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La fecondazione eterologa. La giurisprudenza della Corte EDU e la caduta del divieto contenuto nella Legge 40/2004

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Alla mia adorata famiglia, a Giulio, ed in particolare ai miei nonni

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Presentazione

Il presente lavoro si incentra sulle questioni di ordine giuridico sollevate dalla fecondazione eterologa, una forma di procreazione medicalmente assistita eseguita con gameti di un donatore esterno.

In particolare, si occupa dei problemi emersi nella fase di vuoto normativo, di quelli sollevati dall’introduzione del divieto di procedere alla fecondazione eterologa ad opera dell’articolo 4 comma 3 della Legge 40/2004, e di quelli riaffiorati una volta che la Corte Costituzionale, con la sentenza 162/2014 ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma proibitiva;

a quest’ultimo proposito si esamina l’impatto della giurisprudenza della Corte EDU che ha applicato l’art. 14 in combinato disposto con l’art. 8 CEDU nel valutare la ragionevolezza delle disparità di trattamento contenute in altre normative europee (in specie, quella austriaca) in materia di procreazione medicalmente assistita.

Si conclude infine, con l’ analisi dei principali diritti, che hanno costituito, motivazione fondante, della caduta del divieto.

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Indice

Introduzione ... 1

1. CENNIINTRODUTTIVIINMERITOALLA PROCREAZIONEMEDICALMENTEASSISTITA ... 3

1.1. La procreazione: definizione e significato in senso giuridico ... 3

1.2. Il diritto a procreare: riferimenti costituzionali ... 4

1.3. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita ... 6

1.3.1. La maternità surrogata ... 7

1.3.2. L’ inseminazione post mortem ... 8

1.3.3. Fecondazione omologa ed eterologa ... 11

2. DAL VUOTO NORMATIVO AL DIVIETO DI FECONDAZIONE ETEROLOGA LA LEGGE 40/2004 ... 14

2.1. Il dibattito sulla fecondazione eterologa: argomenti pro e contro ... 14

2.2. Gli orientamenti della giurisprudenza sui problemi relativi alla fecondazione eterologa nella fase precedente all’approvazione di una disciplina: ... 20

2.2.1. Il disconoscimento della paternità successivo al consenso alla fecondazione eterologa e il caso “Cremona” (Trib. Cremona, 17.2. 1994; Corte di Appello di Brescia, 10 maggio 1995 e Cass. 1999)……….. ... 20

2.2.2. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 235 c.c.: Corte Costituzionale, 26 settembre 1998, n. 347 ... 26

2.3. Condizioni per l’ eventuale ammissibilità della fecondazione eterologa ... 28

2.4. La p.m.a. nella legge 40 e l’ introduzione del divieto di fecondazione eterologa articolo 4 comma 3, legge 40/2004 .... 30

(4)

2.4.1. Evoluzione dell’ iter legislativo che ha portato all’

approvazione della Legge 40/2004 ... 30

2.4.2. Il divieto della fecondazione eterologa ... 33

3. LE RAGIONI DEL DIVIETO DI FECONDAZIONE ETEROLOGA ... 38

3.1. L’ alterazione dei ruoli dei soggetti coinvolti ... 38

3.2. Il nato, lo stato giuridico e il diritto a conoscere le proprie origini biologiche ... 41

3.2.1. Status del nato ... 41

3.2.2. Il diritto a conoscere le proprie origini biologiche... 45

3.3. Il donatore di gameti: l’ anonimato ... 48

3.4. Il padre, il problema del disconoscimento di paternità . 52 3.5. La madre: il divieto dell’ anonimato ... 55

4. LA FECONDAZIONE ETEROLOGA ALL’ ESTERO ... 58

4.1. Cenni comparatistici ... 58 4.2. Francia ... 59 4.3. Spagna ... 62 4.4. Germania ... 65 4.5. Regno Unito ... 68 4.6. Austria ... 72 4.7. Stati Uniti ... 74

5. L’ IMPATTO DELLA CEDU SUL DIRITTO INTERNO ... 77

5.1. Incompatibilità della CEDU con il divieto di fecondazione eterologa ... 77

5.2. La Corte Europea dei Diritti dell’ Uomo in materia di procreazione medicalmente assistita ... 81

5.2.1. Il caso S.H. AND OTHERS, AUSTRIA e le due sentenze: 1 aprile 2010, Grande Chambre 3 novembre 2011 ... 81

(5)

5.2.2. La rilevanza della sentenza per l’ordinamento

italiano……… ... 86 5.3. I primi cedimenti della legge 40/2004: le valutazioni della Corte Costituzionale ... 90 5.4. La sentenza n. 151/2009 della Corte Costituzionale ed il suo significato ... 93 5.5. Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Firenze, Catania, Milano: i riflessi della

Giurisprudenza di Strasburgo ... 96 5.6. L’ ordinanza della Corte Costituzionale n. 150/2012

………..101

6. ILLEGITTIMITA’ DEL DIVIETO DI FECONDAZIONE

ETEROLOGA ... 104

6.1. La caduta del divieto, sentenza 10 giugno n. 162/2014 ………..104 6.2. Il diritto all’ autodeterminazione dell’ individuo nella vita privata e familiare ...107 6.3. Il contrasto con l’ articolo 32 Costituzione: Il diritto alla salute………. ...109 6.4. Il bilanciamento con i diritti del nato da fecondazione eterologa ...113 6.5. Regole attualmente vigenti per la donazione di gameti

………..116

Conclusioni ... 119 Bibliografia... 129

(6)

1

Introduzione

La fecondazione eterologa, è una tecnica di procreazione medicalmente assistita, che consente a coppie sterili o infertili, di concepire un figlio avvalendosi di gameti offerti da un donatore esterno.

Il seguente lavoro, si propone di analizzare la tecnica ed i quesiti che solleva, non soltanto da un punto di vista giuridico, ma anche sociale, focalizzandosi sulle pronunce giurisprudenziali nazionali ed internazionali, che hanno portato alla caduta del divieto espresso all’ articolo 4 comma 3 della Legge 40/2004.

L’ argomento, ha suscitato il mio interesse, non solo per le questioni giuridiche che stanno alla base del caso in esame, ma anche per gli aspetti sociali ed etici con cui il nostro ordinamento si è dovuto inevitabilmente confrontare, sullo sfondo di un panorama europeo prevalentemente favorevole alla legittimità della tecnica in questione.

Partendo dagli orientamenti giurisprudenziali anteriori alla Legge 40/2004, relativi al disconoscimento di paternità, si arriva in seguito, ai casi trattati dalla Corte Europea dei Diritti dell’ Uomo, relativi all’opportunità o meno del divieto (soprattutto in relazione al caso S.H and others v. Austria, che vietava l’ utilizzo di gameti estranei alla coppia richiedente).

In sintesi, nel corso della trattazione, si propone di risolvere i seguenti interrogativi:

Cosa dobbiamo intendere per procreazione? Ancora un mero processo organico? O un vero e proprio comportamento procreativo governato dalla ragione umana? E’ giusto che la procreazione divenga un mezzo scientifico che ci consenta di concepire figli a qualsiasi condizione? E soprattutto qual’ è il compito del diritto?

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2

Ebbene, il seguente lavoro, risponde ai suddetti quesiti, in modo progressivo, mediante un’ analisi, che segue lo sviluppo normativo all’ interno dell’ ordinamento italiano.

Così, dall’ introduzione del significato giuridico e sociale di procreazione, all’ introduzione del divieto, fino alla sentenza 162/2014 da parte della Corte Costituzionale, (che rappresenta il punto di arrivo per l’ ammissibilità della tecnica), si spiegano le ragioni fondanti del giustificato compromesso tra diritto alla procreazione e tutela degli interessi in gioco.

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3

CAPITOLO

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1. CENNI INTRODUTTIVI IN MERITO ALLA

PROCREAZIONE

MEDICALMENTE

ASSISTITA

1.1. La procreazione: definizione e significato in senso giuridico

Nel linguaggio comune il termine procreazione designa la generazione di individui della stessa specie, ossia “il far nascere” , “il dare vita ai figli”, ed è parola generalmente impiegata per indicare la procreazione umana; questa non costituisce una mera riproduzione biologica, bensì la creazione di una discendenza che rappresenta la base essenziale della famiglia umana e della società intera ed è perciò, che il termine riproduzione, viene comunemente utilizzato in un senso più ristretto , per sottolineare e mettere in luce il carattere meccanicistico della procreazione umana.

Dal punto di vista naturalistico , il procreare è un processo organico della vita materiale che attraversa in modo progressivo tre fasi: quella del concepimento, quella della gravidanza, e infine la nascita dell’ individuo. A queste fasi, l’ordinamento ha variamente ricollegato determinati effetti giuridici.

Si ammette l’esistenza di un vero e proprio “comportamento procreativo” ossia il passaggio da un comportamento istintivamente orientato che è dell’animale, ad un comportamento governato dalla ragione che è solo dell’ uomo. Ciò è molto significativo in quanto apre al diritto la possibilità di intervenire a regolare razionalmente la condotta umana , proprio in considerazione del fatto che l’ uomo possiede la capacità di dominare gli istinti e di operare secondo coscienza. In materia di

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procreazione però, l’ intervento del diritto non è sempre semplice dovendosi confrontare con interessi e diritti fondamentali della persona che riguardano gli aspetti più profondi della sua esistenza; le scelte del legislatore dovranno inoltre considerare il continuo mutamento dei costumi sociali e delle nuove conoscenze tecniche e mediche, cui si accompagnano altre e diverse esigenze da parte dell’individuo e della collettività.

Il primo ed essenziale compito del diritto in questo campo, consiste nel garantire a ciascun soggetto l’ interesse ad autodeterminarsi liberamente in ordine alla verificazione della generazione, senza interferenze illegittime da parte dello stato”; lo stato in sostanza, non può intromettersi nelle decisioni libere o private di mettere al mondo o meno dei figli, ma deve solo garantire ed assistere una procreazione cosciente e responsabile. Ogni individuo è dunque titolare di un diritto a procreare ascrivibile nel “grande catalogo delle libertà”che può esprimersi sia in senso negativo ( diritto a non procreare), che in senso positivo (diritto a procreare) .

1.2. Il diritto a procreare: riferimenti costituzionali

Il diritto a procreare indica il diritto a generare figli in senso biologico e naturale; in termini ampi, può anche indicare il diritto ad avere figli propri ed il diritto ad essere genitori c.d. “sociali” a svolgere cioè, le funzioni genitoriali verso un bambino che non è figlio proprio , come avviene nei casi di adozione, fecondazione eterologa o di surrogazione di maternità. Ed infatti l’ interesse a procreare può essere soddisfatto sia utilizzando le naturali capacità generative della persona, sia utilizzando tecniche artificiali e quindi nell’ ambito della procreazione medicalmente assistita. La rilevanza costituzionale dell’ interesse

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a procreare inteso sia in senso positivo che negativo, troverebbe il suo fondamento all’ articolo 2 della nostra Costituzione, là dove si riferisce ai diritti inviolabili dell’ uomo, norma aperta a comprendere ogni nuovo diritto emergente dal mutamento continuo dell’ assetto sociale, sebbene non menzionato espressamente dalla Carta Costituzionale.

Peraltro, possiamo far riferimento agli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, sulla base della considerazione che la tutela dei diritti di famiglia presuppone il diritto di formare una famiglia e quindi di avere figli. Ed ancora, la procreazione appare tutelata all’ articolo 13 della Costituzione che riferendosi alla libertà personale , tutela allo stesso tempo anche la libertà di procreare.

Nel contesto appena descritto non possiamo di certo non menzionare l’ articolo 8 CEDU1, in cui si tutelano espressamente

la vita privata e familiare; nonché la Convenzione di Oviedo, (sui diritti umani e la biomedicina), che costituisce il primo trattato internazionale riguardante la bioetica, e rappresenta un pietra miliare per lo sviluppo di regolamenti internazionali volti a orientare le politiche della ricerca di base in ambito biomedico, e a proteggere i diritti dell’uomo dalle potenziali minacce sollevate dagli avanzamenti biotecnologici.

L’ affermarsi di nuovi modelli familiari e la costante evoluzione in senso sociale della famiglia, hanno portato a

1 Articolo 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1. Ogni persona

ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

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considerare la procreazione non più come componente della libertà sessuale derivante dal matrimonio, ma come libertà dell’ individuo di realizzare la propria personalità. La famiglia legittima rappresenterebbe uno dei luoghi privilegiati nel quale esercitare la funzione procreativa, ma quest’ ultima potrebbe svolgersi anche in altri contesti.

Ogni persona sarebbe così libera di procreare secondo natura e indipendentemente dalla propria condizione personale, patrimoniale e sociale. Sorge così il problema di stabilire se sia possibile arrivare a sostenere che nel nostro ordinamento il soggetto abbia anche un diritto a procreare con mezzi artificiali, abbia cioè, una vera e propria pretesa verso lo Stato, a che questi, metta a disposizione i mezzi e le necessarie tecniche artificiali affinché possa vedersi realizzato il diritto a diventare genitori.

1.3. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita

Le tecniche di procreazione medicalmente assistita rappresentano lo strumento per la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana. Le metodiche in questione vengono quindi messe a disposizione dei soggetti che, per cause: patologiche , biologiche o sociali, non sono in grado di generare, concepire e portare a termine una gravidanza. Il progresso registrato nelle scienze biologiche e mediche ha reso possibile risultati che erano considerati impensabili; il giurista deve pertanto misurarsi con nuovi problemi che nel nostro codice non trovano adeguate soluzioni.

Illustreremo brevemente, nei successivi paragrafi, le tecniche attualmente esistenti.

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1.3.1. La maternità surrogata

L’espressione “maternità surrogata” indica una maternità sostitutiva ossia la gestazione ed un parto di una donna (detta madre surrogata) per conto di un'altra donna (detta madre surrogante) la quale desidera divenire madre attraverso la prima. Pertanto alla base della surrogazione si ha un accordo che si conclude tra una committente ed una commissionata (madre surrogata), in forza del quale quest’ ultima, verso un corrispettivo, o per spirito di solidarietà, si obbliga a portare a compimento la gravidanza e a consegnare il nato alla parte committente , con l’impegno della medesima surrogata a non vantare , né pretendere di esercitare alcun diritto genitoriale nei confronti del nascituro. Nell’ ambito di tale tecnica possiamo distinguere due casi:

a) il primo, è la c.d. “locazione di utero” che ricorre quando la donna commissionata si limita a “prestare”, a titolo oneroso o gratuito, il proprio utero per partorire un figlio che è frutto del concepimento altrui. In questo caso si realizza una surrogazione

totale della maternità: la “donna gestante” è soltanto una “madre

portante”, e il figlio, avrà un patrimonio genetico estraneo alla madre partoriente;

b) il secondo, ricorre invece quando la donna , a titolo oneroso o gratuito, porta avanti una gravidanza per conto di terzi nel suo utero, ma con ovociti propri fecondati da gameti maschili altrui. In questo caso invece, si ha, una surrogazione parziale di maternità: i gameti maschili possono appartenere o al convivente o al marito componente la coppia committente, oppure appartenere ad un terzo donatore, e la donna commissionata , oltre al contributo gestazionale, offre anche il contributo genetico.

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Come sappiamo, la nostra legge vieta di ricorrere a una madre surrogata per poter avere un figlio con il proprio DNA, Per tale motivo, molte coppie, altrimenti nell’impossibilità di generare si recano all’ estero nonostante il rischio di incorrere in conseguenze giuridiche sfavorevoli al loro ritorno.

Vedremo che, nel nostro ordinamento, si ha una differenza piuttosto consistente di disciplina, tra la maternità surrogata e la fecondazione eterologa, che già si riscontra sulla misura della sanzione , molto più grave in caso di maternità surrogata.

La diversità di trattamento è fondata su una pluralità di ragioni: -Va osservato in primo luogo, che rispetto alla donazione di gameti, è molto più elevato il sacrificio, che si chiede alla donna gestante. Mentre la donazione di gameti può trovare ragione nella solidarietà sociale ed in un atto di altruismo, il sacrificio della donna disposta alla surrogazione può spiegarsi solamente in casi marginali.

-In secondo luogo, mentre il donatore di gameti rimane estraneo alla coppia, nei casi di maternità surrogata , i contatti tra la coppia e la donna che si è impegnata nella surrogazione, non possono essere impediti.

-Si consideri, infine, la difficoltà per la madre, di cedere il figlio partorito, nonché la possibilità di un eventuale ripensamento da parte di essa.

Chiaramente, la complessità della vicenda giustifica pienamente il divieto nell’ ordinamento italiano.

1.3.2. L’ inseminazione post mortem

Per inseminazione post mortem si intende la richiesta da parte della moglie, di procedere, anche dopo la morte del marito, con i tentativi di inseminazione. Su questo particolare tema, vi

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sono molte perplessità, soprattutto con riguardo ai diritti del nato (violazione del diritto alla bigenitorialità)2.

Infatti, nel nostro ordinamento, si esclude in modo categorico la liceità di questa tipologia di inseminazione.3

Il problema della procreazione, mediante utilizzazione di seme di persona defunta è enunciato all’ articolo 5, che consente l’ accesso alla tecnica solamente a persone viventi, e trova la sua sanzione all’ articolo 12 comma 2.

Il divieto appare giustificato da una serie di motivi: non solo perché il marito risulterebbe genitore senza il consenso, per atti compiuti dopo la sua morte, ma anche per il rischio biologico derivante da eventuali alterazioni del seme e per il pregiudizio all’ interesse del minore di crescere senza la figura paterna. Vediamo uno dei casi più interessanti in materia, riguardante il Tribunale Palermitano, che dispose con ordinanza l’ immediato impianto al centro di medicina.

Con ordinanza dell’ 8 gennaio 1999 , il Tribunale di Palermo è stato il primo giudice in Italia ad affrontare la questione dell’ ammissibilità di una fecondazione artificiale dopo la morte di uno dei coniugi. Esponendo brevemente il fatto: una coppia di coniugi, per ovviare a problemi di sterilità che impedivano il concepimento naturale di un figlio, aveva conferito ad un apposito centro, di procedere con la fecondazione in vitro omologa, ovvero a fecondare con il seme del marito, gli ovuli della donna, fino al successo della gravidanza. Dopo il fallimento del primo tentativo, sopravvenne la morte del marito, e alla

2

Del problema si sono occupati, tra gli altri, M. Dogliotti, Inseminazione artificiale post mortem e intervento del giudice di merito, in Fam. Dir., 1999, 55 ss; G. Cassano, Diritto di procreare e diritto del figlio alla doppia figura genitoriale nella inseminazione artificiale post mortem, ibidem, 384, ss.

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richiesta della donna di procedere con il secondo, i medici si opposero appellandosi al codice deontologico che impediva categoricamente questa possibilità.

A parere del tribunale palermitano tuttavia, tale divieto non appariva idoneo a garantire un adeguato equilibrio tra tutti gli interessi delle parti coinvolte, bilanciati alla luce dei principi costituzionali, delle norme, e dei principi generali dell’ ordinamento. Il ricorso della donna, meritava dunque, accoglimento. Possiamo esaminare nel dettaglio il procedimento utilizzato dal giudice palermitano: dapprima il tribunale individua il diritto del nascituro ad essere inserito, istruito e educato in una famiglia tradizionale, poi, ai sensi dell’ articolo 32 Costituzione, tutela la salute psichica e fisica della madre. Detto questo, è necessario precisare che il ricorso alla procreazione medicalmente assistita ha ragione di esistere proprio per soddisfare il diritto alla salute degli aspiranti genitori, poiché consente di porre rimedio a condizioni patologiche di sterilità ed infertilità.

Il giudice ipotizza poi, il caso in cui si proceda alla distruzione degli embrioni, cagionando un duplice danno: per il nascituro che non verrà alla vita, e per la madre, il cui desiderio di essere genitore sarà sacrificato. Consentire invece l’ impianto degli embrioni, potrebbe comportare il solo danno per il nascituro di crescere in una famiglia mono -genitoriale, che, secondo il giudice palermitano, costituisce un danno meramente eventuale.

In conclusione, secondo il tribunale di Palermo, non può considerarsi incoercibile il divieto posto dall’ articolo 11 legge 40/2004, ,in quanto contrastante con i diritti personalissimi della madre e del nascituro. È conforme a giustizia invece, garantire tutela alla volontà di procreazione cosciente e responsabile

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espressa dalla ricorrente e dare esecuzione al contratto concluso con il centro medico.

1.3.3. Fecondazione omologa ed eterologa

Sulla cosiddetta “inseminazione omologa”, non sorgono particolari problemi. Tale tecnica è da considerarsi legittima nel nostro ordinamento; la legittimità presuppone, infatti, la nascita dal marito e dalla moglie (quindi all’ interno della coppia), ma il legislatore non precisa affatto che l’ ovulo della moglie debba essere fecondato dal seme del marito attraverso la congiunzione carnale. Ne deriva che l’ inseminazione artificiale in questo caso non è può considerarsi né esclusa né vietata.

All’ articolo 231 del Codice Civile si enuncia il principio della presunzione di legittimità: “il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio”, e sulla base di tale principio anche il nato dalla fecondazione assistita omologa potrà godere della medesima presunzione.

Sul piano filosofico- giuridico l'inseminazione artificiale omologa non sembra suscitare obiezioni significative.

Al contrario, la fecondazione eterologa comporta problematiche più gravi e di grande rilievo nel panorama legislativo e sociale.

La fecondazione eterologa4 si verifica, quando il seme

oppure l’ovulo (ovodonazione) provengono da un soggetto

esterno alla coppia.

4 Il primo caso documentato di procreazione eterologa risale all’ anno 1884 ed

è praticato dal medico inglese William Pancoast , professore dell’ Università di medicina di Filadelfia, negli USA. La vicenda riguardava una donna quakkera , moglie di un commerciante, fertile, ma che non riusciva ad ottenere la gravidanza. Il medico, accortosi del problema, che era da ricondursi al marito, aveva invitato la donna ad un ulteriore visita , e dopo averla anestetizzata con

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La ragione più diffusa del ricorso a questa tecnica è la sterilità maschile. In questi casi un soggetto esterno, dona i gameti maschili alla coppia, per consentire l’impianto nella donna, mediante l’ applicazione di tecniche procreative artificiali. Meno diffusa, la fecondazione eterologa in linea femminile, effettuata cioè , con l’ utilizzo di gameti femminili (ovociti), donati da una donna estranea alla coppia che intende avvalersi delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Ancora, può verificarsi il caso della fecondazione eterologa “bilaterale” realizzata cioè, con l’ impiego di gameti maschili e femminili, entrambi appartenenti a soggetti estranei ai richiedenti.

È agevole rilevare come in questi procedimenti, si introduca, all’ interno della coppia, un elemento biologico e reale, nonché quello genetico, appartenente ad un terzo soggetto estraneo. Tra procreato artificiale e terzo donatore di gameti sussiste così un imprescindibile nesso di derivazione biologica al quale tuttavia, la coppia, non intende dare alcun rilievo: né legale, né sociale.

Nel nostro ordinamento vi sono state numerose perplessità in ordine alla legittimità di queste tecniche.

La fecondazione eterologa comporta infatti una scissione delle figure genitoriali perché, ad un genitore biologico, che ha fornito i gameti e contribuito geneticamente alla nascita del figlio voluto da altri , si contrappone un genitore sociale, desideroso di essere tale per una sua scelta consapevole e responsabile.

il cloroformio, le introduceva nell’ utero una siringa di gomma indurita di liquido seminale donato dal suo miglior studente. Nove mesi dopo la donna partoriva un bimbo. Lascia perplessi il fatto che il medico non disse nulla alla donna nemmeno dopo l’ intervento, tanto che il primo caso documentato sembra da qualificarsi, più correttamente, come uno dei primi casi documentati di violenza personale.

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Proprio per questi ed altri svariati motivi, (che tratteremo approfonditamente nei capitoli successivi), con l’ intervento della legge 40/2004 il legislatore aveva vietato tali tecniche.

Sulla base di queste definizioni introduttive possiamo ora avviarci verso l’ analisi e l’ evoluzione di questo particolare caso, sia dal punto di vista giuridico che sociale ed etico.

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CAPITOLO 2

2. DAL VUOTO NORMATIVO AL DIVIETO DI

FECONDAZIONE ETEROLOGA:

LA LEGGE 40/2004

2.1. Il dibattito sulla fecondazione eterologa: argomenti pro e contro

Già dalle considerazioni svolte nel primo capitolo, si può agevolmente desumere, che la materia della procreazione artificiale, in particolare quella della procreazione eterologa, è sicuramente argomento delicato, in quanto coinvolge e smuove in concreto principi etici, biologici, medici, sociali e giuridici.

Dando uno sguardo di insieme al panorama europeo, possiamo osservare che, nella maggior parte dei paesi è ammessa la fecondazione eterologa (Spagna, Germania, Regno Unito), mentre è vietata l’ ipotesi di surrogazione di maternità.

Dunque suscita più allarme il fatto che la gestazione sia affidata ad una donna estranea, che metta a disposizione il proprio corpo per generare un figlio e cederlo in un secondo momento a chi, lo abbia commissionato - piuttosto che la fecondazione avvenga con gameti (maschili o femminili) donati da soggetti estranei alla coppia come avviene nella eterologa.

I numerosi problemi in ordine a queste tematiche, ed il vuoto normativo in cui la giurisprudenza si è trovata per anni a dover operare, hanno spinto il legislatore italiano, ad esprimere contrarietà, fino ad arrivare all’ emanazione della legge 40/2004. In un momento anteriore all’ emanazione della legge si è assistito ad un acceso dibattito tra studiosi , operatori sanitari e

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politici, che ha costituito il principale motivo di ritardo della previsione normativa.

A sostegno della liceità della fecondazione eterologa si è fatto leva su numerosi argomenti, di cui, si elencano di seguito i più significativi.

A)In primis, la forte aspirazione ed il desiderio delle coppie di avere un bambino, che spesso non possono essere soddisfatti né con la fecondazione omologa, (né con l’adozione per impossibilità o difficoltà di ricorrervi)

In questa accezione si andrebbe ad ammettere la sussistenza di un “diritto delle coppie ad avere figli con qualsiasi

mezzo”, affermazione contraria ai principi del nostro

ordinamento, che non tiene in considerazione i pregiudizi irreparabili che potrebbero riguardare. (la famiglia in quanto tale e gli interessi del minore)

B) In secondo luogo, di fronte al divieto di fecondazione eterologa in Italia, le coppie desiderose di avere un figlio non esiterebbero a recarsi all’ estero per soddisfare tale aspirazione5.

C) Nella assoluta maggioranza dei casi, si ricorre a tale tecnica procreativa soprattutto perché l’ insoddisfatto desiderio della coppia di avere un figlio , può determinare veri e propri stati patologici psico-fisici, tali per cui nessuna terapia risulta per i genitori efficacemente valida , se non quella di ottenere un figlio tramite donazione di gameti estranei alla coppia .

Si classifica dunque la sterilità come una malattia a tutti gli effetti, accertata con estrema cura, ricorrendo così all’ inseminazione eterologa nei casi in cui: nell’ uomo c è mancanza

5 Ci si riferisce al fenomeno del c.d. “turismo procreativo” che tratteremo con

maggiore attenzione nei capitoli successivi. (Capitolo 4, par. 1 Cenni

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di spermatozoi, o nella donna si verifica una menopausa precoce dovuta a cause genetiche o a interventi chirurgici.

A giustificazione di queste particolari situazioni si afferma che non è giusto infierire su chi ha già tanto sofferto; e si riferisce che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe definito la salute come: “uno stato di completo benessere fisico mentale e sociale, non solamente l’ assenza di malattie o infermità” .

Ma anche tali motivazioni crollano rovinosamente, in proposito al fatto che la donna ricorre alla fecondazione eterologa non tanto per curare la sua salute, ma per avere un figlio.

Se poi vogliamo coinvolgere le esigenze psicologiche, queste andranno riconosciute anche al figlio, che non può nascere a qualsiasi condizione , ma ha diritto di venire al mondo, sia pure con l’ aiuto di alcune tecnologie, solo se concorrono alcuni elementi naturali ed ambientali; ed in special modo se sia soddisfatta l’ esigenza per esso, di avere due modelli genitoriali a garanzia di un equilibrato sviluppo della sua personalità.

D)Contro la tesi sopraelencata, possiamo però affermare che nella fecondazione eterologa , verrebbe comunque garantita la tutela degli interessi del figlio, essendo possibile assicurare la doppia figura genitoriale. Il problema, tuttavia, è un altro: mentre nella fecondazione naturale si ha la presenza assicurata di un padre biologico, pur se non adempiente ai suoi doveri genitoriali, nella procreazione eterologa invece si rinuncia in partenza e definitivamente alla paternità.

Questa privazione giuridica di non avere la possibilità di conoscere l’ identità del padre naturale non è accettabile, né dal punto di vista giuridico,né dal punto di vista etico nel nostro ordinamento.

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E) Altra argomentazione a favore dell’ ammissibilità di questa tecnica, fa riferimento al caso in cui si ritiene che la scissione tra genitorialità biologica e genitorialità sociale, si ritrova in un altro istituto disciplinato nel nostro ordinamento, ovvero l’ adozione; che la stessa legge 40/2004 pone come alternativa alla procreazione medicalmente assistita (articolo 6 comma 1 legge 40/20046) e a ciò si aggiunge che il nato da

fecondazione eterologa , a differenza dell’ adottato avrebbe comunque, almeno, parte del patrimonio genetico della coppia.

Ci sembra però, che l’ adozione abbia una finalità ed una struttura del tutto diverse rispetto alla procreazione medicalmente assistita in generale e a quella eterologa in particolare.

L’ adozione rappresenta infatti uno strumento giuridico mediante il quale si tenta di porre rimedio al grave fatto dell’ abbandono del minore, da parte dei suoi genitori biologici. Per questa ragione essa, soddisfa l’ interesse preminente del minore ad avere una famiglia di cui è privo, nella quale possa sviluppare la sua personalità , meritevole di tutela, ai sensi dell’ articolo 2 della nostra Costituzione, piuttosto che l’ interesse degli adottanti a diventare genitori.

L’ adozione in sostanza, è un rimedio ad una situazione negativa, ovvero l’ abbandono del minore da parte dei genitori.

Chi dona i propri gameti al fine di consentire una procreazione eterologa, assume una posizione molto simile a quella di chi abbandona il figlio, nel senso che genera

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Articolo 6 comma 1 legge 40/2004: alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983 n.184 e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita.

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geneticamente dei figli e nei loro confronti non si assume alcuna responsabilità.

Agli argomenti appena trattati a sostegno della legittimità della fecondazione eterologa, si contrappongono altre ragioni a sostegno della contrarietà:

A)La turbatio sanguinis: dal punto di vista medico occorre tener conto delle maggiori incertezze sui controlli tecnici, specie quelli relativi ai donatori, alle manipolazioni genetiche e alle banche del seme ; sotto il profilo psicologico , nel caso di un trattamento medico errato o sbilanciato si ha il rischio per il figlio della scoperta di trovarsi in un ambiente familiare innaturale e antigiuridico.

Va considerato inoltre che, mentre la donazione del sangue ad esempio, assolve la funzione di contribuire alla salute di una persona esistente, la donazione del seme tende invece solo alla generazione di un'altra persona.

B) Il principio natura clamat: vengono in primis richiamati i principi fondamentali che dovrebbero guidare nelle scelte questa materia, come il rispetto delle realtà naturali che possono essere migliorate si, ma di certo non violentate. Bisogna inoltre operare una valutazione in relazione alla compatibilità di tali tecnologie con i diritti dei soggetti coinvolti, facendo riferimento in particolare alla dignità della persona che nasce , la quale ha diritto ad avere il patrimonio genetico derivante per metà da ciascuno dei suoi genitori.

C)Problemi giuridici: dobbiamo tener conto anche delle numerose difficoltà che verrebbero a crearsi sul piano normativo relative alla regolazione di svariati punti controversi: come la titolarità e il diritto di disporre del seme , i relativi poteri del

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medico e del responsabile della struttura, la validità dei contratti e delle disposizioni testamentarie, varie ipotesi di responsabilità civile nelle operazioni di tipo eterologo; per non parlare delle maggiori complicazioni nei rapporti familiari, come l’ eventuale rischio di incesto tra soggetti nati dall’ utilizzazione del seme dello stesso donatore.

D)i rapporti con le pubbliche istituzioni: l’ ammissibilità della eterologa richiederebbe infatti un maggiore impegno anche per le pubbliche istituzioni e di conseguenza una forte interferenza mediante le autorizzazioni e la relativa vigilanza sui donatori, sulla conservazione e l’ utilizzo del seme.

E)L’ intervento medico tecnologico: questo dovrebbe essere limitato alle sole finalità terapeutiche e non dovrebbe essere ritenuto legittimo anche quando sia radicalmente sostitutivo o alternativo di una nuova forma di riproduzione umana.

F)La commercializzazione dei gameti: si presenterebbe il rischio di una vera e propria “compravendita di gameti” mediante donazioni e come sappiamo “sono vietate tutte le forme di sfruttamento economico”.

G)La produzione di embrioni: verrebbe facilitata notevolmente con conseguenti rischi relativi anche alla selezione genetica .

H)Discriminazione: si parla infatti di un ingiustificata discriminazione tra le donne, ammettendone alcune alla fecondazione omologa ed escludendone altre alla eterologa, ma in realtà, è agevole constatare, che non ci troviamo di fronte ad un caso di discriminazione tra donne ma tra tecniche di procreazione artificiale; nel senso che, tutte le donne sono ammesse alla procreazione omologa ma non alla eterologa.

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2.2. Gli orientamenti della giurisprudenza sui problemi relativi alla fecondazione eterologa nella fase

precedente all’approvazione di una disciplina:

Prima del divieto introdotto dalla legge 40/2004, le tecniche

scientifiche potevano essere utilizzate liberamente .

Fin dove la scienza arrivava, si poteva infatti procedere con l’ utilizzo delle varie tecniche. Ovviamente però , si sono presentati col tempo, particolari aspetti che la scienza non poteva risolvere, parliamo dei problemi dal punto di vista

giuridico e sociale.

Si ricorderà di certo, il caos che regnava in materia, con coppie che vi ricorrevano, e poi, dopo litigi, vedevano il marito iniziare complessi percorsi giudiziari per disconoscere il bambino nato. La fecondazione eterologa e le sue implicazioni hanno infatti dato il via, ad un dibattito giurisprudenziale rilevante, che ha portato lentamente, sino al divieto assoluto di questa tecnica.

Pare adesso opportuno soffermarsi , più specificatamente,

su alcune delle pronunce che hanno acceso il dibattito sui problemi legati alla fecondazione eterologa e presumibilmente indotto il legislatore all’introduzione del divieto. Le più importanti affrontano direttamente la questione centrale dell’ inseminazione eterologa : ovvero se il consenso escluda o meno la possibilità di esperire azione di disconoscimento di paternità.

2.2.1. Il disconoscimento della paternità successivo al consenso alla fecondazione eterologa e il caso “Cremona” (Trib. Cremona, 17.2. 1994; Corte di Appello di Brescia, 10 maggio 1995 e Cass. 1999)

È ora opportuno, addentrarsi nel merito della giurisprudenza italiana. Entrambe le cause che tratteremo, si

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rivolgono al problema del disconoscimento di paternità ex articolo 235 c.c. in materia di fecondazione eterologa, ed è sicuramente utile analizzarle in concreto, per osservare e far emergere i contrasti che hanno portato, in un momento successivo, al divieto di suddetta tecnica.

Rileva, essenzialmente, un’ incompatibilità di fondo con le regole dettate nel nostro ordinamento, e nonostante si è cercato di dare adeguate interpretazioni per adattare la norma al caso, non si è riusciti comunque a dare una logicità al quadro di riferimento.

Il caso, salito alla ribalta della cronaca, é il seguente: una coppia contrae matrimonio, più tardi genera un bambino e lo dichiara all’ufficiale di stato civile figlio legittimo. In realtà, però, quel bambino non poteva essere stato concepito dal marito affetto da una impotentia generandi sin dalla nascita, come provato anche da una consulenza tecnica espletata nel corso della causa. L'uomo aveva precedentemente acconsentito che la moglie si sottoponesse ad un'inseminazione artificiale eterologa, avendo avuto conoscenza di essere affetto da un'incapacità a generare; incapacità, peraltro, sconosciuta dalla moglie prima dell'assunzione del vincolo coniugale. L'anno successivo, il padre propose l'azione di disconoscimento, assumendo di essere stato affetto da impotentia generandi7 nel periodo compreso tra il trecentesimo e il centottantesimo giorno antecedente alla nascita del bambino. Dopo poco anche la moglie lo citò in giudizio, affinché venisse dichiarata la nullità del matrimonio, in quanto il suo consenso era stato prestato per effetto di un errore sulle qualità personali del marito: la donna non avrebbe contratto

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matrimonio se avesse saputo fin dall'inizio che quest'ultimo era sterile. Il Tribunale, oltre alla dichiarazione di nullità del matrimonio, ricorrendone i presupposti dell’’art. 122 comma 2 e 3 c.c.8, considera legittima, la richiesta di disconoscimento

avanzata dall'uomo, per l'inesistenza nel nostro ordinamento giuridico di una norma specifica che escluda l'esercizio dell’’azione, nell’ipotesi in cui sia stato precedentemente prestato il consenso all'inseminazione eterologa: nell'ordinamento vigente il rapporto giuridico di filiazione non può prescindere dal rapporto biologico.

Il Tribunale rigettò, inoltre, la domanda di risarcimento proposta dalla moglie riguardante tutti i danni morali e materiali derivanti dalla condotta incoerente del marito e sofferti anche

8 Art. 122 c.c. violenza ed errore: Il matrimonio può essere impugnato da

quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo. Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge. L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l'errore riguardi: 1) l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di un'anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale ; 2) l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile;

3) la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale; 4) la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la condanna sia divenuta irrevocabile;

5) lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'articolo 233, se la gravidanza è stata portata a termine. L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l'errore

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dal minore, per la perdita del padre, figura indispensabile per assicurarne un equilibrato sviluppo fisico e psichico. La decisione si fondava sul principio che, il diritto al disconoscimento di paternità, poiché non soffre preclusione alcuna e resta indisponibile ed irrinunciabile, non può subire limiti, né condizionamenti; ipotesi che, invece, si verificherebbe se in seguito al suo esercizio venisse riconosciuto un onere risarcitorio a carico di colui che se ne avvale. Infine, il Tribunale dichiarò inammissibile anche la richiesta formulata dal curatore nell'interesse del nato, di poter assumere conoscenza dell’identità del donatore del seme col quale fu fecondata la donna.

La decisione del Tribunale di Cremona (17 Febbraio 1994) non è stata accolta con particolare favore dalla dottrina, secondo la quale aderendo all'inseminazione eterologa della moglie, l'uomo assume anche gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, oltre al ruolo educativo ed affettivo di padre; e quindi obblighi ed impegni irrevocabili, una volta che sia stata iniziata la gravidanza, che non cessano di essere tali, solo perché é venuta meno l'armonia coniugale. Mettere al mondo un figlio grazie al seme messo a disposizione da un anonimo donatore é una decisione che generalmente viene concordata dai coniugi dopo aver assunto conoscenza della sterilità, tenuto conto del forte desiderio di diventare comunque genitori di un bambino “proprio”, di almeno uno di loro. Poiché, nella procreazione artificiale la volontà assume un ruolo così determinante per la nascita di un figlio, il comune modo di sentire é disposto ad ammettere la revoca del consenso solo fino al concepimento; dopo quel momento la volontà diventa irretrattabile. Del resto, se

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così non fosse, verrebbe violato il diritto dei figli alla certezza e alla stabilità dei rapporti parentali.

Tuttavia, i giudici del Tribunale di Cremona hanno ritenuto ammissibile l'azione di disconoscimento, sulla base dell'art. 235 c.c. che, annovera tra i suoi presupposti, l'impotenza del marito, e sulla base del dovere di fedeltà coniugale (art. 143 comma 2 c.c.) che non va riferito alla sola sfera sessuale, ma comprende, invece, anche quella generativa. Il consenso alla violazione della fedeltà é irrilevante, in quanto riguarda un dovere inderogabile ed indisponibile. Ma, come era già stato messo in evidenza da una parte della dottrina, l'art. 235 c.c. non é direttamente applicabile in questo caso, in quanto costruito sull'ipotesi che il figlio rifiutato dal marito, sia in realtà frutto di una relazione extraconiugale della moglie con un altro uomo, mentre l'inseminazione eterologa non é affatto assimilabile all'adulterio9.

La pronuncia d’appello apporta nuovi tasselli al mosaico della qualificazione del consenso alla fecondazione eterologa:

La Corte d’Appello di Brescia, infatti, nella decisione del 10 Maggio 1995, è cosciente che sia l’art. 235 c.c., sia la normativa sulla adozione, sono perfettamente equidistanti dal caso in esame. I principi sottesi, però, alla normativa sull’adozione se pur non possono essere desunti in modo meccanico, certamente sono destinati ad essere punto di riferimento nella ricerca di una adeguata normativa di sostegno alle questioni sollevate dall’inseminazione eterologa. La Corte bresciana preferisce, invece, riconoscere la qualità di principi generali alla tutela della verità della filiazione e alla indisponibilità degli status,

9 Trib. Cremona, 17 febbraio 1994, in Foro it., 1994, I, 1576; in Dir. fam. Pers.,

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dimenticando di portare ad ulteriori, e forse più convincenti conseguenze, proprio le argomentazioni svolte in tema di adozione le quali certamente sono in grado di lumeggiare l’effettiva portata del c.d. interesse del minore. La Corte, in verità, dinanzi ad un vuoto normativo non se la sente di interpretare il sistema vigente, portando alle più logiche conseguenze il proprio ragionamento; afferma infatti che la possibilità che il rapporto di filiazione legittima prescinda da un conforme rapporto biologico si riconnette a scelte del legislatore od a sentenze additive del giudice della legge. Questo esclude una supplenza del giudice ordinario, che non potrebbe, senza stravolgere i suoi compiti istituzionali, introdurre una limitazione prevista dal favor

veritatis, attraverso il riconoscimento della rilevanza giuridica

del consenso prestato dal marito all’inseminazione artificiale eterologa della moglie10.

Su questo intricato scenario interviene la pronuncia della Cassazione (1999) che riceve input per le proprie argomentazioni da una recente pronuncia della Corte Costituzionale che ne aveva indicato la linea interpretativa da seguire. Così la triangolazione fra giudice a quo, Corte Costituzionale e Corte di Cassazione consente di porre il delicato problema del disconoscimento di paternità a seguito di fecondazione eterologa.

Nella pronuncia della Consulta si sostiene, infatti, che la portata dell’art. 235 c.c. riguarda esclusivamente la generazione che segua ad un rapporto adulterino, ammettendo il disconoscimento della paternità in tassative ipotesi, ossia quando le circostanze indicate dal legislatore facciano presumere

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che la gravidanza sia riconducibile, in violazione del dovere di reciproca fedeltà, ad un rapporto sessuale con persona diversa dal coniuge.

In linea di massima, quindi, è pur vero che ipotesi nuove, non previste dalla norma, possano essere disciplinate dalla stessa, ma ciò non è certamente possibile nel caso dell’equiparazione dell’ipotesi di disconoscimento di paternità a seguito del consenso prestato per la fecondazione eterologa, a quelle dissimili disciplinate dall’art. 235 c.c. La Corte, quindi, ritiene anche in questo caso, la questione sollevata inammissibile, visto che l’estensione della portata normativa dell’art. 235 c.c. al caso in esame si risolverebbe in arbitrio.

2.2.2. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 235 c.c.: Corte Costituzionale, 26 settembre 1998, n. 347

Analizziamo in concreto, una delle pronunce tra le più rilevanti in tema di fecondazione eterologa. La questione sul disconoscimento di paternità ha costituito infatti, una delle principali problematiche per il nullaosta dell’ approvazione di suddette tecniche. In Italia si sono verificati nel tempo, una serie di casi in cui il padre, richiedeva il disconoscimento del figlio nato da fecondazione eterologa appellandosi al mancato legame genetico. Ciò ha creato notevoli perplessità a livello etico e soprattutto giuridico, per la giurisprudenza in particolar modo, che si è trovata a dover bilanciare gli interessi in gioco. (da una parte l’ interesse del padre a non dover intrattenere un rapporto genitoriale con un figlio geneticamente estraneo, e dall’ altra l’ interesse del figlio alla garanzia di una doppia figura genitoriale).

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Nel caso in esame, il tribunale di Napoli ha sollevato questione di legittimità dell’ articolo 235 c.c. relativo al disconoscimento di paternità. Esponendo brevemente la questione, sappiamo che l’ articolo 235 al secondo comma, ammette la possibilità di disconoscimento da parte del marito affetto da impotenza, e sappiamo anche, che il marito aveva prestato consenso affinché la moglie venisse fecondata artificialmente mediante fecondazione eterologa. Sulla base di questi elementi, il Tribunale ha ritenuto che nel nostro ordinamento il consenso prestato dal marito , cosciente della propria impotenza, all’ inseminazione artificiale eterologa della moglie, non possa escludere l’ esperibilità del disconoscimento di paternità prevista dall’ articolo 235 comma 2 c.c. In realtà, risulta chiaramente, che in questo caso, il consenso dovrebbe considerarsi vincolante, soprattutto in ragione della tutela degli interessi del minore, che altrimenti verrebbero irrimediabilmente pregiudicati. Il minore verrebbe infatti automaticamente privato della figura paterna perdendo il diritto alla propria identità e al proprio nome.

Perciò il tribunale ha sollevato questione di illegittimità costituzionale dell’ articolo 235 comma 2 per contrasto con le norme della costituzione che tutelano i diritti del minore; la Corte Costituzionale ritiene la questione inammissibile in quanto non condivide l’ interpretazione data dal tribunale all’ articolo 235 comma 2 c.c.

Secondo la Corte infatti, la questione rientra nella portata dell’ articolo 235 comma 1 numero 2 del c.c. , ma solleva dubbi di legittimità costituzionale, considerate le conseguenze che egli ritiene di dover trarre da questa disposizione. Questa norma infatti consente il disconoscimento a seguito di un rapporto

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adulterino, ovvero quando le circostanze indicate dal legislatore facciano presumere che la gravidanza sia riconducibile alla violazione del dovere di reciproca fedeltà e quindi ad un rapporto sessuale con persona diversa dal coniuge.

In questa occasione si dichiara l’ inammissibilità della questione sollevata, dalla quale emerge una situazione di carenza nell’ attuale ordinamento ,con implicazioni notevoli dal punto di vista costituzionale. Il punto fondamentale del caso non riguarda la valutazione della legittimità o meno della fecondazione eterologa, tanto meno il mettere in discussione il principio di indisponibilità degli status del rapporti di filiazione, bensì si cerca di tutelare la persona nata a seguito di fecondazione assistita. Preminenti in proposito sono le garanzie per il nuovo nato soprattutto in base all’ articolo 2 della Costituzione, e nell’ attuale situazione, spetta proprio al giudice ricercare nel complesso sistema normativo l’ interpretazione idonea ad assicurare la protezione degli interessi costituzionali.

In conclusione si afferma l’ inapplicabilità in materia dell’ articolo 235 c.c. che consente il disconoscimento da parte del marito affetto da impotenza , per le ragioni e le motivazioni che si legano ineludibilmente alla tutela del minore , che in questi casi verrebbe ingiustamente privato della figura paterna.

2.3. Condizioni per l’ eventuale ammissibilità della fecondazione eterologa

Dopo i numerosi motivi analizzati, pro e contro la fecondazione eterologa, discendono le difficoltà del legislatore ad optare per l’ una o l’ altra soluzione.

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Nel 1981 una commissione del consiglio d’ Europa, osservava che le soluzioni al riguardo sarebbero tre:

1) Quella liberale o lassista che lascia alle parti massima autonomia regolando soltanto alcune conseguenze particolari 2) Quella fortemente proibitiva ritenuta poco realistica in un Europa contemporanea che costringerebbe le coppie recarsi all’ estero o scegliere procedimenti clandestini mettendo a rischio la loro stessa sicurezza.

3) Ed infine quella intermedia , imboccata dalla normativa italiana , che disciplina da una parte la fecondazione omologa e limitandosi , per quanto riguarda la eterologa, a prevedere la non punibilità dei soggetti richiedenti (ma non degli operatori) e riconoscendone le conseguenze giuridiche in ordine ai rapporti di filiazione.

Tuttavia, sapevamo che, qualora la normativa fosse giunta ad una ammissibilità di queste operazioni, dovevano essere stabiliti degli opportuni provvedimenti di prevenzione , nonché ulteriori limiti e forme di tutela cercando così di evitare i problemi in precedenza esposti.

Si ipotizzarono così, determinati presupposti di ammissibilità della fecondazione eterologa, come quelli di una più sicura stabilità della coppia convivente , di preliminari esami clinici per l’ accertamento della sterilità, di esclusione della surrogazione dell’ utero, e previa indagine sull’ impossibilità di ricorrere all’ adozione. inoltre l’ intervento eterologo avrebbe dovuto essere autorizzato caso per caso dal tribunale dei minori o da quello competente per materie della famiglia, o ancora meglio da una speciale autorità che selezioni i casi meritevoli di tali interventi eccezionali verificando il rispetto delle condizioni psico-fisiche ed ambientali necessarie.

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2.4. La p.m.a. nella legge 40 e l’ introduzione del divieto di fecondazione eterologa articolo 4 comma 3, legge 40/2004

2.4.1. Evoluzione dell’ iter legislativo che ha portato all’ approvazione della Legge 40/2004

Come possiamo desumere dalle precedenti considerazioni, la procreazione medicalmente assistita è un fenomeno complesso che involge una serie di problemi, per cui, la prima legge che il Parlamento italiano è riuscito ad approvare, dopo tanti tentativi ed un lungo travaglio, è il risultato di uno sforzo di equilibrio tra varie tendenze esistenti nel paese, costituisce un aiuto per le coppie in difficoltà ed un contributo normativo alle esigenze della società.

Si può ben comprendere la ragionevolezza del divieto di fecondazione eterologa introdotto nel 2004, è una ragionevolezza che, per essere ben colta, va collocata all’ interno di una situazione di fatto precedentemente maturata, priva di qualsiasi regola, in un sistema giuridico dove tutto ciò che non è espressamente vietato deve ritenersi permesso.

Questa situazione, veniva infatti descritta come “far west

procreativo”. Intervenire legislativamente è stato doveroso,

naturalmente facendo i conti con le forza politiche in campo e con una cultura dominante che considera fondamentale l’ autodeterminazione del singolo.

L’ impegno per la realizzazione di questo disegno normativo, è stato massimo da parte di studiosi anche stranieri, e ha dato luogo a non pochi ripensamenti legislativi ed a numerosi interventi da parte di organismi europei.

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La prima proposta in Italia per disciplinare i fenomeni di inseminazione artificiale nella donna è stata quella presentata il 25 novembre 1958 dai deputati Gonella e Manco alla Camera dei deputati11 , seguita dalla proposta di legge presentata l’ 8 Aprile

del 1959 dai deputati Riccio, Russo Spena e Frunzio.

Nella successiva legislatura il deputato Stefano Riccio ripresentava un secondo testo il 29 maggio 1963 , anche questa proposta ebbe esito negativo. Di fronte ad una tale situazione di stallo , poco dopo la proposta n. 852 presentata dalla Camera il 16 Novembre 1983 dai deputati Lanfranchi , Cordioli e altri, il Ministro della Sanità Degan, nominava una commissione di esperti che elaborava due proposte di legge (la prima limitata ai problemi della fecondazione omologa, la seconda più ampia,sui tanti problemi della fecondazione assistita). Sulla base dei risultati di questo lavoro, il Ministro emanava le circolari 1 marzo 1985 e nel 1987, contenenti essenziali ed urgenti disposizioni sulla legittimità dei servizi di fecondazione nell’ ambito del Servizio Sanitario Nazionale.

Nella XIV legislatura venivano ripresentate alla Camera ben 16 proposte di legge in materia ed al Senato altre 12 proposte.

11

La proposta conteneva un unico articolo in cui si puniva la donna che avesse consentito su di se pratiche inseminative con seme totalmente o parzialmente estraneo al marito. Pochi giorni dopo i deputati Cossiga e Sarti presentavano alla Camera l’ interrogazione n.744 ai Ministri dell’ Interno, della Giustizia e della Sanità per sapere: 1)se siano a conoscenza del fatto che nel territorio della Repubblica si sono messi in pratica metodi di fecondazione artificiali della specie umana e se ciò è avvenuto anche su consiglio degli esercenti della professione medica 2) se non ritengono l’ uso ed il consiglio all’ uso di detti metodi contrari, oltre che al buon senso comune al diritto naturale delle genti civili ,al costume di vita e alla tradizione giuridica del popolo italiano. 3)se ritengano l’ uso di detti metodi contrari anche alla certezza dei rapporti giuridici 4)se ritengano che le norme vigenti siano sufficienti ad evitare i danni sopraindicati o in caso contrario quali provvedimenti intendano adottare al Parlamento e quali provvedimenti intendono adottare anche in ordine alla possibile attività di esercenti la professione medica.

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Dopo l’ inizio delle discussioni della Camera si pervenne ad un coordinamento di tutte le proposte nell’ unico testo n. 1514 che veniva approvato dopo un lungo dibattito il 18 Giugno 2002.

Al Senato, il testo veniva discusso in Aula ed approvato in via definitiva l’ 11 Dicembre 2003, per essere poi trasmesso nuovamente alla camera limitatamente ad una modifica circa l’ onere economico.

Dopo questa ulteriore approvazione la legge veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 Febbraio 2004 ed entra in vigore il 10 Marzo 2004.

La nuova legge ruota attorno ad alcuni capisaldi:

1)la tutela equilibrata dei soggetti coinvolti negli interventi di procreazione assistita

2)lo scopo di ovviare a situazioni di sterilità ed infertilità

3)il consenso informato delle parti richiedenti queste operazioni 4)i limiti e le conseguenze giuridiche delle operazioni stesse 5)le strutture autorizzate ed i relativi controlli

L’ articolo 112 della legge 40/2004, in apertura della legge,

intitolato “Principi generali”, indica con sufficiente chiarezza le linee di tendenza proprie della nuova disciplina e l’ ideologia che ne sta alla base, volta a garantire non solo una cura o un rimedio contro la sterilità ma un futuro di vita e solidità al figlio.

Di fronte alle tecniche di procreazione artificiale, possiamo evincere che, due sono le posizioni: si parla , da un lato, di un

12 Articolo 1 legge 40/2004. Comma 1. Al fine di favorire la soluzione dei

problemi riproduttivi derivanti da sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita ,alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti compreso il concepito. Comma 2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità.

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“diritto assoluto a procreare” e di una libera scelta dei modi di procreazione naturale o artificiale, e dall’ altro, in particolare in Italia, pure si parla di libertà di procreazione precisandosi però, che i modi di questa, dovrebbero essere gelosamente custoditi e protetti da ingerenze pubbliche e statali.

Per concludere, l’ esclusione in Italia del diritto assoluto alla procreazione, veniva giustificata e trovava preciso riscontro in alcuni dei principi fondamentali della Carta costituzionale, quali: la salute e l’ integrità fisica, la tutela del concepito nonché i diritti dei soggetti coinvolti.

2.4.2. Il divieto della fecondazione eterologa

Il capo II aperto dall’ articolo 4 13, si intitola “Accesso alle

Tecniche” e contiene le disposizioni forse più qualificanti dell’ intera disciplina. Leggendo l’ articolo in questione si evince che le tecniche di fecondazione artificiale sono strettamente collegate ad ipotesi di sterilità e infertilità e che il ricorso ad esse è consentito solo quando non vi siano altri metodi terapeutici efficaci; spetterà dunque al medico della struttura pubblica o privata autorizzata, accertare direttamente, attraverso opportuni esami , l’ impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive, o comunque ricevere una documentazione medica

13 Articolo 4; Comma 1: il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente

assistita è consentito solo quando sia accertata l’ impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità ed infertilità insipegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità e infertilità da causa accertata e certificata da atto medico. Comma 2: le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti principi: a)gradualità al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio di minore invasività ; b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell’ articolo 6. Comma 3: è vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

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del tutto esauriente al riguardo. Si dovranno pure indicare le cause di sterilità e infertilità o comunque precisare che esiste una patologia.

La norma si sofferma pure sulle modalità della tecnica , da utilizzare con gradualità, così da evitare interventi invasivi dal punto di vista tecnico e psicologico; ci si riferisce ai destinatari ovvero alla donna e al concepito.

Ma la previsione, che all’ interno dell’ articolo in questione ha suscitato le più accese polemiche, dentro e fuori dal Parlamento, la più rigorosa di tutte, è contenuta nel terzo comma: che rende indubbiamente anomala la disciplina rispetto al panorama europeo, ovvero il divieto assoluto , totale e senza eccezioni, della procreazione assistita eterologa (con seme diverso da quello del marito o comunque del convivente more

uxorio) la cui violazione da parte di chiunque , a qualsiasi titolo,

viene punita con una pesante sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro (articolo 12 comma 1) non sono, invece, punibili, l’ uomo o la donna ai quali vengono applicate le tecniche procreative di tipo eterologo (articolo 12 comma 8).

In primo luogo, il divieto di cui si tratta esclude la liceità dell’ operazione più ricorrente , dovuta alla sterilità dell’ uomo, di una fecondazione eterologa unilaterale in linea maschile , mediante cioè, l’ impiego di gameti maschili forniti da un terzo donatore , soggetto estraneo alla coppia che richiede l’ applicazione delle tecniche procreative. Ancorché meno diffusa, il divieto in questione proibisce anche una fecondazione eterologa unilaterale in linea femminile , effettuata cioè con l’ utilizzo di gameti femminili (ovociti) donati da una donna estranea alla coppia che intende avvalersi delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Certamente vietata , poiché risulta dalla

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combinazione delle precedenti operazioni , è inoltre, la fecondazione eterologa bilaterale , realizzata cioè con impiego di gameti maschili e femminili entrambi appartenenti a soggetti estranei alla coppia richiedenti le tecniche procreative

L’ illecito, evidentemente commissivo, si consuma con il semplice utilizzo di gameti senza che sia necessario ottenere un ovulo fecondato o un embrione ; si tratta di un illecito di pura condotta, mentre la produzione dell’ evento (fecondazione) potrà se mai determinare una sanzione più elevata , nell’ osservanza di quella edittale. È configurabile l’ illecito tentato oltre che quello consumato.

È da ritenere che nella fattispecie incriminatrice in esame, rientri pure l’ applicazione di tecniche riproduttive sulla donna

single , si è necessariamente in presenza di fecondazione

eterologa e la mancanza di un partner, (quindi l’ impossibilità di configurare una coppia) esclude l’ operatività del comma successivo.

Va poi evidenziata una particolarità: la previsione in esame, nessun riferimento contiene al comma 1 dell’ articolo 4 della legge, deve allora affermarsi che non possa integrare gli estremi di un illecito amministrativo, l’ uso di tecniche di fecondazione assistita su coppie non sterili e non infertili, ovvero per le quali le cause di sterilità o infertilità non siano medicalmente documentate. È da ritenere che sul punto il legislatore sia incorso in un’ omissione; la tassatività della fattispecie sanzionatoria non pare potersi superare in via di interpretazione , non essendo lecito estendere la sanzione a condotte non espressamente previste dalla norma.

La ratio della previsione, non era comunque, del tutto chiara: se il riferimento fosse alla tutela della salute dei richiedenti, la fecondazione eterologa dovrebbe infatti

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