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Il mondo secondo Erodoto: aspetti geografici nel testo delle Storie.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA

Corso di Laurea magistrale in Scienze dell’Antichità:

letterature, storia e archeologia

Il mondo secondo Erodoto:

aspetti geografici nel testo delle Storie.

Relatore

Laureando

Prof.ssa Stefania De Vido

Marino Dalpiaz

Matricola 845836

Correlatori

Prof. Tomaso Maria Lucchelli

Prof. Luigi Sperti

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Alla mia famiglia, per avermi insegnato

che insieme si può vincere ogni battaglia.

A mio padre, per tutti gli anni passati a spronarmi

fra equazioni e temi d'italiano.

A Francesca, per avermi sempre dato la forza

di realizzare i miei sogni.

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INDICE

1. Introduzione

1.1. Erodoto: padre anche della geografia?

1.2. La geografia erodotea: un mosaico di applicazioni

1.3. La geografia in Erodoto: veramente solo una digressione?

1.4. Testi critici, commenti e traduzioni

2. Gli strumenti del geografo

2.1. Le misure

2.1.1. Misurare lo spazio

2.1.2. Le unità di misura nel testo erodoteo

2.2. Le conoscenze geografiche ai tempi di Erodoto

3. Le forme di concettualizzazione dello spazio

3.1. L'analogia

3.2.1 L'analogia nella letteratura greca arcaica

3.2.2 L'analogia in Erodoto

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3.2. La geometria

3.2.1 La simmetria

3.2.1.1 Meridiani e paralleli

3.2.1.2 La Mappa ionica e la Mappa persiana

3.2.2 Descrivere il mondo con i quadrilateri

3.3. La catalogia

3.3.1 Le origini vicino orientali della catalogia

3.3.2 La catalogia nella letteratura greca arcaica

3.3.3 La Catalogia in Erodoto

4. Un esempio concreto: i fiumi

4.1. Il Nilo

4.1.1 Δ ρον το ποταμο (capp. 5-12)ῶ ῦ ῦ

4.1.2 Le piene dal Nilo (capp. 19-27)

4.1.3 Le sorgenti del Nilo (capp. 28-35)

4.2. L'Istro

4.2.1 Le somiglianze fra Nilo e Istro

(6)

4.3. Gli altri fiumi 4.3.1. L'Arasse 4.3.2. Il Boristene 4.3.3. L'Aces 5. Conclusioni 6. Bibliografia

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1. Introduzione

Erodoto è stato spesso considerato come il padre di numerose discipline dalla storia all'antropologia, dall'etnografia alla storia delle religioni e, si può certo dire, della geografia e dei racconti di viaggio.

Il tutto ha ovviamente delle basi di verità: Erodoto è il primo autore di storiografia di cui possediamo l'opera completa e pertanto è facile attribuigli la paternità di varie discipline; allo stesso modo è difficile dare al suo lavoro un'unità di genere tale da poterlo inquadrare in un'unica disciplina. I Greci inoltre avevano una particolare propensione a trovare il πρ τος υρητής e, a benῶ ἐ vedere, la stessa sorte di essere spesso considerato padre di varie discipline e iniziatore di vari generi è toccata anche e soprattutto ad un altro grande autore dell'antichità: Omero.

Dei vari aspetti trattati nelle Storie di Erodoto, la geografia è forse quello meno indagato; per questo motivo nel lavoro che segue c'è l'intento di fare una sorta di punto della situazione sullo stato degli studi che considerano l'opera erodotea da questo punto di vista.

Per fare questo è utile anteporre una breve introduzione riguardo al contenuto delle Storie soprattutto da una prospettiva geografica.

1.1 Erodoto: padre anche della geografia?

Le Storie sono sicuramente un'opera particolarmente complessa: in essa è possibile ravvisare il principale filone narrativo costituito dal racconto dello scontro epocale fra i greci e i persiani, ma questo è continuamente interrotto da excursus di vario genere più o meno estesi.

L'opera appare oggi divisa in nove libri1 concentrati sul tema dei fatti straordinari compiuti da Greci

e non Greci nel contesto del grande conflitto tra Greci e Persiani.

Il primo libro si apre con l'intento nettamente storiografico di raccontare le gesta di Creso, che viene considerato dallo storico il primo a dare inizio alle ostilità contro i Greci; da qui il pretesto per un lungo excursus sulla Lidia fino alla sua sottomissione da parte di Ciro. Il secondo libro comincia a trattare del regno di Cambise e della sua spedizione in Egitto e da qui deriva la seconda grande digressione dell'opera, il lògos sull'Egitto, il più ampio e documentato dell'opera.

1 Nella tradizione manoscritta l'opera appare divisa in nove libri intitolati con il nome delle Muse secondo l'ordine canonico con cui queste venivano menzionate nella Teogonia esiodea (Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia, Urania, Calliope). Tale divisione è attestata fin dal I sec. a.C. ed è da attribuire ai filologi alessandrini del III e II sec. a.C. mentre l'intitolazione è attestata solo dal II sec. d.C. I criteri della divisione non sono sempre chiari in quanto non è possibile ravvisare nei vari libri una lunghezza standard e nemmeno un'unità di contenuto. D'altra parte una divisione precisa e che rispecchi un possibile originale è pressoché impossibile da ricostruire a causa della complessità della composizione; Erodoto stesso afferma “il mio logos sin dall'inizio ha ricercato digressioni (προσθήκας)” (IV 30,1).

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Il terzo libro tratta della conquista totale dell'Egitto, della spedizione in Etiopia e infine dell'avvento al trono di Dario che subito provvede al riordino dell'impero. Il quarto libro riporta il racconto della spedizione di Dario contro gli Sciti che fornisce il pretesto per l'esteso λόγος scititco. Il quinto libro riferisce della spedizione di Dario in Tracia e offre lo spunto per un excursus su questa regione; di seguito inizia a trattare della rivolta ionica e della richiesta di aiuto alle città di Sparta e Atene oggetto ciascuna di una approfondita digressione. Il sesto libro contiene il racconto della lotta dei Persiani contro le città ioniche e arriva fino alla battaglia di Maratona; il settimo continua la narrazione delle guerre persiane dopo la morte di Dario e la successione al trono di Serse e arriva fino al racconto delle Termopili; l'ottavo e il nono libro espongono gli ultimi grandi avvenimenti del conflitto, ovvero le battaglie dell'Artemisio, di Salamina, di Platea e di Micale e l'opera si conclude con un episodio non particolarmente importante, ovvero con la presa di Sesto.

Come notiamo, anche considerandola in estrema sintesi, l'opera erodotea è un insieme di vari interessi e di varie discipline: sicuramente è ben ravvisabile un tema centrale, quello della guerra dei Greci contro i Persiani, ma sullo sfondo è possibile intravedere vari altri temi; primi tra tutti la descrizione dei popoli e dei loro costumi e la descrizione dell'ambiente in cui questi popoli si trovano a vivere.

In questo senso il tema geografico, largamente presente nel testo erodoteo, può essere considerato sotto un duplice aspetto: esso può ciò essere inteso di per sé e come tale costituisce interesse, ma anche come un semplice ausilio alla principale tematica storiografica. Questo è senz'altro vero all'interno del testo e vale anche per il lettore moderno: le ampie descrizioni della Valle del Nilo, del fiume Istro, della Scizia e delle regioni dell'impero Persiano sono sicuramente interessanti perché ci offrono descrizioni del mondo di allora, ci danno scorci sulla mobilità antica e ci permettono di cogliere eventuali trasformazioni, ma ci sono utili anche per una collocazione spaziale degli eventi storici che si sono svolti in quei luoghi e per una loro interpretazione e valutazione.

Alla luce di questo, quindi, si può ritenere Erodoto il padre della geografia?

Per rispondere a questa domanda bisogna tener presente che certo prima di lui i Greci si erano già esercitati in questa disciplina: essa era stata utile inizialmente a livello pratico soprattutto dal momento in cui i Greci si erano aperti alla colonizzazione in occidente e in medio-oriente e nelle regioni del Mar Nero. Poco dopo, tuttavia, era nata anche una riflessione maggiormente teorica che aveva portato ai primi tentativi di ricostruzione del mondo nella sua forma e quindi alle prime elaborazioni di mappe; il riferimento è ovviamente ai peripli, ai πίνακες di Anassimandro e Aristagora e anche all'opera di Ecateo2.

È fuor di dubbio, tuttavia, che se intendiamo la geografia in senso moderno, ovvero sia come 2 Sulle mappe ci si soffermerà in seguito nel paragrafo 2.3 Le conoscenze geografiche ai tempi di Erodoto.

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aspetto fisico dell'ambiente sia come geografia culturale, Erodoto può essere considerato il padre di tale disciplina.

1.2 La geografia erodotea: un mosaico di applicazioni

In questo paragrafo si cerca di vedere più da vicino in quali snodi testuali Erodoto utilizza la geografia.

Innanzitutto è stretto il legame tra geografia e mappe: Erodoto conosceva certo il loro utilizzo; sul suo rapporto con le conoscenze esistenti a suo tempo e con l'uso delle stesse ci si soffermerà in un apposito paragrafo nel seguito di questo lavoro.

Nel quarto libro lo storico presenta, infatti, quella che si può definire una mappa del mondo, ma anziché disegnarla la descrive a parole: la sua ricerca ( στορίη) lo porta a polemizzare con iἱ predecessori in quanto né i miti e le tradizioni locali da un lato, né la geografia ionica dall'altro, erano da considerarsi sufficienti e per questo egli ritiene fondamentale disseminare all'interno dell'opera descrizioni sul suo modo di intendere la forma del mondo, descrizioni che a partire dall'inizio del secondo libro, per continuare con il terzo, trovano una loro forma più elaborata e sistematica nel quarto.

Hdt. IV, 37-41: Πέρσαι ο κέουσι κατήκοντες π τ ν νοτίην θάλασσαν τ ν ρυθρ νἰ ἐ ὶ ὴ ὴ Ἐ ὴ καλεομένην· τούτων δ' περοικέουσι πρ ς βορέην νεμον Μ δοι, Μήδων δὑ ὸ ἄ ῆ ὲ Σάσπειρες, Σασπείρων δ Κόλχοι κατήκοντες π τ ν βορηίην θάλασσαν, ς τ νὲ ἐ ὶ ὴ ἐ ὴ Φ σις ποταμ ς κδιδο . Τα τα τέσσερα θνεα ο κέει κ θαλάσσης ς θάλασσαν.ᾶ ὸ ἐ ῖ ῦ ἔ ἰ ἐ ἐ νθε τεν δ τ πρ ς σπέρης κτα διφάσιαι π' α τ ς κατατείνουσι ς θάλασσαν, Ἐ ῦ ὲ ὸ ὸ ἑ ἀ ὶ ἀ ὐ ῆ ἐ τ ς γ πηγήσομαι. νθεν μ ν κτ τέρη τ πρ ς βορέην π Φάσιοςὰ ἐ ὼ ἀ Ἔ ὲ ἡ ἀ ὴ ἡ ἑ ὰ ὸ ἀ ὸ ρξαμένη παρατέταται ς θάλασσαν παρά τε τ ν Πόντον κα τ ν λλήσποντον ἀ ἐ ὸ ὶ ὸ Ἑ μέχρι Σιγείου το Τρωϊκο , τ δ πρ ς νότου α τ α τη κτ π τοῦ ῦ ὰ ὲ ὸ ἡ ὐ ὴ ὕ ἀ ὴ ἀ ὸ ῦ Μυριανδρικο κόλπου το πρ ς Φοινίκ κειμένου τείνει [τ ] ς θάλασσαν μέχριῦ ῦ ὸ ῃ ὰ ἐ Τριοπίου κρης. Ο κέει δ' ν τ κτ ταύτ θνεα νθρώπων τριήκοντα. Α τη μένἄ ἰ ἐ ῇ ἀ ῇ ῃ ἔ ἀ ὕ νυν τέρη τ ν κτέων. δ δ τέρη π Περσέων ρξαμένη παρατέταται ςἡ ἑ ῶ ἀ Ἡ ὲ ὴ ἑ ἀ ὸ ἀ ἐ τ ν ρυθρ ν θάλασσαν, τε Περσικ κα π ταύτης κδεκομένη σσυρίη καὴ Ἐ ὴ ἥ ὴ ὶ ἀ ὸ ἐ ἡ Ἀ ὶ π σσυρίης ραβίη· λήγει δ α τη, ο λήγουσα ε μ νόμ , ς τ ν κόλπον τ ν ἀ ὸ Ἀ ἡ Ἀ ὲ ὕ ὐ ἰ ὴ ῳ ἐ ὸ ὸ ράβιον, ς τ ν Δαρε ος κ το Νείλου διώρυχα σήγαγε· μέχρι μέν νυν Φοινίκης Ἀ ἐ ὸ ῖ ἐ ῦ ἐ π Περσέων χ ρος πλατ ς κα πολλός στι, τ δ' π Φοινίκης παρήκει δι τ σδε ἀ ὸ ῶ ὺ ὶ ἐ ὸ ἀ ὸ ὰ ῆ τ ς θαλάσσης κτ α τη παρά τε Συρίην τ ν Παλαιστίνην κα Α γυπτον, ς τ νῆ ἡ ἀ ὴ ὕ ὴ ὶ ἴ ἐ ὴ

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τελευτ · ν τ θνεά στι τρία μο να. Τα τα μ ν π Περσέων τ πρ ς σπέρηςᾷ ἐ ῇ ἔ ἐ ῦ ῦ ὲ ἀ ὸ ὰ ὸ ἑ τ ς σίης χοντά στι. Τ δ κατύπερθε Περσέων κα Μήδων κα Σασπείρων καῆ Ἀ ἔ ἐ ὰ ὲ ὶ ὶ ὶ Κόλχων, τ πρ ς ὰ ὸ ἠῶ τε κα λιον νατέλλοντα, νθεν μ ν ρυθρ παρήκειὶ ἥ ἀ ἔ ὲ ἡ Ἐ ὴ θάλασσα, πρ ς βορέω δ Κασπίη τε θάλασσα κα ράξης ποταμός, έων πρ ςὸ ὲ ἡ ὶ ὁ Ἀ ῥ ὸ λιον νίσχοντα. Μέχρι δ τ ς νδικ ς ο κέεται [ ] σίη· τ δ π ταύτης ρημος ἥ ἀ ὲ ῆ Ἰ ῆ ἰ ἡ Ἀ ὸ ὲ ἀ ὸ ἔ δη τ πρ ς τ ν , ο δ χει ο δε ς φράσαι ο ον δή τι στί. Τοιαύτη μ ν κα ἤ ὸ ὸ ὴ ἠῶ ὐ ὲ ἔ ὐ ὶ ἷ ἐ ὲ ὶ τοσαύτη σίη στί. δ Λιβύη ν τ κτ τ τέρ στί· π γ ρ Α γύπτουἡ Ἀ ἐ Ἡ ὲ ἐ ῇ ἀ ῇ ῇ ἑ ῃ ἐ ἀ ὸ ὰ ἰ Λιβύη δη κδέκεται. Κατ μέν νυν Α γυπτον κτ α τη στεινή στι· π γ ρἤ ἐ ὰ ἴ ἡ ἀ ὴ ὕ ἐ ἀ ὸ ὰ τ σδε τ ς θαλάσσης ς τ ν ρυθρ ν θάλασσαν δέκα μυριάδες ε σ ργυιέων, α ταιῆ ῆ ἐ ὴ Ἐ ὴ ἰ ὶ ὀ ὗ δ' ν ε εν χίλιοι στάδιοι· τ δ π το στεινο τούτου κάρτα πλατέα τυγχάνειἂ ἶ ὸ ὲ ἀ ὸ ῦ ῦ ο σα κτ , τις Λιβύη κέκληται. ἐ ῦ ἡ ἀ ὴ ἥ

I persiani sono stanziati e si estendono fino al mare meridionale, quello chiamato Eritreo; al di sopra di loro in direzione del vento Borea abitano i Medi, oltre i Medi i Saspiri, oltre i Saspiri i Colchi, che si estendono fino al mare settentrionale, dove sfocia il fiume Fasi. Questi quattro popoli abitano da un mare all'altro. Di qui verso occidente si distaccano e si protendono in mare due penisole, che descriverò. Di qui, verso Borea a partire dal Fasi, una delle due penisole si estende in mare lungo il Ponto e l'Ellesponto fino al Sigeo, in Troade; verso Noto questa stessa penisola si estende in mare dal golfo Miriandico, adiacente alla Fenicia, fino al promontorio Triopio. In questa penisola abitano trenta popoli. Questa dunque è una delle due penisole; l'altra invece, che comincia dai Persiani, si estende nel mar Eritreo: comprende la Persia e quindi l'Assiria che la segue e dopo l'Assiria l'Arabia; essa termina, ma termina solo convenzionalmente, nel golfo Arabico in cui Dario fece sfociare un canale che veniva dal Nilo. Dai Persiani fino alla Fenicia c'è un grande spazio pianeggiante, mentre a partire dalla Fenicia la penisola si stende attraverso questo mare lungo la Siria Palestina e l'Egitto, dove termina. In essa ci sono solo tre popoli. Questi, a partire dai Persiani, sono i territori dell'Asia situati verso occidente, mentre le terre oltre Persiani, Medi, Saspiri e Colchi, verso oriente e il sorgere del sole, sono delimitate da un lato dal mare Eritreo e verso Borea dal mar Caspio e dal fiume Arasse, che scorre in direzione di levante. L'Asia è abitata fino all'India; dopo, la terra verso oriente è ormai deserta e nessuno può dire come sia. L'Asia si configura così e ha questa grandezza; la Libia invece si trova nell'altra penisola poiché viene subito dopo l'Egitto. Verso l'Egitto la penisola è stretta: infatti, da questo mare fino al mare Eritreo ci sono centomila orgie, che corrisponderebbero a mille stadi. Tuttavia, dopo questo

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restringimento, la penisola si allarga molto ed è chiamata Libia.

Come si può ben capire dalla lettura di questo passo Erodoto pur tralasciando le divisioni astratte del mondo e procedendo soprattutto ad una rassegna di luoghi all'interno dei quali collocare dei popoli, crea quella che si può tranquillamente definire una mappa dell'ο κουμένηἰ . Ciò che è particolare è che si tratta di una descrizione verbale che certo non rappresenta un unicum nella letteratura classica: basti pensare sul versante latino al famosissimo incipit del De Bello Gallico, che per gli storici costituisce un motivo di difficoltà: lo storico spende lunghe pagine per spiegare com'è fatto un determinato territorio e come sono disposti i popoli che lo abitano. Per riuscirci è costretto a violente schematizzazioni geometriche ed è costretto a ricorrere a paragoni con altri paesi che ritiene noti al lettore, ma il parallelo non è sempre perfetto. Nella descrizione dell'Asia contenuta nel passo appena citato Erodoto costituisce una linea di base che va dal Caspio al Golfo Persico e da tale linea si staccherebbero verso ovest due penisole di cui una è quella anatolica, l'altra corrisponde all'incirca quella arabica che però contiene anche la Libia!3

Ad Erodoto interessano particolarmente i confini tra i popoli, le distanze e i percorsi che li collegano. Proprio per questo egli ricorre spesso agli itinerari che permettono allo stesso modo di altri stilemi di costruire uno spazio geografico; come afferma Sir John Myres, “it is precisely through this emphasis on itineraries that Herodotus then, by making journeys cross – like someone using a series of struts to put up a tent – painstakingly constucts geographical space”4.

L'esempio principale che si può citare è tratto dall'inizio del secondo libro delle Storie:

Hdt. II, 6-9: Α τις δ α τ ς στ Α γύπτου μ κος τ παρ θάλασσαν ξήκονταὖ ὲ ὐ ῆ ἐ ὶ ἰ ῆ ὸ ὰ ἑ σχο νοι […] Ο τως ν ε ησαν Α γύπτου στάδιοι ξακόσιοι κα τρισχίλιοι τ παρῖ ὕ ἂ ἴ ἰ ἑ ὶ ὸ ὰ θάλασσαν. […] στι δ δ ς ς λίου πόλιν π θαλάσσης νω όντι παραπλησίηἜ ὲ ὁ ὸ ἐ Ἡ ἀ ὸ ἄ ἰ τ μ κος τ ξ θηνέων δ τ π τ ν Δυώδεκα Θε ν το βωμο φερούσ ς τεὸ ῆ ῇ ἐ Ἀ ὁ ῷ ῇ ἀ ὸ ῶ ῶ ῦ ῦ ῃ ἔ Π σαν κα π τ ν νη ν το Δι ς το λυμπίου. […] π δ λίου πόλιος ςῖ ὶ ἐ ὶ ὸ ὸ ῦ ὸ ῦ Ὀ Ἀ ὸ ὲ Ἡ ἐ Θήβας στ νάπλοος ννέα μερέων, στάδιοι δ τ ς δο ξήκοντα κα κτακόσιοιἐ ὶ ἀ ἐ ἡ ὲ ῆ ὁ ῦ ἑ ὶ ὀ κα τετρακισχίλιοι. […] τ μ ν παρ θάλασσαν δη μοι κα πρότερον δεδήλωται τιὶ ὸ ὲ ὰ ἤ ὶ ὅ ξακοσίων τέ στι σταδίων κα τρισχιλίων, σον δέ τι π θαλάσσης ς μεσόγαιαν ἑ ἐ ὶ ὅ ἀ ὸ ἐ μέχρι Θηβέων στί, σημανέω· στάδιοι γάρ ε σι ε κοσι κα κατ ν κα ξακισχίλιοι· τἐ ἰ ἴ ὶ ἑ ὸ ὶ ἑ ὸ δ π Θηβέων ς λεφαντίνην καλεομένην πόλιν στάδιοι χίλιοι κα κτακόσιοί ε σι.ὲ ἀ ὸ ἐ Ἐ ὶ ὀ ἰ L'estensione dell'Egitto lungo la costa è di sessanta scheni […] la costa dell'Egitto 3 JANNI 1984, 15-17.

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misurerebbe tremilaseicento stadi. […] Il tragitto che dalla costa risale fino a Eliopoli è lungo quasi quanto la via che da Atene, partendo dall'altare dei dodici dei, porta a Pisa al tempio di Zeus Olimpio. […] Da Eliopoli a Tebe ci sono ci sono nove giorni di navigazione risalendo il fiume; il percorso misura quattromilaottocentosessanta stadi. […] La costa è lunga tremilaseicento stadi,; dal mare verso l'interno fino a Tebe sono seimilacentoventi stadi; la distanza da Tebe alla città chiamata Elefantina è poi di milleottocento stadi.

Similmente, nel passo già citato a proposito delle mappe, vengono descritti anche il mar Caspio, il mar Nero e parzialmente anche l'Asia e la Libia5; in modo ancor più significativo Erodoto spiega la

posizione di Meotide, Colchide, Media e Caucaso in parte attraverso gli spostamenti di un marciatore in parte seguendo le migrazioni di popoli e anche la descrizione delle Termopili ha la forma dell'itinerario di un viaggiatore che proviene da nord.

Questo genere di descrizione geografica alla maniera di un itinerario deve molto ai peripli e può essere definita come una descrizione odologica. Essa è, per così dire uno standard nell'antichità; lo stile è quello di un'elencazione scandita da espressioni che indicano l'andare avanti, il succedersi di punti del percorso. Già Omero ha utilizzato in alcuni punti questo stile e un suo verso formulare può forse riassumerlo al meglio: νθεν δ προτέρω πλέομεν καχήμενοι τορ, “navigammo oltre, piùἔ ὲ ἀ ἦ avanti, afflitti nel cuore” (Od. IX 62, 105 ecc.)6.

Erodoto si occupa di geografia anche laddove si preoccupa di quella che potremmo definire attenzione per l'unità e la distinzione: egli si chiede ad esempio perché il mondo è stato diviso in tre continenti chiamati ciascuno con il nome di una donna e si pone il problema di individuare dei confini sensati tra continenti e stati. Così lo storico si esprime nel quarto libro:

Hdt. IV 45.2: Ο δ' χω συμβαλέσθαι π' τεο μι ούσ γ ο νόματα τριφάσιαὐ ἔ ἐ ὅ ῇ ἐ ῃ ῇ ὐ κε ται, πωνυμίας χοντα γυναικ ν, κα ο ρίσματα α τ Νε λός τε Α γύπτιοςῖ ἐ ἔ ῶ ὶ ὐ ὐ ῇ ῖ ὁ ἰ ποταμ ς τέθη κα Φ σις Κόλχος, ο δ τ ν διουρισάντων τ ο νόματα πυθέσθαι,ὸ ἐ ὶ ᾶ ὁ ὐ ὲ ῶ ὰ ὐ κα θεν θεντο τ ς πωνυμίας. ὶ ὅ ἔ ὰ ἐ

Né riesco a capire perché a una terra, che è unica , si diano tre denominazioni diverse, prese da nomi di donne, e le siano stati dati come confini il Nilo, fiume egiziano e il Fasi, fiume della Colchide; non riesco neppure a sapere i nomi di coloro che segnarono i confini e da dove abbiano preso le denominazioni.

5 Hdt., IV, 37-41. 6 JANNI 1984, 120-130.

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In generale, comunque, egli ritiene di dover sempre precisare i limiti del territorio che si accinge a descrivere. L'Egitto, per esempio, è chiaramente definito:

Hdt. II, 6-8: Α τις δ α τ ς στ Α γύπτου μ κος τ παρ θάλασσαν ξήκονταὖ ὲ ὐ ῆ ἐ ὶ ἰ ῆ ὸ ὰ ἑ σχο νοι, κατ με ς διαιρέομεν ε ναι Α γυπτον π το Πλινθινήτεω κόλπου μέχριῖ ὰ ἡ ῖ ἶ ἴ ἀ ὸ ῦ Σερβωνίδος λίμνης […] νθε τεν μ ν κα μέχρι λίου πόλιος ς τ ν μεσόγαιάν στιἘ ῦ ὲ ὶ Ἡ ἐ ὴ ἐ ε ρέα Α γυπτος […] π δ λίου πόλιος νω όντι στεινή στι Α γυπτος […] κὐ ἴ Ἀ ὸ ὲ Ἡ ἄ ἰ ἐ ἴ ἐ το ραβίου ρεος ς τ Λιβυκ νn καλεόμενον.ῦ Ἀ ὄ ἐ ὸ ὸ

L'Egitto stesso misura lungo il mare sessanta scheni, se noi decidiamo che l'Egitto vada dal golfo di Plintinete fino al lago Serbonide […] dal mare fino a Eliopoli, verso l'interno l'Egitto è ampio […] risalendo da Eliopoli, l'Egitto è stretto […] dai monti arabici fino a quelli chiamati libici.

Nel passo appena citato si notano la preoccupazione di definire i limiti secondo un gusto tipicamente antico che predilige espressioni che indicano gli estremi (da...a, “ π ... μέχρι”)ἀ ὸ 7 e

l'attenzione nel fornire una spiegazione per una limitazione. Ad esempio, risalendo da Eliopoli, l'Egitto non è semplicemente stretto, ma è stretto perché ha ai lati due sistemi montuosi. Si tratta quindi di un attenzione particolare alla natura fisica e morfologica dei territori che tende ad individuare confini ben determinati e niente affatto astratti.

Un altro aspetto geografico dell'opera erodotea che balza subito all'occhio è l'attenzione che lo storico ripone nel legame tra spazio naturale e spazio occupato dagli uomini, tanto che spesso il confine tra geografia ed etnografia è piuttosto labile.

Erodoto sa mettere ben in evidenza quando un territorio con particolari caratteristiche fisiche è stato modificato dall'uomo; del resto egli, con l'occhio dello studioso veramente dedito all' στορίη, cercaἱ sempre di dare conto di ciò che descrive, sia esso un evento storico o semplicemente un aspetto geografico.

Nella descrizione dell'Egitto, ad esempio, illustra le caratteristiche delle vie di comunicazione:

Hdt. II, 108: π γ ρ τούτου το χρόνου Α γυπτος, ο σα π σα πεδιάς, νιππος καἈ ὸ ὰ ῦ ἴ ἐ ῦ ᾶ ἄ ὶ ναμάξευτος γέγονε· α τιαι δ τούτων α διώρυχες γεγόνασι, ο σαι πολλα κα

ἀ ἴ ὲ ἱ ἐ ῦ ὶ ὶ

7 Si notino a questo proposito le parole di JANNI 1984, 128: “per designare un'estensione, se ne danno gli estremi con espressioni che indicano i punti di partenza e di arrivo di un viaggio. Mentre noi diremmo 'tutto l'arco alpino', Augusto nelle Res Gestae dice 'le Alpi, dalla parte che è vicina all'Adriatico fino al Tirreno'. Dove una lingua moderna direbbe 'tutta la costa occidentale dell'Europa', Augusto dice 'Da Cadice fino alle foci dell'Elba'.

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παντοίους τρόπους χουσαι. Κατέταμνε δ το δε ε νεκα τ ν χώρην βασιλεύς· σοιἔ ὲ ῦ ἵ ὴ ὁ ὅ τ ν Α γυπτίων μ π τ ποταμ κτηντο τ ς πόλις λλ' ναμέσους, ο τοι, κως τεῶ ἰ ὴ ἐ ὶ ῷ ῷ ἔ ὰ ἀ ἀ ὗ ὅ πίοι ποταμ ς ..., σπανίζοντες δάτων πλατυτέροισι χρέωντο το σι πόμασι, κ

ἀ ὁ ὸ ὑ ἐ ῖ ἐ

φρεάτων χρεώμενοι.

Da allora infatti l'Egitto, pur essendo tutto pianeggiante, è diventato impraticabile per carri e cavalli: la causa sono appunto i canali, che sono numerosi e si estendono in ogni direzione. Ed ecco il motivo per cui il re fece tagliare il paese con canali: gli Egiziani che abitavano le città situate non sul fiume ma all'interno, ogni volta che il fiume si ritirava, rimanevano senz'acqua e quella che attingevano dai pozzi era salmastra.

Poco importa che oggi sappiamo che la contestualizzazione temporale e le motivazioni della costruzione dei canali fornita da Erodoto sono in realtà inesatte, visto che il sistema di canalizzazione era più antico di Sesostri III e non era finalizzato al rifornimento di acqua potabile, bensì all'irrigazione8, ciò che conta è l'interesse che lo storico dimostra nel dare conto di uno spazio

umanizzato e quindi nel leggere l'ambiente non solo come un insieme di aspetti meramente naturali, ma anche come un ambiente in relazione a chi lo abita.

Questo avvicina molto la ricerca erodotea in alcuni punti della sua opera a un aspetto della geografia che ha acquisito particolare interesse in anni recenti, ovvero per dirla con le parole di Myres “the subjectivity of experience of the physical environment, place as 'lived in space', structured by human experience”9.

È forse possibile fare un ulteriore considerazione: il dare spiegazioni su un certo aspetto del territorio è anche sinonimo di dare una dimensione temporale alla geografia. Così come la storia non ha solo a che vedere con il passato, allo stesso modo la geografia non riguarda solo il presente: una dimensione 'storica' alla geografia è data dalla necessità di scoprire le cause di ciò che appare nel presente. In questo senso quello che Clarke afferma nelle pagine introduttive del suo lavoro

Between history and geography a proposito della relazione tra le due discipline è molto erodoteo:

“the question 'what has given this landscape its present charachter?' means that geography must inevitably be in part backward-looking unless it is to ignore causation entirely”10.

Erodoto dimostra inoltre di avere un particolare gusto per la simmetria: François Hartog11 ha

ampiamente dimostrato che Erodoto ha una visione del mondo simmetrica e schematica.

Si può affermare che per lo storico un fatto può essere spiegato e ha senso solo se è possibile 8 SCHENKEL 1980.

9 MYRES 1953, 48. 10 CLARKE 1999, 16. 11 HARTOG 1992.

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riscontrare un suo opposto o perlomeno un termine di paragone. Così per esempio leggiamo nel secondo libro: Hdt. II, 33: έει γ ρ κ Λιβύης Νε λος κα μέσην τάμνων Λιβύην· κα ς γῬ ὰ ἐ ὁ ῖ ὶ ὶ ὡ ἐ ὼ συμβάλλομαι το σι μφανέσι τ μ γινωσκόμενα τεκμαιρόμενος, τ στρ κ τ νῖ ἐ ὰ ὴ ῷ Ἴ ῳ ἐ ῶ σων μέτρων ρμ ται... ἴ ὁ ᾶ

Il Nilo proviene dalla Libia e la taglia a metà: e a quanto posso supporre, congetturando le cose ignote da quelle note, parte da una distanza rispetto alla foce uguale a quella dell'Istro...

Il passo appena citato è molto noto e verrà approfonditamente analizzato in seguito dal momento che costituisce quella che potremmo ritenere la più chiara dichiarazione implicita di ciò che si intende parlando di analogia12 in Erodoto.

In questa sede basti mettere in evidenza come lo storico proceda dando per dimostrata una simmetria tra i due fiumi; nelle descrizioni geografiche egli ritiene talvolta di poter tranquillamente scoprire una realtà a partire dalla somiglianza con un'altra realtà a lui nota e a questo è ovviamente sotteso il principio che il mondo è simmetrico e speculare.

Il principio vale sia al positivo sia al negativo nel senso che una descrizione può anche essere fatta mettendo in luce la diversità di una realtà rispetto a ogni altra come se alcune caratteristiche dovessero essere assolutamente uniformi; questo vale ad esempio per le descrizioni climatiche e delle stagioni che Erodoto suppone seguano sostanzialmente ovunque lo stesso andamento e se questo non succede si tratta di un fatto da mettere in luce per contrapposizione:

Hdt. IV, 28: Ο τω μ ν δ το ς κτ μ νας διατελέει χειμ ν ών, το ς δ' πιλοίπουςὕ ὲ ὴ ὺ ὀ ὼ ῆ ὼ ἐ ὺ ἐ τέσσερας ψύχεα α τόθι στί. Κεχώρισται δ ο τος χειμ ν το ς τρόπους π σι το σιὐ ἐ ὲ ὗ ὁ ὼ ὺ ᾶ ῖ ν λλοισι χωρίοισι γινομένοισι χειμ σι, ν τ τ ν μ ν ραίην ο κ ει λόγου ξιον

ἐ ἄ ῶ ἐ ῷ ὴ ὲ ὡ ὐ ὕ ἄ

ο δέν, τ δ θέρος ων ο κ νιε .ὐ ὸ ὲ ὕ ὐ ἀ ῖ

L'inverno si mantiene così, ininterrottamente, per otto mesi e nei quattro rimanenti è comunque freddo. È un inverno che presenta caratteristiche diverse rispetto a tutti gli inverni degli altri paesi: in questo periodo, in quella che dovrebbe essere la stagione delle piogge, cade una quantità d'acqua insignificante, mentre d'estate non smette mai di piovere.

(16)

Il modo di procedere per simmetrie ha, inoltre, un'altra applicazione: Erodoto descrivendo le varie aree dell'impero persiano usa sempre come termine di paragone e misura di confronto il mondo ionico. Così ad esempio a proposito delle ideali condizioni climatiche degli Ioni:

Hdt. I, 142: Ο δ ωνες ο τοι […] το μ ν ο ρανο κα τ ν ρέων ν τἱ ὲ Ἴ ὗ ῦ ὲ ὐ ῦ ὶ ῶ ὡ ἐ ῷ καλλίστ τύγχανον δρυσάμενοι πόλις πάντων νθρώπων τ ν με ς δμεν· ο τε γ ρῳ ἐ ἱ ἀ ῶ ἡ ῖ ἴ ὔ ὰ τ νω α τ ς χωρία τ υτ ποιέει τ ωνί ο τε τ κάτω, τ μ ν π το ψυχροὰ ἄ ὐ ῆ ὠ ὸ ῇ Ἰ ῃ ὔ ὰ ὰ ὲ ὑ ὸ ῦ ῦ τε κα γρο πιεζόμενα, τ δ π το θερμο τε κα α χμώδεος.ὶ ὑ ῦ ὰ ὲ ὑ ὸ ῦ ῦ ὶ ὐ

Questi Ioni […] fra tutti gli uomini che conosciamo sono quelli che hanno fondato la loro città nel luogo più felice per cielo e per clima: né le regioni situate più a nord, né quelle più a sud possono stare alla pari della Ionia ma le une sono afflitte dal freddo e dall'umidità, le altre dal caldo e dalla siccità.

Hdt. III, 106: Α δ' σχατιαί κως τ ς ο κεομένης τ κάλλιστα λαχον, κατά περ ἱ ἐ ῆ ἰ ὰ ἔ ἡ λλ ς τ ς ρας πολλόν τι κάλλιστα κεκρημένας λαχε.

Ἑ ὰ ὰ ὥ ἔ

Le estreme regioni del mondo abitato hanno avuto in sorte, in un certo senso, le cose più belle, proprio come la Grecia ha avuto in sorte il clima di gran lunga più temperato.

Questo è quello che potrebbe essere definito come un tipo di etnocentrismo che investe per la verità non solo aspetti geografici ma anche etnografici; in questo modo, anche se non viene esplicitato, va da sé che in molte descrizioni Erodoto in realtà intende indicare i Greci quando dice presso gli altri

popoli. Un esempio su tutti è quello del secondo libro:

Hdt. II, 36: Ο ρέες τ ν θε ν τ μ ν λλ κομ σι, ν Α γύπτ δ ξυρο νται.ἱ ἱ ῶ ῶ ῇ ὲ ἄ ῃ ῶ ἐ ἰ ῳ ὲ ῦ Το σι λλοισι νθρώποισι νόμος μα κήδεϊ κεκάρθαι τ ς κεφαλ ς το ς μάλισταῖ ἄ ἀ ἅ ὰ ὰ ὺ κνέεται, Α γύπτιοι δ π το ς θανάτους νιε σι τ ς τρίχας α ξεσθαι τάς τε ν τ ἱ ἰ ὲ ὑ ὸ ὺ ἀ ῖ ὰ ὔ ἐ ῇ κεφαλ κα τ γενεί , τέως ξυρωμένοι. Το σι μ ν λλοισι νθρώποισι χωρ ςῇ ὶ ῷ ῳ ἐ ῖ ὲ ἄ ἀ ὶ θηρίων < > δίαιτα ποκέκριται, Α γυπτίοισι δ μο θηρίοισι δίαιτά στι.ἡ ἀ ἰ ὲ ὁ ῦ ἡ ἐ

Negli altri paesi i sacerdoti degli dei portano i capelli lunghi, in Egitto se li radono. Presso gli altri popoli è consuetudine che, in caso di lutto, le persone che ne sono maggiormente colpite si radano la testa: gli Egiziani invece, quando muore qualcuno, si lasciano crescere barba e capelli, mentre prima se li radevano. Gli Altri uomini vivono separati dagli animali, gli Egiziani insieme a loro […]

(17)

Conseguenza sia della simmetrica visione del mondo erodotea sia dell'etnocentrismo largamente ravvisabile nell'opera è la marcata polarizzazione Asia-Europa; si tratta in questo caso, tuttavia, di un'interpretazione problematica. Da un lato infatti se si considera l'opera erodotea anche solo dal punto di vista storiografico si individua macroscopicamente la divisione tra Grecia e Asia e quindi tra Greci e Persiani, vero argomento portante dell'opera; dall'altro lato, tuttavia, Erodoto sembra ritenere questa divisione come puramente convenzionale: “ 'Europe' and 'Asia' are so named purely by convention, he insists, and at no point, in fact, does he imply a real, natural and politically crucial division between Europe and Asia”13.

1.3 La geografia in Erodoto: veramente solo una digressione?

Un'analisi del ruolo e della posizione della geografia ed eventualmente dell'etnografia nell'opera erodotea deve essere necessariamente preceduta da una riflessione sull'eterogeneità dell'opera stessa.

Come si è già detto, la prima opera storiografica consegnataci interamente dall'antichità è molto complessa; è assolutamente certo che un filone narrativo la attraversa da capo a fondo, costituito dal racconto dello scontro epocale che ha contrapposto i greci ai persiani. A ben vedere, tuttavia, perlomeno nei primi sei libri è facile perdere di vista la trama e la finalità dell'opera; il racconto delle campagne militari condotte dai re persiani Ciro il Grande (558-530 a.C.), Cambise (530-522 a.C.), Dario I (522-485 a.C.) e Serse I (485-465 a.C.)14 per la conquista dei popoli limitrofi è, infatti,

continuamente interrotto da digressioni utili alla descrizione geografica, etnografica e storica delle genti oggetto della grande campagna di conquista achemenide.

In questo senso non è certamente un caso che si sia a lungo discusso sul carattere dell'opera e su ciò che ad essa preesisteva: si ritiene infatti che all'origine delle Storie non ci sia stato un piano unitario, bensì un insieme di λόγοι indipendenti composti forse come monografie a sé stanti.

Per quel che riguarda la problematica dell'unitarietà dell'opera erodotea, gli studiosi si sono sostanzialmente divisi in due scuole di pensiero: da un lato coloro che ritengono che Erodoto abbia creato un'opera unitaria unendo materiale preesistente o aggiungendo elementi al testo attraverso un processo di espansione; dall'altro lato i sostenitori del fatto che lo storico solo in un secondo momento il materiale raccolto in precedenza.

Premessa necessaria di ogni discorso sull'unità di un testo è il diverso concetto che di essa avevano gli antichi: mentre per noi moderni un'opera è unitaria nel momento in cui tutto o buona parte del 13 THOMAS 2000, 100.

(18)

materiale che la compone segue un preciso filo logico e non se ne discosta, gli antichi possedevano una maggiore tolleranza riguardo gli excursus e le digressioni.

Nel corso della storia della critica sono stati vari i tentativi di dimostrare il progetto unitario delle Storie ed è utile riportarli per sommi capi.

Wolf Aly15 è stato uno dei primi a difendere l'unità dell'opera erodotea; secondo lo studioso i primi

cinque libri dell'opera, che sembrano essere una parentesi rispetto al tema annunciato nel proemio, costituiscono una sorta di cornice narrativa secondo il gusto tipico della letteratura orientale; questa stessa tesi è stata sostenuta indipendentemente anche da Ernst Howald16.

Una difesa dell'unità dell'opera è stata sostenuta anche da Hermann Fränkel17 il quale ha ritenuto

che il lavoro erodoteo dovesse essere letto sotto la luce del suo tempo: i Greci tendevano a vedere le cose separatamente e non erano molto interessati ai collegamenti causali e logici, ma piuttosto alle connessioni.

Friedrich Focke18, invece, ha dato un contributo che si potrebbe ritenere ambiguo: da un lato egli

ritiene che Erodoto non fosse un semplice narratore che voleva incantare il suo uditorio, ma fosse un vero e proprio storico che aveva fatto della successione di cinque re persiani la vera struttura della sua storia; dall'altro lato egli ritiene che in questa macrostruttura lo storico abbia aggiunto una gran quantità di elementi non strettamente correlati con essa.

Una svolta negli studi è arrivata con Max Pohlenz19: egli ha chiaramente identificato una materia

portante per tutta l'opera e ha notato come i primi quattro libri di questa fungano in realtà da necessaria premessa; in questo senso Erodoto non avrebbe inserito all'interno della sua opera in modo acritico varie notizie da lui raccolte, ma le avrebbe invece accuratamente selezionate.

Il punto di vista di Sir John Linton Myres20 è anch'esso volto all'unità: le Storie sarebbero

sostanzialmente divise in due sezioni, l'una riguardate il conflitto greco-persiano, la rivolta ionica e il fallimento della spedizione di Serse e l'altra riguardante le premesse e quindi le origini dello scontro tra occidente e oriente, l'ascesa dell'Impero Persiano e l'accrescimento dei suoi territori e gli sviluppi delle due principali poleis greche, Atene e Sparta. Secondo lo studioso all'interno di queste due parti si potrebbero individuare due principi strutturali: la continua contrapposizione tra coppie di narrazioni parallele (Atene-Sparta; Scizia-Libia) e il climax centrale dell'opera preparato da tutto quello che lo precede.

15 ALY 1921. 16 HOWALD 1923. 17 FRÄNKEL 1924. 18 FOCKE 1927. 19 POHLENZ 1937. 20 MYRES 1953.

(19)

Un secondo punto di svolta, dopo quello di Pohlenz, si è avuto con Henry Immerwahr21: l'unità

dell'opera erodotea è data sia dalla materia (la storia del potere persiano e della sua politica di aggressività che lo ha portato allo scontro con la Grecia) sia dalla struttura (le Storie sono formate da una serie di logoi, unità narrative, individuate da composizioni ad anello). Queste unità narrative sarebbero collegate in una sovrastruttura in modo paratattico e formano un'unità condividendo talvolta il modello narrativo, logoi drammatici e logoi circolari, e il modello contenutistico, pensieri e azioni e ascesa e caduta di un potere.

A questo studio di Immerwahr sono seguiti due importanti contributi sulle digressioni: Hans Friedrich Bornitz22 ha mostrato che i λόγοι sono strettamente connessi uno con l'altro e con il

racconto principale; Justus Cobet23 ha messo in luce come le digressioni arricchiscano il contenuto

fornendo anche informazioni interessanti di per sé.

Diverso è il parere di Kenneth Waters24 che ritiene che l'opera erodotea più che un'indagine storica

sia una semplice narrazione il cui modello andrebbe individuato nell'epica.

Un interessante contributo è stato quello di Charles-Olivier Carbonell25 che ha cercato di

dimostrare come la struttura portante dell'opera non sia lo spazio, bensì il tempo; tutto seguirebbe un chiaro ordine cronologico anziché spaziale.

Infine Irene De Jong26 ha, per così dire, raccolto tutti questi punti di vista diversi, ma spesso

complementari: le Storie seguirebbero il racconto di un evento che è il tema principale dell'opera, ma presenterebbero al loro interno delle digressioni che questo tema arricchiscono fornendoci informazioni su popoli, usanze luoghi e così via.

Questo spiegherebbe lo sforzo, ben ravvisabile in alcuni punti, con il quale l'autore avrebbe in un secondo momento unificato l'opera. Ben evidente è, per fare un esempio tra tutti, la cornice un po' artificiosa in cui è contenuto l'excursus sull'Egitto:

Hdt. II, 1: Ταύτης δ τ ς γυναικ ς ὴ ῆ ὸ ἐὼν πα ς κα Κύρου Καμβύσης ωνας μ ν καῖ ὶ Ἴ ὲ ὶ Α ολέας ς δούλους πατρωίους όντας νόμιζε, π δ Α γυπτον ποιέετοἰ ὡ ἐ ἐ ἐ ὶ ὲ ἴ ἐ στρατηλασίην, λλους τε παραλαβ ν τ ν ρχε κα δ κα λλήνων τ ν πεκράτεε.ἄ ὼ ῶ ἦ ὶ ὴ ὶ Ἑ ῶ ἐ Ο δ Α γύπτιοι, πρ ν μ ν Ψαμμήτιχον σφέων βασιλε σαι, νόμιζον ωυτο ςἱ ὲ ἰ ὶ ὲ ἢ ῦ ἐ ἑ ὺ πρώτους γενέσθαι πάντων νθρώπων...ἀ

Essendo figlio di questa donna e di Ciro, Cambise riteneva che gli Ioni e gli Eoli fossero 21 IMMERWAHR 1966. 22 BORNITZ 1968. 23 COBET 1971. 24 WATERS 1974. 25 CARBONELL 1985. 26 DE JONG 2002.

(20)

schiavi ereditati dal padre; così, quando fece una spedizione contro l'Egitto, recò con sé, tra gli altri su cui governava, anche i Greci di cui era signore. Prima che Psammetico regnasse su di loro, gli Egiziani si ritenevano i più antichi di tutti gli uomini...

Hdt. III, 1: π το τον δ τ ν μασιν Καμβύσης Κύρου στρατεύετο, γωνἘ ὶ ῦ ὴ ὸ Ἄ ὁ ἐ ἄ λλους τε τ ν ρχε κα λλήνων ωνάς τε κα Α ολέας, δι' α τίην τοιήνδε.

ἄ ῶ ἦ ὶ Ἑ Ἴ ὶ ἰ ἰ

Contro questo Amasi mosse con l'esercito Cambise, figlio di Ciro, conducendo altri suoi sudditi e, tra i Greci, Ioni ed Eoli.

È affascinante pensare come il modo di procedere erodoteo sia un risultato della sua curiostas intellettuale e quindi una realizzazione sul piano narrativo della sua στορίη; per usare le parole diἱ David Asheri nell'Introduzione al I libro dell'opera edito dalla Fondazione Lorenzo Valla, “attraverso la στορίη possiamo seguire Erodoto non solo nei suoi viaggi, ma anche nella suaἱ avventura intellettuale. Lo vediamo entrare nei templi, osservare, conversare con i sacerdoti, porre domande ed ascoltare, riflettere, paragonare, sollevare problemi, ragionare, talvolta anche concludere”27.

Ciò che attrae Erodoto e lo porta a comporre un'opera così eterogenea è senz'altro l'interesse per ciò che egli ritiene meraviglioso e, in effetti, egli divide il mondo in paesi che hanno molti θωμάσια (Egitto e Babilonia) e in paesi che ne hanno pochi (Scizia e Lidia). Non è raro incontrare espressioni che indicano stupore nei confronti di qualcosa di nuovo e sconosciuto come “ero curioso (πρόθυμος) di sapere” (Hdt. II, 19).

C'è a questo punto da chiedersi: quale ruolo hanno le digressioni nell'opera? Come vanno intese? Sono delle semplici parentesi oppure sono delle parti narrative che nel loro insieme costituiscono il tessuto dell'opera?

É utile innanzitutto fare un'analisi lessicale: Erodoto usa essenzialmente due termini che indicano

digressione, parentesi, ovvero προσθήκη e παρενθήκη. Il primo viene utilizzato nel quarto libro:

Hdt. IV, 30: προσθήκας γ ρ δή μοι λόγος ξ ρχ ς δίζητοὰ ὁ ἐ ἀ ῆ ἐ fin dall'inizio infatti il racconto mi ha richiesto aggiunte

Il termine significa, come riferisce il Lidell-Scott28, “addition, appendage, supplement”, ma presenta

chiara l'etimologia πρόσ+τίθημι e contiene pertanto l'idea di qualcosa che è posto da un lato in 27 ASHERI 1988, XXV.

(21)

stretta connessione con qualcos'altro (“of dependece or close connection”) e dall'altro in prossimità, presso qualcosa (“it expresses proximity”): in effetti sembra essere proprio questo il significato autentico di ciò che significa “digressione” in Erodoto, ovvero di un racconto di un fatto che ha certo interesse di per sé, ma che può essere compreso solo se letto in prossimità e come strettamente connesso con il suo contesto.

Da mettere in evidenza anche come nel passo citato sopra Erodoto fornisca una spiegazione del perché nel corso di tutta l'opera indulga in excursus di vario genere, ovvero la necessità di trovare le ragioni a fatti che lo stupiscono, lo meravigliano:

Hdt. IV, 30: θωμάζω.

mi domando stupito.

Il verbo θωμάζω e i suoi derivati vengono utilizzati spesso in Erodoto e hanno per soggetto l'autore stesso nei momenti in cui egli si appresta ad esporre quelle che narrativamente sono digressioni: in questo senso lo troviamo riferito alle meraviglie dell'Egitto,

Hdt. II, 35.2: ρχομαι δ περ Α γύπτου μηκυνέων τ ν λόγον, τι πλε στα θωμάσιαἜ ὲ ὶ ἰ ὸ ὅ ῖ χει [ λλη π σα χώρη] κα ργα λόγου μέζω παρέχεται πρ ς π σαν < λλην>

ἔ ἢ ἡ ἄ ᾶ ὶ ἔ ὸ ᾶ ἄ

χώρην· τούτων ε νεκα πλέω περ α τ ς ε ρήσεται. ἵ ὶ ὐ ῆ ἰ

vengo invece all'Egitto, ampliando il racconto, poiché possiede moltissime meraviglie e offre opere superiori a ogni descrizione, a confronto di ogni altro paese; appunto perciò se ne parlerà a lungo.

a conoscenze pregresse che intende confutare,

Hdt. 4.42: Θωμάζω ν τ ν διουρισάντων κα διελόντων Λιβύην τε κα σίην καὦ ῶ ὶ ὶ Ἀ ὶ Ε ρώπηνὐ

mi meraviglio quindi di coloro che hanno separato e diviso la terra in Libia, Asia ed Europa

e infine a notizie che appaiono curiose e al limite della credibilità come nel caso del racconto dell'impresa del palombaro Scillia di Scione:

(22)

ε πε ν τρεκέως, θωμάζω δ ε τ λεγόμενά στι ληθέα· λέγεται γ ρ ς ξ φετέωνἰ ῖ ἀ ὲ ἰ ὰ ἐ ἀ ὰ ὡ ἐ Ἀ δ ς ς τ ν θάλασσαν ο πρότερον νέσχε πρ ν πίκετο π τ ρτεμίσιον, σταδίουςὺ ἐ ὴ ὐ ἀ ὶ ἢ ἀ ἐ ὶ ὸ Ἀ μάλιστά κ τούτους ς γδώκοντα δι τ ς θαλάσσης διεξελθών.ῃ ἐ ὀ ὰ ῆ

in che modo sia arrivato dai Greci, non sono in grado di dirlo con certezza, ma mi chiedo con meraviglia se sia vero quello che si racconta: e cioè che, tuffatosi in mare ad Afete, non ne sarebbe riemerso prima di giungere all'Artemisio, dopo aver percorso per mare circa ottanta stadi.

Accanto al termine προσθήκη, per indicare le digressioni, Erodoto usa anche παρενθήκη: questo secondo sostantivo significa, sempre secondo la definizione del Liddell-Scott29, “something put in

beside, addition” e l'autore stesso del lessico ne fornisce una distinzione proprio a partire da esempi tratti dalle Storie.

Παρενθήκη significa, infatti, semplicemente digressione nel settimo libro,

Hdt. VII, 171,1: λλ τ μ ν κατ ηγίνους τε κα Ταραντίνους το λόγου μοιἈ ὰ ὰ ὲ ὰ Ῥ ὶ ῦ παρενθήκη γέγονε.

ma le vicende dei Reggini e dei Tarantini sono solo una parentesi del mio racconto

ma significa anche, con una sfumatura di significato, “aggiunta, parte secondaria” in un oracolo come nel passo del sesto libro o in un discorso nel passo del settimo,

Hdt. VI, 19,1: Χρεωμένοισι γ ρ ργείοισι ν Δελφο σι περ σωτηρίης τ ς πόλιος τ ςὰ Ἀ ἐ ῖ ὶ ῆ ῆ σφετέρης χρήσθη πίκοινον χρηστήριον, τ μ ν ς α το ς το ς ργείους φέρον, τ νἐ ἐ ὸ ὲ ἐ ὐ ὺ ὺ Ἀ ὴ δ παρενθήκην χρησε ς Μιλησίους.ὲ ἔ ἐ

in effetti, quando gli Argivi avevano consultato l'oracolo di Delfi riguardo alla salvezza della loro città, era stato reso loro un responso cumulativo, che in parte si riferiva agli Argivi stessi, ma aveva un'aggiunta che riguardava i Milesi.

Hdt. VII, 5,3: τούτου δ το λόγου παρενθήκην ποιεέσκετο τήνδεὲ ῦ ad esse (Mardonio) aggiungeva poi le affermazioni seguenti.

Svolta questa breve analisi terminologica è possibile considerare meglio in quale senso e con quale ruolo vanno interpretate le digressioni presenti nel testo erodoteo.

Si può osservare come Erodoto tenda a rimanere fedele al significato autentico del termine 29 LIDDELL, SCOTT, JONES 1843, s.v. παρενθήκη.

(23)

προσθήκη da lui utilizzato: si prenda l'esempio della Scizia.

L'excursus sulla geografia della regione e sulle usanze del popolo che lì e insediato ha innanzitutto una sua autonomia e un suo interesse proprio: inoltre ci fornisce informazioni interessanti e quasi monografiche su questa terra dalle caratteristiche così diverse da quella greca e anche persiana. Ma questa digressione non ha evidentemente solo uno scopo narrativo; essa serve innanzitutto a spiegare la ragione del fallito tentativo di conquista da parte di Dario e della clamorosa sconfitta dell'esercito achemenide contro gli Sciti.

Ed ecco quindi il vero significato delle digressioni geografiche: esse sono poste 'accanto' al testo e quindi in autonomia rispetto ad esso (la portata d'acqua del fiume Istro), ma sono anche 'in dipendenza' del testo stesso (la natura morfologica del territorio tutto pianeggiante e uguale a se stesso confonde i persiani che nell'inseguimento del nemico si perdono).

Stileremo ora una breve storia degli studi in materia di geografia erodotea.

1.4 Breve storia degli studi di geografia erodotea

La geografia nelle Storie di Erodoto rappresenta un argomento poco trattato o meglio, considerata la sterminata mole di letteratura critica scritta su Erodoto, meno trattato di altri.

Il capostipite degli studi moderni in quest'ambito è senz'altro il britannico Sir John Linton Myres. In un esaustivo articolo uscito per la prima volta nel 1896, An attempt to reconstruct the maps used by

Herodotus, lo studioso, come vedremo, ha teorizzato l'uso di due diverse mappe da parte di

Erodoto: una di matrice greca ed una di matrice persiana. La sua analisi è dotata di molto acume e tende a sottolineare la simmetria della mappa greca basata su Nilo e Istro, in contrapposizione con la mappa persiana, basata sui quattro popoli fra il Mare Eritreo e il Mar Caspio, Medi, Persiani, Saspiri e Colchi. Nonostante ciò essa pecca nei riferimenti al testo erodoteo: spesso le sue elucubrazioni non sono supportate da chiari elementi deducibili dalle Storie e, benché suggestive ed interessanti, mancano di solidità. Inoltre la visione dello studioso risulta ai nostri occhi troppo positivistica ed incentrata su un tentativo di ricostruzione di due mappe della cui esistenza non siamo sicuri.

Lo studioso ha, d'altra parte, il grande merito di aver posto una sorta di pietra miliare sull'argomento. Nessuno fra chi è venuto dopo di lui, compreso questo lavoro, ha potuto non tenere in conto la sua opera.

(24)

diciannovesimo e la prima metà del ventesimo secolo: considerando, come ricordato sopra che questa disciplina diventa autonoma solo nel III sec a.C. con l'opera di Eratostene di Cirene, i vari manuali tendono sempre a relegare i predecessori di Erodoto nei primi capitoli, per poi dedicarne uno intero allo storico di Alicarnasso e, infine, articolare il loro discorso partendo da Eratostene. Queste opere hanno il pregio di sintetizzare l'argomento, pur con scarsi riferimenti al testo. I manuali di riferimento per questo periodo sono quello di Henry Fanshawe Tozer, A history of

ancient geography30, l'opera di Sir Herbert Edward Bunbury, A History of Ancient Geography

among the Greeks and Romans from the Earliest Ages till the Fall of the Roman Empire31 ed infine

il testo di James Oliver Thomson History of Ancient Geography32.

Nel 1953, l'articolo di Myres, dopo aver ricevuto qualche integrazione, viene inserito dall'autore in un volume dal titolo Herodotus: father of history33.

L'interesse per la materia è ravvivato nel 1976 dall'uscita del commento in tre volumi di Alan B. Lloyd al secondo libro delle Storie34. In esso lo studioso affronta in modo molto scientifico i

problemi di carattere geografico presenti nell'excursus sul Nilo e nella schematizzazione della Libia. A differenza delle opere precedenti sull'argomento, il commento di Lloyd è fortemente legato al testo, analizzando le singole espressioni, esaminando i problemi che pongono e riportando per buona parte di esse una cospicua bibliografia.

Questo commento ha rinverdito gli interessi accademici sulla materia: nel 1980, infatti, François Hartog pubblica un testo molto importante sugli interessi geo-etnografici di Erodoto: Le miroir

d'Hérodote35. In esso lo studioso francese mette bene in luce come l'Egitto e la Scizia, contrapposte

l'una all'altra, costituiscano per l'autore una sorta di specchio per descrivere la Grecia stessa attraverso gli elementi che agli stessi greci dovevano apparire inusuali, come il Nilo e i grandi fiumi della Scizia oppure il nomadismo delle tribù scitiche.

Negli ultimi anni si assiste ad un forte incremento di pubblicazioni sull'argomento, basti pensare ai numerosi saggi di James Romm sul trattamento erodoteo dei cosiddetti πείρατα γαι ςῆ 36 o ai

Companions realizzati dalle Università di Cambridge37 e Leida38.

Passiamo ora al primo capitolo di questo lavoro, in cui analizzeremo gli strumenti a disposizione del 30 TOZER 1897. 31 BUNBURY 1879. 32 THOMSON 1948. 33 MYRES 1953. 34 LLOYD 1976. 35 HARTOG 1980. 36 ROMM 2010 37 DEWALD, MARINCOLA 2006. 38 BAKKER, DE JONG, WEES 2002.

(25)

geografo Erodoto e le conoscenze geografiche disponibili al suo tempo.

1.5 Passi citati, edizioni critiche e traduzioni

Di seguito si riportano i passi, le edizioni critiche e le traduzioni utilizzati nel seguente lavoro:

Passi citati - Hdt (Herodotus) I, 66; 125.4; 134.2; 142; 204.1; 205-206. II, 5.1-2; 6-9; 10; 11.3-4; 12; 13.1; 16; 19.1-2; 20; 21; 22; 23; 24-25; 28; 32.4; 33-34; 35.2; 36.1; 70-71; 108; 168.1. III, 1; 89-95; 106; 115; 117. IV, 17-20; 28; 30; 36; 37-41; 42; 44; 45.2; 48-49; 50; 53; 76.4; 85.3-86.2; 99; 101; 131-132; 181.1; 190. V, 9; 49; 52-53. VI, 19.1. VII, 5.3; 35.2; 61-62; 171.1. VIII, 8.2. - Aesch(ylus)

Prom(eteus) Sol(utus), fr. 91 Radt.

- Agathem(erus) I,1. - Anaxag(oras) Fr. 42 DK. - Arist(oteles) Meteor(ologica), 350b.

(26)

- Hom(erus) Il(ias), Α, 69-72. Β, 484-487; 493-508. Σ, 483-608. Φ, 195-197. Od(yssea), ε, 404-405; 411-413; 441-443. - Liv(ius) I, 6-7. - Pol(ybius) III, 39. - Ps(eudo) Scyl(ax) 2.1-2.5. - Sen(eca)

Nat(urales) Quaest(iones), IV, 2, 22.

- Sept(uaginta) Num(eri) 2, 3-10. - Strab(o) I, 3.22. - Thal(es) Fr. 42 DK.

Edizioni critiche di riferimento

- Hdt (Herodotus):

(27)

- Aesch(ylus):

Tragicorum Graecorum fragmenta, vol. III, edidit S. Radt, Göttingen 1985.

- Agathem(erus):

Geographi Graeci minores, vol. II, edidit K. Müller, Paris 1861 [1965].

- Anaxag(oras):

Die Fragmente der Vorsokratiker, vol. II, edidit H. Diels, W. Kranz, Berlin 1903 [1966].

- Arist(oteles):

Aristotelis meteorologicorum libri quattuor, edidit F.H. Fobes, Cambridge 1919 [1967].

- Hom(erus):

Homeri Opera, vol. I (Il. I-XII), edidit D. B. Monro, T. W. Allen, Oxford 1920. Homeri Opera, vol. II (Il. XII-XXIV), edidit D. B. Monro, T. W. Allen, Oxford 1920. Homeri Odyssea, edidit P. von der Mühll, Basel 1962.

- Liv(ius):

T. Livius. Ab Urbe Condita, vol. I, edidit R. S. Conway, Oxford 1908. - Pol(ybius):

Polybii historiae, voll. I–IV, edidit T. Büttner–Wobst, Leipzig 1882-1904.

- Ps(eudo) Scyl(ax):

Geographi Graeci minores, vol. I, edidit K. Müller, Paris 1855 [1965].

- Sen(eca):

Seneca, Ricerche sulla natura, testo critico, traduzione e commento a cura di P. Parroni, Milano 2002.

- Sept(uaginta):

Septuaginta, vol. I, edidit A. Rahlfs, Stuttgart 1935 [1971].

-Strab(o):

Strabonis geographica, voll.3, edidit A. Meineke, Leipzig 1877 [1969].

-Thal(es):

Die Fragmente der Vorsokratiker, vol. II, edidit H. Diels, W. Kranz, Berlin 1903 [1966].

Traduzioni

- Hdt(Herodotus):

(28)

traduzione di Virginio Antelami, Milano 1988.

- Erodoto, Le Storie, libro II: l'Egitto, introduzione, testo e commento a cura di Alan B. Lloyd, tradizione di Augusto Fraschetti, Milano 1989.

- Erodoto, Le Storie, libro III: la Persia, introduzione e commento a cura di David Asheri, testo critico di Silvio M. Medaglia, traduzione di Augusto Fraschetti, Milano 1990.

- Erodoto, Le Storie, libro IV: la Scizia e la Libia, introduzione e commento di Aldo Corcella, testo critico di Silvio M. Medaglia, traduzione di Augusto Fraschetti, Milano 1993. - Erodoto, Le Storie, libro V: la rivolta della Ionia, a cura di Giuseppe Nenci, Milano 1994. - Erodoto, Le Storie, libro VI: la battaglia di Maratona, a cura di Giuseppe Nenci, Milano 1998.

- Erodoto, Le Storie, libro VIII: la vittoria di Temistocle, a cura di David Asheri, testo critico di Aldo Corcella, traduzione di Augusto Fraschetti, Milano 2003.

Per il testo del libro VII, non edito dalla Fondazione Lorenzo Valla:

- Erodoto, Le Storie, a cura di Aristide Colonna e Fiorenza Bevilacqua, Torino 1996.

- Aesch(ylus):

- Eschilo, Tragedie e frammenti, a cura di Giulia e Moreno Morani, Torino 1997 [1995].

- Agathem(erus):

- Traduzione realizzata da me.

- Anaxag(oras):

- I presocratici: testimonianze e frammenti, a cura di Gabriele Giannantoni, Bari 1969.

- Arist(oteles):

- Traduzione realizzata da me.

- Hom(erus):

- Omero, Iliade, introduzione e traduzione di Giovanni Cerri, commento di Antonietta Gostoli, Milano 1999.

- Omero, Odissea, traduzione di Aurelio Privitera, Milano 1991.

(29)

- Tito Livio, Storia di Roma, libri 1-2. Dai Re alla Repubblica, Milano 2013.

- Pol(ybius):

- Traduzione realizzata da me.

- Ps(eudo) Scyl(ax):

- G. SHIPLEY, Pseudo-Scylax's Periplous: the Circumnavigation of the Inhabited World.

Text, Translation and Commentary, Exeter 2011.

- Sen(eca):

- Seneca, Ricerche sulla natura, testo critico, traduzione e commento a cura di P. Parroni, Milano 2002.

- Sept(uaginta):

- La Bibbia, versione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana, Cinisello Balsamo 2012.

- Strab(o):

- Traduzione Realizzata da me.

- Thal(es):

- I presocratici: testimonianze e frammenti, a cura di Gabriele Giannantoni, Bari 1969.

2. Gli strumenti del geografo 2.1 Misurare lo spazio

(30)

Una delle prime esigenze in una società è quella di stabilire delle regole comuni e valide per tutti i suoi membri: fra queste sono molto importanti quelle sul commercio, che può essere definito come una sorta di motore della civilizzazione. Infatti costringe gli esseri umani ad entrare in contatto fra di loro e ad instaurare una rete di mutua conoscenza. È inoltre fondamentale affinché le diverse società possano avere tutto ciò di cui hanno bisogno per prosperare, dai generi alimentari ai beni di lusso: prodotti diversi sono disponibili in ambienti diversi e solo lo scambio, sia esso effettuato merce contro merce come nel baratto, oppure in cambio di una forma di valuta come nello scambio monetario, permette che tutte le società, teoricamente, possano fruirne. Perché il commercio possa esistere è necessario stabilire delle unità di misura univoche: in caso contrario diventa impossibile qualsiasi trattazione poiché manca l'accordo fra le parti sulle quantità dei prodotti del baratto o della compravendita. Nascono in questo modo le unità di misura, per prime quelle di lunghezza, basate sul paragone con le parti del corpo e quindi più facilmente esperibili dalla mente umana rispetto a quelle di peso e capacità. Tenuto conto che ogni popolo chiama le varie misure con termini propri, si riscontra una generale tendenza ad utilizzare le stesse parti anatomiche come riferimento, ad esempio la lunghezza dell'avambraccio dal gomito alla punta del dito medio a mano aperta; quella dalla punta del dito medio a metà torace con il braccio teso oppure la misura delle due braccia perpendicolari al corpo, un'altezza simile a quella dell'individuo misuratore. In questa prima fase le misure variano da persona a persona, a seconda della sua corporatura; per questo motivo sono chiamate antropocentriche. Queste unità non sono univoche in quanto hanno tante lunghezze quante sono le persone che le utilizzano: non possono perciò dare vita ad un commercio ad ampio respiro, ma sono comunque adatte a piccoli scambi in comunità ristrette fra persone che si conoscono. In un secondo momento la misura diventa un'entità astratta: non più il mio braccio, il tuo braccio, ma il braccio in senso generale, con un valore univoco per tutta la società: questo passaggio è ben evidenziato dal sociologo e storico polacco Witold Kula39. In questa fase, ovviamente non databile

in generale poiché avviene in momenti diversi per ogni civiltà, è possibile trovare dei campioni di misurazione, riportanti solitamente il sigillo di un potere statale che ne attesti la validità: un caso emblematico è, come vedremo40, il cubito dell'architetto Kha, scoperto dall'egittologo Ernesto

Schiaparelli nel 1906 ed ora conservato al Museo Egizio di Torino41. La sbarra riporta infatti sulle

due testate il cartiglio del Faraone Amenhotep II che ne attesta l'effettiva validità. Vengono quindi creati dei sistemi organici di misurazione42 in cui le varie misure di lunghezza sono poste in

relazione fra di loro: lo stesso procedimento viene applicato per quelle di peso e di capacità. Viene 39 KULA 1970, 24.

40 Cfr. 2.2 Le unità di misura nel testo erodoteo. /pagina/ 41 CURTO 1984, 210.

(31)

infine individuata un'unità base per ognuna delle tre categorie, utilizzata per il calcolo delle altre misure.

Questi sistemi possono essere aperti o chiusi: nei primi le tre unità base si sono create in modo indipendente. Non esiste quindi nessun rapporto fra di esse, né è possibile stabilire delle relazioni, per così dire, matematiche fra l'una e l'altra.

Nei sistemi chiusi, invece, le tre unità base sono interdipendenti fra di loro: conoscendo il valore di una di queste unità si può conoscere quello delle altre. Il mondo greco conosce due casi di sistema chiuso: il primo è attribuito al re argivo di VII sec. Fidone e perciò è detto fidoniano, mentre il secondo è quello realizzato ad Atene da Solone43. Nel sistema attico del legislatore ateniese il piede

misura 29 cm. Utilizzando questa misura nelle tre dimensioni si ottiene un cubo con lato pari ad un piede: questo corrisponde alla capacita di mezzo medimno (26 litri) che, riempito d'acqua, dà il peso di un talento (26 chilogrammi). È piuttosto evidente come un sistema di questo tipo si possa realizzare solo a tavolino, sostituendo gli eterogenei sistemi precedenti per ottenerne uno solo e facilitare così le transazioni commerciali; è interessante notare come sia Fidone che Solone siano noti come legislatori e proprio a loro sia stata attribuita la realizzazione dei sistemi chiusi. Il compito principale del legislatore è infatti quello di portare κόσμος in una comunità, obiettivo raggiungibile anche grazie all'introduzione di misure comuni per tutti.

Secondo Giorgio Camassa44, il mondo greco sarebbe passato da un diritto orale consuetudinario ad

un codice scritto anche grazie all'influenza di gruppi provenienti dall'Asia Minore, dove la scrittura era usata in ambito legislativo da molto tempo. Successivamente, i legislatori avrebbero modificato l'ancestrale codice di leggi, che era nato in forma orale per poi diventare scritto, promulgando norme più precise. A mio avviso possiamo collocare in quest'ottica la nascita dei sistemi di Fidone e Solone; sarebbero nati dall'esigenza ordinatrice del legislatore.

Per quel che concerne specificatamente le misure di lunghezza occorre fare una breve precisazione: queste possono servire a misurare grandi distanze geografiche, come ad esempio la lunghezza di un fiume o la strada da percorrere per arrivare in un determinato luogo. In questo caso sono relativamente poco utili al commercio; un gruppo sociale può quindi mantenere senza problemi le proprie misure senza doverle adattare ad altri sistemi. Infatti non sorge la necessità di confrontarsi direttamente con unità di misura diverse in quanto la misurazione delle distanze viene realizzata in modo indipendente da ogni comunità. Diverso è il caso in cui le lunghezze siano più ridotte: diventano infatti molto utili per la compravendita di alcuni beni misurabili in base alla superficie come ad esempio tessuti e terreni. È comunque importante sottolineare come nemmeno in questo 43 STAZIO 1959, 549.

(32)

caso, sempre facendo riferimento ad una società ristretta, l'unificazione delle misure sia così necessaria: in piccole comunità compratore e venditore possono incontrarsi ed avere fisicamente sotto gli occhi l'oggetto della trattazione. A questo punto diventa poco importante che l'oggetto stesso venga misurato dai due individui con la stessa unità, poiché il venditore farà un'offerta e l'acquirente potrà valutarla vedendo l'oggetto e misurandolo secondo le proprie misure. L'unificazione metrologica è un'esigenza che si sviluppa con l'aumento di complessità di una società e, di conseguenza, con l'entrata in scena di strategie e trattazioni commerciali più complesse.

Con l'allargarsi dell'orizzonte del mondo le comunità si accrescono ed inevitabilmente devono entrare in contatto con altri popoli aventi misure diverse dalle loro: per questo motivo la differenza fra queste diventa sempre più importante. Non solo entrano in contatto i sistemi più disparati, ma soprattutto accade frequentemente che la stessa unità abbia valori diversi da una regione ad un'altra, se non addirittura fra villaggi vicini. Un esempio è quello del miglio che, a seconda delle epoche storiche e dei luoghi, assunse valori molto diversi: poteva valere dai 1480 metri nel caso del miglio romano ai 1610 di quello inglese; quello italiano misurava 1850 metri , quello danese 7530, quello austriaco 7585, quello svedese 10640 e quello norvegese addirittura 11295 metri45.

Questo generò in Europa, dal Medioevo in poi, l'esigenza di un sistema di misure unico e valido per tutti gli individui, a prescindere dalla nazionalità. Analizzeremo per sommi capi la situazione francese poiché essa rappresenta un caso allo stesso tempo tipico ed atipico: da una parte abbiamo vari sovrani, da Carlo Magno a Luigi XVI, che cercano di imporre a tutto il regno delle misure unificate. Dall'altra, con l'Illuminismo, la Francia sarà la prima nazione a dotarsi di un sistema uguale per tutti i suoi abitanti e basato non sulle parti anatomiche, bensì su misurazioni precise della superficie terrestre: è il Sistema Metrico Decimale, tuttora usato in buona parte del mondo.

In particolare, nei mille anni intercorsi fra i due sovrani possiamo contare quattro grandi tentativi di riforma metrologica. Il primo venne realizzato dal sovrano carolingio che nel 789 emise questo editto:

Volumus ut aequales mensuras et rectas, pondera iusta et aequalia omnes habeant, sive in civitatibus, sive in monasteriis, sive ad dandum in illis, sive ad accipiendum, sicut in lege Domini praescriptum habemus46.

Vogliamo che tutti abbiano misure e pesi giusti ed uguali, sia nelle città sia nei monasteri, sia nella vendita che nell'acquisto, così come abbiamo prescritto nella 45 AGNOLI 2006, 13.

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