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Ovviamente il dissesto che accompagna il fallimento è causa, nel- la gran parte dei casi, di disgregazione dell’azienda, il cui ve- rificarsi inevitabilmente non consente la prosecuzione del rap- porto di lavoro. Lo scenario è variegato. L’ipotesi è sostanzial- mente chiara se si caratterizza per il venir meno dell’azienda, talora ancor prima della dichiarazione di fallimento, che il cu- ratore per legge non può ricomporre e che impedisce la ricezione della prestazione. In altri casi, invece, l’azienda teoricamente persiste alla dichiarazione di fallimento, ma il curatore non è in grado di esercitarla. In tali frangenti se al contempo il cu- ratore ritenga che quanto rimasto dell’organizzazione non possa essere mantenuto nel rispetto dei criteri di convenienza per la

massa, in attesa di un’eventuale collocazione sul mercato, la de-

cisione del curatore avrà il contenuto di un’effettiva dismissio-

ne di azienda. Analogamente, quando un’azienda non è concretamen-

te cedibile a terzi perché tale da non costituire un effettivo valore suscettibile di commercio. In questi casi, la decisione

del curatore è fondata su valutazioni di convenienza economica202.

Più complesso è il caso in cui il curatore, con finalità di mi- gliore valorizzazione del cespite, intenda procedere a riorganiz-

zazioni, dismettendo selettivamente questo o quel ramo ovvero

procedendo a mere <<riduzioni di personale eccedentario>>. Tutte le predette ipotesi sono ammissibili e ne va affermata la possi- bilità sia in caso di esercizio provvisorio, sia ove

l’organizzazione sopravviva in forma non attiva. Non può discono- scersi il potere di chi abbia facoltà di gestire un’azienda di

procedere a determinare il migliore assetto funzionale ed econo-

202 Antonio Caiafa Procedure concorsuali: gestione del personale nelle ristruttu- razioni e riorganizzazioni aziendali, in Dir.Fall.,2009,5.

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mico di essa203. Per l’attuazione di una tale scelta il curatore

può evidentemente ricorrere a licenziamenti collettivi selettivi o a licenziamenti individuali plurimi, nell’osservanza delle for- me generali che riguardano tali forme di recesso, mantenendo in forze il restante personale in regime di rapporto effettivo, quando vi sia esercizio provvisorio, o in regime di c.d. acquie-

scenza attiva, in attesa di definitiva decisione di subentro, nel

caso contrario.

2.1.

Il <<potere di recesso>> degli organi della

procedura: attribuzione della disciplina con-

corsuale o riconducibilità alla disciplina

giuslavoristica?

Assodato che il senso della disposizione di cui all’art 2119, co.2, l. fall.,per quanto impropriamente inquadrata nell’alveo della giusta causa204, era, rispetto all’epoca della sua formula-

zione, quello di evitare che, in dipendenza di fallimento, il cu- ratore potesse recedere in tronco. Escludendosi l’applicazione dell’art 2119, c.c., ne derivava infatti la necessaria applica- zione dell’art 2118 c.c. e, dunque, l’obbligo del preavviso205.

Così, la portata attuale dell’art 2119, co.2, c.c. è quella di sancire che il fallimento, non è, in sé considerato, legittima

causa di recesso per l’una e l’altra parte del rapporto. Di converso e per volontà di legge, espressa proprio dall’art

2119 c.c., nonostante il sopravvenire della procedura concorsua-

le, il <<contratto>> di lavoro si considera in <<itinere>>. Come è noto l’art 2119, co 2, c.c., si colloca cronologicamente

in un sistema normativo nel quale operava il regime della <<libe- ra recedibilità dal contratto di lavoro>>, e nel quale l’art 72 l. fall. non aveva ancora acquisito la rilevanza generale che og- gi, pacificamente la dottrina gli attribuisce. Ciò che si desume inequivocabilmente dall’art 2119 c.c., entrato in vigore prima che fosse introdotto il principio della giustificatezza del li-

cenziamento, è che la risoluzione unilaterale del rapporto di la-

203

Chiodi, Crespi, Schiavi,Taccia, Procedure concorsuali e rapporto di lavoro subordinato, Milano, 1991, 35

204 Perrino A.M.,Contratto di lavoro in corso e fallimento: strumenti antichi e questioni nuove, in F.it.,2012.

205 M.Marazza-V.Annibali,Contratto e rapporto di lavoro nell’impresa dichiarata insolvente, in Trattato di diritto del lavoro, vol.IV,2012, pag 2234-2305.

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voro ad opera del curatore rimane comunque assoggettata

all’obbligo del preavviso, e la circostanza è rilevante perché, ai sensi dell’art 72, co. 4, l. fall., il curatore recede senza che il contraente in bonis abbia un diritto al risarcimento del danno, sebbene nulla venga detto in merito al distinto profilo della giustificatezza del licenziamento, che il legislatore del 1942 ignorava206. Orbene << … alla dichiarazione di fallimento non consegue la cessazione dell’impresa che passa soltanto da una ge- stione per fini di produzione, suscettibile per altro di essere continuata o ripresa, ad una gestione per fini di liquidazio- ne>>207. Sicché, transitando indubbiamente la titolarità

dell’azienda nel suo complesso in capo al curatore, in vista del- lo spossessamento fallimentare, è palese che parte del contratto

di lavoro, divenga l’ufficio fallimentare. La previsione espressa di una facoltà di recesso sta invece ad

individuare l’attribuzione di un potere, fondato sulla specifici- tà del fenomeno regolato e che può andare anche oltre a quanto ordinariamente riconosciuto dalla legge all’interno dei rapporti negoziali di diritto privato; potere da esercitarsi nella pro-

spettiva della convenienza per << la massa>>208. Così inquadrata,

la facoltà di recesso si fonda su due ordini di possibili valuta- zioni, riguardanti la possibilità oggettiva di proseguire nei

rapporti giuridici preesistenti e la convenienza di tale prosecu- zione.

Dunque, la questione è se la natura del recesso del curatore sia sussumibile alla disciplina dei licenziamenti o è da inquadrarsi come potere tipico dell’ordinamento concorsuale e, quindi, sot-

tratto alle regole di vincolo proprie del settore lavoristico? Si sostiene che il curatore avrebbe piena libertà di recesso o,

in posizione intermedia, che il recesso possa essere <<a-

causale>>209 e soltanto sottoposto a regole lavoristiche allor-

quando in quest’ultimo settore, normativa speciale, ciò sia espressamente previsto, come accade per la procedura di licenzia- mento collettivo, espressamente richiamata(rectius, era richiama- ta, vista l’attuale abrogazione) dall’art 3, co.3, l.n. 223/1991.

L’ art 3, co.3, l.n. 223/1991, regolamentava una specifica ipote- si di <<scioglimento>> dei contratti di lavoro subordinati quando l’impresa fosse assoggettata a procedura liquidatoria. In parti- colare sanciva che quando <<non sia possibile la continuazione

dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di sue par-

ti, o quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati

206 Alleva P.G.,La sorte del rapporto di lavoro nelle procedure concorsuali, in Dir.fall.,2000,676-685.

207 Corte di Cass. sent.n. 7473/2012). 208

F.Aprile-R.Bellè, Diritto concorsuale del lavoro,2013,pag.15.

209 M.Marrazza-D.Garofalo,L’insolvenza del datore di lavoro e tutele del lavora- tore,Milano, 2015, pag. 19.

200

solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario

hanno facoltà di collocare in mobilità, ai sensi dell'articolo 4 ovvero dell'articolo 24, i lavoratori eccedenti>>. Dunque espres- samente prevedeva che la gestione delle eccedenze di personale in caso di procedura dismissiva fosse automaticamente, ex lege, quella della collocazione in mobilità seguita poi, al ricorrere dei requisiti legittimanti, dalla procedura del licenziamento collettivo. I lavoratori possono essere licenziati e collocati in mobilità nel caso in cui si preveda la cessazione dell’attività senza cessione dei complessi aziendali, giacché in caso di pro- grammata cessione di complessi aziendali, opererebbe l’art 47, co.5,l. n. 428/1990, che affida al confronto delle parti sociali l’individuazione delle risorse il cui rapporto è destinato a pro- seguire con il cessionario, o comunque, anche nell’ambito di un esercizio provvisorio dell’attività produttiva, quando si ritenga che l’organico debba essere riproporzionato alle esigenze produt- tive contingenti, perché solo così operando è possibile salva- guardare almeno parzialmente i livelli occupazionali.

Prevalente , appare in dottrina, l’orientamento per cui il reces-

so del curatore resta generalmente soggetto alla disciplina dei licenziamenti210. Inoltre, risalente in giurisprudenza, e mai con-

trastato, l’assunto secondo cui <<il fallimento , non comportando

la cessazione dell’impresa, non determina la cessazione dei rap- porti di lavoro dei dipendenti del fallito, né per impossibilità sopravvenuta, né per giusta causa; ma può soltanto costituire

giustificato motivo oggettivo di recesso del curatore ,

nell’esercizio dei poteri di gestione che gli competono per leg-

ge, ai sensi dell’art 2118 c.c. e 3, l.n. 604/1966 >>211.

In altri termini, in presenza di un rapporto di lavoro sospeso, quale effetto automatico della sentenza dichiarativa di fallimen- to, e rispetto al quale il curatore non è subentrato, trova ap- plicazione il potere di recesso attribuito al curatore dall’art 72, l. fall.. Dunque, salvo obbligo di preavviso, il curatore è libero di sciogliersi dai rapporti di lavoro rispetto ai quali non ritiene opportuno, conveniente per la massa, subentrarvi. Di- versamente, in caso di subentro nel rapporto, troverà invece ap- plicazione l’ordinaria disciplina dei licenziamenti, laddove o alla cessazione dell’esercizio provvisorio dell’impresa cui non segua la successiva cessione dell’azienda, o in caso di cessione dell’azienda o di ramo rispetto alla quale si conviene il trasfe- rimento solo parziale della forza lavoro già occupata, le ecce- denze del personale rimaste a carico del debitore/della procedura saranno gestite secondo la disciplina ordinaria di licenziamento,

anche per ciò che riguarda la loro giustificazione causale.

210

M.Marazza-V.Annibali,Contratto e rapporto di lavoro nell’impresa dichiarata insolvente, in Trattato di diritto del lavoro,Vol.IV,pag.2244.

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