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tra l’ art 72, l fall e la Cassa integrazio ne guadagni straordinaria.

Il principale effetto della sentenza dichiarativa di fallimento rispetto ai contratti pendenti, tra cui inevitabilmente il con- tratto di lavoro subordinato, è l’automatica sospensione degli stessi; si suole dire che i contratti entrano in uno stato di

quiescenza attiva, fintanto che il curatore non intenda suben-

trarvi ovvero sciogliersi. Tutto questo è vero se, contestualmen- te alla dichiarazione di fallimento, il Tribunale non abbia al- tresì disposto l’esercizio provvisorio, ricorrendone i presuppo- sti legittimanti, giacché i contratti pendenti proseguono salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglier- li. Stesso principio nel corso dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dove, altresì e so- prattutto si ribadisce in modo espresso la continuità dei rappor- ti di lavoro subordinato.

Orbene la questione della <<sospensione>> del contratto di lavoro subordinato, fino al 31 dicembre 2015, doveva confrontarsi con la disposizione giuslavoristica <<speciale>> di cui alla legge n.

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223/1991, che appositamente dedicava una disposizione, l’art 3, disciplinante il fenomeno della sospensione <<automatica>> del contratto di lavoro subordinato inserito nell’organizzazione di un’impresa che fosse assoggettata ad una delle procedure concor- suali. La formulazione, antecedente alle modifiche introdotte dalla legge n. 92/2012 al regime speciale di cui all’art 3, legge n. 223/1991, operando in deroga alla norma generale dettata dalla legge fallimentare (id est art 72, l. fall.), circa l’effetto so- spensivo, prevedeva la sospensione del rapporto di lavoro quale conseguenza immediata dell’accesso dell’impresa al trattamento di integrazione salariale straordinario <<concorsuale>>. Questo am- mortizzatore sociale <<speciale>> aveva il duplice scopo di so- stenere il reddito dei lavoratori e preservare, al contempo, il patrimonio aziendale. La causale di detto <<regime di GIGS con- corsuale>> non richiedeva né una motivazione di tipo organizzati- vo, né la predisposizione di un programma di ristrutturazione, né una concreta prospettiva di prosecuzione o ripresa dell’attività produttiva. Era sufficiente, ai sensi dell’art 3, co.1, che il <<curatore, liquidatore o commissario…>>, presentasse <<domanda di concessione del trattamento( per un periodo non superiore di 12 mesi)… nei casi di dichiarazione di fallimento (…) ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, qualora la con- tinuazione dell'attività non>> fosse stata <<disposta o sia ces- sata>>. Tanto nel fallimento quanto nella procedura di ammini- strazione straordinaria ,era irrilevante che fosse disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa, in quanto fase strumentale alla prossima cessione definitiva dei beni e dei complessi azien- dali. << …Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventi- vo consistente nella cessione dei beni>>. Diversamente, nel caso in cui fossero emerse << fondate prospettive di continuazione o ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei li- velli di occupazione tramite la cessione, a qualunque titolo, dell'azienda o di sue parti, il trattamento straordinario di in- tegrazione salariale >>… poteva essere <<… prorogato, su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, previo accerta- mento da parte del CIPI, per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi>>… e alla domanda di proroga, il curatore, liquidatore, commissario avrebbe dovuto allegare una <<…relazione, approvata dal giudice delegato o dall'autorità che esercita il controllo, sulle prospettive di cessione dell'azienda o di sue parti e sui riflessi della cessione sull'occupazione aziendale>>. Ovviamente il riferimento coinvolge una delle modalità di perfezionamento del concordato preventivo, quale appunto quello in continuità. Quindi ove potesse operare il regime di CIGS di cui all’art 3, l. n. 223/1991, ante modifiche del 2012, era solo ed esclusivamente attivando la procedura amministrativa de quo che si poteva conse- guire l’effetto della sospensione dei rapporti di lavoro e dei

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relativi obblighi. Tuttavia a ben vedere l’attivazione della CIGS da parte del curatore richiedeva comunque lo svolgimento dell’ esame congiunto nel termine massimo di 25 giorni. Medio tempore, <<…nella fase anteriore all’emanazione del provvedimento ammini- strativo, il rapporto di lavoro continua(va) ad essere retto dal diritto comune alla stregua del quale il datore…>> , quindi il curatore,<<… che sospenda unilateralmente il rapporto è tenuto a corrispondere la retribuzione, che peraltro retroattivamente as- sume la natura di anticipazione del trattamento previdenziale so- lo se sopraggiunga il provvedimento ammissivo, ed a far tempo dalla data da esso stabilita >>200. Con le modifiche introdotte ad

opera dell’ art 2, co.70, l.n. 92/2012, l’assetto normativo è profondamente mutato per il definitivo venir meno del regime spe- ciale di CIGS, applicabile <<automaticamente>> alle procedure concorsuali con finalità liquidatorie201. In realtà, in vista del-

la definitiva abrogazione della procedura amministrativa speciale a far data dal 1° gennaio 2016, definitivamente ribadita dal d.lgs. n. 148/2015, la c.d. Riforma Fornero aveva previsto <<transitoriamente>>, attraverso la sostituzione letterale del primo capoverso dell’art 3, co.1, l.n. 223/1991, la possibilità che l’impresa sottoposta a procedura concorsuale potesse richie- dere il trattamento straordinario di integrazione salariale << ...quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa

dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali>>.

Si tratta, nello specifico, del d.m. 70750/2012. Premessa dovuta, questa, per comprendere il ritorno in auge della

<<regola>>, di cui all’art 72, l. fall., quale paradigma normati- vo in merito all’effetto sospensivo degli obblighi che scaturi- scono dal contratto di lavoro subordinato. Disposizione fallimen- tare non più derogatoria alla legislazione giuslavoristica spe- ciale per il venir meno della sovrapposizione normativa circa l’effetto sospensivo automatico del rapporto di lavoro.

Dunque, sempre nel regime della Riforma Fornero, una volta pro- dotti gli effetti sospensivi di cui alla legge fallimentare, solo al ricorrere della prospettiva di continuazione o ripresa

dell’attività produttiva, quindi successivamente, si porrà la questione della richiesta del trattamento straordinario di inte- grazione salariale, laddove il curatore ritenga, nel caso di spe- cie, integrati i parametri di cui al decreto ministeriale. Emerge una sostanziale autonomia e indipendenza tra i presupposti che determinano l’effetto sospensivo previsto dalla legge fallimenta- re, destinato a prodursi all’esito della dichiarazione di falli- mento e quelli che invece consentono l’accesso al regime di inte-

200 così la Cassazione, con sent 18 giugno 1998,n.6111, in Mass.Giur.it 201 M.L.Vallauri,Il lavoro nella crisi di impresa,Milano,2013,pag.75 e ss.

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grazione salariale per i quali la fattispecie legittimante può emergere anche nel corso della procedura in un momento temporal- mente successivo. Quest’ultima dimensione temporale ben può pro- spettarsi ove venga disposto <<l’esercizio provvisorio>>

dell’impresa con contestuale subentro del curatore nei rapporti di lavoro, ancorché relativamente ad una parte del complessivo organico; dunque una prospettiva di continuazione ancorché fun- zionale ad una migliore liquidazione attraverso cessione a terzi. Ma altresì, la <<concreta prospettiva di ripresa della produzio- ne>>, nella procedura fallimentare, potrebbe ravvisarsi nella strategia organizzativa e produttiva del cessionario. In questi due estremi, di matrice giuslavoristica, l’ordinamento consente che il trattamento economico dei dipendenti dell’impresa fallita, altrimenti privi di sostegno per effetto dell’art 72, l. fall., sia temporaneamente posto a carico della collettività e coperto dal regime di integrazione salariale, traducendosi, per la proce- dura, in una riduzione dei costi della forza lavoro. Ove queste << concrete prospettive>> non si configurino, ovvero parallela- mente l’impresa, secondo caratteristiche e requisiti dimensionali di cui alla legislazione giuslavoristica speciale, non risultasse di per sé sussumibile alla fattispecie astratta, l’accesso alla <<Cigs>> le sarà in ogni caso precluso.

Attualmente, id est dal 1° gennaio 2016, con il d.lgs. 148/2015, attuativo del c.d. Jobs Act, all’abrogazione dell’ art 3, l.n. 223/1991, e nello specifico della <<variante>> introdotta dalla l.n. 92/2012, come su esposta, non è precluso per l’impresa che versa in stato di crisi, ovvero assoggettata a procedura concor- suale, l’accesso al trattamento straordinario di integrazione sa- lariale, laddove ricorrano i requisiti legali previsti per le im- prese in bonis. La ratio di una disciplina unitaria, che coinvol- ga le imprese in quanto tali, indipendentemente dall’ulteriore prospettazione di essere sottoposta ad procedura concorsuale ad

hoc, è quella di ricondurre l’ ammortizzatore sociale <<in co-

stanza di rapporto di lavoro>>, alla sua originaria funzione di sostegno al reddito ove vi siano concrete possibilità di ripresa dell’attività e sussistano specifiche causali tipizzate che, in generale, secondo la disciplina comune applicabile alle imprese in bonis, legittimano l’attivazione della CIGS. Quindi ad oggi, l’art 72, l.fall., rappresenta l’unica disposizione applicabile in materia di sospensione dei rapporti di lavoro pendenti al mo- mento della dichiarazione di fallimento, senza che sia possibile invocare deroghe da parte della disciplina giuslavoristica spe- ciale applicabile ai rapporti di lavoro in caso di insolvenza dell’impresa.

A titolo ricognitivo, la disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale e i relativi obblighi contributivi trovano applicazione in relazione alle imprese, che

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presentino determinati requisiti dimensionali- temporali, e al- tresì riconducibili in una delle tre categorie individuate in ba- se alla natura dell’attività produttiva esercitata. Le imprese che, nel semestre precedente la data di presentazione della do- manda, abbiano occupato mediamente : più di 15 dipendenti nel ca- so di imprese industriali ed altre così elencate nel comma 1, ov- vero più di 50 dipendenti nel caso di imprese commerciali ed al- tre così esemplificate nel comma 2, inclusi gli apprendisti e i dirigenti ( ove però il trattamento straordinario di integrazione salariale preveda come beneficiari esclusivamente i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, compresi gli appren- disti di cui all'articolo 2, con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio). In virtù della << sospensione o (del)la

riduzione dell'attività lavorativa >> il trattamento straordina-

rio di integrazione salariale può essere richiesto se ricorre una delle tre causali:

a) riorganizzazione aziendale;

b) crisi aziendale, (ad esclusione dei casi di cessazione

dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa);

c) contratto di solidarietà.

Nell’ambito del contesto che più ci interessa, il <<programma di

riorganizzazione aziendale>> di cui all’art 21, co.1, lettera a),

deve presentare un piano di interventi volto a fronteggiare le

inefficienze della struttura gestionale o produttiva (…). Tale

programma deve, in ogni caso, essere finalizzato a un consistente

recupero occupazionale del personale interessato alle sospensioni

o alle riduzioni dell'orario di lavoro. Diversamente, il <<pro-

gramma di crisi aziendale>> di cui all’art. 21, co. 1, lettera

b), deve contenere un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri di natura produttiva, finanziaria, gestionale o de-

rivanti da condizionamenti esterni. Il piano deve indicare, (…)

tra le varie cose, gli obiettivi concretamente raggiungibili fi-

nalizzati alla continuazione dell'attività aziendale e alla sal- vaguardia occupazionale.

Quindi in linea di principio non può essere richiesto il tratta- mento di integrazione salariale straordinario in caso di <<cessa-

zione dell’attività produttiva dell’aziendale ovvero di un ramo di essa>>. Ma il comma 4, art 21, d.lgs. 148/2015, prevede la

possibilità di ottenere un’autorizzazione, previo accordo mini- steriale, per un <<ulteriore intervento di integrazione salariale

straordinaria qualora all'esito del programma di crisi aziendale, l'impresa cessi l'attività produttiva e sussistano concrete pro- spettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale>>. Questa disposizione è stata og-

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ne generale degli ammortizzatori sociali, a integrazione della

circolare n. 1 del 22 gennaio 2016, ha fornito ulteriori chiari- menti riguardo la possibilità << per le imprese soggette a proce-

dura concorsuale, con esercizio provvisorio volto alla cessione di attività, di richiedere per i propri dipendenti il trattamento straordinario di integrazione salariale >>. Il Ministero ritiene

possibile la fruizione del trattamento di CIGS , per la causale di crisi aziendale ex articolo 21, lett. b), del D.lgs. n. 148/2015 , per quei lavoratori dipendenti di imprese soggette a fallimento, con esercizio provvisorio volto alla cessione di at-

tività, al fine di mantenere il più possibile integro il comples- so aziendale sia in termini dimensionali che di capacità di red- dito.

Ove, dunque ricorrano queste condizioni:

- il giudice delegato o l’autorità che esercita il controllo autorizzi l’esercizio provvisorio dell’impresa per salva-

guardare il complesso aziendale e per favorire, alle miglio- ri condizioni, la cessione dell’attività;

- nel programma di liquidazione di cui all’articolo 104-ter, l. fall., si dia conto in modo circostanziato delle concrete

ragioni per le quali appare probabile la cessione unitaria dell’azienda o di singoli rami in tempi compatibili con il godimento della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi;

- e il comitato dei creditori approvi specificamente la valu- tazione sulle probabilità di cessione espresse dal curatore, ravvisabile la possibilità di sostenere i lavoratori sospesi con l’intervento dell’integrazione salariale;

l’impresa sottoposta a fallimento che presenta un programma di crisi aziendale, il cui piano di risanamento è volto alla concre- ta e rapida cessione dell’azienda o di parte di essa con il tra- sferimento dei lavoratori, la stessa può essere ammessa al trat- tamento di CIGS.

Quanto al concordato con continuità aziendale, in cui il piano di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 186-bis della l.fall., la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore o

la cessione dell’azienda o il suo conferimento in una o più so-

cietà anche di nuova costituzione, qualora l’impresa presenti un

programma di crisi aziendale in cui il piano di risanamento è

volto, appunto, alla concreta e rapida cessione dell’azienda o di

parte di essa con il trasferimento dei lavoratori ed il <<concor- dato sia omologato>>, la stessa può essere ammessa al trattamento

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Nelle suddette ipotesi, in effetti, il programma di liquidazione o il piano di concordato articolati in modo da garantire,

nell’arco del periodo di fruizione della CIGS autorizzata, ai

sensi dell’articolo 21, lett. b), del D.lgs. n. 148/2015 ,per 12 mesi, la cessione del complesso aziendale o di una sua parte, mi- rano alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla continua- zione in tutto o in parte dell’attività svolta pur se da soggetto terzo e diverso rispetto al richiedente l’intervento di CIGS.

2.

La decisione dello <<scioglimento>> dai