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Risk Management delle nuove tecnologie in sala operatoria

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Academic year: 2021

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E’ più facile percepire l’errore piuttosto che cercare la verità,

il primo si manifesta in superficie, mentre la seconda è nascosta in profondità, dove pochi arrivano a cercarla”

Johann Wolfgang von Goethe

“L’ottimismo è un rischio che dobbiamo correre” Georges Bernanos

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INDICE

INTRODUZIONE 4

CAPITOLO I : IL RISK MANAGEMENT 8

Dal Clinical Governance al Risk Management 8 Lo scenario per lo sviluppo del Risk Management nella sanità 10

Il ciclo del Risk Management 13 L’errore umano: dalle teorie ai modelli 16

Classificazione degli errori 17 Definizione di Rischio Clinico 22 Il fenomeno degli errori clinici: aspetti epidemiologici ed economici 29

Perché si verificano gli errori? 31

Analisi reattiva 35 Analisi proattiva 42

Strumenti 46

La gestione del Rischio Clinico 47 Identificazione dei rischi 51 Le gestione del rischio clinico come opportunità di crescita del team 53

Il RM e aziende sanitarie, il fascino del rischio 54 CAPITOLO II: LO STATO DELL’ARTE 58

Uno sguardo sull’Unione Europea 58 Il rischio clinico in Europa: i sistemi di compensazione dei pazienti e le soluzioni

assicurative 60 Le esperienze internazionali 61 La Francia 61 La Gran Bretagna 63 La Scozia 66 La Svezia 67 La Danimarca 70 La Finlandia 72 La Germania 73

Lo stato dell’arte in Italia 75 Le soluzioni adottate 76 La gestione del contenzioso 77

CAPITOLO III: LE RESPONSABILITÀ 79

Dal consenso all’alleanza 79 La responsabilità medica 81 Responsabilità dell’operatore sanitario e della struttura 83

Aspetti medico-legali nella gestione del rischio clinico 87

Responsabilità contrattuale 89 Responsabilità extracontrattuale 92 La responsabilità paraoggettiva 93 Consenso scritto e giuridicamente valido 94

Ipotesi di gestione del contenzioso 95 Rischi, danni e profili di responsabilità nell'attività sanitaria: modificare il rischio

ospedaliero 97

Sicurezza, rischio ed errori in medicina: il rapporto con la società civile ed i cittadini 101

Analisi macro: rapporti tra il SSN e la società civile 103

La valutazione dell’errore 104 Quale alleanza tra sistema sanitario e società civile? 105

Rischi ed errori in ospedale 106 Dove si verificano gli errori? 107 Errore in medicina: le dimensioni del fenomeno 109

Errori medici, la cura-Regioni 111 Contro le «sviste» si richiede più organizzazione 113

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I dati dell’Italia 114 CAPITOLO IV: LE NUOVE TECNOLOGIE ED IL RISCHIO 118

L´impatto delle nuove tecnologie nelle strutture sanitarie 118 Utilizzo delle nuove tecnologie: una relazione pericolosa? 119 La valutazione di una tecnologia in termini di sicurezza per i pazienti 120

Le tecnologie per la riduzione del rischio clinico 122

La chirurgia e la robotica 122 Un robot al posto del chirurgo 126

Il Robot DA VINCI 128 Il RM in chirurgia 133 Analisi di dati sulla chirurgia robotica 134

Strategie generali di prevenzione degli errori 144 Implementazione delle soluzioni adottate 146 Determinazione delle classi di “apparecchiatura biomedicale” a maggiore rischio clinico 148

Indicatori di processo e outcome nella gestione di sistema della sala operatoria 154

Analisi degli indicatori 155 Indicatori di esito 155 Indicatori di processo 156 Indicatori di struttura 157 Indicatori di soddisfazione del cliente 157

CONCLUSIONI 158 BIBLIOGRAFIA 160

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INTRODUZIONE

Un’aspirazione comune è di avere a disposizione organizzazioni, strumenti e tecnologie, prestazioni di buona o di eccellente qualità. È però difficile definire la qualità e lo è ancor di più se si fa riferimento alla sanità caratterizzata da notevolissime situazioni di variabilità e di incertezze che persistono nonostante i notevoli progressi tecnologici e scientifici della medicina che rendono sempre più complesso e, per certi versi, vulnerabile il sistema sanitario in un contesto di grandi cambiamenti si sono modificati i ruoli degli operatori sanitari; vale a dire il rapporto medico-paziente non è più “paternalistico”, i valori etici da individuali hanno acquisito rilevanti connotazioni sociali, è aumentata da parte dei cittadini/utenti la consapevolezza dei propri diritti. Negli ultimi anni, la sicurezza dei pazienti è salita ai primi posti nelle priorità dei servizi sanitari di molti paesi. Di solito la sicurezza diventa una tematica rilevante solo dopo un disastro ampiamente pubblicizzato, in ambito sanitario in realtà non ci sono stati simili Big Bang ma solo una miriade di rapporti di alto livello ed un considerevole numero di studi1.

Nel nostro paese e nel contesto internazionale si assiste oggi ad un rinnovato interesse per il tema della sicurezza e della qualità delle prestazioni sanitarie. Si tratta di un fenomeno che merita di essere attentamente valutato attraverso un’analisi che affronti la questione a partire dal modo con cui si sono evolute le priorità strategiche dei sistemi sanitari in questo ultimo decennio. Le prospettive di aumento della produttività e di recupero dell’efficienza, che avevano guidato l’attenzione dei decisori istituzionali e delle aziende dalla fine degli anni Ottanta, con il processo di aziendalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), stanno lasciando il posto ai temi legati alla “qualità”, alla ricerca di un equilibrio possibile tra la domanda di cittadini-consumatori sempre più esigenti e dinamiche economico-finanziarie non più affrontabili con misure miopi di mero contenimento o di razionalizzazione della spesa pubblica. E’ in questo mutato contesto che si inserisce il tema del Risk Management (RM) nelle aziende sanitarie2.

I programmi per il miglioramento della qualità dei servizi sanitari e sociosanitari rappresentano un investimento necessario: oggi, per il miglioramento dell’appropriatezza dell’assistenza prestata ai cittadini, e domani, per garantire la sostenibilità del sistema. Il fabbisogno prioritario a livello politico, istituzionale e aziendale, è dimostrare concretamente ai portatori di interesse, interni ed esterni, il livello di efficacia e di appropriatezza raggiunto e le prospettive di miglioramento delle performance attuali.

1 Reason J., La gestione del rischio clinico, 2004.

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Nella nostra cultura, l'errore è un peccato e il peccato si castiga. Cambiare questo atteggiamento è arduo: che un professionista della salute arrivi ad autodichiarare un suo errore è un comportamento che per essere raggiunto comporta anni di sforzi e trasformazioni.

Il problema interessa un elevato numero di pazienti ricoverati e non (cadute, flebiti, infezioni nosocomiali, etc.); e un elevato numero di apparecchiature ospedaliere. L'alto numero di errori produce di conseguenza un incremento della mortalità e della morbilità, un costo addizionale, diminuisce il grado di soddisfazione dei clienti, può essere causa di reclami e problemi legali con conseguenti risarcimenti. Indipendentemente da tutte queste ragioni, lo studio del rischio va sostenuto a livello professionale perché è un problema etico. Un elemento basilare della bioetica è che l'operatore professionale in primo luogo non deve nuocere, almeno intenzionalmente. Secondo J.W. Craddick, evento avverso - conseguenza dell'errore - è "qualsiasi esito sfavorevole che non sia la conseguenza

naturale della malattia". Una classificazione completa degli errori e dei rischi deve

comprendere, tra l'altro, le seguenti voci:

- gli incidenti (del tipo cadute, da intubazione endotracheale, sondaggi, etc.); - gli errori nelle procedure (broncoaspirazione per somministrazione di cibi

semiliquidi, infezioni delle vie urinarie, chirurgiche, malnutrizione, da sovradosaggio di liquidi, etc.);

- fattori legati alla struttura (guasti e malfunzionamenti di apparecchiature - es. defibrillatori, monitors - ripetizioni di esami RX, etc.);

- istruzioni inadeguate (errori di somministrazione di farmaci per varie ragioni, del tipo trascrizione errata, etc.);

- assistenza inadeguata, che comporta un prolungamento della degenza o dimissioni premature con rischio di ricadute, cattiva sorveglianza dei malati con allontanamenti dal reparto, pazienti dispersi nell'interno di grandi complessi ospedalieri, aggressioni.

In quest’ottica si colloca la sempre maggiore attenzione degli Stakeholder nei confronti dei concetti e degli strumenti di “Corporate Governance”, “Internal Audit”, “RM” e, in relazione alla sfera dell’attività clinica, “Clinical Governance”, “Clinical Audit”, “Clinical

RM”.

La loro valenza è duplice. In primo luogo, interna: le aziende sanitarie hanno investito in programmi per la qualità dell’assistenza per ottenere risultati immediati. Le realtà che hanno avviato iniziative quali, ad esempio, il clinical audit, hanno spesso prodotto

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significativi cambiamenti nei processi e nelle attività, ottenendo soddisfacenti “ritorni sull’investimento”.

Bisogna inoltre considerare la valenza esterna. Nella logica del Performance

Measurement, l’attivazione dei programmi per la qualità è un’occasione concreta per

misurare l’efficacia del sistema sanitario e trasferire questa informazione all’esterno.

La qualità, così processata, non rappresenta più un obiettivo strategico ritualmente declinato nei piani, ma una dimensione operativa dell’assistenza. Essa è una caratteristica misurabile, osservabile nel tempo riferita ad un numero di aree selezionate e prioritarie (ad esempio, la gestione della cartella clinica, la presa in carico del paziente con diabete non complicato, e così via), quindi, non più “generica”.

I vantaggi indiretti per il sistema derivano, quindi, non solo dagli esiti delle azioni implementate (il risultato intermedio), ma anche dall’assunzione della decisione in sé di investire nella qualità. La stessa considerazione vale nei confronti degli operatori e dei professionisti, così come dei referenti politici e istituzionali dell’azienda. In sintesi, l’investimento per il miglioramento della qualità, se opportunamente comunicato ai portatori di interesse, è già un primo passo per produrre in concreto il cambiamento auspicato. Decidere di affrontare la gestione del rischio clinico in un’azienda sanitaria presuppone una buona dose di pragmatismo ed umiltà.

Il presente lavoro si propone come obiettivo quello di fornirne una visione a 360° del RM in Europa ed in Italia con le problematiche connesse, in particolare si vuole fornire uno scenario sull’utilizzo delle nuove tecnologie (tra cui quelle operatorie) e gli errori che al momento sono connessi. L’argomento presenta infatti tanti problemi di ordine etico, giuridico, organizzativo, economico, tecnologico che, se non si avesse una forte determinazione, difficilmente si sarebbe in grado di ottenere un risultato. L’umiltà è inoltre necessaria quando si vuole introdurre una nuova tecnologia e non si dispone degli strumenti conoscitivi necessari per l’utilizzo come standard clinico. Il percorso della gestione del rischio legate alle nuove tecnologie è un processo lungo in quanto è necessaria una forte sensibilizzazione degli operatori sanitari e soprattutto, la volontà a tutti livelli aziendali di mettere in discussione le decisioni e le scelte organizzative sbagliate che possono favorire o determinare un evento avverso. È necessario non pensare di cambiar tutto in poco tempo ma creare prima i presupposti al cambiamento. L’interrelazione tra medici e ingegneri è quindi necessaria per migliorare da un lato le prestazioni sanitarie e dall’altro le tecnologie messe a disposizione. Solo dall’incontro tra bisogni del chirurgo e le soluzioni degli ingegneri è possibile migliorare la tecnologia utilizzata in ambito

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sanitario. Il supporto dei medici è imprescindibile e va cercato soprattutto tra coloro che si dimostrano più sensibili e motivati alle tematiche di RM. Si rende necessario investire molto sulla formazione ben centrata sull’utilizzo delle nuove tecnologie e sul RM.

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CAPITOLO I : IL RISK MANAGEMENT

Dal Clinical Governance al Risk Management

Ogni attività umana porta con sé una dose di rischio. L’attività di una struttura sanitaria, sia essa un ospedale, un ambulatorio o un servizio di assistenza domiciliare, comporta un numero di rischi particolarmente elevato. Parlare di gestione di rischio, e di rischio clinico in particolare, comporta la necessità di definire una terminologia comune e condivisa, poiché spesso nell’uso comune dei termini si creano ambiguità. In particolare il concetto di rischio è difficilmente espresso in modo univoco soprattutto nel linguaggio comune. Esiste una concezione soggettiva del rischio, che è data dalla percezione di una determinata situazione come potenzialmente apportatrice di un danno e ha quindi notevoli implicazioni psicologiche. Esiste poi una concezione oggettiva, matematica, del rischio. Entrambe sono visioni rilevanti nell’ambito della Gestione del Rischio. Il rischio come percezione soggettiva è da tempo oggetto di studio in ambito psicologico sociologico e di interesse per la medicina, soprattutto preventiva, come elemento determinante nell’introduzione di comportamenti più o meni sicuri.

Ciò che emerge è che anche dove il rischio è quantificato sulla base di dati statistici, la percezione differisce da individuo a individuo.

Passiamo ora a delineare il modello base su cui si fonda la gestione clinica del rischio. Il modello di Clinical Governance3 si limita a delineare la cornice strategica entro cui declinare operativamente alcuni strumenti a servizio dell’appropriatezza tra cui, in particolare, il RM. Per meglio evidenziare i due livelli di obiettivi (“appropriatezza” e “sicurezza”) si deve considerare come prima fase, rispettivamente, la connessione tra il Sistema di Clinical Governance e a quello di RM considerando il rapporto evidenziato dalla Figura 1. Per ciascun pilastro del modello di Clinical Governance troviamo i nuovi sistemi di gestione aziendale che si rafforzano o si sviluppano ex-novo.

3 Cosmi L. - Del Vecchio M., Lo sviluppo della funzione RM nelle aziende sanitarie: una prospettiva

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Figura 1: Il rapporto tra Clinical Governance – RM (fonte: McSherry R., Pearce P., 2002, adattato)

Il percorso verso l’emergere del RM vede in gioco due ulteriori fattori di contesto che stimolano, specificamente, lo sviluppo di un sistema aziendale a supporto della sicurezza dei processi svolti. Essi sono:

1. il fenomeno, in espansione, del rifiuto degli esiti dei processi di diagnosi, cura e riabilitazione da parte dei pazienti, che sfocia nell’aumento della conflittualità e nell’esplosione dei reclami e, di conseguenza, dei risarcimenti. Esso dimostra la crescente litigiosità del sistema sociale, indirettamente misurabile in termini di insorgenza dei reclami e delle richieste di risarcimento per motivi di responsabilità civile del medico, supportate da vari orientamenti della giurisprudenza sempre più a favore dei “consumatori”;

2. il ruolo del mercato assicurativo, che ha assistito a partire dagli anni ‘90 ad un’esplosione dei costi delle polizze. La crescita dei premi sulla responsabilità civile che le aziende sanitarie corrispondono alle compagnie (oramai stabilizzatisi su livelli decisamente preoccupanti) è solo in parte conseguenza di una crescita analoga dei risarcimenti corrisposti ai pazienti. La dinamica appare, a tutti gli effetti, una variabile non governata dalle aziende sanitarie. Infatti, in assenza di modalità in grado, da un lato, di gestire il livello di rischio sopportato e, dall’altro lato, di rappresentare oggettivamente il miglioramento perseguito da queste azioni nei confronti del mercato assicurativo. Le aziende non hanno la possibilità di

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modificare in alcun modo la dinamica delle polizze, o di contrattarne i prezzi facendo riconoscere al mercato le performance aziendali “virtuose” di gestione del profilo di rischio aziendale. In definitiva, l’asimmetria informativa tra mercato assicurativo e aziende sanitarie è un fattore che distorce le convenienze degli attori, compagnie e aziende, nel riposizionarsi verso soluzioni più efficienti.

È indubbio, in ogni caso, che esso induce riflessioni e reazioni nella maggior parte delle aziende, stimolando la nascita di iniziative di RM nonostante la scarsa ricettività dimostrata su questo fronte dal mercato assicurativo. Nel settore sanitario è oggi possibile osservare l’emergere non solo di una sensibilità al problema della gestione del rischio, ma anche una domanda esplicita di intervento che prefigura lo spazio per l’evoluzione di una “funzione aziendale di RM” nelle aziende sanitarie. Sulla base di queste osservazioni è possibile tracciare due indicazioni preliminari per l’avvio di una “Strategia del Sistema Sanitario Regionale (SSN)” per il RM.

Per ciò che concerne lo studio e la progettazione, è evidente che sia l’approfondimento scientifico che l’avvio delle prime esperienze a livello aziendale non possano che essere demandate a gruppi di lavoro multidisciplinari, in grado di assicurare la convergenza di conoscenze e competenze cliniche e sanitarie, gestionali, ingegneristiche, giuridiche. La sinergia tra più paradigmi, prospettive di approfondimento ed esperienze rappresenta una condizione e, al contempo, un fattore critico di successo per il consolidarsi delle esperienze di gestione dei rischi nel settore sanitario.

Lo scenario per lo sviluppo del Risk Management nella sanità

Nel nostro paese il RM a livello ospedaliero è ancora considerato un'innovazione. Diversamente da quanto avviene negli USA, o nel Regno Unito, dove il Department of

Health ha sviluppato un programma nazionale per la gestione dei rischi, il SSN registra ad

oggi solo un numero limitato di iniziative, condotte autonomamente dalle aziende più sensibili o innovatrici a questo tema; in alcuni casi, in seguito all'aggravarsi particolarmente critico del proprio profilo di rischio. Come emerge da un'indagine esplorativa del CERGAS4, si tratta, comunque, di sperimentazioni parziali di analisi e valutazione dei rischi, che non vanno pertanto considerate come l'implementazione di un vero programma di RM. Di fatto, non esistono né nel settore sanitario pubblico, né in quello privato, esperienze di RM con un respiro "aziendale" (che coinvolga tutta

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l'organizzazione e la sua attività, e non particolari processi/unità operative). Le aziende sanitarie non paiono avvertire l'esigenza della figura di Risk Manager; inoltre, non hanno competenze interne o la cultura necessaria ad un investimento in questa direzione.

Secondo la Commissione Tecnica sul Rischio Clinico promossa dal Ministero della Salute, la situazione italiana è a macchia di leopardo5: gli strumenti di gestione e di rilevazione degli errori sono ancora poco utilizzati (Figura 2), con un grado decrescente da Nord a Sud nella diffusione delle iniziative. Solo l’89% delle strutture a cui è stato inviato il questionario, ha dichiarato di aver attivato un sistema per la gestione dei reclami, mentre le unità operative per il rischio clinico sono molto meno presenti (17%). Sono poche anche le strutture che monitorano gli eventi sentinella. I sistemi per gestire i reclami sono diffusi in modo disomogeneo, più diffusi a Nord-Ovest in cui interessano il 100% delle strutture, nel Nord-Est il 90%, al Centro l’82% e al Sud il 90%.

Figura 2: Reclami e pratiche di indennizzo Fonte: Il Sole 24 Ore- Sanità

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Alcune caratteristiche intrinseche del settore sanitario rendono il RM un'attività del tutto peculiare rispetto ai modelli affermatisi nel settore industriale. Il principale fattore di differenziazione è dato dal fatto che è estremamente difficile, se non impossibile, ricondurre ad una gestione unitaria gli aspetti di rischio inerenti alla sicurezza con quelli relativi al governo clinico dei processi assistenziali. La componente ingegneristica dell'attività e le tematiche di "protezione aziendale", infatti, sono in genere ritenute secondarie rispetto alla gestione del rischio clinico e delle connesse problematiche etiche, poiché nell'ambito dell'assistenza è centrale il danno alla persona, piuttosto che quello alla struttura. Tradizionalmente, l'aspetto della sicurezza è affidato a figure specifiche (il Responsabile della Sicurezza, l'Ingegnere Clinico), ed è quindi nettamente distinto dal secondo. La gestione della sicurezza dei processi clinici, a sua volta, non può avvalersi di modelli mutuati dall'esperienza industriale e si colloca più propriamente nell'ambito dei sistemi per la qualità dei servizi. Le aziende non sono, meramente, attente all'esplosione delle cause per RC che, dall'inizio degli anni '90, coinvolgono sempre più spesso i medici e le aziende; piuttosto, è il tema della sicurezza che è oramai stato ampiamente accettato (almeno negli intenti) come aspetto imprescindibile dal servizio di qualità. Nell'ambito del rischio clinico, le aziende sanitarie hanno generalmente adottato un approccio amministrativo al problema, limitandosi all'acquisto della polizza. In questo ambito il problema, quindi, è l'assenza nelle aziende di una strategia in grado di ricondurre la gestione del profilo di rischio clinico in una visione più ampia, che coinvolge l’analisi e la revisione dei propri processi assistenziali. La preferenza delle aziende per la soluzione "esterna", a sua volta, ha originato distorsioni nel rapporto con il mercato assicurativo che, fino alla seconda metà degli anni ‘90, ha mantenuto verso tutto il settore della PA un atteggiamento paternalistico. La conseguenza è stata l'esclusione delle aziende dall'accesso all'informazione sulla gestione dell'iter delle denunce, quindi, debolezza ed eccessiva dipendenza dalle compagnie. Questa considerazione, nell'insieme complessivo di eventi e cambiamenti ambientali verificatosi negli anni '90 (Tabella 1), ha creato un quadro preoccupante, che solo una corretta cultura di gestione del rischio potrà invertire. I profili di rischio tipici delle aziende sanitarie, infatti, sono determinati da tre ordini di fattori, di cui solo uno è direttamente controllabile:

• caratteristiche dell'utenza/tipologia di prestazioni erogate;

• variabili organizzative (procedure, competenze e abilità professionali, dotazioni strutturali e tecnologiche, sistemi di qualità, cultura organizzativa);

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Principali fenomeni (ultimi 5-10 anni) Effetti Riforma del SSN

Più autonomia alle scelte aziendali, concorrenza tra strutture pubbliche e private

Cambiamento culturale (movimento dei consumatori, medicina legale e assicurativa, Tribunale del malato, mass media)

Aumentano le aspettative sui servizi e la propensione ai reclami

Quadro giuridico di riferimento su errore del medico Aumenta la responsabilità e diminuisce la copertura professionale

Formula delle polizze: claims made, invece che losses occurence

Diminuzione della validità temporale di copertura, quindi del numero medio di eventi denunciabili

Più controlli delle compagnie su eventi e denunce (aree prioritarie: rischio sangue e sperimentazione clinica dei farmaci)

Diminuisce la copertura automatica

Legge sulla privacy Potenziali ostacoli per la gestione statistica dei dati e iter dei reclami

Tabella 1: Principale fenomeni ed effetti

A fronte di questo quadro, lo strumento principale individuato dal Piano Sanitario Nazionale (PSN) e dal D.Lgs. 229/99 è costituito dai sistemi per la qualità per una pratica clinica efficace e appropriata; tuttavia, questi sistemi non possono essere considerati sostitutivi di uno specifico programma di RM. L'onere progettuale dei sistemi di RM, pertanto, è stato implicitamente trasferito all'iniziativa delle singole aziende, che si trovano oggi a dover gestire l'emergenza di un mercato assicurativo meno disponibile e della mancanza di competenze e strumenti aziendali. Il punto chiave, al di là dall'importazione dei modelli, oggi facilmente reperibili sul mercato dei servizi di consulenza, dovrà essere lo sviluppo di una cultura dei rischi nelle aziende.

Il ciclo del Risk Management

L’estensione dell’approccio e delle metodologie di RM al settore dell’assistenza sanitaria è un passaggio delicato, che richiede di valutare attentamente l’applicabilità dei concetti di riferimento a questo contesto.

In sanità, dove non è possibile semplicemente mutuare da esperienze e concetti elaborati altrove, la puntualizzazione di alcuni concetti base rappresenta quindi un momento non formale, che delinea ex novo la mappa delle conoscenze per lo sviluppo della funzione.

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Dal punto di vista organizzativo, la scelta della definizione stessa di rischio costituisce il momento centrale dello sviluppo della funzione aziendale e dei sistemi di gestione ad essa correlati. È quindi necessario che il concetto di rischio sia il più possibile operativo, chiaro, e non troppo astratto.

In questa prospettiva, è necessario definire innanzitutto le tipologie di rischio e il ciclo logico della funzione RM, a partire dalla consolidata distinzione che distingue “rischi

speculativi” e “rischi puri”.

1. I rischi speculativi sono legati al verificarsi di eventi che implicano sia la possibilità di un beneficio che di una perdita (ad esempio: le decisioni di investimento). Essi sono connaturati all’esercizio dell’attività d’impresa: non a caso, la gestione è generalmente considerata come parte caratteristica della complessiva strategia aziendale. A fronte di questi rischi è possibile sviluppare azioni e strumenti di gestione alla base della creazione di un compenso reddituale e di vantaggio competitivo.

2. I rischi puri, invece, sono legati al verificarsi di eventi che comportano conseguenze esclusivamente negative per l’organizzazione. I rischi puri descrivono eventi dannosi capaci di turbare il sereno svolgimento della routine operativa e ostacolare la stabilità e l’equilibrio aziendale in modo profondo e durevole (ad esempio: lo scoppio di un incendio, un danno all’impianto produttivo, il furto a valori aziendali). Il verificarsi di questi rischi èindipendente da decisioni aziendali e non è pertanto possibile prevedere con esattezza né il momento in cui si verificheranno, né la gravità delle conseguenze arrecate. L’interesse dell’organizzazione sarebbe, idealmente, la completa eliminazione: questa soluzione non appare tuttavia possibile, in quanto svantaggiosa sia dal punto di vista economico (costo troppo alto rispetto al beneficio raggiungibile), che tecnico. Essendo, infatti, strettamente connessi alle attività core dell’azienda, è probabile che l’unica modalità di una loro completa eliminazione sia per l’azienda l’abbandono della Mission Aziendale.

L’insieme dei rischi che l’azienda fronteggia in un determinato momento è definito profilo

di rischio. La natura di tale profilo e la sua composizione sono influenzati dalle finalità

aziendali, oltre che dalle caratteristiche dell’ambiente interno ed esterno in cui essa opera. In ambito sanitario esso è funzione della Mission Aziendale (in particolare, la tipologia di azienda considerata e il livello di specializzazione dei servizi offerti: ASL, AO, IRCSS), della combinazione delle caratteristiche epidemiologiche e socio culturali della

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popolazione, delle caratteristiche istituzionali dei sistemi sanitari di riferimento (l’ambiente esterno), delle competenze professionali disponibili, della disponibilità e funzionalità dei sistemi di controllo interni dell’ambiente organizzativo interno e dalla cultura organizzativa. La descrizione del profilo di rischio è un’operazione che non può essere generalizzata e deve basarsi su valutazioni condotte nello specifico contesto aziendale, integrando tutte le informazioni possibili. Inoltre, il profilo di rischio è estremamente dinamico, ragion per cui il management ha la responsabilità di dotarsi di sistemi di rilevazione sistematici per monitorarne costantemente l’evoluzione.

La parte caratterizzante e prioritaria del profilo di rischio delle aziende sanitarie è costituita dalla dimensione del rischio clinico, definito come probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso (un danno o disagio), imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate durante un periodo di degenza e in grado di causare un prolungamento della degenza stessa, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte. Alla base di ogni evento avverso è sempre possibile individuare uno o più errori, commessi dai singoli operatori o dal sistema organizzativo (processi, procedure, divisione e carichi di lavoro individuali).

Gli studi di ergonomia6 e di psicologia organizzativa hanno contribuito alla conoscenza delle cause che originano il prodursi degli errori nelle moderne organizzazioni, attraverso l’elaborazione del modello cognitivo dell’errore. Il modello evidenzia gli eventi avversi prevenibili, ovvero quelli originati da errori, sottolineando inoltre come questi errori, in misura schiacciante, siano riconducibili al sistema piuttosto che a livello dei singoli operatori. Buona parte degli errori (e degli eventi avversi) almeno in teoria potrebbe quindi essere gestibile mediante l’attivazione di un ciclo di attività di identificazione, analisi e gestione, proprio della funzione RM.

Il RM, su questa linea, rappresenta quindi l’insieme delle azioni, delle metodologie e degli strumenti impiegati in azienda per la riduzione della tipologia di rischi che comportano, potenzialmente, solo conseguenze negative all’organizzazione (il richiamato concetto di rischio puro che in sanità si declina, in particolare, l’errore clinico). La gestione del profilo di rischio dell’azienda sanitaria presuppone la definizione di un intervento organizzato e consapevole, sistemico e continuo, che combini attività e decisioni di natura strategica e una fase di gestione operativa.

La gestione, a sua volta, si basa sulla conoscenza degli elementi che la costituiscono. Tali elementi possono essere descritti come l’insieme delle minacce in cui i rischi si

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concretizzano (ovvero la fonte del rischio), delle risorse aziendali colpite dalla minaccia (i diversi sottosistemi aziendali esposti al rischio), delle vulnerabilità che rendono le risorse minacciate più attaccabili (i punti di debolezza che possono aumentare la probabilità che il concretizzarsi della minaccia dia origine ad un danno) e, infine, dalle “conseguenze” del verificarsi della minaccia (l’insieme degli effetti su tutte le componenti del sistema aziendale).

Definiti gli elementi di rischio oggetto di gestione è quindi possibile descrivere il ciclo logico (Figura 3). I momenti chiave di questo ciclo sono innanzitutto il coinvolgimento e la formazione del personale e l’identificazione degli obiettivi della funzione di RM.

Al termine di questa fase preparatoria si colloca la fase di identificazione dei rischi, mediante la ricostruzione del profilo di rischio aziendale. Si apre quindi la fase progettuale, durante la quale la valutazione e quantificazione dei rischi viene attuata per progettare le misure e gli strumenti di gestione e mitigazione. Il ciclo di pianificazione si chiude con l’avvio della fase operativa, che vede l’implementazione del programma e il controllo e feedback del ciclo attivato.

Figura 3: Il ciclo del RM

L’errore umano: dalle teorie ai modelli

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Lo studio delle cause degli incidenti nasce a livello industriale, e in particolare in quei settori nei quali la sicurezza è un elemento decisivo (aeronautica, centrali nucleari, etc.). Nel tempo si sono susseguite, in questi ambiti, diverse concezioni di “sicurezza” che rispecchiavano diverse culture e diversi modelli di descrizione delle cause degli incidenti.

7 Novaco F., Damen V., La gestione del rischio clinico – Istrumentation Laboratory, Centro Scientifico Editore, 2004.

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Il mondo sanitario solo di recente ha affrontato questo problema; non vivendo perciò in modo diretto questa evoluzione concettuale.

In tutti i sistemi ad elevata componente professionale la prima difesa contro gli incidenti è stata considerata la professionalità degli operatori. Interessante a questo proposito è la descrizione di cosa era inteso come standard operativo nel campo del volo aereo, a metà del secolo scorso: “lo standard operativo aveva un connotato molto individuale e faceva definire la vera attitudine professionale del pilota con il classico the right stuff”. Successivamente con l’evolversi della componente tecnologica, che si è verificato in tutti i sistemi complessi (come quello sanitario), non è stato più possibile pensare alla capacità e alla predisposizione individuale alla professione come unici fattori rilevanti nella prevenzione degli incidenti. Gli studi sulla sicurezza si sono quindi focalizzati sull’interazione tra l’operatore e la tecnologia stessa, tanto più che la maggior parte degli errori si verificavano a questo livello (un segnale di allarme non percepito, un comando non attivato, etc.).

Sono allora nate discipline che spiegano gli incidenti come fallimenti tecnologici o, meglio, come deficit nelle barriere poste dalla tecnologia all’inaffidabilità umana. Questo approccio, cosiddetto ingegneristico, inoltra notevole successo proprio perché i campi in cui viene applicato (missioni aerospaziali, centrali nucleari) hanno una notevole componente ingegneristica. In queste organizzazioni la tensione è ad allontanare l’uomo dal compito esecutivo (automazione) al fine di aumentare l’affidabilità del sistema. Parallelamente e soprattutto a partire dagli anni ’80, l’attenzione si è concentrata sulla componente umana della sicurezza ossia sugli errori. Oggetto di studio sono diventati il “fattore umano” (Human Factor) e i processi organizzativi alla base degli errori. Gli errori venivano considerati come le conseguenze dei limiti umani: limitata capacità al lavoro, limitata capacità di mantenere l’attenzione per elevati periodi di tempo, adattamento dei dati alle proprie teorie. Gli studi si sono quindi concentrati sugli aspetti cognitivi degli operatori e sulla correlazione tra errori ed aspetti quali la memoria, l’attenzione, la percezione, l’apprendimento.

Classificazione degli errori

Nell’ambito delle teorie sullo studio dell’errore in medicina, per l’errore umano Rasmussen nel 1987 ha proposto la seguente suddivisione:

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problemi d’interpretazione della situazione stessa. Tale abilità si sviluppa dopo che lo stimolo si è ripetuto per più volte, sempre allo stesso modo. È il tipico comportamento riscontrabile nelle situazioni di routine.

2. Ruled-Based Behaviour: si mettono in atto dei comportamenti, prescritti da regole, che sono state definite in quanto ritenute più idonee da applicare in una data circostanza. Il problema che si pone all’individuo è quello di identificare la giusta norma per ogni specifica situazione attenendosi ad un modello mentale di tipo casuale.

3. Knowledge-Based Behaviour: sono comportamenti messi in atto quando ci si trova davanti ad una situazione sconosciuta e si deve attuare un piano per superarla. Richiede maggior impiego di conoscenza e l’attivazione di una serie di percorsi mentali che dai simboli porteranno all’elaborazione di un piano per raggiungere gli obiettivi.

I tre tipi di comportamento si acquisiscono in sequenza: non esistono comportamenti skill based innati; ma questi derivano dalla pratica che all’inizio richiedevano impiego e conoscenza della capacità di risolvere problemi. Quindi ogni comportamento basato sulla pratica è stato, prima di diventare automatico, di tipo Ruled Based e prima ancora Knowledge Based (Figura 4).

ERRORE

Skill-Based Behaviour

Ruled-Based Behaviour

Knowledge-Based Behaviour Reazione automatica ad uno stimolo

Scelta di una norma/regola adeguata

Pianificazione di una strategia d’azione

Figura 4: Relazioni tra gli errori secondo Rasmussen

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vengono perciò attivati in ordine crescente e generalmente solo nel caso in cui il livello precedente abbia fallito o non sia applicabile.

Sulla base di questo modello James Reason distingue tra errore di esecuzione e azioni compiute secondo le intenzioni e delinea così tre diverse tipologie di errore.

Errore d’esecuzione che si verificano a livello di abilità (slips). In questa categorie

vengono classificate tutte quelle azioni che vengono svolte in modo diverso da come pianificato, cioè il soggetto sa come deve essere eseguito il compito, ma non lo fa, oppure inavvertitamente lo esegue in maniera non corretta, vale a dire:

1. Errori da esecuzione provocati da un fallimento della memoria (lapsus). In questo caso l’azione ha un risultato diverso da quello atteso a causa di un fallimento della memoria. A differenza degli slips, i lapsus non sono direttamente osservabili; 2. Errori non commessi durante l’esecuzione pratica dell’azione (mistakes). Si tratta

di errori pregressi che si sviluppano durante i processi di pianificazione delle strategie: l’obiettivo non viene raggiunto perché le tattiche ed i mezzi attuati per raggiungerli non lo permettono; essi sono di due tipi:

Ruled-Based: si è scelto di applicare una regola o una procedura, che non

permette il conseguimento di quel determinato obiettivo,

Knowledged-Based: sono errori che riguardano la conoscenza, a volte

scarsa, che porta ad ideare percorsi d’azione che non permettono di raggiungere l’obiettivo prefissato. In questo caso è il piano stesso ad essere sbagliato, nonostante le azioni compiute siano eseguite in modo corretto (Figura 5).

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Gli studi di Reason nel 1990 hanno evidenziato l’indissolubilità della relazione uomo-ambiente nella catena di generazione dell’evento avverso. Diventa chiaro che raramente gli incidenti sono stati causati da un unico errore, umano o tecnologico; più spesso essi sono il frutto di una concatenazione di errori ed eventi e l’operatore, responsabile dell’errore finale, non è altro che l’ultimo anello di questa catena. Secondo questo ragionamento gli incidenti sono attivati da un singolo operatore, ma hanno cause remote su cui va investigato. Inizia a delinearsi una prospettiva globale, sistemica, che prende in considerazione il modo in cui la presenza di elementi tecnici, elementi umani, di un certo tipo di organizzazione del lavoro, etc., possono favorire o impedire l’accadimento di incidenti. L’approccio sistemico prende in considerazione tutte le componenti che giocano un ruolo chiave all’interno di un sistema organizzativo: oltre alla componente tecnica (strumenti, attrezzature, tecnologie, manuali, segnali e tutti gli artefatti con cui il lavoratore interagisce durante lo svolgimento della sua attività) e l’uomo (considerato singolarmente, in team di lavoro, o nel complesso delle interazioni cooperative), l’approccio sistemico si interessa anche agli aspetti organizzativi inteso come le decisioni, la formazione degli operatori, i processi di comunicazione, la conoscenza e la sua circolazione all’interno del sistema organizzativo, la cultura della sicurezza.

Reason ha sviluppato così la Teoria degli Errori latenti, basata sulla convinzione che gli

incidenti siano la punta di un iceberg, che per un incidente che ha avuto luogo ce ne siano stati molti altri che non sono avvenuti solo perché gli operatori hanno impedito che accadessero sono i near miss events (Nashef 2003). Da questo punto di vista nasce la teoria che il verificarsi di un incidente è il frutto di un concatenarsi di eventi che hanno superato tutte le difese che erano state messe in atto. Reason ha chiarito bene l’errore latente attraverso il modello del formaggio svizzero (Figura 6).

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Figura 6: Errore latente secondo Reason

Ogni fetta di formaggio rappresenta uno stato difensivo dell’organizzazione. Gli strati sono diversi: alcuni sono basati sull’affidabilità dei sistemi ingegnerizzati, altri sull’affidabilità umana, altri ancora dipendenti da controlli e procedure. Idealmente ogni strato dovrebbe essere privo di punti critici, ma in realtà sono presenti proprio come il formaggio svizzero; i buchi sono in grado di aprirsi, chiudersi e spostarsi al variare delle prospettive del sistema. I buchi sono derivanti sia da errori attivi che da errori latenti; i primi sono commessi dagli operatori e sono in diretto contatto con i pazienti (slips, lapsus), mentre i secondi sono lontani nel tempo e riferiti a decisioni di progettazione del sistema, errori di pianificazione (mistakes). Riportiamo di seguito una classificazione degli errori suddivisi per aree (Figura 7).

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Figura 7: Classificazione degli errori suddivise per aree Errore di Prescrizione Errore di Preparazione Errore di Trascrizione Errore di Distribuzione Errore di Somministrazione Errore di Monitoraggio

Corpi estranei nel focolaio chirurgico Intervento su parte o lato del corpo sbagliato Esecuzione chirurgica impropria

Chirurgia non necessaria

Gestione non corretta del paziente chirurgico

Malfunzionamento dovuto a problemi tecnici di fabbricazione Malfunzionamento dovuto all' utilizzatore

Uso in condizioni non appropriate Manutenzione inadeguata Istruzioni inadeguate Pulizia non corretta

Utilizzo oltre i limiti di durata previsti Non eseguite

Programmate ma non eseguite

Eseguite in modo inadeguato o scorretto

Eseguite appropriatamente ma su pazienti sbagliati Non appropriate

Ritardo nella diagnosi

Ritardo nell'esecuzione di un intervento chirurgico Ritardo nel trattamento farmacologico

Altri ritardi organizzativi /gestionali /logistici

Errore nell'uso dei farmaci

Errore Chirurgico

Errore nell' uso di apparecchiature

Esami o procedure diagnostiche

Errori nella tempistica

Definizione di Rischio Clinico

Il rischio clinico è la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, cioè subisca un qualsiasi “danno o disagio imputabile, anche se involontario, alle cure mediche

prestate, durante il periodo di degenza, che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte” (Kohn, IOM 1999).

Il rischi clinico può essere arginato attraverso iniziative di RM messe in atto a livello di singola struttura sanitaria, a livello aziendale, regionale, nazionale. Queste iniziative devono prevedere strategie di lavoro che includono la partecipazione di numerose figure che operano in ambito sanitario. Un’attività di RM efficace si sviluppa su più fasi:

1. conoscenza ed analisi dell’errore (sistemi di report, revisione delle cartelle, utilizzo degli indicatori);

2. individuazione e correzione delle cause di errore [Root Causes Analisys (RCA), analisi di processo, Failure Mode and Effect Analisys (FMEA)], monitoraggio delle

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misure messe in atto per la prevenzione dell’errore, implementazione e sostegno attivo delle soluzioni proposte8.

Il programma deve essere articolato e comprendere tutte le aree in cui l’errore si può manifestare nell’interezza del processo clinico assistenziale del paziente.

La resilienza e la strategia del margine

Lo studio della sicurezza delle organizzazioni si è generalmente basato sull’analisi di incidenti e disastri. Più recentemente, si parla e si analizza la sicurezza in positivo, vale a dire tutte le occasioni in cui pur in situazioni di pericolo non si verificano incidenti. Sono state studiate organizzazioni note per il loro livello di sicurezza; molti dei risultati sono sorprendenti. Il successo in termini di sicurezza, di queste organizzazioni non è dovuto tanto al modo in cui si evitano i rischi o si riducono gli errori ma, soprattutto al modo in cui si crea sicurezza anticipando e pianificando “l’imprevisto”. Sono organizzazioni consapevoli della fragilità delle conoscenze rispetto a tutti i pericoli presenti nella propria attività e quindi costantemente orientate a prevenire gli eventi sfavorevoli continuamente prossimi al verificarsi. L’aumentare delle conoscenze per riconoscere e fronteggiare il pericolo rappresenta l’obiettivo centrale delle attività di queste organizzazioni. Lo studio di queste organizzazioni ha riportato al centro dell’attenzione il ruolo che il singolo professionista riveste nella costruzione della sicurezza. Al cuore della cultura diffusa in queste organizzazioni sta infatti il modo di intendere il fattore umano nelle generazione dell’evento sfavorevole. Se dall’errore umano deriva l’insicurezza, è altrettanto vero che la maggior parte degli incidenti sono evitati grazie alla capacità degli operatori di gestire l’imprevisto, di adattarsi alla situazione di pericolo individuando soluzioni alternative. Si parla quindi di Reliability (Resilienza) per indicare “un dinamico non-evento” (Weik, 2001) in cui si equilibra il potenziale di rischio di un organizzazione con la capacità della stessa di prevenire e reagire. Questa resilienza al sistema è garantita proprio dalle caratteristiche di adattabilità del comportamento umano permettendo un costante appaiamento tra situazione ed azione.

Per ottenere questo risultato, la variabilità del comportamento umano deve essere incoraggiata e stimolata in modo che non diventi un estemporaneo “colpo di genio” ma

8 Risk Management in Sanità: il problema degli errori – Ministero della Salute, Dipartimento della qualità, direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi

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parte integrante della cultura dell’organizzazione. Devono al contempo essere chiari gli obiettivi finali ed intermedi, tra i quali la sicurezza deve essere uno dei principali.

Un altro modo per leggere la capacità umana di reagire agli eventi imprevisti nell’ambito dell’organizzazione è la cosiddetta “strategia del margine”.

Questa visione spiega la resilienza come la capacità degli individui, del team o delle organizzazioni di muoversi rimanendo all’interno dei confini di una zona di sicurezza. Nella medicina non è così semplice applicare la strategia del margine. In questo sistema è previsto ampio grado di libertà per gli operatori. Gli errori non possono essere semplicemente descritti come deviazioni dalla traiettoria definita. Inoltre spesso agli operatori è richiesto di completare il disegno; cioè di individuare soluzioni sconosciute, ipotizzare scenari e agire di conseguenza. Ciò presuppone di procedere per ipotesi e talvolta per tentativi, andando cioè ad esplorare i margini della zona di sicurezza il saperlo fare senza esiti sfavorevoli è considerato segno della capacità ed esperienza e deve diventare patrimonio di tutti i componenti dell’organizzazione. Secondo Flach e Rasmussen (2000) si dice che il sistema deve essere concepito in modo che i margini siano “toccabili” (touchable boundaries): ciò che rende i confini toccabili spesso è la conoscenza o l’informazione sul rischio, su qual’è realmente il “punto di non ritorno”. In medicina esistono numerosi esempi di situazioni in cui ci si spinge consapevolmente al limite, ma molte di più sono le situazioni in cui il livello di rischio è sconosciuto ed è come “percorrere un sentiero tra le sabbie mobili” dove si conosce il confine tra la terra ferma e il disastro. È compito delle organizzazioni sanitarie ma anche della medicina stessa ridurre queste aree di incertezza.

La colpevolizzazione è l’abitudine diffusa, anche in ambito sanitario, a far ricadere la responsabilità di un evento sfavorevole su un colpevole generalmente l’operatore che ha compiuto “ultimo atto della catena di genesi dell’evento”. Leape (1994) sostiene che in ambito sanitario la causa di questo risiede proprio nel rapporto tra gli operatori sanitari e i propri errori. Nella pratica quotidiana il messaggio è che gli sbagli sono inaccettabili. Anche se irrazionale, è vivo il concetto di inaffidabilità della medicina: se un medico fallisce vi è stata negligenza. Di conseguenza, quando qualcosa non va come dovrebbe in ambito sanitario, la tendenza è accettare l’evento come ineluttabilmente legato alla natura umana e attribuirlo esclusivamente alla responsabilità individuale.

L’idea che l’errore sia dovuto alla colpa individuale genera due effetti negativi: la tendenza a nascondere gli errori;

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Le organizzazioni davanti alle informazioni relative ai propri rischi, possono reagire in due modi:

1. utilizzarle per migliorare la sicurezza;

2. tentarle in ogni modo di smentirle o rifiutarle.

Reason afferma che non esistono organizzazioni completamente immuni dalla sindrome perché le sue cause sono profondamente radicate nella psicologia umana. Il riconoscerne i sintomi è indispensabile per un’efficace strategia di RM.

La gestione del rischi clinico e qualità dell’assistenza

Il problema del danno al paziente sta emergendo negli ultimi anni anche nel nostro paese a seguito di numerosi cambiamenti che si sono verificati e si stanno tutt’oggi verificando sia all’interno dei servizi sanitari sia nel rapporto tra questi e l’esterno (Figura 8).

Figura 8: Soggetti che stanno facendo emergere il problema del danno al paziente

Si pensa però che queste spinte, per altro non sempre convergenti nei loro obiettivi, non siano sufficienti a determinare reali ed efficaci azioni volte al miglioramento della

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sicurezza per i pazienti. Solo attraverso il cambiamento della cultura degli attori coinvolti si riesce ad affrontare il problema del rischio clinico9.

Il primo aspetto è la necessità di passare da un sistema che gestisce gli eventi sfavorevoli a un sistema che gestisce i rischi; passare cioè da un sistema reattivo (gestione delle non conformità, gestione delle emergenze, etc.) a un sistema prevalentemente proattivo e preventivo. Altro importante aspetto è rappresentato dalla necessità di un aumento dell’attenzione della sicurezza dei pazienti a tutti i livelli dall’organizzazione. Gli eventi avversi rappresentano sicuramente un problema di qualità delle cure e sono quindi un problema strettamente clinico, ma nel contempo riguardano anche i costi sostenuti dalla struttura sanitaria. Essi alimentano inoltre un problema più generale, cioè quello della perdita di fiducia della popolazione nei confronti del servizio sanitario e della medicina in generale. La sicurezza dei pazienti deve quindi diventare un ambito di interesse per chiunque si occupi di assistenza sanitaria. In particolare il principio su cui si deve basare qualsiasi azione di gestione del rischio clinico è rappresentato dal coinvolgimento di tutte le componenti dell’organizzazione. Il contributo di diverse discipline (mediche, manageriale, economiche, etc.) in tutte le fasi del processo di gestione del rischio clinico è garanzia di oggettività delle analisi condotte, mentre il coinvolgimento dei diversi livelli organizzativi e gestionali è garanzia di applicabilità delle soluzioni individuate. Questo approccio garantisce una reale integrazione dei sistemi di gestione di tutti i tipi di rischio (RM). Si osserva però che, nell’affrontare il compito di gestire il rischio clinico una componente piuttosto che un’altra dell’organizzazione, determina spostamenti dell’attenzione su aspetti diversi del problema. Le principali dimensioni che diventano dominanti sono quella legale-assicurativa, che pone l’attenzione prevalentemente alla prevenzione e gestione del contenzioso, quella tecnica, che pone attenzione principalmente agli aspetti tecnologici e strutturali ed infine quella clinica, finalizzata all’outcome dei trattamenti sanitari, con conseguente perdita della sistematicità. Nel ridisegnare la funzione di RM si deve tutelare il principio della multidisciplinarietà, pur nei limiti di un efficace sistema di attribuzione dei compiti e delle responsabilità. La gestione del rischio clinico rivela però un ruolo fondamentale poiché, se è vero che il fine primario di un’azienda sanitaria è la tutela della salute dei pazienti e della popolazione, è evidente che le strategie di RM devono focalizzarsi sulla prevenzione e gestione dei rischi di questi soggetti, secondo il principio ippocratico del primum non nocere.

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Le azioni quindi che si intraprenderanno nell’ambito della gestione del rischi clinico dovranno essere sostenute da una visione dell’errore come occasione di apprendimento e di miglioramento, abbandonando il comune atteggiamento di biasimo e di colpevolizzazione. Questo non significa dimenticare le responsabilità davanti gli eventi avversi, soprattutto nei casi in cui siano frutto di azioni od omissioni gravi, ma spostare l’attenzione sulle cause profonde che, se eliminate, eviteranno il ripetersi dell’evento in futuro. Affinché ciò avvenga è necessario che siano condivisi alcuni valori fondamentali come la trasparenza, la collaborazione tra gli operatori, la comunicazione con il paziente, l’impegno per il miglioramento continuo della qualità e la disponibilità a mettere in discussione le proprie convinzioni ed il proprio operato. I principi elencati sono alla base di una visione organizzativa nota come Learning Organization, cioè un’organizzazione che fa della creazione e della condivisione della conoscenza un elemento strategico.

L’approccio culturale al problema della sicurezza dei pazienti è inoltre fortemente influenzato dalla visione dell’errore su cui si fonda. Proprio per questo un efficace sistema di gestione del rischio clinico deve basarsi su un’attenta riflessione sull’errore medico e sugli atteggiamenti culturali che lo accompagnano.

Gestione del rischio clinico e qualità

Quale relazione vi è tra la gestione della qualità in sanità ed il rischio clinico? A livello internazionale, gli organismi deputati al controllo e alla garanzia della qualità dell’assistenza sanitaria sono venuti a coincidere con quelli che promuovono attività nell’ambito della gestione del rischio clinico. Eppure l’iniziale attenzione è stata posta per ridurre le cause legali per malpractice che ha reso il paziente un potenziale querelante prima che un cliente al quale offrire assistenza di elevato livello qualitativo e spesso la funzione del RM è stata assimilata ad una consulenza legale-assicurativa.

Nel nostro paese i principi di sicurezza e qualità dell’assistenza sono inclusi tra le garanzie assicurate dal sistema di autorizzazione e accreditamento già previsti dal D.Lgs n.502 del 1992.

Tennis O’Leary (2000), Presidente della Joint Commission on Accreditation of Health

Care Organizations, definisce i processi di garanzia e di miglioramento della qualità, come

l’accreditamento nelle sue diverse forme, costituiscono di per sé attività di controllo dei rischi. La definizione standard per le principali funzioni di un’organizzazione e la costante tensione al loro miglioramento diminuiscono la probabilità che si verifichino errori ed

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eventi avversi. La stessa visione è condivisa da ci si occupa dell’applicazione della normativa ISO 9000 in ambito sanitario. In particolare questo modello pone enfasi sulle attività di gestione della non conformità (Baraghini, 2002).

Se è vero che per valutare la qualità di una prestazione sanitaria è necessario prendere in considerazione il punto di vista di tutti gli attori in gioco (pazienti, professionisti, etc.) la sicurezza dei pazienti è sicuramente uno dei punti di incontro delle tre visioni. Altri elementi tipici della gestione della qualità (come la visione per processi, la valutazione dei processi e degli esiti, il miglioramento continuo) rendono i sistemi qualità una base culturale e metodologica fondamentale per l’implementazione di sistemi di gestione di rischio clinico.

Secondo l’Australian Safety Foundation (APSF) i tre approcci (qualità, RM e governo clinico) possono integrarsi (Figura 9).

Figura 9: Il sistema di garanzia della sicurezza dei pazienti (APSF)

Questo modello è nato dalla necessità di contestualizzare il problema della sicurezza dei pazienti nell’ambito delle attività gestionali di una struttura sanitaria. La sicurezza dei pazienti è vista come una componente essenziale dei tre sistemi: gestione del rischio, governo clinico e miglioramento della qualità. In questa sinergia si colloca il valore

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aggiunto sia a livello di principi, che risultano rafforzati da una visione rispetto all’altra, sia a livello di strumenti, che possono essere efficacemente integrati (Figura 10).

L’integrazione di questi approcci ha conseguenze applicative rilevanti su diversi aspetti della implementazione di attività volte a garantire la sicurezza dei pazienti:

la necessità di condividere tecniche e strumenti propri di ciascuno di questi campi come l’audit, la revisione delle prove di efficacia, i sistemi di indicatori, etc.;

l’integrazione funzionale dei tre approcci in termini di responsabilità, attività e flussi informativi;

il coinvolgimento degli attori clinici al fine di ricondurre i sistemi a una visione unitaria che si collochi nel cuore dell’assistenza sanitaria.

Figura 10: Il sistema di garanzia della sicurezza dei pazienti

Il fenomeno degli errori clinici: aspetti epidemiologici ed economici

Secondo il rapporto CEIS10 Sanità 2005, partire dalla stima delle dimensioni del fenomeno è un passo fondamentale per poter comprendere quali sono le aree prioritarie su cui intervenire. La vicenda sta assumendo dimensioni sempre più grande: gli episodi di

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malpractice occupano sempre maggiori spazi nelle cronache e nelle aule giudiziarie. Se si

parte da un’analisi di benchmarking11 delle organizzazioni impegnate nel RM e nella sicurezza del paziente in Europa, ha permesso di rilevare come i primi tentativi di analisi scientifica degli errori si sono sviluppati negli USA già alla fine degli anni ‘80. Uno studio della Harvad Medical Practice, mostra che gli incidenti sono il 3,7 dei ricoveri e che gran parte sono da attribuire a negligenza. Ricerche simili sono state condotte in altri paesi come in Australia, Canada, Danimarca, etc., mettendo in risalto risultati diversi tra loro a seguito delle diverse metodologie di analisi utilizzate nei paesi stessi (Tabella 2).

Indagini epidemiologiche

Fonte Paese Risultati

Brennan et a.l (1991) USA (Harvad Medical Prctice) Eventi avversi nel 3,7% dei ricoveri (27,6% per negligenza)

Thomas et al. (2000) USA (Utah, Colorado) Eventi avversi nel 2,9% dei ricoveri Wilson et al. (1995) Australia Eventi avversi nel 16,6% dei ricoveri

Vincent et al. (2001) Gran Bretagna Eventi avversi nel 11,7% dei ricoveri e nel 10,8% dei pazienti

Kermode-Scott (2004) Canada Eventi avversi nel 7,5% dei ricoveri (di cui 37 % prevedibili)

Schioler et al. (2001) Danimarca Eventi avversi nel 9% dei ricoveri (di cui 40,4% prevedibili) Tabella 2: Le indagini sul rischio nei vari paesi

Le conoscenze in merito alla valutazione economica degli aventi avversi sono molto limitate. Alcuni paesi conoscono i costi dei risarcimenti riconosciuti alle vittime di errori, mentre si stima che in USA la litigiosità per Malpractice è del 1% della spesa sanitaria. Le cifre sulla litigiosità non sono quindi in grado di rilevare l’intero scenario economico del fenomeno poiché sono relative ai solo casi che hanno avuto una compensazione per via legale. Si potrebbe ad esempio stimare il costo del prolungamento dell’ospedalizzazione di eventi avversi: in Australia si tratterebbe di 636000 $ ogni 10000 ricoveri12, mentre in Gran Bretagna 1 miliardo di sterline all’anno13. Tali stime sono lontane da rappresentare una misura esaustiva dei costi sociali legati agli eventi avversi, un limite è ad esempio il non considerare in presenza di un evento avverso l’incremento dei costi di ospedalizzazione è superiore al costo medio di degenza; i danni per iatrogenesi14

11 Pelliccia L., Ricerca svolta da Gotemburg, Sicurezza in Sanità su fonti bibliografiche da marzo 2004 a marzo 2005, Forum Risk Management in Sanità, Arezzo dicembre 2006.

12 Rigby K. Et all (1999), e Rigby K. e Litt J. (2000). 13 Vincent C. et al. (2003).

14 L’insieme dei danni che derivano da una medicina moderna viene analizzato da Illich in funzione del meccanismo che li produce. La iatrogenesi (ciò che è causato dal medico o dalla medicina) può attuarsi

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comportano l’assistenza sanitaria anche dopo la dimissione e, in condizioni di disabilità generano altri costi legati all’assistenza sociale e previdenziale (Figura 11).

Come si può notare lo schema è abbastanza complesso ed articolato, al momento non ci sono ricerche e dati in letteratura sugli effetti economici degli incidenti in sanità nei paesi europei15.

Figura 11: Costi sociali degli eventi avversi

Perché si verificano gli errori?

Si insiste sulle insufficienze nel sistema (Tabella 3), talvolta insufficienze ben definite nel modo con il quale viene erogata l'assistenza: il personale è troppo occupato, prende le scorciatoie (short cut). Deficienze nelle comunicazioni tra persone diverse: il paziente sbagliato viene portato in sala operatoria, per mancanza di controlli e comunicazione tra operatori. Spesso le persone hanno responsabilità mal definite: non sanno esattamente quale è il loro ruolo, la loro responsabilità. Pensano che altre persone debbano fare il loro lavoro. Il personale avventizio va addestrato appropriatamente su quello che deve fare, su

lo infliggono nell’intento di guarire o di sfruttare il paziente, o i danni discendono dalla preoccupazione del medico di tutelarsi da una eventuale denuncia per malpractice”.

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quello che sono i loro doveri. Lo staff di nuova assunzione deve conoscere le procedure di emergenza, gli esami da eseguire. Il personale anziano non informa sull'argomento i colleghi più inesperti. Può succedere che linee guida diverse per lo stesso problema siano in contrasto tra loro o insufficienti a risolverlo. Al personale viene fatto pressione perché esegua compiti al di sopra della propria competenza o della propria esperienza. Lo staff con minor esperienza va supervisionato, specialmente nelle ore notturne. Ma talvolta gli operatori non si comportano onestamente: nascondono i fatti, si danno malati, intervengono deliberatamente troppo tardi. Tutto questo va scoperto al più presto e corretto. Dove vi sono molti problemi è anche nel consenso informato. Le spiegazioni, le informazioni che vengono date al paziente su un trattamento, un intervento sono del tutto incomplete. Il paziente non conosce i benefici ed i rischi del trattamento e non sa cosa sta per succedergli. Altro problema è la documentazione dell'assistenza prestata, l'organizzazione, l'archivio delle cartelle cliniche: la gente va in clinica e talvolta la loro precedente cartella non è disponibile, è stata persa. Le cartelle sono illeggibili, il contenuto scarso; il personale tenta di nascondere gli eventi, non registrarli, quando qualche cosa va storto. Manca una visione critica del perché le cose sono andate male perché le persone vogliono nasconderle. Invece la documentazione deve essere completa: da errori, risultati inaspettati si può imparare, cambiare la nostra pratica clinica, modificare il comportamento e fornire una miglior assistenza. Le procedure della sala operatoria devono comprendere l'identificazione, il controllo del paziente e tutto quanto il paziente deve sapere. Per i risultati delle indagini diagnostiche: un risultato anomalo riportato in cartella, ma nessuno agisce in conseguenza, non prende decisioni. Gli ordini sono spesso senza firma, senza sistema di verifica per assicurarsi che si sia agito in base a quel determinato risultato. Nella medicina di base, i risultati degli esami di laboratorio sono inviati ai medici troppo tardi, il medico curante non ne prende visione in tempo, etc.

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Tabella 3: La teoria di Berwick

Una buona strategia è portare alla luce in quali aree la frequenza di errori è più elevata. Sono le zone di passaggio dei pazienti, le aree nelle quali i pazienti si recano per indagini, trattamenti, come le sale operatorie, la radiologia, l'elettrocardiologia, il dipartimento di emergenza. I segni di attenzione, gli attivatori o indicatori degli eventi avversi che si verificano abitualmente in un ospedale sono diversi a seconda delle aree: sale operatorie, pronto soccorso, chirurgia generale, ostetricia. Ogni specialità ha i propri eventi grilletto (flag), e quando questa campanella suona vi è la potenzialità perché qualcosa vada male. In tal senso bisogna essere proattivi: quando un flag appare, si deve attuare una profonda revisione di quei pazienti. Tra gli indicatori si ricordano:

- un trauma inaspettato o una morte correlata ad un trauma; - problemi neurologici non presenti all'ingresso in ospedale; - riammissioni non pianificate in ICU;

- guasti inattesi nelle attrezzature;

- garze, strumenti persi alla fine di una procedura; - documentazione delle cartelle cliniche.

Le azioni proattive, la prevenzione del rischio e della negligenza, sono soprattutto nell'addestramento, nell'educazione del personale al fine di implementare regole e procedure. Si deve seguire le lamentele degli utenti, farne revisioni a intervalli regolari; osservare la documentazione clinica: come sono valutati i rischi ai pazienti. Nelle cartelle cliniche e infermieristiche si deve notare: il livello di pericolosità dei rischi, il rischio di

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decubiti, il rischio di infezioni ospedaliere; se vi è allegata documentazione dell'Informed

Consent, delle prescrizioni e delle somministrazioni dei farmaci, la documentazione dei

guasti e delle attrezzature, i documenti riguardanti il training del personale per l'uso delle stesse attrezzature e i tests effettuati su esse prima dell'impiego nei reparti, etc. Inoltre, prendere visione delle documentazioni riguardanti modifiche nelle attrezzature; valutazione e aggiornamento di quello che necessitano i pazienti, i livelli di osservazione, i piani di assistenza del personale, le loro personalità, chi deve fare, o istruire. Buone comunicazioni con gli utenti, descrizione al pubblico delle competenze. Di conseguenza il RM va considerato secondo due punti di vista (Figura 12):

- Reattivo. Che cosa fare quando le cose vanno male e come gestire il rischio. Possiamo imparare la lezione osservando quello che è andato male. Possiamo correggere le aree dove si commettono più errori, senza chiederci il perché: analizzare incidenti, reclami e condividere le informazioni. Ridurre i disagi al paziente, allo staff. Reagire quando qualche cosa è andata male e in questo modo controllare il rischio. Tentare di contenere il rischio trasferendo parte di esso alle assicurazioni.

- Proattivo. Arrivare ad una chiara identificazione di quello che sono i rischi. Ogni persona che è parte dell'organizzazione deve partecipare. Analizzare quelle che sono le insufficienze dei sistemi. Attuare un programma continuo per indurre i cambiamenti. Incorporare qualità e rischio negli Audit. Operare una revisione per osservare i risultati seguendo un ciclo. Indirizzare la effectiveness clinica perché l'assistenza che viene erogata sia la più efficace possibile. Prevenire vuol quindi dire essere proattivi.

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Analisi reattiva

Gli approcci reattivi che vengono utilizzati sono i seguenti: 1. Incident Reporting

2. Dati amministrativi ed informativi 3. Indizi

4. Review

5. Root Cause Analysis

1. Incident Reporting

L’incident reporting è la modalità di raccolta delle segnalazioni in modo strutturato su eventi indesiderati. Esso fornisce una base di analisi per la predisposizione di strategie e azioni di miglioramento per prevenire il riaccadimento di tali episodi in futuro. Questo sistema, nato nel settore aeronautico per la segnalazione volontaria e confidenziale di eventi da parte di piloti e controllori di volo per migliorare la sicurezza aerea, è stato importato da alcuni anni dai sistemi sanitari anglosassoni (Australia, Gran Bretagna, Stati Uniti) adattandolo alle organizzazioni sanitarie, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza del paziente. Confortati dai risultati internazionali, nell’ambito del programma “Gestione del rischio nelle strutture sanitarie” è stato predisposto un percorso sperimentale di incident

reporting per la raccolta di segnalazioni, da parte degli operatori sanitari, di eventi e dei

quasi-eventi ( near miss). In ambito sanitario la raccolta delle informazioni in riferimento a eventi che sono stati classificati nelle tre classiche categorie - eventi avversi, eventi senza danno e near miss - è un’attività la cui diffusione è documentata a livello internazionale da oltre 25 anni, anche se con forme e obiettivi molto differenti tra loro.

Negli Stati Uniti fin dal 1975 la Food & Drug Administration (FDA) ha istituito il sistema di raccolta delle segnalazioni riguardanti le reazioni alle trasfusioni di sangue, alla ricerca delle morti e dei danni gravi prevenibili. Si ritiene comunque che sia il 1978 l’anno in cui, per la prima volta in medicina, Cooper costruì un sistema di incident reporting in anestesia, utilizzando la critical incident tecnique, nata per analizzare gli incidenti del settore aeronautico.

La segnalazione, in primo luogo da parte degli operatori, di eventi significativi (incidenti o near miss cioè quasi-incidenti, avvenimenti che avrebbero potuto evolvere in incidenti) assume rilevanza e utilità se viene effettuata e inserita in un approccio sistematico, il cui obiettivo primario è il miglioramento della sicurezza per il paziente e per gli operatori nella struttura sanitaria. Il cosiddetto incident reporting è quindi la modalità di raccolta delle

segnalazioni in modo strutturato su eventi (in primo luogo near miss e incidenti) allo scopo di fornire una base di analisi, predisposizione di strategie e azioni di correzione e

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miglioramento per prevenirne il riaccadimento nel futuro. I sistemi esistenti variano nello

scopo, nel tipo di informazioni raccolte, nel livello di confidenzialità, nel feed back verso i “segnalatori”, nell’utilizzo delle informazioni raccolte.

Si possono riscontrare anche differenze nell’uso della terminologia: si parla di eventi avversi, eventi sentinella, reazioni avverse, errori, eventi dannosi, incidenti, etc. Ciascun termine è il prescelto da uno specifico sistema che, anche se nel trattamento conseguente ha molte somiglianze con gli altri sistemi, rende difficile il confronto e una lettura integrata fra i dati.

In generale si può affermare che all’istituzione di sistemi di segnalazione sono attribuite principalmente due funzioni:

• da una parte la loro esistenza offre una misura dell’affidabilità delle organizzazioni osservate (valenza esterna);

• dall’altra fornisce informazioni a coloro che operano per il miglioramento dell’organizzazione, in particolare nei suoi aspetti di sicurezza (valenza interna).

Concettualmente questi due scopi non sono incompatibili, ma nella realtà si è riscontrata una certa difficoltà a soddisfarli contemporaneamente (Figura 13).

Figura

Figura 2:  Reclami e pratiche di indennizzo  Fonte: Il Sole 24 Ore- Sanità
Figura 3:  Il ciclo del RM
Figura 6:  Errore latente secondo Reason
Figura 7:  Classificazione degli errori suddivise per areeErrore di PrescrizioneErrore di PreparazioneErrore di TrascrizioneErrore di DistribuzioneErrore di SomministrazioneErrore di Monitoraggio
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