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L'analogia nella letteratura greca arcaica

3. Le forme di concettualizzazione dello spazio

3.2.1 L'analogia nella letteratura greca arcaica

Aldo Corcella, nella prima parte del suo testo fondamentale Erodoto e l'analogia106 del 1984, traccia

una storia dell'uso dell'analogia nella letteratura greca dalle origini fino allo storico di Alicarnasso. Scopo di questa tecnica è quello di mostrare l' φανής, il non visibile, attraverso ciò che si vede.ἀ Esso può essere inteso sia nello spazio sia nel tempo: infatti può essere tale sia un luogo lontano o non raggiungibile sia il tempo passato e futuro. Erodoto incarna appieno lo scopo dello storico di ogni tempo: fare chiarezza su eventi non più direttamente visibili in quanto lontani nello spazio oppure passati. Per raggiungerlo deve sfruttare ogni possibile indizio e metodo d'indagine, fra cui, appunto, l'analogia. Tutte queste tipologie di irraggiungibile interessano lo storico in quanto questi 106 CORCELLA 1984.

si deve servire delle descrizioni spaziali dei luoghi in cui si svolgono le azioni da lui narrate, ma anche della ricostruzione degli eventi passati allo scopo di capire quelli presenti ed eventualmente di prevedere quelli futuri.

Nel mito l'attributo più importante delle divinità è l'onniscienza: essa permette loro di conoscere ogni singolo aspetto della realtà e quindi di eliminare completamente l' φανής. Capita sovente cheἀ esse illuminino alcuni uomini rivelando loro dettagli che essi non possono conoscere: è ciò che viene definita mantica intuitiva107: il dio parla direttamente agli uomini e offre delle rivelazioni. Il

destinatario di queste è quello che Corcella definisce come maestro di verità: questi può essere il re di giustizia miceneo, cioè un sovrano con un potere in qualche modo legittimato dalle divinità, un poeta oppure un indovino.

Un esempio di mantica intuitiva si trova all'inizio del cosiddetto Catalogo delle Navi nel secondo libro dell'Iliade108. Prima di iniziare l'elenco dei contingenti achei il poeta traccia una sorta di

proemio al Catalogo invocando le Muse affinché gli rivelino i nomi dei comandanti:

Hom., Il., Β, 484-487: σπετε ν ν μοι Μο σαι λύμπια δώματ' χουσαι· / Ἔ ῦ ῦ Ὀ ἔ ὑ ῖ ὰμε ς γ ρ θεαί στε πάρεστέ τε στέ τε πάντα, / με ς δ κλέος ο ον κούομεν ο δέ τι δμεν· / οἐ ἴ ἡ ῖ ὲ ἶ ἀ ὐ ἴ ἵ τινες γεμόνες Δανα ν κα κοίρανοι σαν· ἡ ῶ ὶ ἦ

Narratemi ora, Muse, che abitate le case d'Olimpo, / - voi siete infatti dee e siete presenti e sapete ogni cosa, / mentre noi soltanto la fama ascoltiamo e nulla sappiamo - / dite chi erano i capi dei Danai e i comandanti.

L'invocazione è qui fondamentale poiché Omero non può aver visto direttamente i contingenti e di conseguenza non può parlarne per esperienza diretta. Per questo motivo deve rivolgersi alle Muse che, in quanto divinità, sono onniscienti e conoscono tutto.

Ciò che è conosciuto manticamente è soprattutto l' φανής nel tempo: per conoscere quello nelloἀ spazio, infatti, è sufficiente muoversi nel mondo e recarsi in una regione sconosciuta. Conoscere l' φανής nel tempo, invece, è umanamente impossibile perché l'essere umano non può viaggiare fra ἀ

le varie epoche storiche. Noi moderni siamo portati a pensare che il chiarimento dell' φανής nelἀ tempo tramite la mantica riguardi solo il futuro. Ai giorni nostri, infatti, leggiamo l'oroscopo o ci facciamo leggere la mano poiché crediamo che così facendo avremo delle informazioni riguardo eventi che devono ancora verificarsi. Nel mondo greco arcaico non era così: Omero ci ricorda che Calcante, indovino originario di Argo che aveva ricevuto da Apollo il dono della mantica, 107 CORCELLA 1984,

conosceva passato, presente e futuro:

Hom., Il., A, 69-72: Κάλχας Θεστορίδης ο ωνοπόλων χ' ριστος, / ἰ ὄ ἄ ὃ ᾔς δη τά τ' όνταἐ τά τ' σσόμενα πρό τ' όντα, / κα νήεσσ' γήσατ' χαι ν λιον ε σω / ν διἐ ἐ ὶ ἡ Ἀ ῶ Ἴ ἴ ἣ ὰ μαντοσύνην, τήν ο πόρε Φο βος πόλλων· ἱ ῖ Ἀ

Calcante, figlio di Testore, di molto migliore fra gli àuguri, / che sapeva le cose che furono, sono e saranno, / ed aveva guidato le navi degli Achei fino ad Ilio, / grazie all'arte profetica, che gli donò Febo Apollo;

L'indovino, quindi, riceve dal dio l'onniscienza e può eliminare l' φανής ἀ nel tempo.

Esaminando la letteratura greca possiamo ravvisare un secondo tipo di mantica, quella induttiva: in essa la divinità non comunica più in modo diretto con gli uomini, ma lo fa tramite dei segni che vanno interpretati.

Lo stesso Erodoto ci fornisce un esempio di mantica induttiva: nel quarto libro, ai capitoli 131 e 132, i Persiani hanno invaso la Scizia ma non riescono a giungere ad uno scontro definitivo poiché gli Sciti continuano a ritirarsi con lo scopo di far morire di inedia gli invasori. Ad un certo punto inviano a Dario dei doni particolari: un uccello, un topo, una rana e cinque frecce.

Hdt., IV, 131-132: [...] κα ο Σκυθέων βασιλέες μαθόντες το το ὶ ἱ ῦ ἔπεμπον κήρυκα δ ρα Δαρεί φέροντα ρνιθά τε κα μ ν κα βάτραχον κα ϊστο ς πέντε. Πέρσαι δῶ ῳ ὄ ὶ ῦ ὶ ὶ ὀ ὺ ὲ τ ν φέροντα τ δ ρα πειρώτων τ ν νόον τ ν διδομένων· δ ο δ ν φη οὸ ὰ ῶ ἐ ὸ ῶ ὁ ὲ ὐ ὲ ἔ ἱ πεστάλθαι λλο δόντα τ ν ταχίστην ἐ ἄ ἢ ὴ ἀπαλλάσσεσθαι· α το ς δ το ς Πέρσαςὐ ὺ ὲ ὺ κέλευε, ε σοφοί ε σι, γν ναι τ θέλει τ δ ρα λέγειν. Τα τα κούσαντες ο Πέρσαι ἐ ἰ ἰ ῶ ὸ ὰ ῶ ῦ ἀ ἱ βουλεύοντο. Δαρείου μέν νυν γνώμη ν Σκύθας ἐ ἡ ἦ ἑωυτ διδόναι σφέας τε α το ςῷ ὐ ὺ κα γ ν τε κα δωρ, ὶ ῆ ὶ ὕ ε κάζων τ δε, ς μ ς μ ν ν γ γίνεται καρπ ν τ ν α τ νἰ ῇ ὡ ῦ ὲ ἐ ῇ ὸ ὸ ὐ ὸ νθρώπ σιτεόμενος, βάτραχος δ ν δατι, ρνις δ μάλιστα οικε ππ , το ς δ ἀ ῳ ὲ ἐ ὕ ὄ ὲ ἔ ἵ ῳ ὺ ὲ ϊστο ς ς τ ν ωυτ ν λκ ν παραδιδο σι. Α τη μ ν Δαρεί πεδέδεκτο γνώμη, ὀ ὺ ὡ ὴ ἑ ῶ ἀ ὴ ῦ ὕ ὲ ῳ ἀ ἡ συνεστήκεε δ ταύτ τ γνώμ Γωβρύεω, τ ν νδρ ν τ ν πτ ν ς τ ν τ νὲ ῃ ῇ ῃ ἡ ῶ ἀ ῶ ῶ ἑ ὰ ἑ ὸ ῶ ὸ μάγον κατελόντων, ε κάζοντος τ δ ρα λέγειν· «ἰ ὰ ῶ Ἢν μ ρνιθες γενόμενοιὴ ὄ ναπτ σθε ς τ ν ο ρανόν, Πέρσαι, μύες γενόμενοι κατ τ ς γ ς καταδύητε, ἀ ῆ ἐ ὸ ὐ ὦ ἢ ὰ ῆ ῆ ἢ βάτραχοι γενόμενοι ς τ ς λίμνας σπηδήσητε, ο κ πονοστήσετε πίσω π τ νδεἐ ὰ ἐ ὐ ἀ ὀ ὑ ὸ ῶ τ ν τοξευμάτων βαλλόμενοι.»ῶ

I re degli Sciti mandarono un araldo a portare in dono a Dario un uccello, un topo, una rana e cinque frecce. I Persiani chiesero all'araldo il significato di quei doni: ma costui

rispose che gli era stato ordinato soltanto di consegnarli e di tornare indietro al più presto; e invitava i Persiani a capire da soli, se erano saggi, ciò che volevano dire quei regali. Udite queste parole, i Persiani si consultarono tra loro. L'opinione di Dario era che gli Sciti intendessero fargli dono di se stessi, della terra e dell'acqua: lo deduceva dal fatto che il topo vive sulla terra, nutrendosi dello stesso cibo dell'uomo, e la rana nell'acqua, mentre l'uccello assomiglia molto al cavallo; quanto alle frecce, esse stavano a rappresentare la resa dell'esercito. Tale fu il parere espresso da Dario, ma ad esso si oppose quello di Gobria, uno dei sette che avevano abbattuto il Mago; secondo le sue congetture i doni volevano dire: « Se voi, Persiani, non diverrete uccelli per volare via nel cielo o non diverrete topi per nascondervi sotto terra o non diverrete rane per saltare nelle paludi, non tornerete nel vostro paese, ma sarete trafitti da queste frecce.»

In questo caso i segni, benché non inviati da divinità ma dai re delle tribù scitiche, hanno una forte carica simbolica e analogica: infatti Dario e Gobria li interpretano per ottenere informazioni sulle intenzioni degli Sciti. Poco importa se il Gran Re interpreta i doni come un segno di resa e sottomissione mentre Gobria vede in essi una minaccia e il monito di abbandonare subito quelle terre, poiché entrambi ragionano per analogia. Infatti i doni vengono accostati ad altri oggetti: così il topo viene paragonato alla terra poiché vive su di essa, mentre la rana viene paragonata all'acqua poiché quello è il suo ambiente.

Questa particolare tipologia di pensiero è definita metodo analogico-semeiotico109. Data una coppia

di oggetti, uno noto e uno sconosciuto, viene individuato nel secondo un elemento di somiglianza con il primo. A questo punto l'oggetto sconosciuto può essere investigato sulla base degli altri elementi di quello noto: questo procedimento costituisce l'ossatura delle indagini dell'indagine non mantica dell' φανής, comprese le speculazioni dei logografi ionici. ἀ

A questo proposito occorre ricordare come Talete ritenga che la terra galleggi sull'acqua come un

pezzo di legno mentre Senofane cerchi di ricostruire il passato attraverso lo studio dei fossili.

Passiamo ora ad analizzare l'uso dell'analogia in Erodoto.