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2.1 La Sicilia e le sue dominazioni

2.1.1 Gli Arabi

La conquista araba della Sicilia ebbe inizio, con dei primi tentativi falliti, dal 652160. L’isola era popolata, già da un secolo, dai Bizantini con capitale Siracusa; la loro sovranità veniva riconosciuta da tutti i principati italiani centro-meridionali e dall’imperatore franco Carlo Magno a cui non interessavano le sorti della Sicilia161

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160

Fara Misuraca, La Sicilia Araba, http://www.ilportaledelsud.org/siciliaaraba.htm. Data di consultazione: Ottobre 11, 2018. Cfr. Umberto Rizzitano, La conquista musulmana, in Storia della

Sicilia, vol.III, Napoli : Società editrice Storia di Napoli e della Sicilia, 1980, pp.97-176.

161 Alberto Costantino, Gli Arabi in Sicilia, in «Lighea», Biblioteca popolare siciliana, vol. 29,

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

63 Dopo diverse sconfitte, l’occasione si presentò quando Eufemio, ribelle di Siracusa promotore di una Sicilia libera, chiese aiuto ai Saraceni che, sfruttando l’occasione, intrapresero la spedizione che li avrebbe portati alla conquista dell’isola.

Gli Arabi, guidati dal giurista Asad ibn al- Furàt, partirono dal porto di Susa il 14 giugno 827162 e scelsero di sostare, prima dell’attacco, sull’isola di Lampedusa per rifornirsi e prepararsi, qui subirono una prima schiacciante sconfitta163, ma ripresero subito l’offensiva, intraprendendo scontri in tutta la Sicilia Occidentale.

La prima città a cadere fu Agrigento164, Girgenti, e dopo di essa molte altre subirono la stessa sorte cadendo sotto il controllo arabo.

L’interesse principale dei Saraceni, una volta arrivati in Sicilia, fu subito rivolto verso la conquista della capitale, Siracusa, ma la città si oppose con una lunga resistenza che fece intendere ai Saraceni quanto sarebbe stato difficile espugnarla. Nei primi mesi d’assedio, i Saraceni, accampati fuori dalla città, patirono numerosi problemi come la fame, per via dell’esaurirsi delle razzie e delle scorte di cibo, e di salute per l’arrivo della pestilenza che da Palermo si diffondeva sull’isola; ciò portò ad una perdita di fiducia nella guerra, così stanchi e affamati, si ribellarono ad Asad cercando una via per ritirarsi ma, arrivati i rinforzi dall’Africa, si rassicurarono e ripresero l’assedio con forza165

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Anche ai Siracusani furono mandati dei rinforzi da Michele il Balbo166, governatore bizantino di Palermo, ma i Saraceni, al corrente dell’arrivo delle truppe, ebbero modo di preparare un attacco a sorpresa riuscendo così a vincere la battaglia.

Dopo dieci mesi di assedio i cittadini siracusani, ormai esausti, chiesero una tregua e un accordo ad Asad che, sicuro dell’imminente capitolazione, rifiutò la richiesta portando i cittadini siracusani alla resistenza ad oltranza, questi infatti avendo appreso che, a questo punto, la pestilenza era già riuscita a colpire l’esercito arabo, uccidendo anche Asad nell’estate dell’828167, decisero di resistere.

162 F. Misuraca, La Sicilia Araba, http://www.ilportaledelsud.org/siciliaaraba.htm. Data di

consultazione: Ottobre 22, 2018.

163 “passandoli a uno a uno a fil di spada.”, Rinaldo Panetta, I Saraceni in Italia, Milano: Murse,

1973, p.21.

164

A. Costantino, Gli Arabi in Sicilia, cit., p.19.

165 Ferdinando Maurici, Breve storia degli Arabi in Sicilia, Palermo: Dario Flaccovio editore, 1995,

p.41.

166 A. Costantino, Gli Arabi in Sicilia, cit., p.14. 167

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64 Il successore, Muhammad ibn Abi’l-Giawari168, decise di espugnare, in breve tempo Siracusa, attaccando per mare, non era consapevole però che le navi siracusane avevano ricevuto dei rinforzi da Venezia; grazie a quest’aiuto i siracusani riuscirono ad avere la meglio costringendo i Saraceni alla resa.

L’attenzione delle truppe arabe allora si concentrò sulle altre città: Palermo cadde nell’831, divenendo capitale del nuovo regno, Messina nell’843 ed Enna nell’859169. Lo sforzo per la conquista di Siracusa persistette, continuando con numerosi assedi. Fra questi, quello del 15 giugno 869, dove Khafâgia, uomo di fiducia della dinastia aghlabita ed eccellente comandante militare, subì una sconfitta che lo portò alla morte per mano di un traditore, dopo di lui, suo figlio Muhammad prese il comando delle forze armate riuscendo a far capitolare le città di Ragusa e Troina nell’867170. Mahammad, come il padre, fu assassinato il 27 maggio dell’871171, senza essere riuscito a conquistare Siracusa. Dopo di loro altri tentarono la conquista della città senza successo, come Giafâr ibn Muhammâdat-at-Tamimiche, nell’877172, decise di avvicinarsi a Siracusa razziando prima Rometta, Taormina e Catania e subito dopo attaccando le mura della città, cercando di fare breccia, ma i siracusani reagirono con altrettanta forza173.

La città allora venne accerchiata per terra e per mare, bloccando l’accesso a qualsiasi aiuto ma, con il sopraggiungere dell’inverno, Giafar tornò a Palermo dove, a causa di una congiura, venne assassinato174.

In primavera, alle porte di Siracusa, arrivò Abû Isâ e con lui ripresero gli attacchi che riuscirono a buttare giù la torre davanti al porto grande e, con essa, anche una parte della vicina cortina muraria. Da quella breccia i Saraceni tentarono di entrare ma furono respinti dai difensori siracusani che cominciarono la loro resistenza. Le

168 Ibidem.

169 F. Misuraca, La Sicilia Araba, http://www.ilportaledelsud.org/siciliaaraba.htm. Data di

consultazione: Ottobre 23, 2018.

170

A. Costantino, Gli Arabi in Sicilia, cit., p.32.

171 Ivi, p.33. 172 Ivi, p.35. 173

«I mesi passavano e la città non cedeva, Giafâr sapeva che, dentro di essa, incominciavano a mancare i viveri e che la popolazione era in preda a epidemie. Allo scopo di serrare i tempi, fece costruire dei mangani ancor più grossi e più precisi di quelli già in azione», in R. Panetta, I Saraceni

in Italia, cit., p.127.

«Lunga, e vigorosa resistenza frattanto fecero gli Assediati, e fin si ridussero a cibarsi di sole erbe, e dei cuoi; tritate l’ossa degli animali si gramolavano a guisa di farina; un moggio di grano costava 150 monete d’oro bizantine, un moggio di farina 200, un’oncia di pane costava una moneta d’oro, una testa di cavallo o d’asino 20, un giumento intero 300», in Teodosio, Cronicon, in Michele Amari,

Storia dei Musulmani di Sicilia, vol. I, Firenze: Felice le Monnier, 1858, pp. 539-540.

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65 speranze erano in un aiuto da Bisanzio, nell’ammiraglio Adriano, che loro sapevano diretto verso la città175.

I Siracusani ebbero la forza di resistere ancora altri venti giorni, fino al 21 maggio dell’878176

, giorno in cui finalmente i Saraceni, approfittando di un momento di riposo dei Bizantini, entrarono in città dalla torre del Malo Augurio e, dopo un ultimo scontro, trucidarono molti abitanti.

La notizia della presa saracena di Siracusa ebbe echi anche nella capitale musulmana, dove si diedero vita ai festeggiamenti.

La conquista di Siracusa segnava la presa definitiva degli Arabi della Sicilia, anche se il potere bizantino restava ancora rappresentato simbolicamente da alcune città che caddero inevitabilmente di lì a poco: Catania nel 900, Taormina nel 902. La conquista dell’intera isola avvenne definitivamente nel 965177.

Gli Arabi, una volta instauratisi nel territorio, scelsero di non costituire un regno unitario ma tante piccole signorie all’interno di tre grandi distretti amministrativi: la val di Mazara nella parte centro-occidentale, la val Demone nella zona nord-orientale e la val di Noto nella zona meridionale. Questi impiantarono un nuovo governo basato sulla tolleranza nei confronti delle diversità culturali e delle religioni, che ognuno poteva continuare a praticare grazie al pagamento di una tassa. Queste leggi comportarono una quasi totale mancanza di tensioni con solo alcuni casi di ribellione finiti nel nulla.

Durante i 200 anni della loro dominazione, gli Arabi diedero un notevole miglioramento all’economia e al modo di vivere della civiltà siciliana; portarono sull'isola la cultura, la poesia, le arti, le scienze orientali e abbellirono il loro regno con monumenti di cui oggi purtroppo non restano tracce a causa delle dominazioni che seguirono.

Alberto Costantino nel suo libro sulla conquista araba della Sicilia, oltre a scrivere della conquista dell’isola, si sofferma sui diversi ambiti, della vita e della società, in cui gli Arabi portarono modifiche e migliorie; uno fra questi va all’architettura araba. Egli dice:

175 «Tutti combattevano alla disperata, dove e come potevano,attenti a non far mettere piede entro le

mura ai Saraceni. Le donne aiutavano gli uomini, portando viveri e acqua e medicando feriti; i preti confortavano i moribondi e pregavano nelle chiese», in R. Panetta, I Saraceni in Italia, cit., p.130.

176 A. Costantino, Gli Arabi in Sicilia,cit., p.37.

177 F. Misuraca, La Sicilia Araba, http://www.ilportaledelsud.org/siciliaaraba.htm. Data di

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

66 «Di architettura del periodo della dominazione araba in Sicilia si trova poco e quello che si può elencare e descrivere va dal periodo normanno a quello svevo. Le ragioni si potranno intravedere solamente nelle civiltà che seguirono. Se Normanni e Svevi, accettarono di convivere con loro e anzi di circondarsi in corte di musulmani, non fu così, invece, con gli Angioini e Aragonesi. Essi per spezzare ogni legame con i saraceni distrussero le magnifiche moschee, di cui solo a Palermo se ne contavano trecento, e lì costruirono chiese, e bollarono gli Arabi come « feroci razziatori e predatori di donne e fanciulle ». Furono abbattuti i palazzi dei signori, con fontane e giardini, si edificò sui castelli, fortificazioni e le case del popolo. Di tutto ciò si ha notizia solo dagli atti dei notai. Delle case di un certo tipo resta solo qualche raro esempio, come il dammuso di Pantelleria […]»178

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Ciò che resta dell’arte araba è fuso con l’arte normanna che, sovrapponendosi ad essa, ha dato il vita ad un nuovo stile noto come arabo-normanno179, caratterizzato dalle cupole rosse o da altre forme provenienti dalla Tunisia e dall’Egitto, come le costruzioni a “blocco”, solido geometrico che troviamo nella Zisa (fig.41) o in San Cataldo (fig.41), oppure altri elementi decorativi sobri, come le archeggiature cieche incrociate del palazzo reale (fig.43) e infine le magnifiche torri a pianta quadrata, come quelle normanne di Monreale o Cefalù, ispirate ai modelli orientali, come il minareto della grande moschea Kairouan in Tunisia (fig.44). Qui il minareto situato al centro della galleria, sul lato settentrionale del cortile, è il più antico conservato, secondo la testimonianza del geografo al-Bakri, che lo attribuì al regno del califfo omayyade Hisham ibn 'Abd al-Malik (724-743), mentre attualmente viene attribuito alla ricostruzione di Ziyadat Allah I (817-838) 180 , per via della posizione dell’ingresso che si trova allo stesso livello di alcuni resti di questa fase costruttiva. Ha pianta quadrata e forma massiccia, costituito da tre settori di ampiezza decrescente.