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I campanili nella Sicilia medievale: tipologia, iconografia, decorazione

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA’ E FORME DEL SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2019/2020

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-89: Storia dell’arte

I campanili nella Sicilia medievale:

tipologia, iconografia, decorazione

IL RELATORE IL CANDIDATO

Prof. Valerio Ascani Giulia Lorefice

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Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

1

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Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

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Sommario

Premessa ... 5

Capitolo I ... 7

1.1 Storia ed evoluzione fino al Medioevo. ... 7

1.1.1 Alla ricerca della prima torre ... 8

1.1.2 La torre greca e romana ... 10

1.1.3 La torre e il campanile ... 12

1.1.4 Il campanile nei monasteri ... 14

1.1.5 Il campanile e gli ordini riformatori ... 15

1.1.6 Il campanile/torre nell’architettura profana ... 17

1.2 Le tipologie del campanile ... 24

1.2.1 La pianta ... 24

1.2.2 L’evoluzione del campanile ... 32

Illustrazioni ... 41

Capitolo II ... 62

2.1 La Sicilia e le sue dominazioni ... 62

2.1.1 Gli Arabi ... 62

2.1.2 I Normanni ... 66

2.1.3 Gli Svevi ... 70

2.1.4 Gli Angioini e gli Aragonesi ... 75

2.2 Le calamità naturali ... 79 2.2.1 Terremoto del 1169 ... 79 2.2.2 Terremoto del 1542 ... 79 2.2.3 Terremoto del 1693 ... 80 2.2.4 Terremoto del 1908 ... 82 2.2.5 Terremoto del 1968 ... 83

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Illustrazioni ... 84

Capitolo III ... 91

3.1 Il campanile della Cattedrale di Maria Santissima Assunta di Troina ... 95

3.2 Il campanile della Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo ... 99

3.3 Il campanile della Basilica Chiesa Madre di Maria Santissima Assunta di Caltabellotta ... 103

3.4 Il campanile dell’Abbazia di San Filippo di Fragalà ... 105

3.5 Il campanile della cattedrale di San Gerlando di Agrigento ... 108

3.6 Il campanile della Cattedrale del Santissimo Salvatore di Mazara del Vallo ... 112

3.7 Il campanile dell’Abbazia di Santo Spirito di Caltanissetta ... 115

3.8 Il campanile della Cattedrale di Sant’Agata di Catania ... 121

3.9 Il campanile del Gran Priorato di Sant’Andrea di Piazza Armerina ... 134

3.10 I campanili della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò di Casalvecchio Siculo ... 136

3.11 Il campanile della Cattedrale di Santa Maria di Messina ... 138

3.12 I campanili della Basilica Cattedrale della Trasfigurazione di Cefalù .... 143

3.13 Il campanile della Chiesa di San Giovanni degli Eremiti di Palermo ... 155

3.14 Il campanile della Chiesa della Martorana o di Santa Maria dell’Ammiraglio di Palermo ... 157

3.15 Il campanile della Chiesa del Santuario della Madonna di Rifesi ... 166

3.16 Il campanile della Cattedrale della Santa Vergine Maria Assunta di Palermo ... 168

3.17 I campanili della Cattedrale di Santa Maria Nuova di Monreale ... 186

3.18 Il campanile della Basilica di San Leone di Assoro ... 191

3.19 Il campanile della Chiesa di San Martino a Randazzo ... 193

3.20 Il campanile della Basilica Cattedrale di San Nicolò di Bari di Nicosia . 205 3.21 Il campanile della Reale Matrice di Erice ... 208

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4 Conclusioni ... 218 Bibliografia ... 219 Indice delle Immagini ... 243

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Premessa

Il tema centrale dell’argomentazione che seguirà nei prossimi capitoli si concentra su una struttura architettonica specifica: il campanile.

In particolare, l’intenzione che ha guidato questa ricerca è stata quella di raccogliere e analizzare una precisa tipologia architettonica in un determinato periodo storico e luogo geografico, cioè i campanili edificati a partire dal dominio Normanno in Sicilia.

La torre campanaria, in un primo momento, verrà osservata da un punto di vista cronologico, sin dai prototipi di tal tipologia fino al suo uso liturgico, con l’inserimento del segnale sonoro delle campane e l’integrazione all’interno degli edifici religiosi, compresi quelli legati agli ordini monastici o ai nuovi ordini riformatori, per scandire le fasi della giornata o chiamare i fedeli, terminando con l’età comunale dove si vedrà un ritorno alla funzione profana, ora non solo difensiva ma anche regolatrice della vita cittadina.

Seguendo andrò ad elencare e classificare le varie tipologie di campanili a partire dalle forme in pianta, fino alle varie strutture architettoniche del Medioevo e le varie collocazioni rispetto all’edificio principale, sia esso una chiesa a se stante, un monastero o una grande cattedrale.

Questa indagine sui campanili ha visto in primo luogo la necessità di una breve sintesi, nel secondo capitolo, sulle vicende politiche, sociali e culturali che animarono la Sicilia tra IX e XIV secolo; dalla dominazione Saracena ai Normanni, dagli Svevi ai Vespri siciliani tra Angioini e Aragonesi e tutte le caratteristiche architettoniche e artistiche che questi poteri, una volta al comando, hanno impiantato nel panorama artistico siciliano.

Inoltre guarderemo ai sismi che tanto hanno colpito e modificato l’isola, tra cui i più rilevanti in questo senso, i terremoti del 1169 e del 1693.

Nell’ultimo capitolo elencherò e analizzerò, in ordine cronologico, alcuni tra i più importanti esempi di ciò che resta dei campanili d’origine normanna in Sicilia e le loro caratteristiche strutturali nonché decorative.

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6 Per completare questa indagine è stata necessaria un’analisi stilistica di ogni torre campanaria che, in mancanza di documenti diretti, è stata ultimata tramite una raccolta fotografica, intrapresa in prima persona, in modo da poter fornire un quadro pressoché completo dell’argomento.

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Capitolo I

Il campanile: la genesi, gli usi e le diverse tipologie.

1.1 Storia ed evoluzione fino al Medioevo.

«Il termine campanile nella lingua italiana designa in genere la torre campanaria, ma viene anche usato con riferimento a torri di vario tipo, con o senza campane, mentre in altre lingue indica specificamente le torri campanarie italiane»1.

Questa è la descrizione che troviamo alla voce campanile dell’Enciclopedia dell’arte medievale Treccani.

In essa riscontriamo che il termine torre è legittimamente usato come sinonimo di campanile; ciò deriva dall’origine stessa di questo elemento architettonico che, come vedremo, si svilupperà e si allontanerà dalla torre nel momento in cui la funzione ne verrà alterata.

A mio avviso, la chiave per comprendere la genesi del campanile è da ricercarsi nella storia della torre e su questa via, procedendo a ritroso nelle fonti, sarà possibile delinearne un quadro evolutivo, dalla sua origine fino al Medioevo terminando con l’età comunale dove sarà modificata ancora una volta la funzione e acquisterà, come simbolo, nuovi significati.

Tenendo conto che il termine torre è presente, etimologicamente, in quasi tutte le lingue europee 2, è possibile reperirlo in molteplici fonti che permettano di ricavare informazioni circa la sua comparsa e le varie funzioni.

1 Dorothy Gillerman, Il campanile, in Enciclopedia dell’arte medievale Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/campanile_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di consultazione: Ottobre 16, 2017.

2 Il termine italiano torre è rintracciabile, poiché rimane facilmente comprensibile, anche in altre

lingue: Turris in latino, Torre in italiano, Tour in francese, Tower in inglese, Turm in tedesco, Torony in ungherese, Turn in rumeno, Toronj in croato, Turel in russo ecc.. Gillo Dorfles, La torre nella

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8 Quest’analisi, per un primo momento, concentrata sulla comparsa della torre e sul suo utilizzo in epoca anteriore alla costruzione dei campanili, permetterà di tracciare un quadro più preciso delle origini, dell’evoluzione, nonché delle funzioni di quest’ultimi.

1.1.1 Alla ricerca della prima torre

Non è facile definire quale sia la prima fonte in cui si parla di torri, anche non al servizio di un edificio religioso, e quale fra queste fosse la prima edificata.

Secondo diversi studiosi 3 è lecito identificare la prima torre in una fonte estremamente nota, la Bibbia. Nel libro della Genesi, infatti, ne è presente un’allusione nel passo dedicato alla torre di Babele (fig.1).

I versi in questione si riferiscono alla creazione delle diverse lingue per opera del Signore; cito testualmente:

«Tutta la terra aveva un'unica lingua e uniche parole. Emigrando dall'Oriente, gli uomini, capitarono in una pianura nella regione di Sennaar e vi si stabilirono. Sì dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco essi sono un unico popolo e hanno tutti un'unica lingua; questo è l'inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendono più l'uno la lingua dell'altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città»4.

Al fine della mia ricerca, interessanti sono i versi che riguardano la costruzione della torre, fatta di mattoni e malta, e la voglia dell’uomo già dai tempi antichi di toccare il cielo5, in questo caso per avvicinarsi a Dio.

Farina, Giuliana Rovero, Marcello Tommasi, Milano, Palazzo reale 15 giugno - 9 settembre1990, Milano: Mazzotta, 1990, p.172.

3

Il campanile di Giotto, atti del ciclo di conferenze, a cura di Francesco Gurrieri, Firenze

maggio-giugno 2015, Firenze: Mandragora, 2017, p.7; Cfr. P. Farina, Il mondo delle torri, p.33.

4 F. Gurrieri, Il campanile di Giotto,cit., p.7.

5 In molte religioni il desiderio di elevarsi verso un Dio è una costante che porta, sia alla costruzione

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9 Oggi alcuni archeologi insistono nel confermare l’identificazione della torre di Babele con lo ziqqurat Etemenanki6 del II millennio a.C.; di esso rimangono alcuni resti della pianta da cui è stato possibile ricavarne la forma e calcolarne l’altezza in maniera in parte precisa, descrivendolo come un edificio di forma piramidale che si sviluppava verticalmente per circa 91 m (fig.2).

Gli studi su di esso sono stati possibili a partire dagli scavi archeologici tedeschi, condotti nel 1913, dove vennero riportati alla luce diversi elementi come alcuni mattoni d’argilla cotti al forno 7

che corrispondevano alla descrizione che Nabopolassar 8 riferì dello ziqqurat Etemenanki.

Un importante studioso Hansjörg Schmid utilizzò, per identificare la forma dello ziggurat, la comparazione con altri monumenti nel territorio circostante, con antiche rappresentazioni e con antiche descrizioni.

La fonte grafica che rivestì grande importanza, per risalire all’architettura esterna dello ziqqurat, fu la tavoletta dell’Esagila9, ritrovata da George Smith nel 1875, in cui è rappresentato, secondo lo studioso, lo ziqqurat Etemenanki ma con misurazioni diverse rispetto alle ipotesi precedentemente formulate e a sette piani anziché otto. Purtroppo questa tavola andò perduta e da allora s’incominciò a dubitare della validità di questa teoria.

Robert Koldwey10 nel suo libro, Das wieder erstehende Babilon, appoggia la proposta di Smith affermando, però, che la tavola non rappresentasse la struttura dello ziqqurat già completata ma in fase di costruzione, motivando così sia le diverse misurazioni che il piano mancante.

Un'altra importante fonte è la descrizione dello ziqqurat da parte di Erodoto di Alicarnasso11. Egli scrive:

come luogo in cui stanziarsi in preghiera o, nei pellegrinaggi, come simbolo di penitenza ed espiazione dei propri peccati; scalare una montagna simboleggia una rinascita, una purificazione. Erwin Heinle, Fritz Leonhardt, Towers: a historical survey, Londra: Butterworth architecture, 1989, pp.9-10.

6 F. Gurrieri, Il campanile di Giotto,cit., p.7. 7

Dunham Sally, Der tempelturm Eemenanki in Babylon, in Journal of the American Oriental Society 118, no. 2 1998, doi:10.2307/605908, p.284.

8 Sovrano babilonese in carica dal 625 a.C. al 605 a.C., intraprese la campagna di restauro dello

ziggurat proseguita dal figlio Nabucodonosor II. Ibidem.

9 Biggs Robert D., Der tempelturm Eemenanki in Babylon, in Journal of Near Eastern Studies 56, no.

4, 1997,http://www.jstor.org/stable/546000,p.288.

10 Ibidem.

11 Federico Condello, Erodoto, in Enciclopedia dell’antico,

https://www.mondadorieducation.it/risorse/media/secondaria_secondo/greco/enciclopedia_antico/lem mi/erodoto.html. Data di consultazione: Aprile 02, 2019.

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10 Al centro del santuario si trova una solida torre, lunga e larga uno stadio (= unità di misura corrispondente a ≈ 177,6 m): sulla prima torre ne è stata alzata una seconda, sulla seconda una terza e così via fino a un totale di otto torri; per accedere alle torri è stata costruita una scala a chiocciola che corre tutto intorno all'esterno dell'edificio. A metà della scala c'è un pianerottolo con dei sedili per riposarsi, sui quali quanti salgono possono sedersi a riprendere fiato. Sopra l'ultima torre si trova un grande tempio; al suo interno è collocato un ampio letto ben fornito di cuscini con accanto una tavola d'oro. Dentro non c'è assolutamente alcuna statua; e nessun essere umano vi passa la notte se non una sola donna babilonese che il dio abbia scelto fra tutte, come dicono i Caldei, cioè i sacerdoti di questa divinità12.

Grazie alle ricerche e alle fonti sopra indicate, si considera ancora oggi lo ziqqurat Etemenanki con la torre di Babele descritta nella Bibbia.

La torre di Babele e/o lo ziqqurat sono solo un primo cenno, riferito alla torre con tipologia piramidale o a spirale; procedendo nei secoli, maggiori fonti sulle torri e sulla loro struttura ci permetteranno di indagare meglio su questa struttura architettonica.

1.1.2 La torre greca e romana

La torre, come abbiamo visto, incarnava la voglia di avvicinarsi a Dio, ma anche in altri ambiti e per scopi diversi, come una miglior vista, s’impose l’esigenza di spostarsi verso l’alto.

Questo tema è già stato affrontato da importanti studiosi che, ponendosi le mie stesse domande, hanno già espresso le loro opinioni in merito la torre, la sua apparizione nel contesto architettonico e, in egual modo, la sua funzione.

Uno tra questi fu Quatremère de Quincy, teorico d’architettura tra il XVIII e il XIX secolo, secondo cui la torre ha avuto fortuna, come struttura architettonica, grazie alla sua costruzione nelle antiche fortificazioni e nelle mura cittadine per fornire una miglior visuale in caso di attacco o difesa, quindi con funzione militare13.

12

Erodoto Storie I, 460 a.C.,p.181; in Van De Mieroop Marc, Reading Babylon, in American Journal of Archaeology 107, no. 2 2003, http://www.jstor.org/stable/40026077, p.264. Cfr. Erodoto Storie I,

Creso e Ciro, p.181, http://www.misteromania.it/erodoto/storieI.html Data di consultazione: Luglio 16, 2018.

13

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11 Queste affermazioni sono convalidate da altre fonti14, dove si afferma che la torre, per uso militare, sia stata impiegata per la prima volta dai greci e successivamente, come in altri casi, presa di riferimento dai romani per egual uso.

Le torri delle mura romane derivano, infatti, dall’urbanistica greca del III secolo a.C. circa15, dove svolgevano funzione difensiva e di supporto alle piattaforme di tiro, inserite nelle mura cittadine; come possiamo vedere nei resti di Mantinea16(fig.3) o di Perge a Panfilia (fig.4) cinta da mura fortificate già nel III secolo a. C..

Importante esempio è anche la porta d’Arcadia di Messene (fig.5) dove, come si può notare, le torri, in questo caso a pianta quadrata, sono state usate da supporto aggiunto al controllo della porta stessa affiancandola su entrambi i lati.

I romani riadattarono la torre nelle mura delle proprie città.

Se l’originale forma greca a base rettangolare fu affiancata dai Romani alla forma cilindrica o semicilindrica fu perché ritenuta più adatta per scopi difensivi poiché possedeva il vantaggio di non presentare nessun punto debole. Non avere angoli significava non offrire la possibilità di scalzare una pietra e danneggiare le pareti17 in caso d’attacco.

In egual modo dei greci, le torri venivano costruite a distanze regolari, in modo da rendere più semplice il controllo di una porzione di muro18 ed avere una visione più ampia sui movimenti del nemico, nonché per vigilare, poste ai loro fianchi o sopra di esse, sulle porte d’accesso alle città; come nella Porta Appia19 (fig.6) e nel Castello dei Pretoriani (fig.7).

14

Gunther Vogel, Atlante di architettura: storia dell'architettura dalle origini all' età contemporanea

tavole e testi, Milano: Hoepli, 1992, p.152.

15 Ivi, 205.

16 Mantinea sorge in una pianura dell’Arcadia orientale fu distrutta dagli Spartani e ricostruita nel 370

a. C.. Le mura urbane furono costruite con la base costituita da un basso terrapieno; lo zoccolo murario di circa 4,50 m, con due gusci in muratura poligonale e un riempimento con ciottoli e terra. Su di esso sorgeva un alto muro in mattoni di argilla a doppio guscio con più di cento torri a distanza di soli 6,5 m circa. G. Vogel, Atlante di architettura,cit., p.153.

17

«bisogna costruire torri di forma rotonda o poligonale: quelle di forma quadrata infatti le macchine belliche le abbattono più rapidamente, poiché gli arieti con i loro colpi frantumano gli angoli, mentre nelle costruzioni rotonde non possono recare danno, poiché spingono le pietre come cumeni verso il centro». Vitruvio, De architettura, a cura di Pierre Gros, trad. di Antonio Corso e Elisa Romano, vol. I, Torino: Giulio Einaudi editore, 1997, p.45.

18«Gli intervalli poi fra le torri vanno regalati in modo tale che ciascuna si trovi rispetto all’altra a

distanza non superiore a un tiro di freccia: così, se uno fosse presa d’assalto, i nemici potrebbero essere respinti per mezzo degli scorpioni e delle altre armi da getto a partire dalle torri poste a destra e a sinistra.» Ivi, pp.43-45.

19 La porta Appia, nota oggi con il nome di porta di San Sebastiano, prevedeva originariamente

un’apertura a due fornici compressa tra due torri semicilindriche.

Successivamente, nel 401 per volere dell’imperatore Onorio, l’apertura fu rifatta ad un solo fornice, più facile da controllare e le torri furono rialzate e inglobate da basamenti a pianta quadrata.

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12 Le torri, nella difesa di una città, ricoprivano un’importanza primaria in questo periodo, ciò è ulteriormente confermato dall’interesse che la struttura architettonica ha suscitato all’interno di diversi trattati.

Tra questi il De architectura di Vitruvio dove l’architetto redige un passo dedicato alla buona maniera di edificare torri prima ancora di dedicarsi a ciò che esse dovevano proteggere, le città, per garantirne la solidità e la resistenza di queste in caso d’attacco20

.

Un importante fattore che aprirà la strada all’uso del campanile nei secoli successivi è l’uso, da parte dei romani e prima ancora dei cinesi, dei tintinnabula, veri e propri campanelli, che venivano suonati per segnalare l'apertura dei mercati, delle terme e per avvertire del passaggio di cortei sacri21 o, nel caso di torri isolate elevate in zone particolari come nei territori di confine, per segnalare pericoli o eventi particolari.

1.1.3 La torre e il campanile

Nel Medioevo, per la torre, vi è il sopraggiungere di nuove esigenze e quindi di ulteriori funzioni.

Persistono in questo panorama le torri militari ma, non avendo più le stesse necessità di protezione, molte di queste vengono riconvertite per rispondere alle nuove esigenze, conservando quindi l’aspetto e l’impianto forte e massiccio.

La funzione principale, che ora prende il sopravvento, è quella religiosa.

Sembra un pensiero comune ed indubbio che il campanile sia, da sempre, la dimora delle campane, poste al suo interno per essere sentite da lontano; ma la nuova veste religiosa della torre, assunta nel Medioevo, è ancora diversa da quella che ricopre per noi contemporanei.

Assessorato alla crescita culturale, Sovraintendenza capitolina ai beni culturali, Museo delle mura,

http://www.museodellemuraroma.it/sede/porta_san_sebastiano, Data di consultazione: Ottobre 25, 2017.

20 «le fondamenta delle torri e delle mura devono esser fatti nel modo seguente. Si scaverà fino al

terreno compatto, se è possibile trovarlo, e poi nel terreno compatto, fino alla profondità che sembrerà proporzionata alle dimensioni della costruzione, e la larghezza dello scavo sarà maggiore di quella prevista per le mura che appariranno in superficie, e lo scavo andrà riempito con la muratura quanto più compatta possibile. Quanto alle torri; devono essere sporgenti verso l’esterno, in modo che un nemico che volesse avvicinarsi al muro per prenderlo d’assalto possa essere colpito sui fianchi scoperti, a destra e a sinistra, con i dardi lanciati dalle torri.» Vitruvio, De architettura, a cura di P. Gros, cit., p.43.

21

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13 Essa, infatti, non deteneva da principio l’incarico di richiamare i fedeli, tramite l’uso delle campane, ma fungeva, con l’ausilio di scale interne (torri scalari), da elemento unificatore per rendere praticabili le parti superiori della costruzione22.

Il primo cenno, e forse la prima volta, in cui la torre-campanile acquista la funzione consueta, è raccontata nell’Historia Francorum di San Gregorio, vescovo di Tours, dell’VI secolo23.

Questo straordinario documento racconta un episodio, dove si attesta l’utilizzo delle campane poste su una torretta, con lo scopo di richiamare i fedeli, a Nola24, una piccola città della Campania, per opera di san Paolino (Meropio Ponzio Paolino), vescovo della città nel V secolo25.

Dopo quest’episodio, difficilmente troviamo scritti o progetti che attestino l’uso del campanile in altre chiese, fino ai primi del VII secolo quando, papa Sabiniano iniziò ad operare una conversione delle torri già esistenti, poste vicino a delle chiese, collocando le campane al loro interno26.

Ciò nonostante, la vera diffusione del campanile iniziò solo nell’VIII secolo quando, come dice Amalario di Metz in una lettera ad Hilduino, abate di Saint Denis, su richiesta di papa Stefano II, fu costruita una torre campanaria, con al suo interno tre campane, nell’antica Basilica di San Pietro a Roma27(fig.8) e fu introdotta l’usanza di suonare le campane per segnalare l’inizio delle celebrazioni28

.

Gianpaolo Trevisan ipotizza, che durante un viaggio per incontrare Pipino a Quierzy nel 754, il pontefice, recatosi nell’abbazia reale di Saint-Denis per la consacrazione del re e dei suoi figli, vide le campane alloggiate sopra il tetto, ed è possibile che

22 A questa descrizione corrisponderà a partire dall’VIII secolo la struttura nota come Westwerk

(corpo occidentale): riscontrabile maggiormente al centro dell'Impero e raramente in Italia. G. Vogel,

Atlante di architettura,cit., p.347.

23Michela Soranzo, Il campanile, http://www.micaelasoranzo.it/wp-content/uploads/Il-Campanile.pdf.

Data di consultazione: Ottobre 16, 2017.

24 Per questo motivo la campana verrà indicata, nei primi tempi, con il termine nola. Carlo Perogalli,

Architettura dell'alto medioevo occidentale: dall'età paleocristiana alla romanica, Milano:

Tamburini, 1974, p.290.

25 Le forme dei campanili nel Friuli Venezia Giulia,in Centro regionale di

catalogazione e restauro del Friuli Venezia Giulia,

http://www.ipac.regione.fvg.it/userfiles/file/ARCHITETTURA/AppuntiCampaniliFVGw(1).pdf. Data di consultazione: Ottobre 16, 2017.

26M. Soranzo, Il campanile, http://www.micaelasoranzo.it/wp-content/uploads/Il-Campanile.pdf. Data

di consultazione: Ottobre 16, 2017.

27

Del fondere campane: dall'archeologia alla produzione quadri regionali per l'Italia settentrionale,

atti del convegno, a cura di Silvia Lusuardi Siena, Elisabetta Neri, Università cattolica del Sacro Cuore, Milano 23-25 febbraio 2006, All'insegna del giglio, Firenze 2007, p.136.

28 Fino ad allora, come spiega nel Liber Officialis, secondo un’antica consuetudine romana risalente al

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14 proprio da Saint-Denis, o comunque dal viaggio nel Regno Franco, papa Stefano II abbia tratto ispirazione per introdurre a Roma le campane e la relativa torretta29. Da queste fonti traiamo la prova dell’origine dell’uso del campanile all’interno del contesto religioso, ma il merito per la sua diffusione va ai monasteri.

1.1.4 Il campanile nei monasteri

I monasteri svolsero un ruolo rilevante nella diffusione di alcuni elementi architettonici in tutta Europa.

Questi ultimi vennero inseriti nelle costruzioni dei nuovi monasteri, sia per funzioni legate alle esigenze liturgiche sia per rispondere a dettami in uso dalla regola e dai luoghi in cui venivano realizzati; fra gli elementi presi a modello vi è anche il campanile.

Per comprendere come mai i monasteri abbiano avuto un ruolo rilevante nella diffusione dei campanili bisogna conoscere la funzione che questi svolgevano al loro interno.

Prendendo come esempio gli statuti della regola benedettina30, troviamo riferimenti al termine signum (segnale) usato per scandire il tempo della vita quotidiana all’interno del monastero.

È logico pensare che questa funzione possa essere stata svolta, dopo l’atto operato da Stefano II, anche da un segnale sonoro, identificato con la campana.

Prima di essa, il compito era svolto in modi differenti: utilizzando il suono di una tromba, la percussione su una tavola di legno o la voce che intonava dei canti31. Le campane, all’interno dei monasteri, erano utili ai monaci, non solo per scandire le ore del giorno, evidenziando l’inizio e la fine di un’attività, come i momenti dedicati al lavoro secondo i dettami della regola, ma cosa ancora più importante, le campane erano indispensabili per la sopravvivenza di un monastero e della comunità circostante segnalando eventi non inseriti nel prevedibile contesto della vita quotidiana: pericoli come incendi, alluvioni, pestilenze o attacchi esterni.

Erano suonate anche per comunicare eventi miracolosi o traslazioni di reliquie, per annunciare la morte dei santi o momenti di gioia per la comunità dinastica.

29

Ivi,p.137.

30 Capitolo XXII, Quomodo dormiant monachi e capitolo XLVII, De significanda hora operis, in

Gregorio Magno, Vita di San Benedetto e la regola, trad. Benedettini di Subiaco, Roma: Città nuova, 1975, pp.162-165, 196-197.

31

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15 In definitiva, la maggior parte della vita era contraddistinta dal suono delle campane, e ciò portò ad un incremento nella costruzione di campanili in tutta Europa, dapprima nell’ambiente monastico poi anche al di fuori di esso.

I campanili iniziarono ad acquistare una forte valenza sociale, incarnando perfettamente la missione del monachesimo e acquistando un grande successo e una rapida diffusione, anche grazie ai pellegrinaggi, che portavano alla riproduzione di modelli architettonici, sia per il bisogno di strutture utili ai pellegrini stessi durante le soste lungo la via, sia perché fra i pellegrini erano presenti committenti e artisti che ritornati in patria riportavano e realizzavano ciò che avevano osservato.

Riguardo alle caratteristiche del campanile, nel monachesimo benedettino, si preferivano campane di piccole dimensioni, in modo da poter essere suonate facilmente da un solo uomo anche se, in seguito, le dimensioni aumentarono allontanandosi dall’ideale primario.

Da qui in poi si terrà conto non solo della funzione ma anche della forma che il campanile come simbolo doveva rivestire.

Il X secolo si pone come momento di svolta nella costruzione di campanili, dove la grazia estetica e la grazia santificante si uniscono 32; ciò porterà alla realizzazione di veri capolavori d’architettura, riuscendo a fondere la bellezza e l’armonia della forma ad una struttura che deve tener conto, ed è condizionata, dagli strumenti che è destinata ad ospitare, le campane, con il loro peso e le loro dimensioni.

Nella cultura europea, le campane del campanile assumeranno una connotazione sociale, identificando una vera e propria tradizione della comunità locale: da qui quell’intramontabile discutibile termine di campanilismo33

.

1.1.5 Il campanile e gli ordini riformatori

Al contrario degli ordini monastici, i nuovi ordini riformatori, come il cistercense sorto dal secolo XII o successivamente gli ordini mendicanti comparsi dal XIII secolo, rifiutarono in tutto o in parte, per motivazioni diverse, la costruzione di elementi tipici degli edifici religiosi e comunemente utilizzati nella maggior parte di chiese e cattedrali: tra questi anche il campanile.

All’interno degli statuti dei diversi ordini troviamo riferimenti su quest’argomento.

32 F. Gurrieri, Il campanile di Giotto, cit., p.8. 33

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16 L’ordine cistercense ebbe origine come reazione al lusso del monastero di Cluny, promulgando e attuando un ritorno alla vita governata da regole severe e ascetiche. Con Bernardo di Chiaravalle, dal 1113, la regola si andò diffondendo con più di cinquecento fondazioni34 segnate dalla severità spirituale con strutture semplici, chiare e severe.

Nell’Esordium Parvum35

, documento cistercense del XII secolo, venivano fissati i

paramenti liturgici e si stabilivano le linee guida per la costruzione degli edifici; bandite sculture ornamentali e affreschi all’interno, tanto nelle chiese quanto nei monasteri, e all’esterno la facciate dovevano essere disadorne di sculture nei portali e, con l’annotazione del 1157, si vietava l’edificazione di campanili di pietra 36

; era consentita solo una torretta 37 originariamente di legno con la medesima funzione ma non doveva elevarsi oltre l’altezza della chiesa; infatti gli edifici cistercensi erano contraddistinti da uno sviluppo orizzontale non molto elevato, mantenendo un aspetto alquanto tozzo 38.

Diversamente, all’interno degli ordini mendicanti la modestia degli edifici è un discorso legato alla volontà di trascorrere la vita in povertà.

Ad esempio, nelle Costituzioni dei Frati Predicatori del 1228 erano fissate precise restrizioni riguardanti l’aspetto ed il dimensionamento degli edifici conventuali 39

, e ancora nelle parole e nelle intenzioni di San Domenico vi era la volontà di riprendere l’aspirazione edilizia legata ai Cistercensi, con costruzioni semplici e severe eliminando il superfluo, ancora combattuto nel XIII secolo, negli statuti dell’ordine. Gli Statuti Generalia di Narbona costituiscono la prima regolamentazione ufficiale nota, relativa all’ordine dei frati minori, compilata da Bonaventura da Bagnoregio in cui, nel paragrafo sull’osservanza della povertà, era introdotto un complesso di norme da rispettare, riguardanti sia la costruzione degli edifici sia l’edificazione del campanile «Campanile ecclesiae ad modum turris de cetero nusquam fiat»40.

34

Rolf Toman, L’arte del Romanico, trad. Andrea Panaccione, Milano: Ready-made, 1999, p.68.

35 Luis Lekai, I Cistercensi: ideali e realtà, Pavia: Certosa di Pavia, 1989, pp. 29-44.

36 «Turres lapideae ad campanas non fiant», in Statuta capitulorum generalium, I, 1933, p. 61. 37 R. Toman, L’arte del Romanico, cit., p.68.

38 Ivi, p.78. 39

Gabriella Villetti, Studi sull’edilizia degli ordini mendicanti: Un quadro generale dell’edilizia

mendicante attraverso le grandi chiese, Roma: Gangemi editore, 2003, s.p..

40 Alessandro Tomei, Francescani, in Enciclopedia dell’arte medievale Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/francescani_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di consultazione: Ottobre 16, 2017.

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17 Comunque nelle Constitutiones, dell’ordine francescano del 1260, sono presenti diverse indicazioni su alcuni specifici elementi architettonici, e tra di esse troviamo il divieto di affiancare alle chiese, imponenti torri campanarie41.

Fu realmente complicato e in parte disatteso in compito di far rispettare queste volontà da parte degli ordini mendicanti, in quanto il loro sistema di finanziamento delle costruzioni, come precedentemente detto, avveniva tramite elemosine e donazioni da parte di cittadini42 o elargizioni del pubblico erario, oltre alle indulgenze e finanziamenti da parte del papa e dei vescovi43.

Gli ideali di questi ordini erano il ritorno ai tempi evangelici, mossi da sobrietà e povertà, al contrario di quanto stava accadendo nella Chiesa44 ma anche grazie al

Quoniam Abundant Iniquitas45, conferito da Gregorio IX, i frati minori, nel 1237,

acquisirono la facoltà di poter ascoltare la confessione dei fedeli, oltre alla predicazione; ciò portò ad una sistematizzazione dei frati all’interno del contesto urbano con l’esigenza di edifici sempre più capienti, data la crescente affluenza di fedeli, e di conseguenza maggiori donazioni con l’acquisto di cappelle, all’interno delle chiese, decorate dai committenti e quindi non conformi agli statuti.

1.1.6 Il campanile/torre nell’architettura profana

Dall’XI secolo le torri andarono a contraddistinguere e popolare il contesto urbano delle città. In questa fase i campanili di carattere religioso, sia in uso che di chiese eventualmente sconsacrate, vennero impiegati dalla popolazione con scopi civili e persino come torri civiche.

È il caso di Pistoia che, nel 1105, diviene un libero comune con impronta filo-imperiale e poi ghibellina46. Qui, come si vede tutt’oggi, il palazzo comunale o degli anziani non possiede alcuna torre, ciò è dovuto alla presenza, nella stessa piazza, della Cattedrale di San Zeno con, isolato sul fianco sinistro della facciata, il campanile (fig.9).

41 Ibidem. Data di consultazione: Giugno 16, 2018. 42

Wolfgang Schenkluhn, Architetture degli ordini mendicanti,lo stile architettonico dei Domenicani e

Francescani in Europa,Padova: Editrici francescane, 2003, p.9.

43 G. Villetti, Studi sull’edilizia degli ordini mendicanti: Un quadro generale dell’edilizia mendicante

attraverso le grandi chiese,cit., s.p..

44 L. Lekai, I Cistercensi: ideali e realtà, pp.29-44. Cfr. W. Schenkuhn, Architettura degli ordini

mendicanti, lo stile architettonico dei Domenicani e Francescani in Europa,cit., pp.17-18, 23-25.

45G. Villetti, Studi sull’edilizia degli ordini mendicanti: Un quadro generale dell’edilizia mendicante

attraverso le grandi chiese, cit., s.p..

46 Chris Wickham, Sonnambuli verso un nuovo mondo, l’affermazione dei comuni italiani nel XII

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18 Quest’ultimo, secondo alcuni studiosi tra cui il Beani 47

, si presenterebbe come il risultato di una ristrutturazione attribuita a Giovanni Pisano, come suggerito anche dal Vasari nella Vita dell’artista48.

A lungo è stato supposto da alcuni storici, come il Chiappelli49, che il campanile coincidesse con un’antica torre longobarda citata in un diploma del 998, scritto dall’imperatore Onorio III per il vescovo pistoiese Antonino50

ma, si è poi arrivati alla conclusione che questa fosse in realtà situata più ad ovest e quindi non coinciderebbe con il campanile attuale costruito ex-novo a partire dal XII secolo51. A questo periodo risale la base, illuminata tramite feritoie, mentre i due ordini superiori in stile pisano e pisano-lucchese, si fanno risalire ad un intervento più tardo, come suggerito dalla decorazione delle bifore con ghiere e lunette policrome52. Gurrieri ha ipotizzato che l’esecuzione degli ordini superiori fosse da ricondurre a Giovanni Pisano attivo a Pistoia, tra il 1298 e il 1301, nell’esecuzione del pergamo nella chiesa di Sant’Andrea53.

Il campanile della Cattedrale quindi rivestiva una funzione di rilievo all’interno del complesso architettonico, in quanto si occupava non solo di incarichi religiosi ma anche di incarichi pubblici.

La funzione di torre civica è stata dimostrata grazie a dei documenti che annotarono i finanziamenti della Camera pubblica nella sua edificazione54 nonché per la presenza, al pian terreno, della sede del camarlingo del comune; inoltre anche grazie alla sua proprietà si è arrivati a questa conclusione; essa infatti faceva parte del patrimonio del comune, lasciando al clero solo l’uso delle campane, ciò è noto a causa di un collegamento diretto tra cattedrale e campanile sopravvissuto fino al XX secolo55. Attraverso alcune fonti56, difatti, siamo a conoscenza di una disputa, per via di un fonte battesimale, tra gli operai di San Zeno, appoggiati dal governo cittadino, e i canonici della cattedrale, i primi impedirono l’accesso al campanile sbarrando la

47

Cristina Acidini Luchinat, La cattedrale di San Zeno a Pistoia, Milano: Silvana editoriale, 2005, pp.15-16.

48 Ivi, p.18. 49

Luigi Chiappelli, Studi storici pistoiesi, vol.I, Pistoia: Officina tipografica cooperativa, 1919, p.148.

50 Francesco Gurrieri, La Piazza del Duomo a Pistoia, Bergamo: Bolis Edizioni, 1995, p.83, Cfr. C.

Acidini Luchinat, La cattedrale di San Zeno a Pistoia, cit., p.29.

51 F. Gurrieri, La Piazza del Duomo a Pistoia, cit., p.83.

52 C. Acidini Luchinat, La cattedrale di San Zeno a Pistoia, cit., p.17. 53

F. Gurrieri, La Piazza del Duomo a Pistoia, cit., p.84.

54 Ivi, p.28. 55 Ididem.

56 Alfredo Pacini, La chiesa pistoiese e la sua cattedrale nel tempi. Repertorio di documenti (a.255-

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19 porta che metteva in comunicazione chiesa e edificio, aprendone un’altra accessibile dalla piazza in modo da poter comunque permetterne l’accesso per le pratiche civili. Per scopi difensivi, invece, molte sono le torri, di chiese o in possesso di ricche famiglie, poste in prossimità della prima cinta muraria, che servivano anch’esse per il controllo e la difesa della città57.

Anche per la torre civica di Pavia che, come ricordato da Opicino de Canistris58, si rifaceva ad una divisione strutturale tipica delle torri cittadine, è stato condotto uno studio59 che ne attesta sia un uso religioso sia civico.

Oggi, la torre civica non più visibile per via del crollo del Marzo del 198960.

Gaetano Panazza61 né indica una genesi religiosa, come campanile della cattedrale di Santo Stefano posta nella piazza di San Siro.

Prima del crollo, la torre si mostrava come il risultato di una serie di rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli; da un’origine altomedievale fra il VII-VIII secolo, ad un muro intermedio del X secolo e ancora una ristrutturazione romanica del XII secolo62.

All’XI secolo risale invece l’unione della zona inferiore della torre, di proprietà del vescovo, con la facciata romanica di Santo Stefano e la realizzazione di una cappella63.

Questa grazie al ritrovamento di alcuni resti, come monete, frammenti di vetro colorato, tessere di mosaico e resti di lavorazione di metalli, non fu mai usata per funzioni religiose ma venne impiegata come ambiente di lavoro per la realizzazione della cattedrale64.

Questi studi certificano anche in Pavia questo doppio uso: torre civica e campanile.

57 Martina Giannini, Topografia urbana a Pistoia: la basilica episcopale paleocristiana, Pisa:

Edizioni ETS, 2012, p.23.

58

Michael Camille, OPICINO de Canistris, in Enciclopedia dell' Arte Medievale Treccani, 1997,

http://www.treccani.it/enciclopedia/opicino-de-canistris_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di Consultazione: Maggio 22, 2019.

59

Anna Segagni Malacart, La torre civica e le torri campanarie padane del secolo XI, Milano: Banca del Monte di Lombardia, 1989, pp.52-57.

60 Enrico Bonerandi, Un boato e l' antica torre si sbriciola, in Archivio La Repubblica 18 Marzo

1989, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/03/18/un-boato-antica-torre-si-sbriciola.html, Data di consultazione: Maggio 22, 2019.

61

Hugo Blake, Scavo nella Torre Civica di Pavia, in Archeologia Medievale, vol.I, Genn. 1, 1974, p.149-150.

62 A. Segagni Malacart, La torre civica e le torri campanarie padane del secolo XI, cit., p.52. 63 Ivi, p.53.

64

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20 In questo periodo storico entrambe le funzioni furono tenute in grande considerazione per via dei nuovi assetti cittadini che si stavano creando, la formazione dei comuni.

In questa fase s’iniziò, inoltre, ad edificare anche torri civili e case-torri come simbolo della città o di precise famiglie65; queste, andarono ad ornare e distinguere i palazzi comunali ma anche le dimore vescovili e dei principi laici.

Le torri, in questa fase, ripresero la funzione difensiva dell’epoca romana, sia nelle cinte murarie che nei castelli, facendosi anche simbolo di forza e potenza di importanti famiglie della nobiltà. Un esempio è San Gimignano (fig.10), disseminata di torri costruite da nobili e potenti mercanti per dimostrare il grado d’importanza e di forza della propria famiglia: più alta era la torre, più importanti forti e ricchi erano i proprietari.

A Pisa, questo rappresentò un problema risolto dal vescovo Daiberto, con il lodo delle torri del 1088-109266, in cui venne stabilito un limite in altezza per le torri che tutti dovevano rispettare, anche gli edifici religiosi, se la torre era accessibile fino alla sommità.

Dalla fine dell’XI secolo, nella fase nota come età comunale, torri campanarie furono spesso edificate anche nei palazzi comunali, in opposizione ai campanili delle maggiori chiese della città, quale simbolo di presa di potere e di forza del popolo,

65 F. Gurrieri, Il campanile di Giotto, cit., p.7.

66 Io Daiberto, sebbene indegno, tuttavia per divina provvidenza vescovo di Pisa, […], considerando

l'antico male della città di Pisa della superbia, a causa della quale quotidianamente avvengono innumerevoli omicidi, spergiuri, matrimoni incestuosi fra consanguinei, specialmente in occasione di distruzioni di case e di altri numerosi mali, […]giudico e impongo con fermezza a tutti gli abitanti di Pisa, dei Borghi e di Chinzica, in nome del giuramento da loro prestato, che nessuno da oggi in poi presuma di costruire o in qualche modo far riparare la propria abitazione in maniera che superi in altezza la torre di Stefano, figlio di Baldovino, e di Lamberto, per quelli di Chinzica la torre di

Guinizone figlio di Gontolino… Renato Bordone, Reti medievali, 2000.

http://rm.univr.it/didattica/fonti/bordone/sez3/cap22.htm. Data di consultazione: Ottobre 17, 2017; Cfr. Lorenzo Tanzini, A consiglio: la vita politica nell’Italia dei comuni, Roma: Laterza, 2014, p.8, Cfr. Gabriella Rossetti, Il lodo del vescovo Daiberto sull’altezza delle torri: prima carta

costituzionale della repubblica pisana, in Pisa e la Toscana occidentale nel Medioevo, a Cinzio Violante nei suoi 70 anni, vol.II, Pisa: GISEM-ETS, 1991, pp. 25-45, Cfr. Mauro Ronzani, Gli altri detentori dell’ufficio viscontile nel secolo XI e le conseguenze della pacificazione promossa dal vescovo Daiberto nel 1089-1090, in Le tre famiglie dei «Visconti» nella Pisa dei secoli XI-XIII. Origini e genealogie alla luce di un documento del 1245 relativo al patronato del monastero di S. Zeno, pp.56-57, file:///C:/Users/user/Downloads/Le_tre_famiglie_dei_Visconti_di_Pisa.pdf, Data di consultazione: Maggio 23, 2019. Cfr. I brevi consoli del comune di Pisa degli anni 1162 e 1164, a cura di Ottavio Banti, Roma: ISME, 1997, pp.110-113.

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21 contro quello religioso che, in alcune città come Milano, era esercitato da vescovi, arcivescovi o chi per loro 67.

Qui il comune prese a riunirsi nel palazzo noto come Broletto Vecchio, oggi sostituito totalmente dal Palazzo Reale, sede del governo cittadino fino alla metà del Duecento68.

Ad Asti, in Piemonte, dominata dai marchesi di Torino e dai vescovi che esercitavo un forte controllo sulla città, i cittadini si ribellarono contro entrambi nel 1066 e nel 1091 istituendo il comune colloquium69 che veniva convocato tramite la campana del

campanile della cattedrale70; situazione simile a Cremona dove il popolo formò un

comunum che si contrappose al vescovo e ai suoi vassalli rurali71.

A Cremona il comune edificò, come luogo per assemblee e incontri, il Palazzo del Comune nel 120672; anche se il palazzo contemporaneo è il risultato di numerose sovrapposizioni osserviamo comunque, in posizione arretrata rispetto alla facciata, una piccola torre a base quadrata forse edificata su una precedente.

Il campanile in questa fase incrementa le sue funzioni: oltre a scandire il tempo della giornata, serviva ad annunciare l’apertura del mercato o altri importanti avvenimenti, a dare l'allarme in caso di pericolo e, fatto ancora più importante, ad indicare le convocazioni delle assemblee.

Ciò è attestato a Genova, nel 1157, dove venne pubblicato il testo della Compagna

Communis73 al cui interno vi è un giuramento di fedeltà al comune che recita: «quando udrò la campana che suona per il parlamento, o la campanella che chiama il popolo per le vie della città […] mi recherò al parlamento»74

, questo dimostra l’ingresso di una nuova funzione per il campanile, un nuovo suono legato alla vita politica.

Molteplici furono i palazzi comunali che sorsero in questo periodo, con caratteristiche utili ad affermare il potere cittadino; un esempio è il palazzo pubblico

67 C. Wickham, Sonnambuli verso un nuovo mondo, l’affermazione dei comuni italiani nel XII secolo,

cit., pp.29-74.

68

Il Palazzo Reale di Milano, a cura di Enrico Colle, Fernando Mazzocca, Milano: Skira, p.11.

69 C. Wickham, Sonnambuli verso un nuovo mondo, l’affermazione dei comuni italiani nel XII secolo,

cit., pp.169-170.

70 Alfredo Bianco, Asti medioevale, Asti: Cassa di risparmio di Asti, 1960, pp.187-188.

71 Ivi, p.177, Cfr. Le carte cremonesi dei secoli VIII-XII, a cura di Ettore Falconi, vol. II, Cremona,

1979-1988, nn. 242, 273, 279, 296-298, 316.

72 Guida d’Italia Lombardia, in «Touring club italiano», Milano: Centro grafico Milano, 1999, p.831. 73 L. Tanzini, A consiglio: la vita politica nell’Italia dei comuni, cit., p.8.

74 Codice diplomatico della Repubblica di Genova, a cura di C. Imperiale di Sant’Angelo, vol. I,

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22 di Siena dove, già dal suo interno, tramite gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti, si esaltava la vita comunale.

La stessa finalità è risolta ancor di più al suo esterno con la torre del Mangia (fig.11), elevata con l’intenzione di superare quella del duomo, in modo da sancire il nuovo potere del comune su quello antecedente del vescovo alla guida della città. La cella, disegnata da Lippo Memmi, termina con una struttura simile, per alcuni, ad una torcia75, rimandando alla funzione di guida ed anche come punto di riferimento visivo all’interno del contesto urbano.

Nella prima metà del XII secolo anche a Volterra, come in tutta la Toscana, si instaurò un potere comunale che rimase in accordo, in un primo moneto, con il vescovo Galgano76 ma, già nei primi del Duecento affermò la sua autonomia, dichiarata anche dall’edificazione della sede comunale, simbolo del potere acquisito77.

Durante la costruzione del palazzo pubblico, iniziato sul finire del primo decennio del Duecento, le riunioni del comune avvenivano nella cattedrale. Dal 1224, per distinguersi dal precedente governo cittadino, si decise di acquistare, di fronte alla sede in costruzione, dei palazzi e la torre detta del Porcellino, che ospitò la campana del Comune ed era utilizzata come carcere fino a che il Palazzo dei Priori (fig.12), non fu ultimato78.

Il palazzo o Domus Communis79 fu terminato nella seconda metà del Duecento e destinato agli Anziani80 come residenza; la data è confermata da un’epigrafe dove si comunica anche il nome dell’architetto preposto alla sua edificazione in quegli ultimi anni: Riccardo da Como81 .

La torre che oggi vediamo in facciata non è l’originale; ma sostituisce una di epoca medievale, situata nell’angolo nord-ovest del palazzo. Aveva un aspetto semplice, con quattro pilastri sulla sommità che sostenevano la campane del popolo. Secondo il

75

Patrick Nuttgens, Storia dell'architettura, Milano: Bruno Mondadori, 2001, p.175.

76 Volterra d’oro e di pietra, a cura di Mariagiulia Burresi, Antonino Caleca, Pisa: Pacini editore,

2006, p.19. Cfr. Enrico Fiumi, Volterra e San Gimignano nel Medioevo, San Gimignano: Cooperativa Nuovi quaderni, 1983, pp.108-113.

77 Volterra d’oro e di pietra, a cura di M. Burresi, A. Caleca, cit., p.20. Cfr. Andrea Augenti, Ottone I

e l'Europa: Volterra da Ottone I all'età comunale, catalogo della mostra 2 settembre-4 novembre

2001 Volterra Palazzo Minucci, Siena: Nuova immagine, 2001, pp.21-23.

78 Volterra d’oro e di pietra, a cura di M. Burresi, A. Caleca, cit., p.22. 79

Maria Luisa Ceccarelli Lemut, Alessandro Furiesi, La Piazza dei Priori di Volterra, Pisa: ETS, 2005, pp.13-30.

80 Alessandro Furiesi, Il Palazzo dei Priori, in Volterra d’oro e di pietra, a cura di M. Burresi, A.

Caleca, cit., pp.35-36.

81

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23 Furiesi82, questa fu demolita e ricostruita nella posizione attuale durante il periodo fiorentino del Cinquecento, forse per riprendere la struttura di Palazzo Vecchio a Firenze, invece, secondo gli studi di Augenti83 , la torre medievale crollò a causa di un terremoto nell’Ottocento.

Attualmente si vede una torre a pianta pentagonale, decorata con gli stemmi della città, del Comune e del Popolo: la croce rossa in campo bianco, il grifone rosso che sottomette il drago verde, e lo scudo bianco e rosso.

Altro importante palazzo comunale da prendere in esame è il Palazzo Vecchio di Firenze (fig.13), che da sette secoli si occupa della politica e dell’amministrazione della città84.

Anche a Firenze nel XII secolo si instaurò il Comune che crebbe sempre più per forza e importanza, portando alla costruzione, nel 1299, del Palazzo dei Priori che, secondo il Vasari, è da attribuire ad Arnolfo di Cambio85.

La torre di Arnolfo fu terminata entro il 1318 e reca tracce dirette degli insegnamenti dell’artista86

.

A pianta rettangolare, questa, prese il posto di una precedente casa-torre nota con il nome della famiglia che ne aveva la proprietà: Torre dei Foraboschi87.

La torre odierna, alta circa 94 metri, è decentrata sulla facciata verso il lato sud; alla sommità, la cella, si amplia a sbalzo ed è scandita da mensoloni e caditoie che permettono di alleggerire la struttura; sopra, la cella campanaria è occupata da un’edicola creata dall’unione di pilastri cilindrici con capitelli decorati a foglie d’acqua uncinata, reggenti la copertura con merli ghibellini88

.

Per quanto riguarda le varie tipologie di torri campanarie medievali e le loro differenze saranno analizzate nel paragrafo successivo.

82

Ivi, p.36.

83 A. Augenti, Ottone I e l'Europa: Volterra da Ottone I all'età comunale, cit., p.32. Cfr. M. L.

Ceccarelli Lemut, A. Furiesi, La Piazza dei Priori di Volterra, cit., p.22.

84

Chiamato, in epoca medievale, Palazzo dei Priori ospitò al suo interno la Signoria, divenne Palazzo Ducale con Cosimo I de’ Medici e prese il nome che oggi conosciamo solo nel Cinquecento. Ugo Muccini, Pittura, scultura e architettura nel Palazzo Vecchio di Firenze, Firenze: Le Lettere, 1997, p.6.

85 Ivi, p.9. 86

Valerio Ascani, La traccia di Arnolfo nella cultura artistica trecentesca a Firenze e le sue origini, Firenze: Olschki, 2009, p.87.

87 U. Muccini, Pittura, scultura e architettura nel Palazzo Vecchio di Firenze, cit., pp.26-28.

88 V. Ascani, La traccia di Arnolfo nella cultura artistica trecentesca a Firenze e le sue origini, cit.,

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1.2 Le tipologie del campanile

Tornando ad occuparci di campanili religiosi, è rilevante considerarli, anche da un punto di vista strettamente architettonico.

Il campanile è identificato dal suo sviluppo verticale ma, oltre questa costante, diverse sono le proprietà che caratterizzano questa costruzione, all’interno del vasto panorama europeo e italiano.

Distinguiamo diversi schemi costruttivi basati sia sulla forma stessa del campanile, in base alla pianta, e sulla sua collocazione in relazione all’edificio principale, quale esso sia una cattedrale, un monastero o una chiesa.

1.2.1 La pianta

I campanili possono assumere tre forme planimetriche: circolare, quadrangolare o poligonale.

La scelta della pianta è legata, nel Medioevo, ai committenti e ai modelli che questi desideravano imitare, alla funzione particolare che l’edificio doveva ricoprire nonché alla collocazione che si voleva o doveva occupare.

La scelta fra questi modelli non è puramente casuale ma rispondeva a diverse questioni relative all’idea che il o i committenti volevano richiamare, e agli influssi esercitati nella zona. Per questo, per il committente, era importante l’aspetto dell’edificio, egli era auctor e actor 89

: come un regista decideva lo stile e i modelli da cui copiare e cui ispirarsi, sceglieva forma, sito e particolari.

Nel Medioevo, il concetto di copia non è considerato con l’accezione negativa contemporanea, anzi, si sceglieva volontariamente di copiare un edificio o degli elementi di questo, per rendere omaggio ad un’opera riconosciuta come particolarmente importante, sia per motivi costruttivi che per motivi politici e religiosi.

Commissionare un’opera, difatti, per il committente si legava all’idea di un dono, un omaggio al Santo in cambio della salvezza eterna90.

Questa pratica si diffuse anche tra territori molto lontani dove, su sporadici casi in cui si elaboravano forme originali, l’uso di imitare era radicato nel costume culturale.

89 R. Toman, L’arte del Romanico, cit., p.17. 90

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La pianta circolare

La pianta circolare, è la più antica, la sua forma ha origine proprio dalle torri murarie romane di cui ho parlato precedentemente.

Nell’iconografia cristiana, il cerchio è la forma perfetta; non è altro che un punto in esteso, simboleggia la sussistenza e la consumazione di tutte le cose, l'Alfa e l'Omega, senza inizio e senza fine, ma anche l’immutabilità, l'Eternità, il cielo e la divinità91.

Importanti esempi di questa tipologia sono i campanili di Ravenna che, sin dall’età carolingia, vennero realizzati a pianta circolare come nella Cattedrale della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, in Sant’Apollinare in Classe e in Sant’Apollinare nuovo e si datano tra il IX e il X secolo, derivanti da torri scalari92

. Il campanile della Cattedrale di Ravenna (fig.14) sorge sul lato sinistro della basilica, arretrato rispetto alla facciata e raggiunge un’altezza di circa 38 metri.

In alzato presenta una sequenza di aperture che, dal basso verso l’alto, vanno ad aumentare; un triplice ordine di feritoie in basso, un ordine con quattro aperture circolari subito sopra, una serie di monofore seguite da un livello di bifore e infine da due ordini di trifore, quelle in alto, poggianti su pilastri rettangolari, sono inquadrate da archi a tutto sesto con l’apertura centrale più ampia di quelle laterali.

La copertura, costituita da lastre di piombo, sorregge la croce e una banderuola93. Sant’Apollinare in Classe (fig.15), eretta nel VI secolo presso il porto di Classe, mostra in pianta un’articolazione su tre navate94.

L’interno è contraddistinto da una ricca decorazione musiva (fig.16); nel catino absidale vediamo un’eccezionale scena di Trasfigurazione con figure umane e simboliche95, al centro domina una croce gemmata stagliata su un cielo stellato mentre ai lati di questa vediamo Mosè e Elia e sotto di loro tre pecorelle in un

91

Dalla terra al cielo: simboli di un cammino, a cura di Stefano Salucci, Altopascio: Comune di Altopascio, 2006, p.16.

92 Laudedeo Testi, Intorno ai campanili di Ravenna, in «L’Arte», vol. VI, 1903, p.167. 93

Giuseppe Bovini, Edifici di culto di Ravenna d'età preteodoriciana, Bologna: Patron, 1969, pp.41-42. Cfr. Rita Fabbri, I campanili di Ravenna: Storia e restauri, Ravenna: Longo editore, 2008, pp.17-18.

94 Eugenio Russo, L'architettura di Ravenna paleocristiana, in Venezia e Bisanzio: aspetti della

cultura artistica bizantina da Ravenna a Venezia (V-XIV secolo), a cura di Clementina Rizzardi,

Venezia: Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 2005, p.134.

95 Clementina Rizzardi, I mosaici parietali di Ravenna, in Venezia e Bisanzio: aspetti della cultura

artistica bizantina da Ravenna a Venezia (V-XIV secolo), a cura di C. Rizzardi, cit., pp.248-249. Cfr.

Giuseppe Bovini, Edifici di culto d'età paleocristiana nel territorio ravennate di Classe, Bologna: Patron, 1969, pp.71-88.

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Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

26 giardino fiorito, identificabili con gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni; in basso, l’immagine del protovescovo Sant’Apollinare in atteggiamento orante si staglia al centro di dodici pecorelle, i suoi fedeli96.

Qui si esprime l’esaltazione della chiesa universale e della chiesa locale, rappresentata da Sant’Apollinare e dai suoi successori, collocati fra le finestre sottostanti97.

All’esterno, il campanile è situato sul fianco sinistro dell’edificio ed è connesso ad esso tramite un corridoio al piano terra; con pianta circolare, si sviluppa in altezza sino a 37,50 metri circa, ed è scandito, dal basso verso l’alto, in diversi ordini divisi da cornici marcapiano e da sequenze di aperture che crescono di numero verso l’alto, da monofore, a bifore fino a trifore98.

Sant’Apollinare Nuovo (fig.17), consacrata nel VI secolo, venne eretta dal re Teodorico con la destinazione iniziale al culto ariano, ma con Giustiniano si legò alla chiesa cattolica e quindi al culto cristiano99.

Anch’essa a tre navate divise da colonne con capitelli corinzi uniti alle arcate tramite pulvini, termina con un’abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno. All’interno (fig.18) è rivestita da una ricchissima decorazione a mosaico su fondo oro, con figure di Santi e di Vergini che avanzano in una processione verso l’abside; l’oro, nelle vesti delle sante, nei nimbi, nello sfondo, contribuisce a creare un’atmosfera magica che produce nello spettatore un grande effetto psicologico100

. Il campanile, situato alla destra della facciata e adiacente ad essa, ha una struttura cilindrica che arriva circa a 38 metri d’altezza, divisa in sette ordini da cornici marcapiano; privo di elementi decorativi mostra anche qui come in Sant’Apollinare

96

La grande storia dell’arte: Il Medioevo, Milano Firenze: Il sole 24 ore E-ducation.it, 2005, pp.72-73. Cfr. G. Bovini, Edifici di culto d'età paleocristiana nel territorio ravennate di Classe, cit., pp.76-83.

97

Giovanni Montanari, Ravenna l'iconologia: saggi di interpretazione culturale e religiosa dei cicli

musivi, Ravenna: Longo, 2002, pp.149-171.

98 G. Bovini, Edifici di culto d'età paleocristiana nel territorio ravennate di Classe, cit., pp.61-69. Cfr.

R. Fabbri, I campanili di Ravenna: Storia e restauri, cit., pp.35-36.

99 Pierluigi de Vecchi, Elda Cerchiari, Arte nel tempo: dalla Preistoria al Medioevo, vol. I, Milano:

Bompiani, 1991, pp.284-288. Cfr. Rita Zanotto, La chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, in

Venezia e Bisanzio: aspetti della cultura artistica bizantina da Ravenna a Venezia (V-XIV secolo), a

cura di C. Rizzardi, cit., pp.351-357.

100 Giuseppe Bovini, Edifici di culto dell’età teodoriciana e giustinianea a Ravenna, Bologna: Patron,

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Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

27 in Classe una sequenza di aperture, dalle feritoie in basso, si procede con tre ordini di monofore, tre di bifore e due di trifore poggianti su colonnine101.

Le torri a pianta circolare a Ravenna sono comuni per via dei rapporti che la città ha intrattenuto, già dal V secolo, con Costantinopoli e l’Impero d’Oriente.

La fortunata posizione geografica, consentì alla città facili collegamenti sia con il Nord Italia sia con la parte orientale dell’Impero102

.

Con la morte di Teodosio le vicende storico-artistiche fra le due città si intrecciarono sempre di più; l’imperatore infatti divise i territori tra i suoi figli: ad Arcadio, andò l’Oriente con capitale Costantinopoli e ad Onorio, andò l’Occidente con capitale prima a Milano e dopo a Ravenna103.

Alla morte di Onorio con Galla Placidia, che assunse la reggenza per il figlio Valentiniano III, i legami con l’Oriente ottennero nuova linfa nell’attività artistica e culturale che raggiungerà il massimo splendore con Giustiniano grazie all’arrivo di diversi artisti da Costantinopoli104.

Grazie ai loro studi, il Toesca105, Mango106, Deichmann107, De Angelis d’Ossat108 e Russo109, hanno evidenziato i rapporti tra l’architettura ravennate e quella di Costantinopoli; la prima deve molto alla seconda a livello ideologico, iconografico e stilistico.

I campanili ravennati secondo Rivoira110 e Toesca111, hanno forma circolare perché i costruttori del VI secolo ripresero la forma delle torri scalari di San Vitale112.

101 R. Fabbri, I campanili di Ravenna: Storia e restauri, cit., p.23. Cfr. G. Bovini, Edifici di culto

dell’età teodoriciana e giustinianea a Ravenna, cit., pp.67-68.

102

Raffaella Farioli Campanati, Ravenna e i suoi rapporti con Costantinopoli: la scultura (secoli

V-VI), in Venezia e Bisanzio: aspetti della cultura artistica bizantina da Ravenna a Venezia (V-XIV secolo), a cura di C. Rizzardi, cit., p.13.

103 Augusto Torre, Ravenna: Storia di 3000 anni, Ravenna: Edizioni del Girasole, 1967, pp.21-35.

Cfr. Silvia Pasi, Ravenna e Bisanzio, in Venezia e Bisanzio: aspetti della cultura artistica bizantina da

Ravenna a Venezia (V-XIV secolo), a cura di C. Rizzardi, pp.46-47.

104 Ivi, pp.49-50.

105 Pietro Toesca, Storia dell'Arte Italiana: Il Medioevo, Milano: UTET, 1965. 106

Cyril Mango, Architettura bizantina, Milano: Electa, 1978, pp.71-78.

107 Friedrich Wilhelm Deichmann, Ravenna. Capital of the Late Antique Occident, vol.I, vol.II,

Wiesbaden: Rudolf Steiner editore, 1969-1989.

108

Guglielmo De Angelis d’Ossat, Studi ravennati. Problemi di architettura paleocristiana, Roma: Edizioni Dante, 1962.

109 E. Russo, L'architettura di Ravenna paleocristiana, in Venezia e Bisanzio: aspetti della cultura

artistica bizantina da Ravenna a Venezia (V-XIV secolo), a cura di C. Rizzardi, cit., pp.56-57.

110 Giovanni Teresio Rivoira, Le origini della architettura lombarda e delle sue principali derivazioni

nei paesi d'oltralpe,Roma: E. Loescher, 1901, p.52.

111 P. Toesca, Storia dell'Arte Italiana: Il Medioevo, vol.I, part. 2, nota 48, Milano: UTET, 1965,

p.104.

112 Origine, storia e derivazione della forma dei campanili: il dibattito all’inizio del novecento, in R.

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