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Nautica italiana e mercato cinese: aspetti cross-culturali

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Academic year: 2021

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D.M. 270/2004) in

Lingue e istituzioni economiche e giuridiche

dell’Asia e dell’Africa Mediterranea

Tesi di Laurea

Nautica italiana e mercato

cinese

Aspetti cross-culturali

Relatore

Ch. Prof. Tiziano Vescovi

Correlatore

Ch. Prof. Renzo Riccardo Cavalieri

Laureanda Barbara Neri Matricola 846957 Anno Accademico 2014 / 2015  

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前言

 

  该论⽂文的题⽬目是“意⼤大利游艇业和中国市场:跨⽂文化研究”。 研究⽬目的是对⽐比 意⼤大利和中国的游艇⽂文化,分析⽂文化⽭矛盾,寻找新产业趋势和发展机会。 该研究从理论⽅方⾯面开始,研究⽅方法包括阅读专业书,杂志, 论⽂文,报告,查 阅专业⽹网站。 因为关于该话题的可靠资料不⾜足,信息更新缓慢,所以需要进⾏行实 地考察。实地考察涉及到参观⾏行业展览、⾏行业会议,采访⾏行业专家,向⾏行业专家 发放调查问卷。 由于游艇业的⽂文献不⾜足, 因此采访和问卷是该论⽂文的关键 。 采访对象包括⼀一名游艇设计师,⼀一名 游艇建筑家,⼀一名游艇⼯工程师,⼀一名游 艇代表商,⼀一名游艇营销经理, ⼀一名销售经理, 他们都属于不同的公司。填写 调查问卷的公司⼀一共 14 家,这 14 家属于游艇产业的不同领域:游艇制造公司, 游艇专业媒体公司,建筑设计以及代表。下述列出参加采访和调查问卷的公司名 称:, 贝尼蒂,Burgess,Codecasa,道恩国际设计,法拉帝集团,FIPA Group, Ocean Independence,佩⾥里尼▪纳威集团, Pride Mega Yachts,圣劳伦佐,Pro Ship, 新⼤大洲,⾟辛普森游艇,Y.CO,中华宝艇。 描述该论⽂文的详细结构和内容: 第⼀一章分析意⼤大利游艇业的起源和发展,游艇的定义和分类标准以及国际游 艇⾏行业。 第⼆二章的题⽬目是中国海洋⽂文化,表述了中国航海历史,中国传统和现代休闲 的概念以及中国游艇市场的诞⽣生。 第三章具体地分析意⼤大利和中国的游艇市场。该章的结构模仿⼀一份⾏行业报告 说明解释游艇⾏行业的价值链,中国意⼤大利游艇业成员和中国的游艇⾏行业,此外详 细分析后者:中国游艇需求,中国游艇制造公司,中国游艇市场细分,考虑是否 有意在中国⽣生产,游艇配件的供应链,销售和分销系统,中国游艇圈,游艇展览

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和游艇俱乐部, 游艇业在中国市场发展的优点和缺点,中国市场的进⼊入壁垒 , 未来 发展的远景。 第四章考虑中国的游艇产品并提供⼀一些建议。⾸首先,解释清楚中国船东的独 特游艇使⽤用模式和新趋势,考虑是否需要改变游艇、营销和沟通来适应中国客户, 最后考虑游艇业湖泊和河流上发展的可能性。 下列综合表述主要的论⽂文内容和意见: 中国⽬目前有千万富豪⼈人,正⽀支撑起⼀一个巨⼤大的⾼高端消费市场。虽然中国奢侈 品市场繁荣,但是游艇整体市场规模整体仍然偏⼩小,游艇产业在中国并没有激增, 有⼏几个原因: 1. 中国的海岸,⽓气候和环境情况不太适合游艇活动。 2. ⽬目前中国海事法律和规则限制游船航⾏行,复杂的⼿手续和制度也是⼀一个很强 的阻碍物。 3. 中国的奢侈品进⼜⼝口要征收43%的关税,因此国外制造游艇的价格很贵。 4. 中国虽然有⼀一些重要的游艇码头,但仍然缺乏⾜足以⽀支持超级游艇的基础设 施,⽐比如修理⼚厂, 国内也缺少有经验的船员以及优质游艇配件的供应链。 5. 最近⼏几年,政府打击企业腐败。⼀一些⼈人或许担⼼心,驾驶超级游艇兜风,或 者⽤用其款待客户(以及政府官员),更可能引起⼤大众的注意。并且,最近 ⼏几⽉月,整体经济情况下滑,股市波动很⼤大,消费意愿降低。综上所诉,现 在中国奢侈品产业正⾯面临困境,其营业收⼊入都令⼈人失望。 6. 然⽽而,该论⽂文将游艇产业在中国并没有激增的主要原因归结于⽂文化: 中国 缺少“沿海⽂文化”,中国缺乏欣赏跟海有关的娱乐活动的⽂文化,中国⼈人⼤大多 数不喜欢晒太阳,不会游泳,不习惯玩船,甚⾄至很多中国⼈人⼀一辈⼦子从来没 有看到⼤大海。另外,中西⽅方对休闲的认知不同:“东篱采菊,忘情⼭山⽔水,煮 酒论诗,书画怡情” ⼀一直是中国传统的休闲概念,中⽅方以静为美,⽽而西⽅方 以动为美。

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由于上述的市场壁垒和困难,中国的游艇业是供应驱动的,内需不⾜足。⽂文化 差异导致不同的产品使⽤用模式:中国⼈人不太习惯于远离尘嚣,尤其是不习惯欧洲 的那种休闲⽅方式。 对于⼤大部分购买游艇的中国富豪来说,游艇不是休闲物品,⽽而 游艇是⼀一种商业⼯工具,游艇是⼀一种进⾏行炫耀的⼯工具即⾝身份地位象征。 关于游艇使 ⽤用模式,调查问卷的结果显⽰示中国船东船上最喜欢的活动是宴会,另外的普及活 动是卡拉 OK,巡航,赌博;船东⼀一般跟商⼈人和朋友玩游艇,跟家⼈人玩船很难得。 由于在中国游艇是⼀一种商业⼯工具,船东⼀一般把游艇留在⾃自⼰己营业总部或者在⼀一个 著名的旅游景点(海南)。调查问卷显⽰示⼀一些新趋势,对于钓鱼,⽔水上运动和帆 船运动感兴趣的中国客户数量增加了。在东南亚地区和地中海地区租船的中国客 户⽐比例加⼤大了,这个信息对于游艇产业是⼀一个好信息,越来越多的中国富豪来体 验海上⽣生活,沿海⽂文化在中国发展! 该论⽂文考虑是否需要改变游艇、营销和沟通来适应中国客户。游艇是最个性 化的定制产品。调查结果显⽰示需要为中国客户定制游艇,主要原因是中⽅方游艇使 ⽤用模式与西⽅方游艇使⽤用模式不同,因此客户需求不同。⼀一般⽽而⾔言,中国客户跟欧 洲美国客户相⽐比喜欢⽐比较⿊黑暗的颜⾊色,窗⼜⼝口不⼤大保持隐私,增加客厅⾯面积,减少 卧室⾯面积,外区喜欢荫惊,特⾊色中国游艇布局包括 KTV 室和赌博区。中国客户 要求⽐比较⾼高端的娱乐技术,特别喜欢船上有意⼤大利奢饰品,注意拥有航海技术和 绿⾊色技术的中国客户还不多,可是他们的数量在增长。 在适应中国客户的同时,产品必须保持原来的意⼤大利独特点,中国客户应该感受 到这是⼀一个西⽅方奢侈品。成功的公式是意⼤大利奢侈感产品加中国⽣生活⽅方式的适应。 上述的建议是因为 “意⼤大利制造”就是意⼤大利游艇品牌的明显优势,是它们的宝贵 资产。 产品保持意⼤大利特点的同时,在中国市场也需要⼴广告的本⼟土化。中西⽅方在游艇⽅方 ⾯面的⽂文化差异意味着游艇业公司需要适应⾃自⼰己的营销与沟通,不然的话它们的⼴广 告有失效的风险, 达不到⽬目标。

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中西⽅方差异很⼤大,西⽅方有海洋的神话,中⽅方有湖泊的神话。湖泊在中国⽂文学 艺术有很重要的位置,⽬目前很多湖泊成为⽂文化⾃自然景点吸引⼤大量游客,在⼀一些湖 区⾼高端旅游业发达,因此意⼤大利游艇业应该考虑在中国把⾃自⼰己产品和湖泊对应起 来,提出与湖泊有关的新游艇使⽤用模式,甚⾄至提出新产品。 中国游艇业还处于初级阶段,⽬目前的危机应该推进重新思考和创新,⽽而不应 该导致游艇业公司放弃中国市场。到⽬目前为⽌止,只有游艇的炫富特点,才可以保 障营业收⼊入,⽽而现在某个了解中国内幕的⼈人⼠士开始明⽩白改变战略的时间到了,现 在需要推动中产阶级的游艇业。中国中产阶级迅速扩⼤大,是全球仅次于美国的消 费品市场;即使经济有放缓之势,但对全球品牌的未来仍居于举⾜足轻重的地位。 此外,这些⼈人⼠士希望在中国建造⼀一个与休闲有关的游艇业,这样越来越多的中国 ⼈人有机会欣赏⼤大海,越来越多的中国⼈人有机会体验游艇娱乐。 西⽅方游艇业公司和意⼤大利的游艇业公司还不够⼊入境随俗,它们都应该尽⼒力了 解中国⽂文化与社会,⽣生活习惯,⽣生活⽅方式,即了解中国市场。那些希望在中国市 场发展的西⽅方游艇公司应该重视中国⽂文化与中国市场的独特性。了解中国市场意 味着推动中国客户感兴趣的产品,意味着设计中国客户可以理解的⼴广告,意味着 游艇业在中国有更多的发展机会。 希望这篇⽂文章能够为中国与意⼤大利游艇⾏行业健康快速的发展提供意见与建议。

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Ringraziamenti

Ringrazio vivamente le persone e le aziende che hanno pazientemente risposto alle mie domande, ognuno ha contribuito con il proprio punto di vista ad arricchire questa ricerca. Grazie non solo per aver condiviso con me la vostra esperienza, ma anche per la passione e la dedizione con cui ogni giorno fate vivere il settore della nautica, in Italia e nel mondo.

I miei più sinceri ringraziamenti vanno a Alexander Heng e Samuel Xu (China Boating), Angel Zhou (Simpson Marine), Antonio Luxardo (Pro Ship), Claudia Rossi (Rossinavi), Ennio Buonomo (Cantieri Navali Codecasa), Fabiomassimo Discoli (Ferretti Group), Fran Liu (Pride Mega Yachts), Gregory McMillan e Natasha Rajalingam (Y.CO), Kevin Koh (Perini Navi), Li Ye (Sundiro), Mario Vellonà (Ocean Independence), Mark Woodmansey (Burgess), Natalie Ye (Azimut-Benetti), Stefano Caruso (DND Dawn Yacht Design) e Valeria Guidetti (FIPA Group).

Una menzione speciale è dedicata al cantiere Sanlorenzo, a Paolo Bertetti e a Adele Cozzani che mi hanno permesso di entrare nella realtà del settore.

Le persone citate in questa pagina hanno svolto un ruolo fondamentale nella stesura della tesi, tuttavia ogni errore o imprecisione è imputabile solo e soltanto a me.

                                     

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Indice

Introduzione 11

Capitolo 1 Cenni sul settore della nautica 15

1.1 Le origini e lo sviluppo della nautica italiana 15

1.3 Definire e classificare lo yacht 22

1.2 L’industria nautica internazionale 23

Capitolo 2 La cultura del mare in Cina 29

2.1 La storia marittima cinese 29

2.2 Concetto di tempo libero, leisure, 休闲 in Cina. 42

2.3 La nascita e lo sviluppo del mercato nautico cinese 48

Capitolo 3 Analisi dell’industria nautica in Italia e in Cina 53

3.1 La catena del valore nel settore nautico 53

3.2 Industry player in Italia e in Cina 58

3.3 Il settore della nautica in Cina 59

3.3.1 La domanda 60

3.3.2 I cantieri cinesi 61

3.3.3 Segmenti di mercato 62

3.3.4 Produzione di yacht in Cina: alcune riflessioni 63

3.3.5 La filiera dei componenti e accessori nautici 66

3.3.6 Sistema di vendita e distribuzione 67

3.3.7 Regioni chiave della nautica in Cina 68

3.3.8 Fiere nautiche e yacht club 69

3.3.9 Barriere all’entrata e allo sviluppo 70

3.3.10 Vantaggi per la nautica 75

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Capitolo 4Il prodotto “yacht” in Cina: considerazioni e proposte 81 4.1 Destinazione d’uso del prodotto: le preferenze degli armatori cinesi e nuove

tendenze 81

4.2 Adattamento dell’offerta nautica 83

4.3 Adattamento della comunicazione: le scelte degli operatori 87

4.4 Nautica lacustre e fluviale: una provocazione 90

Conclusioni 95

Grafici e Tabelle nel testo 99

Appendice 101

1. Interviste 101

1. Intervista a Stefano Caruso, DND Dawn Yacht Design 101

2. Intervista a Antonio Luxardo, Pro Ship 104

3. Intervista Paolo Bertetti, Sanlorenzo Spa 107

4. Intervista a Mark Woodmansey, Burgess Yachts 111

5. Intervista a Natalie Ye, Azimut Benetti Hong Kong 113

6. Intervista a Fabrizio Sgariglia, Perini Navi Group S.p.A. 115

2. Tabelle 1-10 analisi questionari 117

Bibliografia 123

Fonti bibliografiche in lingue occidentali 123

Riviste in lingue occidentali 125

Fonti on line in lingue occidentali 126

Fonti bibliografiche in lingua cinese 129

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Introduzione

 

 

Il presente studio muove dalla premessa teorica che la cultura non sia solo una componente di ciascuna società umana, ma è altresì una forza intangibile che influenza l’azione e le scelte di aziende, manager e consumatori, pertanto le differenze culturali possono costituire barriere all’ingresso nel mercato, barriere superabili solo con sensibilità, grande impegno e offrendo prodotti o servizi superiori a quelli dei concorrenti.

Dato per valido questo assunto, la ricerca prende in esame due elementi: la nautica italiana di lusso e il mercato cinese. Il mercato cinese si è aperto alla nautica da quando è stata consentita la navigazione da diporto nei primi anni Duemila. Il settore nautico ha registrato una crescita positiva fino al 2012, ma non ha mai visto il proprio fatturato decollare come altri settori del lusso. La vendita del prodotto yacht incontra una difficoltà notevole in Cina, ovvero l’assenza totale della “cultura del mare”: per la maggior parte della popolazione cinese lo yacht è un prodotto totalmente estraneo e avulso dal proprio stile di vita.

Lo scopo di questo elaborato è quello di indagare le suddette differenze culturali, da cui derivano diversi modi di impiego del prodotto, e determinare la necessità o meno di adattare il prodotto finale e la relativa comunicazione pubblicitaria al peculiare contesto cinese.

Per realizzare questi obiettivi, si è iniziato con lo scandagliare il sostrato culturale del settore nautico in Italia: le origini, i motivi del successo, la sua espansione internazionale. Poi, è stata effettuata un’indagine sulla storia marittima cinese, si è analizzato il concetto di tempo libero nella cultura sinica e le sue implicazioni, infine è stata descritta la nascita del mercato nautico in Cina. Il terzo capitolo imita la struttura del market report: affronta il tema della catena del valore, identifica i principali

industry player in Italia e in Cina e analizza il settore della nautica cinese. Si dà

particolare rilievo all’analisi delle barriere all’entrata e dei vantaggi di cui la nautica italiana gode in Cina. Nel quarto e ultimo capitolo si discute l’uso che gli armatori cinesi fanno dello yacht, l’adattamento dell’offerta e della comunicazione, la possibilità di sviluppo di una nautica lacustre e fluviale.

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Di seguito si desidera esporre i metodi di ricerca impiegati e le motivazioni di alcune scelte alla base del presente elaborato.

Poiché le fonti sull’argomento sono insufficienti, non aggiornate, talvolta non affidabili, si è ritenuto opportuno sottoporre questionari e interviste a vari esperti del settore, i quali appartengono a diversi ambiti professionali legati alla nautica: architetti, ingegneri, designer, giornalisti, yacht broker, yacht dealer, manager attivi in vari ruoli (marketing manager, sales manager, project manager, China general manager e Chief Representative). Le aziende che hanno preso parte alla ricerca sono in totale 15: Asia-Pacific Boating, Azimut-Benetti, Burgess, Codecasa, DND Dawn Yacht Design, Ferretti Group, FIPA Group, Ocean Independence, Perini Navi, Pride Mega Yachts, Pro Ship, Sanlorenzo, Simpson Marine, Sundiro, Y.CO. Le aziende appena citate sono attive in vari ambiti della nautica, e in particolare in brokeraggio e charter, cantieristica, yacht design e media; coinvolgere attori molto diversi dello stesso settore ha consentito di raccogliere varie prospettive e opinioni sugli argomenti trattati.

Oltre a questionari e interviste, si è ritenuto opportuno partecipare alle principali fiere del settore: Salone Nautico di Genova 2014, Cannes Yachting Festival 2015 e Monaco Yacht Show 2015. È stato così possibile visitare vari yacht e salire a bordo di un’unità costruita per un armatore di Hong Kong.

Nonostante il mercato nautico della Repubblica Popolare Cinese (RPC) non coincida con quello di Hong Kong, in questa sede si è deciso di non proporre un distinguo netto. Nei capitoli successivi, se non diversamente indicato, la Cina e il mercato nautico cinese saranno intesi in senso ampio, comprendente Hong Kong. Le ragioni di questa scelta risiedono nel fatto che non è così facile discernere se gli yacht registrati a Hong Kong appartengano de facto a armatori di Hong Kong o della Repubblica Popolare. Inoltre di recente, a causa della politica anti-corruzione promossa dal governo di Xi Jinping, la tendenza a registrare gli yacht a Hong Kong anziché in RPC è cresciuta. In merito alla situazione attuale della nautica italiana, possiamo affermare che il settore sta affrontando una fase di grande cambiamento: a partire dal 2008 ha subito una profondissima crisi, la domanda interna è letteralmente crollata e le imprese hanno affidato tutto il loro fatturato all’export. Molte aziende nautiche sono fallite, alcune sono state acquisite da concorrenti, altre da società cinesi. In cinque anni il settore ha

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subito varie trasformazioni, la domanda è cambiata e così le regole del gioco. I maggiori rappresentanti della nautica hanno deciso di investire in Asia, fiutandone il grande potenziale, benché il mercato dell’area sia solo agli albori.

Questa ricerca, nonostante i limiti che presenta, desidera fornire un contributo accademico al processo di internazionalizzazione che le aziende nautiche stanno compiendo, aspira a offrire spunti di riflessione per gli operatori, e infine vuole essere un arricchimento per la relativa letteratura, oggi così esigua.

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Capitolo 1

Cenni sull’industria nautica

1.1 Le origini e lo sviluppo della nautica italiana

La penisola italiana si trova in posizione centrale nel Mar Mediterraneo, le coste presentano una morfologia varia, lidi sabbiosi si alternano a scogliere imponenti e rive rocciose, il clima è mite, tale conformazione dona bellezza e piacevolezza ai nostri litorali.

Fin dall’antichità l’assetto geografico della costa italiana ha rappresentato una spinta per gli abitanti a cercare la via del mare, sia per ragioni commerciali e militari sia perché il mare è da sempre una risorsa e una fonte di sostentamento per le popolazioni costiere. Gli studiosi affermano che la navigazione da diporto ha avuto origine nel Mar Mediterraneo all’epoca romana.1

La pratica del diporto doveva essere abbastanza diffusa, per lo meno tra i patrizi, come testimonia il poeta romano Orazio, che in una delle sue Satire, prende in giro un tale che soffre “il mal di mare sulla nave che piglia a nolo, come un ricco sulla sua trireme privata.”2

Dall’impero romano alle Repubbliche Marinare la tradizione navale italiana cresce e si consolida. Ma la pratica del diporto, diffusa tra i patrizi romani, si arresta con la caduta dell’impero. Tra il 1000 e il 1600 le Repubbliche Marinare possono contare su traffici marittimi nel Mediterraneo e con il vicino Oriente che consentono lo sviluppo della cantieristica navale. 3

La nascita della moderna navigazione da diporto è da collegarsi alla storia dei paesi del Nord Europa con una viva tradizione marinara, quali i Paesi Bassi e le isole britanniche. Il termine yacht deriva dall’olandese jaght(schip), che significa “nave da caccia” e designa un’imbarcazione veloce.4 Il primo yacht da diporto, a vela, di cui si ha notizia è

il Mary, costruito nel 1660 e donato dalla città di Amsterdam al principe Carlo Stuart, il quale al momento della proclamazione a re d’Inghilterra si trovava in esilio a Breda.

                                                                                                               

1 Massimiliano BRUNI, Luana CARCANO, La nautica italiana, Milano, Egea, 2009, p. 2. 2 UCINA, La nautica italiana, Milano, 1996, SE SRL, p. 14 -15.

2 UCINA, La nautica italiana, Milano, 1996, SE SRL, p. 14 -15. 3 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 2.

4 “Garzanti linguistica”, http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=yacht, 19 febbraio 2015. Etimologia: ← voce ingl.; dall’ol. ant. jaght (schip), propr. ‘(nave) da caccia’, per la sua velocità.

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Nel XVIII secolo in Inghilterra nascono gli Yacht Club. Il primo viene fondato in Irlanda, nel porto di Cork, nel 1720 con il nome di Water Club of the Harbour of Cork. È del 1749 la prima regata competitiva. Sono i primi segnali della separazione tra imbarcazioni commerciali e da diporto. La vela diventa uno sport per regnanti, nobili e per la nuova classe industriale emergente in Europa e America. 5

Nell’Ottocento il legno cede il posto al ferro nelle grandi costruzioni navali ed anche la vela subisce la concorrenza dei motori a vapore.

Ma la vela non morì perché già ai primi dell’Ottocento la passione, le conoscenze, le esperienze dei comandanti, marinai e costruttori si traferirono nella navigazione da diporto, nasceva proprio allora lo sport della vela, e subito dopo quello del diporto a motore.6

Il periodo compreso fra l’epoca vittoriana e la fine della seconda guerra mondiale rappresenta una vera età dell’oro per lo yachting a vela, praticato sia per svago sia per competizione. In Italia, si comincia a parlare di diporto agli inizi del Settecento, nel 1800 entrano in attività alcuni nomi destinati a passare alla storia, come Codecasa fondata nel 1825, Riva nel 1842, Aprea nel 1849, Baglietto nel 1854, Cranchi nel 1870 e Benetti nel 1873. Questi cantieri prendono il nome del fondatore e nascono per la produzione di scafi da lavoro e da pesca o per offrire servizi di riparazione e manutenzione. Nel corso del XX secolo Inghilterra e Stati Uniti sono le nazioni di riferimento nel mondo degli yacht. 7

Tra le due guerre si scorgono in Italia i primi segnali di quello che sarà il fenomeno della nautica da diporto, mentre in precedenza solo qualche famiglia nobile possedeva una piccola imbarcazione, adesso si cerca di avvicinare gli italiani al mare con la promozione del turismo nautico: vengono gettate le basi per lo sviluppo della cantieristica nautica come industria. Le prime produzioni da diporto degli anni Venti-Trenta sono per lo più motobarche lacustri. In quegli anni primordiali della nautica, i cantieri producono per uso sia militare sia civile qualsiasi imbarcazione in termini di motorizzazione e di lunghezza dello scafo, i cantieri non presentano quindi una spiccata specializzazione produttiva. 8

                                                                                                               

5 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 4-8.

6 UCINA, La nautica italiana, Milano, 1996, SE SRL, p. 28. 7 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 4-8.

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Molti di questi ricevono commissioni dalla Marina Militare Italiana e dalle forze armate, come Baglietto e Picchiotti.9

Gli anni della Prima Guerra Mondiale sono molto intensi e vedono la creazione di imbarcazioni in legno commissionate dalla Marina Militare Italiana. Simbolo del periodo è la MAS, che ispira Gabriele D'Annunzio nella creazione del suo celebre motto "Memento Audere Semper". […] Negli anni Quaranta Baglietto si concentra nella realizzazione di imbarcazioni militari: questo contribuisce a migliorare prestazioni e tecnologie anche nel campo delle imbarcazioni ad uso civile.10

Al termine della guerra, il panorama del mondo nautico cambia radicalmente. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’esperienza fatta durante il periodo di costruzione di navi militari consente ai cantieri di applicare le evoluzioni e le sperimentazioni tecniche anche alla produzione degli yacht. Con la ricostruzione e il miglioramento delle condizioni socio-economiche comincia a svilupparsi un mercato della nautica da diporto a motore e a vela per la borghesia. I cantieri storici cominciano la riconversione della loro attività verso la nautica da diporto e le competizioni sportive diventano sempre più diffuse. I cantieri hanno una connotazione locale e si trovano in prevalenza sui laghi del Nord Italia, dove ci sono le giuste condizioni socio-economiche per lo sviluppo della domanda, o nelle zone costiere storiche ad alta tradizione marittima.11

Negli anni Cinquanta, l’industria nautica italiana dà inizio alla sua trasformazione. Pur mantenendo una vocazione artigianale, comincia a realizzare le prime produzioni in serie (Baglietto, Cranchi, Picchiotti, Riva).12 “Il concetto di serie, che presuppone una

produzione di numeri elevati, in Italia significò però mantenere tutti i pregi della produzione artigianale, […] di serie sì, ma con cura artigianale e con la ricerca del bello e della qualità”.13 Nel dopoguerra, i motoscafi di mogano a coppale del cantiere Riva

diventano in tutto il mondo sinonimo di bellezza, eleganza e classe.

Negli anni Sessanta e Settanta emergono innovazioni strutturali, come la soluzione flybridge nei motoryacht e la realizzazione di alberi in metallo nella vela. Per quanto le novità presentate finora siano state di rilievo, la vera rivoluzione per il comparto nautico è l’introduzione della vetroresina. La vetroresina consente l’avvio di un

                                                                                                               

9 Nicodemo PICCHIOTTI, Colloquio con il mio tempo, Viareggio, Picchiotti S.p.A., Publishing Division, 1978. 10 “Baglietto Yachts”, http://www.baglietto.com/heritage/ , 23 Febbraio 2015.

11 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 8-14. 12 Ibidem.

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processo di industrializzazione dei cantieri e dà una spinta forte alla crescita del settore. Si viene a creare proprio in questi decenni la prima segmentazione del mercato: da una parte la piccola nautica, barche di dimensioni minori e non personalizzabili, e dall’altra le grandi costruzioni di prestigio dall’alto valore monetario, che offrono al cliente grandi margini di personalizzazione.14

Il decennio inizia in espansione, ma il 1973 e il 1974 sono anni di crisi economica, la crisi energetica porta all’applicazione di misure di austerità, è emanata una nuova legge tributaria che rende obbligatorio dichiarare il possesso di imbarcazioni da diporto, la nautica entra in un periodo di recessione che porterà anche importanti evoluzioni nel settore.15 A metà degli anni Settanta, per quanto riguarda gli yacht, si comincia a usare

l’alluminio nella costruzione e la propulsione a idrogetto. I cantieri storici cominciano ad avvertire la necessità di esternalizzare alcune fasi di lavorazione o la produzione di componenti.16 “Il cantiere diventa il centro di coordinamento di fornitori specializzati di

materiali e manodopera.”17

Negli anni Ottanta, il mercato nautico cresce: la barca non è più un oggetto esclusivo per l’élite. Nel contempo, cominciano ad arrivare in Italia i primi ordini da altri continenti che spingono i cantieri a strutturarsi, mettendo in crisi alcune strutture storiche. Le dimensioni delle barche crescono, offrendo non solo spazi maggiori, ma anche più ampie possibilità espressive e creative ai progettisti e ai produttori di accessori.18

Gli anni Novanta si caratterizzano per l’apertura internazionale dei principali cantieri italiani, che iniziano ad affrontare il mercato americano attraverso accordi di collaborazione con dealer o importatori locali. Lo yacht italiano diventa ambito nel mondo, sintesi di una tradizione artigianale e di una progettualità e di un design distintivo.19

L’inizio del millennio è caratterizzato da due elementi: una progressiva espansione della capacità produttiva attraverso l’acquisizione di cantieri con produzioni

                                                                                                               

14 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 14-22. 15 UCINA, La nautica italiana, p. 103-108.

16 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 14-22. 17 UCINA, La nautica italiana, p. 108.

18 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 23-27. 19 BRUNI, CARCANO, La nautica italiana, p. 27-29.

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complementari e l’ampliamento della gamma offerta.20 Il 2009 segna l’inizio di una

grande crisi all’interno del settore. I dati della cantieristica navale italiana parlano chiaro: nel 2008 la stima del fatturato complessivo per l’intero settore della cantieristica risulta pari a € 3.821.970.000, è l’apice dell’espansione. Dal 2009 inizia una rapida recessione che arriva nel suo punto minimo nel 2012, con un fatturato pari a € 1.296.820.000. Dal 2012 in poi avviene una lieve ripresa: nel 2013 il fatturato della cantieristica italiana è pari a € 1.308.370.000, e nel 2014 è pari a € 1.333.770.000, il settore è ancora lontano dalle cifre del 2008. 21

                                                                                                               

20 Ibidem.

21 I dati sono tratti da “UCINA”, La nautica in cifre 2014, http://www.lanauticaincifre.it, 7 ottobre 2015, p.14. “La nautica in cifre”, 2015, http://www.lanauticaincifre.it, 7 ottobre 2015,

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Tabella I: Fatturato cantieristica italiana 2008-2014

Fonte: UCINA, La nautica in cifre 2014, p.14.

Anno Fatturato € 2008 3.821.970.000 2009 2.753.800.000 2010 2.006.040.000 2011 2.046.930.000 2012 1.296.820.000 2013 1.308.370.000 2014 1.333.770.000 3.8 2.7 2.0 2.0 1.2 1.3 1.3 0 1 1 2 2 3 3 4 4 5 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 M il iar d i Anno di riferimento Grafico I

Curva dell'andamento del fatturato della cantieristica italiana 2008-2014

(21)

È avvenuto anche un cambiamento nella struttura della domanda: nel 2008 la domanda interna rappresentava il 40%, nel 2009 il 39%, nel 2012 è crollata al 14% e nel 2013 e 2014 ha raggiunto livelli minimi del 7%. Le esportazioni hanno avuto un ruolo chiave nella sopravvivenza della cantieristica italiana, soprattutto quelle verso paesi extra-europei, che nel 2014 hanno rappresentato il 79% del fatturato.22

L’internazionalizzazione della nautica italiana ha assunto un aspetto pluridimensionale: non solo i cantieri italiani hanno sviluppato una forte propensione all’export proponendo i propri prodotti sui mercati esteri, soprattutto in Europa e in Nord

                                                                                                               

22 “UCINA”, La Nautica in Cifre 2009-2015. 40% 39% 31% 20% 14% 7% 7% 0 10 20 30 40 50 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 V al or i i n % Anno di riferimento Grafico II

Curva della domanda interna (produzione cantieristica nazionale per il mercato nazionale) 2008-2014

Fonte: UCINA, La nautica in cifre 2009-2015.

Curva della domanda interna

40%  

48%   12%  

Grafico III

C a n t i e r i s t i c a i t a l i a n a : composizione del fatturato globale 2008

Fonte: La nautica in cifre 2009.

Produzione nazionale per il mercato nazionale Produzione nazionale per esportazioni Importazioni 7%   92%   1%   Grafico IV C a n t i e r i s t i c a i t a l i a n a : composizione del fatturato globale 2014

Fonte: La nautica in cifre 2015.

Produzione nazionale per il mercato nazionale

Produzione nazionale per esportazioni

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America, ma alcuni di essi sono stati acquisiti da player internazionali. In riferimento alla Cina, il gruppo Ferretti è stato acquisito nel 2012 da Weichai Group (Cina),23 i

cantieri veneziani Dalla Pietà sono stati acquisiti dal gruppo Wantong nel 2009 (Cina),24 nel 2013 i cantieri Sanlorenzo hanno firmato un accordo con Sundiro Holding

che ha previsto l’aumento del capitale sociale, la produzione di imbarcazioni tra i 10 e i 20 metri direttamente in Cina e l’ampliamento della rete di vendita nell’area.25

1.2 Definire e classificare lo yacht

Esistono molteplici metodi per classificare le unità da diporto, intese come costruzioni di qualunque tipo indipendentemente dal mezzo di propulsione e destinate alla navigazione per fini sportivi o ricreativi.

Uno dei criteri di classificazione più usato è quello della lunghezza dello scafo: in termini tecnici si definisce natante ogni unità da diporto a remi con scafo di lunghezza pari o inferiore a 10 metri, imbarcazione ogni unità con scafo di lunghezza superiore a 10 metri e fino a 24 metri, superyacht ogni unità con scafo di lunghezza pari o superiore a 24 metri.

Un secondo criterio di classifica è quello in base al materiale impiegato nella costruzione dello scafo: legno, vetroresina, acciaio, alluminio, kevlar, fibra di carbonio e tela impermeabilizzata tramite gommatura per i battelli pneumatici (i cosiddetti gommoni).

Mettendo in relazione i materiali impiegati con la lunghezza dello scafo è possibile identificare differenti tipologie produttive: in serie, semi-custom e custom.

Le linee produttive in serie si riferiscono a scafi con lunghezza massima di 30 metri. Il livello di personalizzazione consentito è limitato ad alcune soluzioni di arredo interne, in genere proposte come predefinite. I cantieri realizzano gli stampi degli scafi per ogni modello in produzione. Il livello di attenzione ai dettagli e la finitura richiedono un tempo inferiore rispetto alle altre modalità produttive.

                                                                                                               

23 “Ferretti Group”, 2015, http://www.ferrettigroup.com/it-it/thegroup/ourhistory.aspx, 15 giugno 2015.

24 “Corriere del Veneto”, 7 novembre 2009, Marghera parla cinese con i cantieri Dalla Pietà,

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/economia/2009/7-novembre-2009/marghera-parla-cinese-cantieri-pieta-1601973826712.shtml, 15 giugno 2015.

25 “Sanlorenzo Yacht”, 2015, http://www.sanlorenzoyacht.com/en-us/Home/Events-News/Latest-News/News- Details/ArtMID/718/ArticleID/6/Sanlorenzo-sign-joint-venture-with-Chinese-group-Sundiro-Holding-keeping-the-majority-of-the-Company, 29 giugno 2015.

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Le linee semi-custom riguardano scafi fra i 28 e i 40 metri. Le parti strutturali tendono a essere modificabili, anche se, per una lunghezza definita, possono essere proposti differenti modelli di scafi. Gli interni presentano un livello di personalizzazione che varia tra la scelta di soluzioni predefinite e la completa personalizzazione.

Infine, le linee custom riguardano yacht di dimensione superiore ai 40 metri. In questo caso, è assicurata la completa personalizzazione sia dello scafo sia degli interni, il prodotto, realizzato secondo le specifiche dell’armatore, è un pezzo unico. Spesso la soluzione custom-made è l’unica opzione quando il materiale costruttivo non è la vetroresina. Difficilmente le navi oltre i 35 metri sono in composito, su queste lunghezze l’acciaio dà maggiori garanzie di sicurezza.

Le imbarcazioni possono essere classificate in base alla propulsione, distinguendo tra a remi, a vela e a motore. Le unità a motore si possono suddividere in fuoribordo, entro-fuoribordo, entrobordo e idrogetto. Le unità a remi rientrano nelle cosiddette unità minori a propulsione umana.

In riferimento agli yacht, è possibile distinguere fra diverse tipologie in funzione di specifiche tecniche quali il concetto costruttivo (flybridge, open),26 la forma della

carena (dislocante o tonda, planante o a spigolo, semi-dislocante o semi-planante), la tipologia (lobster, motor cruiser, long range…). La forma della carena influenza il comportamento della barca durante la navigazione, le dimensioni dello scafo e la velocità in navigazione.27

Dal punto di vista giuridico, gli yacht si dividono in due categorie: private e commerciali. Le imbarcazioni da diporto commerciali sono destinate al noleggio o, come dicono gli addetti al settore, all’attività di charter.

E il panfilo? È semplicemente un modo antiquato per chiamare lo yacht ed è ancora in uso fra i puristi della lingua italiana.

1.3 L’industria nautica internazionale

L’analisi del parco nautico mondiale utilizza dati che fanno riferimento all’anno 2013. Nell’ambito del continente europeo, i Paesi scandinavi confermano i valori maggiori: Svezia (881.000 unità complessive e 91,71 ogni 1.000 abitanti) e Norvegia (859.000

                                                                                                               

26 Il flybridge identifica i motoscafi cabinate e i motoryacht con il ponte di comando sopraelevato. 27 UCINA, La nautica italiana 2015, p.65-73.

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unità complessive e 168,43 unità ogni 1.000 abitanti) mantengono le prime due posizioni. Al terzo posto troviamo la Finlandia (807.000 unità, 149,44 ogni 1.000 abitanti). La ragione di tale supremazia va ricercata da un lato nella radicata cultura nautica, nonostante il clima non sempre favorevole, dall’altro nella popolazione poco numerosa. (551.560 unità), seguito dai Paesi Bassi (520.000, con 30,95 unità ogni 1.000 abitanti), dalla Germania (505.795 unità) e dalla Francia (483.051 unità). L’Italia scende all’ottavo posto (469.038 unità contro le 608.915 del 2012), seguita da Spagna (195.730), Grecia (156.413) e Croazia (102.475).

Con riferimento al resto del mondo spicca certamente il dato relativo agli Stati Uniti, che contano un parco nautico di 15.906.067 unità complessive, in calo rispetto al 2012 (16.667.000), che porta ad una diffusione di imbarcazioni pari a circa 50 unità da diporto ogni 1.000 abitanti.

Per quanto riguarda gli altri paesi extraeuropei, il Canada risalta sia per l’ingente parco nautico (4.300.000 imbarcazioni), invariato rispetto al 2012, sia per numero di imbarcazioni pro capite (circa 122), seguito dall’Australia, con un parco nautico censito più che raddoppiato rispetto al 2012 (1.835.000 contro le precedenti 851.970 unità). Gli altri paesi per cui sono disponibili i dati (Giappone, Argentina, Turchia, Brasile e Cina) presentano cifre meno significative sia in termini assoluti sia per il numero di unità pro capite. Il parco nautico cinese consta di 53.836 imbarcazioni, 0,04 unità ogni mille abitanti.

I dati riguardanti le infrastrutture portuali dedicate alla nautica da diporto ci forniscono una panoramica del numero di marine e porticcioli e del numero di posti barca nei vari Paesi.

In termini assoluti, gli Stati Uniti sono il Paese con il maggior numero di marine (11.000) e di posti barca (800.000).28 Gli USA sono seguiti, anche se con una dotazione

molto minore, da Germania, Finlandia, Svezia, Polonia e Paesi Bassi, tutti con oltre mille infrastrutture; invece, in merito al numero di posti barca, spiccano nell’ordine, dopo gli Stati Uniti, Paesi Bassi, Francia, Italia, Spagna e Svezia, con oltre 100.000 posti.

                                                                                                               

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Alcuni dei paesi in cui la percentuale di imbarcazioni con posto barca è elevata non hanno in realtà̀ una buona dotazione infrastrutturale, ma sono invece caratterizzati da un parco nautico molto ridotto, come ad esempio Brasile e Cina: in Brasile il 90% di imbarcazioni ha un posto barca, in Cina il 130%.

Per quanto riguarda l’Europa spiccano da un lato Spagna, Francia e Paesi Bassi, dove rispettivamente il 66%, 41% e 38% delle imbarcazioni dispone di un posto barca; nel resto del mondo anche Turchia (36%) e Giappone (19%) presentano una buona copertura.

La produzione nautica mondiale campionata nelle analisi di ICOMIA per il 2013 ammonta a 1.024.310 imbarcazioni, gli Stati Uniti sono il primo produttore a livello mondiale, con 497.250 imbarcazioni (48,5%della produzione mondiale),29 seguiti da

Cina con 181.423unità (17,7%), Canada (172.252 unità, 16,8%), Giappone (32.971 unità, 3,2%), Australia (26.986, 2,6%); seguono Francia (20.994 unità, 2%) e Polonia (16.590 unità, 1,6%), Finlandia (13.396 unità, 1,3%).30 L’Italia con 10.478

imbarcazioni (1%) è quarta in Europa e ottava nel mondo, a seguire Regno Unito e Germania. 31

                                                                                                               

29 Dato risalente al 2012. 30 Dato risalente al 2012.

31 “UCINA”, La nautica in cifre 2015, p. 67-84.

USA Cina Canada Giappone Australia Francia Polonia Finlandia Italia

Resto del mondo

Grafico V

Produzione nautica mondiale 2013 Fonte: ICOMIA, in UCINA La nautica in cifre 2015.

USA Cina Canada Giappone Australia Francia Polonia Finlandia Italia

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Per quanto riguarda le imbarcazioni sotto i 24 metri, il settore è stato duramente colpito dalla recessione globale, la domanda di tali beni nei due mercati principali, europeo e statunitense, si è drasticamente ridotta. Europa e Stati Uniti rappresentano una cifra molto significativa nelle statistiche sul commercio nautico globale, entrambi i mercati hanno quasi raggiunto la piena maturazione. Si prevede un’ulteriore crescita del settore grazie alla domanda dei paesi emergenti.32

Nel comparto superyacht33 (dati anno 2014 dal Global Order Book), l’Italia detiene il

primato mondiale come paese produttore, e distanzia notevolmente i secondi classificati sia per numero di ordini sia per lunghezza complessiva dei progetti. I cantieri italiani detengono il 37% della produzione mondiale di superyacht. Nonostante questo primato, la quota dell’Italia ha assunto un trend decrescente a partire dal 2009, quando gli ordini nazionali ammontavano al 51% degli ordini globali. Per i produttori italiani di superyacht le vendite esportate rappresentano la quasi totalità del fatturato, con un residuale 1% di ricavato realizzato nel mercato interno. Analizzando la ripartizione della produzione nazionale tra vendite in Italia ed esportazioni a partire dal 2008, appare immediatamente evidente come l’export giochi un ruolo preponderante già nel 2008, (71% export contro 29% vendite sul mercato interno). Tale squilibrio si è accentuato nel 2009, per poi rimanere costante fino al 2011 (rispettivamente, 84% e 16%), Nel 2012 la quota di export ha raggiunto il 90%, mentre dal 2013 tale valore sfiora la totalità.

Nell’anno 2014 l’Italia è il primo paese produttore di superyacht con 274 ordini, a seguire troviamo i Paesi Basi con 71 ordini e il Regno Unito con 65 ordini, Turchia, Stati Uniti, Taiwan, Cina, Germania e Emirati Arabi Uniti. Show Boats International stima che nel 2015 Taiwan abbia ricevuto 53 ordini di superyacht e la Cina 28.34

Analizzando la bilancia commerciale nautica dei vari paesi, emerge che gli stati con la migliore bilancia commerciale siano Italia, Paesi Bassi, Stati Uniti, Regno Unito e Germania, il maggior fatturato delle esportazioni viene realizzato nel settore delle imbarcazioni entrobordo ed entrofuoribordo.

                                                                                                               

32 “Koncept Analytics”, 3 maggio 2015, Global Leisure Boat Market Report 2014,

http://www.slideshare.net/prkonceptanalytics/global-leisure-boat-market-report-2015-edition-new-report-by-koncept-analytics, 7 ottobre 2015

33 Superyacht: yacht di lunghezza superiore o pari a 80 piedi (24,38 metri). 34 “UCINA”, La nautica italiana 2015, p. 85-94.

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positiva e di una certa consistenza sono Nuova Zelanda, Finlandia, Cina, Francia, Argentina e Sud Africa, quest’ultimo in sostanziale pareggio. Tra i Paesi con bilancia commerciale negativa troviamo (in ordine decrescente) Norvegia, Turchia, Canada, Spagna, Australia e Croazia. 35

                                                                                                               

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Capitolo 2

La cultura del mare in Cina

2.1 La storia marittima cinese

Le coste della Repubblica Popolare Cinese (RPC) si estendono per 14.500 Km,36 sono

bagnate dal Mar Giallo, dal Mar cinese orientale e dal Mar cinese meridionale, più di cinquemila isole appartengono al territorio cinese o sono considerate come tali dal governo della RPC, fra cui le maggiori sono Taiwan e Hainan. La Cina al suo interno è costellata di laghi e possiede immensi bacini idrografici, come quello del Fiume Giallo e del fiume Azzurro.

Dal punto di vista climatico, le province costiere sono favorevoli alla navigazione, i venti seguono i monsoni stagionali, soffiando dai tropici in estate (sud-nord) e dall’Antartide in inverno (nord-sud). I monsoni offrono due vantaggi alla Cina: sono altamente prevedibili e soffiano lungo la linea longitudinale unendo la Cina al Sud-est asiatico. Poiché la linea costiera cinese è situata fra il 20° e il 42° parallelo, le tempeste sono relativamente rare e i mari cinesi sono abbastanza sicuri per la navigazione. Anche le correnti marine ed oceaniche si muovono stagionalmente, verso nord in estate e verso sud in inverno seguendo l’andamento dei monsoni, queste concorrono a rendere la rotta dalla Cina all’Asia meridionale ancora più sicura. 37

Nonostante una tale conformazione del territorio, la Cina ci viene descritta dagli storici come una potenza principalmente terrestre e non marittima, ad eccezione delle grandi spedizioni dell’eunuco Zheng He agli inizi della dinastia Ming. Come ci ricordano Erickson e Goldstein in China goes to sea, la Cina non è sempre stata una potenza di terra, anzi è vero il contrario, si pensa che ai cinesi si debba attribuire l’invenzione delle paratie stagne, del timone e perfino della bussola. 38

In passato non solo la navigazione marittima ha avuto grande rilevanza in Cina, ma anche quella fluviale e questo si deve soprattutto alla costruzione del Canale Imperiale.

                                                                                                               

36 “Encyclopedia of the Nations”: http://www.nationsencyclopedia.com/geography/Afghanistan-to-Comoros/ China.html, 4 marzo 2015.

37 John B, HATTENDORF, The Oxford Encyclopedia of Maritime History, New York, Oxford University Press, 2007, p. 407.

38 Andrew S. ERICKSON, Lyle S. GOLDSTEIN, China goes to sea, Maritime Transformation in Comparative

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L’imperatore Yang Guang della dinastia Sui nel 605 d.C. iniziò i lavori di costruzione del grande Canale Imperiale. Dopo che la grande opera fu completata, una estesa via d’acqua, lunga circa 2500 chilometri, collegava i centri commerciali del Fiume Azzurro e le città settentrionali come Luoyang e Pechino. La realizzazione del Canale Imperiale assunse una straordinaria importanza strategica: il grosso degli scambi commerciali fra nord e sud poté svolgersi all’interno del paese, evitando le minacce del trasporto via mare. Il controllo del Canale Imperiale assicurava il controllo delle maggiori rotte commerciali interne. La dinastia Tang beneficiò in modo considerevole degli investimenti nel sistema di canali operati dalla dinastia Sui:39 “La grande espansione

economica conosciuta dalla Cina in epoca Tang non sarebbe stata possibile senza questa imponente costruzione realizzata sotto i Sui”.40

Nonostante l’indiscutibile centralità del Canale Imperiale, il commercio marittimo con il Sud-est asiatico mantenne un’importanza cruciale e nel corso dei secoli con il declino della via della seta divenne preponderante.41

Gli scambi commerciali tra la Cina e il Medio Oriente iniziarono nel VII secolo d.C., se non prima, e quella che oggi è definita la Via della seta marittima rimase pressoché monopolio dei mercanti arabi e persiani fino al XII secolo, nonostante sia probabile che alcuni mercanti cinesi abbiano intrapreso commerci marittimi con il Medio Oriente durante la dinastia Tang (618-907 d.C.). 42

Durante il periodo delle Cinque Dinastie (907-960) si espande la navigazione lungo le coste della Cina, probabilmente grazie anche a miglioramenti tecnici nella costruzione delle imbarcazioni. Nel medesimo periodo il banditismo che si sviluppa sulle strade dell’Asia centrale rende impossibile il trasporto via terra, inoltre il trasporto via mare presenta dei vantaggi economici, una nave può trasportare un grande carico e non c’è necessità di trasferire la merce, questo riduce i ritardi e aumenta i profitti. 43 Inoltre i

regni costieri e le dinastie formatesi nel periodo di transizione fra la dinastia Tang e

                                                                                                               

39 Lincoln PAINE, The Sea and Civilization, London, Atlantic Books, 2014, p. 274.

40 Mario SABATTINI, Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, Roma-Bari, Editori Laterza, 2011, p. 248. 41 Andrew S. ERICKSON, Lyle S. GOLDSTEIN, China goes to sea, Maritime Transformation in Comparative

Historical Perspective, Annapolis, Naval Institute Press, 2009, Part 3 The neglect and Nadir of Chinese Maritime

Policy under the Qing.

42 HATTENDORF, The Oxford Encyclopedia of Maritime History, p. 397-399. 43 HATTENDORF, The Oxford Encyclopedia of Maritime History, p. 397-399.

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Song cercavano di attrarre i mercanti nei loro porti per ottenere profitti dai loro commerci e conquistare il rispetto dei regnanti stranieri.44

La svolta verso il commercio marittimo avvenne durante la dinastia dei Song settentrionali, ed è dovuta a una combinazione eventi. Il collasso della frontiera occidentale costrinse l’imperatore e molti dei suoi sudditi a spostarsi a est, più vicino all’elaborato sistema di canali e ai porti marittimi dell’impero, e le rendite del tesoro dipesero sempre più dagli scambi commerciali. Nonostante queste vicissitudini, l’economia cinese continuò a crescere. I beni di importazione, in precedenza considerati bizzarrie esotiche, divennero comuni, le porcellane prodotte in grandi quantità e altri beni alimentarono un crescente mercato di esportazione che seguiva le rotte monsoniche. Mentre il commercio marittimo cinese era in fase di espansione, quello dei regni coreani era in declino, aprendo la strada ai mercanti cinesi per la supremazia dei commerci nell’Asia Nord-orientale. La ricettività cinese nei confronti dei commerci marittimi ebbe profonde conseguenze per gli stati dell’Asia Sud-orientale, non solo nel vicino Vietnam, che ottenne la sua indipendenza dalla Cina, ma anche per i regni meridionali, da Champa a Srivijaya e Java, nuovi stati maggiormente centralizzati svilupparono le proprie istituzioni per mantenere e trarre profitti dal commercio. Nei secoli successivi, la loro prosperità avrebbe attratto l’attenzione non solo dei loro tradizionali partner commerciali in Cina e nell’Oceano Indiano ma anche del Mediterraneo e dell’Occidente.45

Si può ben affermare che nel XI secolo esisteva un costante flusso commerciale, via terra e via mare che univa i due estremi del continente euroasiatico a est e a ovest.46

Nel XI e XII secolo durante la dinastia Song (960-1279), il popolo cinese compì notevoli progressi in matematica, astronomia, cartografia, medicina, scienze naturali, tecnologia e nelle arti, incluse quelle della laccatura e della porcellana. Allo stesso tempo i commerci e gli affari furono stimolati dall’innovazione della carta moneta, che apparì all’inizio del XI secolo, mentre è alla metà del XI secolo che compare la stampa xilografica.47 Se in epoca Tang la maggior parte dei beni che giungevano al porto di

Guangzhou arrivavano nella capitale e nel resto del paese via terra o attraverso la rete di

                                                                                                               

44 PAINE, The Sea and Civilization, p. 288. 45 PAINE, The Sea and Civilization, p. 295-296. 46 PAINE, The Sea and Civilization, p. 327.

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fiumi e canali, la situazione cambiò radicalmente in epoca Song, quando i porti del Fujian subirono una crescita senza precedenti in Cina. I sovrani Song non ostacolarono lo sviluppo degli scambi commerciali via mare emersi durante il periodo delle Cinque Dinastie48, al contrario, i commerci marittimi divennero un modo per compensare la

mancanza di scambi con le regioni settentrionali e occidentali.

Caduta la città di Kaifeng, la capitale dei Song settentrionali, l’imperatore Song Gaozong scelse come nuova capitale Lin’an (moderna Hangzhou), questa scelta rifletteva il nuovo riconoscimento dell’importanza data al commercio marittimo dall’élite dirigente. La città di Quanzhou era un polo di attrazione per molti mercanti musulmani e indiani e presto divenne uno dei più grandi porti internazionali del mondo medievale.49 Durante la dinastia dei Song meridionali (1127-1279), la prosperità dei

porti cinesi non dipese più dalle navi dei mercanti stranieri, ma la Cina iniziò il suo sviluppo marittimo. La relazione fra la Cina e l’oceano cambiò radicalmente tra il XII e il XIII secolo, i mercanti cinesi iniziarono a solcare l’Oceano Indiano, spingendosi fino a Guli (la moderna Calcutta). Nel XIII secolo i mercanti arabi e persiani persero il monopolio dei traffici nei mari cinesi e le giunche cinesi divennero comuni nei porti indiani. Il celebre viaggiatore arabo Ibn Battuta50 (1304-1377), mentre nel 1341 si

trovava a Calcutta in attesa del monsone favorevole, dichiarò che l’unico modo per arrivare nel Mar cinese meridionale era quello di imbarcarsi su una nave cinese. 51

Durante il dominio della dinastia mongola Yuan (1271-1368) il settore economico che ebbe maggiore sviluppo fu quello del commercio. Fu ricostruito il Canale Imperiale, benché la maggior parte dei traffici si svolgesse via mare. La Cina venne a trovarsi inclusa in un circuito economico mondiale: commerci marittimi verso il Sud-Est asiatico e l’Oceano Indiano, traffici carovanieri verso l’Asia Centrale e l’Occidente, inoltre l’introduzione di un sistema monetario cartaceo con corso legale su tutto il territorio cinese facilitò gli scambi commerciali.52

A testimonianza della vivacità degli cambi dell’epoca Yuan, riportiamo la descrizione che Marco Polo dedica alla città e al porto di Quanzhou nel Milione:

                                                                                                               

48 PAINE, The Sea and Civilization, p. 289. 49 PAINE, The Sea and Civilization, p. 328.

50 Ibn Battuta, viaggiatore originario del Marocco, tra il 1325 e il 1354 compì numerosi viaggi arrivando a visitare la Cina.

51 HATTENDORF, The Oxford Encyclopedia of Maritime History, p. 397-399. 52 SABATTINI, SANTANGELO, Storia della Cina, p. 409-410.

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Zarton53, ch’è molto grande e nobile, ed è porto ove tutte le navi d’India fanno capo con molta mercatanzia di pietre preziose d’altre cose, come perle grosse e buone. Questo porto ha tante navi di mercatanti ch’è maraviglia; […]. E per una nave di pepe che vien d’Alessandra per venire in cristianità, sì ne vanno a questa città cinquanta, ché questo èe uno delli buoni porti del mondo, dove viene più mercatanzia. […] il Gran Cane guadagna grande quantità di Tesoro da questa città.54

La dinastia Ming (1368-1644) ereditò dai suoi due immediati predecessori, i Song meridionali e la dinastia Yuan (1271-1368), una potente tradizione marittima: l’epoca dei Song meridionali fu l’unica in cui la Cina ebbe come capitale una città costiera, Lin’an (moderna Hangzhou) che era un nodo in cui convergevano i traffici marittimi e fluviali, la dinastia Yuan cercò di mantenere viva la potenza navale ereditata dai Song organizzando due spedizioni anfibie di conquista del Giappone, Vietnam e Giava, che non ebbero però un esito positivo.

Al principio della dinastia Ming, l’impero cinese primeggiava sui mari non solo per la potenza della sua flotta, ma anche per le avanzate tecniche di costruzione delle imbarcazioni e di navigazione. Nonostante questa preziosa eredità e fatta eccezione per le spedizioni dell’eunuco Zheng He, la dinastia di origine cinese Ming viene accusata di aver promosso la chiusura dell’impero, di aver voltato le spalle al mare per concentrarsi sulla difesa dei confini continentali.

Ming Taizu, primo sovrano della dinastia Ming, nominò una casta di burocrati confuciani che imposero una visione sinocentrica da cui la Cina si sarebbe raramente discosta nel corso dei secoli avvenire. Un editto del 1371 vietò espressamente i commerci e la navigazione marittima, un divieto così assoluto è dovuto al fatto che le priorità della burocrazia neoconfuciana erano antitetiche a tutte quelle attività che rendono il commercio marittimo possibile, come i viaggi, i progressi tecnologici nella costruzione navale e nella navigazione. Tuttavia Taizu ed i suoi successori riconobbero la necessità di una difesa costiera contro i pirati e ordinarono la costruzione di 3500 navi.

La più spettacolare inversione di corrente rispetto al divieto del 1371 avvenne tra il 1405 e il 1433 quando Ming Chengzu, conosciuto come l’imperatore Yongle, e il suo

                                                                                                               

53 Quanzhou.

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successore inviarono sette enormi flotte guidate dall’eunuco musulmano Zheng He in India, nel Mar Rosso, nel Golfo Persico e in Africa orientale. Non si trattò di viaggi di esplorazione alla scoperta di nuovi mondi o nuovi mercati come nel caso europeo, al contrario Zheng He seguì rotte ben conosciute e consolidate. Queste spedizioni coinvolsero centinaia di navi, decine di migliaia di marinai, soldati e mercanti e vennero promosse per varie ragioni: la prima è di carattere diplomatico, stabilire o ristabilire le relazioni tributarie con i regni costieri o insulari del mar cinese meridionale e dell’Oceano Indiano; la seconda è di carattere propagandistico, rendere nota l’ascesa, la gloria e la potenza della nuova dinastia Ming; la terza è di carattere economico, lubrificare o forse espandere gli esistenti legami commerciali e infine la quarta è quella militare. Tra i motivi sopraelencati quelli diplomatici e propagandistici ebbero maggiore rilevanza.

In molti hanno sottolineato il carattere pacifico e commerciale dei viaggi di Zheng He, soprattutto la storiografia cinese attuale, ma l’aspetto militare delle spedizioni non fu insignificante: Zheng He era un valoroso condottiero, la sua flotta era composta in larga parte da combattenti, e le spedizioni furono dirette seguendo un orientamento militare. Inoltre Zheng He compì azioni belliche volte ad assicurare il libero flusso del commercio.

Le spedizioni di Zheng He ebbero un enorme impatto nell’economia di tutta l’area, negli allineamenti politici e perfino nello sviluppo religioso. Un grande contributo al fermento commerciale del Sud-est asiatico fu l’introduzione da parte dei cinesi del conio, che funse da lubrificante per la ruota del commercio.

Tra il XI e il XV secolo, le reti commerciali “monsoniche” dei mari dell’Asia erano le più dinamiche, con le rotte più lunghe, i porti più affollati e la più diversa selezione di beni in circolazione. La vitalità di questi mari attrasse i mercanti europei e condusse alla scoperta di una rotta diretta per l’Asia e casualmente alla scoperta dell’America.55

L’ultimo viaggio di Zheng He si compì durante il regno di Ming Xuanzong, dopodiché a corte si impose la tendenza sinocentrica, che segnò la rinuncia definitiva a compiere ulteriori spedizioni. Anche in questo caso non basta una sola ragione a spiegare questa inversione di tendenza: le spese per sostenere le spedizioni e i costi per ricapitalizzare la

                                                                                                               

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flotta erano ingenti e stremarono le risorse finanziarie del governo centrale, già impoverite dalle campagne contro i mongoli e dalla costruzione della nuova capitale. 56

Internamente l’impero dovette affrontare varie esondazioni di fiumi, centinaia di migliaia di persone morirono a causa delle epidemie, la moneta fu deprezzata, l’esercito incontrò resistenza all’occupazione del Vietnam e i mongoli ripresero le loro incursioni a nord. Nel 1421 Chengzu, benché avesse promosso l’ultima spedizione di Zheng He, spostò la capitale da Nanjing a Beijing: questa decisione decretò il declino dell’interesse ufficiale per le questioni marittime. Intorno al 1430 furono imposti vari divieti sulle attività marittime, molto più restrittivi di quelli di Ming Taizu del 1371: fu vietato alle navi e ai naviganti cinesi di recarsi all’estero, fu vietata la costruzione di navi per le lunghe navigazioni oceaniche e fu largamente ridotta la realizzazione di navi da guerra, il sistema di difesa costiera creato da Taizu e Chengzu venne abbandonato, e infine il governo proibì ai mercanti stranieri di recarsi in Cina. L’abbandono dell’iniziativa marittima ha avuto notevoli implicazioni e sicuramente il corso della storia sarebbe stato diverso se un gran numero di cinesi si fosse trovato coinvolto nel commercio con l’Oceano Indiano quando i portoghesi arrivarono 75 anni dopo.

Generalmente la narrativa della storia marittima dell’epoca Ming è quella di un impero che ha rapidamente abbandonato lo sviluppo e l’espansione verso il mare e non ha colto l’opportunità di diventare la potenza marittima dominante in Asia. Questa visione storica convenzionale non è del tutto errata: con l’ultima spedizione dell’eunuco Zheng He nel 1433 il governo centrale dei Ming a Pechino compì la drastica scelta di ritirarsi dai mari, passando da un navalismo aggressivo a un strategia di difesa dei confini terrestri. La ritirata dal mare della dinastia Ming è tipizzata dagli storici elencando una serie di severi editti, detti i “divieti marittimi”,57海禁 hăijìn, promulgati dalla corte dal

XIV secolo fino a metà del XVI secolo.

Questa strategia di abbandono e ritirata dai mari sembra essere ancora più errata alla luce del fatto che nei medesimi anni in Europa stava avvenendo un vero boom commerciale in seguito alla scoperta di nuove rotte e del nuovo continente.

                                                                                                               

56 ERICKSON, GOLDSTEIN, China goes to sea, Part 3, The Maritime Transformation of Ming China.

57 Tra i divieti vi era quello di costruire una nave con più di due alberi, pena la morte, nel 1525 fu annunciata la distruzione di tutte le navi atte alla navigazione oceanica e l’arresto di tutti i cinesi coinvolti nel commercio marittimo.

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