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Il ravvedimento operoso e la sua evoluzione nel sistema tributario

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Academic year: 2021

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INDICE

CAPITOLO 1: “La dinamica dell'imposizione tributaria” I soggetti passivi 1.1 I soggetti passivi

1.2 Gli obblighi del contribuente

1.3 La dichiarazione ed il suo contenuto

CAPITOLO 2: “I casi patologici”

2.1 Le violazioni formali e meramente formali Le violazioni sostanziali 2.2 Le violazioni sostanziali

2.3 Le tipologie di violazione

2.3.1 Omessa presentazione della dichiarazione

2.3.2 Dichiarazione infedele, fraudolenta ed incompleta

2.3.3 Omesso, tardivo od insufficiente versamento delle imposte 2.4 Le sanzioni D.lgs 471/97

CAPITOLO 3: “Il ravvedimento operoso”

3.1.Breve panoramica sulla compliance, la strada verso il ravvedimento 3.2 Il ravvedimento D.lgs 472/97

3.2.1 Il contenuto del D.lgs 472/97

3.2.2 La ratio e la natura dell'istituto del ravvedimento operoso 3.2.3 Le cause ostative

3.2.4 Le cause patologiche e la riduzione delle sanzioni 3.3 Il nuovo ravvedimento operoso

3.3.1 Le modifiche apportate dalla L.190 del 23 Dicembre 2014 3.3.2 La modifica delle cause ostative e la natura dell'istituto 3.3.3 Dubbi interpretativi ed interventi dell'Agenzia delle Entrate 3.3.4 Ravvedimento operoso su omessi e tardivi versamenti.

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3.4 Ravvedimento e dichiarazione correttiva ed integrativa 3.4.1 La dichiarazione correttiva

3.4.2 La dichiarazione integrativa

3.4.3 L'utilizzo dell'istituto del ravvedimento

CAPITOLO 4: “Il ravvedimento e le imposte dirette”

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PREMESSA

Il presente elaborato ha lo scopo di analizzare l'istituto del “Ravvedimento Operoso”, ovverosia quello strumento grazie al quale il contribuente può sanare, spontaneamente, irregolarità, violazioni od omissioni di carattere tributario, scontando una sanzione ridotta rispetto a quelle che, normalmente, sono previste nei casi patologici sopra citati. La tesi si concentrerà, dunque, sullo studio circa la ratio, la natura, il contesto normativo di riferimento, nonché l'evoluzione che nel tempo ha interessato tale istituto. Prima di addentrarci nel dettaglio della materia, sembra opportuno considerare altri aspetti fondamentali che coinvolgono il Ravvedimento Operoso, in modo da poter comprendere meglio l'essenza e la struttura dello stesso. Inizieremo, con il primo capitolo, ad analizzare la dinamica dell'imposizione nel Sistema Tributario Italiano, dunque gli aspetti oggetto di studio saranno: “i soggetti passivi”, cioè coloro che sono colpiti da imposizione (concentrandosi su: persone fisiche, società di persone e società di capitali); gli obblighi fiscali del contribuente ed il contenuto della dichiarazione dei redditi. Nell'ottica di avvicinamento graduale all'argomento principale del nostro elaborato, verranno studiate quali sono le irregolarità, o più in generale i comportamenti patologici, compiuti dal contribuente che portano ad irrogazione di sanzioni nei suoi confronti; dopo aver analizzato queste ultime, affronteremo il tema del ravvedimento operoso che, come già detto inizialmente, consente, da una parte, di sanare le violazioni compiute e dall'altra di mitigare l'effetto sanzionatorio prodotto dall'atteggiamento non conforme alle norme tributarie tenuto dal contribuente.

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CAPITOLO 1

LA DINAMICA DELL'IMPOSIZIONE

1.1 I soggetti passivi

L'identificazione degli individui che operano all'interno del rapporto impositivo ci sarà utile, successivamente, per capire chi può realmente accedere ed usufruire dell'istituto in esame in questo elaborato, il ravvedimento operoso. Inizialmente occorre affermare che possiamo individuare due macro categorie di soggetti, da una parte l'amministrazione finanziaria (sogg. Attivo) con il potere di gestire la fiscalità dello Stato, dall'altra i soggetti passivi; la prima si compone di quattro organi esecutivi:

1) L'Agenzia delle Entrate, che si occupa dei tributi diretti, I.V.A ed altre entrate erariali

2) L'Agenzia delle Dogane, che gestisce tributi legati agli scambi internazionali 3) Agenzia del Territorio, con mansioni inerenti al catasto

4) Agenzia del Demanio, gestisce i beni immobili di proprietà dello Stato.

In contrapposizione alle entità che abbiamo appena analizzato, vi sono i soggetti passivi i quali al contrario del prima, che è unica, possono essere ravvisati in una molteplicità di individui a seconda dei casi disciplinati dalla normativa; questi ultimi dunque, sono quei soggetti tenuti al pagamento dei tributi nei confronti dell'Amministrazione finanziaria. Prima di specificare meglio quest'ultima categoria, sembra opportuno soffermarsi brevemente sui riferimenti normativi circa la formazione e la nascita dell'obbligazione tributaria. L'articolo che per primo dobbiamo prendere in considerazione, in tale ambito, risulta essere l'art 53 della Costituzione:

“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” L'articolo in questione ci consente di capire quella che è la ragione più profonda ed alla base del rapporto

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tributario tra contribuente e Stato; alla radice dell'obbligazione tributaria vi è, dunque, il principio di solidarietà. Lo Stato, infatti, grazie alle entrate derivanti dal pagamento dei tributi, se da una parte si procura mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle attività ordinarie, dall'altra utilizza le stesse per funzioni sociali tese alla redistribuzione, al fornire agevolazioni verso soggetti più deboli, all'incentivare attività economiche etc.. La solidarietà, precedentemente menzionata, è ravvisabile nel fatto che nell'articolo in questione si fa riferimento al concetto di capacità contributiva, e di

progressività, che non potrebbero sussistere nel momento in cui la relazione tra Stato e

contribuente si basasse su di un rapporto meramente commutativo, ovverosia “il

cittadino paga in funzione dei servizi che riceve...”.

Questa impostazione, dunque, rientra nella più ampia teoria denominata della “Capacità Contributiva”, basata su criteri esatti ed oggettivi grazie ai quali le imposte ed il carico fiscale, gravano sui singoli contribuenti in ragione di elementi certi e determinabili come l'ammontare del reddito, del patrimonio, la tipologia di fonte reddituale ed altri elementi che influiscono sulla situazione economica del soggetto. Da ciò si possono trarre le seguenti implicazioni:

1. Esenzione dei redditi minimi, ovvero di coloro che hanno mezzi appena sufficienti per il sostentamento; tali soggetti non hanno capacità contributiva 2. Discriminazione quantitativa, ovvero soggetti con maggiore capacità

contributiva, dunque con redditi più elevati, saranno passivi di aliquote impositive più elevate

3. Discriminazione qualitativa dei redditi, è opportuno considerare l'origine degli stessi, in modo che dal punto di vista fiscale siano trattati in modo differenziato 4. Adeguamento alla situazione personale occorre tener conto delle condizioni

personali e familiari del contribuente.

Il concetto di capacità contributiva, dunque, ha subito nel corso del tempo un'evoluzione sostanziale, passando da una nozione soggettiva (essa indicava l'idoneità del contribuente ad esplicare quello che era il suo dovere tributario) ad un orientamento oggettivo. In quest'ultimo caso, quindi, la capacità contributiva viene ritrovata non solo nella idoneità precedentemente menzionata, ma in qualsiasi fatto economico, purché l'individuazione dello stesso da parte del legislatore non segua

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criteri non arbitrari. In base a quanto detto sino ad ora, la capacità contributiva, concretamente, può essere ravvisata sia tramite elementi diretti che indiretti.

I primi sono rappresentati dal reddito, elemento per eccellenza che rispecchia l'idoneità del contribuente a far fronte all'obbligazione tributaria; insieme ad esso, in tale categoria rientrano sia il patrimonio che gli incrementi di valori patrimoniali. Tra gli elementi, invece, appartenenti alla seconda categoria, possiamo ravvisare il consumo, colpito da imposte indirette; in questo caso, però, va precisato che sono escluse le spese di prima necessità.

Altro indice di capacità contributiva sono gli affari, come per esempio il trasferimento di un bene, che è colpito da imposta di registro.

Dopo aver delineato quelli che sono i principi che stanno alla base del rapporto tributario tra contribuente e Amministrazione Finanziaria, procediamo indicando chi in concreto può essere considerato soggetto passivo nel sistema fiscale. Nell'ordinamento italiano possiamo individuare, quali titolari dell'obbligazione tributaria, le persone fisiche, gli enti collettivi dotati di personalità giuridica ed anche soggetti privi di personalità giuridica (dunque sono passivi di imposta anche le società di persone, le associazioni non riconosciute; e nel campo dell'Ires anche “le altre organizzazioni non

appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto si verifica in modo unitario ed autonomo” art.73 T.U.I.R). Una volta individuati i

soggetti, risulta importante capire se essi siano residenti o meno nel territorio dello stato, poiché per i primi vale il principio della mondialità, ovvero essi pagano i tributi diretti in ragione dei redditi ovunque li abbiano prodotti (salvo compensazioni grazie a crediti di imposta e convenzioni contro la doppia imposizione); per i secondi, invece, è imponibile il solo reddito prodotto nel territorio dello stato Italiano.

Per fare chiarezza su questo punto, partiamo dalla nozione di residenza per quanto riguarda le persone fisiche; in questo ambito il riferimento normativo risulta essere l'articolo 2 comma 2 del T.U.I.R “ ai fini delle imposte sui redditi si considerano

residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”, le condizioni per cui si possa parlare di

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residenza quindi sono:

1. iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente;

2. non iscrizione nelle anagrafi, ma domicilio nel territorio dello Stato. La definizione di domicilio fiscale, implica che il soggetto abbia in Italia la sede principale di interessi ed affari (facendo riferimento all'articolo 43 del c.c.) ; 3. soggetti non iscritti alle anagrafi della popolazione residente, ma che per la

maggior parte del periodo di imposta hanno residenza (intesa come dimora) nel territorio dello Stato. In questo caso, dunque, è necessario che l'individuo sia residente in Italia per 183 (o 184) giorni, non importando la continuità del periodo stesso.

Dunque la sussistenza di una di queste condizioni, essendo alternative tra di loro, implica che il soggetto sia residente nel territorio dello stato italiano.

Per quanto riguarda gli enti collettivi dotati di personalità giuridica l'articolo cui dobbiamo fare riferimento risulta essere l'art 73 del T.U.I.R.; al comma 3 si afferma che: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che

per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede amministrativa o l'oggetto principale nel territorio dello Stato...”. In questo caso, per

capire se un soggetto è residente o meno, vi sono tre elementi da considerare nell'ordine descritto dalla norma stessa, dunque in primis dovremo individuare dove è ubicata la sede legale od amministrativa analizzando l'atto costitutivo; nel caso in cui essa non sia indicata, procederemo a capire dove opera realmente tale società od ente, e nel momento in cui svolga la propria attività caratteristica nel territorio dello Stato, essa sarà considerata a tutti gli effetti un soggetto residente. Per dovere, ma brevemente, sembra opportuno soffermarci sul comma 5-bis del medesimo articolo che disciplina la materia circa la c.d. Estero-vestizione, ovverosia l'abitudine, da parte degli imprenditori, di trasferire l'attività all'estero al fine di ottenere vantaggi e di sopportare un minor carico fiscale; tale trasferimento, quindi, risulta essere fittizio, in quanto la direzione della società viene mantenuta in Italia. Articolo 73 comma 5-bis “Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede

dell'amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere

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a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell'art 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato”.

La situazione descritta in questo articolo è quella per cui abbiamo una società che ai sensi del precedentemente citato comma 3, non può essere considerata residente nel territorio dello stato Italiano, ma al verificarsi di alcune condizioni essa la si considera tale, e quindi soggetto passivo che deve adempiere a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per le società ed enti residenti. Tali condizioni, risultano essere alternativamente:

1. Il soggetto non residente deve essere controllato, anche indirettamente, da un soggetto residente in Italia

2. Oppure abbia un consiglio di amministrazione che è formato in prevalenza da consiglieri che risiedono in Italia

Al manifestarsi anche di uno solo dei due casi, la società, che ai sensi del comma 3 risultava essere non residente, lo diviene; dunque, come possiamo vedere, accanto alla tradizionale nozione di residenza, il legislatore ha deciso di affiancare una soluzione antielusiva, volta a combattere quel fenomeno (di trasferimento all'estero della società) che consentiva all'imprenditore di ottenere un vantaggio fiscale indebito, aggirando la norma.

Dunque in questo paragrafo abbiamo delineato chi sono i soggetti attivi e passivi del sistema tributario e quali sono i criteri per determinare la residenza degli stessi; procederemo adesso a indicare quali sono gli obblighi sostanziali e formali che devono adempiere per la corretta estinzione dell'obbligazione tributaria.

1.2 Gli obblighi del contribuente

Dopo aver individuato chi sono in concreto i soggetti passivi di imposta, sembra necessario capire quali siano gli obblighi che questi debbano osservare nell'ambito del

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rapporto tributario. Il sistema fiscale italiano si fonda sul c.d. principio di autotassazione, anche denominato come “autoliquidazione”; in base a ciò il contribuente è chiamato a calcolare e, successivamente, pagare le imposte o più in generale i tributi, in relazione alla determinazione del suo reddito imponibile. In questo contesto, all'Amministrazione finanziaria spettano poteri e funzioni di controllo per valutare la correttezza dell'operato del soggetto passivo, così come ha il compito di recuperare il gettito fiscale non entrato nelle casse dello Stato a causa di comportamenti patologici, dunque evasivi od elusivi. Il contribuente, dunque, in prima persona od avvalendosi di professionisti, determinerà il reddito imponibile (derivante da applicazioni di deduzioni e detrazioni consentite dalla normativa fiscale) e successivamente effettuerà il pagamento delle imposte tramite appositi modelli predisposti dall'Agenzia delle Entrate (che successivamente mostreremo anche per una maggiore comprensione dell'istituto oggetto del nostro elaborato, ovverosia il Ravvedimento Operoso). Quali sono dunque gli obblighi che il contribuente deve rispettare per una corretta estinzione dell'obbligazione tributaria, in relazione alle imposte dirette? Partiamo innanzitutto da ciò che devono fare le persone fisiche.

Queste ultime sono passive di imposta diretta IRPEF, ( imposta sul reddito delle persone fisiche); per la determinazione del quantum dovuto all'erario, vengono utilizzate aliquote progressive per scaglioni applicate al reddito imponibile.

REDDITO IMPONIBILE

ALIQUOTA IRPEF (LORDA)

Fino 15000 23,00% 23% del reddito

15001-28000 27,00% 3450 + 27% del reddito

28001-55000 38,00% 6960 + 38% del reddito

55001-75000 41,00% 17220 + 41% del reddito

> 75000 43,00% 25420 + 43% del reddito

Il calcolo dell'imposta dovuta dal contribuente avviene nel seguente modo: il soggetto dovrà calcolare il reddito complessivo dato dalla somma di tutti i redditi percepiti nel periodo di imposta in esame. Questi sono suddivisi in categorie ed elencati all'articolo 6 del T.U.I.R:

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a) Redditi fondiari b) Redditi di capitale

c) Redditi di lavoro dipendente d) Redditi di lavoro autonomo e) Redditi di impresa

f) Redditi diversi

1. dal risultato derivante dall'operazione precedente, si provvederà a sottrarre gli oneri deducibili espressamente indicati all'articolo 10 del T.U.I.R. Riportiamo di seguito, a titolo esemplificativo, alcuni di essi:

b) “ le spese mediche e quelle di assistenza specifica nei casi di permanente o

grave invalidità o menomazione, sostenute da soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 5 Febbraio 1992...”

c) “gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati

al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva...”

g) “i contributi, le donazioni e le oblazioni erogati in favore delle

organizzazioni non governative...”

2. dopo di ciò, applicheremo al reddito netto così ottenuto le aliquote precedentemente indicate, ottenendo in questo modo l'ammontare di imposta lorda dovuta.

3. La somma individuata al punto 3, però, non risulta essere l'effettiva imposta che il contribuente dovrà versare nelle casse dello Stato, poiché essa deve essere diminuita delle c.d. Detrazioni, espressamente indicate dalla normativa. Tra queste possiamo citare quelle per familiari a carico, per tipologia di reddito posseduto, per spese sostenute etc... Una volta che abbiamo sottratto tali somme dall'Irpef lorda, troveremo il quantum effettivo che il soggetto passivo è obbligato a pagare.

Riassumendo avremo: redditi percepiti – oneri deducibili = reddito imponibile Reddito imponibile * Aliquote = Imposta lorda Imposta lorda – detrazioni = Imposta netta dovuta

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Una volta identificati i passaggi che il contribuente (generalmente il professionista per conto suo) deve svolgere per la determinazione dell'imposta netta dovuta, è utile capire quali siano i documenti che consentono al soggetto di assolvere ai suoi doveri fiscali; questi vengono chiamati modelli, approvati con apposito decreto ministeriale. Per quanto riguarda le persone fisiche esistono diverse tipologie di modelli che possono essere utilizzati a seconda della categoria cui appartiene il soggetto che deve adempiere all'obbligazione tributaria.

Modello 730: esso è riservato ai lavoratori dipendenti ed ai pensionati. I primi possono presentare il modello 730 a:

1. Datore di lavoro se questo è convenzionato con l'Agenzia delle entrate ed ha dato la sua disponibilità alla raccolta e trasmissione dati,

2. CAF (Centro di assistenza fiscale),

3. Professionista abilitato, quali: consulenti del lavoro, ragionieri, dottori commercialisti

I secondi, invece, si possono avvalere dei servizi offerti da: CAF, 1. Professionisti abilitati,

2. Ente che eroga la pensione

I soggetti precedentemente elencati provvederanno ad eseguire controlli formali ovverosia a valutare la conformità tra quanto riportato nella dichiarazione ed i documenti forniti dai contribuenti stessi (questo nel caso di presentazione precompilata).

In altri casi invece, sarà direttamente il professionista od il CAF che si occuperanno di elaborare il modello 730. Quest'ultimo si compone di sezioni denominate quadri, di seguito riportiamo brevemente la struttura del documento in oggetto.

MODELLO 730:

FRONTESPIZIO Dati anagrafici contribuente e familiari a

carico

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terreni

QUADRO B redditi da fabbricati Se percepiti derivanti da possesso di fabbricati

QUADRO C redditi di lavoro dipendente ed assimilati

Redditi da lavoro dipendente e pensioni

QUADRO D altri redditi Redditi di capitale, derivanti da terreni e fabbricati situati all'estero

QUADRO E oneri e spese detraibili ed oneri deducibili

Spese in deduzione di imposta netta e spese in deduzione di reddito lordo

QUADRO F acconti ritenute eccedenze ed altri dati

Acconti Irpef, addizionali. Eccedenze o crediti di imposta anni precedenti

QUADRO G crediti di imposta Crediti di imposta relativi a fabbricati, e per redditi prodotti all'estero

QUADRO I pagamento imposte con F24 Utilizzo crediti anno precedente per imposte pagate con modello F24

Altro modello che dobbiamo prendere in considerazione in ambito IRPEF, è il c.d. Modello unificato Compensativo Persone Fisiche. Coloro che devono utilizzare tale strumento sono i soggetti che:

1. percepiscono redditi di impresa

2. percepiscono redditi di lavoro autonomo per i quali è richiesta la partita I.V.A. 3. Non sono stati residenti nel territorio dello Stato nei due anni precedenti

all'anno della dichiarazione

4. percepiscono redditi di lavoro dipendente nei quali il datore di lavoro non è obbligato ad effettuare ritenute d'acconto

5. hanno realizzato plusvalenze da cessioni di partecipazioni qualificate

6. abbiano percepito redditi “diversi” non indicati nel quadro D del modello 730 7. Soggetti che possono redigere modello 730, con limite della trasmissione

telematica e non cartacea.

8. Soggetti che al momento della dichiarazione non hanno un datore di lavoro. In questo caso, eventuali accrediti verranno eseguiti non tramite busta paga (caso di individuo occupato), ma con assegno o su conto corrente; al contrario, per

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gli addebiti, il pagamento nei confronti dell'Erario avverrà per mezzo di assegno, bollettino postale, bonifico etc...

Di modello Uni.co ne esistono diverse tipologie, quello appena descritto ed altri due, ovverosia il modello Uni.Co società di persone, il modello Uni.co società di capitali ed infine il modello Uni.Co Enti non commerciali.

Uni.co società di persone: per quanto riguarda le società di persone, dobbiamo fare una digressione sul c.d. Principio di trasparenza. Quest'ultimo prevede che il soggetto che realizza in concreto il reddito sia trasparente, dunque non viene considerato passivo di imposta; l'imposizione, quindi, verrà sopportata dai soggetti ai quali, pro-quota, viene attribuita parte di quel reddito e ciò a prescindere dalla reale distribuzione e percezione dello stesso. Nell'articolo 5 del T.U.I.R, vengono espressamente elencate le entità che devono osservare la trasparenza, tra le quali possiamo individuare società semplici, società in nome collettivo e società in accomandita semplice; la funzione delle stesse, dal punto di vista fiscale, è meramente strumentale, poiché hanno il compito di determinare un valore che sarà ripartito tra altri soggetti. La strumentalità quindi è ravvisabile in due fasi distinte:

1. FASE FISIOLOGICA: presentazione della dichiarazione dei redditi. Tali soggetti dovranno comunque adempiere all'obbligo di redazione e presentazione della dichiarazione, in quanto, grazie ad essa, è possibile mettere in luce quel valore che successivamente dovrà essere ripartito, pro-quota, tra gli individui che partecipano alla realtà presa in considerazione. Possiamo quindi concludere che, in questa fase, la strumentalità è ravvisata nel fatto che non esiste reddito per gli individui che partecipano all'attività senza la dichiarazione prodotta da quest'ultima.

2. FASE PATOLOGICA: in fase di accertamento. In questo caso l'attività di accertamento avviene nei confronti del soggetto che ha prodotto il reddito in forma associata; a cascata, le eventuali rettifiche operate dall'Amministrazione Finanziaria colpiranno parzialmente (pro-quota) i soggetti che partecipano alla realtà.

Ultima implicazione che comporta il principio di trasparenza è riscontrato nel momento in cui la distribuzione degli utili avvenga successivamente alla loro

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realizzazione; in questo caso i soci non dovranno inserire nella loro dichiarazione tale reddito, poiché già scontato la tassazione, poiché come affermato precedentemente, già imputato in capo ai soci nel momento della sua realizzazione a prescindere dalla reale distribuzione; in questo modo viene evitata la doppia imposizione su di un medesimo reddito.

Dunque, sono tenuti alla compilazione e presentazione dell'Uni.co società di persone le società semplici

1. le società in nome collettivo ed in accomandita semplice 2. le società di armamento

3. società di fatto od irregolari

4. gruppi di interesse economico europeo

5. associazioni senza personalità giuridica, costituite da persone fisiche per esercizio in forma associata di arti e professioni

6. Aziende coniugali se attività esercitata in società fra coniugi.

Prima ancora di redigere il modello Uni.co, le società di persone hanno il dovere di tenere determinati documenti, denominati libri, che hanno rilevanza dal punto di vista fiscale. Quelli che sono utili ai soli fini fiscali sono:

• libro iva acquisti • libro iva vendite

• libro beni ammortizzabili • registro dei corrispettivi

Ulteriori adempimenti che hanno ragione di essere compiuti per motivi fiscali e non sono:

• libro giornale • libro mastro

• libro degli inventari

I primi due non è obbligatorio che vengano tenuti dai soggetti in contabilità semplificata; il libro mastro ed il libro giornale, sono dunque due strumenti che consentono di registrare e di analizzare le movimentazioni contabili legate ad

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operazioni effettuate dalle entità nello svolgimento delle loro attività. Da esse discenderà, successivamente, il bilancio di esercizio di natura civilistica, nel quale viene messo in luce se il soggetto ha conseguito un utile od una perdita; il primo sarà, successivamente, imputato pro-quota ai soggetti che partecipano alla realtà in considerazione. Il modello Uni.co società di persone è utilizzato, dunque, per determinare quel valore strumentale di cui abbiamo parlato precedentemente. Al contempo le società di persone (S.n.c e S.a.s) unitamente ad altri soggetti quali: società di capitali, amministrazioni pubbliche, enti non commerciali residenti, enti che hanno per oggetto esclusivo o principale attività commerciale sono passive di un'altra imposta diretta, ovverosia l'IRAP (imposta regionale attività produttive, calcolata tramite il c.d. Modello Irap). Quest'ultima ha come presupposto impositivo la ricchezza allo stadio della sua produzione, sarà opportuno quindi, sottrarre dai ricavi (di esercizio) i relativi costi (di esercizio) ottenendo così l'imponibile relativo a tale imposta; su di esso, successivamente, verrà applicata l'aliquota del 3,9% (per la generalità dei soggetti passivi, vi sono ulteriori aliquote in base a determinati casi specifici), salvo poi la facoltà di ogni regione di stabilire un'addizionale in ragionale fino ad un punto percentuale. (Per quanto riguarda tale imposta, provvederemo ad analizzarla, nel corso del trattato ed anche inerentemente al Ravvedimento operoso, solo in relazione alle società di persone)

Nell'analisi che stiamo svolgendo circa gli obblighi dei contribuente ed ai fini di comprendere meglio l'istituto del Ravvedimento Operoso, non ci rimane che analizzare i comportamenti che devono assumere le Società di capitali (S.p.a., S.a.p.a ed S.r.l). Come espressamente affermato nell'articolo 73 del T.U.I.R al comma 1 lettera “a” “Sono soggetti all'imposta sul reddito delle società: a) le società per azioni e in

accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata...”. Esse quindi sono

passive di imposta Ires, un'imposta proporzionale con aliquota pari al 27,5% e dunque non progressiva per scaglioni come l'Irpef; altra differenza con quest'ultima risiede nel fatto che, nella determinazione del reddito complessivo, non distinguiamo i singoli redditi in base alla fonte da cui derivano, dunque non avremo diverse categorie di reddito le cui somme consentono di determinare quello complessivo; bensì vi sarà un'unica categoria reddituale ovverosia il reddito di impresa, tale principio prende il

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nome di “principio di attrazione” (va da sé che questo ha delle ripercussioni anche sulla struttura del modello Uni.co società di capitali).

Gli obblighi a cui devono sottostare le Società di capitale circa la tenuta dei documenti, con rilevanza tra le altre fiscale, sono i seguenti:

caso di contabilità ordinaria.

1. Libro Giornale: su di esso vengono riportate le operazioni giornaliere compiute dall'impresa. La norma fiscale prevede che la registrazione avvenga entro 60 giorni dalla data di effettuazione della stessa. Deve essere conservato per dieci anni, prorogabili, nel momento in cui tale termine sia scaduto, ma non siano cessate le eventuali pratiche di accertamento precedentemente iniziate da parte dell'Amministrazione finanziaria.

2. Libro degli inventari

3. Le scritture ausiliarie: esse si compongono di,

a) Libro mastro: dove vengono riportati i componenti reddituali e patrimoniali, negativi e positivi, che consentono di determinare il reddito

b) le scritture di magazzino. 4. Registro dei beni ammortizzabili

5. Registro i.v.a

Se al contrario la società in esame adotta una contabilità semplificata, in quanto possiede i requisiti per l'accesso alla stessa, ovverosia:

1. ricavi non superiori ad € 400.000 se ha per oggetto prestazioni di servizi

2. ricavi non superiori ad € 700.000 se ha per oggetto attività diverse da prestazioni di servizi

allora essa sarà obbligata alla tenuta, esclusivamente, dei seguenti documenti:

1. Registro i.v.a, con ulteriore annotazione delle operazioni non rilevanti ai fini dell'imposta stessa, ma utili per la determinazione del reddito.

2. Registro beni ammortizzabili. 3. Registri previsti da leggi speciali.

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possibile redigere il bilancio civilistico, che consente di mettere in luce il risultato (utile o perdita) dell'esercizio sociale conclusosi. L'utile ( perdita) che vengono evidenziati in questo prospetto, non corrispondono ai valori che dovranno essere utilizzati dal contribuente per il calcolo delle imposte da liquidare; infatti il risultato civilistico ed il risultato fiscale, sono due valori diversi, in conseguenza di una normativa, sia civilistica che fiscale, che spesso non combaciano, tant'è che è possibile parlare di doppio binario. In questo senso però, ci viene in soccorso l'articolo 83 del T.U.I.R, nel quale al primo si comma afferma che: “ il reddito complessivo è

determinato apportando all'utile o alla perdita risultante da conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”. Dunque il procedimento per determinare quale sia il reddito

imponibile, al quale applicare l'aliquota del 27,5%, che consente di determinare l'imposta lorda, (quindi al lordo delle successive detrazioni), consiste nell'apportare al risultato di esercizio delle variazioni, espressamente indicate nella normativa fiscale; queste possono essere suddivise in due macro categorie: variazioni in aumento e variazioni in diminuzione; le prime porteranno all'ottenimento di una base imponibile maggiore rispetto al risultato di esercizio scaturito dal bilancio civilistico, le seconde, al contrario, condurranno ad avere reddito inferiore ai fini fiscali sul quale calcolare le imposte. A loro volta, esse possono essere di due tipologie: permanenti e temporanee, queste ultime saranno riassorbite nel corso degli esercizi successivi attraverso variazioni di segno opposto rispetto a quella eseguita per prima, (quindi il risultato imponibile maggiore o minore è transitorio e riguarda i singoli esercizi fiscali, ma nel computo finale la variazione risulta pari a zero); quelle permanenti, al contrario non vengono riassorbite nel corso del tempo.

Il modello, attraverso il quale le società in oggetto compilano la dichiarazione dei redditi, prende il nome di Uni.co società di capitali. Di seguito riportiamo alcune immagini che consentono di capire meglio le differenze rispetto al modello 730, nonché dare la possibilità di vedere il funzionamento di determinazione della base imponibile.

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Dal risultato di conto economico RF4 (utile) RF5 (perdita), si applicano variazioni in aumento

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giungendo poi alla determinazione dell'Ires dovuta

Analizzati gli adempimenti che i contribuenti devono assolvere in materia di compilazione della dichiarazione, è di significativa importanza capire quali siano le tempistiche entro le quali questa deve essere redatta e quelle entro le quali deve avvenire il versamento delle somme stesse, consentendo dunque l'estinzione dell'obbligazione tributaria.

La conoscenza delle scadenze è molto importante per due ordini di motivi: da una parte consente di evitare il manifestarsi di situazioni patologiche quali, ritardi od omessi versamenti; dall'altra nel momento in cui si verifichino le condizioni precedentemente menzionate, sarà possibile calcolare immediatamente le sanzioni e gli interessi cui il contribuente andrà in contro, nonché le eventuali riduzioni circa le sanzioni stesse, nel momento in cui il soggetto decidesse di usufruire dell'istituto del ravvedimento operoso; infatti, se da una parte la pena pecuniaria, comminata al soggetto passivo che trasgredisce le norme, aumenta con il passare del tempo che intercorre dalla data di scadenza del pagamento a quella di effettivo versamento delle

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somme, dall'altra assistiamo, nel caso dell'istituto oggetto di questa tesi, ad una riduzione degli sconti sulle sanzioni concessa dal legislatore. Anche in questo caso dovremo fare una distinzione in base ai soggetti che consideriamo:

PERSONE FISICHE

Tali soggetti sono tenuti ad effettuare, entro il 16 Giugno dell'anno in cui è presentata la dichiarazione, il saldo derivante dalle somme indicate nell'Uni.co Persone Fisiche ed eventualmente versare la prima rata di acconto (calcolata in base alle somme indicate nel modello Uni.co). Quest'ultimo è dovuto esclusivamente se l'imposta dichiarata in quell'anno risulta essere superiore a 51,65 €, inoltre le modalità di liquidazione dello stesso possono essere due:

1. se l'acconto non supera 257,52 € unica soluzione in data 30 Novembre

2. se l'acconto è pari o superiore a 257,52 €, due rate una il 16 di Giugno pari al 40%, e la seconda il 30 di novembre pari al 60%

Se il contribuente ritiene che nell'anno successivo conseguirà un reddito inferiore a quello dichiarato nel modello presentato (e dunque dovrà scontare un'imposta più bassa), potrà calcolare gli acconti sulla base di quest'ultima somma.

Il contribuente, inerentemente alle scadenze del 16 Giugno, può provvedere a liquidare quanto dovuto entro i 30 giorni successivi con una maggiorazione dello 0,40%.

Il termine massimo per la presentazione del modello 730 e del modello Uni.co persone fisiche è fissata dall'Amministrazione Finanziaria; per esempio, la data di trasmissione del modello 730 per l'anno 2016 ha il limite massimo in data 7 Luglio; per l'invio del modello Uni.co invece vi sono due possibilità alternative:

1. Se inviato in forma telematica all'Agenzia delle Entrate, il termine è del 30 Settembre

2. Se inviato in forma cartacea tramite ufficio postale, il periodo di riferimento va dal 2 Maggio al 30 Giugno.

Le date qui riportate potrebbero subire proroghe che comportano lo slittamento delle stesse.

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SOCIETA' DI PERSONE

Per quanto riguarda le Società di persone, come precedentemente detto, l'utile è imputato ai soci per trasparenza (a prescindere dalla reale percezione), dunque saranno direttamente i soci che verseranno l'Irpef inerentemente a tali somme; ciò che, invece, sono tenute a liquidare risulta essere l'Irap (insieme a tutti gli altri soggetti che ne sono passivi). Le modalità con cui viene esplicato tale obbligo sono le medesime viste per l'Irpef nel caso precedente.

1. Saldo e Primo acconto entro il 16 Giugno, con maggiorazione dello 0,40% se versato nei 30 giorni successivi.

2. Secondo acconto entro il 30 Novembre

L'acconto non è dovuto nel momento in cui: a) per persone fisiche risulta essere inferiore a 51,65 € b) 20,66 € per soggetti passivi Ires.

Il modello Irap dovrà essere presentato entro il 30 Settembre per i soggetti passivi di Irpef, unitamente al modello Uni.co Società di persone; mentre per gli individui sottoposti ad Ires la scadenza è fissata entro l'ultimo 9° mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta.

SOCIETA' DI CAPITALI ED ENTI EQUIPARATI

Per quanto riguarda le società di capitali, i termini per gli adempimenti sono i seguenti: 1. Versamento del saldo e dell'eventuale primo acconto entro il giorno 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta. Sarà applicata una maggiorazione dello 0,4%, se il pagamento avviene con trenta giorni di ritardo. Se l'acconto non supera 103€ esso sarà liquidato in un unica soluzione alla prima scadenza, altrimenti saranno previsti due versamenti, il primo del 40% ed il secondo pari al 60%.

2. Eventuale secondo acconto entro l'ultimo giorno dell'undicesimo mese successivo a quello della data di chiusura del periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione.

Il modello Uni.co società di capitali dovrà essere presentato all'Agenzia delle Entrate entro l'ultimo giorno del 9° mese successivo a quello della data di chiusura del periodo

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di imposta.

Il pagamento delle imposte e degli acconti nonché, come vedremo successivamente, il versamento delle somme dovute a seguito dell'utilizzo dell'istituto del Ravvedimento Operoso, avviene per mezzo di un documento chiamato F24.

Il modello è strutturato in sezioni, nella prima parte vengono indicate quelle che sono le generalità del contribuente, dunque troveremo codice fiscale, dati anagrafici ed infine il domicilio fiscale. La successiva parte del documento è suddivisa in base al percettore delle somme dovute, dunque:

• Erario • Inps • Regioni

• IMU ed altri tributi locali

• Altri enti previdenziali ed assicurativi

Le righe che sono contenute nelle varie sezioni sono suddivise in relazione al codice tributo e al relativo importo se a credito o a debito. Qui sotto è riportata un immagine del modello F24

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1.3 La dichiarazione ed il suo contenuto

Sino a questo momento abbiamo evidenziato nella pratica quali siano gli obblighi dei contribuenti nei confronti dell'amministrazione finanziaria, ravvisati nella redazione dei modelli indicati, e nell'obbligo di versamento delle somme dovute sia a titolo di saldo che di acconto. In questo paragrafo andremo brevemente a descrivere il ruolo e la natura della dichiarazione dei redditi. Questa è un atto doveroso ed obbligatorio, poiché la sua redazione è imposta da norme di legge e dunque, in caso di violazione, il contribuente andrà incontro a sanzioni penali e/o amministrative.

Come abbiamo potuto capire sino a questo momento, il contenuto principale della dichiarazione dei redditi è “l'indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per

la determinazione degli imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte stesse” D.p.r 29 Settembre 1973, dunque in essa sono inseriti sia componenti positivi

che negativi, i quali definiscono il reddito imponibile, ma al contempo tale quantum deriva anche da scelte ed opzioni del contribuente, che trovano applicazione ed attuazione nel momento in cui il soggetto passivo di imposta procede alla redazione della stessa dichiarazione, “in questo senso, per esempio, parliamo della volontà o meno di rateizzare l'eventuale plusvalenza derivante da cessione di un bene strumentale in materia Ires”, risulta essere necessaria dunque l'espressa volontà dell'individuo, riportata sul documento in oggetto, e non il comportamento concludente del medesimo. Affinché la dichiarazione sia considerata valida è necessario che siano soddisfatti determinati requisiti:

1. Deve essere redatta su modelli prestampati approvati con decreto del Direttore dell'Agenzia delle entrate

2. Deve essere sottoscritta dal contribuente o dal rappresentante legale dello stesso 3. Deve essere inviata direttamente all'Agenzia delle entrate, tramite internet o per

mezzo di intermediario autorizzato

4. Deve essere presentata entro tempistiche precedentemente osservate.

Gli effetti della dichiarazione, innanzitutto, sono ravvisabili dal punto di vista procedimentale; in questo senso dobbiamo fare riferimento al controllo che l'Amministrazione finanziaria esegue su di essa, da prima considerando il controllo

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formale e, successivamente, nel momento in cui vengano riscontrate situazioni patologiche (dunque non conformi alle normative) il controllo sostanziale porterà alla determinazione della tipologia di avviso di accertamento e il metodo di rettifica del reddito dichiarato. Il documento in oggetto inoltre, può essere considerato come un atto costitutivo o dichiarativo (a seconda della teoria cui facciamo riferimento, e che successivamente andremo ad analizzare), ma al contempo come mero atto, nel momento in cui la presentazione della stessa avviene da parte di soggetti obbligati alla sua redazione anche in assenza di redditi recando l'indicazione di una perdita; in questo caso la dichiarazione consente all'Amministrazione finanziaria di poter eseguire i controlli sia nel periodo di imposta presente che in quelli futuri.

Come precedentemente accennato, la natura giuridica della dichiarazione, può essere vista in modo diverso a seconda della teoria cui facciamo riferimento; questo argomento non sembra essere di poco conto, in quanto, fa riferimento alla nascita, al sorgere, dell'obbligazione tributaria:

1. Teoria dichiarativa: secondo questa impostazione, si esclude che la dichiarazione possa essere un atto negoziale in quanto, non è possibile ravvisare un negozio in un atto doveroso; inoltre l'effetto, dunque, il rapporto obbligatorio è direttamente rapportabile alla normativa impositiva. Secondo tale teoria, quindi, il presupposto impositivo determina per legge l'obbligazione tributaria, dunque la dichiarazione è estranea al sorgere dell'obbligazione tributaria

2. Teoria costitutiva: nel momento in cui fu introdotto l'obbligo di presentazione della dichiarazione, parte della dottrina fu indotta a ritenere che essa avesse efficacia costitutiva dell'obbligazione tributaria, e dunque si è parlato di obbligazione correlata alla dichiarazione. Più nello specifico la nascita dell'obbligazione deve ritenersi che abbia le radici in una fattispecie complessa, comprensiva sia della dichiarazione nonché del presupposto di fatto.

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CAPITOLO 2 I CASI PATOLOGICI

2.1 Le violazioni formali e meramente formali.

Nel capitolo precedente abbiamo analizzato quali siano gli obblighi ai quali i soggetti passivi devono attenersi per una corretta estinzione dell'obbligazione tributaria. Come possiamo apprendere, però, da telegiornali, riviste o altri mezzi di comunicazione, spesso il comportamento tenuto dai contribuenti non sempre risulta essere in linea con le disposizioni normative; ciò per qualsivoglia motivo, come per esempio la volontà da parte degli stessi di evadere o, più in generale, di sottrarre somme destinate alle casse dello Stato traendo così un personale vantaggio fiscale, oppure, in altri casi, l'oggettiva incapacità del cittadino ad assolvere i suoi doveri per mancanza di liquidità etc... Questi atteggiamenti, dunque, configurano la fattispecie delle violazioni, casi patologici che corrispondo a deviazioni comportamentali rispetto a quella che dovrebbe essere la linea di condotta tracciata dalle Leggi.

Le violazioni, in materia tributaria, possono essere suddivise in tre categorie1 (anche se le prime due potrebbero formarne una):

• Violazioni formali

• Violazioni meramente formali • Violazioni sostanziali

La distinzione appena eseguita non è un fatto meramente teorico, anzi, risulta importante per capire se esistano i presupposti sanzionatori e quali siano gli effetti degli stessi nei confronti del contribuente. Il criterio generale utilizzato per individuare da una parte le violazioni formali e dall'altra le violazioni sostanziali (ricordiamo che quelle meramente formali, pur avendo caratteristiche proprie, possono essere teoricamente ricondotte alla prima macro-classe citata) è quello relativo all'analisi 1 Carlo Carpentieri -“le sanzioni amministrative tributarie” – 2006 – pag 50 - Pavia

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della sanzione prevista e comminata rispetto al singolo caso patologico. Dunque le violazioni formali, oggetto di questo paragrafo, in base a quanto detto precedentemente, sono quelle violazioni per cui è prevista una pena pecuniaria che va da un minimo ad un massimo stabiliti dal legislatore; a titolo esemplificativo, possiamo indicare la fattispecie patologica quale “l'omessa presentazione della

dichiarazione dei redditi nel caso in cui non siano dovute imposte”, in questa

circostanza è prevista una sanzione fissa (in quanto violazione formale) che va da un minimo di 258€ ad un massimo di 2065€, secondo quanto affermato nel D.Lgs 471/1997 articolo 1 comma 1 secondo periodo.

Individuato il discrimine utilizzato per l'individuazione dei singoli casi, è opportuno analizzare in modo più approfondito la differenza tra violazioni formali e meramente formali. In questo caso la condizione per la quale è possibile distinguere le due situazioni risiede non nella tipologia di pena pecuniaria irrogata al soggetto passivo, bensì nel pregiudizio (causato dal comportamento del contribuente) arrecato all'attività di controllo svolta dall'Amministrazione finanziaria; dunque, in base a quanto detto, possiamo affermare che:

Violazioni formali: esse non incidono sulla determinazione della base imponibile e, di conseguenza ,sull'imposta ed il versamento del tributo, ma potendo arrecare danno all'attività di accertamento e controllo svolta dall'ufficio, si considerano punibili. In materia di imposte sui redditi possiamo elencare tra le altre:

a) omessa presentazione della dichiarazione dei redditi nel caso in cui non siano dovute le imposte;

b) omessa indicazione nel quadro RM ed RT, dei valori per la determinazione del costo fiscale dei terreni e delle partecipazioni e degli estremi del versamento dell'imposta sostitutiva; in questo caso è prevista una sanzione amministrativa pari ad un minimo di 258€ ad un massimo di 2065€.

c) mancata od errata compilazione del quadro RV dei soggetti imprenditori, anche societari, dove si danno conto delle differenze tra valori fiscali e quelli civili dei cespiti a seguito di operazioni di fusione, scissione, conferimento e

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rivalutazione.2

Violazioni meramente formali: esse, a differenza delle precedenti, non arrecano pregiudizio all'attività di controllo svolta dagli uffici. E' possibile fare riferimento all'articolo 6, comma 5-bis del D.Lgs n. 472 del 1997 nel quale è possibile leggere: “ non sono inoltre punibili le violazioni che non

arrecano pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo”3. La circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 77/E del 2001, indica in maniera dettagliata come un caso patologico possa rientrare nella categoria oggetto di descrizione: “ai fini della non punibilità della commessa

violazione, le condizioni negative appena richiamate devono intendersi alternative e non concorrenti, con la conseguenza che non può configurarsi una violazione meramente formale ove manchi in concreto una sola di esse”.4 Dunque, affinché una violazione sia meramente formale, devono coesistere due condizioni:

a) la violazione non deve incidere sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo;

b) la sopra menzionata violazione non deve essere pregiudizievole dell'attività di controllo svolta dall'Agenzia delle Entrate.

Rientrano in tale categoria, per quanto riguarda le imposte sui redditi e le relative dichiarazioni, le seguenti fattispecie:

a) omessa od errata indicazione nella dichiarazione di dati rilevanti per l'individuazione del contribuente o suo rappresentante

b) dichiarazione redatta su modello non conforme a quello approvato con decreto ministeriale

c) mancata od errata compilazione di quadri della dichiarazione previsti per indicare dati non rilevanti ai fini della determinazione delle somme dovute. Il risvolto sostanziale nell'identificazione di tali casi patologici sta nel fatto che questi non risultano essere punibili, dunque al soggetto che commette 2 Leilo Cacciapaglia, Diana Pérez Corradini, Matilde Fiammelli –“Il nuovo ravvedimento operoso” - 2015 –

pag 185 - Rimini

3 D.Lgs 472/97 art.6 Comma 5-bis

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irregolarità di tipo meramente formale non verrà irrogata alcuna sanzione amministrativa.

La decisione di far rientrare un caso in una o nell'altra fattispecie spetta all'Ufficio, il quale, esaminando caso per caso, stabilirà se è stato arrecato pregiudizio o meno all'attività di controllo posta in essere.

Come vedremo successivamente il contribuente potrà usufruire dell'Istituto del ravvedimento operoso per sanare gli errori commessi appena citati.

2.2 Le violazioni sostanziali

Riprendendo la logica di fondo che precedentemente ci ha consentito di individuare le violazioni formali, possiamo definire le violazioni sostanziali come quelle alle quali è connessa una sanzione pecuniaria non definita in maniera fissa da normative fiscali, bensì proporzionale in relazione ad un'imposta che non è stata certificata, dichiarata, versata oppure in luogo di un reddito imponibile non dichiarato. In sostanza possiamo affermare che l'errore sostanziale è dovuto ad errori od omissioni che vanno ad incidere su:

• base imponibile del tributo • tributo che ne scaturisce

• versamento dell'imposta dovuta

A differenza delle precedenti violazioni, in questo caso abbiamo una situazione nella quale il comportamento del contribuente va a modificare il rapporto tributario che lo stesso ha con l'Amministrazione Finanziaria, a tal punto, da arrecare un pregiudizio all'attività di controllo posta in essere dall'Ufficio al fine di ricostruire il quantum dell'obbligazione. Anche in questo caso risulta necessario l'intervento dell'Agenzia delle Entrate per stabilire se la fattispecie in oggetto rientra tra una violazione formale oppure sostanziale; infatti il confine fra le stesse risulta essere molto sottile, poiché, partendo da un medesimo presupposto, è possibile che il comportamento del soggetto passivo conduca a risultati differenti. Per una maggiore comprensione di quanto appena detto, riportiamo di seguito un esempio: “ il contribuente, nella compilazione della dichiarazione, detrae oneri in misura maggiore rispetto a quelli lui spettanti, ottenendo in questo modo un indebito maggior credito (presupponendo che la

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dichiarazione, anche in assenza di tale errore, sarebbe rimasta a credito). Gli scenari che si possono aprire, quindi, sono sostanzialmente due:

1. Il contribuente utilizza in compensazione il credito per l'intero importo risultante da dichiarazione, costituendo, dunque, la fattispecie di una violazione sostanziale, poiché l'errore comporta una modifica della base imponibile, del tributo e del relativo versamento.

2. Il contribuente non utilizza il credito indebito e lo conserva fino alla dichiarazione dell'anno successivo, dunque da tale comportamento, ne scaturisce una violazione formale per il periodo di imposta in oggetto. (nel caso di utilizzo nell'anno successivo, ritorneremo ad una situazione cui al punto 1). Generalmente rientrano nella casistica delle violazioni sostanziali le seguenti fattispecie:

• indicazione errata di redditi • errata determinazione di redditi

• indebite deduzioni o indebite detrazioni

• errori di calcolo nella determinazione dell'imponibile o delle imposte dovute Tali errori configurano determinate tipologie di violazioni che andremo ad esaminare nel successivo paragrafo.

In conclusione per avere ben chiaro il quadro di riferimento e capire in modo più immediato i vari casi patologici che possono essere sanati tramite l'istituto del ravvedimento operoso, proponiamo uno schema riassuntivo qui di seguito:

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2.3 Le tipologie di violazione

Dopo aver analizzato in generale quali siano le varie tipologie di violazioni contemplate nell'ordinamento tributario, passiamo ad analizzare da vicino le singole casistiche patologiche, concentrandoci maggiormente su le c.d. Violazioni sostanziali di cui abbiamo già delineato gli aspetti principali. Prima di addentrarci in questo studio, ci soffermeremo brevemente nello spiegare in che cosa consistono, nella pratica, le violazioni formali e meramente formali elencate precedentemente.

Per quanto riguarda le prime, seguendo l'ordine di elencazione:

a) omessa presentazione della dichiarazione dei redditi nel caso non siano dovute

imposte: in questa circostanza il fatto che non siano dovute alcune somme allo Stato da

parte del soggetto passivo, consente di classificare l'errore come “formale”, applicando dunque una sanzione stabilita in misura fissa. La scelta del legislatore ci porta, quindi,

VIOLAZIONI FORMALI SOSTANZIALI SANZIONI PROPORZIONALI Pregiudizio attività Di controllo SANZIONE IN TERMINI FISSI VIOLAZIONI MERAMENTE FORMALI NON PUNIBILI SI NO

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a ritenere che lo stesso voglia tutelare la più efficiente funzionalità del sistema fiscale (informato, ricordiamo, secondo il principio di partecipazione attiva del contribuente) solo nel caso in cui alla dichiarazione sia collegata un'imposta che il soggetto deve versare; tale scelta, secondo determinate visioni che rispecchiano anche la mia, risulta stridere da una parte con il principio di collaborazione ed il concetto di compliance tra amministrazione finanziaria e contribuente, dall'altra con il valore della dichiarazione dei redditi, come documento che consente, anche qualora non siano dovute imposte, di evidenziare come si forma il reddito (tramite elementi attivi e passivi) e da che fonte esso proviene.

b) omessa indicazione nel quadro RM ed RT dei valori per la rideterminazione del

costo fiscale dei terreni e delle partecipazioni e degli estremi del versamento dell'imposta sostitutiva: nel quadro RM devono essere riportati i redditi soggetti a

tassazione separata oppure ad imposta sostitutiva, mentre nell'RT confluiscono le plusvalenze di natura finanziaria, dunque redditi derivanti da cessione di partecipazioni qualificate e non, obbligazioni ed altri strumenti che generano plusvalenze di cui all'art. 67 T.U.I.R. Tali elementi reddituali, come i precedenti, sono soggetti ad imposta sostitutiva; proprio per questo fatto, un'eventuale omissione od errore nella loro determinazione, non è considerato un errore sostanziale, bensì formale, poiché l'errore stesso, relativo a tale tipologia di imposta, non va ad inficiare ed incidere sulla liquidazione dell'imposta ordinaria del caso.

c) Mancata od errata compilazione del quadro RV dei soggetti imprenditori, anche

societari: la compilazione del quadro RV consente di effettuare un allineamento tra

valori civilistici e fiscali di beni patrimoniali, nell'ambito di operazioni straordinarie. Eventuali errori, od omissioni nella redazione di tale sezione, risultano essere errori formali poiché, per esempio, come viene sancito dall'articolo 176 T.U.I.R per i conferimenti di azienda vige il regime di neutralità fiscale, dunque non si generano né plusvalenze tassabili né minusvalenze deducibili; in virtù di quanto appena detto, risulta chiaro che la mancata od erronea compilazione del quadro di riconciliazione RV risulta essere un mero inadempimento formale che non incide su imponibile ed imposta, pertanto è soggetto ad una sanzione stabilita in misura fissa tramite apposita norma.

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Dopo aver delineato le violazioni formali, passiamo ad una breve descrizione di quelle meramente formali che, come ricordiamo, non comportano l'irrogazione di alcuna sanzione:

a) omessa od errata indicazione nella dichiarazione di dati rilevanti per

l'individuazione del contribuente o suo rappresentante: facendo riferimento all'articolo

all'articolo 8 del D.Lgs 471/97 (ove si prevedeva una pena pecuniaria per tale violazione), nel corso del tempo si è data un'interpretazione più estensiva del concetto di “rilevanza” dei dati che, da una parte ha inteso favorire la ratio della norma, dall'altra ha portato a ritenere che l'omissione degli stessi dovesse essere punita nel momento in cui l'individuazione del soggetto (e non la facile individuazione) da parte dell'Ufficio fosse resa vana dalla situazione patologica in oggetto.

b) dichiarazione redatta su modello non conforme a quello approvato con decreto

ministeriale: i modelli utilizzati per la redazione della dichiarazione dei redditi sono

approvati tramite decreto ministeriale. Se per l'espletamento degli obblighi, cui è sottoposto il soggetto passivo, si utilizza un modello non conforme a quello precedentemente menzionato, è opportuno capire se essa sia considerata nulla (e dunque si configura l'ipotesi di omissione) oppure è semplicemente sanzionabile. Ancora una volta dunque, si possono presentare due situazioni differenti che è opportuno analizzare in relazione al singolo caso che ci si presenta davanti. La struttura del modello consente di inserire, secondo un ordine logico, gli elementi attivi e passivi necessari alla determinazione del reddito imponibile (secondo quanto disposto dal D.P.R. 29 Settembre 1973 n. 600); dunque, secondo quanto affermato, è possibile asserire che, se l'utilizzo di un documento non conforme a quello approvato con decreto ministeriale comporta un pregiudizio circa la sostanza della dichiarazione stessa, questa è considerata nulla; al contrario, dovremo fare riferimento all'articolo 8 del D.Lgs 471/97, se l'errore commesso incide sul lato della forma, dunque ricadremo nella casistica di violazione meramente formale, poiché non va ad inficiare sull'ammontare del reddito imponibile e non ostacola le operazioni di controllo dell'Ufficio.

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dati non rilevanti ai fini della determinazione delle somme dovute: in questo caso

come si può ben capire si configurano le due condizioni affinché si realizzi la fattispecie di violazione meramente formale.

Dopo aver analizzato nel dettaglio le singole fattispecie patologiche per le quali sono previste sanzioni pecuniarie in forma fissa o, addirittura non punibili, passiamo a dettagliare alcune tipologie di violazioni sostanziali, per la cui sanabilità (così come per le precedenti) potrà essere utilizzato l'istituto del Ravvedimento Operoso.

2.3.1 Omessa presentazione della dichiarazione.

Come abbiamo descritto nel primo capitolo, il Sistema tributario italiano è informato al criterio di partecipazione attiva del contribuente in riferimento alla determinazione, liquidazione e versamento delle imposte dovute. Tali adempimenti devono essere esplicati entro i termini previsti dalla normativa e precedentemente indicati; può accadere che il contribuente non rispetti gli obblighi cui è sottoposto tra i quali quello di presentazione della dichiarazione. In questo caso è opportuno distinguere due fattispecie distinte:

1. L'omessa presentazione della dichiarazione 2. La presentazione della dichiarazione in ritardo

Il punto sub 1, riguarda la situazione in cui il contribuente non presenta la dichiarazione né entro la data stabilita dal legislatore, né entro il termine aggiuntivo di 90 giorni successivi a quello ordinario. Gli effetti di un tale comportamento sono molteplici e possono essere riassunti nei successivi punti:

• Non permette di presentare la dichiarazione integrativa • Non permette di riportare a nuovo le perdite

• non consente di utilizzare determinati elementi durante il contenzioso • in determinati casi si può configurare un reato penale.

Anche se scaduto il termine aggiuntivo di presentazione, viene consigliato, comunque, l'invio della dichiarazione all'Ufficio poiché, seppur considerata omessa, è ritenuta titolo per la riscossione delle somme in essa indicate; tali dichiarazioni vengono

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considerate ultratardive e considerate dall'ufficio “in utilibus”. La violazione in oggetto può essere commessa:

• dal contribuente il quale provvede alla presentazione della dichiarazione; è opportuno precisare che in questo caso la responsabilità cade ugualmente sullo stesso soggetto, anche nel momento in cui l'intermediario abilitato abbia assunto l'obbligo della trasmissione della dichiarazione oltre il 90° giorno successivo al termine ordinario

• dall'intermediario abilitato che assume l'incarico per l'invio telematico.

Riassumendo, i casi in cui si configura la fattispecie dell'omessa dichiarazione sono due:

1. mancata presentazione della dichiarazione

2. presentazione della dichiarazione oltre il 90° giorno successivo al termine ordinario.

Per quanto riguarda la dichiarazione tardiva, il contribuente (o l'intermediario abilitato incaricato dell'invio telematico) provvede a presentare il documento oltre il termine ordinario, ma entro il 90° giorno successivo; da notare che nelle norme si parla comunque di “omessa dichiarazione”, ma in questo senso deve essere adottata un'interpretazione allargata del termine “omessa” che consente di ricomprendere la casistica di “tardiva dichiarazione”.

Come detto precedentemente nel caso di omessa o tardiva dichiarazione, a seconda che la stessa evidenzi imposta a debito o meno, si configurerà rispettivamente una violazione sostanziale, oppure una violazione formale.

2.3.2 Dichiarazione infedele, fraudolenta ed incompleta.

La finalità principale, che il contribuente intende perseguire per mezzo delle fattispecie oggetto di studio in questo paragrafo, risulta essere la volontà di sottrarre materia imponibile all'erario agendo direttamente sul contenuto della dichiarazione e ottenendo dunque un indebito vantaggio fiscale; la differenza fra di esse sta nel modo con cui l'obiettivo illecito appena descritto viene raggiunto.

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a) Dichiarazione infedele: il riferimento normativo risulta essere l'articolo 4 comma 1 D.Lgs 10 Marzo 2000 n. 74 “ fuori dai casi previsti agli articoli 2 e 3 (dichiarazione

fraudolenta), è punito con la reclusione da uno a tre anni, chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore effettivo od elementi passivi inesistenti...” Come possiamo capire dal disposto appena citato, la

dichiarazione infedele risulta essere una dichiarazione regolarmente presentata, ma nella quale vengono evidenziati elementi attivi per un ammontare inferiore a quello realmente conseguito o elementi passivi sia fittizi oppure per un ammontare superiore a quello effettivo; da questa operazione scaturisce dunque un'imponibile inferiore a quello che regolarmente dovrebbe risultare, con la conseguenza che le imposte calcolate sul medesimo risultano essere più basse del dovuto, permettendo al contribuente di ottenere un vantaggio fiscale non dovuto. Come vedremo successivamente, tale reato è molto simile a quello della dichiarazione fraudolenta, il discrimine tra i due è rappresentato dal fatto che, in questo caso, il contribuente non è soggetto ad obblighi di natura contabile e dunque per porre in essere il fatto illecito non è costretto a violare gli stessi.

b) Dichiarazione fraudolenta: fra le tre fattispecie in esame è senz'altro quella più grave e per questo punita con sanzioni molto più severe. Come precisato inizialmente, il fine ultimo è quello di sottrarre materia imponibile all'Erario, ottenendo un vantaggio fiscale indebito; in questo caso però, ciò che rende la situazione ben più grave rispetto alle altre, è il modo con cui si raggiunge tale obiettivo, ovverosia attraverso una struttura ed una serie di operazioni molto più complesse che comportano la violazione di altre norme, come per esempio quelle relative ad obblighi contabili. In questo senso dobbiamo fare riferimento alle norme di cui all'articolo 2 del D.lgs 10 Marzo 2000 “E' punito con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque al fine di

evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture false o altri documenti per operazioni inesistenti indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi...”. Come è possibile capire dal disposto

normativo, nel suo atteggiamento il contribuente si avvale di mezzi idonei per il raggiungimento dello scopo illecito, ed è proprio questo che configura l'elemento della

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frode, ovvero un comportamento aggiuntivo che porta il soggetto alla violazione di ulteriori disposizioni di legge, come per esempio il divieto di falsa fatturazione espressamente sancito dall'articolo 8 del D.Lgs 74/2000. Gli elementi presi in considerazione nella locuzione “fatture o altri documenti” riguardano numerosi esempi tra i quali possono essere citati, oltre (ovviamente) alle fatture per operazioni inesistenti:

• Fatture per operazioni effettivamente effettuate, ma per le quali viene indicato un importo diverso rispetto a quello realmente pattuito,

• Fatture per operazioni realmente eseguite, ove però uno dei soggetti indicati (generalmente il fornitore) risulta essere diverso da quello che ha realmente portato a termine l'operazione; in questo modo si può parlare di inesistenza soggettiva che da origine alle c.d. Frodi carosello.

Procedendo nella nostra analisi, all'articolo 3 del medesimo D.Lgs si afferma “E'

punito con reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni chiunque al fine di evadere imposte sui redditi o sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie od avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi...”. Nell'articolo 3 si contempla quale ulteriore elemento illecito, la

violazione di obblighi contabili a cui sono sottoposti determinati soggetti passivi, violazione che consente, quindi, di giungere ad una falsa rappresentazione della situazione reddituale del contribuente. Possiamo concludere dicendo che la maggiore gravità della fattispecie in esame, risulta derivare dal fatto che il contribuente, prima di redigere la dichiarazione, pone in essere una serie di comportamenti illeciti (che configurano la frode) che culminano e trovano la massima rappresentazione nella definitiva redazione di una dichiarazione non veritiera e per l'appunto fraudolenta. c) Dichiarazione incompleta: la dichiarazione incompleta è quella dichiarazione nella

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