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Preparazione di nanocompositi elastomerici a base di nanotubi di carbonio come sensori di deformazione

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Academic year: 2021

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1. Introduzione

1.1 Nanotubi di carbonio

I nanotubi di carbonio sono strutture tubolari uniche costituite da atomi di carbonio con ibridazione sp2, caratterizzate da un diametro nanometrico e un grande rapporto di forma. La loro struttura è composta da uno o più gusci concentrici a distanza di circa 0,34 nm l’uno dall’altro.1 A seconda del numero di gusci si possono distinguere in SWCNT (Single-Walled Carbon Nano Tube, nanotubi a parete singola), DWCNT (Double-(Single-Walled Carbon Nano Tube, nanotubi a doppia parete) e MWCNT (Multi-Walled Carbon Nanotube, nanotubi a parete multipla)2 La loro scoperta è stata attribuita a Sumio Iijima che nel 1991 osservò casualmente la formazione di MWCNTs durante la sintesi del buckminsterfullerene (C60).3 I nanotubi di carbonio (CNTs) possono essere assimilati a

fogli di grafene avvolti e chiusi alle estremità da due calotte semisferiche simili come struttura a quella del fullerene. Il corpo del nanotubo è infatti composto quasi nella totalità da celle esagonali mentre le calotte hanno la struttura a esagoni e pentagoni tipica del fullerene. L’arrotolamento dei fogli di grafene può avvenire secondo diverse direzioni che vengono definite mediante un vettore chirale1 o elicità4.

Figura 1. direzioni di arrotolamento del foglio di grafene secondo i due differenti vettori (a1 e a2)1

Il vettore chirale (Ch) è definito come la somma vettoriale dei versori a1 e a2 moltiplicati

per i rispettivi coefficienti n e m (Ch = na1 + ma2). Perpendicolarmente al vettore chirale

viene definito il vettore di traslazione del nanotubo (T) che ha un modulo tale da congiungere il punto di applicazione con il primo atomo (o punto) nella stessa posizione.

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L’angolo compreso tra a1 e Ch è definito come angolo chirale (θ) che può assumere un

valore compreso tra 0° e 30° nei CNTs. Le strutture in cui a1 e a2 posseggono valori (n,0) e (n,n), corrispondenti rispettivamente ad angoli di 0° e 30°, prendono il nome di zig-zag e arm-chair mentre il resto delle strutture vengono definite chirali.1

Figura 2. Nanotubi di carbonio di tipo armchair (a), zig-zag (b) e chirale (c)1

Il vettore T e il vettore Ch definiscono i lati della cella unitaria del nano tubo. Il numero di

esagoni presenti nella cella unitaria viene indicato con N ed è importante per definire le proprietà del CNT. Un altro valore importante è il raggio del nanotubo (R) definito come1:

=

| | (eq. 1)

Il diametro di un SWCNT è in genere di 1-2 nm mentre quello dei MWCNT è di 2-25 nm con una distanza tra un tubo e l’altro di 0,34 nm.4 Il rapporto di forma (o aspetto) oscilla tra 500 e 105 e per questo motivo i CNTs sono ritenute strutture monodimensionali (1D).

Figura 3. struttura di un MWCNT5

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La struttura dei MWCNT può inoltre presentare interazioni “lip-lip” tra una parete e l’altra del nanotubo. Queste sono dei ponti carboniosi tra le pareti che, si suppone, abbiano lo scopo di favorire durante la loro preparazione l’accrescimento della struttura, specialmente sotto condizioni di campo elettrico. Queste interazioni, se presenti, danno luogo a CNT con diametri più stretti e, soprattutto, e prevengono la formazione di difetti strutturali, prevalentemente limitati dal meccanismo di azione dalle particelle di catalizzatore metallico impiegate durante il processo sintetico.6

Durante la preparazione dei CNTs può accadere infatti che la loro struttura si discosti dall’idealità dando luogo a imperfezioni. I possibili difetti sono molteplici ma possono essere classificati in topologici (presenza di anelli non esagonali), di reibridizzazione (cambiamento dell’ibridazione degli orbitali generalmente da sp2 a sp3), di legame incompleto (vacanze atomiche o dislocazioni fuori forma), di dopaggio (presenza nella struttura di altri atomi oltre al carbonio).7

Figura 4. Raffigurazione di un tipico difetto denominato “Stone-Wales” caratterizzato dalla formazione di strutture ad anelli a 5 e 7 atomi di carbonio.8

Questi difetti, oltre a provocare una piccola deformazione locale della struttura del CNT, possono generare una significative variazioni nella sua chiralità con un notevole discostamento delle proprietà tipiche del CNT principalmente quelle elettriche. In figura 5 si può osservare una giunzione molecolare tra due CNT in cui la variazione dei coefficienti del vettore chirale (n,m) è di una sola unità. Osservando la densità degli stati del CNT può vedere come questo apparentemente piccolo difetto cambi notevolmente le proprietà elettriche nelle due parti facendo si che una parte si comporti da conduttore (nanotubo zigzag (8,0)) e l’altra da semiconduttore (nanotubo chirale (7,1)).

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Figura 5. Struttura atomica di una giunzione intramolecolare tra due CNT (a sinistra) e relativi grafici della densità degli stati elettronici (a destra). Si possono osservare la formazione di anelli a 5 o 7 atomi di carbonio nella giunzione intramolecolare.8

1.1.1 Proprietà elettriche dei nanotubi di carbonio

Le caratteristiche elettriche dei nanotubi di carbonio possono essere descritte a partire dalle proprietà del grafene. Gli atomi di carbonio di un foglio di grafene sono caratterizzati da tre orbitali σ (s,px,py) con ibridazione sp2 sul piano del grafene e un orbitale π

perpendicolare al piano.9

Figura 6. struttura atomica del grafene e rappresentazione degli orbitali atomici σ e π9

Il reticolo cristallino del grafene è definito come un insieme infinito di punti ordinati generati da una serie discreta di traslazioni. Fissato un punto tutti i punti del reticolo possono essere definiti mediante vettore di traslazione ( ):

= + (eq. 2)

= + (eq. 3)

Anche il reticolo reciproco può essere definito allo stesso modo da un vettore di traslazione

( ):

= l + (eq. 4)

La cella elementare del reticolo reciproco viene definita dalla condizione:

= cos"

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Viene definita prima zona di Brillouin (o solamente zona di Brillouin) la prima cella primitiva del reticolo reciproco che gode di tutte le proprietà simmetriche della struttura cristallina.10

Figura7. reticolo diretto del grafene in cui sono espressi il vettore chirale (Ch), il vettore di

traslazione primitivo del nanotubo (T), e due generici vettori (a1 e a2) che definiscono un

vettore traslazionale del reticolo diretto ( ) a) e il reticolo reciproco del grafene in cui sono espressi due generici vettori (b1 e b2) che definiscono un vettore traslazionale del

reticolo reciproco ( ) e la prima zona di Brillouin b)11

Quando il foglio di grafene si ripiega a formare il nanotubo si forma un’onda piana in cui il vettore # è il vettore d’onda. Il vettore d’onda viene quantizzato a causa alle condizioni periodiche al contorno e da letteratura è stato osservato che è pari a:

#C) = 2πq (dove q è un numero intero) (eq. 6)

Sfruttando l’eq. 1 si può ricavare la distanza tra le i vettori d’onda permessi11: ∆k/ =01

2 − 0

2=2 (eq. 7)

Figura 8. vettori d’onda permessi per un nanotubo arm-chair a) zigzag b) e chirale c)11

Il vettore chirale, come già definito, è composto da due vettori A e B i cui coefficienti sono rispettivamente n e m. A seconda del valore di questi vettori si ottiene un nanotubo dal

Zona di Brillouin

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comportamento metallico o semiconduttore. In particolare, le strutture armchair possiedono un comportamento metallico mentre le strutture chirali e zig-zag sono generalemente semiconduttori. Esiste una regola generale secondo cui se la differenza (n - m) è multiplo di 3 il nanotubo assume comportamento da conduttore, altrimenti si comporta da semiconduttore.7 Mediante l’analisi della densità degli stati (DOS) è possibile riconoscere se un nanotubo è conduttore o semiconduttore.

Figura 9. proprietà elettroniche di due differenti nanotubi di carbonio. Il nanotubo “armchair” (5,5) esibisce un comportamento metallico(nel DOS si osserva valore finito di portatori di carica al livello di Fermi, localizzato nello zero di energia) a). Il nanotubo “zigzag” (7,0) esibisce invece un comportamento da semiconduttore con un piccolo gap energetico (nel DOS il valore di portatori di carica è nullo al livello di Fermi). Si osservano inoltre i picchi che vengono chiamati singolarità di van Hove.7

Il DOS di un sistema monodimensionale descrive il numero di stati disponibili ad essere occupati dagli elettroni alle varie energie. Un valore di DOS più alto ad una certa energia delinea la disponibilità di più stati ad essere occupati.12 I grafici presentano dei DOS con delle singolarità simmetriche rispetto al livello energetico di Fermi (0 eV). Queste singolarità sono chiamate di Van Hove e corrispondono ai punti critici permessi della zona di Brillouin. Si può notare in figura 9 come un comportamento metallico presenti un valore discreto di DOS al livello di Fermi con un gap energetico nullo mentre i semiconduttori presentano un valore di DOS nullo al livello di Fermi e un gap energetico di circa 0,7 eV. I CNTs sono materiali interessanti per la capacità di trasportare gli elettroni. È noto in letteratura che quando la lunghezza del conduttore è più piccola del cammino libero medio dell’elettrone il trasporto diventa balistico. Nel modello di conducibilità elettrica della fisica classica gli elettroni sono visti come particelle libere che sono in grado di passare la propria energia ad altri elettroni, invece nella fisica quantistica la conduzione è osservata introducendo l’esistenza di fononi. Essi sono delle quasiparticelle (o eccitazioni collettive) che rappresentano i modi normali di vibrazione degli elettroni. Questo modello prevede

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teoricamente una conduzione balistica ovvero senza dispersione di energia. La presenza di impurezze e difetti all’interno della struttura provoca fenomeni di scattering che deviano il comportamento del materiale da questo modello.13 In queste condizioni la conduttanza del CNT, ovvero l’attitudine della corrente a passare attraverso il materiale (definita come l’inverso della resistenza elettrica), può essere quantizzata. In letteratura è stato osservato che per un SWCNT metallico esistono due canali quantici di conduzione al livello di Fermi e quindi la conduttanza fornita da un singolo nanotubo sarà pari a:

245 = 2 ∙ 2 7 ≅ 2/13 Ω =

(eq. 8)

dove 45 è la conduttanza elettrica quantica, è la carica di un elettrone e h è la costante di Planck.. Purtoppo il valore di 245 è stato riscontrato solo in SWCNT con carattere metallico mentre per gli altri tipi di CNTs sono stati misurati valori inferiori a causa di effetti dissipativi che limitano la conduttanza.14

Attraverso il formalismo di Buttiker-Landauer è possibile esprimere la resistenza elettrica del nanotubo come:

= ℎ 47 + + ? + ? (eq. 9)

Dove R è la resistenza totale, ℎ 47 , è la resistenza quantizzata del nanotubo, è la resistenza generata da processi diffusivi, ? e ? sono le resistenze dovute alle barriere di trasporto elettronico nei punti di giunzione del CNT. La resistenza del nanotubo è dipendente quindi dalla sua morfologia e in particolare dal suo vettore chirale e dalla sua lunghezza.15

È stato osservato che la conduzione balistica si verifica in SWCNTs di lunghezza inferiore ai 200 nm. La conduttanza inoltre dipende anche dalla temperatura essendo la maggior parte dei nanotubi di carbonio dei materiali semiconduttori. Infatti, abbassando la temperatura si può arrivare ad avere conduzione balistica anche in SWCNTs della lunghezza dei micron.15

Abbassando notevolmente la temperatura arrivando quasi a 0 K si può osservare nei SWCNTs un fenomeno di superconduttività. Generalmente la resistenza elettrica nei conduttori aumenta al diminuire della temperatura ma nei superconduttori esiste una temperatura critica al di sotto della quale la resistenza diventa nulla (o quasi) e il campo magnetico generato viene espulso (effetto Meissner). Questo effetto dipende oltre che dalla morfologia e dal tipo di materiale anche dal campo magnetico esterno applicato.16

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Figura 10. Variazione della resistenza in funzione della temperatura per un aggregato di SWCNTs di lunghezza (L) 1µm e numero di nanotubi (N) pari a 350 al variare dell’intensità di campo magnetico esterno (H)16

1.1.2 Proprietà meccaniche dei nanotubi

La dimensione mesoscopica e la particolare morfologia con celle primitive ben definite fanno dei nanotubi di carbonio dei materiali con eccellenti proprietà meccaniche.17 I CNTs possono essere assimilati a “bacchette” rigide a bassa densità che possiedono una notevole flessibilità, resilienza e resistenza meccanica.18 Un parametro importante per esprimere le proprietà elastiche dei CNTs è il Modulo di Young (E) definito dalla seguente espressione: @ = A BC 7 DE EC 7 (eq. 10)

dove F/A0 è la forza applicata per unità di superficie, e δl/l0 indica l’allungamento relativo.

Esso esprime la rigidità del materiale nella direzione di allungamento (o in tutte le direzioni per materiali isotropi).19

Per misurare le proprietà meccaniche dei CNTs non è possibile utilizzare i tradizionali metodi di investigazione e pertanto è stato necessario ricorrere a tecniche moderne quali l’osservazione di un nanotubo in risonanza elettromeccanica in un microscopio elettronico in trasmissione (TEM, Figura 11 a))20 oppure della sua deformazione sottoposto alla deformazione mediante la punta di un microscopio a forza atomica (AFM, Figura 11 b))21

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Figura 11. Nanotubo in risonanza elettromeccanica all’interno di un TEM a)20 e sottoposto a deformazione con una punta di un AFM b)21

Ad esempio, Min-Feng Yu et al. sono riusciti a costruire il grafico stress-strain di un MWCNT mediante carico tensile. Per fare ciò il nanotubo è stato attaccato agli estremi a due punte opposte di un AFM. L’allungamento del nanotubo è stato seguito mediante SEM.22

Figura 12. Immagini SEM di un MWCNT attaccato a due punte di un AFM22

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Confrontando il valore di E di materiali ad alto modulo elastico con quello dei CNTs si può vedere come quest’ultimo presenti un valore nettamente superiore agli altri Tabella 1.23 Tabella 1. tipici valori di E di materiali ad alto modulo elastico

Nanotubi di carbonio Fibre di Carbonio Acciaio Cristallo di grafite E (TPa) 1,8 0,68 0,2 1 1.1.3 Altre proprietà

Dal punto di vista elettronico i CNT possiedono bande energetiche ben definite ed è quindi di interesse studiarne le transizioni elettroniche. A seconda del tipo di CNT si possono osservare transizioni nella regione dello spettro infrarosso dovute principalmente a moti vibrazionali del legame C-C, e dello spettro UV-visibile dovute all’eccitazione dei plasmoni π. A seconda del tipo di CNT possiamo osservare transizioni diverse. Nei CNTs a carattere metallico possiamo osservare una transizione E11 a 645-440 nm (1,9-2,8 eV)

mentre nei CNTs semiconduttori si osservano le transizioni E11 e E22 rispettivamente a

1600-830 nm (0,8-1,5 eV) e 800-600 nm (1,6-2,1 eV).24

Figura 14. transizioni elettroniche di SWCNT metallici a) e semiconduttori b) e relative transizioni.12

Rance. G. et al. hanno trovato una dipendenza tra la lunghezza d’onda della banda di assorbimento e il diametro dei CNTs. La produzione di CNTs con vari metodi da luogo a diverse distribuzioni e diametri. I metodi ad alta purezza, quali CoMoCAT, HiPCO, producono generalmente CNT con diametri più piccoli e una distribuzione più stretta rispetto a tecniche quali il CVD e l’arco elettrico. Da figura 15 si può vedere come CNTs

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ad alta purezza diano luogo ad una banda di assorbimento più stretta e a lunghezza d’onda minore. Inoltre anche l’energia associata al plasmone π risulta più alta nei CNTs a diametro minore.24

Figura 15. spettri di assorbimento UV-vis di sospensioni di SWCNT in acqua alle stesse concentrazioni. Si osserva come i CNT che posseggono un diametro e una distribuzione minore siano quelli in cui il massimo di assorbimento è minore e l’energia associata ai plasmoni π sia maggiore. Si vede inoltre come il diametro non abbia particolare influenza sul coefficiente di estinzione molare24

Questo fenomeno è dovuto alla dipendenza dei vettori d’onda permessi rispetto al diametro (eq. 7) che portano ad una differenza d’energia tra le singolarità di Van Hove maggiore nei CNTs a diametri minori (e quindi assorbimento a lunghezze d’onda minori).

La particolare struttura dei nanotubi è importante anche per la descrizione delle proprietà termiche.

La conduttanza termica infatti si basa sul modello 1D quantizzato della struttura a bande fononiche. Come per la conduttanza elettrica anche quella termica è quantizzata:

4FG = H IHJ

KG (eq. 11)

dove 4FG è la conduttanza termica quantica, L è la costante di Boltzmann, h è la costante di Planck e M è la temperatura.

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Figura 16. conducibilità termica di un aggregato di SWCNT in funzione della temperatura a basse temperature25

Come si può vedere in figura 16 la conducibilità è quantizzata solo per le basse temperature mentre all’aumentare della temperatura si ha un aumento degli effetti dispersivi quali lo scattering Umklapp (processo di scattering anarmonico fonone-fonone) e quindi questa relazione non viene più rispettata. Sopra una certa temperatura questi effetti dispersivi diventano predominanti e la conduttanza termica acquista una dipendenza dalla temperatura del tipo

J . 25

Figura 17. conducibilità termica di un SWCNT isolato. Si può vedere la presenza di un massimo di conducibilità intorno a 100K dopo il quale la dipendenza della conducibilità dalla temperatura varia come 1/T.25

I CNT inoltre sono stati studiati anche per le sue proprietà di emissione di campo. L’emissione di campo è un processo attraverso il quale il nanotubo, sottoposto ad un campo elettrostatico esterno, emette un flusso di elettroni.26 Come si osserva in figura 18 i CNT, sottoposti ad un campo elettrico, sono in grado di emettere una corrente maggiore rispetto alla grafite sottoposta ad uno stesso valore di potenziale. Questo significa che la

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particolare struttura dei CNT favorisce questo fenomeno rispetto alla grafite che è composta dello stesso materiale ma non è strutturata a livello nanometrico.

Figura 18. emissione di campo di un SWCNT confrontato con quello della grafite. Come si vede dall’immagine sia la soglia di campo elettrico necessaria per incominciare ad emettere elettroni che la crescita stessa del valore di corrente sono maggiori nei CNT27 Questa proprietà ha molte applicazioni sia in campo medico che nanoelettronico ma è da citare il suo crescente utilizzo per la produzione di display ad emissione di campo (FED).27

Figura 19. display ad emissione di campo27

1.2 Preparazione di nanotubi di carbonio

Esistono varie tecniche di preparazione dei CNT ma le più diffuse sono: l’arco elettrico33, la vaporizzazione laser29,30, e la deposizione chimica di vapori (CVD)31. Le tecniche prevedono tutte la necessità di una fonte di carbonio e spesso richiedono l’utilizzo di un catalizzatore metallico. Le tecniche dell’arco elettrico e della vaporizzazione laser prevedono la vaporizzazione di un blocco di grafite ad altissime temperature producendo nanotubi, spesso a parete singola, con rese circa del 70% a bassi costi ma con una distribuzione disomogenea delle dimensioni.

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La tecnica CVD prevede la decomposizione di un precursore gassoso, per esempio il metano, e la sua deposizione su di un supporto con una resa che può raggiungere quasi il 100% ma con produzione spesso di MWCNT e con costi maggiori delle precedenti tecniche. In letteratura risulta che la CVD è la tecnica più utilizzata poiché fornisce la maggiore resa con una sufficiente omogeneità e purezza nei nanotubi prodotti. Inoltre è l’unica tecnica in grado di fornire un processo continuo o comunque semi-continuo.1.

Figura 20. Rappresentazione dei 3 principali metodi di produzione di un nanotubo di carbonio. In figura a) sono rappresentati i due elettrodi che compongono l’arco elettrico; l’enorme differenza di potenziale fa si che l’anodo di grafite si vaporizzi e si depositi sul catodo. In figura b) si osserva la vaporizzazione di carbonio da un disco di grafite ad opera di un raggio laser, il trasporto del vapore ad opera dell’argon e la deposizione su di un collettore di rame raffreddato nel processo di vaporizzazione laser. In figura c) è mostrata la fornace dove avviene la vaporizzazione del precursore carbonioso, trasportato da un flusso di Argon nel processo CVD. In ingresso alla fornace viene mandato anche un riduttore come H2 per evitare la deposizione di carbonio amorfo sul catalizzatore.5,8

Il processo di crescita dei CNT mediante CVD si basa sulla decomposizione catalitica di gas ad alto contenuto carbonioso e la deposizione dei vapori di carbonio sulla superficie di un catalizzatore metallico. Il materiale carbonioso diffonde inizialmente nel catalizzatore

a) b)

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fino a quando si raggiunge la saturazione da cui si ha la precipitazione del carbonio all’interfaccia con la progressiva formazione del nanotubo. I catalizzatori impiegati sono sotto forma di nanoparticelle di metalli di transizione quali Fe, Co o Ni oppure leghe metalliche generate attraverso una procedura di elettrodeposizione controllata direttamente su supporti inorganici quali SiO2, Al2O3 oppure metalli quali Ti, W o Mo.

La fonte gassosa di carbonio è composta da idrocarburi quali metano ed etilene trasportati sul sito catalitico mediante un flusso di gas inerte come l’Argon. La reazione avviene tra i 500 e i 1200 °C con rese variabili in funzione del tipo di catalizzatore e supporto utilizzato, della miscela di gas in ingresso, della temperatura di processo e dal tipo di reattore. Per evitare la passivazione del catalizzatore a causa di deposizione di carbonio amorfo sulle nanoparticelle si aggiungono in ingresso riducenti come H2 o NH3.

Il meccanismo di crescita dei CNT può essere tipo “base-growth”32,1 oppure “tip-growth”.33,30 Il primo prevede la crescita dei nanotubi sopra le particelle di catalizzatore mentre nel secondo la crescita avviene tra la particella e il supporto. Quale dei due processi sia favorito dipende dalle interazioni tra catalizzatore e supporto che dipendono dalla loro natura chimica e anche dalle dimensioni della particella di catalizzatore. Per esempio, Wang et al. hanno visto come un catalizzatore di Fe se supportato su SiO2 dia origine ad un

meccanismo “tip-growth” mentre lo stesso catalizzatore supportato su Ta dia luogo ad un meccanismo “base-growth”.34

Figura 21. meccanismo di crescita di CNT con catalizzatore di ferro. Si osserva un meccanismo a) “base-growth” su supporti di Ta e b) “tip-growth” su supporti di SiO234

La tecnica CVD è attualmente la tecnica più promettente per uno scale-up industriale soprattutto per la fabbricazione di componenti elettronici in cui è necessario che i nanotubi crescano su di un substrato specifico.25

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Notevole attenzione in letteratura è dedicata attualmente a processi per ottenere selettivamente SWCNT ad alta purezza: questi sono i processi denominati HiPco®35 e CoMoCAT®36.

Entrambe le tecniche di preparazione si basano sulla reazione di disproporzione catalitica di CO:

NO(P) ?QF

RS NO (P)+ N(T)(UVNWM)

I processi vengono effettuati iniettando il catalizzatore in controcorrente al flusso di CO ad una temperatura di 700-950 °C e pressione fino a 10 atm. In particolare un precursore del catalizzatore metallico si decompone alle alte temperature generando cluster metallici in fase vapore che catalizzano la reazione di disproporzionamento del CO e la produzione di SWCNT.

La differenza tra i metodi è il catalizzatore che nel caso del processo HiPco® è il Fe(CO)5

mentre nel CoMoCAT® viene utilizzato un catalizzatore a base Co-Mo. Mediante queste tecniche è possibile ottenere SWCNT con purezze >90% con diametri di circa 1 nm.35

1.2.1 Metodi di purificazione

Indipendentemente dal metodo di sintesi dei CNT carboniose (fullereni, carbonio amorfo, grafite e nanoparticelle di carbonio) e residui di catalizzatore saranno sempre presenti impurità. Le tecniche di purificazione possono essere di tipo chimico, fisico o una combinazione delle due. I trattamenti chimici prevedono principalmente l’impiego di agenti ossidanti e sfruttano la minore reattività dei CNT rispetto alle impurità di carbone amorfo o residui di catalizzatore. I metodi fisici prevedono invece di separare i CNT sfruttando differenze quali dimensioni, rapporto d’aspetto, densità e proprietà meccaniche. La purificazione chimica viene generalmente eseguita in un intervallo di temperature variabile secondo il tipo di ossidante o miscela di ossidati utilizzati. Le condizioni operative sono comprese tra 225-760 °C sotto atmosfera ossidante quali aria, HCl, H2S e

O2, H2O(g) oppure tra 25-120 °C in soluzione acquosa di HNO3, HCl, H2SO4, KMnO4 .32

Per la rimozione dei residui del supporto, specialmente per distruzione dei silicati, è necessario l’utilizzo di acidi quali HF33 oppure una miscela HF/ HClO4.39

Le tecniche di separazione fisica maggiormente utilizzate sono: la filtrazione-microfiltrazione seguite da lavaggi; la centrifugazione frazionata; la solubilizzazione di

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eventuali nanotubi funzionalizzati; e il trattamento termico ad alta temperatura (>1400 °C) sotto atmosfera inerte che favorisce la sublimazione dei residui metallici.

Per ottenere una maggiore efficacia è possibile eseguire trattamenti fisici e chimici combinati come per esempio l’applicazione di ultrasuoni ad un trattamento ossidativo. L’ossidazione in fase gas è efficace per la rimozione del carbonio amorfo ma non è in grado di rimuovere il carbonio grafite e le particelle metalliche. L’ossidazione in fase liquida è in grado di rimuovere contemporaneamente impurità carboniose e particelle metalliche ma la sua efficacia è proporzionale ai danni provocati alla struttura dei nanotubi.37 L’ossidazione con HF permette la dissoluzione dei residui di supporto ma non è in grado di rimuovere efficacemente impurità metalliche spesso coperte da strati carboniosi.38 I trattamenti fisici sono in grado di rimuovere particelle carboniose e metalliche isolate mentre non riesce a separare particelle incapsulate o che hanno aderito alle pareti del nanotubo. A seconda del grado di purezza desiderato si può pensare di utilizzare processi multi-step.37

*HIDE = (estrazione dinamica iniziata idrotermicamente)

Figura 22. esempio di trattamento multi-step per l’ottenimento di SWCNT puri. Un alto numero di step è utile per ottenere SWCNT ad alta purezza ma la resa di nanotubi sarà inferiore a processi ad uno step.37

1.3 Tecniche di funzionalizzazione

I nanotubi di carbonio generalmente non si presentano sotto forma di singoli tubi esfoliati ma sotto forma di aggregati.40 La formazione di questi è dovuta alle numerose interazioni

π-π e dalle forze di van der Waals che si vengono a formare tra le pareti dei nanotubi.

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superficiale libera del nanotubo portando quindi a una sensibile diminuzione delle sue proprietà.

Poiché la disperdibilità dei nanotubi in solventi organici e acquosi è scarsa si rendono necessari dei trattamenti atti a disperderli in un mezzo che solitamente è un solvente oppure una matrice polimerica.

Figura 23. Microscopia elettronica in trasmissione ad alta risoluzione (HRTEM) di un aggregato di CNTs40

Per disperdere i nanotubi in un mezzo è necessario fornire loro l’energia necessaria a vincere le forze coesive intermolecolari. Si può ricorrere ad un approccio di tipo fisico fornendo energia al sistema oppure ad uno chimico sfruttando la reattività dei nanotubi. Metodi fisici utilizzati per rompere le interazioni intermolecolari sono per esempio l’agitazione meccanica36 o la più utilizzata ultrasonicazione37 che promuovono la formazione di una dispersione di CNTs stabile cineticamente. La tecnica dell’ultrasonicazione prevede l’utilizzo di onde ad alta frequenza con lo scopo di generare fenomeni di cavitazione acustica. La scelta dei parametri e della strumentazione da utilizzare dipendono dalla quantità di energia che vogliamo fornire al nostro sistema e dai volumi che intendiamo trattare. Maggiore è la quantità di energia che forniamo al nostro sistema e maggiore sarà la percentuale di CNTs esfoliata e dispersa, ma al contempo aumenterà anche la possibilità di fratture soprattutto a livello dei difetti strutturali. È necessario quindi scegliere accuratamente i parametri operativi in modo da ottenere una buona dispersione senza che le proprietà dei nanotubi vengano eccessivamente degradate. Per una scelta appropriata dell’apparecchiatura da utilizzare bisogna tenere conto del volume e dell’energia necessaria per volume da trattare; per esempio un sonicatore con sonda è adatto a fornire un’alta energia per volume in un volume ristretto ai dintorni della

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punta, mentre un agitatore meccanico o un bagno a ultrasuoni sono adatti per trattare volumi maggiori ma con un’energia per volume minore.43

I metodi chimici conferiscono alla dispersione dei CNTs una stabilità termodinamica e si possono dividere in covalenti o non covalenti. Interazioni di tipo covalente prevedono l’introduzione in genere di piccole molecole organiche sulla superficie del nanotubo attraverso una reazione chimica che coinvolge la specie reattiva e gli atomi di carbonio del nanotubo. Modifiche non covalenti si basano invece sull’intercalazione e l’adsorbimento di molecole sulla superficie del nanotubo attraverso interazioni di natura secondaria.44 La stabilità nel tempo dei sistemi trattati con metodi fisici o chimici è diversa. Infatti mediante il solo trattamento energetico si raggiunge una stabilità solo cinetica poiché le interazioni interatomiche tra le nuvole π sono favorite e i nanotubi tenderanno a riaggregarsi nuovamente. La presenza di molecole legate o anche solo adsorbite sulla superficie del nanotubo invece permette al sistema di raggiungere una stabilità termodinamica in cui le interazioni tra il sistema nanotubo/specie chimica e solvente sono preferite rispetto a quelle tra i nanotubi. L’utilizzo di metodi chimici è quindi un processo in grado di disperdere efficientemente i nanotubi ed inoltre è in grado di fornire nuove proprietà al nanotubo derivanti dall’agente funzionalizzante.

La reattività chimica dei CNT interessa due differenti regioni della sua struttura: la parete del nanotubo e le due calotte semisferiche. Tutti gli atomi di carbonio dei CNT possiedono orbitali ibridi sp2 ma quello che differenzia la reattività delle due regioni è l’angolo di

piramidalizzazione (θp) e il disallineamento degli orbitali π. Generalmente per una

molecola che possiede orbitali ibridi sp2, come per esempio nel grafene, si ha una struttura

trigonale planare con un θp=0 ma in strutture tensionate quali CNT questo angolo ha un

valore diverso da 0. In particolare gli atomi che compongono le calotte possiedono un θp≈

11,6° mentre la parete del nanotubo possiede un θp = 2,6-6°. Poiché l’angolo di piramidalizzazione in una struttura con atomi di carbonio sp3 è θp=19,5° si evince come la

reattività delle calotte si avvicini di più a quella delle strutture tetraedriche piuttosto che quelle trigonali. Inoltre mentre l’angolo di piramidalizzazione della parete del nanotubo è dipendente dal diametro e dalla chiralità quello delle calotte subisce variazioni minime. Un altro effetto della struttura tensionata del CNT è il disallineamento degli orbitali π. L’angolo di disallineamento (ϕ) può assumere valore zero per i legami che corrono perpendicolari o paralleli all’asse del nanotubo mentre assumono valore diverso da zero in

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tutti gli altri casi. Il valore di ϕ sarà dipendente anch’esso dal diametro e dalla chiralità del nanotubo.45

Tabella 2: angolo di piramidalizzazione (θp) e angolo di disallineamento (ϕ) di SWCNT con differente chiralità e diametro.45

Angoli di piramidalizzazione (θp)e disallineamento degli orbitali π (ϕ) di SWCNT

n,m Diametro (nm) θp (gradi) ϕ (gradi) n,m Diametro (nm) θp (gradi) ϕ (gradi) 10,0 7,81 5,15 18,5 5,5 6,76 5,97 21,3 12,0 9,73 4,30 15,3 6,6 8,11 4,99 17,6 14,0 10,93 3,69 13,1 7,7 9,47 4,27 15,0 16,0 12,49 3,24 11,4 8,8, 10,82 3,74 13,1 18,0 14,05 2,88 10,1 9,9, 12,17 3,33 11,6 20,0 15,61 2,59 09,1 10,10 13,52 3,00 10,4

Figura 24. definizione dell’angolo di piramidalizzazione, differenze del valore di θp tra una struttura trigonale ed una tetraedrica. a) e disallineamento degli orbitali π b) di un CNT.45

Anche la presenza di difetti sulla parete del nanotubo, quali la reibridizzazione degli atomi di carbonio oppure difetti di tipo topologico, fanno si che in questi punti la reattività del nanotubo sia superiore rendendoli siti preferiti alla funzionalizzazione covalente.

Le tecniche di funzionalizzazione riportate ad oggi in letteratura sono numerose45 e in figura 25 ne sono raccolti alcuni esempi.

(21)

Figura 25. esempi di funzionalizzazione covalente dei CNT45

Molto utilizzata è la reazione di ossidazione con agenti quali HNO3/H2SO446,

KMnO4/H2SO447H2SO4/H2O2, O2/H2O48 che sono in grado di funzionalizzare i nanotubi di

carbonio introducendo sulla sua parete gruppi funzionali come –COOH, –C=O e -OH.48 Tali gruppi sono in grado inoltre di favorire le interazioni tra nanotubo e solventi polari protici o aprotici rendendo la dispersione del CNT stabile termodinamocamente. Queste miscele ossidanti vanno preferibilmente a funzionalizzare le zone dotate di maggiore reattività, ovvero in prossimità delle calotte (struttura tensionata) e dei difetti strutturali.40

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Figura 26. difetto intergiunzione sul nanotubo in cui sono presenti anelli a 5 e 7 atomi di carbonio (A), difetti di reibridizzazione con formazione di atomi di carbonio sp3 che sono

stati sostituiti con molecole fuori dal la forma del nanotubo (B), difetti della parete del nanotubo funzionalizzati con gruppi carbossilici in seguito al processo di ossidazione (C) e apertura della calotta del CNT a seguito dell’ossidazione con formazione di terminazioni carbossiliche o altre funzionalità quali C=O ed OH. (D) 48

Il trattamento ossidativo inoltre può essere utile come precursore per l’inserzione di altri gruppi funzionali quali ammine, tioli oppure esteri.48

Figura 27. esempi di funzionalizzazioni ottenibili da nanotubi ossidati48

Una reazione di funzionalizzazione covalente molto utilizzata è la fluorurazione. Questa reazione, al contrario dell’ossidazione, interessa preferibilmente la parete del nanotubo.

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Mediante questa tecnica è possibile inserire altri gruppi funzionali sul corpo del nanotubo di cui alcuni esempi si possono vedere in figura 28.

Figura 28. funzionalizzazioni covalenti ottenibili da nanotubi fluorurati48

Altre reazioni che avvengono sul corpo del nanotubo sono l’addizione nucleofila, la reazione di Bingel, la cicloaddizione di nitrene, la cicloaddizione 1,3 dipolare, la diazotizzazione, l’addizione del diclorocarbene, l’addizione radicalica, l’alchilazione e l’idrogenazione.48

Tutte le reazioni che coinvolgono una modifica covalente della parete del nanotubo interessano gli atomi di carbono sp2 che a seguito della reazione perdono il carattere sp2

trasformandosi in sp3. Questo processo porta inevitabilmente alla perdita della

coniugazione elettronica del CNT e, quindi, devono essere opportunamente controllate per non diminuire drasticamente le eccellenti proprietà che contraddistinguono questa classe particolare di materiale grafitico.45

Allo scopo di garantire una stabilizzazione termodinamica della dispersione del nanotubo che non comporti una modifica covalente della sua struttura, sono riportati in letteratura metodi di funzionalizzazione non covalente.44 Esempi di funzionalizzazione non covalente sono quelli che prevedono l’impiego di surfattanti o di specie aromatiche altamente coniugate e a basso peso molecolare. Ad esempio, in quest’ultimo caso, sistemi aromatici derivanti dalla condensazione di più anelli aromatici come il pirene possono interagire efficacemente con la superficie del CNT attraverso interazioni di natura secondaria

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promosse dalla nuvola di elettroni π. Il CNT viene quindi esfoliato grazie all’intercalazione del sistema aromatico che si verrà a posizionare tra un nanotubo e l’altro per stabilizzarlo stericamente. Queste molecole sono utili per aumentare la disperdibilità dei nanotubi nei vari solventi ma anche per inserire nuove funzionalità o per far interagire efficacemente i nanotubi con altri sistemi marcomolecolari come per esempio le proteine (vedi figura 29).49

Figura 29. esempio di interazioni tra la proteina biotinil-3,6- diossottanoicdiammina e un SWCNT mediante derivato succinammidico del pirene.49

Come riportato in precedenza i nanotubi possono essere esfoliati attraverso l’impiego di tensioattivi, ovvero di specie caratterizzate dalla presenza di una lunga catena apolare che interagisce col nanotubo e da una porzione polare che favorisce la loro dispersione nel nel mezzo solvente, in questo caso polare. A seconda del mezzo disperdente si utilizzano surfattanti di tipo diverso; per esempio per dispersioni in acqua è preferibile utilizzare surfattanti ionici (Sodio dodecil solfato (SDS), Sodio dodecilbenzenesolfonato (NaDDBS)) mentre in ambienti organici si usano solitamente quelli non ionici (Tergitol NP-7, Brij L4).50

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Figura 30. meccanismo di stabilizzazione di un nanotubo mediante l’utilizzo di ultrasonicazione in presenza di surfattanti.50

Figura 31. Rappresentazione schemarica dei meccanismi con cui i surfattanti aiutano la dispersione dei SWCNT. Incapsulazione dei SWCNT in micelle cilindriche (visuale in sezione e laterale); a) adsorbimento di emimicelle di surfattante sul SWCNT; b) adsorbimento casuale di surfattante sul SWCNT c)50

1.4 Preparazione di nanocompositi polimerici a base di nanotubi di carbonio

Le dimensioni nanometriche e l’alto rapporto d’aspetto rendono i nanotubi adatti ad essere utilizzati come additivi ad alte prestazioni per matrici polimeriche. I nanotubi posseggono un’alta area superficiale e per questo riescono a conferire numerose proprietà al composito risultante.51 Per la preparazione dei nanocompositi esistono diverse tecniche tra cui la miscelazione in soluzione, la miscelazione nel fuso polimerico, la polimerizzazione in situ, e l’aggraffaggio (“grafting to e grafting from”). Le tecniche di miscelazione in soluzione prevedono l’utilizzo di un solvente che sia in grado di disciogliere il polimero e di disperdere efficacemente i nanotubi i carbonio, attraverso ad esempio l’ausilio dell’ultrasonicazione. L’aggiunta di surfattanti per favorire e stabilizzare la dispersione può essere necessaria se i nanotubi non si disperdono bene nel solvente anche se nella maggior parte dei casi è lo stesso polimero che può fungere da tensioattivo. Per aumentare la quantità di nanotubi dispersi in soluzione ed incrementare il numero di interazioni efficaci con la matrice polimerica può essere utile anche prevedere un’iniziale funzionalizzazione chimica delle pareti del CNT. Ad avvenuta miscelazione, il nanocomposito viene ottenuto mediante coagulazione,47 oppure mediante evaporazione del solvente. Quando è difficile trovare un solvente adatto per la miscelazione in soluzione può essere più facile utilizzare quella della miscelazione nel fuso polimerico (o nel materiale rammollito se questo è

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totalmente amorfo). La miscelazione meccanica nel fuso è utilizzata specialmente con polimeri termoplastici. Gli elevati sforzi di taglio introdotti dai ro

l’alta temperatura di processo aiutano la rottura degli aggregati di nanotubo, mentre l’incremento di viscosità del materiale una volta che questo esce dalla camera del miscelatore previene efficacemente il loro riformarsi. Questo pr

scalabile ad un livello industriale anche se il grado di dispersione prodotto risulta spesso inferiore rispetto alla miscelazione in soluzione.

Una tecnica per ottenere interazioni più intime ed efficaci tra matrice e nanotubi è la polimerizzazione in situ. Con questo metodo i CNT vengono dispersi nel monomero selezionato attraverso l’ausilio di ultrasuoni e si procede successivamente alla polimerizzazione. Questa tecnica è utile per creare compositi in cui il polimero è difficilmente lavorabile in soluzione o nel fuso, come per esempio i termoindurenti, oppure per materiali che hanno una scarsa stabilità termica.

mostrano un’interazione tra nanotubi e matrice puramente di tipo non covalente (secondario). Le tecniche di aggraffaggio invece si basano sull’inserzione della polimerica macromolecola direttamente sulla parete del nanotubo con formazione di un legame covalente. Questo può avvenire secondo due meccanismi:

terminale della macromolecola reagisce con un nanotubo funzionalizzato (o non) si parlerà di “grafting to” mentre se i nanotubi vengono funzionalizzati con iniziatori e viene eseguita la polimerizzazione in situ sulla parete del nanotubo si parlerà di “grafting from”

Figura 32. esempio di funzionalizzazione “grafting to”. Formazione di un polistirene con una funzionalità terminale azidica e successiva reazione di cicloaddizione al SWCNT. totalmente amorfo). La miscelazione meccanica nel fuso è utilizzata specialmente con polimeri termoplastici. Gli elevati sforzi di taglio introdotti dai rotori del miscelatori e l’alta temperatura di processo aiutano la rottura degli aggregati di nanotubo, mentre l’incremento di viscosità del materiale una volta che questo esce dalla camera del miscelatore previene efficacemente il loro riformarsi. Questo processo è facilmente scalabile ad un livello industriale anche se il grado di dispersione prodotto risulta spesso inferiore rispetto alla miscelazione in soluzione.

Una tecnica per ottenere interazioni più intime ed efficaci tra matrice e nanotubi è la merizzazione in situ. Con questo metodo i CNT vengono dispersi nel monomero selezionato attraverso l’ausilio di ultrasuoni e si procede successivamente alla polimerizzazione. Questa tecnica è utile per creare compositi in cui il polimero è vorabile in soluzione o nel fuso, come per esempio i termoindurenti, oppure per materiali che hanno una scarsa stabilità termica.53 Le tecniche fino ad ora presentate mostrano un’interazione tra nanotubi e matrice puramente di tipo non covalente io). Le tecniche di aggraffaggio invece si basano sull’inserzione della polimerica macromolecola direttamente sulla parete del nanotubo con formazione di un legame covalente. Questo può avvenire secondo due meccanismi:41 se un gruppo funzionale ella macromolecola reagisce con un nanotubo funzionalizzato (o non) si parlerà di “grafting to” mentre se i nanotubi vengono funzionalizzati con iniziatori e viene eseguita la polimerizzazione in situ sulla parete del nanotubo si parlerà di “grafting from”

esempio di funzionalizzazione “grafting to”. Formazione di un polistirene con una funzionalità terminale azidica e successiva reazione di cicloaddizione al SWCNT. totalmente amorfo). La miscelazione meccanica nel fuso è utilizzata specialmente con

tori del miscelatori e l’alta temperatura di processo aiutano la rottura degli aggregati di nanotubo, mentre l’incremento di viscosità del materiale una volta che questo esce dalla camera del ocesso è facilmente scalabile ad un livello industriale anche se il grado di dispersione prodotto risulta spesso

Una tecnica per ottenere interazioni più intime ed efficaci tra matrice e nanotubi è la merizzazione in situ. Con questo metodo i CNT vengono dispersi nel monomero selezionato attraverso l’ausilio di ultrasuoni e si procede successivamente alla polimerizzazione. Questa tecnica è utile per creare compositi in cui il polimero è vorabile in soluzione o nel fuso, come per esempio i termoindurenti, oppure Le tecniche fino ad ora presentate mostrano un’interazione tra nanotubi e matrice puramente di tipo non covalente io). Le tecniche di aggraffaggio invece si basano sull’inserzione della polimerica macromolecola direttamente sulla parete del nanotubo con formazione di un legame se un gruppo funzionale ella macromolecola reagisce con un nanotubo funzionalizzato (o non) si parlerà di “grafting to” mentre se i nanotubi vengono funzionalizzati con iniziatori e viene eseguita la polimerizzazione in situ sulla parete del nanotubo si parlerà di “grafting from”.54

esempio di funzionalizzazione “grafting to”. Formazione di un polistirene con una funzionalità terminale azidica e successiva reazione di cicloaddizione al SWCNT.55

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Figura 33. esempio di funzionalizzazione “grafting from”. Introduzione di una funzionalità carbossilica sulla parete del CNT, condensazione delle funzionalità con dieilenglicol e introduzione di un alogenuro alchilico bromo terminato in modo da fungere da iniziatore per la polimerizzazione ATRP del PMMA.56

Le tecniche di innesto riescono a preparare nanocompositi in cui il CNT risulta essere legato covalentemente alla matrice polimerica garantendo quindi la massima interazione tra i due materiali a scapito però della, seppur limitata, perdita del carattere sp2 di alcuni

atomi del CNT.

La scelta del tipo di funzionalizzazione del CNT e del tipo di miscelazione con la matrice polimerica dipende da caso a caso e soprattutto dalle proprietà ricercate del materiale finale.53

1.4.1 Proprietà dei nanocompositi polimerici a base di nanotubi di carbonio

Materiali compositi a base di matrici polimeriche e nanotubi di carbonio sono caratterizzati da proprietà eccezionali dal punto di vista elettrico,57 meccanico58 e termico. Matrici polimeriche prevalentemente isolanti in cui sono dispersi una percentuale sufficiente di CNT (anche inferiore al 5% in peso) possono infatti acquisire proprietà elettriche di semiconduttore o conduttore. Il carico di nanotubi necessari per far acquisire questa proprietà al nanocomposito è descritto nella teoria della percolazione che si occupa di investigare le proprietà macroscopiche di sistemi micro e nanostrutturati.57 Secondo questa teoria esiste un valore critico di CNT chiamato soglia di percolazione (pc) al di sopra del

quale il materiale cambia sorprendentemente la propria conducibilità elettrica. Prima di questo valore, la probabilità che esista un cammino percolativo è prossima a zero mentre al di sopra di esso la probabilità tende ad uno.59 Per sistemi in cui esiste almeno un cammino

(28)

percolativo viene definita una relazione universale tra la conducibilità del materiale e la carica conduttiva che viene posta all’interno:

X ∝ (Z − Z?)F per Z > Z? (eq. 12)

dove X è la conducibilità del nanocomposito, Z è la frazione in peso del materiale conduttivo, Z? è la frazione in peso del materiale conduttivo alla soglia di percolazione e \ è l’esponente critico che dipende dalla geometria del sistema. Allo stesso modo per sistemi sotto la soglia di percolazione viene definita una relazione che lega la costante dielettrica alla carica conduttiva posta all’interno:

] ∝ (Z?− Z)=T per Z < Z? (eq. 13)

dove ] è la costante dielettrica del nanocomposito e _ è l’esponente critico che dipende dalla geometria del sistema.57 Nel caso dei nanotubi di carbonio il rapporto d’aspetto ha una grande importanza per la determinazione della soglia di percolazione.60

Figura 34. Frazione critica in volume in relazione al rapporto d’aspetto di un cilindro. Il valore P sta ad indicare la probabilità che un nanotubo crei un cammino percolativo con altri due.60

Per calcolare sperimentalmente la soglia di percolazione si può ricorrere a misure di conducibilità elettrica in corrente continua (DC) o corrente alternata (AC). Ricorrendo a misure in DC si può osservare la variazione del valore di conducibilità elettrica in funzione della concentrazione di MWCNT . La soglia di percolazione viene individuata in corrispondenza della massima variazione di conducibilità misurata.

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Figura 35. Conducibilità in funzione della percentuale di MWCNT dispersi in una matrice di PVA. La misura è stata effettuata in DC. La soglia di percolazione può essere trovata identificando il punto in cui la variazione di resistenza ha un netto cambiamento.57

Dalle misure in AC invece dobbiamo tenere di conto anche della dipendenza del nostro materiale dalla frequenza utilizzata. In un materiale composito possiamo individuare un comportamento isolante o conduttore a seconda del valore di concentrazione di CNT dispersi. In particolare avremo:

X ∝ X? + `X (eq. 14)

dove X? è la conducibilità della fase conduttiva, X è la conducibilità della fase isolante e ` è la frequenza. X? dipenderà a sua volta dalla sua concentrazione all’interno della matrice X? ∝ X5(Z − Z?)F (eq. 15)

dove X5 è la conducibilità del conduttore isolato. A basse frequenza il valore di X è basso ed è praticamente trascurabile rispetto a X?. Aumentando il valore di ` si ottiene che il valore di X diventa sempre maggiore fino a valori di X ≫ X?. Variando la carica dei CNT nel composito si osserverà uno spostamento del valore della frequenza alla quale si assiste ad una dipendenza lineare del valore di conducibilità. Il valore di concentrazione al quale si registra l’indipendenza del valore di conducibilità alle basse frequenze rappresenta il valore della soglia di percolazione.60

(30)

Figura 36. Conducibilità in funzione della frequenza di nanocompositi a base di MWCNT in varie concentrazioni dispersi in PVA. La misura è stata effettuata in AC. La soglia di percolazione può essere trovata identificando la concentrazione a cui il valore di conducibilità non varia con la frequenza.57

I CNT sono molto spesso usati anche per la loro capacità di rinforzo di matrici polimeriche. Infatti, in materiali polimerici come ad esempio gli elastomeri o i termoplastici, i CNT sono in grado di aumentarne il modulo elastico e lo stress a rottura (Figura 36). Tale incremento è spesso però accompagnato da una significativa riduzione del valore dell’allungamento a rottura. I CNT si comportano quindi come additivi rinforzanti ma a causa delle efficaci interazioni CNT-polimero ottenute grazie al controllo della dispersione, il materiale composito risulta essere più fragile.58

Figura 37. grafici stress-strain di nanocompositi a base di MWCNT dispersi in SBR a) e di SWCNT dispersi in Nylon6 b) Nel grafico a) si osserva l’aumento dello sforzo a rottura e del modulo elastico all’aumentare dei phr di CNT (phr = parti per cento parti di gomma).

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Anche nel grafico b) si osserva lo stesso andamento del grafico a) all’aumentare della concentrazione in peso dei CNT.58

Tali interazioni CNT/polimero sono anche responsabili della diminuzione della mobilità delle catene polimeriche producendo una significativa variazione delle proprietà termiche del materiale come ad esempio il valore della temperatura di transizione vetrosa (Tg).61

Figura 38. effetto della concentrazione di MWCNT sulle Tg del PVK (polivinilcarbazolo). Si nota come un maggior carico di nanotubi aumenti la cristallinità del polimero. Inoltre, come in questo caso, può essere causa della formazione di una seconda fase osservabile tramite la presenza di una seconda Tg.62

1.4.2 Sensori di deformazione nanocompositi polimerici a base di nanotubi di carbonio

Le proprietà elettriche che i CNT conferiscono al nanocomposito suggeriscono numerose applicazioni come ad esempio i sensori di temperatura63 o di deformazione meccanica. In particolare, nel primo caso viene sfruttata la dipendenza della conducibilità elettrica dei CNT alla temperatura (comportamento tipico dei materiali semiconduttori), mentre nel secondo viene sfruttata la variazione dei cammini percolativi dei nanotubi in funzione dell’allungamento o compressione del materiale. Tali variazioni di conducibilità portano ad una variazione del segnale elettrico che può essere monitorato in funzione del tipo di sollecitazione.

Nel caso di sensori di deformazione meccanica, il nanocomposito sottoposto ad un potenziale elettrico è in grado di condurre la corrente se è presente nel suo interno un cammino percolativo efficace che viene altamente influenzato anche per piccole modifiche della struttura della matrice ospitante. In particolare, quando il materiale viene sottoposto ad allungamento, alcuni cammini percolativi vengono meno e questo porta ad una

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diminuzione della conducibilità elettrica. Come matrici si preferisce generalmente scegliere polimeri elastomerici poiché non essendo necessario un grande sforzo per allungarli risultano essere più sensibili alle minime sollecitazioni. Inoltre, sono in grado di raggiungere una lunghezza a rottura maggiore rispetto agli altri materiali e, grazie alla natura elastomerica, ritornano alle dimensioni originali una volta terminata la sollecitazione. Esempi di materiali polimerici nanocompositi utilizzati come sensori di deformazione sono: il poliuretano64, il poliisoprene65, l’Etilene-propilene diene monomero (EPDM)66, il polimetilmetacrilato (PMMA)67 e la poliammide68.

Per definire la sensibilità di un sensore di deformazione (definito anche piezoelettrico) viene utilizzato il “gauge factor”:

b cb d e\fg = ∆h hC 7 ∆E EC 7 (eq. 16)

dove ∆ è la variazione di resistenza, 5 è la resistenza iniziale, ∆i è l’allungamento e i5 è la lunghezza iniziale. Il valore più alto di “gauge factor” si raggiunge quando la variazione di resistenza è massima per minimi allungamenti e questo si raggiunge per carichi di nanotubi prossimi alla soglia di percolazione. Utilizzando matrici polimeriche termoindurenti si può notare come il carico dei nanotubi e la temperatura durante la reticolazione siano fattori che influenzano il “gauge factor” del nanocomposito. In figura 39 a) si può osservare come una reticolazione effettuata a temperatura più alta e a maggior carico di nanotubi abbia un effetto negativo sul “gauge factor”.69 Una maggiore temperatura di reticolazione aumenta la mobilità dei CNT all’interno della matrice polimerica aumentando il numero di cammini percolativi disponibili e di conseguenza la conducibilità del nanocomposito. Anche un maggior carico di nanotubi ha l’effetto di aumentare il numero di cammini percolativi. Come si vede in figura 39 b), al di sopra della soglia di percolazione, all’aumento della conducibilità si associa ad una diminuzione del “gauge factor”. Questo fenomeno è dovuto alla diminuzione della capacità del nanocomposito sotto allungamento di mantenere i cammini percolativi quando la carica di nanotubi si avvicina alla soglia di percolazione.70

(33)

Figura 39. influenza della temperatura di reticolazione sul “gauge factor” a) e dipendenza del “gauge factor” in funzione della conducibilità b) di un nanocomposito a base di MWCNT dispersi in una resina epossidica.69

La direzione di stiro può essere un fattore che influenza il “gauge factor”. Indicando con

θmax l’angolo massimo tra l’asse di stiramento e l’orientazione dei CNT si osserva

inizialmente una distribuzione random con θmax=90°. Sottoponendo il nanocomposito ad

allungamento si ha una diminuzione di θmax fino ad arrivare a θmax=0 ovvero i CNT si sono

allineati con la direzione di stiro. In questa condizione la probabilità che si formi un cammino percolativo nella direzione di stiro è più alta e quindi per i motivi detti prima la sensibilità del nanocomposito diminuisce.

Figura 40. Rappresentazione di un nanocomposito a base di CNT prima (a sinistra) e dopo lo stiro (a destra). Inizialmente i CNT sono disposti casualmente nella matrice polimerica mentre dopo l’applicazione di una deformazione i CNT si allineano nella direzione di stiro.69

Questo effetto è visibile solo per sensori in cui la concentrazione di CNT è vicina alla soglia di percolazione; infatti per valori minori o maggiori la sensibilità è bassa e quindi questo effetto diventa trascurabile.

Un altro fattore che influenza il “gauge factor” è la conducibilità intrinseca dei CNT che andiamo a disperdere nella matrice polimerica. Come si vede in figura 41 ad una maggiore conducibilità dei CNT corrispondono valori di conducibilità maggiori. Se si osserva il valore di “gauge factor” si può notare come questo vada ad aumentare con l’aumento della conducibilità del nanocomposito apparentemente in contrasto con quanto detto fino ad ora.

(34)

Per spiegare questo fenomeno bisogna osservare la variazione di resistenza alla soglia di percolazione. A valori di concentrazione di CNT prossimi alla soglia di percolazione si passa da un alto valore di conducibilità, dipendente dalla conducibilità dei CNT all’interno della matrice, a un basso valore di conducibilità, dovuto principalmente alla scarsa conducibilità della matrice polimerica. Un aumento della conducibilità dei nanotubi crea un gap maggiore tra il valore di conducibilità registrato prima e dopo la soglia di percolazione aumentando quindi la sensibilità del nanocomposito.69

Figura 41. influenza della conducibilità dei CNT sulla conducibilità totale del nanocomposito e rispettivi valori del “gauge factor”. L’aumento della conducibilità dei CNT ha un effetto positivo sulla sensibilità del nanocomposito aumentando la differenza di conducibilità prima e dopo la soglia di percolazione69

L’utilizzo di questi sistemi nanocompositi come sensori necessita, oltre che una certa sensibilità, anche la riproducibilità. È quindi necessario che ad un determinato segnale elettrico venga attribuito un valore univoco di allungamento. Purtroppo l’utilizzo di matrici polimeriche porta spesso a problemi di isteresi ovvero sottoponendo il materiale a successivi cicli di deformazione non si ottiene la stessa risposta. Oltre a creare una risposta non riproducibile del sensore questo fenomeno ha anche un effetto di diminuzione della sensibilità. In figura 42 si può vedere come questo fenomeno tende ad attenuarsi man mano che vengono effettuati i cicli di stress. Il sensore quindi può quindi essere utilizzato per soluzioni usa e getta ad alta sensibilità oppure è necessario effettuare dei cicli preliminari e ottenere un sensore per più utilizzi ma a sensibilità inferiore.

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Figura 42. Grafico rappresentante cicli di allungamento di un nanocomposito a base di MWCNT dispersi in TPU con una concentrazione in peso dei MWCNT pari al 2%. Nel grafico a) si può osservare il valore di allungamento in funzione del tempo. I cicli sono stati effettuati ad intervalli costanti con massimi allungamenti del 5%. Nel grafico b) osserviamo la variazione di resistenza dei primi dieci cicli mentre nel grafico c) si osservano i cicli 61-70. Mentre nel grafico b) si nota l’effetto dell’isteresi nel grafico c) non è visibile.64

Attualmente in letteratura sono riportati sensori di deformazione a base di polimeri elastomerici. Per esempio Bokobza L.71 è riuscita a creare un sensore di deformazione a base di MWCNT dispersi in una gomma stirene-butadiene. Le prove elettriche per valutare la variazione di resistenza in relazione alla deformazione sono state effettuate inserendo un provino, di dimensioni note, all’interno di un’apparecchiatura in grado di produrre deformazioni uniassiali di entità nota. Al provino sono quindi stati attaccati due morsetti (elettrodi) collegati ad un elettrometro in grado di misurare alte resistenze (figura 43).

Figura 43. apparecchiatura per deformazioni uni assiali in cui è stato inserito un provino del nanocomposito a base di MWCNT dispersi in SBR. Al provino sono attaccati i due elettrodi dell’elettrometro ad alta resistenza.71

Dalle misure elettriche effettuate su provini a diversa carica di MWCNT è possibile identificare la soglia di percolazione di questo materiale osservando la variazione di resistività tra le varie concentrazioni (figura 44). La resistività (ρ) è definita come:

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j =hk

l (eq. 17)

dove R è la resistenza misurata, S è la superficie attraverso la quale scorre la corrente e L è la lunghezza del percorso attraverso il quale scorre la corrente.

Figura 44. misure di resistività a vari carichi di MWCNT (espressi in parti per cento parti di gomma). La soglia di percolazione è identificabile nel punto in cui si ha la massima variazione di resistività71

In figura 45 viene riportato il grafico del valore di resistività del nanocomposito in funzione del grado di deformazione (α) per i primi due cicli allungamento. Il grado di deformazione è definito come:

m =l1lC

lC (eq. 18) Dove L è la lunghezza del provino e L0 è la lunghezza iniziale.

Figura 45. valori di resistività dei primi due cicli di deformazione di un nanocomposito a base di MWCNT dispersi in SBR con una carica di MWCNT pari a 10phr. Il primo ciclo di deformazione ha un andamento totalmente diverso dal secondo; questo indica che il sensore ha problemi di isteresi.71

(37)

Osservando il primo ciclo di deformazione in figura 45 si può riscontrare la scarsa sensibilità del sensore per carichi di nanotubi lontani dalla soglia di percolazione (un solo ordine di grandezza di differenza per un α = 2,5). Inoltre osservando il secondo ciclo di deformazione si assiste ad un cambiamento completo dell’andamento e la diminuzione della sensibilità. La curva del secondo ciclo di deformazione presenta un’iniziale diminuzione della resistenza per poi aumentare nuovamente fino a tornare quasi al valore di partenza ad un α = 3,5. Inoltre il valore iniziale di resistività del secondo ciclo di deformazione è notevolmente più alta del primo. Il fenomeno può essere spiegato ipotizzando che durante lo stiro i CNT tendono ad allinearsi lungo la direzione di deformazione andando a danneggiare la loro distribuzione percolativa portando quindi ad un incremento di resistività. Terminato lo stress meccanico le catene polimeriche hanno un ritorno pressoché elastico, mentre i CNT non sono in grado di riacquisire un’orientazione casuale come per il materiale prima della deformazione. Questo impedisce la formazione di cammini percolativi precedentemente presenti e quindi provoca un valore iniziale di resistività più alto. L’iniziale diminuzione della resistività durante l’allungamento è dovuto all’iniziale formazione di nuovi cammini percolativi che tenderanno a disgregarsi successivamente a maggiori allungamenti.71

Ciselli P. et al. (4) hanno sviluppato un sensore di deformazione a base di MWCNT dispersi in EPDM (etilene propilene diene monomero). Il sistema di misura delle proprietà elettriche in funzione dell’allungamento prevede l’inserimento del provino tra due morsetti (contatti elettrici) seguito da una deformazione uniassiale.. Anche in questo caso è stata inizialmente individuata la soglia di percolazione (figura 46).

Figura 46. misure di conducibilità a vari carichi di MWCNT . La soglia di percolazione è identificabile nel punto in cui si ha la massima variazione di conducibilità72

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Il provino con un carico al 5% di MWCNT è stato quindi sottoposto a una deformazione ciclica del 5% della sua lunghezza iniziale. In figura 47 a) si può vedere il valore della deformazione nel tempo mentre in figura 47 b) è mostrato il valore di conducibilità nel tempo.

Figura 47. deformazione percentuale del provino a) e conducibilità misurata b) nel tempo. Nel grafico b) si nota un’iniziale diminuzione della conducibilità e un andamento non regolare durante i cicli dovuto a fenomeni di isteresi.73

Inizialmente si registra una diminuzione della conducibilità durante il primo allungamento. Una volta rimossa la deformazione si nota subito come la conducibilità non torni al valore iniziale e quindi come i CNT non riescano a ricreare la rete percolativa iniziale. I successivi allungamenti presentano un iniziale aumento di conducibilità dovuti alla formazione di nuovi cammini percolativi e una successiva diminuzione della conducibilità fino a valori diversi da quelli iniziali. Inoltre la variazione di conducibilità risulta di entità modeste.72

I materiali fino ad ora riportati in letteratura e relativi a sistemi nano strutturati elastomero/CNTs presentano problemi significativi di scarsa sensibilità e soprattutto di riproducibilità della misura.

1.5 scopo della tesi

Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca finalizzato alla realizzazione di dispersioni stabili costituite da nanotubi di carbonio a parete multipla (MWCNTs) e materiali polimerici elastomerici di natura stirenica per l’ottenimento di dispositivi innovativi e efficienti per la misura della deformazione meccanica.

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Operativamente si prevedono tre differenti strategie: la prima interesserà la dispersione dei nanotubi di carbonio, MWCNTs, mediante ultrasonicazione in una soluzione di toluene contenente disciolto un polimero stirenico quale il Poli(stirene-b-(etilene-co-butadiene)-b-stirene) (SEBS). Successivamente verranno dispersi MWCNT in xilene mediante ultrasonicazione e successivamente in copolimeri quali Poli(stirene-b-(etilene-co-propilene)-b-stirene-b-(etilene-co-propilene)) (SEPSEP), e il Poli(stirene-co-butadiene) reticolato (SBR). Infine seguirà un processo di dispersione covalente dei MWCNTs funzionalizzati con gruppi amminici all’interno della matrice polimerica SEPSEP funzionalizzata con anidride maleica in miscelatore di tipo termo-meccanico.

Le dispersioni così ottenute saranno analizzate in termini di prove spettroscopiche (FTIR e Raman) e microscopiche (TEM, AFM) mentre il contenuto di MWCNT disperso sarà determinato mediante prove di termogravimetria (TGA).

In seguito si procederà alla realizzazione del sensore determinando inizialmente la soglia di percolazione del dispositivo realizzato. I sensori di deformazione saranno realizzati a partire dai film di materiale nanocomposito ottenuto mediante pressofusione delle dispersioni. Un circuito elettrico sarà appositamente realizzato in laboratorio allo scopo di misurare la variazione di resistenza del dispositivo in funzione dello stiro meccanico.

2. Risultati e discussione

2.1 Preparazione di nanocompositi poli(stirene-b-(etilene-co-butilene)-b-stirene) (SEBS)/MWCNT

Sulla base di un precedente lavoro di tesi12 sono stati nuovamente realizzati nanocompositi polimerici ottenuti da dispersioni di MWCNT nel copolimero a blocchi poli(stirene-b-(etilene-co-butilene)-b-stirene) (SEBS).

Lo scopo di questo lavoro iniziale è stato quello di caratterizzare in maniera più efficace la natura delle dispersioni ottenute per ottimizzare la loro applicazione come sensori di deformazione meccanica uniassiale.

I nanotubi di carbonio a parete multipla utilizzati nelle varie preparazioni sono dei MWCNT Baytubes C150 P della Bayer Material Science. I nanotubi sono stati preparati mediante “Chemical Vapour Deposition” (CVD) e consistono tipicamente in 3-15 strati di

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