• Non ci sono risultati.

Fasi evolutive avanzate in stelle di ammasso globulare

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Fasi evolutive avanzate in stelle di ammasso globulare"

Copied!
234
0
0

Testo completo

(1)

Al Cape Chissa dove sei mia dolce anima, forse sulla Luna a bere un caffè (Bobo Rondelli)

(2)

Indice

Introduzione 5

1 Gli ammassi stellari galattici ed M92 8

1.1 Ammassi stellari . . . 8

1.1.1 Ammassi Globulari . . . 10

1.1.2 Ammassi di disco . . . 12

1.2 Determinazione della composizione chimica di un ammasso stellare . . . 13

1.2.1 Contenuto metallico . . . 13

1.2.2 Abbondanza di elio di un ammasso . . . 15

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) . . . 16

1.3.1 Composizione chimica di M92 . . . 21

2 Il codice evolutivo FRANEC 25 2.1 Integrazione della struttura stellare . . . 25

2.2 Generazione di energia e composizione chimica . . . 27

2.3 Opacità . . . 28

2.4 Equazione di stato . . . 28

2.5 Trattamento della convezione . . . 28

2.6 Diffusione . . . 30

2.7 Mistura solare . . . 31

2.8 Isocrone . . . 32

2.9 Modelli di ramo orizzontale . . . 33

3 Passaggio dal diagramma H-R al diagramma colore-magnitudine 36 3.1 Librerie di spettri sintetici . . . 36

3.2 Magnitudine assoluta, correzione bolometrica e indici di colore . . . 37

3.3 Descrizione dei codici utilizzati per “colorare” le isocrone . . . 39

3.4 Modifiche apportate ai codici: il sistema ABmag . . . 41

3.5 Controllo e confronto dei codici . . . 42

4 Confronto tra modelli teorici e campione osservativo: derivazione dell’età e del modulo di distanza dell’ammasso 46 4.1 Metodi per stimare distanza e età di un ammasso globulare . . . 46

(3)

INDICE 3

4.2 Selezione dei campioni osservativi . . . 48

4.3 Confronto tra teorico e osservativo . . . 52

4.4 Stima dell’incertezza sulla determinazione dell’età. . . 56

4.4.1 Incertezze sulla composizione chimica dell’ammasso . . . 56

4.4.2 Incertezze dovute agli input fisici . . . 61

4.4.3 Diffusione microscopica . . . 62

4.4.4 Efficienza della convezione . . . 65

4.4.5 Errore osservativo ed errore complessivo . . . 65

4.5 Determinazione del modulo di distanza . . . 66

4.6 Confronto con i risultati di altri autori . . . 67

5 Funzione di luminosità (LF) e “RGB bump” 73 5.1 Riproduzione del RGB bump teorico . . . 76

5.2 Determinazione dell’incertezza su 4V (bump − HB) . . . . 78

5.2.1 Metallicità . . . 80

5.2.2 Distribuzione dei metalli . . . 80

5.2.3 Abbondanza di elio . . . 82

5.2.4 Efficienza della convezione esterna . . . 87

5.2.5 Perdita di massa in RGB . . . 87

5.2.6 Equazione di stato . . . 87

5.2.7 Tabelle di opacità . . . 88

5.2.8 Indeterminazione del livello della ZAHB . . . 89

5.2.9 Determinazione di MV(bump) . . . . 90

5.2.10 Diffusione. . . 90

5.2.11 Valutazione dell’errore totale sul modello e confronto con altri autori. 90 5.3 Variazione di 4V (bump − HB) in funzione di [α/F e] . . . 92

5.4 Peculiarità nelle abbondanze degli elementi . . . 95

5.4.1 Principali peculiarità nelle abbondanze degli ammassi globulari . . . 96

5.4.2 Possibili cause delle anomalie chimiche . . . 97

5.4.3 Effetti delle anomalie chimiche su 4V (bump − HB) . . . 101

5.5 Confronto teoria-osservazione per 4V (bump − HB) a diverse metallicità . . 112

5.6 Sommario . . . 114

6 Stelle di ramo orizzontale e “breathing pulses” 122 6.1 Fase evolutiva di ramo orizzontale: autotrascinamento del nucleo e semicon-vezione indotta . . . 123

6.1.1 Autotrascinamento del nucleo convettivo. . . 124

6.1.2 Stima dell’estensione del nucleo convettivo . . . 126

6.1.3 Semiconvezione indotta . . . 129

6.2 Modellizzazione dell’autotrascinamento del nucleo e della semiconvezione indotta132 6.2.1 Modelli classici . . . 133

6.2.2 Modelli semiconvettivi . . . 133

(4)

INDICE 4

6.2.4 Modelli con overshooting dipendente dal tempo . . . 135

6.3 Fase di esaurimento dell’elio centrale . . . 137

6.4 Metodi di confronto tra teoria ed osservazione . . . 143

6.5 Procedure di soppressione dei BP . . . 146

7 Analisi di modelli stellari in fase di HB e AGB 148 7.1 Analisi preliminare di modelli stellari in fase di HB . . . 149

7.2 Ipotesi sulla causa dei pulsi convettivi . . . 153

7.2.1 Contributo dell’energia termica . . . 155

7.2.1.1 Autotrascinamento del nucleo convettivo . . . 158

7.2.1.2 Semiconvezione . . . 161

7.3 Sommario . . . 165

7.4 Tentativi di rimozione dei pulsi convettivi . . . 167

7.4.1 Dipendenza delle instabilità dal passo temporale . . . 167

7.4.2 Dipendenza delle instabilità dal mesh zoning . . . 169

7.5 Procedure utilizzate in letteratura per bloccare i pulsi convettivi . . . 171

7.5.1 Procedura di blocco della crescita del nucleo convettivo . . . 172

7.6 Procedura di azzeramento dell’energia termica . . . 174

7.7 Analisi preliminare di modelli in fase di AGB . . . 176

8 Confronto teoria osservazione per i tempi di vita in fase di HB e di AGB 179 8.1 Valutazione del valore teorico di τ(AGB)/τ(HB) . . . 179

8.2 Valutazione dell’incertezza su τ (AGB) /τ (HB) . . . 180

8.2.1 Età (massa progenitrice) . . . 181

8.2.2 Meccanismi fisici . . . 182

8.2.3 Input fisici . . . 183

8.2.4 Composizione chimica . . . 186

8.3 Confronto con i dati osservativi e conclusioni . . . 188

Conclusioni 188

A Magnitudine apparente, magnitudine assoluta e indici di colore 195

B Evoluzione stellare 197

C Diagramma H-R e diagramma CM 202

D Elio Cosmologico Yp 205

E Instabilità convettiva e teoria della mixing lenght 207

F Funzione Iniziale di Massa (IMF) 212

(5)

Introduzione

Gli ammassi stellari rappresentano un campione ideale per testare le teorie dell’evoluzione stellare dal momento che sono generalmente caratterizzati da stelle di stessa età e com-posizione chimica originale, approssimativamente alla stessa distanza da noi ed un numero significativo si esse si trova in fasi evolutive avanzate.

Già durante la seconda metà del secolo passato, la teoria dell’evoluzione stellare ha perme-sso di comprendere i diagrammi colore-magnitudine (CMD) di ammassi globulari e ammassi aperti in termini di età, composizione chimica ed evoluzione nucleare delle strutture stellari. In anni più recenti i progressi nelle osservazioni fotometriche e spettroscopiche hanno perme-sso di collezionare dati molto più accurati che rappresentano test sempre più stringenti per i modelli teorici.

Dal punto di vista teorico sono stati portati avanti significativi miglioramenti nella de-terminazione dell’equazione di stato della materia stellare, delle opacità, delle sezioni d’urto nucleari, del tasso di emissione di neutrini e di tutti gli input fisici relativi ai processi in gioco nelle strutture stellari. La capacità dei modelli stellari di riprodurre le principali caratter-istiche delle varie fasi evolutive osservate negli ammassi globulari rappresenta una conferma della generale correttezza delle teorie evolutive della fisica stellare. Rimangono tuttavia ancora alcune discrepanze tra teoria ed osservazioni ed incertezze teoriche.

Le inadeguatezze più evidenti degli attuali codici evolutivi riguardano principalmente la modellizzazione dei processi convettivi negli interni e negli inviluppi stellari. Il trattamento della convezione implementato dai codici prevede un mescolamento istantaneo ed isotropico in tutte le regioni ritenute formalmente instabili per il criterio di Schwarzschild mentre, in generale, si suppone trascurabile la penetrazione degli elementi convettivi nelle zone adia-centi; il cosiddetto “overshooting”. Mancando una teoria precisa per la trattazione di questo fenomeno, anche i tentativi di tenerne conto (nel caso si ritenga non trascurabile) si basano su modelli molto approssimati e dipendenti da parametri liberi. L’approssimazione di assenza di oveshooting, che non tiene di conto della velocità non nulla degli elementi convettivi al bordo della regione instabile per convezione, conduce in alcuni casi a situazioni fisiche non sostenibili per le strutture. Infatti un overshooting, anche se piccolissimo, deve sempre essere presente, anche se nella maggioranza dei casi non ha alcuna influenza sulle caratteristiche evolutive. In situazioni particolari può essere però importante. In fase di combustione cen-trale di elio, infatti, l’applicazione alla lettera del criterio di Schwarzschild genererebbe una discontinuità del gradiente di temperatura della stella al bordo del nucleo convettivo centrale che aumenterebbe con l’evolversi della struttura. Per questo motivo, in questa particolare fase

(6)

INDICE 6

evolutiva, l’estensione dei nuclei convettivi deve essere controllata implementando nel codice algoritmi che riproducano correttamente la situazione fisica più plausibile per riprodurre gli osservabili stellari. Al termine della fase di ramo orizzontale sono state inoltre riscontrate alcune instabilità nei modelli, che prendono il nome di “pulsi convettivi” (BP = breathing

pulses), la cui natura non è ancora stata stabilita con precisione. Ad oggi non è infatti chiaro

se si tratti di reali fenomeni fisici o di artefatti numerici causati dalle semplificazioni e dagli aggiustamenti adottati dai codici nella modellizzazione appunto dei processi convettivi.

E’ stato recentemente dimostrato che alcune correzioni sembrano essere necessarie anche in fasi evolutive meno avanzate come quella di gigante rossa perché in alcuni casi si osservano discrepanze tra i valori di luminosità del bump del RGB osservati e predetti. La luminosità del RGB bump provvede infatti a fornire informazioni sulla stratificazione chimica stabilita durante la fase di sequenza principale e successivamente modificata dall’affondo dell’inviluppo convettivo durante il primo dredge up. Accenniamo al fatto che per gli inviluppi stellari il trattamento della convezione è reso ancora più difficile dalla bassa densità della materia che non permette di stimare con precisione il reale gradiente di temperatura in quelle zone.

Lo scopo di questa tesi è quello di verificare se le attuali modellizzazioni delle strutture stellari sono in grado di riprodurre gli osservabili riscontrati negli ammassi globulari entro le incertezze stimate. Dedicheremo maggiore attenzione all’analisi delle fasi evolutive del RGB bump e di ramo orizzontale per le quali si osservano le maggiori discrepanze tra teoria ed osservazioni. In questo ambito cercheremo di comprendere la vera natura dei breathing pulses e l’eventuale causa di queste instabilità.

Per il nostro lavoro abbiamo scelto l’ammasso globulare M92 che è stato ampiamente studiato in letteratura ed è probabilmente uno degli ammassi più antichi e poveri di metalli presenti nella nostra galassia. Per questo ammasso avevamo a disposizione dati recenti e precisi in diverse bande fotometriche ottenuti dal gruppo dell’osservatorio astronomico di Monte Porzio Catone. I calcoli sono stati effettuati con una versione aggiornata del codice evolutivo FRANEC. Lo studio di questo ammasso ci ha fornito l’occasione di analizzare in dettaglio i principali ingredienti necessari per calcolare modelli stellari e come le incertezze residue su di essi influenzino le predizioni teoriche sulle proprietà evolutive di stelle di piccola massa e bassa metallicità.

La tesi è strutturata nel modo seguente.

• Nel primo capitolo vengono descritte le principali caratteristiche degli ammassi stellari, con particolare riferimento agli ammassi globulari, e le usuali procedure e approssi-mazioni utilizzate per determinarne la composizione chimica, che deve essere stabilita a priori e inserita come input nei codici evolutivi per generare i corrispondenti modelli teorici. A questa prima parte segue una descrizione più specifica dell’ammasso M92, scelto per la nostra analisi, e della composizione chimica stimata per esso.

• Nel secondo capitolo darò una breve descrizione del codice evolutivo FRANEC e degli input fisici utilizzati discutendo brevemente le procedure per generare modelli stellari nelle diverse fasi evolutive.

(7)

INDICE 7

ottenuti dai codici evolutivi, in quantità osservabili quali magnitudini e colori per procedere al confronto tra teoria ed osservazione. In questo capitolo vengono anche descritte le modifiche che ho apportato ai programmi utilizzati per effettuare questa conversione dal momento che questi non erano disponibili per il sistema fotometrico dell’USNO nel quale sono stati raccolti alcuni dati osservativi a nostra disposizione. • Nel quarto capitolo inizia la vera e propria analisi dell’ammasso mediante il confronto

tra i modelli teorici generati e i campioni di dati osservativi in nostro possesso. In particolare ho stimato l’età dell’ammasso con il “metodo verticale” e il suo modulo di distanza mediante il confronto tra la ZAHB teorica e l’inviluppo inferiore del ramo orizzontale nel diagramma CMD. Ho inoltre stimato le indeterminazioni sui risultati mediante lo studio degli effetti delle incertezze negli input fisici del codice. I valori ricavati dal nostro studio sono stati poi confrontati con i risultati presenti in letteratura. • Nel quinto capitolo abbiamo confrontato la curva di luminosità teorica dell’ammasso con i risultati osservativi di M92 per verificare se i nostri modelli fossero in grado di riprodurre correttamente i rapporti tra i tempi di vita delle varie fasi evolutive; in particolare eravamo interessati alla luminosità del RGB bump. Abbiamo inoltre fornito uno studio completo ed accurato sulla determinazione dell’errore sulla quantità in esame causato dalle incertezze sugli input utilizzati dal codice. Il mancato accordo riscontrato tra teoria ed osservazione ci ha condotto ad indagare alcune possibili cause tra cui l’errata determinazione della composizione chimica dell’ammasso. In questo contesto abbiamo studiato la dipendenza della posizione del bump in funzione del valore di assunto per l’abbondanza degli elementi α ed abbiamo verificato se l’utilizzo di una diversa composizione chimica, modificata in modo da riprodurre alcune peculiarità riscontrate nelle abbondanze di alcuni elementi per molti ammassi globulari, fosse in grado di migliorare l’accordo.

• Nel sesto capitolo abbiamo trattato in modo più approfondito la fase di ramo orizzontale dedicando particolare attenzione al momento dell’esaurimento dell’elio centrale quando si osservano le instabilità precedentemente discusse. Sono inoltre descritti i principali algoritmi implementati nei codici evolutivi per descrivere questa fase e le procedure usate per evitare l’insorgere delle instabilità nei modelli.

• Nel settimo capitolo abbiamo compiuto un’analisi preliminare dei modelli stellari in fase di HB ed AGB, al fine di determinare la vera entità del fenomeno dei pulsi convettivi e scegliere la corretta modellizzazione per le strutture stellari in queste due fasi. • Nell’ottavo capitolo abbiamo confrontato i risultati dei nostri modelli teorici per i tempi

di vita in fase di HB ed AGB con i dati osservativi dei conteggi stellari di M92 ed abbi-amo eseguito uno studio approfondito sulle incertezze teoriche che possono influenzare i tempi di vita caratteristici di queste due fasi.

(8)

Capitolo 1

Gli ammassi stellari galattici ed M92

In questo capitolo daremo una breve descrizione delle principali caratteristiche degli ammas-si stellari concentrandoci in particolar modo sugli ammasammas-si globulari che rappresentano il soggetto principale del nostro studio. Spiegheremo quali sono le assunzioni fatte per deter-minare la composizione chimica delle stelle che li compongono e come si procede alla loro modellizzazione e al successivo confronto con i dati osservativi al fine, ad esempio, di stimarne l’età e la distanza.

1.1

Ammassi stellari

Nella nostra come nelle altre galassie sono presenti ammassi stellari, ovvero agglomerati di stelle che, tranne alcune eccezioni, si suppone abbiano avuto origine in un unico episodio di formazione stellare.

Gli ammassi stellari presenti nella nostra galassia mostrano caratteristiche evolutive e strutturali che variano più o meno con continuità tra due tipiche classi “estreme”: gli

ammassi di disco (detti anche ammassi aperti) e gli ammassi di alone (o ammassi globulari).

In genere si pensa che gli ammassi stellari si siano formati dal collasso gravitazionale e dalla successiva frammentazione di una nube di materiale diffuso chimicamente omoge-nea. In numerosi casi studi spettroscopici hanno infatti dimostrato che la composizione chimica superficiale delle stelle che compongono un singolo ammasso, indicativa della loro composizione primordiale (almeno per stelle in fasi evolutive non avanzate)1, si mantiene

approssimativamente costante.

Si ritiene inoltre che i tempi caratteristici di formazione di questi agglomerati siano stati relativamente brevi, se confrontati ai tempi di vita stellare, per cui si considera lecito assumere che tutte le stelle di un ammasso abbiano circa la stessa età. La distanza relativa delle singole stelle è inoltre molto piccola, se confrontata con quella media dell’ammasso da Terra, per cui

1Solo in fasi evolutive avanzate sono previsti episodi di mescolamento profondo che alterano in modo

significativo le abbondanze superficiali delle stelle. Poiché i tempi evolutivi di tali fasi sono relativamente brevi la maggior parte delle stelle osservate in un ammasso avrà una composizione chimica superficiale che rispecchia in prima approssimazione la composizione primordiale.

(9)

1.1 Ammassi stellari 9

è un’ottima approssimazione assumere che tutte le stelle si trovino alla stessa distanza da noi. Se ne deduce che le differenti caratteristiche osservate nelle stelle che compongono un ammasso, dal momento che queste hanno stessa età, distanza e composizione chimica, sono riconducibili unicamente al diverso valore della massa, ed essendo questa in relazione con i tempi di vita, alla fase evolutiva corrispondente. Per tutti questi motivi gli ammassi galattici sono un ottimo esempio di popolazione stellare semplice e rappresentano un laboratorio ideale per verificare la correttezza delle teorie evolutive della fisica stellare.

Dal confronto delle predizioni teoriche con gli osservabili stellari si può verificare l’accu-ratezza delle prime e determinare con buona precisione l’età, la composizione chimica e la distanza di un ammasso.

Oltre allo spettro, da cui si ricavano informazioni sulla composizione chimica, le osser-vazioni ci forniscono la magnitudine apparente di una stella in una certa banda fotometrica e l’indice di colore, cioè la differenza di magnitudini osservate in due diverse bande foto-metriche2. Con queste due quantità possiamo generare il “diagramma colore-magnitudine

dell’ammasso” (CMD = Color Magnitude Diagram) che rappresenta la controparte osserva-tiva del diagramma log Tef f-log L, chiamato “diagramma H-R” (o diagramma di

Hertzprung-Russell), dove invece sono riportate la luminosità in funzione della temperatura efficace3

che dipendono strettamente dalle caratteristiche intrinseche della stella, quali massa, età e composizione chimica.

Si osserva che nei CMD degli ammassi stellari le stelle in fase di combustione centrale di idrogeno si ordinano chiaramente in una sequenza monoparametrica a ulteriore conferma dell’ipotesi che l’unico parametro che determina la loro posizione nel diagramma sia appunto la massa.

Assumendo conosciuta la composizione chimica, la distribuzione iniziale in massa (IMF = Initial Mass Function)4 delle stelle che compongono l’ammasso e il numero totale di stelle

è dunque possibile riprodurre la disposizione delle stelle nel diagramma H-R teorico. Se non si è interessati al confronto dei conteggi stellari più semplicemente si può generare la così detta “isocrona di ammasso”5 ovvero il luogo dei punti che rappresentano stelle con massa

diversa ad età fissata per ogni data composizione chimica. Dal confronto della sequenza di stelle osservate nel grafico CM dell’ammasso con isocrone teoriche calcolate per diverse età, opportunamente trasformate nel diagramma CM6, si possono stimare distanza ed età

dell’ammasso stesso. In seguito discuteremo in maniera più specifica quali sono i principali metodi per eseguire tale confronto e in particolare il procedimento da noi utilizzato.

Naturalmente il concetto stesso di isocrona racchiude in sé le assunzioni che le fluttuazioni

2I concetti di magnitudine apparente di una stella e di indice di colore sono trattati in appendice A. 3Per temperatura efficace di una stella, indicata con T

ef f, si intende la temperatura superficiale che questa

avrebbe se il suo flusso energetico fosse associabile a quello di un corpo nero. Per una descrizione più completa del diagramma H-R e del diagramma CM vedere appendice C.

4Vedere Appendice E.

5Nel Capitolo 3 viene data una definizione più specifica del concetto di isocrona e dei metodi

computazionali utilizzati per generarla.

6Occorre infatti convertire i valori di luminosità e temperatura efficace di ogni punto dell’isocrona in

quantità osservabili quali magnitudine assoluta e colore. Le metodologie per eseguire tale conversione saranno discusse in modo approfondito nel Capitolo 3 mentre per una descrizione qualitativa rifarsi all’Appendice A.

(10)

1.1 Ammassi stellari 10

nei tempi di formazione stellare siano trascurabili rispetto ai tempi evolutivi e che la com-posizione chimica dell’ammasso sia omogenea dal momento che questa è ricavata da modelli stellari di massa diversa ma stessa età e composizione chimica.

Gli ammassi stellari sono stati studiati intensamente nell’ultima decade portando a grandi progressi nella comprensione dell’evoluzione galattica e stellare e ad importanti informazioni cosmologiche. Questo ha condotto alla scoperta di molte peculiarità mostrando che la popo-lazione stellare di alcuni ammassi non è così semplice come si era originariamente supposto. Gli ammassi infatti si evolvono dinamicamente, vi sono in alcuni casi significanti variazioni nella composizione chimica da stella a stella e talvolta sono composti da generazioni non coeve.

Nella prossima sezione descrivere in maggior dettaglio le caratteristiche chimiche, di-namiche e topologiche degli ammassi della nostra galassia concentrandoci in particolar modo sugli ammassi globulari di cui fa parte M92.

1.1.1

Ammassi Globulari

Gli ammassi globulari sono agglomerati di stelle molto vasti, visibili a grandi distanze e dalla forma approssimativamente sferica che popolano l’alone di molte galassie, sia a spirale come la nostra, che ellittiche. Nell’alone della nostra galassia se ne osservano più di 150; sono composti anche da oltre un milione di stelle distribuite con simmetria sferica attorno al centro dell’ammasso dove si raggiungono densità stellari superiori a 104 stelle per parsec

cubo (Castellani, 1985). Dal momento che la formazione stellare avviene a seguito della condensazione di materiale diffuso sotto l’azione del campo gravitazionale, è evidente che nell’alone della nostra galassia, ove tale materia diffusa è praticamente assente, il processo di formazione stellare è al momento inibito. Le stelle presenti devono quindi essere un ricordo di una fase precedente in cui l’intero alone era occupato da una nube di materia diffusa.

L’ipotesi attuale è che la nostra galassia si sia formata in origine da una nube approssima-tivamente sferica in lenta rotazione; in questa fase, detta di “Protogalassia”, si sono formati gli ammassi globulari. Dopo la formazione di una prima generazione stellare nel corpo della Galassia deve aver fatto seguito, in tempi relativamente brevi (si suppone dell’ordine di 108

yr), il collasso del gas residuo in un disco. Nel disco sono rimasti e restano attivi processi di formazione stellare a spese della materia diffusa che vi è addensata (Castellani, 1985; Wheel-er et al., 1989). Con questa teoria si spiega il fatto che gli ammassi globulari, che si sono formati quando la Galassia aveva simmetria sferica e ruotava lentamente, mostrino moti in orbite ellittiche che attraversano il piano galattico mentre invece gli ammassi aperti, collocati nel disco galattico, ruotano attorno al centro della Galassia con moti circolari.

Lo stato dinamico delle stelle all’interno degli ammassi globulari rappresenta un’ulteriore conferma della loro età avanzata. La simmetria sferica e la distribuzione di velocità dimostra-no infatti che tali ammassi sodimostra-no gravitazionalmente legati e dinamicamente rilassati, ovvero le mutue interazioni gravitazionali hanno portato verso un’equipartizione dell’energia in modo che la distribuzione di densità delle stelle approssima quella di un gas autogravitante isoter-mo, mentre la distribuzione di velocità approssima la distribuzione di Maxwell-Boltzmann. Questo significa che una frazione di stelle viene necessariamente spinta a velocità maggiori

(11)

1.1 Ammassi stellari 11

della velocità di fuga dell’ammasso e che il raggio dell’ammasso si estende virtualmente al-l’infinito come nel modello teorico di sfera isoterma. In un modello realistico si ritiene che l’ammasso perda tutte quelle stelle che si spingono oltre il suo raggio mareale, definito come la distanza dal centro dell’ammasso a cui inizia a prevalere il campo gravitazionale della Galassia. I tempi di rilassamento caratteristici di questo processo dipendono dal numero e dalla densità delle stelle ma sono comunque superiori al miliardo di anni, il che da solo testimonia l’età avanzata degli oggetti.

Su tempi scala di questo ordine gli ammassi globulari non sono dunque stabili ma destinati a perdere stelle (che per equipartizione dell’energia saranno quelle con massa minore) e con esse energia. Il loro destino sarà quello di subire una cosìddetta “catastrofe gravotermica” durante la quale il nucleo dell’ammasso sperimenterebbe una serie di improvvisi collassi e riespansioni, detti “oscillazioni gravotermiche”, che porterebbero la densità centrale sino a valori dell’ordine di 108M

/pc3. Vi sono poi ulteriori meccanismi che possono portare a

perdita di stelle quali ad esempio incontri ravvicinati con altri ammassi e gli effetti di disk

shocking e bulge shocking che avvengono ogni volta che un ammasso, durante la sua orbita

attorno al centro galattico, attraversa il disco galattico o si avvicina al nucleo della Galassia. Quindi gli ammassi globulari che osserviamo oggi non appaiono come al tempo della loro formazione e sono solamente quelli sopravvissuti a tutti gli episodi dinamici sopradescritti.

Anche la composizione chimica delle stelle che popolano sia il campo dell’alone galattico che gli ammassi globulari galattici, dette stelle di popolazione II, è in relazione con la loro età avanzata. Mentre la materia del nostro Sole e quella delle stelle di disco, dette stelle di popolazione I, risulta costituita per circa il 98% da idrogeno e elio e per circa il 2% da ele-menti più pesanti7, negli ammassi dell’alone galattico tali elementi risultano di 1 ÷ 2 ordini

di grandezza meno abbondanti8. Essendo stelle molto vecchie è infatti logico supporre che

il gas da cui sono composte sia quello sintetizzato nella nucleosintesi del Big Bang (BBN) successivamente arrichito di metalli dalle prime stelle che si sono formate nell’universo pri-mordiale, definite stelle di popolazione III9. Le stelle di disco, che si sono formate dopo il

collasso della Protogalassia, rappresentano una generazione successiva rispetto alle stelle di popolazione II per cui risultano maggiormente arricchite in metalli. Nel disco galattico, ric-co di gas e polveri interstellari, si suppone vi sia stato un tasso di formazione ric-continuo e ad oggi sono ancora presenti regioni attive per quanto riguarda la formazione stellare. Le stelle che lo compongono avranno dunque un’età massima pari all’età del disco stesso (∼ 9 Gyr10) e copriranno un’intervallo più ampio in abbondanza di metalli a seconda del

perio-7In astrofisica tutti gli elementi più pesanti dell’elio sono chiamati “metalli”. L’abbondanza frazionaria in

massa di tutti questi elementi viene detta “metallicità” ed è indicata con Z mentre con X eY si fa riferimento rispettivamente all’abbondanza frazionaria in massa di idrogeno ed elio.

8Le percentuali citate fanno riferimento alla composizione del gas diffuso presente nel disco galattico e alla

composizione superficiale di stelle in fasi evolutive non avanzate (indicativa della composizione primordiale della nube che le ha generate).

9L’arricchimento in metalli della materia interstellare avviene mediante materiale processato nuclearmente

negli interni stellari e successivamente eiettato per mezzo di venti stellari o fenomeni esplosivi caratteristici delle fasi finali di vita delle stelle.

10Per brevità nel nostro lavoro abbiamo utilizzato le abbreviazioni Gyr e Myr per indicare miliardi di anni

(12)

1.1 Ammassi stellari 12

do di formazione. Esistono tuttavia delle eccezioni; ad esempio nel bulge galattico11 sono

presenti ammassi globulari molto vecchi composti da stelle di metallicità fino al doppio di quella solare. Queste peculiarità si spiegano con l’alta densità di gas presente nella regione che deve aver comportato sin da subito altissimi tassi di formazione stellare. Ricordiamo che per ammassi che non appartengono alla nostra galassia, data la possibile diversa storia evolutiva, il ragionamento fatto non è più valido; ad esempio nelle Nubi di Magellano vi sono ammassi giovani con basso contenuto metallico. Il concetto di popolazione stellare mantiene comunque generalità se lo si svincola dall’età e lo si considera indicativo solamente della distanza, in termini generazionali, che separa la formazione di una popolazione stellare dalla materia priva di metalli emersa dalla nucleosintesi primordiale.

Come vedremo meglio in seguito l’età avanzata degli ammassi globulari determina la topologia dei loro diagrammi CM che presentano sequenze caratteristiche di fasi evolutive di stelle di piccola massa, quali ad esempio il “ramo delle giganti rosse” e il “ramo orizzontale”12,

dal momento che le stelle più massicce, in tempi pari alle età stimate per questi ammassi (10 ÷ 13 Gyr), hanno ormai raggiunto le fasi finali di vita.

Gli ammassi globulari rappresentano dunque un campione per lo studio delle prime fasi di formazione delle galassie e ci permettono, mediante la loro datazione, di fissare dei limiti all’età dell’Universo stesso.

1.1.2

Ammassi di disco

Gli ammassi di disco (o ammassi aperti) popolano il disco della nostra galassia dove la formazione stellare è più attiva, hanno forma irregolare e sono composti da un numero minore di stelle che va da qualche centinaio fino a qualche decina di migliaia.

L’attrazione gravitazionale tra le stelle degli ammassi aperti non è molto intensa per cui il loro moto di rotazione intorno alla Galassia tenderà a frantumarli (a causa di incontri ravvicinati con altri agglomerati stellari) ed a disperderli nel tempo come è già successo per gli ammassi aperti generati nell’alone all’inizio della formazione della nostra galassia. Solitamente tali ammassi coprono un intervallo di età stimato che va dal milione di anni all’età del disco (∼ 9 Gyr) e come abbiamo già spiegato sono composti da stelle particolarmente ricche di metalli. A testimonianza della loro giovane età vi è anche la presenza all’interno di essi di alcune stelle giganti blu, ovvero stelle massive dal tempo di vita molto breve.

11Il “bulge galattico” è una regione approssimativamente sferica di diametro pari a circa 3 Kpc che si trova

nel centro del disco ed è particolarmente ricca di stelle e materia diffusa.

(13)

1.2 Determinazione della composizione chimica di un ammasso stellare 13

1.2

Determinazione della composizione chimica di un

ammasso stellare

1.2.1

Contenuto metallico

Da analisi spettroscopiche è stato osservato che nelle stelle di disco il contenuto totale di met-alli può variare da stella a stella in un certo intervallo ma le abbondanze relative degli elemen-ti rimangono approssimaelemen-tivamente costanelemen-ti rispecchiando anche la composizione del nostro Sole. Questo non deve stupire dal momento che l’arricchimento della materia interstellare avviene mediante materiale processato nuclearmente negli interni stellari e successivamente eiettato dalle stelle per mezzo di venti stellari, che si presentano in fasi evolutive avanzate, o fenomeni esplosivi (supernovae). Il fatto di osservare approssimativamente la stessa dis-tribuzione in abbondanza di elementi pesanti è solo la conseguenza di una formazione stellare omogenea in IMF in tutto il disco galattico, dal momento che i vari elementi possono essere prodotti negli interni stellari a seconda della massa della struttura evolvente.

Per generare modelli stellari da confrontare con i dati osservativi è necessario in princi-pio conoscere la composizione chimica della stella da riprodurre. La composizione chimica è descritta da una data “mistura” ovvero una distribuzione in abbondanza degli elementi pesanti.

Come abbiamo già accennato per le stelle di disco o stelle di popolazione I si può assumere che la mistura sia uguale a quella del Sole. In questo caso dal valore dell’abbondanza numerica di un elemento rappresentativo (che per convenzione è il ferro data la sua relativamente facile osservabilità), riferita a quella dell’idrogeno, è possibile ricavare dai rapporti le abbondanze di tutti gli altri metalli e la metallicità totale Z poiché si ha:

log NF e NH ! ? log N F e NH ! log Z X  ? log Z X  (1.1)

dove NF e e NH sono rispettivamente il numero di atomi di ferro e di idrogeno per unità di

volume. Per questo motivo l’abbondanza di un elemento è per convenzione espressa in modo logaritmico e rapportata al corrispettivo valore solare.

F e H  = log NF e NH ! ? log N F e NH ! = log F e ? −log F e (1.2)

Da questa formula si comprende subito che i valori riportati in letteratura per il [Fe/H] dipendono dalla mistura solare adottata mediante il parametro log F e

. Come discuterò più

in dettaglio nel Capitolo 2, recenti analisi di dati spettroscopici ottenuti utilizzando modelli di atmosfera tridimensionali (Asplund et al., 2005, che indicheremo con As05, vedi anche Asplund et al., 2009) hanno ridotto le abbondanze derivate di C, N, O e altri elementi pesanti nel Sole rispetto alle stime precedenti (Grevesse e Sauval, 1998, GS98) ed il valore di log F e

è cambiato da 7.51 a 7.45, imponendo la necessità di riscalare tutti i valori trovati in

(14)

1.2 Determinazione della composizione chimica di un ammasso stellare 14

Se si conosce il valore di abbondanza frazionaria in massa di elio Y, si può esprimere l’abbondanza di idrogeno come X = 1 − Y − Z ottenendo:

Z 1 − Y − Z = Z X  10 [F e/H] (1.3)

Naturalmente anche la stima di Z/X solare è diminuita da  Z X  = 0.0230 di GS98 a  Z X  = 0.0165 di AS05.

Nelle stelle di popolazione II si osserva invece una differenza con la distribuzione solare dei vari elementi, in particolare vi è una sovrabbondanza di elementi α rispetto al ferro (Wheeler et al., 1989). Per elementi α si intendono quegli elementi ottenuti da fusioni con nuclei di elio il cui peso atomico è multiplo di quello dell’elio 4 (O, Ne, Mg, Si, S, Ar, Ca, Ti).

Questo è dovuto al fatto che gli elementi del picco del ferro (V, Cr, Mn, Fe, Co, Ni) sono prodotti principalmente attraverso due canali: in stelle massicce, che arrivano a sintetizzare tutti gli elementi ed esplodono come Supernove di tipo II (in un tempo scala a partire da

108 anni dopo la formazione delle prime stelle), oppure in Supernove di tipo Ia, ovvero

sistemi binari con trasferimenti di massa che esplodono in un tempo variabile che dipende dalla massa delle due stelle convolte e dalla loro distanza reciproca. Mentre le Supernove di tipo II sintetizzano in maggior misura ossigeno e elementi α, le Supernove di tipo Ia producono più elementi del picco del ferro e l’arricchimento del materiale interstellare da parte di questi sistemi binari ha un picco dopo qualche miliardo di anni dalla formazione delle prime stelle (Matteucci e Recchi, 2001).

Nell’alone la formazione stellare è avvenuta in tempi relativamente brevi (sicuramente inferiori ai 2 Gyr) e non vi è stato quindi tempo a sufficienza per avere un arricchimento del mezzo interstellare da parte delle Supernove di tipo Ia; è per questo che le stelle di ammassi globulari presentano un’abbondanza maggiore degli elementi α rispetto agli elementi del picco del ferro.

Misure dirette hanno infatti mostrato, nelle stelle di campo, un andamento ben definito delle abbondanze di tali elementi in funzione del [Fe/H] con una sovrabbondanza pratica-mente costante ([α/F e] ∼ 0.4 per [F e/H] < −2) e un andamento lineare di decrescita fino a [α/F e] ∼ 0.0 con l’aumentare della metallicità (che è probabilmente indicativa del-l’età degli oggetti stellari). Negli ammassi globulari la sovrabbondanza media sembra essere [α/F e] ∼ 0.3 ma il preciso andamento con la metallicità non è ancora del tutto stabilito (vedi Ferraro et al., 1999 e referenze citate; Gratton et al., 2004 e referenze citate; Salaris e Cassisi, 1996; Carney, 1996).

Per questo motivo, nella trattazione della composizione chimica degli ammassi globulari, si assume solitamente una mistura detta “α- enhanced” ovvero una distribuzione in abbondanza degli elementi pesanti che si differenzia dalla mistura solare solo per quanto riguarda gli elementi α, il cui rapporto in abbondanza è aumentato della stessa quantità per tutti.

L’abbondanza degli elementi α nelle stelle è espressa anch’essa in modo logaritmico:

 α F e  = log NF e  ? − log Nα NF e  (1.4)

(15)

1.2 Determinazione della composizione chimica di un ammasso stellare 15

dove Nα e NF e sono il numero di atomi di elementi α e di atomi di ferro per unità di

volume. In questo caso la metallicità non può essere ricavata direttamente dall’equazione 1.1 ma bisogna tenere conto della diversa distribuzione delle abbondanze relative rispetto alla mistura solare di riferimento. Una volta assunta una mistura, nel nostro caso “α- enhanced”, si conoscono infatti le abbondanze in massa dei vari elementi rapportati alla metallicità totale (Xi/Z) che è invece incognita. Dal valore del [Fe/H] riportato in letteratura si può ricavare 

NF e/NH

? mediante la definizione 1.2 per cui si ha

NF e NH ! ? F e X  ? M H MF e  = 10[F e/H]+log F e (1.5)

dove MH e MF e sono rispettivamente le masse degli atomi di idrogeno e ferro e (F e/X)? è

l’abbondanza frazionale in massa del ferro rispetto all’idrogeno. A questo punto, sostituendo

X = 1 − Y − Z si ricava facilmente Z = (1 − Y ) (MF e/MH) 10 [F e/H]+log F e (F e/Z) + (MF e/MH) 10[F e/H]+log  F e (1.6)

Nella formula (F e/Z) è il rapporto frazionale in massa del ferro rispetto alla metallicità totale che, come abbiamo già detto, dipende solo dalla distribuzione di metalli considerata.

1.2.2

Abbondanza di elio di un ammasso

A differenza degli elementi pesanti, che presentano molte righe di assorbimento osservabili negli spettri stellari, l’abbondanza di elio nella mistura del gas che compone l’ammasso non è direttamente osservabile mediante studi spettroscopici. Il primo livello energetico dell’atomo di elio ha infatti un’energia abbastanza alta (∼ 25 eV) rispetto all’energia media delle particelle negli strati esterni delle stelle dove si formano gli spettri e risulta abbastanza popolato da mostrare righe di assorbimento osservabili solamente per stelle con Tef f 20˙000

K. Per questo motivo la stima dell’abbondanza di elio nelle stelle viene fatta indirettamente adottando una relazione semplice tra di essa e l’abbondanza di metalli. L’esistenza di una qualche relazione tra Y e Z è giustificata dal fatto che, come per i metalli, anche l’elio viene sintetizzato nelle stelle e disperso nel mezzo interstellare andando ad arricchire le abbondanze originali prodotte nella nucleosintesi primordiale. Generalmente, viste le incertezze in gioco, si assume una relazione lineare tra Y e Z della forma:

Y = YP +

4Y

4Z (Z − ZP) (1.7)

dove con YP e ZP indichiamo rispettivamente l’abbondanza frazionale in massa di elio e dei

metalli prodotti nella nucleosintesi primordiale.

Le stime più recenti del valore dell’elio primordiale riportate in letteratura sono dell’ordine di Yp 0.25 (Izotov et al., 2007; Peimbert et al., 2007). La metallicità ZP può invece

essere trascurata dal momento che i metalli prodotti nella nucleosintesi primordiale hanno abbondanze inferiori a 10−4 (Cyburt et al., 2004). L’arricchimento elio-metalli, indicato con

(16)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 16

4Y /4Z, si stima sia compreso nell’intervallo 2 ÷ 5 (Pagel e Portinari, 1998; Gennaro, 2008;

Jimenez et al., 2003), tuttavia il valore esatto è ancora un punto molto discusso in letteratura. In Appendice D è riportata una breve descrizione delle metodologie utilizzate per stimare il valore di YP.

1.3

Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341)

M92 è un ammasso globulare relativamente piccolo e compatto, con una massa totale stimata di MT OT ∼1.6 × 105M (Lee et al., 2003) ed è situato a una distanza di RGC = 9.1 kpc dal

centro galattico e ad un’altezza di ZGC = 4.3 Kpc rispetto al piano della Galassia (Harris,

1996) per cui presenta un basso valore di arrossamento (E(B-V) ≈ 0.02; Harris, 1996)13 ed

una marginale contaminazione di stelle di campo.

E’ un ammasso molto povero di metalli con un valore stimato di [Fe/H]∼ −2.3 simile a quello di M30 e M15.

Figura 1.1: Diagrammi colore-magnitudine in bande Johnson di M92 per stelle con distanza dal centro dell’ammasso r > 1.22’. I cerchi evidenziano le 10 stelle variabili RR-Lyrae presenti nel campo di vista. (a) CMD V,B-V. (b) CMD V,V-I. (c) CMD V,B-I. In (c) le stelle nel riquadro diagonale sono le 12 Blue Stragglers Stars. Immagine adattata dall’articolo di Cho e Lee (2007).

Dalla Figura 1.1, in cui è mostrato il diagramma colore-magnitudine dell’ammasso in bande Johnson, si può osservare che la sequenza principale (MS = Main Sequence)14, che

13Solitamente si usa distinguere tra magnitudine osservata (m

Sλ,oss) e magnitudine intrinseca (mSλ,0) di

una stella, intesa come la magnitudine che questa avrebbe se non vi fosse estinzione da parte del mezzo interstellare. Si avrà dunque mSλ,oss= mSλ,0+ ASλ dove ASλ rappresenta il coefficiente di estinzione per

la banda fotometrica considerata. Con “arrossamento” si indica la differenza dei coefficienti di estinzione in due diverse bande fotometriche. Solitamente il valore dell’arrossamento è riportato in bande Johnson per il colore B-V e si indica con E(B-V). Una spiegazione più dettagliata è riportata nel Capitolo 2.

14Per una descrizione più approfondita delle regioni caratteristiche del CMD rifarsi all’Appendice C mentre

per avere maggiori informazioni riguardanti le diverse fasi evolutive stellari che corrispondono alle regioni occupate nel grafico si consiglia la lettura dell’Appendice B.

(17)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 17

rappresenta il luogo in cui si distribuiscono le stelle in fase di combustione di H centrale in funzione della loro massa, è molto popolata rispetto ad altre zone del diagramma, dal momento che le stelle rimangono in questa fase per la maggior parte della loro vita, ed appare molto allargata in colore.

Le ragioni che determinano tale allargamento sono varie e non del tutto conosciute. Prima di tutto vanno considerate le incertezze osservative come la non idealità delle ottiche e dei filtri utilizzati e soprattutto la presenza del mezzo interstellare e dell’atmosfera (per quanto riguarda le osservazioni da terra) 15 che possono rappresentare il termine dominante

nell’al-largamento della sequenza principale nel CMD. Questi fattori diminuiscono d’importanza al crescere della luminosità della stella per cui in regioni del diagramma che corrispondono a luminosità maggiori si avrà un rapporto segnale-rumore più alto.

Vi può essere dispersione anche a causa di differenze intriseche tra le stelle presenti nel di-agramma dovute ad esempio ad una contaminazione da parte di stelle di campo o a variazioni in composizione chimica tra le stesse stelle dell’ammasso. Anche la presenza di generazioni non coeve comporta che stelle di massa diversa, e dunque diversa fase evolutiva, si trovino ad avere la stessa luminosità ma temperatura efficace leggermente diversa. Ulteriori cause potrebbero essere effetti rotazionali o presenza di stelle compagne non risolte.

Vedremo in seguito che è possibile “ripulire” il diagramma dalla contaminazione di stelle di campo e oggetti non stellari per procedere più facilmente al confronto dei dati osservativi con i modelli teorici.

Nel grafico CM di M92 i rami delle subgiganti e delle giganti (SGB = Sub Giant Branch e RGB = Red Giant Branch), caratteristici di fasi evolutive successive alla MS in cui le stelle bruciano H in una shell di combustione attorno ad un nucleo degenere di elio16, sono

invece stretti e ben popolati. La loro bassa dispersione in colore permette di stimare il limite superiore delle possibili variazioni da stella a stella nelle abbondanze di elementi con basso potenziale di prima ionizzazione che risulta σ[F e/H] < 0.1 (Buonanno et al., 1985). Questo perché, dal momento che le stelle in fase di gigante rossa presentano temperature efficaci relativamente basse, lo spettro di energia emesso avrà un picco in prossimità dell’energia di ionizzazione di tali elementi che contribuiranno in modo consistente all’assorbimento della radiazione nelle varie bande fotometriche. Variazioni nelle loro abbondanze tra stella e stella genererebbero quindi sensibili variazioni in colore.

Le stelle in fase di gigante rossa sono inoltre facilmente separabili da stelle di ramo as-intotico (o AGB = Asintotic Giant Branch), caratteristico di una fase evolutiva ancora più avanzata.

Per quanto riguarda il ramo orizzontale (HB = Horizontal Branch) M92 presenta carat-teristiche simili all’ammasso M30 ovvero un ramo popolato per lo più nella “regione blu” (BHB = Blue Horizontal Branch) corrispondente a temperature efficaci maggiori. Il ramo

15La presenza dell’atmosfera provoca un fenomeno noto come seeing. Con il termine “seeing” ci si riferisce

allo sparpagliamento dei fotoni provenienti da oggetti astronomici da parte dell’atmosfera terrestre. Tale effetto è dovuto principalmente a variazioni nell’indice di rifrazione causate da moti turbolenti che avvengono su tempi scala molto brevi e modificano le traiettorie dei raggi di luce.

16Per una descrizione dei due rami e della loro collocazione nel diagramma CM rifarsi all’Appendice C

(18)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 18

orizzontale rappresenta una regione del diagramma occupata da stelle di piccola massa in fase di combustione di elio al centro e di idrogeno in una shell più esterna. Tali stelle dal punto di vista evolutivo provengono dal ramo delle giganti rosse dove subiscono fenomeni di perdita di massa di tasso variabile. La luminosità di una stella, e dunque la magnitudine, è funzione della massa del nucleo di elio che è costante per tutte le strutture e risulta poco dipendente dalla massa della stella progenitrice. La posizione in colore di una stella dipende invece dalla massa dell’inviluppo di idrogeno che si differenzia a seconda delle perdite di mas-sa subite nell’evoluzione precedente. Strutture con un maggior inviluppo sono caratterizzate da colori più rossi (temperature efficaci minori) mentre strutture con minor inviluppo da colori più blu (temperature efficaci maggiori). Stelle di HB di masse diverse si troveranno quindi tutte alla stessa luminosità, o quasi, in un ampio intervallo di temperature efficaci che dipende principalmente dalla massa dell’inviluppo e, in minor contributo, dall’efficienza della shell di combustione di H.

Per ammassi poco metallici ci si aspetta che le stelle di HB, di massa totale minore, debbano occupare la regione blu del ramo anche se le osservazioni hanno dimostrato che la disposizione delle stelle in questa fase non è una semplice funzione della massa e metallicità dell’ammasso. Ad esempio M92 e M15 hanno circa la stessa metallicità e la stessa età17 ma

diversa morfologia del ramo orizzontale che per M15 risulta più esteso verso temperature efficaci minori. Tra le varie ipotesi si pensa che sulla morfologia degli HB possa anche influire la luminosità totale, e dunque la massa totale dell’ammasso (che per M15 è maggiore), dal momento che questa può in principio essere legata all’efficienza di eventuali effetti dinamici per le stelle dell’ammasso quali ad esempio la perdita di massa.

Alcuni autori suggeriscono invece che la differenza tra le morfologie di HB sia dovuta anche a diversi valori di [O/H] (Buonanno et al., 1985). Carretta e Gratton (1996) hanno evidenziato l’esistenza di un legame tra la presenza di un’anticorrelazione tra le abbondanze O-Na in stelle in fase di gigante rossa e il colore del ramo orizzontale. Questa relazione suggerisce che i processi che portano alla diminuzione dell’abbondanza superficiale di ossigeno lungo il RGB conducano anche a uno spostamento verso il blu del HB. In letteratura si trovano numerosissimi articoli in cui vengono proposte diverse soluzioni possibili ma il problema resta ancora aperto.

Accenniamo brevemente al fatto che la verticalizzazione del ramo ad alte temperature in alcune bande, come ad esempio nel visibile, non corrisponde ad una diminuzione effettiva della luminosità delle stelle ma è un artefatto dovuto alla trasformazione della luminosità in magnitudine in una data banda fotometrica che non è rappresentativa dell’intero flusso ma solo di una limitata regione dello spettro. Più precisamente, se consideriamo ad esempio l’emissione nella banda del visibile, più le stelle diventano calde più la loro emissione si sposta verso il blu diminuendo la luminosità nel visibile.

Tra le stelle di ramo orizzontale vi sono anche stelle variabili dette RR-Lyrae che si trovano ad occupare una parte del diagramma CM (e dunque del diagramma H-R) caratterizzato da valori di temperatura efficace (3.85 ≤ log Tef f ≤3.95) che rendono le strutture instabili per

pulsazioni radiali (Castellani, 1985). M92 mostra un campione di solo 21 stelle variabili,

(19)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 19

contro le 122 di M15, (Sawyer-Hogg, 1973; Clement et al., 2001) a testimonianza del fatto che la maggior parte delle stelle popolano il ramo orizzontale a temperature più alte di quelle delle RR-Lyrae.

Nell’ammasso è stata riscontrata inoltre la presenza di 12 BBS (Blue Stragglers Star), identificate per la prima volta da Lee et al. (2003), ovvero stelle di MS che sono più calde e blu rispetto al turn off (TO)18. Queste stelle sembrerebbero in principio violare le teorie

dell’evoluzione stellare dal momento che si distaccano dalle sequenze osservate nel grafico H-R. Vi sono varie ipotesi per spiegare la natura di questi oggetti stellari, in particolare si pensa che siano il risultato dell’evoluzione di sistemi binari stretti o di incontri dinamici tra due stelle. Scambi di massa o collisioni darebbero origine infatti a una stella con massa maggiore più luminosa e calda rispetto alle stelle nella stessa fase evolutiva. Come risultato tale stella sembrerebbe dunque più giovane rispetto alle altre che compongono l’ammasso. A supporto di questa ipotesi le BBS degli ammassi galattici presentano una distribuzione radiale con caratteristiche bimodali, espressione dei due possibili canali di formazione. Infatti, se le BBS hanno origine da meccanismi di trasferimento di massa in sistemi binari, dovuti all’estendersi del primario oltre il lobo di Roche in fase di gigante rossa, ci si aspetta che il processo di formazione sia efficiente in zone dell’ammasso poco dense poiché è necessaria una separazione abbastanza ampia tra le due stelle per permettere al primario di evolversi indisturbato in RGB. Se invece le BBS si sono formate mediante incontri ravvicinati di stelle ci si aspetta di osservarle in regioni più dense dell’ammasso dove vi sono più stelle per unità di volume e le collisioni sono più frequenti (Gratton et al., 2004 e referenze citate).

In M92 queste stelle sono tutte confinate in una regione di raggio r ≤ 3.520 e sono

con-centrate principalmente a 100”-200” dal centro dell’ammasso (Cho e Lee, 2007) suggerendo che le collisioni dirette rappresentino in questo caso il principale meccanismo di formazione delle BBS.

Dal punto di vista dinamico l’ammasso sembra mostrare chiari effetti di segregazione di massa, infatti la frazione tra stelle di HB e stelle di MS attorno alla regione del turn off, che corrispondono a diversi intervalli di massa, decresce di un fattore due spostandosi dal centro dell’ammasso verso l’esterno (Di Cecco et al., 2009). Inoltre la pendenza della funzione di massa (MF = Mass Function)19 ricavata per l’ammasso incrementa con la distanza dal

centro come avviene in caso di segregazione di massa (Lee et al., 2003). E’ stato dimostrato che la morfologia della MF di un ammasso è correlata alla sua metallicità e soprattutto alla sua posizione nella Galassia. A posizioni uguali una minore metallicità corrisponde a MF più ripide mentre a parità di metallicità gli ammassi più vicini al centro galattico hanno MF tendenzialmente piatte. La dipendenza dalla distanza dal centro galattico si spiega in

18Il turn off rappresenta il limite superiore della sequenza principale nel diagramma CM ed è popolato da

stelle che, in un tempo pari all’età dell’ammasso, sono giunte all’esaurimento dell’idrogeno centrale. Per una descrizione più dettagliata della morfologia dei diagrammi CM in prossimità del TO e delle fase evolutiva corrispondente rifarsi alle Appendici B e C.

19La distribuzione di massa in un ammasso è ricavabile, assumendo una relazione massa-luminosità, dalla

funzione di luminosità (LF = Luminosity Function) ovvero dai conteggi di stelle che popolano l’isocrona per un dato intervallo di magnitudine e colore. Vedi Capitolo 5 per una descrizione del concetto di funzione di luminosità di un ammasso.

(20)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 20

termini di shocks mareali. Gli ammassi più vicini al centro galattico subiscono effetti di disk e bulge shocking che agiscono preferibilmente su stelle appartenenti alle regioni esterne e conducono gli ammassi a perdere le stelle poco massive rendendo le MF meno ripide. Per questo la funzione di massa relativamente ripida di M92 può essere spiegata con la sua grande distanza dal centro galattico perché suggerisce che questo ammasso sia stato poco affetto da shocks mareali. M15, M30 e M92 hanno LF identiche (Piotto et al., 1997) facendo supporre che questi ammassi si siano formati con MF simili che non hanno subito nel tempo modifiche significative a causa di effetti dinamici. E’ stata inoltre osservata la presenza di stelle appartenenti all’ammasso al di fuori del raggio mareale che risulta pari a r = 84000(Lee

at al., 2003; Di Cecco et al., 2008).

Anche l’abbondanza spettroscopica di metalli nell’ammasso è stata ampiamente studiata da Sneden et al. (1991, 2000) e sono state riscontrate alcune peculiarità. Diamo qui solo alcuni cenni mentre il problema sarà trattato in maggior dettaglio nel Capitolo 5.

Per quanto riguarda gli elementi α puri Sneden et al. (2000) hanno riscontrato per il silicio un’abbondanza media maggiore di ∼0.4 dex rispetto a quella di molti altri ammassi e di giganti di campo di metallicità simile che potrebbe essere dovuta a differenze radiali nella IMF della prima generazione stellare che ha arricchito il gas dell’alone o nella IMF dei singoli ammassi20. Il silicio è infatti prodotto solamente in stelle massive ed è stato dimostrato

che le Supernove di tipo II in un range di massa 20 ÷ 25 M possano sovraprodurre silicio

comparato al calcio, dal momento che l’abbondanza di quest’ultimo elemento dipende poco dalla massa del progenitore. Tale anomalia è stata riscontrata anche in M15.

Dall’analisi spettroscopica di tre giganti Langer et al. (1998) hanno trovato differenze dell’ordine di σ[F e/H] ∼ 0.1 dex che potrebbero far pensare alla coesistenza di generazioni non coeve nell’ammasso anche se le dimensioni del campione osservativo non permettono di trarre conclusioni a riguardo. Sono state invece riscontrate evidenti variazioni da stella a stella nell’abbondanza di altri elementi.

Sneden et al. (2000) hanno evidenziato uno scatter nell’abbondanza di [Na/F e] in stelle a parità di fase evolutiva sia per M92 che per M15 e correlazioni tra le abbondanze che fanno supporre un’azione del ciclo NeNa sul gas delle atmosfere delle stelle che compongono i due ammassi. Inoltre le stelle più luminose del RGB di M92 mostrano la presenza di materiale processato con il ciclo NO (Pilachowski, 1988), una bimodalità nell’abbondanza di [O/F e] e la presenza di anticorrelazione Al-Mg e correlazione Al-Na (Shetrone, 1996) che fanno supporre l’azione contemporanea dei cicli MgAl e NeNa. Infine Young et al. (2008) e Bellman et al. (2001) hanno trovato indicazioni di variazioni da stella a stella nelle abbondanze di azoto e carbonio.

Come spiegheremo meglio in seguito queste peculiarità, riscontrate in vari ammassi, pos-sono essere spiegate in termini di variazioni primordiali oppure con meccanismi di mesco-lamento non previsti dai modelli standard che porterebbero in superficie materiale elabora-to nuclearmente in regioni più interne, dove le maggiori temperature rendono possibili tali reazioni. Per questo motivo, almeno nella prima parte del nostro studio e in particolare

nel-20Gli ammassi globulari possono in principio autoarricchire il proprio gas interstellare qualora la massa

dell’ammasso sia tale da trattenere parte del materiale espulso dalle supernove all’interno dell’ammasso stesso.

(21)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 21

la valutazione della metallicità dell’ammasso, non considereremo questi effetti dal momento che il nostro scopo è quello di verificare se le attuali modellizzazioni riescono a riprodurre le quantità osservative medie degli ammassi. Ci limiteremo dunque a constatare se l’assun-zione di una mistura α−enhanced, nel calcolo delle isocrone teoriche, riesce a riprodurre le caratteristiche osservabili nel grafico CM dell’ammasso.

1.3.1

Composizione chimica di M92

Con l’assunzione di una mistura α−enhanced è possibile ricavare il valore di Z dai valori riportati in letteratura per [F e/H] e [α/F e].

Valutazioni spettroscopiche del valore di [F e/H] sono soggette a molti parametri liberi. Le abbondanze dei vari elementi non sono infatti direttamente osservabili dagli spettri stellari ma devono essere derivate da essi mediante modellizzazioni di atmosfere stellari e assunzioni su relazioni colore-temperatura, distanza degli ammassi e arrossamento. Questo perché, senza entrare troppo nei particolari, il flusso spettrale che arriva sulla terra fλ è legato al flusso

uscente da una stella Fλ mediante la relazione

= 10−0.4Aλ R

d

2

(1.8)

dove d è la distanza, Aλ è il coefficiente di estinzione del mezzo interstellare e R è il raggio

della stella.

Stimati i primi due valori le osservazioni fotometriche forniscono la luminosità dell’oggetto che è legata al raggio e alla temperatura efficace dalla legge di Stephan-Boltzmann (L = 4πR2

σTef f4 ). Mediante relazioni colore-temperatura, disponibili in letteratura, è possibile

stimare la temperatura efficace della stella ed ottenere dunque un valore per R. Grazie ad assunzioni sulla massa dell’oggetto, che solitamente è una stella in fase di gigante rossa di un ammasso globulare ed ha quindi una massa compresa in un ristretto intervallo di valori possibili, possiamo calcolare la gravità superficiale. A questo punto, una volta che si conosce

, si utilizzano modellizzazioni di atmosfere stellari in funzione di gravità e temperatura

per ricavare le abbondanze dei vari elementi.

Bisogna infatti considerare che lo spettro uscente di una stella è il risultato di meccanismi di assorbimento selettivi e diffusione da parte degli atomi presenti nell’atmosfera a vari livelli di profondità e corrispettive temperature. L’intensità di una linea di assorbimento dipenderà dunque dall’abbondanza dello ione considerato alla profondità in cui si forma la linea e dunque dalla temperatura della regione di formazione. Per questo motivo per interpretare gli spettri stellari, al fine di ricavare l’abbondanza di un elemento specifico, bisogna tenere conto degli spettri di una o più specie ioniche dell’elemento considerato e confrontarli con modelli di atmosfere stellari che mettano in relazione l’abbondanza ionica alla profondità e alla temperatura della regione di formazione. Accenniamo brevemente al fatto che, sia le relazioni colore-temperatura che i modelli di atmosfera dipendono dal valore assunto per la metallicità, per cui la determinazione di [F e/H] è un processo iterativo.

In letteratura si trovano varie determinazioni spettroscopiche del valore di [F e/H] per M92, di cui ne riportiamo solo alcune:

(22)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 22

• [F e/H] = −2.25 (Sneden et al., 1991) • [F e/H] = −2.24 (Zinn e West, 1984)

• [F e/H] = −2.16 (Carretta e Gratton, 1997) • [F e/H] = −2.38 (Kraft e Ivans, 2003)

Per il nostro studio adotteremo il valore più recente riportato da Kraft e Ivans (2003) adeguatamente riscalato a causa dell’adozione della nuova mistura solare ([F e/H] = −2.32). La nostra scelta è giustificata dal fatto che, nel loro studio, Kraft e Ivans utilizzano relazioni colore-temperatura efficace più aggiornate rispetto ai lavori precedenti e consider-ano gli effetti di discostamenti dall’equilibrio termico locale (LTE = Local Termodinamic

Equilibrium) nelle atmosfere stellari. Solitamente nel modellizzare le atmosfere stellari si

assume che le popolazioni atomiche siano descritte dalle distribuzioni di Saha e Boltzmann per quanto riguarda il grado di ionizzazione ed eccitazione della materia (LTE). Recenti stu-di (Thévenin e Istu-diart, 1999) suggeriscono tuttavia che l’ipotesi stu-di LTE stu-di ionizzazione tra Fe I e Fe II potrebbe non essere valida nelle atmosfere delle giganti povere di metalli dove il ferro potrebbe essere superionizzato e che la determinazione di [Fe/H] a partire dal Fe I condurrebbe a una sottostima del valore della metallicità. Nell’articolo di Kraft e Ivans il valore riportato di [F e/H] è calcolato dallo spettro di Fe II che dovrebbe essere la specie dominante e non affetta da discostamenti dal LTE.

I valori riportati in letteratura sono comunque in accordo entro ±0.1 dex ed alcuni autori hanno riscontrato la presenza di variazioni nelle abbondanze degli elementi pesanti di questo ordine (vedi ad esempio Langer et al., 1998). Quindi conservativamente assumiamo 0.1 dex come incertezza sul valore osservato di [Fe/H], per cui alla fine si ottiene [F e/H] =

−2.3 ± 0.1. Un’incertezza di ± 0.1 dex, o lievemente inferiore, è inoltre frequentemente

assunta in letteratura come stima dell’errore osservativo di [Fe/H].

La stima del valore originale di [α/F e] è in alcuni casi resa difficile da problemi osservativi. Ad esempio i gas nobili Ne e Ar non possono essere osservati in stelle fredde mentre S ha solo lineee spettrali molto deboli nel vicino infrarosso e può essere sintetizzato in molte reazioni di nucleosintesi. Le abbondanze superficiali di alcuni elementi possono inoltre essere modificate durante la vita della stella a causa di meccanismi di mescolamento non convenzionali (non considerati nei nostri modelli) che portano in superficie materiale elaborato nuclearmente in regioni più interne. Osservazioni spettroscopiche hanno dimostrato che le abbondanze di O e Mg possono essere alterate durante le fasi di combustione quiescente di stelle di massa intermedia o piccola mediante reazioni di fusione con protoni. Tali reazioni avvengono in zone non raggiunte dall’affondo del primo dredge up21, almeno secondo i modelli convenzionali, e

21Con il termide “dredge up” si fa riferimento all’episodio di arricchimento in metalli ed elio della

com-posizione superficiale della stella dovuto all’affondo della convezione in strati parzialmente elaborati dalle reazioni nucleari di combustione di idrogeno centrale. Le stelle subiscono questo arricchimento poco dopo l’esaurimento dell’idrogeno centrale quando cioè le loro tracce evolutive iniziano l’ascesa del ramo delle gi-ganti rosse. Questo rappresenta il primo episodio significativo di mescolamento subito dalla stella a cui fanno seguito profonde variazioni della composizione chimica superficiale.

(23)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 23

per questo motivo devono esserci meccanismi di mescolamento aggiuntivi che raggiungono profondità maggiori dove tali reazioni sono possibili. Quindi un’osservazione di elementi puri

α deve limitarsi a Ca e Si considerando il fatto che abbondanze di Ca risultano più sicure di

quelle di Si probabilmente perché Ca I ha transizioni più accessibili (Gratton et al., 2004). Per questo motivo per la stima di [α/F e] di M92 abbiamo deciso di fare riferimento all’articolo di Sneden et al. (2000) che ricava l’abbondanza di Ca mediante lo studio spettroscopico di 32 stelle. Il valore adottato è [α/F e] = [Ca/F e] = +0.32 ± 0.02 che risulta in accordo con i valori riportati in letteratura da altri autori:

• h α F e i = 0.30 ± 0.03 (Sneden et al., 1991) • h α F e i = 0.3 (Salaris e Cassisi, 1996)

e risulta praticamente identico al valore ottenuto per M15 (Sneden et al., 2000) e al valor medio per stelle giganti di campo di simile metallicità (Sneden et al., 2000).

Per la valutazione del valore dell’abbondanza frazionaria di elio iniziale dell’ammasso si assume che questa sia molto simile al valore di Yp, la cui determinazione è soggetta a

molti errori sistematici, per cui una stima conservativa sull’errore in contenuto in elio è

Y = 0.25 ± 0.02 (vedere Appendice D).

Per generare modelli stellari che riproducano osservativamente le stelle dell’ammasso dob-biamo infine calcolare la metallicità totale e assumere una determinata mistura che regoli i rapporti reciproci tra le abbondanze degli elementi pesanti presenti.

Salaris et al. (1993) hanno dimostrato che per gli ammassi globulari, anziché utilizzare modelli con mistura α-enhanced, una buona approssimazione si ottiene utilizzando isocrone calcolate assumendo una mistura solare e metallicità Ztot tale che Ztot = Z0(afα+b), dove Z0

è la metallicità ricavata a partire dal [Fe /H] con la formula 1.3 e fα = 10[

α

F e]. L’utilizzo di

isocrone così calcolate, nel confronto con le sequenze del diagramma CM al fine ad esempio di valutare l’età e la distanza dell’ammasso, conduce a conclusioni identiche a quelle ottenute con isocrone calcolate con una mistura α-enhanced.

Per questo motivo si definisce il contenuto di metalli nell’ammasso come:

M H  =F e H  + loga10[F eα ] + b  (1.9) I valori dati da Salaris et al. (1993) (a = 0.638, b = 0.364) fanno riferimento ad una vecchia stima per la mistura solare (Grevesse e Noels, 1993) mentre i valori relativi alla composizione di Asplund et al. (2005) che utilizziamo nei nostri calcoli sono: a = 0.659,

b = 0.341, per Y = 0.248 (Degl’Innocenti et al., 2005).

Limitandosi alla propagazione degli errori su h F e H i , h α F e i , mediante la formula 4F =  P∂f ∂xi4xi 21/2 risulta: M H  = −2.1 ± 0.1

(24)

1.3 Caratteristiche principali di M92 (NGC 6341) 24

A questo punto possiamo calcolare il valore di Z mediante la formula

M H  = log1 − Y − ZZ log Z X  (1.10) dove  Z X 

= 0.0165 è il valore di Asplund et al. (2005).

L’indeterminazione sul valore di Y si riflette sul valore di Z per cui la metallicità dell’am-masso risulta essere

Z = 0.00010 ± 0.00001

mentre utilizzando la vecchia mistura di GS98 (ovvero i vecchi coefficienti per a e b e un valore [F e/H] = −2.4 ± 0.1 e  Z X  = 0.0230) si ottiene: M H  = −2.2 ± 0.1 Z = 0.00012 ± 0.00001

Le variazioni introdotte dall’utilizzo della nuova mistura, che verranno comunque analiz-zate in maggior dettaglio in seguito, non affliggono solo la valutazione della metallicità totale ma anche in che rapporti stanno gli elementi tra loro, andando a influenzare sopratutto i valori per l’opacità del gas utilizzati nel calcolo dei modelli stellari, mentre si valuta che le variazioni indotte sull’equazione di stato e sull’efficienza di fusione di H siano trascurabili.

Una volta determinata la composizione chimica delle stelle che compongono l’ammas-so è possibile, mediante simulazioni, generare modelli stellari che riproducano le stelle che compongono l’ammasso da studiare.

Figura

Figura 2.2: Nell’immagine sono mostrate due ZAHB calcolate con stessa composizione chim- chim-ica ma diversa massa del progenitore al flash dell’elio: un progenitore di massa M = 0.75 M
Figura 3.1: Nelle immagini sono riportate le curve di risposta dei filtri fotometrici utilizzati nel nostro lavoro.
Figura 3.2: Nell’immagine è riportato il confronto tra un’isocrona del Basti Database (in rosso) confrontata con la stessa isocrona “colorata” con il nostro Programma 1 (in nero) per vari colori in bande Johnson.
Figura 3.3: Confronto in vari colori tra un’isocrona del Basti Database (in rosso) nel sis- sis-tema fotometrico SDSS e la stessa isocrona “colorata” con il nostro Programma 1 (in nero) utilizzando le curve di risposta dell’USNO.
+7

Riferimenti

Documenti correlati

dove: N è il numero di civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra Galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione R* è il tasso medio annuo con cui si

Introducendo il tema della legge e della castrazione Lacan di fatto riconosce che il desiderio, quando incontra il proprio oggetto, non ha modo di manifestarsi in quanto forza cieca

Si bien todas las nuevas integraciones se han fundamentado en la defensa de la democracia, y en efecto se dotaron de las cláusulas democrática, lo que parece

La stella maggiormente visibile dal nostro pianeta, nonché la più vicina in assoluto, è il Sole: esso occupa la parte centrale del nostro Sistema Solare e si trova a una distanza

Ma sono strisce a colori sgargianti, fatte di carta che pare di velo.. Sembran piuttosto festoni gettati da casa a casa, da pianta

Liceo Scientifico Copernico. 3-

Il “problema” può anche presentare altri punti di vista...... Il “problema” può anche presentare altri punti

Maggiore rilevanza ai fini della presente analisi ha, tuttavia, il diritto dell’interessato a non essere soggetto a una decisione basata unicamente sul trattamento