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ed evoluzione legislativa Dalla legge Prodi alla legge Marzano.

Si tratta, come si evince dal nomen juris , di una procedura << amministrata >>172, gestita cioè, da un apparato al cui interno la

legge attribuisce un ruolo preminente all’autorità amministrati- va, pur non essendo escluso l’intervento dell’autorità giudizia- ria, il ché, fra l’altro, ha spinto alcuni autori a definirla

<<procedura mista >> 173.

La pubblica amministrazione, infatti, si affianca, e talora so- pravanza il ruolo del potere giudiziario nella gestione della crisi delle imprese sottoposte a tali procedure. Ciò è assoluta- mente evidente per quanto riguarda l’accertamento del passivo che è, appunto, sottratto al sindacato dell’autorità giudiziaria, rientrando, quest’ultima, in gioco solo per decidere eventuali impugnative; ma soprattutto per quanto riguarda la nomina della figura- paradigma intorno alla quale orbita la gestione della procedura. È l’autorità amministrativa che, dunque, provvede alla nomina del c.d. commissario straordinario.

L’istituto dell’amministrazione straordinaria è stato introdotto dal decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modifi-

172 Lo Cascio,Commentario alla legge sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano,2000,pag240 e ss.

173 L.Ghia,C.Piccinini,F.Severini, Trattato delle procedure concorsua- li,Vol.5,Milano, 2011, pag 289.

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cazioni dalla legge 3 aprile 1979, n.95, c.d. Legge Prodi, per evitare il fallimento delle grandi imprese insolventi a rilevante interesse pubblico174. Ulteriore scopo della nuova procedura è

quello di escludere una soluzione liquidatoria dell’impresa, ver- so una privilegiata soluzione diretta alla ristrutturazione indu- striale e finanziaria della stessa e quindi una sua continuità, pur in presenza di una crisi irreversibile, nell’intento premi-

nente di salvaguardare i livelli occupazionali e gli interessi

dello Stato nell’esercizio dell’impresa spesso partecipata175. La legge Prodi, escludendo il fallimento, e correlativamente sot-

traendo la gestione della grande impresa insolvente al prevalente ruolo dell’autorità giudiziaria, prevede, invece, l’intervento di uno o più commissari, sotto la vigilanza del Ministero dell’ in- dustria. L’esecutivo, dunque, assume un ruolo preminente nella gestione della crisi e impone la conservazione dell’impresa, a

prescindere dalle condizioni di un reale risanamento176, ponendone

i costi a carico dello Stato, in termini, si capisce bene, di ga- ranzie prestate dal Tesoro per i finanziamenti giustificati dalla ristrutturazione, nonché di benefici fiscali e contributivi, pa- lesemente trascurando il ceto creditorio, la cui tutela resta sullo sfondo della priorità acquisita dai crediti prededucibili sorti nella continuità dell’impresa insolvente. << In tal modo

vengono alterate, da un lato, le regole del libero mercato che impone, laddove la crisi sia veramente irreversibile, la soppres- sione dell’impresa e la distribuzione degli effetti proporzional- mente sui creditori, ma si consacra una evidente interferenza del

potere esecutivo sul potere giudiziario >>177.

Nata come uno strumento temporaneo ed eccezionale, volto a con- sentire la verifica delle situazioni di crisi aziendale più rile- vanti e l’individuazione, sulla base di criteri socio-economici, delle attività risanabili e di quelle da liquidare, la l. n. 95/1979 è stata oggetto di varie censure da parte degli organi comunitari che, in diverse occasioni ne hanno rilevato

l’incompatibilità con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato. Le infrazioni aperte dalla Commissione europea per la violazione del Trattato, nonché le censure della Corte di Giustizia, hanno reso necessario un profondo intervento riforma- tore. Troppo evidente era l’alterazione delle regole del libero mercato attraverso <<la continuità di un’impresa irreversibilmen-

te insolvente>>, grazie al sussidio dello Stato.

Il contenzioso è stato superato con il d.lgs. 8 luglio 1999,

n.270,(c.d. legge Prodi-bis) emanato in attuazione della delega

recata dall’art 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, che aveva

174 A.Corrado-D.Corrado,Crisi di impresa e rapporti di lavoro, Milano,2016, pag.360.

175

C.Cecchella, Diritto fallimetare,Vicenza,2015, pag.353. 176 C.Cecchella, opera supra cit.

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lo scopo di << consentire una drastica riduzione della durata

della procedura; di orientarla alla celere individuazione di un nuovo assetto imprenditoriale ed a potenziare gli strumenti di

tutela dei creditori >>178.

Successivamente, sul d.lgs. n. 270/1999 si è innestata <<la pro-

cedura speciale di ammissione immediata all’amministrazione straordinaria >> per le <<grandi>> imprese in stato di insolven- za, introdotta dal d.l. n. 347/2003, in virtù del rinvio alle di-

sposizioni del d.lgs. n. 270 operato dall’art 8 del d.l. medesi-

mo, c.d. decreto Marzano. Ad ogni modo , il d.lgs. n. 270/1999 si elevava quale precursore

di quella regolamentazione concorsuale generale, poi riformata con gli interventi del 2006 e 2007. Si trattava di una procedura che si avviava attraverso una fase di <<osservazione >>

179dell’impresa di maggiori dimensioni, destinandola, se affetta

da crisi irreversibile, all’inesorabile fallimento con conseguen- te liquidazione dell’azienda, oppure, ma solo in presenza di ele- menti che avessero giustificato la ristrutturazione industriale e finanziaria, alla continuità mediante prosecuzione

dell’amministrazione straordinaria vera e propria. I presupposti dell’alternativa tra fallimento o ristrutturazione

mediante amministrazione erano destinati al giudizio del Tribuna- le, che teneva conto del parere del Ministero dell’Industria e della relazione motivata del Commissario, potendo tuttavia libe- ramente optare per il fallimento dell’impresa o per la sua defi-

nitiva ristrutturazione. Sullo sfondo, invece, ancora il ceto creditorio, privo di una

rappresentanza nell’ambito della fase osservatoria, non essendo contemplato un comitato dei creditori. Alla procedura erano as- soggettate le imprese fallibili, e quindi, non soggette alla li- quidazione coatta, con dimensione determinata sia dal numero dei prestatori di lavoro occupati, in particolare, non inferiore a 200; nonché dal passivo, pari a 2/3 dell’attivo patrimoniale e dei ricavi dell’ultimo esercizio, ai sensi dell’art. 2, d.lgs. n. 270/1999. Il secondo requisito era particolarmente discutibile, potendosi ipotizzare imprese di grandi dimensioni che presentava- no un indebitamento inferiore alle percentuali fissate, quindi non abbastanza indebitate per essere assoggettate alla speciale procedura, nonostante manifestassero i presupposti per la vera e propria ristrutturazione a cui avrebbe dovuto condurre auspica- bilmente l’amministrazione straordinaria.

178 Documenti.camera.it, Servizio Studi

179 Colesanti V., Amministrazione e giurisdizione nella nuova disciplina

dell’amministrazione straordinaria, La Riforma dell’Am-ministrazione Straordina- ria e le altre Procedure Concorsuali (Quaderni fi Giurisprudenza Commerciale); CASA EDITRICE GIUFFRE’; 11 novembre 2000; 77; Milano.

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Il d.lgs. n. 270/1999 non era dettato da una congiuntura economi- ca particolare di crisi, come l’originaria L. n. 95/1979, ma da un << impianto meditato >>180, assolutamente coerente con le rego-

le comunitarie a cui l’ Italia si era sottoposta, che aveva al- tresì pregio di preludere l’impostazione della riforma generale della Legge fallimentare. << Il pregio è la corretta traduzione

positiva della regola economica che, per l’impresa di grandi di- mensioni, non rende opportuna l’immediata liquidazione e soppres- sione, ma una ponderata ed attenta valutazione delle terapie all’insolvenza, il cui esito, solo se prognosticamente letale, poteva e può condurre al fallimento e, quindi, alla totale defi- nitiva liquidazione. Quando la terapia, sulla base

dell’esperienza e della preparazione del commissario, avesse of- ferto i suoi risultati, poteva, e tutt’ora può, certamente con- durre alla continuità ed alla ristrutturazione finanziaria ed in- dustriale dell’impresa >>181.

La crisi strutturale delle economie occidentali ha travolto, al- tresì, l’Italia, concretandosi in gravi illeciti societari, qua- li, poi, causa di danni irreversibili nei confronti del pubblico dei risparmiatori; nonché scandali finanziari con il coinvolgi- mento delle imprese bancarie. Si tratta dei casi Cirio, Parmalat, Volare Web e Alitalia, nonché i più importanti gruppi bancari del Paese.

Il caso Parmalat è stato il preludio del mutamento

dell’originario assetto della procedura de quo, perché pur essen- do, l’impresa e il suo gruppo, assoggettabile alla disciplina ex d.lgs. n. 270/1999, l’esecutivo preferì un intervento legislativo nuovo ad hoc: il Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003 ha approvato un decreto-legge che prevedeva << misure urgenti per la

ristrutturazione industriale delle grandi imprese in crisi>>, che

sotto le vesti di interventi <<integrativi e correttivi>> della normativa vigente in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza ha posto, in realtà, i presupposti di una nuova (ulteriore) procedura concorsuale, per le imprese in stato di insolvenza di dimensioni ancora superio- ri(<< grandissime >>,id est di <<rilevanti dimensioni>>182, che da

subito è stata contraddistinta con il nome del Ministro delle At- tività Produttive in carica, che l'ha proposta. In data 18 feb- braio 2004 (con pubblicazione nella G.U. n. 42 del 20 febbraio successivo) il Presidente della Repubblica ha promulgato la legge

<<Marzano >> (n. 39/2004), di conversione, con modificazioni del d.l. n. 347/2003. Dalla Relazione al d.l. 23 dicembre 2003, n. 347 ,si legge testualmente l’intenzione del Governo di perseguire

180 C.Cecchella, Diritto fallimentare,Vicenza,2015, pag.354 181

C.Cecchella, Diritto fallimentare, Vicenza,2015, pag 355.

182 Termine coniato da Bonfatti-Cesoni,Lineamenti di diritto fallimenta- re,Padova,2013,p.311 e ss.

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i seguenti obiettivi: consentire << un più rapido avvio e uno svolgimento accelerato >> delle procedure di insolvenza delle im- prese << grandissime >>; << garantire >> l’efficace ristruttura- zione della impresa (<< grandissima >>) in stato di insolvenza, e del gruppo nel quale essa è inserita; perseguire, insieme alla << garanzia dei creditori>>, l'obiettivo di << conservare l'avvia- mento e la posizione di mercato >> dell'impresa, << assicurando>> la ristrutturazione del passivo e l’ eventuale << dismissione >> delle sole attività non strategiche o non coerenti con l'oggetto dell'attività principale dell'impresa. Sempre secondo la Relazio- ne, tali obiettivi non sono adeguatamente conseguibili, per le << grandissime>> imprese, con la procedura di amministrazione

straordinaria, in quanto: le fasi di apertura della procedura so- no eccessivamente complesse la procedura avrebbe una <<caratte- rizzazione prevalentemente liquidatoria >>; la fase preliminare di << osservazione >> (sotto il presidio della Autorità giudizia- ria) creerebbe uno stato di << ossessiva incertezza >> sull'ef- fettivo avvio della Amministrazione Straordinaria; nell'ipotesi della continuazione dell'impresa in crisi, << è necessaria l'ado- zione di un provvedimento immediato >>, anche allo scopo di << evitare l'avvio di molteplici e non coordinate iniziative dei creditori>>. Tutto ciò non avrebbe arrecato problemi, invece, per le imprese solamente << grandi >> , per le quali avrebbe residua- to la disciplina << vecchia >> , cioè la legge <<

Prodi-bis >> , anche qualora esse avessero presentato un indebi-

tamento smisurato (ma con il difetto del concorrente presupposto del limite occupazionale dei mille dipendenti); oppure, al con- trario, se avessero occupato una forza-lavoro enorme (ma con il

difetto dell’ingente indebitamento di un miliardo di Euro). Attraverso tale intervento, dunque, la politica è riuscita a

riappropriarsi dei <<salvataggi>> delle grandi imprese, sottraen- do prerogative che il d.lgs. n. 270/1999 aveva affidato al giudi- ce, nello snodo tra amministrazione straordinaria e fallimento, snodo nel quale si riafferma <<il dominio>> dell’amministrazione sulla giurisdizione. Con il d.l. n. 347/2003, c.d. legge Marza-

no, sulla base di requisiti più elevati, quali l’occupazione da

almeno un anno di 1000 dipendenti e un indebitamento non inferio- re ad un miliardo di euro, l’imprenditore, soggetto a fallimento, dunque insolvente, può domandare il beneficio

dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese di rile-

vanti dimensioni, nell’ esclusiva prospettiva di un risanamento

mediante ristrutturazione, senza sottoporsi al giudizio sulla sa- nabilità o meno dell’impresa e, in caso negativo, confluire nel fallimento.

In occasione del caso Volare web, con l’insolvenza di un’altra impresa, grande, ma non tale da rientrare nei limiti dimensionali stabiliti nella normativa dedicata alla crisi Parmalat, fu appro-

170

vata la L. n. 6/ 2005: il livello occupazionale venne ridotto a

500 dipendenti e l’indebitamento a 300 milioni di euro.

I livelli dimensionali, poi, potevano essere raggiunti anche nel contesto di più imprese appartenenti allo stesso

<<gruppo>> , il ché, nell’evanescenza del concetto giuridico di

<<gruppo>>, avrebbe potuto condurre alla procedura amministrata dall’esecutivo anche di imprese con livelli occupazionali ed in- debitamenti inferiori a quelli già significativamente ridotti nell’intervento legislativo a favore dell’impresa Volareweb Spa, con un ulteriore erosione dell’ambito di applicabilità del d.lgs. n.270/1999.

La legge Marzano, nell’impianto originario del caso Parmalat, pur nella edizione dimensionale più liberale dovuta dalla l. n.

6/2005, rendeva possibile uno sviluppo della speciale amministra- zione straordinaria in termini di <<sola ristrutturazione

dell’impresa e dei suoi rapporti>> e non di definitiva liquida- zione dei suoi assets, ovvero di cessione dei complessi azienda- li.

Fu la gravità della crisi Alitalia Spa partecipata dallo Stato, a rappresentare << l’emblema bipartisan >> di una tipica gestione degli affari in Italia, a suggerire l’ultimo intervento, che ha concluso un evidente disegno,<< nell’aprire la prospettiva

dell’amministrazione straordinaria non solo alla ristrutturazione ma anche alla dismissione degli assets produttivi dell’impresa insolvente>>. Dunque, ecco, la l. n. 166/2008, di conversione del d.l n. 134/2008, originato dal dissesto Alitalia.

Orbene, schematizzando, l’impianto degli strumenti che regola la crisi d'impresa è stratificato secondo il requisito dimensionale, ed è fortemente disomogeneo, tale per cui:

1) al di sotto delle soglie dimensionali di cui all' art. 1 l.

fall., l'imprenditore commerciale è privo di strumenti, in

quanto non fallibile e impossibilitato ad accedere al con- cordato preventivo;

2) al di sopra di tali soglie, ma fino a 200 dipendenti, l'im- prenditore è soggetto al fallimento, e può avvalersi di un ricco carnet di soluzioni per affrontare la crisi: dal piano di risanamento, agli accordi di ristrutturazione, al concor- dato preventivo, strumenti in cui è stata fortemente valo- rizzata l'autonomia privata e la componente negoziale; 3) al di sopra della soglia dei 200 dipendenti scatta, in caso

di insolvenza, la procedura di amministrazione straordina- ria, c.d. comune, avente un marcato taglio amministrativo (d.lgs. 30 luglio 1999, n. 270). Questa procedura può con- cludersi con una ristrutturazione (di solito mediante con- cordato) o con la cessione dei complessi aziendali in atti-

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vità (soluzione di gran lunga prevalente). In caso di impos-

sibilità di una di tali soluzioni, la procedura si converte in un fallimento, con liquidazione dei beni, secondo le nuo- ve regole del fallimento, senza necessità di smembramento dell'azienda.

4) Con il dissesto Parmalat si è creata una variante (detta <<Marzano >>) dell'amministrazione straordinaria. Fino al <<decreto Alitalia >>, tale variante si caratterizzava, come suddetto,

- per il fatto di essere applicabile solo alle imprese con oltre 500 dipendenti e debiti non inferiori a 300 milioni di euro; per il fatto di presentare un forte controllo amministrativo e un iter particolarmente rapido; per il fatto di essere applicabile solo su domanda dell'im- presa;

<< L’impresa che si trovi nelle condizioni di cui all’art 1, può richie- dere al Ministro delle attività produttive, con istanza motivata e cor- redata di adeguata documentazione, presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale del luogo in cui ha la sede principale, l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, tramite >>… uno dei due programmi di cui all’art 27, co.2, lett. b) e lett. a).;

- per il fatto di avere come unico obiettivo pre- visto la ristrutturazione, non consentendo per-

ciò la cessione dei complessi aziendali se non a seguito della comprovata impossibilità di operare una ristrutturazione.

È sulla base di questa procedura che Parmalat ha potuto essere ceduta ai creditori (divenuti azionisti) e quotata in borsa. Le modifiche adottate dal Governo il 28 agosto ( d.l. 134 del 2008 ) hanno voluto rimuovere la << pregiudiziale ristrutturatoria>>, al fine di rendere, la più rapida procedura prevista dal decreto Marzano, applicabile a tutti i casi di grandi dissesti, ancorché non presentassero le peculiari caratteristiche del crack Parma- lat. Se, ha ritenuto parte della dottrina, Parmalat ha potuto ri- strutturarsi mediante un concordato, per Alitalia l'unica opzione sarebbe stata unicamente quella di trovare un acquirente per l'a-