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Cibo biologico e qualità.La ristorazione biologica:andamenti e proposta di un disegno di indagine

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

MARKETING E RICERCHE DI MERCATO

Cibo biologico e qualità.

La ristorazione biologica: andamenti e proposta di un

disegno di indagine

RELATORE

Chiar.mo Prof.

Pietro Manfredi

CANDIDATO

Matteo Vitulli

Anno accademico 2016-2017

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INDICE

INTRODUZIONE 7

1 AGRICOLTURA BIOLOGICA

1.1 Che cos'è l'agricoltura biologica 9

1.2 Breve storia dell'agricoltura biologica 12

1.3 Qualità dei prodotti alimentari biologici e convenzionali a confronto 16 2 LA NORMATIVA SUL BIOLOGICO

2.1 Normativa e sistemi di controllo in Europa e in Italia 19

2.2 Il campo di applicazione e le definizioni 20

2.3 Obiettivi e principi 21

2.4 Le norme di produzione 22

2.5 Etichettatura e logo biologico 23

2.6 Sistema di controllo e certificazione 27

2.7 Scambi con paesi terzi: Importazione di prodotti conformi e/o equivalenti 29

2.8 Norme sul vino biologico: Il regolamento n. 203/2012 30

3 GLI AGENTI ECONOMICI DEL BIOLOGICO

3.1 Il profilo del consumatore biologico 33

3.2 Profilo del produttore biologico 39

3.3 Profilo degli intermediari 41

3.4 Il ruolo dello Stato nello sviluppo del sistema biologico 42

4 I NUMERI DEL BIOLOGICO

4.1 Il contesto internazionale 47

4.2 Il contesto europeo 52

4.3 Il contesto italiano 54

4.3.1 Le importazioni da paesi terzi 59

4.3.2 La rete distributiva dei prodotti biologici in Italia 63

4.3.2.1 Grande distribuzione organizzata e punti vendita specializzati 64

4.3.2.2 La vendita diretta 68

4.3.2.3 La vendita diretta in azienda 69

4.3.2.4 Mercatini bio 70

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4.3.2.6 Siti e-commerce bio 72

4.3.2.7 Agriturismi biologici 73

4.3.2.8 Mense biologiche 74

4.3.2.9 Ristorazione biologica 75

4.3.2.10 Il prezzo dei prodotti alimentari biologici 75

5 LA RISTORAZIONE BIOLOGICA

5.1 Introduzione 83

5.2 La normativa 83

5.3 Il disciplinare ICEA 86

5.4 I ristoranti biologici: la situazione attuale 91

6 LE DOMANDE SULLA RISTORAZIONE BIOLOGICA. PREDISPOSIZIONE DI UNO STRUMENTO DI INDAGINE: IL QUESTIONARIO

6.1 Introduzione 101

6.2 Sezione 1: Background e certificazione 102

6.3 Sezione 2: Caratteristiche del ristorante 103

6.4 Sezione 3: Caratteristiche della clientela 105

6.5 Sezione 4: Motivazioni 106

6.6 Sezione 5: Approvvigionamento delle materie prime 106

6.7 Sezione 6: La qualità e spunti di riflessione 107

CONCLUSIONI 109

RINGRAZIAMENTI 111

FIGURE

Figura 1 Il logo di produzione biologica dell'Unione Europea 23

Figura 2 Esempio di un'etichetta di un prodotto biologico 26

Figura 3 Ripartizione degli imprenditori bio in base all'età 40

Figura 4 Livello di scolarizzazione degli imprenditori bio e non bio 40

Figura 5 Le risorse pubbliche per la misura 11 (% su totale Psr 2014-2020) 44

Figura 6 Crescita dei terreni agricoli biologici dal 1999 al 2014 47

Figura 7 Ripartizione percentuale per continente delle superfici coltivate

a biologico nel 2014 48

Figura 8 Le dieci nazioni con il più vasto terreno agricolo biologico 2014 48 Figura 9: Nazioni con terreni agricoli biologici maggiori del 10 % 49

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5

Figura 10 Distribuzione di tutte le aree biologiche 2014 49

Figura 11 Distribuzione dei produttori biologici 50

Figura 12 Mercato globale: I Paesi con il più vasto mercato

di prodotti biologici 2014 51

Figura 13 Le prime 10 nazioni per consumo pro capite di

prodotti biologici 2014 51

Figura 14 Distribuzione dei terreni agricoli biologici in Europa 52 Figura 15 Le top 10 nazioni europee in base al tipo di utilizzo

del terreno agricolo biologico 53

Figura 16 Distribuzione percentuale delle vendite di prodotti biologici 54

Figura 17 I prodotti a marchio DOP,IGP e STG 55

Figura 18 Andamento di operatori e superfici in Italia dal 1990 al 2015 56 Figura 19 Variazione del numero degli operatori per regione:

confronto 2015-2014 57

Figura 20 Quantità di prodotto biologico importato in Italia negli anni 2014-2015

per categoria di prodotto 61

Figura 21 Quantità di prodotto biologico importato in Italia negli

anni 2014-2015 per area geografica 62

Figura 22 Variazione % annua dei consumi bio in valore nella GDO

e confronto con il trend dell'agroalimentare 65

Figura 23 Ripartizione delle vendite per area geografica 67

Figura 24 Marchi di certificazione ICEA 90

Figura 25 Le varie forme di ristorazione 95

Figura 26 Andamento storico delle attività di ristorazione biologica

affiliate a Biobank 98

Figura 27 Incremento percentuale delle attività di ristorazione biologica

affiliate a Biobank dal 1996 al 2015 98

TABELLE

Tabella 1 Principali differenze tra agricoltura convenzionale e biologica 12

Tabella 2 Studi analizzati all'interno del paragrafo 34

Tabella 3 Profilo consumatore biologico 39

Tabella 4 Struttura del piano nazionale per lo sviluppo del sistema biologico 43

Tabella 5 Obiettivi perseguiti dal Piano strategico nazionale 43

Tabella 6 Programma temporale delle azioni del Piano strategico nazionale 43 Tabella 7 Variazione percentuale degli operatori per categoria:

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6

Tabella 8 Distribuzione regionale delle superfici: variazioni 2015-2014 58

Tabella 9 Zootecnia 59

Tabella 10 Vendite in valore di prodotti bio confezionati a peso fisso nella GDO 66 Tabella 11 Prezzi conserve, confetture, succhi di frutta e bevande biologiche 77

Tabella 12 Prezzi ortaggi surgelati biologici 77

Tabella 13 Prezzi condimenti biologici 77

Tabella 14 Prezzi pasta e pane biologici 78

Tabella 15 Prezzi latticini e derivati biologici 78

Tabella 16 Prezzi salumi biologici 78

Tabella 17 Prezzi carni biologiche 79

Tabella 18 Prezzi legumi e cereali biologici 79

Tabella 19 Prezzi ortofrutticoli freschi biologici 79

Tabella 20 Simboli attestanti le performance raggiunte dall'esercizio 90

Tabella 21 Principali fonti informative contattate 93

Tabella 22 Andamento storico delle attività ristorative biologiche

affiliate a Biobank 97

Tabella 23 Turnover delle attività ristorative biologiche affiliate a Biobank 100 ALLEGATI

Allegato 1 Numero degli operatori per tipologie e regione. Variazione 2015-2014 112 Allegato 2 Superfici e colture in agricoltura biologica al 31/12/2015 113 Allegato 3 Quantità di prodotto biologico importata in Italia negl'anni 2014-2015

per categoria di prodotto e per area geografica 114

Allegato 4 Mail di risposta dell'ente Istat sulla richiesta di informazioni

sulla ristorazione biologica 115

Allegato 5 Strumento di indagine: Il questionario 116

BIBLIOGRAFIA 125

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7

INTRODUZIONE

Negl'ultimi decenni, l'orientamento sul consumo dei generi alimentari, ha subito una netta inversione di tendenza. Se prima il consumatore era attratto soprattutto dall'apparenza, richiedeva cioè un prodotto indifferenziato, di bel colore, esente da difetti, ritenendo erroneamente che "bello" significasse di "qualità superiore", ora lo stesso ha rivolto maggiore attenzione alle caratteristiche nutrizionali, ai metodi di produzione e ai risvolti di natura ambientale. E' proprio in questo contesto che sono nate catene e organizzazioni quali Eataly e Slowfood, realtà gastronomiche in cui punto cruciale risulta essere la qualità del cibo, la riscoperta di vecchi sapori legati al territorio ma soprattutto una concezione del cibo non più come puro e semplice nutrimento ma al contrario un condensato di valori culturali, sociali, estetici ed ambientali decisivo per il benessere delle persone e la salvaguardia dei luoghi. In questo ambito assumono un ruolo chiave i prodotti alimentari biologici, caratterizzati da un'alta qualità nutrizionale e dalla mancanza di residui chimici, potenzialmente dannosi per la salute umana. Se agli albori dell'agricoltura biologica era possibile acquistare prodotti esclusivamente presso i piccoli produttori e ad un costo tale da escludere gran parte dei consumatori, oggi non esiste punto vendita della Grande distribuzione organizzata che ne sia sprovvisto. E' nostro dovere avvisare i lettori che purtroppo tale settore, ben prima di assumere le dimensioni odierne, era stato identificato come un settore ad altissima profittabilità, data la marcata differenza di prezzo tra i prodotti biologici e gli omologhi convenzionali e dunque soggetto a innumerevoli frodi cosi come sapientemente riportato dalla trasmissione Rai "Report", a cominciare dalla certificazione.

In questo lavoro di tesi, in particolare, abbiamo deciso di studiare il settore della ristorazione biologica. Nello specifico ci siamo concentrati sulla cosiddetta "ristorazione tradizionale biologica", escludendo altre due tipologie di forme ristorative quali l'agriturismo e la ristorazione collettiva, in quanto le logiche sulle quali poggiano sono ben differenti rispetto alla ristorazione tradizionale.

Nell'agriturismo la principale fonte di reddito deriva ovviamente dall'azienda agricola e la "realizzazione" dell'attività ristorativa al suo interno ne è la logica conseguenza. Inoltre, rispetto ad un ristorante tradizionale, l'agriturismo autoproduce gran parte delle materie prime utilizzate in cucina e ha la possibilità di prevedere con certezza il numero di clienti.

La ristorazione collettiva è una forma ristorativa sicuramente molto interessante da indagare in quanto prima forma ristorativa obbligata a servire almeno il 40% di prodotti biologici, tipici e tradizionali secondo la legge n. 488 del 23 Dicembre del 1999 art. 59 comma 4, ma esula dagli obiettivi della presente tesi in quanto basata su gare d'appalto che spesso seguono, ma non dovrebbero, il principio del massimo ribasso e non quello del miglior rapporto qualità prezzo.

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Inoltre, a differenza della ristorazione tradizionale, le materie prime vengono acquistate in grandi quantità, così da ottenere una vantaggiosa discriminazione di prezzo e soprattutto il cliente non ha o ha solamente in parte, la possibilità di scegliere la composizione del proprio pasto. Quest'ultimo aspetto è ciò che differenzia maggiormente la ristorazione tradizionale dalla ristorazione collettiva.

Al fine di apprendere i molteplici problemi a cui un ristoratore biologico va incontro quotidianamente, è risultato necessario un importante background conoscitivo.

Nel primo capitolo spieghiamo che cos'è l'agricoltura biologica, la sua storia e le principali differenze tra un prodotto alimentare biologico e l'omologo convenzionale attraverso i principali studi empirici presenti in letteratura.

Nel secondo capitolo affrontiamo il tema dell'agricoltura biologica da un punto di vista normativo, analizzando le singole sezioni che compongono il Regolamento comunitario 834/2007. In particolare, concetto da sottolineare, risulta essere la non contemplazione della ristorazione nella normativa stessa.

All'interno del terzo capitolo abbiamo cercato di delineare, in base alla letteratura scientifica esistente, i profili dei principali agenti economici del mondo biologico ossia il consumatore, il produttore, gli intermediari e il ruolo dello Stato nello sviluppo del sistema biologico stesso. Nel quarto capitolo, dopo esserci soffermati sui "numeri" del biologico nel contesto internazionale, europeo e in particolar modo italiano, abbiamo analizzato tutta la rete distributiva dei prodotti biologici in Italia; tra cui la Grande distribuzione organizzata, i mercatini, i punti vendita specializzati e i siti e-commerce. Infine abbiamo posto a confronto i prezzi dei prodotti biologici con i corrispettivi convenzionali, cercando di individuare le principali cause che portano a tale incremento di prezzo.

Nel quinto e nel sesto capitolo affrontiamo il tema d'interesse principale della presente tesi, ossia la ristorazione tradizionale biologica. In particolare nel quinto capitolo viene spiegata la situazione attuale da un punto di vista normativo, i principali enti contattati al fine di reperire informazioni sull'argomento e vengono presentati i dati, ad oggi esistenti, sulla ristorazione biologica. Il sesto capitolo è stato interamente dedicato alla spiegazione delle singole sezioni di cui è composto lo strumento di indagine da noi creato, ossia il questionario. Le singole sezioni del questionario sono state realizzate con l'intento di indagare gli aspetti a maggior criticità per la ristorazione biologica e per dare la possibilità a coloro i quali vorranno cimentarsi nello studio di tale settore in un prossimo futuro, laddove con ragionevole certezza, viste le percentuali di incremento nell'ultimo decennio, saranno presenti sul territorio italiano un maggior numero di tali esercizi commerciali e di conseguenza una maggior quantità di informazioni ufficiali.

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CAPITOLO 1

AGRICOLTURA BIOLOGICA

1.1 CHE COS'E' L'AGRICOLTURA BIOLOGICA

Secondo la definizione data dall'International Federation of Organic Agriculture Movements (IFOAM) l'agricoltura biologica è " un sistema di produzione che sostiene la salute del suolo, dell'ecosistema e delle persone. Si basa su processi ecologici, biodiversità e cicli adatti alle condizioni locali, piuttosto che all'uso di input con effetti avversi. L'agricoltura biologica combina tradizione, innovazione e scienza affinché l'ambiente condiviso ne tragga beneficio e per promuovere relazioni corrette e una buona qualità della vita per tutti coloro che sono coinvolti "1

L'International federation of Organic Agriculture Movements (IFOAM)

L'IFOAM è un'istituzione che da sempre persegue l'obiettivo di unire diverse scuole di pensiero attive nel mondo del "bio" e di promuovere i prodotti biologici e la cooperazione a livello internazionale tra le molte istituzioni del movimento.

Sin dalla sua fondazione l'IFOAM si è posta l'obiettivo di individuare quei principi cardine che, da un lato, potessero fungere da riferimento comune per i diversi movimenti di agricoltura biologica e, dall'altro, definissero una base etico- filosofica sulla quale costruire le posizioni, i programmi e gli standard da diffondere fra gli agricoltori. Tali principi fondamentali non intendono soltanto rappresentare le radici da cui l'agricoltura biologica nasce e si sviluppa, ma vogliono esprimere chiaramente il contributo che questa attività produttiva può dare all'intero pianeta. E' quindi evidente che i principi IFOAM sono stati definiti per essere applicati all'agricoltura nella sua accezione più ampia, e quindi si riferiscono alle modalità adottate per la gestione di suolo, acqua, piante ed animali in tutte le fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo dei prodotti. Sono principi che riguardano il modo in cui gli esseri umani interagiscono con l'ambiente circostante, si relazionano tra loro e lasciano il pianeta per le generazioni future e che, per questa ragione, devono essere considerati nel loro insieme e presi come riferimento etico per inspirare azioni concrete.

I quattro principi etici (benessere, ecologia, equità e precauzione) rappresentano dunque un punto di riferimento per tutto il movimento biologico e non a caso sono stati utilizzati come base per la redazione dei regolamenti nazionali ed internazionali in materia.

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10 -Benessere

"L'agricoltura Biologica dovrà sostenere e favorire il benessere del suolo, delle piante, degli animali, degli esseri umani e del Pianeta, come un insieme unico ed indivisibile".

Il benessere fisico, mentale, sociale e ambientale che ricerca l'agricoltura biologica riguarda tutti i sistemi viventi planetari, e trova le basi per il proprio sviluppo nella capacità di prevenire e combattere le malattie. Un suolo sano produce cibi sani che favoriscono il benessere degli animali e delle persone. Per questo motivo bisogna evitare di usare fertilizzanti, pesticidi, farmaci per gli animali e additivi alimentari.

-Ecologia

"L'agricoltura biologica dovrà essere basata su sistemi e cicli ecologici viventi, lavorare con essi, imitarli e aiutarli a mantenersi".

Le produzioni biologiche hanno come obiettivo prioritario quello di rispettare i cicli e gli equilibri ecologici presenti in natura, tenendo conto delle caratteristiche peculiari del territorio in cui avviene la produzione.

Inoltre all'interno di tale principio viene sottolineato un concetto fondamentale ossia la preferenza per la riutilizzazione e il riciclo dei materiali e dell'energia, con l'obiettivo di mantenere e migliorare la qualità dell'ambiente comune piuttosto che l'introduzione di nuovi fattori produttivi.

-Equità

"L'agricoltura biologica dovrà costruire relazioni che assicurino equità rispetto all'ambiente comune e alle opportunità di vita".

Tale principio insiste sul fatto che gli animali devono essere allevati in condizioni di vita che siano conformi alla loro fisiologia, comportamento naturale e benessere.

L'agricoltura biologica dovrà assicurare giustizia ad ogni livello e a tutte le parti coinvolte (agricoltori, lavoratori, trasformatori, distributori, commercianti e consumatori). Deve inoltre assicurare una buona qualità di vita e cercare di combattere la povertà alimentare offrendo una sufficiente quantità di alimenti.

-Precauzione

"L'agricoltura biologica dovrà essere gestita in modo prudente e responsabile, al fine di proteggere la salute e il benessere delle generazioni presenti e future, nonché l'ambiente." La scienza è necessaria per assicurarsi che l'agricoltura biologica sia sana, senza rischi ed ecologica. Comunque la conoscenza scientifica da sola non è sufficiente. L'esperienza pratica, la saggezza e le conoscenze tradizionali ed indigene accumulate offrono soluzioni valide e

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consolidate nel tempo. L'agricoltura biologica rifiuta tecnologie imprevedibili, come l'ingegneria genetica.

Riguardo agli animali, si può affermare che questi principi implicano che la salute e il benessere animale non possono essere separati dagli altri aspetti relativi all'agricoltura e alla produzione di cibo. L'agricoltura biologica ha un approccio olistico e ciò significa che la salute delle piante, del suolo e degli esseri umani non si raggiunge con trattamenti chimici o farmacologici per curare patologie causate dai metodi di produzione, ma sviluppando e sostenendo metodi di produzione in grado di garantire la salute e il benessere degli animali. Sviluppando cioè un prodotto in armonia con le condizioni biologiche e i processi naturali di piante e animali.

[Hansen H., Sjouwerman P., 2007].

Dall'analisi di questi quattro principi siamo in grado di stilare un ipotetico profilo delle corrette pratiche agricole da adottare e in particolare:

1)Privilegiare piante e animali autoctone che ben si adattano alle condizioni del luogo e di conseguenza con una maggior capacità nel resistere alle malattie.

2)Adottare la rotazione delle colture al fine di utilizzare in modo efficiente le risorse presenti nel terreno.

3)Limitare l'uso di pesticidi e fertilizzanti chimico - industriali, antibiotici nell'allevamento degli animali, coadiuvanti e additivi negli alimenti e altri fattori produttivi.

4)Vietare l'uso di organismi geneticamente modificati (OGM).

5)Utilizzare in modo efficace ed efficiente le risorse del luogo come per esempio l'utilizzo del letame o di altri scarti della produzione al fine di rendere più fertile il terreno.

6)Non standardizzare le pratiche di allevamento ma adattare tali pratiche ai fabbisogni specifici delle diverse specie.

7)Allevare gli animali all'aperto, nutrendoli con foraggio biologico e rispettando i loro ritmi naturali di alimentazione al fine di poter raggiungere un accettabile livello di benessere.

Il metodo di produzione biologica si inserisce quindi nelle filiere alimentari come strumento indispensabile per produttori e consumatori sensibili a tematiche ambientali e sociali, del territorio ed allo sviluppo sostenibile.[Giulio Giorgi,2010].

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Tabella 1: Principali differenze tra agricoltura convenzionale e biologica

Agricoltura convenzionale Agricoltura biologica

Prevede lo sfruttamento sistematico di ogni estensione di terreno e delle altre risorse naturali disponibili

La produzione si basa su un sistema di pratiche agricole tra loro in armonia e in equilibrio

Segue i principi industriali Il principio è il rispetto dell'ambiente ed il suo mantenimento

Le aziende si specializzano nella coltivazione di varietà molto produttive, per ottimizzare l'uso dei sistemi di produzione e migliorare la redditività delle colture

Piante e animali vengono allevati nel rispetto delle singole potenzialità produttive

E' usuale il ricorso a prodotti chimici industriali per far fronte alle richieste di mercato ed alle eventuali inclemenze naturali

In ottica di miglioramento delle produzioni si può ricorrere unicamente a risorse di tipo naturale e prodotte nel rispetto dell'ambiente Fonte: Anelli, 2008

1.2 BREVE STORIA DELL'AGRICOLTURA BIOLOGICA

A differenza di quanto si potrebbe pensare, l'agricoltura biologica non è un metodo di produzione scaturito dalle riflessioni salutistico-ambientali dell'ultimo decennio e i relativi dettati normativi europei ma bensì ha origini ben più lontane nel tempo.

Occorre inoltre precisare che non esiste un'unica scuola di pensiero del biologico ma piuttosto esistono diversi approcci dai quali emerge un'impostazione di base comune. Tali scuole di pensiero, almeno inizialmente, adottavano un approccio più filosofico- spirituale piuttosto che tecnico-scientifico verso la materia e assunsero un peso via via crescente in concomitanza con la nascita, lo sviluppo e la diffusione dell'industria chimica dei concimi, la meccanizzazione e l'utilizzo di sementi selezionati, in quanto quest'ultimi posero in evidenza alcuni problemi, quali per esempio, l'impossibilità per l'agricoltore di riutilizzare le proprie sementi, l'aumento delle malattie del bestiame, la maggior predisposizione delle piante a diverse malattie e in generale una riduzione della qualità chimico-nutrizionale dei prodotti agricoli.

Dall'analisi di tali problematiche, dunque, a partire dagl'anni '20, si svilupparono una serie di teorie con l'obbiettivo di fornire risposte alternative all'orientamento che l'agricoltura stava prendendo.

La prima teoria, divulgata in Germania e Svizzera negl'anni '20, dalla quale scaturirà il concetto di agricoltura biodinamica, è basata sulle teorie antroposofiche elaborate dall'austriaco Rudolf Steiner [Impulsi scientifico spirituali per il progresso dell'agricoltura, 2009], il quale si poneva come obiettivo l'indagare con metodi scientifici enti che appartengono ad un mondo spirituale. All'interno dell'opera sopracitata Steiner definisce l'agricoltura biodinamica come "un metodo produttivo basato su una costante cooperazione tra uomo e ambiente , tra suolo e pianta, tra terreno e animale. Coltivare rispettando i ritmi della natura e del cosmo, riducendo al minimo l'introduzione di prodotti dall'esterno, permette di arricchire il terreno di vita e di biodiversità,

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permette di conservare ambienti e territori e contribuisce allo sviluppo fisico e mentale delle generazioni future."2

Dunque tale corrente di pensiero è caratterizzata dalla convinzione che le colture siano influenzate da forze sia materiali che spirituali presenti nel cosmo e l'agricoltore dovrà operare in sintonia con esse.

L'azienda agricola è concepita come un sistema chiuso che deve trovare al suo interno il necessario al proprio funzionamento attraverso il sistema policoltura - allevamento e non dovrà in alcun modo adottare pratiche agricole che comportino l'impiego di sussidi chimici, in quanto l'obiettivo è di ottenere prodotti che consentano un'alimentazione sana ed equilibrata.

Le prime fattorie biodinamiche sono nate, alla fine degl'anni '20, oltre che in Germania, anche in Svizzera, Danimarca, Paesi Bassi e Inghilterra ed oggi il movimento adotta il marchio di qualità Demeter (da Demetra, o Cerere, la dea greca della fertilità e della terra).

Tale metodo si diffuse anche in Italia, tanto che nel 1947 fu costituita l'Associazione per l'agricoltura biodinamica con lo scopo di divulgarla e formare agricoltori e tecnici.

Se volessimo riassumere in tre punti gli obiettivi che si propone di raggiungere l'agricoltura biodinamica, potrebbero essere i seguenti:

1)preservare la fertilità della terra

2)mantenere le piante in buona salute per consentire loro di resistere alle malattie e ai parassiti 3)aumentare la qualità degli alimenti prodotti

Mentre in Germania andava teorizzandosi l'agricoltura biodinamica, molti ricercatori britannici iniziarono ad effettuare studi ed esperimenti riguardanti le pratiche di coltivazione biologica. Il principale precursore in tale attività fu Sir Albert Howard [An Agricultural testament,1943], il quale attraverso alcune ricerche da lui condotte in India, volte a spiegare quali fossero le cause che stavano determinando, sia per le piante coltivate che per gli animali, una maggior predisposizione agli attacchi parassitari e alle malattie, enfatizzò l'importanza della fertilità del suolo e l'inadeguatezza dei fertilizzanti chimici. [Pancino B.,2005]

In seguito condusse una seconda serie di esperimenti riguardanti lo studio delle nuove varietà vegetali e anche in questo caso giunse alla conclusione che la fertilità del suolo era il fattore determinante affinché queste nuove varietà potessero esprimere appieno le proprie potenzialità. Dunque attraverso l'osservazione dei sistemi di coltivazione adottati in Oriente e delle nuove varietà vegetali introdotte, Howard concluse che per mantenere fertile il terreno fosse necessario imitare i processi naturali. In natura infatti non esistono le monocolture, gli animali sono sempre presenti, il terreno è sempre coperto dalla vegetazione e vi è sempre compensazione tra crescita e morte e soltanto seguendo questi principi naturali verrà favorita la formazione di humus e di conseguenza la maggior fertilità del terreno.

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Secondo Howard nessun ricercatore cercava la causa del fenomeno nel suo complesso ma tendeva a suddividere l'oggetto della ricerca in parti tra loro separate senza giungere ad una considerazione sintetica che prendesse in considerazione i diversi legami tra le variabili considerate.

Infine Howard sosteneva che l'applicazione in un'azienda agraria di paramenti economici tendenti a valutare il profitto in ogni singola annata, faceva perdere di vista nel lungo periodo gli stessi risultati economici legati necessariamente alla fertilità del suolo e occorreva indirizzare l'agricoltura ad ottenere prodotti di qualità e non a produrre sempre di più, a scapito della fertilità del suolo.

L'espressione "agricoltura biologica" risale agli anni '30 e '40 e fu coniata dal biologo svizzero Hans Muller (1891 - 1988).

Il primo problema che si pose fu l'ipofertilità del bestiame giungendo alla conclusione che tale responsabilità fosse da imputare alla concimazione minerale delle foraggere. Tutto il lavoro effettuato da Muller poggiava sulle ricerche del dottor Rusch il quale, attraverso delle ricerche sull'attività dei microrganismi del suolo, elaborò l'ipotesi secondo la quale le sostanze nutritive presenti nel terreno non verrebbero assorbite dalla pianta solamente sottoforma di ioni minerali ma anche di macromolecole, e concluse che i mediatori di questo assorbimento fossero i microrganismi.3

Particolare importanza venne attribuita ad uno specifico microrganismo del terreno, ossia i batteri dell'acido lattico che, come alcune ricerche microbiologiche avevano evidenziato, erano presenti nel suolo, nella pianta e nell'uomo.

Da queste ricerche giunse alla conclusione che per tutelare e incrementare la fertilità del suolo era indispensabile nutrire e stimolare i microrganismi e ciò poteva essere fatto solamente attraverso la concimazione organica.

Negli stessi anni nacquero i primi movimenti volti a promuovere il metodo biologico - organico: in Giappone con Masanobu Fukuoka (1913-2008), negli USA con Jerome Irving Rodale (1898-1971) e in Gran Bretagna con Lady Eve Balfour (1899-1990). Quest'ultima, influenzata dalle teorie di Howard, fondò nel 1946 la Soil Association, tutt'ora la più importante organizzazione britannica di produttori biologici.

In Italia, il principale fautore del metodo biologico è Alfonso Draghetti (1888-1960). Il suo contributo, esplicitato nel 1948 con la pubblicazione di "Principi di fisiologia dell'azienda agraria", parte dalla necessità di ridefinire il compito delle scienze agrarie e dell'agronomo. Egli inoltre risulta essere molto critico sia verso la metodologia imperante del tempo, che ha perso di vista l'organismo aziendale nel suo complesso, sia verso la ricerca, accusata di analizzare gli elementi aziendali indipendentemente uno dall'altro.

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All'interno della sua opera Draghetti definisce l'azienda come "vero e proprio organismo autoctono,che richiede soltanto la restituzione di quanto si esporta con la produzione mercantile", e la via che deve seguire la restituzione non è quella diretta del terreno, ma quella indiretta della materia organica circolante [Draghetti A.,1948,pag.3]. E' questa l'azienda che Draghetti definisce biologica che "cessa di essere un meccanismo trasformatore di materie prime, con basso rendimento in prodotti mercantili, per assumere l'organizzazione perfetta di una vera entità simbiotica e vitale". Da questa concezione deriva che l'azienda agraria per Draghetti non va considerata come un semplice terreno da coltivare in base alle richieste del mercato, ma va considerata come un "organismo da allevare o, eventualmente da sanare nel presupposto fondamentale di raggiungere la normalità, non di una o di poche ma di tutte le sue funzioni".[Draghetti A.,1948,pag. 9]

Per tale fine, Draghetti prende in considerazione la fisiologia agraria, che ci permette di studiare l'azienda agraria nel suo complesso includendo tutti i suoi elementi(terreno, piante, animali, uomo, macchine, concimi e microrganismi), studiati separatamente e in maniera indipendente dalle altre discipline.

Se volessimo riassumere il pensiero di Draghetti potremmo dire che nell'azienda agraria biologica la vera essenza dell'azienda è rappresentata dalla sostanza organica, sia come materia vivente e rigenerativa rappresentata dalle piante, sia come materia morta costitutiva rappresentata dall'apparato digestivo-nutritivo del terreno.

Nel 1969 nasce in Italia l'Associazione Suolo e Salute, di cui l'ispiratore principale fu il professore Francesco Garofalo, docente di fitoiatria dell'Università di Torino il quale, prendendo spunto da alcune pratiche proposte da Draghetti, arrivò alla definizione del metodo di agricoltura organico - minerale4. Dunque negl'anni 70 il movimento biologico si presentava suddiviso in tanti metodi applicativi anche se in realtà gli agricoltori non aderivano in genere ad uno dei movimenti brevemente descritti precedentemente ma semplicemente applicavano nelle loro aziende i principi generali dell'agricoltura biologica comuni a tutti o quasi gli orientamenti. Infine grazie alla cooperazione tra le associazioni che condividevano lo stesso atteggiamento critico nei confronti dell'agricoltura convenzionale, ritenuta responsabile del degrado ambientale, dell'erosione, della diminuzione della fertilità del suolo e in particolar modo dello scadimento dei prodotti alimentari, nasce nel 1972, in Germania, l'IFOAM(International Federation of Organic Agricultural Movements) con lo scopo di fondo di produrre cibi sani e di elevata qualità, nel rispetto dell'ambiente e degli ecosistemi. Sin dalla sua fondazione l'IFOAM si è posta l'obiettivo di individuare quei principi cardine che , da un lato, potessero fungere da riferimento comune per i diversi movimenti di agricoltura biologica e, dall'altro, definissero una

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base etico - filosofica sulla quale costruire le posizioni, i programmi e gli standard da diffondere fra gli agricoltori.

A partire dagli anni '80, grazie alla progressiva crescita di questi movimenti, sostenuta dall'interesse mostrato dai consumatori verso i prodotti da agricoltura biologica e da una sempre maggiore sensibilità dei cittadini verso le tematiche ambientaliste, si svilupparono i primi interventi di tipo istituzionale tendenti a regolamentare i criteri necessari per poter certificare i prodotti ottenuti da agricoltura biologica. [De Stefano F.,1997]

Ecco che in risposta a tale esigenza nel 1991 la Comunità Europea emanò il regolamento CEE 2092/91, un intervento normativo che, per la prima volta nella storia dell'agricoltura, disciplina un metodo di produzione.

1.3 QUALITA' DEI PRODOTTI ALIMENTARI BIOLOGICI E CONVENZIONALI A CONFRONTO

Come avremo modo di approfondire nei paragrafi successivi, i consumatori acquistano i prodotti biologici perché ritengono che siano ottenuti nel rispetto dell'ambiente, siano privi di sostanze pericolose per la salute (pesticidi ecc..) e che siano di qualità superiore e quindi riconoscono nel cibo biologico una garanzia di qualità, intesa sia nel senso di salubrità( assenza di Ogm, di residui di sostanze nocive..), sia come conformità a una normativa a tutela della salute. Tuttavia le percezioni dei consumatori non sono in realtà confermate dalle ricerche finora condotte in campo scientifico, le quali non sembrano dare risultati conclusivi sulla maggiore presenza nei prodotti biologici di uno o più componenti di interesse nutrizionale e/o salutistico rispetto ai corrispettivi convenzionali. Attualmente sia il Regolamento CE n. 834/2007 che le Linee Guida elaborate dal'IFOAM, indicano che ottenere prodotti di qualità è uno degli obiettivi della produzione biologica, ma in entrambi i casi non viene presentata una chiara definizione di qualità specifica per i prodotti biologici.

In risposta di queste diffuse percezioni sui prodotti biologici, l'Eufic5 ha recentemente(2013) condotto una rassegna di pubblicazioni finalizzata a valutare l'eventuale fondamento scientifico delle percezioni dei consumatori. Le conclusioni dello studio affermano che, nonostante gli alimenti e l'agricoltura biologica beneficino delle percezioni positive dei consumatori, alcune di queste non possono essere ancora suffragate da un punto di vista scientifico e quindi ulteriori studi sono necessari per rafforzare i dati scientifici circa i rischi e i benefici dell'agricoltura e degli alimenti biologici in confronto a quelli tradizionali, in modo da consentire ai consumatori di prendere decisioni basate su informazioni precise e oggettive.

Un' importante questione riguarda gli aspetti nutrizionali e salutari dei prodotti biologici. Lo studio Eufic ridimensiona drasticamente la superiorità dell'apporto nutritivo e di salubrità dei

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prodotti biologici rispetto agli altri prodotti come spesso viene percepito dai consumatori. Dangour e altri [Dangour et al., 2009] hanno condotto un esame sistematico degli studi pubblicati tra il 1958 e il 2008 circa le caratteristiche nutrizionali degli alimenti biologici e sono giunti alla conclusione che le caratteristiche nutrizionali degli alimenti biologici e di quelli prodotti con metodi tradizionali sono comparabili. In definitiva in base agli studi esistenti, non c'è motivo di sostenere la scelta degli alimenti biologici a discapito di quelli tradizionali al fine di un maggiore apporto di nutrienti specifici o di ridurre l'assunzione di contaminanti.

In realtà, recentemente, due studi specifici condotti nel Febbraio del 2016 [Carlo Leifert et al., 2016] da un'èquipe di ricercatori dell'Università di Newcastle, hanno fatto emergere spiccate differenze nutrizionali fra carne e latte biologici e i loro rispettivi convenzionali. Gli studi hanno dimostrato che sia latte che carne biologici contengono circa il 50% in più di acidi grassi omega-3, benefici rispetto ai prodotti ottenuti con metodi convenzionali e dunque il passaggio al consumo di carne e latte bio consentirebbe di aumentare l'assunzione di acidi grassi, importanti a livello nutrizionale, per la riduzione delle malattie cardiovascolari, un migliore sviluppo della funzionalità neurologica ed una maggiore efficienza immunitaria.

Quanto all'apprezzamento dei prodotti biologici per la garanzia di sicurezza alimentare lo studio afferma che, se l'assenza o la scarsa presenza di residui di pesticidi sintetici è ampiamente supportata da evidenze scientifiche, quella dei residui di pesticidi consentiti nell'agricoltura biologica ancora è da dimostrare. La possibilità che i metalli pesanti siano assorbiti dal terreno risulta indipendente dalla tecnica di coltivazione e un prodotto contenente un ingrediente OGM potrebbe essere etichettato come organico, pur contenendo OGM in quantità inferiore allo 0,9%, poiché consentito dalla normativa vigente. Inoltre la ricerca attuale non è ancora in grado di confermare una minore contaminazione microbiologica o da micotossine da parte dei prodotti biologici.

La percezione dell'impatto ambientale positivo da parte dei prodotti biologici, viene invece dimostrata scientificamente per molti aspetti, quali il rispetto della biodiversità, l'efficienza nell'uso delle risorse, le emissioni di gas ed effetto serra, qualità del terreno e delle acque. Quanto agli aspetti sensoriali, non esistono dati convincenti indicanti che gli alimenti organici possiedano qualità sensoriali superiori anche se i consumatori ritengono, generalmente, che gli alimenti bio abbiano un sapore, un colore e un aroma migliori [Williams CM.,2002]. Test sensoriali in cieco hanno rivelato nessuna o poche differenze tra alimenti biologici e tradizionali [Haglund A.,1998; Jönsall A.,2000] anche se molti chef scelgono alimenti biologici perché li percepiscono come superiori da un punto di vista sensoriale[Poulston J.& Yiu AYK, 2011]. Infine vale la pena notare che il sapore, il colore, l'aroma etc. di una pianta possono variare in base al cultivar, allo stadio di maturazione, alla freschezza o al tempo di magazzinaggio.

Concludendo, allo stato attuale delle evidenze scientifiche, l'Eufic sottolinea che il termine "biologico" dovrebbe essere considerato come un'informazione relativa alla produzione,

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indicante al consumatore che un determinato prodotto è stato ottenuto conformemente alla normativa in materia di produzione biologica, anziché un'informazione sul prodotto comprendente informazioni di carattere nutrizionale e di salute.

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CAPITOLO 2

LA NORMATIVA SUL BIOLOGICO

2.1 NORMATIVA E SISTEMI DI CONTROLLO IN EUROPA E IN ITALIA

L'agricoltura biologica è disciplinata a livello comunitario dal Regolamento (CE) n. 834/2007, varato dal consiglio europeo il 28 giugno 2007, in sostituzione del previgente Regolamento (CE) n. 2092/1991.

Tale regolamento disciplina l'intera filiera dell'agricoltura biologica, includendo "tutte le fasi della produzione, preparazione e distribuzione dei prodotti biologici nonché il loro controllo"6. Gli obiettivi generali e i principi dell'agricoltura biologica fissati in tale Regolamento sono completati dal Regolamento (CE) n. 889/2008 che stabilisce norme specifiche per quanto concerne la produzione biologica, l'etichettatura e il controllo dei prodotti nel settore vegetale e animale.

Un altro Regolamento, sul quale ci soffermeremo più avanti, è il Regolamento UE n. 203/2012 sul vino biologico, che va a colmare un vuoto legislativo che aveva lasciato per circa vent'anni senza alcuna definizione il vino prodotto da uva biologica.

Secondo quanto riportato dal comunicato stampa della Commissione europea, il nuovo regolamento garantisce maggiore trasparenza e semplicità, chiarezza di obiettivi e di principi, flessibilità e possibilità di adattamento alle condizioni locali, miglioramento del sistema di controllo, rafforzamento del mercato unico europeo e rimozione degli ostacoli al libero commercio dei prodotti biologici nella UE. Inoltre la necessità di elaborare una regolamentazione comunitaria è giustificata dalla necessità di garantire condizioni di concorrenza leale tra i produttori e trasparenza agli occhi dei consumatori.

Il regolamento in questione definisce la produzione biologica come un "sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione dell'agroalimentare basato sull'interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l'applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali". Da tale definizione emerge una duplice funzione sociale del metodo di produzione biologico: da un lato rispondere alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall'altro, fornire beni pubblici contribuendo alla tutela dell'ambiente e della biodiversità, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.

Se poniamo a confronto il vecchio regolamento con il nuovo è facilmente osservabile che quest'ultimo ha un campo di applicazione molto più vasto, una diversa struttura e nuovi contenuti. Due sono le principali novità nella struttura: il Titolo II su "Obiettivi e principi

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dell'agricoltura biologica" e il Titolo III che integra nel testo principale le norme di produzione, prima solo schematicamente elencate negli allegati del regolamento 2092/91.

Il Reg. CE 834/2007 è composto da 42 articoli suddivisi in sette Titoli così come riportato nello schema seguente:

 Titolo I - Oggetto, campo di applicazione e definizioni (articoli1-2)  Titolo II - Obiettivi e principi della produzione biologica (articoli 3-7)  Titolo III - Norme di produzione (articoli 8-22) suddivise in 5 capi:

- 1 Norme generali - 2 Produzione agricola

- 3 Produzione di mangimi trasformati - 4 Produzione di alimenti trasformati - 5 Flessibilità

 Titolo IV - Etichettatura (articoli 23-26)  Titolo V - Controlli (articoli 27-31)

 Titolo VI - Scambi con paesi terzi (articoli 32-33)  Titolo VII - Disposizioni finali transitorie (articoli 34-42)

2.2 IL CAMPO DI APPLICAZIONE E LE DEFINIZIONI

Le prime novità introdotte nella nuova normativa le troviamo subito nel campo di applicazione che include l'acquacoltura, il vino, la raccolta e la produzione di alghe marine e la produzione di lievito biologico anche se manca ogni riferimento ai tessuti, ai cosmetici e ai detergenti, che negli ultimi anni stanno diventando comparti sempre più importanti delle produzioni ecologiche.

La ristorazione collettiva/commerciale, della quale parleremo più avanti, non trova una specifica regolamentazione nel nuovo regolamento anche se "gli stati membri possono applicare norme nazionali o, in mancanza di queste, norme private sull'etichettatura ed il controllo dei prodotti provenienti dalle ristorazioni delle collettività nella misura in cui tali norme sono conformi alla normativa comunitaria". Dunque non c'è nessuno obbligo di controlli per la ristorazione collettiva da parte del regolamento, ma apertura a norme pubbliche nazionali o addirittura facoltà di riconoscimento di norme private.

Un altro aspetto da sottolineare è la chiara definizione di tre entità distinte del sistema di controllo, che anticipa le regolamentazioni del Titolo V : l' autorità competente ("autorità centrale di uno Stato competente per l'organizzazione dei controlli ufficiali"), l'autorità di controllo ("organo della pubblica amministrazione di uno Stato membro incaricato delle ispezioni e della certificazione o anche l'autorità omologa di un paese terzo") e l'organismo di controllo ("un ente terzo indipendente che effettua ispezioni e certificazioni").

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21 2.3 OBIETTIVI E PRINCIPI

I principi fondativi del regolamento rappresentano forse la novità più interessante e sono suddivisi in obiettivi generali, principi generali e principi specifici applicabili all'agricoltura, alla trasformazione degli alimenti e dei mangimi biologici.

Il regolamento persegue tre obiettivi generali ossia:7

1. stabilire un sistema di gestione sostenibile per l'agricoltura che:

I. rispetti i sistemi e i cicli naturali e mantenga e migliori la salute dei suoli, delle acque, delle piante e degli animali e l'equilibrio tra di essi;

II. contribuisca a un alto livello di diversità biologica;

III. assicuri un impiego responsabile dell'energia e delle risorse naturali come l'acqua, il suolo, la materia organica e l'aria;

2. mirare a ottenere prodotti di alta qualità;

3. mirare a produrre un'ampia varietà di alimenti e altri prodotti agricoli che rispondano alla domanda dei consumatori di prodotti ottenuti con procedimenti che non danneggino l'ambiente, la salute umana, la salute dei vegetali o la salute e il benessere degli animali. E' da notare come per la prima volta una regolamentazione europea accosti chiaramente la produzione biologica alle esigenze di promozione della qualità alimentare.

I principi generali incorporano una gestione appropriata dei processi biologici fondata sui principi ecologici tramite l'utilizzo di organismi viventi e metodi di produzione meccanici, il principio della coltivazione e dell'allevamento legati alla terra, la pratica dell'acquacoltura ispirata allo sfruttamento sostenibile della pesca, l'esclusione dell'uso di OGM e dei prodotti da essi derivati ad eccezione dei medicinali veterinari. Di una certa rilevanza è il riferimento al metodo della valutazione del rischio, come prassi operativa insita nella progettazione e nel governo degli agro ecosistemi, che prevede anche il ricorso al principio della precauzione8. Infine si prevede sia la limitazione dell'uso di fattori esterni che di fattori produttivi ottenuti per sintesi chimica.

I principi specifici applicati all'agricoltura, alla trasformazione alimentare ed alla trasformazione mangimistica chiariscono nel dettaglio diversi aspetti specifici, mancanti o contraddittori nella regolamentazione precedente. [Maurizio Agostino e Maria Fonte,2007]

7Art. 3 Reg. (CE) 834/2007, Titolo II.

8Il principio di precauzione è stato originariamente esplicitato nella legislazione tedesca con riguardo ai rischi legati

all'inquinamento dell'aria. Esso pone l'accento sulla razionalità di una politica preventiva piuttosto che reattiva. Ha oggi sempre più vasta applicazione negli accordi internazionali in particolare nel Protocollo sulla bio sicurezza. La Commissione europea ha esteso la sua applicazione alla protezione della salute degli esseri umani degli animali e delle piante.

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22 2.4 LE NORME DI PRODUZIONE

Il nuovo regolamento ha come obiettivo principale la definizione e la regolamentazione del metodo biologico su base europea, oltre che la regolamentazione dei mercati e non a caso ha recepito nel testo principale le norme di produzione che erano precedentemente contenute negli allegati.

Le principali novità all'interno di tale sezione riguardano l'introduzione di specifiche norme per la produzione e la raccolta delle alghe marine e per l'acquacoltura.

Di estrema importanza è il famigerato art. 9 con il quale viene ribadito il concetto di incompatibilità del metodo biologico con gli OGM anche se il comma 2 precisa che il limite generale dello 0,9%9 si applica anche ai prodotti biologici. E' inoltre vietato l'uso di radiazioni ionizzanti per il trattamento di alimenti o mangimi biologici, o di materie prime utilizzate in alimenti o mangimi biologici.

L'art. 12 contiene le norme di produzione biologica vegetale ed in particolare sottolinea il concetto che tale produzione adotta tecniche di lavorazione del terreno atte a salvaguardare o ad aumentare il contenuto di materia organica nel suolo, ad accrescerne la stabilità e a prevenire la compattazione e l'erosione del suolo. Altro concetto importante contenuto nel medesimo articolo è che" la prevenzione dei danni provocati dai parassiti, malattie e infestanti è ottenuta principalmente attraverso la protezione dei nemici naturali, la scelta della specie e delle varietà, la rotazione delle colture, le tecniche colturali e i processi termici".10

Come riportato precedentemente, novità importanti sono l'art. 13 e l'art. 15 che disciplinano rispettivamente la produzione di alghe marine e di animali d'acquacoltura.

L'art. 16 regolamenta l'utilizzo di prodotti e sostanze in agricoltura biologica e i principali criteri per l'autorizzazione, chiarendo le possibili procedure adottabili per l'introduzione di nuovi prodotti. Viene inoltre introdotto un principio di flessibilità per l'utilizzazione all'interno di singoli Stati Membri di sostanze diverse da quelle previste dal regolamento.

Particolare interesse riveste l'art. 22, attraverso il quale, al criterio delle deroghe temporanee generalizzate di cui era portatore il Reg. CE 2092/91, si sostituisce il criterio della flessibilità. Sono infatti previste eccezioni alle norme di produzione contenute nei capi 1-4 in caso di calamità, di fattori climatici ed ambienti vincolanti, prevenzione di contaminazioni di OGM, problemi nella conduzione degli allevamenti e nel caso in cui ci siano difficoltà di approvvigionamento.

9 La soglia dello 0,9% è stata adottata dal Consiglio dei ministri dell'agricoltura europei contro il parere del

Parlamento,che raccogliendo le richieste degli operatori del settore,aveva invece indicato una soglia vicina allo zero tecnico(0,1%) di presenza accidentale di OGM autorizzati negli alimenti e nei mangimi.

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23 2.5 ETICHETTATURA E LOGO BIOLOGICO

I titoli IV e III rispettivamente del Reg. CE 834/07 e del Reg. CE 889/08 comprendono tutte le norme relative all'etichettatura dei prodotti biologici e il relativo logo comunitario da apporre sulle confezioni al fine di garantire il consumatore sull'effettiva provenienza del prodotto da agricoltura biologica.

Attraverso l'etichettatura gli operatori del settore sono in grado di aumentare la credibilità dei loro prodotti agli occhi del consumatore e soprattutto migliorarne l'identificazione con la finalità principale di ridurre l'asimmetria informativa tra consumatori e produttori.

I prodotti biologici infatti vengono classificati come beni "credence" nel senso che la qualità del prodotto è ignota al consumatore sia al momento dell'acquisto sia dopo l'avvenuto consumo, cioè alcune caratteristiche di importanza tutt'altro che trascurabili, come la presenza di residui chimici o di agenti patogeni, non potranno essere accertate con sicurezza e dunque è solo attraverso l'attivazione di un meccanismo fiduciario che è possibile farsi un'idea in merito a questi aspetti.

Dunque gli unici due strumenti in grado di garantire il consumatore sull'effettivo utilizzo delle pratiche agricole previste dalla produzione biologica sono l'etichettatura e la relativa certificazione di processo.

Al fine di proteggere i consumatori da possibili frodi sia per i prodotti vegetali che per i prodotti animali derivanti da agricoltura biologica e per una maggior valorizzazione di tali prodotti, nel 2000 è stato definito un logo comunitario, applicabile su base volontaria, specifico per l'agricoltura biologica, modificato successivamente il 1° luglio 2010 dal Regolamento CE 271/1011 così come evidenziato in figura 1.

Figura 1- Il logo di produzione biologica dell'Unione Europea

Fonte: www.ec.europa.eu/agriculture/organic/eu-policy/logo_it

11Regolamento (UE) n. 271/2010 della commissione del 24 marzo 2010 recante modifica del regolamento (CE) n.

889/2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, per quanto riguarda il logo di produzione biologica dell'Unione europea.

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Il nuovo logo è stato scelto dalla Commissione Europea in seguito ad un concorso bandito nel 2008, cui potevano partecipare studenti d'arte e design, i quali hanno inviato i loro lavori da Marzo a Luglio 2009.

Per designare il vincitore fra i candidati prescelti, dal 6 Dicembre 2009 al 31 Gennaio 2010, è stata ulteriormente aperta una nuova sessione di votazioni on-line e il vincitore è risultato essere lo studente tedesco Dusan Milenkovic, con il suo logo "Euro-leaf", che ha ricevuto il 63% dei voti totali. Il nuovo logo rappresenta una foglia stilizzata disegnata con le stelline dell'Unione Europea.

Per quanto riguarda l'etichettatura dei prodotti biologici, l'art. 23 del Reg. CE n.834/07, riporta che il termine "biologico", nonché i rispettivi derivati e abbreviazioni "bio" e "eco", possono essere utilizzati esclusivamente nell'etichettatura e nella pubblicità dei prodotti che soddisfano interamente le prescrizioni previste dal Regolamento e per il prodotto agricolo vivo o non trasformato si possono usare i termini sopra citati se anche tutti gli ingredienti di tale prodotto sono stati ottenuti conformemente alle prescrizioni del Regolamento.

Tra i termini non ammessi dal Regolamento ci sono quelli che possono indurre in errore il consumatore suggerendogli che un prodotto o i suoi ingredienti soddisfano le prescrizioni vigenti; inoltre i termini "bio" ed "eco" non possono essere utilizzati per un prodotto la cui etichetta deve indicare che esso contiene OGM, è costituito da OGM o è derivato da OGM. Sebbene il parlamento europeo abbia proposto che la presenza di OGM nei prodotti biologici dovesse limitarsi a quantità accidentali e tecnicamente inevitabili, con un valore massimo dello 0,1%, il nuovo regolamento non ne fa menzione, quindi conferma implicitamente anche per i prodotti bio la soglia dello 0,9%.

Riguardo gli alimenti trasformati possono essere riportati sulla confezione i termini "biologico", "bio" e "eco" in tre diverse modalità:

1. Nella denominazione di vendita per gli alimenti con una percentuale di prodotto di origine agricola biologica di almeno il 95 %.

Il restante 5% degli ingredienti possono avere origine non biologica ma possono essere esclusivamente quelli autorizzati dallo Stato, ad esempio in caso di assenza sul mercato di un particolare ingrediente, o comunque definiti dalla normativa.

2. Soltanto nell'elenco degli ingredienti per quegl'alimenti che hanno una percentuale di prodotto di origine agricola biologica inferiore al 95%. E' necessario inoltre riportare la percentuale di ingrediente biologico in proporzione alla quantità totale di ingredienti di origine agricola. 3. Nell'elenco degli ingredienti e nello stesso campo visivo della denominazione di vendita purché

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il principale ingrediente sia un prodotto della caccia o della pesca o contenga altri ingredienti di origine agricola che siano tutti biologici.

L'articolo 24 del Reg. (CE) 834/07 indica le indicazioni obbligatorie che i prodotti biologici confezionati devono riportare in etichetta ed in particolare sono:

 il logo comunitario

 l'indicazione di origine delle materie prime  i codici dell'Organismo di controllo dell'azienda

Il logo comunitario può essere applicato ai soli prodotti con una percentuale di origine agricola bio di almeno il 95% ed è invece proibito nei prodotti con una percentuale al di sotto del 95% o in conversione all'agricoltura biologica; in tal caso sarà possibile fare riferimento all'ingrediente in conversione sia nella lista degli ingredienti che nella denominazione di vendita ma non può essere applicato il logo UE.

L'indicazione di origine deve essere collocata immediatamente sotto il logo comunitario e deve riportare una delle indicazioni seguenti:

- "Agricoltura UE" quando la materia prima agricola è stata coltivata nell'UE

- "Agricoltura NON UE" quando la materia prima agricola è stata coltivata in paesi terzi

- "Agricoltura UE/NON UE" quando parte della materia prima agricola è stata coltivata nella Comunità e una parte di essa è stata coltivata in un paese terzo.

Inoltre l'indicazione "UE-NON UE":

- può essere sostituita o integrata dall'indicazione di un paese nel caso in cui tutte le materie prime agricole di cui il prodotto è composto siano state coltivate in quel paese.

- può omettere, in termini di peso, piccoli quantitativi di ingredienti purché la quantità totale di questi sia inferiore al 2 % della quantità totale, in termini di peso, di materie prime di origine agricola.

- non deve figurare con colore, dimensione e tipo di caratteri che le diano maggiore risalto rispetto alla denominazione di vendita del prodotto.

Il codice dell'Organismo di Controllo che ha controllato l'operatore che ha compiuto l'operazione di produzione o preparazione più recente, deve comparire nello stesso campo visivo del logo biologico.

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identificativa dello Stato membro (in Italia "IT"), un termine che rinvia al metodo di produzione biologica (in Italia "BIO") e infine un numero di riferimento stabilito dal MIPAAF. In realtà le informazioni contenute in etichetta comprendono anche il codice identificativo attribuito all'operatore dall'Organismo di controllo, preceduto dalla dicitura "Operatore Controllato n." così come previsto dal DM n. 18354 del 27 novembre 2009.12

Oltre al logo dell'Organismo di controllo nazionale, al logo europeo e a eventuali loghi nazionali oggi il consumatore, in una stessa confezione, può trovare anche il marchio del produttore (individuale o collettivo) e/o il marchio dell'impresa di commercializzazione (private label) così come autorizzato dal legislatore europeo.

Di seguito riportiamo l'esempio di un'etichetta con l 'indicazione degli elementi sopra elencati (figura 2).

Figura 2 : Esempio di un'etichetta di un prodotto biologico

Fonte: www.salute.leonardo.it

12 L'elenco degli operatori Biologici Italiani è disponibile sul sito del Sistema d'Informazione Nazionale

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2.6 SISTEMA DI CONTROLLO E CERTIFICAZIONE

La normativa vigente nell'Unione Europea ha individuato nell'istituzione di uno specifico sistema di controllo e certificazione, la soluzione per regolare il funzionamento del mercato dei prodotti da agricoltura biologica e i rapporti tra i diversi operatori delle filiere biologiche, dalla produzione agricola sino alla vendita ai consumatori finali. Il compito di tale sistema è quello di verificare e certificare il rispetto delle norme di produzione biologica da parte delle imprese al fine di garantire tutti gli operatori delle filiere ma soprattutto i consumatori circa la conformità del processo produttivo dei prodotti certificati alle prescrizioni normative. [Canavari M.,Cantore N.,2008]

Il sistema di controllo e certificazione a cui gli operatori devono obbligatoriamente aderire per poter etichettare e vendere i propri prodotti come biologici è definito all'interno del Titolo V del Reg. (CE) n. 834/07. I singoli Stati membri hanno la possibilità di organizzare il sistema di controllo della produzione dei prodotti biologici attraverso due modalità; affidandolo ad organismi privati o pubblici oppure facendo ricorso a sistemi misti e nel caso in cui venga affidato a organismi privati, è necessario designare l'autorità incaricata del riconoscimento e della sorveglianza degli stessi.

In particolare in Italia è stato adottato un sistema di controllo privato e gli organismi privati sono Organismi di Controllo e Certificazione scelti e pagati dai produttori stessi, autorizzati e controllati nella loro attività dal MIPAAF (Ministero delle politiche agricole e forestali) che opera tramite l'Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della repressione Frodi dei prodotti agro-alimentari in sinergia con le Regioni e con le provincie autonome.

Gli organismi di controllo sono dunque soggetti privati con due mansioni fondamentali:

 Verificare l'idoneità e il percorso produttivo delle imprese che intendono aderire o già aderiscono al sistema di controllo per le produzioni con metodo biologico

 Concedere l'uso dei relativi marchi alle imprese associate, da apporre sulle etichette dei prodotti controllati e sul materiale divulgativo che le stesse intendono realizzare13.

Possiamo affermare che il controllo dei prodotti biologici è garantito a due livelli: il primo costituito dalle norme obbligatorie del settore agroalimentare di tipo sanitario da parte degli organi di controllo ufficiale pubblici preposti; il secondo sul processo produttivo attuato da organismi di controllo privati riconosciuti ed autorizzati dal MIPAAF.

Gli organismi di controllo per svolgere la propria attività sulla produzione, preparazione ed importazione dei prodotti dell'agricoltura biologica devono essere innanzitutto accreditati presso l'ente unico di accreditamento italiano Accredia14 alla norma UNI CEI EN/ISO/IEC 17065:2012

13www.coldiretti.it, visitato in data 16/11/2016.

14Con il D.M. del 22 dicembre 2009 del Ministero dello sviluppo economico è designato quale unico Organismo

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ed in seguito autorizzati dal MIPAAF attraverso l'approvazione delle relative procedure di controllo.

Al fine di aderire al sistema di controllo e certificazione l'operatore dovrà innanzitutto inviare alla Regione un documento, la cosiddetta "Notifica di attività con metodo biologico", attraverso la quale comunica alla Regione l'inizio dell'attività biologica e contemporaneamente contattare l'Organismo di Controllo prescelto per avviare le procedure per la certificazione, consegnando un documento che descriva accuratamente le misure che intende mettere in atto per garantire la produzione di prodotti conformi al Regolamento comunitario.

Successivamente l'Organismo di controllo provvederà a valutare l'azienda sulla base dei documenti forniti dall'azienda ed i risultati della visita ispettiva che nel frattempo è stata eseguita da un ispettore incaricato. Le aziende ritenute idonee verranno inserite nel sistema di controllo dell'Organismo di controllo e su di esse verrà esercitata l'attività di sorveglianza basata sul principio dell'analisi del rischio per la pianificazione dell'attività di controllo che si compone di visite ispettive (almeno una l'anno) e prelievi di campioni ed analisi sui prodotti per la verifica dell'assenza di residui di sostanze non ammesse. Nel caso in cui vengano rilevate delle non conformità al metodo di produzione biologico, l'organismo di controllo applicherà i relativi provvedimenti e nei casi più gravi potrà comportare anche l'esclusione dell'azienda dal sistema di controllo.

La certificazione delle produzioni avviene attraverso l'emissione di certificati quali il documento giustificativo, che attesta la regolarità dell'azienda con i requisiti previsti dal Regolamento comunitario, e il certificato di conformità che autorizza l'operatore ad utilizzare nell'etichettatura, nei documenti commerciali e nella pubblicità dei prodotti i termini relativi al metodo di produzione biologico.15

Tuttavia la regolarità dell'operatore non gli consente di vendere sin da subito i propri prodotti come biologici in quanto è necessario che l'azienda agricola affronti un periodo di conversione che varia a seconda delle colture e/o delle specie animali così come disciplinato dall'art. 17 del Reg. (CE) n. 834/07 e dagl'articoli 37 e 38 del Reg. (CE) n. 889/2008.

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2.7 SCAMBI CON PAESI TERZI:IMPORTAZIONE DI PRODOTTI CONFORMI E/O EQUIVALENTI

Gli scambi di prodotti biologici con i Paesi terzi sono disciplinati dal Reg. (CE) n. 834/07, il quale prevede due modalità principali di importazione: l'importazione in regime di equivalenza e l'importazione in regime di conformità. Le modalità di applicazione di tali regimi sono definite dal Reg. (UE) n. 2259/2016 del 15 dicembre 2016 che modifica il Reg. (CE) n. 1235/08 recante modalità di applicazione del Reg. (CE) n.834/07.

Le finalità principali di tali disposizioni sono di garantire in primis il consumatore finale ma in generale tutti gli operatori del settore sulla effettiva equivalenza dei prodotti importati con i rispettivi prodotti comunitari per quanto riguarda le condizioni di controllo e produzione, al fine di assicurare un corretto funzionamento del mercato interno e soprattutto una leale concorrenza tra gli operatori operanti all'interno e all'esterno dell'Unione Europea.

Alle imprese estere che importano prodotti nella Comunità Europea in regime di equivalenza non viene richiesto il rispetto del Regolamento Europeo ma viene semplicemente riconosciuto che le norme di produzione biologica e i sistemi di controllo adottati da tali paesi sono equivalenti a quelli in vigore all'interno dell'UE e dunque tali importazioni sono consentite senza previa approvazione da parte dell'autorità competente. L'importatore potrà quindi importare le categorie di prodotto previste dal Regolamento e certificate dagli organismi o autorità riconosciuti.16

Il regime di conformità, al contrario del regime di equivalenza, richiede che l'operatore del Paese terzo debba uniformarsi alle prescrizioni delle normative comunitarie e dunque dovrà sottoporsi a controlli da parte di un Organismo o un'Autorità di controllo riconosciuti dalla Commissione ai fini della conformità.

Tornando al regime di equivalenza, l'operatore che importa prodotti da un Paese esterno all'UE è soggetto a misure di controllo equivalenti a quelle previste dal Titolo V del Reg. (CE) n. 834/07. Il Reg. (UE) n. 1235/08 e il successivo Reg. (UE) n. 2016/2259 contengono l'elenco delle Autorità e degli organismi di controllo riconosciuti ai fini dell'equivalenza, per ognuno dei quali sono definiti i Paesi all'interno dei quali possono operare e le diverse categorie di prodotto per le quali è valida l'autorizzazione. Da ciò ricaviamo che è possibile importare prodotti in regime di equivalenza oltre che dagl'undici Paesi terzi definiti dal Reg. (CE) n.1235/2008, anche da tutti gli altri Paesi presso i quali operano gli Organismi e le Autorità di controllo riconosciuti. Da sottolineare che la notifica dell'inserimento nell'Elenco nazionale degli importatori da Paesi terzi è elemento indispensabile per poter importare dai Paesi terzi in equivalenza e tale notifica

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avviene tramite comunicazione scritta da parte del Ministero. Al 31 dicembre 2016 gli importatori iscritti sono 326.

Ciascuna partita importata dovrà essere accompagnata da un certificato di ispezione conforme all'allegato V del Reg. CE 1235/08, rilasciato da uno degli organismi di controllo riconosciuti. Tale certificato contiene tutte le principali informazioni relative alla singola partita e una dichiarazione dell'Organismo di controllo dell'esportatore attestante la conformità dei prodotti per quanto riguarda le norme di produzione e di controllo adottate.

2.8 NORME SUL VINO BIOLOGICO: IL REGOLAMENTO N. 203/2012

Fra tutti i prodotti biologici trasformati, prendiamo in considerazione il vino che ha richiesto un percorso lungo ed elaborato per ottenere la certificazione biologica che possiamo sintetizzare in sette punti principali:

1. Il primo regolamento europeo sulla produzione di alimenti biologici(Reg. CE n. 2092/91), considerava le produzioni vegetali e i relativi prodotti trasformati comprendendo dunque anche la produzione di uva. La commissione europea avrebbe però dovuto, nel più breve tempo possibile, produrre uno specifico regolamento relativo al vino quale prodotto trasformato dalle uve. In tale lasso di tempo era consentito vendere "vino da uve biologiche", ma non "vino biologico".

2. Nel corso del decennio successivo sia la viticoltura biologica che la vinificazione hanno avuto uno sviluppo costante e ciò ha spinto sia i produttori dei paesi UE che non UE a richiedere una normativa comune al fine di regolamentare tale settore e soppiantare le numerose norme private presenti. Nel Giugno del 2004, la Commissione lanciò il suo piano d'azione europeo per il cibo e l'agricoltura biologica, che prevedeva un'iniziativa volta a valutare la necessità di un regolamento sulla vinificazione biologica.

3. Nel 2005, la Commissione ha lanciato un appello nel VI programma Quadro di ricerca per uno studio in grado di fornire la base scientifica di un regolamento di vinificazione biologica e ciò ha permesso per la prima volta la messa a punto da parte dell'UE di lavori scientifici a sostegno della legislazione. Tale lavoro, realizzato tra il 2006 e il 2009 nell'ambito del progetto ORWINE, propose una serie di raccomandazioni normative grazie ad una gran mole di dati scientifici riguardanti le tecniche di vinificazione, le dinamiche di mercato, gli atteggiamenti dei consumatori, le circostanze dei produttori e gli impatti ambientali.

4. Nel 2007 è stato revisionato e sostituito il Regolamento biologico del 1991 con l'attuale regolamento CE n. 834/2007 , il quale introdusse il vino biologico nel suo campo di applicazione senza però fornire dettagli circa le tecniche di produzione.

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