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La crisi di impresa e tutela del rapporto di lavoro: tra soluzioni liquidatorie e conservative dell'azienda.

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Academic year: 2021

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<< Gesù le rispose e disse: Chi beve di quest’acqua avrà

an-cora sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno >>

(Gv 4,13)

Allora io –proprio io, consapevole del mio privilegio, come chi nella chiara corrente, consapevole della sua immagine

si rialza a un tratto dallo specchio e torna in sé e stupefatto trattiene il respiro, cullandosi nella sua luce.

Come mi sono rialzata non so, benché consapevole

di me- di me com’ero prima e poi… fu soltanto il risveglio a dividermi? semplice varco nel muro che finora attraversavo

senza sapere che mi divideva da me stessa – e non solo da me.

Si, mi sono rialzata. Eppure tutto è come prima: dalla collina scendono i muli, come ogni giorno,

scivolando sotto la loro soma. Il mondo s’alza e s’abbassa ritmicamente allo splendore

di case trasportate nell’azzurro dell’aria – invano, invano- di lampade riaccese in un’attesa di stelle.

Il peso che mi hai tolto – lo saprò a poco a poco, misurandolo dalla stanchezza di tante, tante lotte, quando da me vorrò trarre un soffio di quella semplice armonia

che Tu possiedi senza sforzo e senza limite.

Guarda – in me non senza sforzo Tu possedesti -quel soffio. Eppure so che non è sospeso nel vuoto

il gravoso fardello che mi hai tolto- e che nessuna bilancia può pesare o distinguere.

Il peso fu indistinto, e indistinto è il sentirmi leggera.

Come leggera è la fiamma che s’inarca lucente sopra il legno inaridito e intorno a sé solleva l’ampio coperchio della notte.

San Giovanni Paolo II,

(Meditazione rinnovata, in Non c’è paura senza speranza).

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Introduzione

L’intenzione di questo elaborato è di individuare le capacità di ciascuna autonoma branca del diritto, rispettivamente del lavoro e commerciale- fallimentare, in un potenziale dialogo su una de-terminata e specifica situazione di fatto che inevitabilmente ri-chiede l’attenzione critica di entrambe. Se fosse l’insolvenza o la crisi di impresa, quale situazione di fatto, oggetto di una teoria copernicana, come il sole al centro del sistema solare e dell’universo, questa attrarrebbe le prospettive, ideologie e am-bizioni delle due discipline giuridiche autonome e indipendenti. Perché si realizzi un’effettiva composizione degli interessi in gioco, inequivocabilmente contrapposti e di cui ciascuna materia è portatrice, è inevitabile che il diritto del lavoro da un lato, e il diritto fallimentare dall’altro, <<cedano qualcosa>> al fine ideale di <<superare>> una situazione patologica e di evitare una deflagrazione tale per cui, alla fine dei giochi, entrambe risul-terebbero perdenti. Orbene, nello schema tipico del rapporto giuridico obbligatorio

tra un comune debitore e creditore, ciascuno dei quali titolare di una situazione giuridica, rispettivamente di svantaggio e di vantaggio, la relazione tra le due è funzionale e strumentale, tale che il debitore deve agire per il soddisfacimento(e perciò stesso mezzo di realizzazione) dell’interesse del creditore, la cui pretesa sottende il potere di attivarsi affinché ottenga la prestazione dovutagli. In questo quadro, quando l’interesse del creditore non venga in tutto o in parte soddisfatto attraverso l’esatta esecuzione della prestazione dovuta da parte del debito-re, è consentito al primo la possibilità di aggredire il

patrimo-nio del secondo, facendo espropriare e vendere coattivamente,

cioè in via giudiziale e contro la volontà del debitore stesso, i beni che lo compongono per poter conseguire sul ricavato quanto, sia pure in via sostitutiva e per equivalente, dovutogli. Quindi, i beni che costituiscono il patrimonio del debitore rappresentano una garanzia generica del credito, come si deduce dall’art. 2740 c.c.. Se questo è vero, tuttavia esiste anche una garanzia

patri-moniale specifica finalizzata all’adempimento delle obbligazioni

del debitore la quale, invece di costituirsi sull’intero patrimo-nio del debitore, si forma su determinati beni ad esso apparte-nenti. In altre parole, i beni singolarmente individuati, pur ri-manendo di proprietà del debitore, vengono destinati a soddisfa-re, in caso di inadempimento, gli interessi del creditore. Tale garanzia si realizza mediante le cc.dd. cause legittime di

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zione, che rappresentano una delle limitazioni ex lege alla

re-sponsabilità patrimoniale del debitore. Cosa accade quando intorno al debitore orbita una pluralità di

creditori? La soluzione è rinvenibile nell’art 2741 c.c., che sancisce al contempo un principio generale e un’eccezione, nella prima direzione si parla di parità di trattamento tra gli stessi

sul patrimonio del debitore, espressa dal brocardo latino par condicio creditorum, proprio perché il patrimonio è garanzia

ge-nerica per tutti i creditori di quel debitore. Tra questi però, godono di una particolare preferenza nel soddisfacimento i cc.dd.

creditori privilegiati, in quanto diversamente dai chirografari,

il loro credito è assistito da una particolare garanzia. Fatta questa premessa, cosa accade, a questo punto, quando nella

figura del debitore e creditore astrattamente previsti, siano sussumibili rispettivamente un imprenditore-datore di lavoro e la pluralità di suoi creditori, questi ultimi qualitativamente scel-ti, nella molteplicità, e per il fine che qui interessa, nella persona del prestatore di lavoro subordinato? . Qui si inserisce

la quaestio del bilanciamento tra gli interessi potenzialmente <<in conflitto>> del diritto commerciale-fallimentare e del di-ritto del lavoro. Il datore di lavoro è imprenditore quando, ex art 2082 c.c., esercita professionalmente un’attività economica

organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. Nella modalità di svolgimento, si tratta di un’attività

che si avvale di un apparato produttivo stabile e complesso ri-conducibile alla nozione di azienda di cui all’art 2555 c.c.. Fondamentale a questo punto la Corte di Giustizia1, per la quale

l’azienda si identifica con << un’entità economica organizzata in

modo stabile, complesso, organizzato di persone e di elementi pa-trimoniali materiali e immateriali che consente l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determi-nato obiettivo >>. In questa organizzazione è stabilmente

inseri-to il prestainseri-tore di opera che in virtù di un vincolo di natura personale, <<dipende gerarchicamente>> ed è assoggettato ad un <<potere direttivo>> del datore di lavoro-capo dell’impresa, con

conseguente limitazione della sua libertà2.

Questa, la ricognizione sommaria, per i individuare i punti di contatto tra due materie giuridiche assolutamente autonome. Da questo raccordo eminentemente strutturale ne discende uno di tipo sistematico laddove tanto la disciplina de <<l’imprenditore>> quanto quella <<dei collaboratori dell’impresa>> sono due sezioni del Titolo II, <<Del lavoro nell’impresa>>, quale articolazione del Libro V <<Del lavoro>> del codice civile. Ciascuna delle due sezioni è ulteriormente integrata da legislazioni speciali che

concorrono a renderle scientifiche branche del diritto. Un secondo momento di contatto, tra il mondo del lavoro e quello

1 Corte di Giustizia, sent. 24 gennaio 2002, C-51/00,Temco. 2

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dell’impresa, si realizza allorché quest’ultima si trovi a dover fronteggiare una particolare situazione economica e/o struttura-le, ed il legislatore giuslavorista predisponga l’operatività di una serie di istituti giuridici volti a <<sostenere>> o ulterior-mente tutelare la condizione del prestatore di lavoro subordina-to. Si pensi alla CIG quale istituto di sostegno al reddito del lavoratore, ovvero al sistema di garanzie di cui all’art 2112 c.c. in caso di trasferimento di azienda (in bonis) derogando al-la disciplina di diritto comune delal-la cessione del contratto, op-pure ancora in caso di licenziamento del datore di lavoro quale regolamentazione ulteriormente protettiva del prestatore di lavo-ro subordinato rispetto alla disciplina generale del recesso dal contratto. Quindi il diritto del lavoro si contraddistingue per la particolare attenzione che l’ordinamento riconosce alla parte contrattuale sensibilmente più debole sviluppando

un’articolazione normativa tendenzialmente derogatoria al diritto comune. Allo stesso modo però, quando l’impresa versa in una con-dizione di incapacità reddituale tale che la prosecuzione <<in-controllata>> dell’attività da parte dell’imprenditore sia parti-colarmente rischiosa in termini di una ripercussione sulla stabi-lità delle realtà patrimoniali di soggetti terzi, il legislatore ritiene che le <<azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore>>, quali strumenti che il diritto comune riconosce a ciascun creditore, si rivelano strumenti inadeguati. Il principio della par condicio creditorum assurge a ragione esclusiva, tale che per la stabilità del mercato e del sistema economico è oppor-tuno che l’insolvenza dell’imprenditore si distribuisca in

manie-ra equa e proporzionale sul patrimonio di tutti i creditori. Si

tratta di un principio di ordine pubblico che necessita di un’effettività che prescinde da un’iniziativa spontanea del cre-ditore perché costituisce la finalità principale dell’azione dell’organo fallimentare. Perciò la crisi di impresa e

l’incapacità del datore di lavoro-imprenditore(commerciale non piccolo3) di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, è

gestita attraverso specifici istituti giuridici, le cc.dd.

proce-dure concorsuali. Il diritto concorsuale si atteggia,

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Sebbene questa individuazione soggettiva per l’assoggettamento al procedimento dello stato di crisi è in potenziale eliminazione secondo la lettera e), art.2, della l.d. n.155/2017, ove prescrive, quale criterio direttivo quello di << as-soggettare al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insol-venza ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un'attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici, disciplinando distintamente i diversi esiti possibili, con riguardo all'apertura di procedure di regolazione concordata o coattiva, conservativa o liquida-toria, tenendo conto delle relative peculiarità soggettive e oggettive e in par-ticolare assimilando il trattamento dell'imprenditore che dimostri di rivestire un profilo dimensionale inferiore a parametri predeterminati, ai sensi dell'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, a quello riservato a debitori civili, professionisti e consumatori, di cui all'articolo 9 della presente legge>>.

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mente, in modo diverso a seconda che la crisi manifestata dall’impresa sia o meno <<reversibile>>. Nel primo caso

l’imprenditore ben può, liberamente, accedere alla procedura di

concordato preventivo, nelle sue particolari strutturazioni

so-stanziali, in vista della conservazione finale dell’impresa. Di-versamente, diventa necessaria la <<soluzione concorsuale ex le-ge>> della liquidazione giudiziale4 dell’impresa. In linea

genera-le, prendendo in esame, quale paradigma delle procedure concor-suali, il fallimento (rectius liquidazione giudiziale),ciò che contraddistingue il diritto concorsuale come diritto speciale ri-spetto alla disciplina comune in materia di responsabilità patri-moniale, è che la sentenza dichiarativa di fallimento è costitu-tiva del diritto al concorso, quale, cioè, diritto di tutti i creditori e del debitore di beneficiare del regime speciale

dell’amministrazione e liquidazione dell’impresa. In questo

regi-me rientrano quattro diregi-mensioni:

1)del fallito, nella sua realtà personale, patrimoniale e penale;

2)dei creditori, e nello specifico che qui interessa, del

presta-tore di lavoro subordinato.

3)della sorte degli atti pregiudizievoli nei confronti dei credi-tori;

4)della sorte dei contratti pendenti, ed in particolare del

con-tratto di lavoro subordinato.

Quindi, in questa cornice del diritto delle procedure concorsua-li, ciascuna con le proprie caratteriste, presupposti e finalità, la legislazione speciale giuslavoristica individua, ulteriormen-te, il proprio ruolo al fine di apprestare maggiore protezione al <<collaboratore>> nell’impresa. Quindi si parla di <<sospensione

del contratto di lavoro pendente>> attraverso o meno l’accesso

alla Cassa integrazioni guadagni straordinaria, nella sua evolu-zione fino alla recente riforma; si parla del trasferimento di

azienda o ramo d’azienda con contestuale <<disapplicazione>> o <<flessibilizzazione>> delle garanzie di cui al 2112 c.c.; o

an-cora in materia di <<scioglimento>> del contratto di lavoro nella forma dei licenziamenti individuali plurimi o soggettivi, fino ad approdare alla tutela giurisdizionale del diritto di credito da

lavoro, nonché dell’eventuale illegittimo potere di recesso del

curatore o del commissario straordinario, il tutto comportando un’attenzione sulla vexata quaestio della <<competenza>> tra

Tri-bunale fallimentare e Giudice del lavoro.

4 A mente dell’art 2, lett. a, l.d. 155/2017, un altro principio generale è quello di << sostituire il termine «fallimento» e i suoi derivati con l'espres-sione «liquidazione giudiziale» … >>.

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Dopo una stasi iniziale durata oltre un ventennio, solo a metà degli anni '60, è affiorato un primo confronto tra il diritto del lavoro e il mondo dell’impresa, allorché si verificò una profon-da, repentina trasformazione dei contenuti e delle prospettive della normativa lavoristica, che si è poi riflessa in vari modi, con arricchimenti, ma anche con variazioni di rotta, sulla mate-ria delle procedure concorsuali. È opportuno anticipare che pos-sono individuarsi almeno due diversi mutamenti del diritto del lavoro che hanno inciso profondamente sulla questione della con-vergenza tra le due discipline giuridiche. Il primo passo verso una disciplina trasversale della crisi di impresa, è stato, anzi-tutto, con l 'emanazione della legge n.604/1996, realizzando il riconoscimento aperto dell'interesse del dipendente al

<<manteni-mento del posto di lavoro>>. Trascorso un decennio, con il

so-pravvenire della legge n.675/1977, si è giunti al riconoscimento e alla protezione dell'interesse al << mantenimento della

condi-zione di occupato >>, e comunque del possesso di valide

<<chan-ces>> nel mercato del lavoro. Non si tratta, a dispetto della prima impressione, del medesimo interesse, poiché cambiano non solo l'ambito, rispettivamente aziendale e super-aziendale in cui può essere soddisfatto il bisogno di tutela, ma cambiano altresì i contenuti. Per << mantenimento del posto di lavoro>> si inten-de, infatti, la salvaguardia della condizione di dipendente di quella specifica impresa, con limitazione, compressione del di-ritto del datore di lavoro di sciogliersi liberamente dal rappor-to; mentre il mantenimento <<dell'occupazione>> si realizza anche e soprattutto in ambito interaziendale, nel mercato del lavoro, con il passaggio regolato, incentivato e garantito da un’impresa all'altra, o anche soltanto con la predisposizione di strumenti che migliorino la possibilità di tale passaggio. Questa seconda prospettiva era ancora estranea alla stessa legislazione statuta-ria, perché <<…lo Statuto dei lavoratori, se da una parte intro-duceva un sostanziale potenziamento della tutela del posto di la-voro sancendo la cd. stabilità reale( ex art.18), dall'altro non spingeva, per così dire, il suo sguardo al di là del muro di cin-ta dell'azienda>>5. Non conteneva, invero, previsione alcuna in

materia di licenziamenti collettivi, di integrazioni salariali finalizzate ad una <<mobilità>> interaziendale, di strumenti nor-mativi specifici mirati al ricollocamento. Fu la grande crisi economico-produttiva e di riorganizzazione degli anni '70, che sancì il declino rapidissimo del vecchio apparato industriale, aprendo a nuove prospettive. L’intuizione, concretatasi dapprima nei disparati provvedimenti che furono indicati, collettivamente, come <<legislazione dell'emergenza>>, divenne con la legge

n.675/1977 un sistema organico da configurare una <<sorta di

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P.G.Alleva, Atti del Seminario di Studi su <<La tutela del rapporto di lavoro subordinato nelle procedure concorsuali>>, tratto dalla Collana di studi

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cuito forzoso della mano d'opera>>6, che, in teoria, avrebbe

impe-dito a chi una volta avesse occupato un posto stabile in

un’impresa industriale, di uscire comunque dal mondo dei <<garan-titi>>,potendo essere <<trasferito>> ad altra impresa, tramite il

sistema legale di mobilità, ma non licenziato7. Molti contenuti di

tutela, e in parte anche la sua stessa impostazione sono stati in seguito modificati fino ai giorni nostri. Prima della legge n.604/1966 il rapporto di lavoro, <<…racchiuso com'era tra l'alfa e l'omega di due atti negoziali>>8 ugualmente liberi, come

assun-zione e licenziamento, era disciplinato dalla legge essenzialmen-te dal punto di vista delle condizioni normative ed economiche dello scambio tra prestazione e retribuzione, e per il tempo di operatività dello scambio stesso, la cui durata dipendeva dalla volontà sovrana ed insindacabile di anche una sola delle due par-ti. Inequivocabilmente, l'intersezione tra diritto del lavoro e diritto fallimentare era particolarmente ridotto, visto che la situazione socio-economico cui il diritto fallimentare rivolgeva la sua attenzione e i suoi disposti, e cioè la crisi economico-produttiva dell'impresa, era anche quella in cui il suddetto scambio, nella massima parte dei casi, cessava di funzionare re-golarmente, e visto che il diritto del lavoro non si proponeva ancora di tutelare l'interesse del lavoratore a mantenere, nono-stante quella crisi, il posto di lavoro o la qualità di occupato. Con l 'entrata in vigore della legge n.604/1966, <<qualcosa>> co-minciò a muoversi nel diritto del lavoro, con ripercussioni imme-diate sul diritto fallimentare. Si può dunque dire, circa l'evo-luzione dei rapporti tra lavoro subordinato e procedure concor-suali, che nei primi anni '70,il punto principale ed iniziale ri-guardante la sorte del rapporto di lavoro, e cioè la sua conti-nuazione automatica con la curatela, era ormai acquisito, ma che la distanza tra questo punto di partenza ed un concreto approdo di salvaguardia dei posti di lavoro restava enorme. Per quale ra-gione, infatti, il curatore di un fallimento non avrebbe dovuto procedere immediatamente ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo di tutti i dipendenti, dal momento che ogni giorno di ritardo avrebbe significato accumularsi di debiti retributivi da pagare in prededuzione? E quando, per lo più, la stasi produttiva dell'azienda fallita non avrebbe consentito un utilizzo proficuo, delle prestazioni lavorative? Solo in pochissimi casi poteva rea-lizzarsi, invero, la sequenza fortunata, che avrebbe dovuto con-templare l'autorizzazione, dapprima, di un esercizio provvisorio, con coinvolgimento, per di più, di tutti i dipendenti, e poi il subentro, senza soluzione di continuità, di un nuovo soggetto im-prenditoriale, il quale rilevasse,(eventualmente previo affitto)l 'attività aziendale e tutti i rapporti di lavoro. La grande

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P.G.Alleva,Opera supra cit. 7 P.G.Alleva,Opera supra cit. 8 P.G.Alleva, opera supra cit.

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si, insieme economica e di ristrutturazione, che investì l'indu-stria italiana negli anni '70 generò una specifica e fitta legi-slazione di sostegno del reddito e,(nelle

intenzio-ni)dell'occupazione dei lavoratori dipendenti da imprese in crisi economica e produttiva, nell'ambito della quale ben poteva trova-re posto la vicenda fallimentatrova-re, riducibile ad una particolatrova-re connotazione della crisi aziendale. L 'istituto giuridico prota-gonista di questa fase storica è stato, senza alcun dubbio, la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS),così come disci-plinata, o ridisciplinata dalla legge n.675/1977. La CIGS veniva qualificata non come semplice misura previdenziale, ma come stru-mento di politica economica, governato, da un comitato di mini-stri (C.I.P.I.),per far fronte a situazioni, o <<stati >> di dif-ficoltà con importanti riflessi economici ed occupazionali: stato di crisi locale o settoriale, situazioni di ristrutturazione o riorganizzazioni aziendali comportanti l’esecuzione di piani com-plessi di riassetto, ed anche stati di crisi economica aziendale non qualificata dall'adozione dei precisi programmi di ristruttu-razione, ma comunque di notevole rilievo sociale. Sull'istituto della CIGS si sono assommate, nel breve volgere di un triennio, due importanti funzioni di tutela sociale: la sperata salvaguar-dia del posto di lavoro nell'azienda in crisi o in ristruttura-zione, ma anche, con l'entrata in vigore della legge 675/1977,lo sperato ricollocamento del lavoratore in altra impresa del setto-re, grazie all'attivazione del circuito di mobilità <<amministra-ta>>. L'intento era quello di eliminare il ricorso alla misura traumatica costituita dai licenziamenti collettivi, e di sosti-tuirla con dei trasferimenti di mano d'opera dalle imprese in crisi o in ristrutturazione alle imprese in espansione, assicu-rando, nell'intanto, ai lavoratori la percezione di un <<reddito sostitutivo a quello di lavoro>> e non troppo minore, ossia

dell'integrazione salariale straordinaria. Non per nulla l'art.25 della legge n.675/1977 <<vietava>> al datore di lavoro di effet-tuare licenziamenti per tutto il periodo di durata del decreto CIPI di crisi occupazionale che attivava il circuito di mobilità, creando un vincolo, per le aziende non in crisi di quel settore, di non fare nuove assunzioni se non tra i lavoratori sospesi con godimento di CIGS, e iscritti nelle liste di mobilità, ancora formalmente dipendente dall'impresa in crisi. Si deve, dunque, avere ben presente che un lavoratore poteva, in quel sistema fruire di CIGS straordinaria anche per molti anni, e con causale di <<crisi aziendale>>,non solo in vista di una possibile ripresa produttiva della sua impresa di appartenenza, sempre meno proba-bile con il passare del tempo, quanto in vista del suo passaggio ad altra impresa del settore, grazie al meccanismo di mobilità. Corollario importante di questo sistema era, pertanto, anche di non caricare di oneri finanziari l'impresa <<cedente>> in stato di crisi, la quale doveva, tuttavia, mantenere in forza, quei

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voratori nella (lunga)attesa di un esito positivo: allo scopo fu-rono previsti non solo il pagamento diretto da parte dell'INPS delle integrazioni salariali (legge 215/1978),ma anche l'addossa-mento delle quote di indennità di anzianità (poi di

T.F.R.)maturata dopo il collocamento in CGIS al <<Fondo per la mobilità>>. Per altro verso, onde facilitare la possibilità di cessione dell'intera azienda di rami di essa a nuovi soggetti im-prenditoriali fu prevista,(art.1 D.L.30 marzo 1978,convertito in legge 215/1978)la possibilità di <<azzerare>> ,con accordo sinda-cale, l 'anzianità dei lavoratori che, per effetto dell'art.2112 c.c. sarebbero passati alle loro dipendenze. In questo nuovo qua-dro legislativo la <<variabile>> costituita dal fallimento

dell'impresa poteva, come detto, inserirsi senza difficoltà, e le questioni, costituenti ostacoli concretamente insuperabili al mantenimento in forza dei dipendenti, potevano trovare una rispo-sta convincente. Conseguenza logica di queste valutazioni è rispo-stata la legge n.301/1979,la quale, aggiungendo un settimo comma

all'art.25 legge 675/1977 ha realizzato l'<<innesto>> della vi-cenda concorsuale nella normativa di regolazione e tutela del mercato del lavoro, ovvero segnato una nuova e più ampia interse-zione tra diritto del lavoro e diritto fallimentare. La nuova previsione legislativa sanciva la <<inefficacia>> di eventuali licenziamenti (già)intervenuti a seguito di fallimento, e la con-tinuazione dei rapporti di lavoro <<ai soli fini dell'intervento

di CIG per crisi aziendale dichiarata>>. Con quell'intervento

normativo il legislatore garantiva che permanesse, nonostante il fallimento, il presupposto tecnico per la fruizione del sistema di mobilità da parte dei lavoratori, e cioè la permanenza, in ca-po a loro, della titolarità di un rapca-porto di lavoro, e nel far questo implicitamente confermava che quel rapporto era comunque continuato nonostante la dichiarazione di fallimento. Al curatore del fallimento veniva inibito di dar corso concreto a provvedi-menti di licenziamento. Tutto ciò, d'altra parte, confermava solo una <<neutralità>> dell'evento <<dichiarazione di fallimento>> rispetto al funzionamento ed alle regole del sistema di protezio-ne inaugurato dalla legge 675/1977,giacché,come detto, anche al datore di lavoro in bonis ,ma già ammesso alla CIGS e destinata-rio del decreto ministeriale di mobilità, l'art.25 della legge proibiva di licenziare. Tuttavia, il principio che si cercava co-sì di affermare, e cioè quello della necessità del preventivo ri-corso alla CIGS, se possibile, rispetto ai licenziamenti collet-tivi non riuscì a far breccia come regola generale e cogente, e lo si ritrova oggi, ma solo come criterio di massima di un con-fronto intersindacale, nell'art.4 legge n.223/1991,a mente del quale quel confronto deve avere ad oggetto le possibili misure alternative al licenziamento, e le ragioni della loro mancata adozione. La configurazione del fallimento come un'autonoma cau-sale di ricorso alla CIGS avrebbe, quindi consentito di risolvere

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il problema, rendendo possibile, ed eventualmente obbligatorio, per il curatore di richiedere lui stesso, per la prima volta, la concessione della CIGS, così da consentire poi ai dipendenti di attendere senza troppi patemi o il ricollocamento presso altra impresa grazie alle procedure di mobilità, o il subentro nella gestione dell'azienda fallita di un nuovo soggetto imprenditoria-le. Questa linea di politica del diritto fu, anzi, esplicitata in un decreto legislativo che non si riuscì a convertire in legge, ma che costituisce l'antecedente logico e giuridico dell'art.3 legge 223/1991: si tratta del d.l.11 dicembre 1979 n. 264,il qua-le, appunto, faceva apertamente obbligo al curatore fallimentare di avviare le procedure di mobilità e di richiedere un trattamen-to di CIGS, aggiuntivo rispettrattamen-to a quelli di cui l'impresa avesse precedentemente goduto, e da concedersi, per un massimo di 12 me-si, a periodo trimestrale, e con procedura semplificata dal Mini-stero del lavoro, senza necessità di intervento del C.I.P.I.. L'ispirazione di fondo era ormai del tutto diversa, ed in un cer-to senso, opposta all'opinione tradizionale, e riassumibile nel concetto che nel corso di una crisi aziendale, la dichiarazione di fallimento, o l 'inizio di altra procedura concorsuale, rap-presentasse non una circostanza negativa, ma, al contrario, un’ opportunità positiva per la salvaguardia dell'occupazione, perché a certe condizioni, avrebbe facilitato il subentro nella gestione aziendale di un nuovo imprenditore. Condizioni che possono essere riassunte in tre diverse esigenze: non onerare la procedura di oneri finanziari; incoraggiare i lavoratori a restare uniti e a non disperdersi, così da salvaguardare il capitale umano dell'im-presa; incentivare, favorire e privilegiare le intenzioni e i tentativi di subentro di nuovi soggetti economici.9 Con la legge

n.223/1991 il legislatore italiano riformava profondamente il si-stema di mobilità interaziendale dei <<lavoratori>> che crisi o ristrutturazioni aziendali avesse reso <<eccedentari>>. La prece-dente fruizione di CIGS non costituiva più un requisito indispen-sabile per l'ammissione alle nuove liste di mobilità e per le fruizioni delle indennità di mobilità, pur restando ipotesi per più versi privilegiata, rispetto a quella, parallela, di licen-ziamenti collettivi <<immediati>>,senza previo ricorso alle inte-grazioni salariali. Ma in questo modificato quadro legislativo, l'ipotesi del fallimento o di altre procedure concorsuali, acqui-stava definitivamente autonomia, e diveniva un <<caso a parte>> oggetto di attenzione privilegiata, e della speciale disciplina dell'art.3 . Lo scopo preminente era quello di salvaguardare la compattezza e la permanenza delle <<maestranze>> che avrebbero atteso le possibili soluzioni positive, essendo assolutamente certa la continuità del reddito tramite integrazioni salariali. Solo successivamente, in sede di rinnovo del trattamento, avrebbe

9 P.G.Alleva, opera supra cit.

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potuto porsi il problema dell’esistenza di concrete possibilità di rilancio. In caso negativo si sarebbe proceduto alla <<messa in mobilità>> dei lavoratori secondo la normale procedura disci-plinata dall'art.4 della stessa legge n.223/1991,il quale, appun-to, regola la risoluzione dei rapporti dei lavoratori che, alla fine di un periodo di C.I.G. non possano essere riutilizzati in modo produttivo. Naturalmente, ove l 'attività sia, invece, con-tinuata tramite esercizio provvisorio (e non sia stata per questo richiesta la C.I.G. <<automatica>> del primo periodo)ma poi non siano apparse possibilità di rilancio o di subentro, la risolu-zione dei rapporti determinata dalla chiusura dell'esercizio se-guirà l'altra via prevista dalla legge n.223/1991,quella dei li-cenziamenti collettivi in senso stretto, disciplinata dall'art. 24 . La massima espansione dell’ ammortizzatore sociale de quo subisce un arresto significativo allorquando la Riforma Fornero, L. n.92 del 2102, lo sradica dall’originaria radice, per impian-tarla, invece, su altro presupposto, in modo da circoscriverne la operatività. In particolare, non ha più per presupposto il fatto che la <<continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata>>, ma la possibilità in concreto di prefigurare la

conti-nuazione o la ripresa dell'attività e la salvaguardia, anche par-ziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a

parame-tri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e del-le politiche sociali, peraltro prontamente già emanato (D.M. 4 dicembre 2012). Tutto questo per approdare, con un’evoluzione ci-clica, ad un azzeramento dell’istituto della CIGS <<concorsuale>> attraverso uno dei decreti legislativi, attutativi del Jobs act, che ha provveduto ad abrogare l’art 3, l.n. 223/1991.

La base sistematica del collaudato modus vivendi lavoristico-concorsuale fin qui descritto viene messa in discussione dalla riforma fallimentare avviata nel 2005 col d.l. n. 35 del 14 marzo (c.d. Decreto Competitività) e proseguita con la delega organica contenuta nella legge di conversione n. 80 del 14 maggio, a cui seguirà una nutrita serie di atti legislativi: dal decreto dele-gato n. 5 del 9 gennaio 2006 fino al d.l. n. 83 del 2015, fino alla nuova legge delega al Governo di riforma della disciplina della crisi di impresa e dell’insolvenza, n. 155 del 2017.

Nell'orizzonte del diritto fallimentare riformato la novità è che l'obiettivo primario della tutela dei creditori vada innanzitutto perseguito, se i creditori stessi non vi si oppongano, mediante il salvataggio totale o parziale dell'impresa. Sono stati così rimossi i limiti che nel sistema si frapponevano a tanto: si sono separati i destini dell'impresa e dell'imprenditore, eliminando la pregiudiziale considerazione dei meriti o più spesso demeriti del secondo per risolvere la crisi della prima10; è stato spostato

10 Con la riforma sono aboliti il registro dei falliti e le incapacità non giu-stificate dallo spossessamento ed è soppresso il requisito della meritevolezza

(15)

15

il baricentro decisionale delle procedure dal giudice ai credito-ri (c.d. pcredito-rivatizzazione o degiucredito-risdizionalizzazione11 delle

pro-cedure) sia pure poi correggendo l'impostazione troppo liberale della riforma originaria; sono stati inoltre forgiati nuovi stru-menti (accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall., risanamento con piano attestato ex art. 67) antagonisti dei pericolosi accomodamenti a base di pacta de non petendo; si sono infine rimodellati i concordati, con l'intento principale di agevolare il ricorso al preventivo in funzione risanatrice.

Avvisaglie significative dell'innesto d'un fine propriamente con-servativo dell'impresa in crisi erano già emerse con la <<riforma organica>> del diritto fallimentare attuata dal d.lgs. n. 5/2006, accompagnate da <<timidi>> riferimenti alla tutela del lavoro e di interessi socio-economici più ampi rispetto a quelli dei credito-ri. In questa prospettiva si colloca la rivisitazione di istituti destinati ad attivare una sorta di commercializzazione dell'impre-sa insolvente, come l'affitto, la vendita o la cessione anche par-ziale (cfr. artt. 104bis e 105, l. fall.). Istituti che, non a ca-so, prevedono in modo esplicito la salvaguardia dell'occupazione e l'intervento delle rappresentanze sindacali. L'affitto a terzi viene introdotto dall'art. 104bis, l. fall. quando appaia utile alla <<più proficua vendita dell'azienda>>, con l'avvertenza che la scelta dell'affittuario deve tener conto del canone offerto (quindi, del vantaggio immediato per i creditori), ma anche delle prospettive di prosecuzione dell'attività produttiva e di <<con-servazione dei livelli occupazionali>>(comma 2). Mentre l'art. 105, comma 3, l. fall. formula un rinvio (certo laconico, eppure non meno significativo) alla disciplina del trasferimento d'azien-da e, in particolare, alla consultazione sind'azien-dacale finalizzata al passaggio dei dipendenti in capo al cessionario.

La faticosa convergenza dei blocchi normativi è stata avvalorata e decisamente favorita dalla giurisprudenza del lavoro sul pre-supposto che, all'apertura del procedimento concorsuale (anche se di carattere liquidatorio), l'impresa <<nella sua unitarietà so-pravvive e, nel suo ambito, anche i rapporti di lavoro>>. Anzi, la loro perdurante vitalità (per quanto sospesi per l'intervento della cigs) può consentire di riattivare le potenzialità produt-tive e <<rende ipotizzabile la futura ripresa dell'attività lavo-rativa>> 12. L'impresa sottoposta a procedura concorsuale non è

so-lo un coacervo di debiti/crediti o un inventario di vaso-lori da

per accedere al concordato preventivo, sono cioè cancellate le ultime tracce d'una repressione extra-penale dell'insolvente che veniva dai secoli andati. 11 Conio di F. d'Alessandro, La crisi dell'impresa tra diagnosi precoci e acca-nimenti terapeutici, in Giur. comm., 2001, I, p. 411 ss., spec. p. 418.

12 Cass. 2 marzo 2009, n. 5032, Fall., 2009, 1154, nt. Rotondi, Licenziamento collettivo: obbligo di applicazione della procedura di cui alla legge n. 223/1991 anche all'impresa fallita.

(16)

16

quidare, ma è ancora un complesso di beni destinati all'esercizio attivo e alla conservazione di opportunità occupazionali.

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17

Indice

La crisi di impresa e tutela del rapporto

di lavoro: tra soluzioni liquidatorie e

conservative dell’azienda.

Capitolo I

:

Il datore di lavoro- imprenditore

<<insolven-te>>.

1.

Procedure concorsuali e diritto del lavoro. Un nuovo dialo-go.

1.1.

L’ Ue: il perimetro alla libertà del legislatore na-zionale nell’orizzonte delle riforme. La Commissione Rordorf.

1.2.

La tutela dei lavoratori nella prospettiva del <<di-ritto concorsuale europeo>>, linea-guida della Commis-sione Rordorf.

1.3.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia, roccaforte della convergenza tra diritto del lavoro e delle pro-cedure concorsuali nazionale.

2.

Il diritto fallimentare: prospettiva liquidatoria o di

ri-strutturazione aziendale.

2.1.

La medesima fattispecie nella prospettiva giuslavori-stica: la <<legislazione speciale del lavoro>> nelle procedure concorsuali.

Capitolo II:

Il rapporto di lavoro <<pendente>> tra legge

fallimentare e legislazione speciale del lavoro.

1.

Il rapporto di lavoro <<pendente>>: ricostruzione ermeneuti-ca cirermeneuti-ca gli effetti dell’insolvenza sui rapporti di lavoro.

1.1.

<<Effetto sospensivo>> dei rapporti di lavoro:

conse-guenza dell’ art 72, l. fall, o applicazione dell’ art 3 l. n. 223/1991 ?

2.

La tutela del reddito <<interna>> al rapporto di lavoro: la riforma Fornero e il riassetto degli ammortizzatori sociali.

(18)

18

2.1.

Il d.lgs. n. 148/2015 e le circolari ministeriali n. 24/2015 e n.1/2016: la fine della CIGS per cessazione dell’attività.

2.2.

I fondi bilaterali di solidarietà.

3.

Le tutele <<esterne>> al rapporto di lavoro con il d.lgs. 22/2015: la NASPI e la fine dell’indennità di mobilità in caso di licenziamento collettivo (rinvio).

Capitolo III:

Continuazione <<diretta>> e <<indiretta>>

dell’attività di impresa nelle procedure concorsuali.

Effet-ti sul contratto di lavoro subordinato.

1.

Una questione di bilanciamento di interessi tra diritto del lavoro e diritto fallimentare.

2.

Fallimento e continuazione <<diretta>> dell’attività produt-tiva: l’esercizio provvisorio e gestione dei rapporti di la-voro.

A)

Cigs dopo l’abrogazione dell’art 3, l.n. 223/1991.

B)

La cessazione dell’esercizio provvisorio: risolu-zione dei rapporti di lavoro.(:rinvio).

C)

Principio di infrazionabilità e pagamento in pre-deduzione dell’indennità sostitutiva del preavvi-so.

D)

Il subentro del curatore nel rapporto di lavoro in caso di mancata autorizzazione all’esercizio provvisorio: effetti.

2.1.

La circolazione dell’azienda: il contratto di affitto dell’azienda <<pendente>> e << l’affitto

endo-fallimentare>>.

A)

Il contratto d’ affitto <<pendente>>.

B)

L’ affitto endo- fallimentare e la <<sorte>> dei rapporti di lavoro.

C)

La retrocessione al fallimento dell’azienda

af-fittata; la sorte dei debiti e dei rapporti

pen-denti.

3.

Il concordato preventivo e i <<contratti pendenti>>. Rico-struzione generale della fattispecie.

A) (segue:)Il rapporto di lavoro subordinato.

3.1.

Gli strumenti giuridici del datore-debitore nella

ri-strutturazione aziendale.

B) Il conferimento dell’azienda in una o più so-cietà.

(19)

19

C) L’ affitto endo-concorsuale.

3.2.

Le scelte di riorganizzazione aziendale con riduzione del personale.

Capitolo IV:

(segue) La <<cessione dell’azienda>> e tutela

dei rapporti di lavoro.

1.

L’<< azienda>> tra diritto del lavoro e diritto commerciale: l’ <<entità economica>> del diritto comunitario.

1.1.

Il trasferimento d’azienda nell’impresa in crisi. Le garanzie dei lavoratori tra diritto comunitario e di-ritto nazionale.

1.2.

(segue): Nel frattempo la riforma organica delle pro-cedure concorsuali.

1.3.

La procedura di infrazione della Commissione della

Co-munità europea contro lo Stato italiano. L’art 19

qua-ter l. 20 novembre 2009, n. 166.

2.

Procedure liquidatorie : <<vendita dell’azienda>> (art 105,

l. fall.) e <<cessioni>> (art 182, l. fall.)

3.

Procedure conservative: <<la cessione dell’azienda in

eser-cizio >> (art 186 bis, l. fall.). Le sentenze del Tribunale di Padova(2014) e del Tribunale di Alessandria(2015).

Capitolo V

:

L’amministrazione straordinaria delle grandi

imprese in crisi e tutela giuslavorista.

1.

Amministrazione straordinaria: generalità ed evoluzione le-gislativa. Dalla legge Prodi alla legge Marzano.

1.1.

La Commissione Rordorf: riforma organica della

disci-plina della amministrazione straordinaria.

2.

La procedura: i presupposti e i programmi.

3.

I rapporti di lavoro <<pendenti>>.

3.1.

La cessione dei complessi aziendali e tutela giuslavo-rista.

(20)

20

Capitolo VI

:

Lo <<scioglimento>> dei rapporti di lavoro

nelle procedure concorsuali liquidatorie e conservative.

1.

La <<sospensione>> dei rapporti di lavoro tra l’ art. 72, l. fall. e la Cassa integrazione guadagni straordinaria.

2.

La decisione dello <<scioglimento>> dai contratti di lavoro pendenti nel fallimento.

2.1.

Il <<potere di recesso>> degli organi della

pro-cedura: attribuzione della disciplina concorsuale

o riconducibilità alla disciplina giuslavoristi-ca?

2.2.

(segue): Il recesso nelle procedure concorsuali con finalità conservativa.

3.

Le forme di gestione delle <<eccedenze del personale>>.

3.1.

Misure alternative all’<<estinzione del rapporto

di lavoro>>.

3.2.

<<Incentivazione all’esodo a livello collettivo>> di tipo economico e non economico.

4.

Il licenziamento per riduzione del personale.

Capitolo VII

:

La responsabilità del dirigente

nell’impresa.

1.

Il vincolo fiduciario e produzione dei risultati di

gestio-ne.

1.2.

Obblighi e responsabilità in sede civile e

nell’ipotesi di fallimento dell’impresa.

a)

La responsabilità dei dirigenti e l’interdizione in caso di fallimento d’impresa e d’insolvenza

all’interno dell’Unione Europea.

2.

Diritti del dirigente(di impresa industriale) in caso di <<trasferimento di proprietà dell’azienda>>.

b)

(segue)quando l’impresa <<in crisi>> è oggetto di cessione.

3.

La <<giustificatezza>> del licenziamento del dirigente.

3.1.

Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento

connesso alla << funzione sociale dell’impresa >>: la

sentenza della Corte di Cassazione n. 25201 del 7 di-cembre 2016.

(21)

21

Capitolo VIII

:

Procedure concorsuali e controversie di

la-voro

.

1.

Il <<diritto>> delle procedure concorsuali e il <<rito came-rale ibrido>> del procedimento di verificazione dei crediti per la formazione dello stato passivo e del decreto di omo-loga del concordato preventivo contestato.

1.1.

Sull’applicabilità degli artt.52 e 92 ss. l.fall., al-le procedure di Amministrazione straordinaria.

1.2.

Il rito del lavoro: Riforma Fornero e d.lgs. n. 23/2015.

a)

La tutela reintegratoria e risarcitoria nelle pro-cedure concorsuali.

b)

L’efficacia di giudicato dell’ordinanza ex art. 1, comma 49 legge 92/2012.

(22)
(23)

23

1.

Il datore di lavoro- imprenditore

<<insolvente>>.

Sommario: 1.Procedure concorsuali e diritto del lavoro. Un nuovo dialogo.

1.1. L’ Ue: il perimetro alla libertà del legislatore nazionale nell’orizzonte delle riforme. La Commissione Rordorf. 1.2. La tutela dei lavoratori nella prospettiva del <<diritto concorsuale europeo>>, linea-guida della Commissione Rordorf. 1.3. La giurisprudenza della Corte di Giustizia, roccaforte della convergenza tra diritto del lavoro e delle procedure concorsuali nazionale.

2. Il diritto fallimentare: prospettiva liquidatoria o di ristrutturazione aziendale. 2.1. La medesima fattispecie nella prospettiva giuslavoristica: la <<legislazione speciale del lavoro>> nelle procedure concorsuali.

1.

Procedure concorsuali e diritto del lavoro.

Un nuovo dialogo.

Il rapporto fra disciplina lavoristica e diritto fallimentare, fino al recente passato, si è contraddistinto <<all’insegna dell’incomunicabilità reciproca, temperata dall’operare degli am-mortizzatori sociali>>13. A partire dal 1° gennaio 2016, la

rivo-luzione normativa che ha interessato gli strumenti di sostegno al reddito, dapprima con la Riforma Fornero, e poi con il Jobs Act, ha lasciato i lavoratori delle imprese in crisi senza le speri-mentate tutele ed ha creato gravi difficoltà agli organi delle procedure impegnati nel tentativo di salvare l’azienda e di man-tenere il livello degli occupati. Si tratta di una sorta di si-stema binario, ove il diritto concorsuale e il diritto del lavoro sembrano attirarsi e respingersi come << due stelle condannate a

orbitare assieme >>14, soprattutto quando l’impresa è investita

dalla crisi con l’inevitabile ripercussione sull’organizzazione aziendale e sui rapporti che l’innervano. Tra questi, il rapporto di lavoro appare il più nevralgico se si indossano le lenti del giuslavorista, sia per la rilevanza sociale che assume sia per la

13 P.Menti, L'inquieta convivenza di diritto del fallimento e del lavoro, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2016, 6, 1248 (commento alla normativa).

(24)

24

tutela costituzionale che lo presidia, ex artt. 4 e 36 Cost. . L’una e l’altra istanza spingerebbero il sistema verso

l’obiettivo della conservazione dei posti di lavoro; ma il dirit-to concorsuale non è pensadirit-to per assecondare questa esigenza per-ché sottende ben altra finalità, del tutto autonoma e in poten-ziale conflitto con le tutele lavoristiche. Ad eccezione della procedura di amministrazione straordinaria

delle grandi imprese insolventi, l’intera disciplina concorsuale è rivolta alla tutela rafforzata del credito. Laddove tale

risul-tato possa perseguirsi evitando la disgregazione aziendale, non-ché senza risolvere i rapporti di lavoro, nulla quaestio; altri-menti, la frammentazione è inevitabile, salva però , la discipli-na speciale concorsuale di un’ esecuzione ( nel senso tecnico-giuridico di procedura esecutiva volta alla liquidazione dei be-ni, sul cui ricavato i creditori vedranno soddisfatte le loro pretese)secondo par condicio creditorum.

Il regio decreto legge n. 267 del 1942, particolarmente longevo, vedeva prevalente la funzione di creare il meccanismo processuale per la tutela esecutiva dei creditori di imprenditori insolventi. L'evoluzione successiva fa emergere come i creditori, divenuti con l'insolvenza, i sostanziali titolari del patrimonio residuo debba-no vedersi ricodebba-noscere un ruolo che sia manifestazione di autodebba-no- autono-mia privata nella gestione della crisi. Si può riconoscere alla legge fallimentare del 1942, la sua natura di strumento normativo teso a dare la disciplina della tutela esecutiva dei creditori in una situazione di crisi/insolvenza dell'impresa per assicurare il

maggior grado ritenuto possibile di soddisfazione. Di qui una caratteristica di quella legge, di essere una legge

so-prattutto processuale, da alcuni definita << pan-processuale>>15. Lo stesso Gustavo Bonelli negli anni '30 scriveva: << Il fallimen-to è l'organizzazione procedurale della difesa collettiva dei

cre-ditori di fronte all'insolvenza del mercante, il cui patrimonio deve essere liquidato ed erogato a favore dei creditori>>16. Ma, accanto alla tutela privatistica, si poteva individuare la sua ma-trice di carattere pubblicistico, che in qualche modo coincideva con la prima, cioè la considerazione di un interesse superiore ma avvertito come sostanzialmente coincidente con quello della tutela giurisdizionale massima del credito, perché veniva a consistere nella soppressione e nell'espulsione dal mercato dell'impresa inefficiente. La ritenuta coincidenza dei due interessi ben giu-stificava << nella via esclusivamente giurisdizionale del processo esecutivo collettivo>>, quell'attuazione dei diritti dei credito-ri, tanto che, lo storico Pier Giusto Jaeger, rilevò che <<il giu-dice diventava il braccio secolare di una legge superiore al di-ritto positivo, perché era la legge naturale, quella regolatrice

15

L.Rovelli, L'evoluzione del diritto concorsuale italiano nel quadro europeo, in Contratto e Impr., 2017, 1, 22 (commento alla normativa).

(25)

25

del mercato, la legge darwiniana dell'eliminazione dei soggetti deboli>>17. Lo stesso concordato preventivo cambia l'oggetto del giudizio di meritevolezza. Il giudizio si oggettivizza e si guarda all'impresa in quanto tale, a prescindere da un'occhiuta analisi del

comporta-mento che si assume dovuto dall'imprenditore. Un altro noto giurista, Stanghellini, osserva che, l'investimento

di rischio può essere stato <<bruciato>> anche se l'impresa espri-me ancora una capacità di restare nel espri-mercato, cioè l'equazione imprenditore insolvente uguale impresa incapace di produrre reddi-to è fallace, è fallace nella sua assolutezza. Spesso è così, ma non necessariamente è così18. Quindi la distinzione concettuale rilevante, a mente della dottrina presa in esame, è quella fra va-lore dell'impresa, che può ancora esistere, e vava-lore del patrimo-nio dell'imprenditore, che invece può essere venuto meno, sia esso imprenditore individuale o imprenditore collettivo. E’ la << dif-ficoltà di gestire questa transizione di legittimazione nella ge-stione dell’impresa che giustifica la stessa esistenza delle pro-cedure di insolvenza e la complessità delle situazioni basate sul-la riorganizzazione>>. Quindi sul-la funzione delle procedure

concor-suali è proprio quella di prevedere forme di gestione dell'incer-tezza che seguono al manifestarsi della crisi, anche della stessa

insolvenza, e che dovrebbero dare ai creditori poteri

corrispon-denti a quelli che spettano, quando l'imprenditore è solvibile, agli investitori che corrono il rischio d'impresa. La funzione

delle procedure concorsuali è proprio quella di porre regole per la risoluzione dei conflitti in capo ai creditori.

In questa cornice, propria delle procedure concorsuali, tuttavia, interviene (o forse <<interveniva>>) , quasi ad assolvere una

funzione di raccordo, un istituto di previdenza sociale che

per-mette di bilanciare, di volta in volta, l’interesse al miglior soddisfacimento dei creditori con quello, propriamente, dei lavo-ratori, quantomeno in termini di garanzia del reddito, qualifi-candosi , lo stesso, come strumento che contribuisce a superare le inefficienze gestionali mediante la disattivazione del costo del lavoro. E’ questo il contesto in cui è dato individuare l’unico punto di contatto tra i due settori normativi, del tutto autonomi ed autosufficienti, oltreché ispirati a proprie endogene razionalità politico-legislative. Infatti, la finalità, prevalen-temente, liquidatoria delle procedure concorsuali e l’intervento pubblico a sostegno del reddito e dell’occupazione (con quello che era, ante riforma Fornero, il ricorso agevolato-automatico alla Cigs c.d. concorsuale, ex art 3, l. n. 223/1991)avevano rag-giunto un <<porto sicuro>> consolidato e in apparente equilibrio.

17 R.Sacchi, Studi in ricordo di Pier Giusto Jaeger,Milano,2011, pag. 35 e ss. 18

L.Stanghellini, Le crisi di impresa tra diritto ed economia. Le procedure di

(26)

26

A tal proposito, un’ apertura reciproca delle due materie pare rinvenirsi in un recente intervento normativo. Nella parte moti-vata del d.m. 28 gennaio 2015, col quale il Ministro della giu-stizia, Andrea Orlando, ha nominato la commissione presieduta da

Renato Rordorf per il riordino organico della disciplina

concer-nente la crisi di impresa e l’insolvenza. Si enuncia fra gli obiettivi del consesso di esperti la << incentivazione (...) del

concordato preventivo con continuità aziendale, quale strumento

diretto alla conservazione dell'impresa con salvaguardia dei

li-velli occupazionali >> (3° Ritenuto, lett. d, n. 2).

Tuttavia, nello Schema di disegno di legge delega redatto dalla commissione, poi confluito nel disegno di legge governativo Or-lando-Guidi (XVII Legislatura, Atto Camera 11 marzo 2016, n. 3671), non esiste alcun riscontro di tale obiettivo.

Dallo stralcio dell’art. 15( Amministrazione straordinaria, disci-plina, questa, confluita nel testo di cui all’atto di camera, n. 3671 ter, approvato il 10 maggio 2017 e trasferito al Senato) del disegno di legge delega n. 3671, l’Assemblea, il 18 maggio 2016, delibera il nuovo testo di disegno di l.d. n. 3671 bis, approvato

in data 1° Febbraio 2017 e trasmesso al Senato.

Il testo definitivo del disegno di legge delega, n. 3671 bis, in-dividua tra i << Principi generali >> di cui all’art 2,lett. o) quello di << armonizzare le procedure di gestione della crisi e

dell’insolvenza del datore di lavoro con le forme di tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori che trovano

fonda-mento nella Carta sociale europea, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, e nella direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consi-glio, del 22 ottobre 2008, nonché nella direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.>>

Quanto poi alla disciplina dei rapporti di lavoro nel fallimento, se ne fa parola nel successivo art. 7, co.7,(c.d. << Procedura di liquidazione giudiziale >> e non più procedura fallimentare) dove la delega prevede che << La disciplina degli effetti della

pro-cedura sui rapporti di lavoro subordinato è coordinata con la

le-gislazione vigente in materia di diritto del lavoro, per quanto

concerne il licenziamento, le forme assicurative e di

integrazio-ne salariale, il trattamento di fiintegrazio-ne rapporto e le modalità di insinuazione al passivo. >>19.

19 ”Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza”,(S.2681),11 ottobre 2017.

(27)

27

1.1.

L’ Ue: il perimetro alla libertà del

legi-slatore nazionale nell’orizzonte delle

rifor-me. La Commissione Rordorf.

Il sistema delle procedure concorsuali si accinge a ricevere una riforma organica, unicamente sollecitata da precise istanze, pro-venienti in larga misura dal mondo bancario e confindustriale. Queste istanze sono, tuttavia, rivelatrici di come, ad avviso del creditore istituzionale per antonomasia, il quantum di deregola-mentazione non sia risultato del tutto funzionale ai fini della migliore realizzazione del diritto di credito, neppure per il creditore <<forte>>, professionalmente attrezzato20.

Di fatti alcuni punti della c.d. miniriforma del 2015 tendono ad un nuovo riequilibrio del rapporto creditore/debitore, ritenuto sbilanciato a favore del secondo dalla riforma del 2012 e da quel-la del 2013. Infatti quel-la mostruosa crescita dei crediti bancari, maturati presso le imprese insolventi, ha fatto sorgere perplessi-tà anche sull’attitudine di quella disciplina a costituire la for-ma più efficiente di realizzazione del diritto di credito.

In questa direzione, hanno certamente spinto le recenti determi-nazioni dell’Ue volte ad uniformare la legislazione concorsuale degli Stati membri secondo un archetipo fondato sugli obiettivi principali della <<ristrutturazione precoce>>, in ottica cioè <<preventiva>>, e della c.d. second chance, in funzione riabili-tativa21.

Orbene, di fronte al variegato panorama normativo che ha coinvol-to, da un lato il diritto fallimentare e dall’altro il diritto del lavoro, il legislatore ha avviato iniziative

razionalizzatri-ci. Così, infatti, il disegno di legge delega, di iniziativa del

go-verno, redatto dalla c.d. Commissione Rordorf, approvato dal

Con-siglio dei Ministri l’11 febbraio del 2016. Il d.d.l. si pone nel solco del processo di riforma inaugurato

con il d.l. n. 83 del 2015, e mira, tra l’altro, ad allineare la normativa italiana in tema di insolvenza a quella presente negli Stati membri dell’UE, con l’obiettivo di pervenire ad un nuovo <<Testo unico d’insolvenza>>. Nel disegno di legge delega, recan-te << Riforma organica delle discipline della crisi d'impresa e

dell'insolvenza>>, (giudicato con voto favorevole dal Consiglio

20 L.Rovelli, L’evoluzione del diritto concorsuale italiano nel quadro europeo, in Contratto e Impr.,2017,1,22(commento alla normativa).

21

P.Vella, La riforma organica delle procedure concorsuali: un nuovo approccio

in linea con le indicazione dell’UE, in Società, 2016,6,734 ( commento alla nor-mativa).

(28)

28

dei ministri l’11 febbraio 2016,nonché approvato dalla Camera dei deputati il 1° febbraio 2017 e trasmesso al Senato il 9 febbraio 2017), si tiene conto della normativa adottata a livello europeo, ed in particolare del Reg. UE n. 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha rifuso il Reg. CE n. 1346/2000, oltre che della Raccomandazione della Commissione n. 2014/135/UE, nonché delle recenti normative adottate negli altri Stati membri dell'U-nione. Sollecitazioni provengono, invero, anche dal contesto internazio-nale, ed in particolare dall'attività svolta dalla Commissione

delle Nazioni Unite per il commercio internazionale (UNCITRAL),

che ha adottato una legge modello, la Cross-Border Insolvency

Mo-del Law, direttamente recepibile dalle legislazioni nazionali. Ad oggi, la Model law è stata fatta propria da ben 41 paesi sia in ambito extraeuropeo (Giappone, USA, Australia, Canada) sia europeo e tra questi ultimi: Regno Unito (2006), Polonia e Romania (2003), Slovenia (2007) Grecia (2010).

L'Italia non è tra gli Stati che hanno adottato siffatta legge modello, anche se nel disegno di legge delega si fa ad essa rife-rimento ed, in particolare, ai principi che la ispirano.

Proprio al fine di disegnare un contesto normativo ispirato a principi giuridici comuni del fenomeno dell'insolvenza, anche a livello internazionale ed europeo, la riforma rende necessario, oltre che l'abbandono della tradizionale espressione <<fallimen-to>> , anche definire alcuni concetti fondamentali come quello di

<<crisi>>. Opportunamente, il disegno di legge delega, all'art. 2, prevede

l'introduzione della nozione di crisi, intesa come <<probabilità

di futura insolvenza>>, distinta dalla nozione di insolvenza, di

cui all'art. 5 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, che si ritiene co-munque di mantenere. Non viene, tuttavia, delineata una precisa definizione del concetto di crisi.

Orbene, tra la Proposta alla riforma organica delle procedure concorsuali elaborata dalla Commissione Rordorf e le indicazioni di settore provenienti dall’Ue, si registra una netta assonanza essendo venute ineludibili le istanze di omogeneizzazione del si-stema concorsuale europeo. In particolare, con la Raccomandazione

n. 2014/135/UE della Commissione del 12 marzo del 2014, la

coin-cidenza di intenti si registra innanzitutto sui due obbiettivi principali posti nel I Considerando:

a) << garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell'Unione, l'accesso a un quadro nazio-nale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi

(29)

29

in una fase precoce in modo da evitare l'insolvenza, massimizzan-done pertanto il valore totale per creditori, dipendenti,

pro-prietari e per l'economia in generale >>;

b) << dare una seconda opportunità in tutta l'Unione agli

impren-ditori onesti che falliscono >>;

Detti obiettivi trovano infatti letterale riscontro, rispettiva-mente, nei punti 2), primo capoverso; e 9), primo capoverso, del-la Redel-lazione illustrativa al Disegno di legge-delega, del-la quale ripropone pressoché pedissequamente i contenuti della Relazione allo Schema di legge-delega della Commissione Rordorf. Si richia-ma l’approdo della Racc. 2014/135/UE per cui sarebbe dimostrato che << gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori

proba-bilità di avere successo una seconda volta >>, da qui

l’opportunità di << adoperarsi per ridurre gli effetti negativi

del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa libera-zione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo>>. Sempre nel

punto 2) della Relazione, al primo capoverso, risulta altresì re-cepito l'invito ad << offrire servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, consulenza per evitare i falli-menti e sostegno alle P.M.I. per ristrutturarsi e rilanciarsi >>, contenuto nel IX Considerando, che a sua volta menziona il Piano d'azione di imprenditorialità 2020 adottato dalla Commissione il 9 gennaio 2013.

Parimenti, l'obiettivo di ridurre << i costi di ristrutturazione a carico di debitori e creditori >> (XI Considerando) trova eco tra i << Principi generali >> di cui all'art. 2, lett. i) del Di-segno di legge-delega, ove si prevede di << ridurre la durata e i

costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di re-sponsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento

delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi

dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei

cre-diti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure >>.

Una particolare sinergia, anche cronologica, si registra poi con l'impostazione di fondo del Reg.(UE)2015/848 del Parlamento euro-peo e del Consiglio del 20 maggio 2015 (in vigore dal 25 giugno 2015, ma destinato a disciplinare la materia dal 26 giugno 2017) , relativo alle procedure di insolvenza (rifusione del Reg. (CE) n. 1346/2000 del Consiglio sulla insolvenza transfrontaliera), segnatamente nella parte in cui esso enuclea con estrema chiarez-za, all'interno del primo comma dell'art.1 ( << Ambito di appli-cazione >>), le tre categorie di <<procedure concorsuali

pubbli-che, comprese le procedure provvisorie >> (c.d. interim

(30)

ristrut-30

turazione del debito, riorganizzazione o liquidazione >>, sulla

scorta, alternativamente, dei seguenti tratti distintivi:

<< a) un debitore è spossessato, in tutto o in parte, del proprio

patrimonio ed è nominato un amministratore delle procedure di

in-solvenza >> (dove la similitudine è evidente con la nostra proce-dura di fallimento - rectius, in prospettiva, della c.d.

liquida-zione giudiziale);

<< b) i beni e gli affari di un debitore sono soggetti al

con-trollo o alla sorveglianza di un giudice >> (in analogia con lo

strumento concordatario);

<< c) una sospensione temporanea delle azioni esecutive

indivi-duali è concessa da un giudice o si verifica per legge al fine di consentire le trattative tra il debitore e i suoi creditori,

pur-ché le procedure per le quali è concessa la sospensione prevedano

misure idonee a tutelare la massa dei creditori e, qualora non

sia stato raggiunto un accordo, siano preliminari a una delle

procedure di cui alle lettere a) o b) >> (con immediata

associa-zione di idee agli Accordi di ristrutturaassocia-zione dei debiti, ed ora anche alle nuove Procedure di Allerta).

Lo stesso primo comma del citato art. 1 aggiunge che << laddove le procedure di cui al presente paragrafo possano essere avviate in situazioni in cui sussiste soltanto una probabilità di

insol-venza, il loro scopo è quello di evitare l'insolvenza del

debito-re o la cessazione delle attività di quest'ultimo >>.22

Orbene, dalle suddette disposizioni è dato dedurre che, in pri-mis, è chiaramente rintracciabile una progressione logica nelle

finalità che le procedure concorsuali sono destinate a

persegui-re, secondo un ordine graduale, in quanto il legislatore procede dalla regolazione ideale (o preferibile), del <<salvataggio>> dell'impresa, fino a quella residuale (o inevitabile), della sua <<liquidazione>>, passando attraverso soluzioni eventuali e stru-mentali, in termini di << ristrutturazione del debito >> o

<<riorganizzazione>> aziendale. In ogni caso, ciò che conta è che la soluzione liquidatoria occupa, nello spettro degli strumenti predisposti dall'ordinamento comunitario, per la regolazione del-la crisi o insolvenza dell'impresa, una posizione finale, essendo idealmente collocata << a valle >> di un percorso virtuoso, che mira in prima battuta alla conservazione del << valore azienda>>. Dunque, se vi sono concrete prospettive di ristrutturazione, se-condo la dottrina, deve essere sempre disposta la sospensione della liquidazione.

22 P.Vella, L’assonanza della riforma organica con i principi regolatori dell’ Unione Europea, in Società, 2016,6,734,(commento alla normativa).

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