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2.1 La Sicilia e le sue dominazioni

2.1.4 Gli Angioini e gli Aragonesi

Una volta scomparsa la dinastia Sveva i territori vennero ceduti, per volere papale, a Carlo I d’Angiò che però non ebbe vita facile.

Carlo infatti governò, intenzionato a limitare le libertà dei baroni, imponendo un opprimente politica fiscale ed e economica che sfruttava il territorio e danneggiava la popolazione; ciò suscitò il malcontento e portò a delle rivolte, la prima da parte dei catanesi, poi da parte dei signori siciliani che decisero di offrire la corona a Pietro III d’Aragona, marito di Costanza di Svevia223

, in modo da mantenere il legame con la casata Sveva224.

Questa scelta trasformò le rivolte in un conflitto politico fra Siciliani e Aragonesi da un lato, Papato, Angioini e regno di Francia dall’altro.

Il 31 marzo 1282 gli scontri, passati alla storia come Vespri Siciliani225, con l’arrivo delle forze Aragonesi a Palermo e poi in tutta l’isola, posero fine al potere angioino in Sicilia e stabilirono così il governo di Pietro III e quindi la dinastia aragonese sull’isola; fu un vero e proprio massacro di francesi, i superstiti insieme a Carlo furono costretto a ritirarsi a Napoli226.

Pietro III, divenuto ora re di Sicilia, decise di mantenere separate le due corone d’Aragona e di Sicilia, lasciando in quest’ultima a governare un luogotenente come sostituto227.

Alla morte di Pietro gli successero i figli Alfonso III e Giacomo II, anche se papa Onorio IV non riconobbe la successione schierandosi dalla parte degli Angioini. Intanto Carlo II d’Angiò rivendicava l’isola e Giacomo II, divenuto re, avendo problemi in Spagna, decise di stipulare un accordo, grazie a papa Bonifacio VIII, che rettificò il trattato di Anagni del 1295228, in cui si prevedeva la cessione da parte degli Aragonesi della Sicilia e di Malta, in cambio della Sardegna e della Corsica,

223 Raoul Manselli, Costanza d’Aragona, in Enciclopedia Treccani, 1970,

http://www.treccani.it/enciclopedia/costanza-d-aragona_%28Enciclopedia-Dantesca%29/. Data di consultazione: Novembre 06, 2018.

224 S. Tramontana, La Sicilia dall’insediamento normanno al Vespro (1061-1282), cit., pp.277-304. 225

Michele Amari, La guerra del Vespro Siciliano: Un periodo delle storie Siciliane del secolo XIII, vol. 1, Project Gutenberg, 2009, s.p.. Cfr. Francesco Giunta, Il Vespro e l’esperienza della

«Communitas Siciliae». Il baronaggio e la soluzione catalano-aragonese dalle fine dell’indipendenza al Viceregno spagnolo, in Storia della Sicilia, vol.III, Napoli: Società editrice Storia di Napoli e della

Sicilia, 1980, pp.307-325. Cfr. Igor Mineo, La guerra del Vespro, in F. Benigno e G. Giarrizzo, Storia

della Sicilia, cit., pp.115-117.

226 Ibidem.

227F. Giunta, Il Vespro e l’esperienza della «Communitas Siciliae». Il baronaggio e la soluzione

catalano-aragonese dalle fine dell’indipendenza al Viceregno spagnolo, cit., pp.318-320.

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76 abbandonando così il popolo siciliano che non si diede per vinto, convocò il parlamento siciliano ed elesse il nuovo re Federico III d’Aragona quale re di Sicilia229, continuando così la lotta contro gli Angioini e ora anche contro il fratello Giacomo II e gli Aragonesi di Spagna.

Federico, rimasto solo, si alleò con l’imperatore Enrico VI di Lussemburgo, con l’intento di risalire la penisola e conquistare i territori Angioini, ora sotto il potere di Roberto d’Angiò.

Questi scontri terminarono con la pace di Caltabellotta del 1302230, che portò una tregua e fissò il dominio di Federico sui territori della sola Sicilia: concordato saldato da un matrimonio con Eleonora d’Angiò, figlia di Carlo II.

Federico non mantenne l’accordo, continuando a farsi chiamare re di Sicilia, e anche dopo la sua morte, quando era stato concordato che la Sicilia sarebbe tornata agli Angiò, l’isola rimase sotto la dinastia Aragonese, sotto il figlio Pietro II, al quale venne affidato il regno. Con lui ripresero gli scontri contro gli Angioini ma, morto anche quest’ultimo, salì al trono il figlio Ludovico, sotto la tutela dello zio Giovanni d’Aragona, che firmò la pace di Catania nel 1347 in cui, oltre alla fine delle ostilità, si riconobbero le autorità dei Regni di Trinacria e di Napoli e quindi la fine delle rivendicazioni territoriali, il versamento di un censo annuo di 3000 onze al papa e un reciproco aiuto militare in caso di guerra in cui fossero interessati i due regni231. La guerra comunque proseguì terminando solo il 20 agosto 1372, con il trattato di Avignone, firmato da Giovanna d’Angiò, erede di Roberto d’Angiò e Federico IV d’Aragona, fratello di Ludovico232

.

Con questo trattato si stabilirono i rapporti tra Regno di Trinacria e Regno di Sicilia. Federico venne nominato re di Trinacria, e l’isola divenne feudo della corona angioina; il territorio siciliano dovette infatti giurare fedeltà a Giovanna, riconoscendo a questa un tributo annuo.

Alla morte di Federico, nel 1377, la figlia Maria venne data in sposa a Martino d’Aragona, detto il Giovane; saliti al trono nel 1392, dopo aver riconquistato l’isola già nel 1408, morivano entrambi senza eredi. La sovranità venne assunta allora dal

229 Ivi, p.325. 230

Ivi, p.327.

231 Pietro Corrao, Verso la crisi della seconda metà del Trecento, in F. Benigno e G. Giarrizzo, Storia

della Sicilia, cit., pp.124-128.

232 Pietro Corrao, A patti con la Corona: la Sicilia aragonese, in F. Benigno e G. Giarrizzo, Storia

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77 padre di Martino, Martino detto il Vecchio, che unì per la prima volta le corone di Sicilia e d’Aragona233

.

Dopo di lui fu solo con Alfonso V, il Magnanimo, che venne ristabilito il controllo sulla Sicilia e fu conquistato il regno di Napoli, unendo i territori in una grande eredità234.

Durante il loro regno gli Angioini non ebbero il tempo di portare i propri caratteri artistici nell’architettura siciliana.

L’architettura risentì delle lotte di potere che il territorio subì in questo periodo, ciò avvantaggiò le costruzioni militari e civili a scapito di quelle religiose.

L’architettura angioina portò pochi cambiamenti sull’isola con alcuni elementi gotico-provenzali 235 nelle costruzioni; ma fu soprattutto con l’avvento degli aragonesi, tra fine del XIII e i primi del XIV secolo, che l’architettura dell’isola subì diverse trasformazioni236.

L’Agnello237 , nel suo saggio sull’architettura siciliana trecentesca, suddivise

l’architettura di questo periodo in aragonese e catalana; questa, al contrario del gotico che si stava affermando in tutta Europa, è provvista di caratteristiche che la rendono estremamente originale.

L’architettura aragonese si avvalse degli interventi baronali che affermarono il loro potere sulle città238; come a Palermo che, in questo periodo, conobbe un forte incremento urbanistico civile, per via delle grandi famiglie aristocratiche, e religioso, grazie anche ai nuovi ordini religiosi239, francescani e domenicani.

Questa «architettura di fantasiosi artigiani», come la definisce il Bottari240, trova i suoi caratteri fondamentali nell’elegante accordo della bicromia dei materiali, impiegata anche nei dettagli con disegni zigzaganti o a fasce di origine normanna, ottenuta tramite l’uso di pomici laviche inserite soprattutto negli archivolti che incorniciano porte e finestre di chiese e palazzi.

233 Pietro Corrao, La Sicilia nella monarchia aragonese, in F. Benigno e G. Giarrizzo, Storia della

Sicilia, cit., pp.130-133.

234

Ibidem.

235 E. Calandra, Breve storia dell'architettura in Sicilia, cit., p.43. 236 Ivi, p.46.

237 Giuseppe Agnello, L'architettura aragonese-catalana con particolare riferimento alla Sicilia, in

L’architettura aragonese-catalana in Italia, Palermo: Atti dell' Accademia di Scienze, lettere ed arti

di Palermo, 1969.

238 Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: Il Sud angioino e aragonese, Roma:

Donzelli editore, 1998, p.105.

239 Ivi, p.109. 240

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78 I problemi sorsero quando la corona iniziò a governare la Sicilia in modo indiretto spostando la residenza regia in Aragona.

In questa fase l’orgoglio normanno-svevo prese fervore grazie baroni siciliani che, ripresero le precedenti forme architettoniche ora note con il nome di architettura chiaramontana, così definita per il nome della famiglia baronale i Chiaramonte che deteneva la signoria e vantava una stretta discendenza normanna, rimanendo così legata alla tradizione siciliana fino all’arrivo del Rinascimento241

. L’architettura chiaramontana fu definita dal Toesca una delle rare architetture siciliane in cui appare evidente il rapporto con l’architettura gotica del continente242

.

La Basilica di San Francesco d’Assisi a Palermo (fig.49), ha elementi legati a questa tipologia architettonica nel portale, decorato con motivi a zigzag su tre ordini di ghiere, originate da altrettanti ordini di colonne in progressione concava, dove sono presenti simboli degli Evangelisti, un’Annunciazione e dove si vede lo stemma dei Francescani; in alto la facciata è coronata da un rosone riccamente decorato.

Altre soluzioni decorative sono l’apposizione di stemmi patrizi e dinastici243, come si vedrà, nel terzo capitolo, nel campanile della cattedrale di Troina o di Agrigento. Anche nella cattedrale di Palermo troviamo forme legate allo stile aragonese; in facciata, infatti, si passò da una decorazione esclusivamente grafica e cromatica ad una di natura plastica e chiaroscurale, inserendo giochi di luce e ombra tramite i portali e le finestre dove si aggiunsero colonnine, archetti e capitelli, sculture con maschere grottesche244, presenti, come vedremo, anche sui campanili.

Anche nel campanile di Randazzo e nel portale d’ingresso della Reale Matrice di Erice, così come nella cattedrale di Cefalù dove il portale e la finestra del primo ordine in facciata risentono degli influssi tardo gotici e chiaromontani con il motivo ad archi intrecciati decorati a zigzag, o ancora nel portale della chiesa madre di Caltabellotta245, troveremo elementi dell’architettura aragonese.

Questi si andranno a sovrapporre ai caratteri normanni, creando opere di estrema originalità all’interno dell’area siciliana.

241 E. Calandra, Breve storia dell'architettura in Sicilia, cit., p.47.

242 F. Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: Il Sud angioino e aragonese, cit., p.108.

243 L’architettura di età aragonese nell’Italia centro-meridionale: verso la costituzione di un sistema

informativo territoriale documentario e iconografico, a cura di Maria D’Alessandro, Palermo:

Caracol, 2004, pp. 35-78.

244 L'Architettura d'Epoca aragonese nell'Italia Centro-Meridionale. Sicilia. Il Val di Mazara, a cura

di Maria D’Alessandro, Palermo: Caracol, 2007, pp.55-56.

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