecard nasce quale esito di un progetto di ricerca dal titolo “ Measuring performance in the organization of the future”, condotto da Robert Klapan, docente dell’ Univerdità

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Pozzoli S., fattori critici di successo: un’analisi ai fini della strategia e del controllo, CEDAM, 1996, pag.84

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di Harvad, e David Norton, CEO della società di consulenza Nolan e Norton, che si poneva l’obiettivo di sviluppare un nuovo modello di misurazione delle performance, capace di superare gli inconvenienti derivanti dall’impiego degli indicatori tradizionali.

Lo studio venne condotto presso dodici grandi aziende sensibili a simili problematiche e i risultati misero in evidenza la crescente inadeguatezza delle misure economico-finanziarie nonché la loro capacità di creare valore per i diretti portatori di interesse e di rispecchiare la moderna complessità e dinamicità dei mercati. Le evidenze del lavoro di ricerca avevano sottolineato come alcune delle imprese analizzate stessero sperimentando strumenti che, attraverso l’impiego bilanciato di diverse misure fossero in grado di offrire una visione più organica e esaustiva dell’operato aziendale.

Nel 1992 Robert Kaplan e David Norton proposero il primo modello di balanced scorecard, oggetto di modifiche ed integrazioni negli anni successivi. L’obbiettivo era di individuare uno strumento capace di:

• Superare la centralità eccessiva attribuita agli indicatori di natura economica finanziaria

• Permettere un maggior collegamento tra strategia e controllo direzionale favorendone il perseguimento degli obbiettivi

• Indirizzare la gestione verso obbiettivi anche di medio e lungo periodo e non concentrandola solo al breve periodo

• Creare maggior coerenza e coesione tra la gestione e i sistemi di incentivazione

• Porre in luce asset intangibili, variabili chiave del successo delle organizzazioni

Ciascun modello di balanced scorecard è disegnato sull’azienda ad opera dei vertici aziendali e coinvolgendo i principali process owners, spesso sono quest’ultimi ad individuare gli indicatori di performance. La balanced scorecard ha il merito di favorire la comunicazione della strategia all’interno dell’azienda e di perseguirla con attività di monitoraggio costante.

Essendo un modello progettato sulla realtà aziendale, la sua capacità di raggiungere al meglio gli obbiettivi funzionali, a cui è preposta, è direttamente connessa con l’abilità di progettazione della Direzione e del Responsabile del controllo di Direzione.

Un esempio particolare e ben congeniato e conosciuto a livello accademico è rappresentato dalla BSC adottata in Apple:

“The balanced score card at Apple serves primarily as a planning device, instead of as a control device…, Apple uses the measures to adjust the "long wave" of corporate performance, ... Moreover, the metrics at Apple, .. can be driven both horizontally and vertically into each functional organization.

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Considered vertically, each individual measure can be broken down into its component parts in order to evaluate how each part contributes to the functioning of the whole. Thought of horizontally, the measures can identify how, for example, design and manufacturing contribute to an area such as customer satisfaction. In addition, Apple has found that its balanced scorecard has helped develop a language of measurable outputs for how to launch and leverage programs.”26

In altri esempi oggetto di studio dai due autori si mette in luce come, pur nel tentativo di bilanciare breve-lungo termine e indicatori finanziari e non finanziari, la progettazione della balanced scorecard rimanga ancorata su modalità meno spinte, ovvero più tradizionali e meno innovative ottenendo gradi di efficienza inferiori. E’ una dimostrazione che una corretta e adeguata progettazione della BSC dipende dalla cultura aziendale che pervade l’organizzazione al suo interno.

2.2.1 Descrizione della Strategia nella balanced scorecard

Secondo Kaplan e Norton: l’esecuzione della strategia e il conseguente raggiungimento dei risultati voluti è determinato da tre componenti essenziali: la descrizione della strategia, la sua misurazione e la sua gestione. Ovvero secondo i due autori: “non si può gestire, ciò che non si può misurare, e non si può misurare ciò che non si può descrivere”.

La descrizione della strategia è affrontata nel 2004 da Kaplan e Norton nel lavoro dal titolo Strategy Maps, dove essi introducono il concetto di mappe strategiche.

Le mappe strategiche sono connesse le une con le altre da relazioni di causa–effetto. Ogni azione su un’area produce conseguenze ed effetti visibili sulle altre.

Le mappe strategiche consentono di individuare le relazioni di causa-effetto tra le variabili strategiche (KPD) e, di individuare, di conseguenza, gli obiettivi da perseguire. Le variabili strategiche sono misurate attraverso opportuni indici (KPI), cui sono associati valori-obbiettivo (target) per ogni singolo KPI. Lo scostamento tra il valore del KPI e il target permette di valutare il livello di performance su ogni singola variabile strategica. In tal modo la BSC permette di compiere due tipi di valutazioni:

• Individuare le variabili strategiche su cui agire per il raggiungimento degli scopi pianificati

• Valutare l’impatto che le singole iniziative operative hanno sui KPD (variabili strategiche)

26KAPLAN R., NORTON D., Putting the Balanced Scorecard to work, Havard Business School Press,

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Con un sistema informativo in grado di alimentare tempestivamente la BSC è possibile disporre in tempo reale d’informazioni circa il livello di attuazione delle strategie e il livello di efficacia delle operazioni avviate.

Una rappresentazione più chiara della strategia e della sua misurabilità, è possibile attraverso le strategic maps, che consentono di creare un punto di riferimento comune all’interno dell’organizzazione e comprensibile a tutte le unità operative e ai dipendenti. Le strategie e gli obiettivi della gestione, possono essere descritti e rappresentati attraverso l’utilizzo di quattro distinte aree d’esame (strategic maps): area/prospettiva clienti, area/prospettiva dei processi interni, area/prospettiva di apprendimento e crescita, area/prospettiva economico-finanziaria.

Fonte: Kaplan e Norton (1996)

Figura 8. Le 4 prospettive della BSC

La costruzione della Balanced Scorecard inizia con la definizione delle strategie legate al raggiungimento degli obiettivi economico-finanziari, che rappresentano la sintesi, in termini quantitativi monetari, della creazione di valore.

La BSC fornisce una base per comunicare a tutto il personale, i driver di successo attuale e futuro. Comunicando i driver che posso consentire all’organizzazione di raggiungere i migliori risultati aziendali, la direzione aziendale si può avvalere di uno strumento capace di incanalare energie, risorse e competenze verso il raggiungimento di obiettivi a lungo termine.

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