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Confronto con i dati osservativi e conclusioni

Dai dati si stima una variazione dell’11% sul valore di τ (AGB) /τ (HB) ed una dimin- uzione dei tempi di vita in fase di HB dell’ordine di ' 8%, leggermente inferiore rispetto a quella trovata da Caputo et al. (1989).

Per completezza specifichiamo che il modello calcolato con questa diversa composizione chimica centrale presenta valori di luminosità e temperatura efficace in ZAHB del tutto equivalenti al modello di riferimento per cui non ci si aspettano variazioni nella stima dell’età dell’ammasso e della massa di riferimento in fase di HB.

8.3

Confronto con i dati osservativi e conclusioni

Sommando in quadratura tutte le indeterminazioni ottenute variando i paramentri di in- teresse, il valore teorico per τ (AGB) /τ (HB) risulta R2 = 0.15 ± 0.03, in accordo con il

corrispondente valore osservativo per M92, R2 = 0.20 ± 0.08 (Cho e Lee, 2007). L’errore

riportato per il valore osservativo è stato calcolato con la seguente espressione

4NAGB NHB = 1 NAGB + 1 NHB ! NAGB NHB (8.1) nella quale NAGB corrisponde al numero di stelle osservate in fase di AGB (NAGB = 12)

mentre NHB è il numero di stelle in fase di HB (NHB = 60).

Possiamo dunque concludere che i nostri modelli teorici sono in grado di riprodurre entro gli errori il rapporto tra i conteggi stellari in fase di AGB ed HB osservati per M92.

Con il nostro lavoro abbiamo inoltre definitivamente dimostrato che le instabilità spes- so riscontrate in modelli di fase di ramo orizzontale sono esclusivamente artefatti numerici causati dalla procedura di mescolamento ed interpolazione adottata dai codici evolutivi e dalla finitezza della discretizzazione spaziale e temporale delle strutture teoriche. Tali insta- bilità numeriche si possono evitare facilmente scegliendo con cura il mesh zoning ed il passo temporale utilizzati.

Conclusioni

Con questa tesi abbiamo cercato di verificare il grado di accuratezza delle attuali modelliz- zazioni delle strutture stellari nel riprodurre gli osservabili riscontrati negli ammassi globulari, entro le incertezze stimate.

Gli ammassi globulari rappresentano un laboratorio ideale per verificare la correttezza delle teorie evolutive della fisica stellare, essendo in molti casi composti da popolazioni stellari semplici che presentano approssimativamente stessa età, composizione chimica e distanza da Terra.

Per il nostro lavoro abbiamo scelto l’ammasso globulare M92, che è stato ampiamente studiato in letteratura ed è probabilmente uno degli ammassi più antichi e poveri di met- alli presenti nella nostra galassia. Per questo ammasso avevamo a disposizione dati recen- ti e precisi in diverse bande fotometriche, ottenuti dal gruppo di ricerca dell’osservatorio astronomico di Monte Porzio Catone. Per tale ammasso sono inoltre presenti in letteratu- ra informazioni recenti sulla metallicità e l’abbondanza di elementi α. Innanzitutto abbi- amo proceduto al confronto teoria-osservazione per la disposizione delle stelle nel diagramma

colore-magnitudine.

I modelli teorici sono stati calcolati con una versione aggiornata del codice evolutivo FRANEC, che fornisce le tracce evolutive nel piano teorico luminosità-temperatura efficace. Con tali modelli abbiamo generato le isocrone cioè il luogo dei punti, nel diagramma di

Hertzprung − Russell, che rappresentano stelle con massa diversa ad età fissata per ogni

data composizione chimica. Una di queste sequenze, corrispondente all’età dell’ammasso, dovrebbe riprodurre la disposizione delle stelle nel diagramma colore-magnitudine di M92.

Per procedere al confronto teoria-osservazione è stato necessario trasformare le isocrone teoriche nel piano colore-magnitudine perché le uniche quantità osservabili a nostra dispo- sizione sono appunto le magnitudini e i colori delle stelle nelle bande fotometriche utilizzate. Per eseguire tale conversione avevamo a nostra disposizione programmi che utilizzano librerie di spettri sintetici e relazioni colore-magnitudine. E’ stato tuttavia necessario apportare al- cune modifiche a questi programmi dal momento che non erano disponibili per il sistema fotometrico dell’USNO con cui erano stati rivelati alcuni dati osservativi a nostra dispo- sizione. Prima di eseguire il confronto tra i grafici colore-magnitudine dell’ammasso e le nostre isocrone teoriche, trasformate negli opportuni piani osservativi, abbiamo inoltre se- lezionato i campioni di stelle in nostro possesso per escludere eventuali oggetti non stellari, stelle di campo che non appartengono all’ammasso oppure stelle con alto rapporto segnale- rumore. Il confronto teoria-osservazione è risultato buono in tutte le bande fotometriche

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analizzate.

Dopo questa prima parte introduttiva abbiamo eseguito la vera e propria analisi dell’am- masso.

Per prima cosa abbiamo stimato il modulo di distanza mediante il confronto tra i modelli teorici di ZAHB e l’inviluppo inferiore del ramo orizzontale nel diagramma colore-magnitudine. L’età dell’ammasso è stata invece determinata con il “metodo verticale” che consiste nel con- siderare la differenza di magnitudine tra Turn Off e ramo orizzontale e che ha il vantaggio di non dipendere dal valore assunto per l’arrossamento. Abbiamo inoltre valutato le inde- terminazioni sui valori ricavati mediante lo studio degli effetti delle incertezze negli input fisici del codice evolutivo (come ad esempio le tabelle di opacità, l’efficienza dei processi dif- fusivi ecc.) e considerando le indeterminazioni sulla composizione chimica dell’ammasso. In questo modo abbiamo ricavato un’età di 11.0 ± 1.5 miliardi di anni e un modulo di distanza

DM = 14.73 ± 0.12.

Mentre il modulo di distanza ottenuto è in accordo, entro il margine di errore, con le stime ricavate da altri autori, la nostra valutazione dell’età risulta leggermente inferiore rispetto alla maggior parte dei valori centrali riportati in letteratura. Bisogna però precisare che nella maggior parte di questi lavori sono stati utilizzati modelli stellari meno recenti e quindi con input fisici meno aggiornati rispetto ai nostri. Ad esempio nessuno di questi modelli include la diffusione microscopica di elio e metalli che, come abbiamo visto, porta ad una riduzione dell’età stimata di circa 1 miliardo di anni. I nostri risultati si basano inoltre su dati fotometrici molto accurati ed adeguatamente selezionati. Precisiamo inoltre che alcune stime presenti in letteratura, dando per l’ammasso età superiori o dell’ordine di 13 miliardi di anni, risultano incompatibili con le attuali stime cosmologiche dell’età dell’Universo.

Una volta determinata l’età abbiamo confrontato la curva di luminosità teorica dell’am- masso con i risultati osservativi di M92 per verificare se anche il rapporto del numero di stelle nelle varie fasi evolutive, la cui controparte teorica è costituita dal rapporto fra i tempi evolutivi, fosse correttamente riprodotto. In particolare eravamo interessati a controllare se i nostri modelli fossero in grado di riprodurre correttamente la magnitudine del Red Giant

Bump (RGB bump). La luminosità del RGB bump è infatti un parametro particolarmente

difficile da riprodurre, indicativo della struttura e della composizione interna delle stelle in fase di gigante rossa, perché fornisce informazioni sulla stratificazione chimica stabilita du- rante la fase di sequenza principale e successivamente modificata dall’affondo dell’inviluppo convettivo durante il primo dredge up. Tuttavia, come discusso nella tesi, una trattazione teorica precisa della convezione negli esterni stellari non è ancora disponibile e questo rende la riproduzione teorica di tale parametro particolarmente delicata. Per eseguire il confron- to abbiamo generato funzioni di luminosità sintetiche dell’ammasso e abbiamo utilizzato il parametro 4V (bump − HB), definito come la differenza in magnitudine visuale tra il bump e il livello della ZAHB, che risulta del tutto indipendente da assunzioni sul valore di distanza e arrossamento. Il nostro lavoro ha evidenziato una discrepanza di ∼ 0.4 mag tra il valore teorico e osservativo di M92.

A seguito di questo risultato abbiamo eseguito uno studio completo ed accurato sulla determinazione dell’errore sulla quantità in esame, causato dalle incertezze sugli input utiliz- zati dal codice evolutivo, per cercare di capire se tale discrepanza poteva essere giustificata

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in questi termini. Più in dettaglio, per determinare correttamente l’incertezza totale ab- biamo analizzato le variazioni di 4V (bump − HB) in funzione di vari parametri tra cui: metallicità, distribuzione delle abbondanze dei metalli, abbondanza di elio, efficienza della convezione esterna, perdite di massa durante l’evoluzione in fase di gigante rossa, equazione di stato, tabelle di opacità, indeterminazioni teoriche sul livello della ZAHB, errore statistico sulla localizzazione del bump e efficienza dei processi diffusivi. Abbiamo inoltre tenuto conto delle eventuali variazioni in età, e quindi in massa evolvente lungo l’RGB, causate da una variazione dei suddetti parametri.

Questa analisi, a nostra conoscenza non presente in letteratura, ha dimostrato che la discrepanza osservata non si accorda con il valore osservativo entro le incertezze stimate. Tale risultato ha condotto ad uno studio realizzato dai ricercatori dell’Osservatorio di Monte Porzio, a cui ho collaborato per quanto concerne la parte teorica, in cui sono stati confrontati i valori osservativi di 4V (bump − HB) di un campione molto ampio di ammassi globulari con i risultati teorici corrispondenti. Si è così evidenziato che il confronto teoria-osservazione dipende sensibilmente dalla scala di metallicità utilizzata, cioè dal valore assunto per la metallicità degli ammassi. Tuttavia, mentre per metallicità medio-alte con alcune scale di metallicità si riesce a riprodurre ragionevolmente i valori osservativi, a basse metaliicità il disaccordo teoria-osservazione permane evidente qualunque sia la scala di metallicità utiliz- zata. Quindi oltre ad un problema osservativo nella determinazione precisa della metallicità degli ammassi, sembrerebbero anche essere presenti imprecisioni nella modellizzazione delle strutture stellari nell’intervallo di basse metallicità.

Il mancato accordo teoria-osservazione ci ha condotto ad indagare alcune possibili cause meno canoniche ed in particolare abbiamo eseguito uno studio modificando la distribuzione delle abbondanze degli elementi dell’ammasso rispetto alla mistura assunta. Fino ad ora avevamo infatti utilizzato una normale mistura α-enhanced, ovvero una distribuzione in abbondanza degli elementi pesanti che si differenzia dalla mistura solare solo per quanto riguarda gli elementi α, il cui rapporto in abbondanza è aumentato per tutti (di una stessa quantità ricavata dai dati osservativi).

Recenti studi spettroscopici hanno infatti indicato che la composizione chimica degli am- massi globulari può non essere del tutto semplice ed omogenea come si credeva in passato, ma presenta in vari casi differenze tra le stelle di uno stesso ammasso e discostamenti dalla mistura α-enhanced, con particolari correlazioni tra le abbondanze dei vari elementi. Queste caratteristiche sono spesso spiegate in termini di reazioni nucleari che avvengono in prossim- ità di shell di combustioni in stelle giganti e che modificano la composizione chimica del gas stellare rispetto al valore originario; questo materiale, una volta eiettatato nel mezzo inter- stellare, va ad arricchire chimicamente le generazioni successive. Tale scenario ovviamente presuppone l’esistenza di una popolazione, seppur piccola, di stelle non coeve alla maggioran- za delle stelle dell’ammasso; a supporto di questa ipotesi alcuni ammassi globulari sembrano mostrare la presenza di popolazioni multiple dalla composizione chimica leggermente diversa. Dopo aver delineato le caratteristiche principali delle peculiarità osservate nei diversi am- massi globulari, con particolare riferimento a M92, e descritto brevemente le principali teorie proposte per spiegarle abbiamo provveduto a generare isocrone modificando le abbondanze degli elementi in modo da riprodurre le principali correlazioni comuni a vari ammassi glob-

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ulari. Per confrontare i nostri risultati con quelli di altri autori abbiamo fatto riferimento alle abbondanze utilizzate in studi condotti da Salaris et al. (2006), Cassisi et al. (2007) e Pietrinferni et al. (2009). I risultati ottenuti si sono rivelati coerenti con quelli trovati da questi autori ma non hanno portato all’accordo tra teorico ed osservativo nel caso specifico di M92.

E’ ovvio che sulle stime della luminosità del RGB bump, che dipende dall’affondo della convezione in fase di gigante rossa, pesano prima di tutto le incertezze ancora presenti sul trattamento della convezione nelle zone esterne delle stelle. Accenniamo al fatto, che per gli inviluppi stellari, il trattamento della convezione è reso ancora più difficile dalla bassa densità della materia che non permette di stimare con precisione il reale gradiente di tem- peratura in quelle zone. Purtoppo un trattamento preciso di questo fenomeno non è ancora disponibile e per il momento questa incertezza non può essere eliminata. Tuttavia tale in- certezza è presente a tutte le metallicità mentre il disaccordo teoria-osservazione sembrerebbe essere particolarmente evidente a basse metallicità. Ci sono quindi vari aspetti che non sono ancora chiari. Prima di giungere ad una conclusione definitiva sono sicuramente necessarie valutazioni più accurate della composizione chimica dei singoli ammassi e forse un riesame dell’accuratezza delle tabelle di opacità per gli inviluppi stellari.

Nel problema potrebbe forse giocare un ruolo l’eventuale presenza di overshooting negli inviluppi convettivi, generalmente trascurato nei codici evolutivi. La determinazione del- l’estensione della regione interessata da tale fenomeno è infatti un problema fisico ancora aperto, dal momento che l’attuale trattamento della convezione negli inviluppi stellari non permette di fornire stime precise riguardo l’efficienza di questo meccanismo.

Ricordiamo infine che il nostro codice evolutivo trascura tutti gli effetti dovuti alla ro- tazione, talvolta invocata per spiegare meccanismi di mescolamento non convenzionali che potrebbero essere attivi in stelle più luminose del RGB bump e che alcuni autori sostengono poter spiegare le dipendenze dalla fase evolutiva di alcune anticorrelazioni osservate negli ammassi globulari, tra cui M92.

Purtroppo anche la modellizzazione di strutture ruotanti dipende da molteplici parametri liberi e presenta molti problemi aperti, come la determinazione del profilo di velocità carat- teristico degli inviluppi convettivi e il trattamento delle varie instabilità che si generano all’interno delle strutture. Inoltre le stelle degli ammassi globulari sono state osservate essere in genere rotatori lenti.

Nel corso di questo lavoro abbiamo anche analizzato la possibilità di compresenza di popolazioni multiple di composizione chimica diversa in M92 generando funzioni di lumi- nosità sintetiche per le due misture prese in esame e variando le percentuali delle differenti popolazioni stellari. Abbiamo dimostrato che, per il nostro ammasso, non si può escludere la presenza di popolazioni caratterizzate da una diversa composizione chimica e che il RGB bump non rappresenta un test stringente per evidenziarle.

Nella seconda parte di questa tesi ci siamo concentrati sulla fase evolutiva di ramo oriz- zontale; in particolare eravamo interessati a controllare l’accordo teoria-osservazione per i tempi evolutivi in fase di combustione centrale di He. In questa fase si riscontrano infatti alcune peculiarità nelle caratteristiche dei processi convettivi centrali.

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Schwarzschild, a cui si fa generalmente riferimento per stabilire le zone interessate dai mesco- lamenti convettivi, non può essere utilizzata perché da luogo a una discontinuità del gradiente di temperatura della stella al bordo del nucleo convettivo centrale che aumenta con l’evolver- si della struttura. Per questo motivo, in questa particolare fase evolutiva, l’estensione dei nuclei convettivi deve essere controllata implementando nei codici evolutivi algoritmi che riproducano correttamente la situazione fisica più plausibile.

Al termine della fase di ramo orizzontale si riscontrano inoltre alcune instabilità nei mod- elli teorici che prendono il nome di “pulsi convettivi” e che consistono in rapide espansioni e diminuzioni in massa del nucleo convettivo centrale. La natura di questa instabilità non è mai stata determinata con precisione; in particolare, sebbene vari autori sospettassero trattarsi di artefatti numerici causati dalle semplificazioni e dagli aggiustamenti adottati dai codici nella modellizzazione dei processi convettivi, non era stato possibile stabilirlo con precisione. Il confronto dei conteggi stellari degli ammassi globulari con i tempi evolutivi dei modelli teorici sembra comunque supportare l’ipotesi che i pulsi convettivi non siano attivi in stelle reali e che quindi non si tratti di reali fenomeni fisici. Nel corso degli anni sono state dunque proposte varie procedure per bloccare l’insorgere di queste instabilità che presentano tra loro alcune differenze per quanto concerne i tempi evolutivi delle tracce risultanti. Questo ha comportato la presenza di indeterminazioni ineludibili nei tempi di vita caratteristici in fase di ramo orizzontale dal momento che non esistono criteri precisi per preferire una procedura di blocco rispetto ad un’altra.

Nel nostro lavoro abbiamo analizzato con precisione le caratteristiche dei modelli stellari durante i pulsi giungendo alla conclusione che questi siano semplicemente instabilità nu- meriche causate dalla discretizzazione spaziale e temporale delle strutture stellari teoriche e dalle procedure di integrazione utilizzate dai codici evolutivi. In particolare, l’anomala avan- zata in massa del nucleo convettivo, scatenata dall’aumento dell’opacità dovuto alle variazioni di composizione chimica del nucleo, sembra essere determinata da alterazioni nel profilo di luminosità interno dei modelli causate dalla procedura generalmente utilizzata dai codici per determinare il bordo convettivo e calcolare l’energia termica.

Nel corso del nostro lavoro abbiamo cercato di migliorare la determinazione del bor- do convettivo centrale modificando la modellizzazione delle strutture stellari, in termini di discretizzazione in massa e passo temporale adottati, basandoci sulle conclusioni ottenute dall’analisi dei pulsi convettivi. In questo modo siamo riusciti ad ottenere tracce stellari che per la prima volta non presentano pulsi convettivi. Riteniamo così di avere finalmente dimostrato la loro vera natura e la necessità di prevenirne la comparsa nelle tracce stellari al fine di ottenere tempi evolutivi corretti in fase di ramo orizzontale.

Per completezza abbiamo inoltre analizzato le varie procedure di blocco, utilizzate in let- teratura, per stabilire quale di esse riuscisse a riprodurre i tempi evolutivi riscontrati per le nostre tracce. In particolare, abbiamo trovato che una delle due procedure di blocco, che consiste nell’impedire la crescita in massa del nucleo convettivo qualora questa modifichi l’ab- bondanza di elio centrale, riproduce quasi esattamente i tempi evolutivi da noi ottenuti per le tracce che non presentano i pulsi; l’altro metodo invece presenta tempi evolutivi maggiori. Nell’impossibilità di distinguere fra le due procedure di blocco, le differenze fra i due tempi evolutivi venivano considerate sino ad ora un’incertezza ineliminabile per i tempi di vita in

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fase di ramo orizzontale. Adesso, non solo siamo in grado di discriminare le due procedure di blocco, ma sappiamo anche che la prima procedura di blocco, di facile utilizzo, può essere ancora adottata per produrre tracce con i corretti tempi evolutivi.

Ci siamo anche domandati perché altri autori, che hanno eseguito studi simili al nostro, non siano riusciti ad evitare l’insorgere delle instabilità nonostante l’utilizzo di passi temporali e discretizzazioni in massa delle strutture simili a quelli scelti in questo lavoro.

Una delle spiegazioni possibili è che, nelle loro modellizzazioni, non considerino il contrib- uto del peso molecolare nel tasso di generazione di energia termica. Questo termine, spesso ritenuto trascurabile in tutte le fasi evolutive precedenti alla fase di nana bianca, è fondamen- tale per stabilizzare il nucleo convettivo in fase di ramo orizzontale poiché abbiamo verificato che, trascurandolo, non si riesce in nessun modo ad evitare l’insorgere dei pulsi convettivi nelle tracce: nè modificando la discretizzazione in massa nè modificando il passo temporale assunto dal codice. In compenso, in questo caso, le tracce stellari presentano caratteristiche simili a quelle riscontrate in molti articoli presenti in letteratura.

Una volta eliminate le incertezze nei tempi evolutivi di ramo orizzontale, dovute all’in- sorgere dei pulsi convettivi, siamo interessati ad un riscontro osservativo per tali tempi.

Il parametro osservativo può essere solo il rapporto fra il numero di stelle in due fasi evolutive diverse e generalmente viene adottato il cosiddetto parametro R2, cioè il rapporto

dei conteggi numerici delle stelle in fase di AGB e HB nei diagrammi colore-magnitudine, che teoricamente corrisponde ad il rapporto dei tempi evolutivi di queste due specifiche fasi. In questo parametro entrano necessariamente i tempi di vita in fase di ramo asintotico, che tuttavia non presentano i problemi riscontrati in fase di ramo orizzontale dato che, in