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Il Colonnato di piazza S. Pietro

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Academic year: 2021

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(1)cc ad em ica. IL COLONNATO DI PIAZZA S. PIETRO ion ea. OPERA CHE FRA LE ANTICHE POCHE NE HA PARI, FRA LE MODERNE NESSUNA. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. so va lu. taz. Marcello Villani.

(2) re. uto. FA. PD. llo. rce. MA ni -. lla. Vi ffu. Di ne. sio tat. vie as alv oe scl. us ivo u. so va lu. taz. ion ea. cc ad em ica.

(3) re. uto. FA. PD. llo. rce. MA ni -. lla. Vi ffu. Di ne. sio tat. vie as alv oe scl. us ivo u. so va lu. Presenze. Collana diretta da. Sandro Benedetti. taz. ion ea. cc ad em ica.

(4) cc ad em ica. Presenze. ion ea. Nella stessa collana SIMONA ZANI, L’opera di Carlo Fontana nei Castelli Romani. taz. FRANCESCO ANDREANI, Michelangelo e l’arte della città. so va lu. AA.VV., Pietro da Cortona: piccole e grandi architetture, a cura di Sandro Benedetti e Augusto Roca De Amicis. SANDRO BENEDETTI, Il grande modello per il San Pietro in Vaticano Antonio da Sangallo il Giovane. oe scl. AA.VV., L’altra modernità nella cultura architettonica del XX secolo Dibattito internazionale e realtà locali (a cura di Maria Luisa Neri). us ivo u. MARCELLO VILLANI, L’architettura delle cupole a Roma, 1580-1670. AA.VV., L’altra modernità nella cultura architettonica del XX secolo Progetto e città nell’architettura italiana (a cura di Laura Marcucci). as alv. AA.VV., Architetture di Carlo Rainaldi nel quarto centenario della nascita (a cura di Simona Benedetti). tat. BARTOLOMEO AZZARO, La Città Universitaria della Sapienza di Roma e le sedi esterne 1907-1932 (vol. I). vie. SIMONA ZANI, Vignola, Della Porta, Maderno Trasformazioni urbane di Velletri tra XVI e XVII secolo. ffu. sio. ne. RAFFAELE GIANNANTONIO, Echi di Le Corbusier in Abruzzo Vincenzo Monaco e la chiesa della Madonna della Neve a Roccaraso. ni -. Di. AA.VV., Sandro Benedetti. Le mie architetture. ©. lla. Proprietà letteraria riservata. Gangemi Editore spa. llo. rce. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere memorizzata, fotocopiata o comunque riprodotta senza le dovute autorizzazioni.. Vi. Piazza San Pantaleo 4, Roma w w w. g a n g e m i e d i t o r e . i t. re. MA. Le nostre edizioni sono disponibili in Italia e all’estero anche in versione ebook. Our publications, both as books and ebooks, are available in Italy and abroad.. uto. ISBN 978-88-492-3305-6 In copertina: Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, sezione dal basso (restituzione digitale dell’arch.ä. PD. FA. C. Volken, in collaborazione con l’A.).

(5) cc ad em ica. ion ea. Il Colonnato di piazza S. Pietro so va lu. taz. Opera che fra le antiche poche ne ha pari, fra le moderne nessuna. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. Marcello Villani.

(6) ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. cc ad em ica ion ea taz so va lu. us ivo u. Ringrazio il prof. Sandro Benedetti, con il quale ho discusso alcuni degli argomenti trattati in questo volume, in particolare nell’ambito della consulenza storica svolta nel corso dell’intervento di restauro del Colonnato. Durante i molti anni trascorsi presso l’Archivio della Reverenda Fabbrica di S. Pietro ho potuto apprezzare la competenza, la cortesia e la disponibilità delle dott.sse Simona Turriziani ed Assunta Di Sante e del dott. Marco Boriosi: a loro va il mio sincero ringraziamento. Sono grato a S.Ecc.za monsignor Fernando Vergez, Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, per aver autorizzato i sopralluoghi sulle coperture e nei sottotetti del Colonnato, in relazione ai quali ricordo la cortese collaborazione della Gendarmeria vaticana e del comando delle Guardie Svizzere. Sono grato al prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani, all’arch. Carlo Volken (autore delle accurate restituzioni digitali), alla dott.ssa Eleonora Giampiccolo (Biblioteca Apostolica Vaticana), al dott. Alberto Bianco (Archivio della Congregazione dell’Oratorio di Roma), alle dott.sse Marina De Carolis e Angela D’Amelio (Museo di Roma), alla dott.ssa Francesca Orobi (Istituto Centrale per la Grafica), al dott. Martin Olin ed alla dott.ssa Liv D’Amelio (Istituto Svedese di Studi Classici a Roma). rce. llo. Vi. lla. Volume pubblicato con i Fondi di Ricerca dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara, Dipartimento di Architettura, Sezione PAr. PD. FA. uto. re. MA. Abbreviazioni ACOR : Archivio della Congregazione dell’Oratorio di Roma (Roma) ARFSP : Archivio della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (Città del Vaticano) ASR : Archivio di Stato (Roma) ASV : Archivio Segreto Vaticano (Città del Vaticano) BAV : Biblioteca Apostolica Vaticana (Città del Vaticano) GDSU : Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi (Firenze).

(7) cc ad em ica ion ea. Indice. so va lu. taz. Introduzione. PARTE PRIMA. PROGETTO E REALIZZAZIONE. 13 26 41 46 55 62. as alv. oe scl. us ivo u. Il progetto. La prima fase (1656) Il progetto. La seconda fase (1657). Elaborazione, verifica, presentazione: disegni, modelli, medaglie L’esecuzione. Il Portico settentrionale (1657-1662) L’esecuzione. Il Portico meridionale; le opere di completamento (1661-1667) Note Abstract. 9. tat. PARTE SECONDA. ORGANIZZAZIONE E GESTIONE ECONOMICA. 65 70 73 79 84 88. Di. ffu. sio. ne. vie. Il vertice decisionale. La Sacra Congregazione, l’economo segretario La direzione tecnica. Architetto, deputato, soprastante, fattore Maestranze, fornitori, trasportatori Gestione economica Note Abstract. lla. ni -. PARTE TERZA. STRUTTURA, TECNICHE, MATERIALI. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. “Gran scomodità di cavar detti fondamenti”. Le fondazioni Materiale, lavorazione ed assemblaggio delle colonne. La ricerca della soluzione ideale Veri (e finti) architravi, veri (e finti) travertini. La trabeazione “Archi e muri per fianco”. Il sistema delle volte “I pilastrelli fuino disfatti”. Problemi e soluzioni della struttura di copertura “In teoria ben combinata, ma in prattica molto difettosa”. Convogliamento e smaltimento dell’acqua piovana “Colore di trevertino”. Opere di rifinitura e completamento Note Abstract. 91 94 103 106 109 121 127 130 132.

(8) us ivo u. so va lu. cc ad em ica. taz. Iconologia, funzione, geometria. Bernini, Alessandro VII e l’evoluzione progettuale del Colonnato La crisi del 1659 e la questione dell’appalto. Lo scontro Bernini-Spada Tipo, proporzionamento, disposizione dell’ordine architettonico Il Colonnato e l’architettura romana del Cinquecento Problemi del terzo Braccio Note Abstract. ion ea. PARTE QUARTA. “L’UTILITÀ E L’ORNAMENTO”. TEMI ED INTERPRETAZIONE DEL COLONNATO. APPENDICE DOCUMENTARIA. oe scl. BIBLIOGRAFIA. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. INDICE DEI NOMI. 135 153 161 163 166 177 182. 183 297 301.

(9) re. uto. FA. PD. llo. rce. MA ni -. lla. Vi ffu. Di ne. sio tat. vie as alv oe scl. us ivo u. so va lu. A mio padre, primo ed ultimo pensiero di ogni mia giornata. taz. ion ea. cc ad em ica.

(10) re. uto. FA. PD. llo. rce. MA ni -. lla. Vi ffu. Di ne. sio tat. vie as alv oe scl. us ivo u. so va lu. taz. ion ea. cc ad em ica.

(11) PD. cc ad em ica taz so va lu. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. Opera che fra le antiche poche ne hà pari, fra le moderne nissuna, e che difficilmente può essere eguagliata dalle future: con queste parole, alcuni decenni dopo il suo completamento, Domenico Bernini presentava il Colonnato vaticano, esaltandone l’eccezionalità. Ancora oggi, l’impressione di trovarsi di fronte ad un assoluto unicum architettonico si avverte anche solo attraversando piazza S. Pietro; proprio la consapevolezza che una corretta comprensione di quest’opera fosse possibile solo affrontandone organicamente lo studio, indagando cioè l’articolazione degli aspetti e dei significati, ha orientato la ricerca condotta. I contributi relativi al Colonnato apparsi negli ultimi decenni sembrano infatti aver privilegiato essenzialmente tre temi: il complesso iter progettuale, che dalla prima idea di portico quadrangolare ad archi si evolve fino alla soluzione definitiva a matrice ovale scandita da colonne libere trabeate; in secondo luogo, le possibili fonti di ispirazione iconologica dello schema finale; infine, i principi geometrici ordinatori della piazza anche alla luce di vincoli e preesistenze. Indicazioni settoriali, in relazione soprattutto al cantiere, sono venute poi dai più recenti, sintetici articoli di Maria Grazia d’Amelio e di Nicoletta Marconi oltre che dal saggio, maggiormente esaustivo, del Rietbergen. Nonostante i diversi studi pubblicati, permanevano non poche incertezze in relazione alla storia progettuale del Colonnato, in particolare per ciò che concerne la fase che precede l’introduzione dello schema ovale; ed in larga parte indefinite risultavano le relazioni tra i disegni ed i modelli realizzati, questi ultimi rimasti inspiegabilmente ai margini dell’attenzione critica. Era dunque necessario verificare innanzitutto le ricostruzioni fin qui avanzate, rettificando concetti acriticamente ribaditi: se la ricostruzione del percorso progettuale a cui si è pervenuti presenta caratteri inediti, questi ultimi non sono il frutto di personali congetture, ma del rigoroso confronto tra le fonti, alcune delle quali finora non esplorate. In secondo luogo, poco era stato finora indagato dell’insieme dei rapporti professionali, delle tecniche costruttive, delle soluzioni funzionali, dei criteri di selezione dei materiali che, nel loro complesso, hanno determinato l’effettivo essere del Colonnato orientandone, talvolta in maniera decisiva, gli stessi esiti formali; ancor meno si era cercato di ripercorrere organicamente i numerosi e diversificati problemi – organizzativi, strutturali, funzionali – che il Bernini e la sua equipe si sono trovati ad affrontare lungo l’arco di oltre dieci anni: tali da costituire, talvolta, vincoli ineludibili o causa di modifiche in corso d’opera. È dunque mancato fino ad oggi un contributo complessivo che abbia tentato di mettere in luce quella che si potrebbe chiamare, con un ossimoro di sapore barocco, l’anima materiale dell’opera: che abbia rivelato cioè che cosa sia il Colonnato nella sua effettiva realtà, nel suo costituire innanzitutto opera architettonica e non meccanica traduzione di astratti schemi compositivi o supposti concetti simbolici. Una ricerca di questo tipo si è giovata del grande intervento di restauro dell’opera, ultimato poco prima dell’uscita del libro che, a sua volta, si è avvalso di alcuni dei risultati scaturiti nel corso della ricerca stessa.. ion ea. Introduzione. 9.

(12) oe scl. cc ad em ica taz so va lu. us ivo u. Questo l’insieme dei significati del volume, frutto di una ricerca pluriennale, presentato senza la presunzione di avere esaurito tutte le problematiche inerenti ad un’opera che rappresenta, per dimensioni ed impegno economico, la massima realizzazione del Barocco romano; nella convinzione tuttavia di presentare molti elementi nuovi, aprendo ad una più ampia comprensione di un capolavoro architettonico commentato infinite volte, ma ancora in grado di riservare non poche sorprese.. ion ea. Ma, come anticipato, ciò che finora è soprattutto mancato è stato un quadro organico del Colonnato, che cercasse cioè di indagare e mettere in relazione le diverse componenti dell’opera, superando la logica del contributo settoriale: in altri termini, affrontando a tutto tondo lo studio del Colonnato, nella convinzione della interdipendenza dei diversi parametri in gioco ai fini della definizione dell’immagine finale; evitando al tempo stesso un certo orientamento critico attuale che trova nella stanca riproposizione di argomenti indimostrati, nel ricorso all’espressione compiaciuta ed inconcludente, nella comoda fuga dal faticoso scavo analitico i suoi tratti distintivi.. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. Marcello Villani. 10. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

(13) re. uto. FA. PD. llo. rce. MA ni -. lla. Vi ffu. Di ne. sio tat. vie as alv oe scl. us ivo u. so va lu PARTE PRIMA. PROGETTO E REALIZZAZIONE. taz. ion ea. cc ad em ica.

(14) re. uto. FA. PD. llo. rce. MA ni -. lla. Vi ffu. Di ne. sio tat. vie as alv oe scl. us ivo u. so va lu. taz. ion ea. cc ad em ica.

(15) cc ad em ica ion ea as alv. so va lu. oe scl. us ivo u. I laconici termini con i quali, il 31 luglio 1656, la Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (l’organo istituzionalmente preposto alla direzione degli affari inerenti la basilica vaticana) prende atto della volontà di Papa Alessandro VII Chigi (7 aprile 1655 - 22 maggio 1667) (fig. 1) di far edificare un portico nell’area antistante la chiesa, sembrano rivelare un approccio quasi burocratico ad un’impresa destinata a segnare invece, per l’arco temporale, l’impegno finanziario, il significato storico-architettonico l’intero pontificato1. Come già accaduto in precedenza2, è il padre oratoriano Virgilio Spada (fig. 2), figura fondamentale della scena architettonica romana del tempo ed autorevole membro della Sacra Congregazione3, a riferire l’intenzione del Pontefice (“relatum fuit per Rev. P. Virgilium Spadam Sanctissimus inclinare quod circumcirca plateam Sancti Petri fiat porticus”); l’affidamento a Giovan Lorenzo Bernini (fig. 3) della responsabilità del progetto – da sottoporre. taz. Il progetto. La prima fase (1656). PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. Fig. 1 - G. B. Gaulli, detto il Baciccio. Ritratto di Alessandro VII (Castelfusano, collezione Mario Chigi). PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 13.

(16) cc ad em ica. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. so va lu. taz. ion ea. Fig. 2 - Anonimo. Ritratto di Virgilio Spada (Roma. Ospedale di S. Spirito in Sassia). uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. all’approvazione del Pontefice e della stessa Congregazione (“et ideo ordinatum fuit equiti Bernino ut faciat delineamentum eidem Sanctisimo et Sacrae Congregationis ostendendum, ut melius deliberari possit”) – è un atto prevedibile in considerazione della carica rivestita dallo stesso Bernini (dal 1629 architetto della Reverenda Fabbrica) e, soprattutto, degli stretti rapporti con il Pontefice e la sua famiglia. Primo documento ‘ufficiale’, il verbale della riunione del 31 luglio costituisce la semplice presa d’atto di una decisione maturata nella mente del Papa, che proprio allora iniziava a manifestare un’ambiziosa volontà di intervenire nel tessuto cittadino attraverso quell’articolata azione di sistemazioni urbane ed architettoniche che, nel giro di poco più di dieci anni, avrebbe contribuito in maniera decisiva a delineare il volto della Roma barocca; al tempo stesso, l’atto di nascita di un’iniziativa finalizzata ad attribuire una degna cornice architettonica all’irregolare slargo urbano che introduceva alla massima basilica della Cristianità completata sotto Paolo V Borghese (1605-1621) ormai da quattro decenni (figg. 4-6). L’inizio ‘contabile’ della storia del Colonnato può essere fissato invece all’8 novembre 1656: diversi riepiloghi generali di spesa relativi alla sistemazione della piazza ricorderanno infatti questo giorno come quello in cui “si principiò” l’impresa4.. PD. FA. L’avvio dell’opera coincide peraltro con un periodo tutt’altro che felice per la città: nel giugno del 1656, infatti, si era registrato il primo caso di contagio. 14. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

(17) cc ad em ica. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. so va lu. taz. ion ea. Fig. 3 - G. B. Gaulli, detto il Baciccio. Ritratto di Giovan Lorenzo Bernini (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica). PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. di peste, un flagello che si sarebbe prolungato con fasi alterne fino all’agosto dell’anno successivo, mietendo oltre quattordicimila vittime5. Cronologicamente, l’epidemia si svilupperà in parallelo con l’iter progettuale, le prime demolizioni necessarie allo sgombero dell’area e la fase iniziale dello scavo per le fondazioni: il che non mancherà di suscitare motivate riserve sull’opportunità di procedere ad un’impresa di tale impegno “in tempi sì calamitosi”, tra le quali spicca quella del’austero cardinale Giovan Battista Pallotta (1594-1668), esponente di spicco della stessa Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica6. La critica del porporato evidenzia, in particolare, “3 difficultà”: richiamando precedenti casi, la prima segnala i pericoli per la salute pubblica nel procedere ad estesi movimenti di terra (“sendosi visto per esperienza che altre volte in Roma per simili cavamenti sia seguita gran mortalità, come à Castello, piazza Navona …”); la seconda denuncia la necessità di alterare sensibilmente, attraverso estese demolizioni, il contesto urbano dell’area, mentre la terza, politicamente più sottile, stigmatizza il possibile sconcerto suscitato, soprattutto nei “forastieri”, dal dirottamento di ingenti risorse a favore di “mero ornato e fabrica non necessaria”, rinunciando ad un più opportuno impiego per “soccorrere ai giusti bisogni”. Ed un’eco di questa polemica rimarrà, oltre che nel verbale della successiva riunione della Sacra Congregazione (19 agosto 1656), in un più tardo memoriale, elaborato nell’ambito dello stretto entourage berniniano e redatto dal figlio dell’architetto, in cui significativamente si insiste sui. PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 15.

(18) cc ad em ica. C B. so va lu. E. us ivo u. F. G H. taz. A. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. ffinii sociali fi i li dell’impresa, d ll’i mostrando t d come proprio i quell soccorso alla ll popolazione l i invocato dal Pallotta fosse realizzabile incentivando la ripresa economica attraverso l’offerta di concreti sbocchi occupazionali, piuttosto che con interventi puramente assistenziali (“Portato il nostro liberalissimo Principe [Alessandro VII] dalla piena Carità ben previdde, che l’aprire semplicemente à beneficio comune i Tesori era un fomentare l’otio, et un nudrire i vitii. Onde quell’istesso antidoto che s’applicava per la salute poteva essere un tossico più potente per avvelenarla. Così dunque represse quella fiamma di Carità, non per estinguerla, ma acciò maggiormente à prò de suoi sudditi si dilatasse, quindi pensò dar principio ad una gran fabrica, mediante la quale s’eccitasse l’impiego nei vagabondi, e si sovvenisse con il giro di grossa somma di denaro alle correnti necessità”); concetto peraltro svolto anche in una precedente relazione, databile alle prime settimane della storia del Colonnato, in cui si giustifica quest’ultimo con “l’occasione di tener occupata tanta quantità di poveri artisti, che stante le presenti difficoltà non trovuorno che fare”, sottolineando come “Questa Santissima Intentione ha dato materia di rallegrare tutta la città e particolarmente detti poveri artisti, che stanno pregando il sig.re Iddio, accio presto si dia principio ad opera si nobile e degna”7. Il 9 agosto 1656, Alessandro VII invia il nipote Flavio (fig. 7) dal Bernini “a parlar del portico esterior di S. Pietro”, opera peraltro preceduta nell’elenco da altri incarichi8; appena quattro giorni dopo (13 agosto), questa volta tramite il fratello Mario (fig. 8), il Papa comunica al cardinale Francesco Barberini (1597-1679) (fig. 41), Arciprete della Basilica e prefetto della Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica dal 1633, gli elementi vincolanti del futuro progetto da approvare nella successiva congregazione, la cui convocazione viene richiesta dal Papa: “Il Portico detto sia staccato, ai lati siano i richiami che facciano angolo, a basso, e sian più paralleli che si possi, senza fabrica sopra ma co’ balaustri, e con statue ad ogni pilastrino”9. La comunicazione al cardinale Barberini ha come evidente scopo quello di far conoscere i desiderata del Pontefice al massimo organismo decisionale petriano, prevenendo eventuali deviazioni ed attribuendo di fatto alla Sacra Congregazione una funzione di garanzia dell’orientamento papale. Come scriverà successivamente Virgilio Spada, la decisione di Alessandro VII di non realizzare alcuna “fabrica sopra” il portico lascerà infatti “delusi i pensieri di quelli, che vi designavano sopra la Canonica e il Conclave”, cioè di coloro che avevano immaginato ambienti riservati ai canonici ed ai cardinali in occasione dei futuri conclavi; in ogni caso, il giorno dopo (14 agosto), il Papa si reca a S. Pietro, come puntualmente. 16. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO. ion ea. D. Fig. 4 - Planimetria dell’area compresa tra Castel S. Angelo e la basilica di S. Pietro (BAV, Vat. Lat., 11257 f. 6r). Il rilievo è collegato alla proposta del padre Oratoriano Virgilio Spada di demolire gli edifici compresi tra Borgo nuovo e Borgo vecchio, presentata alla Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (febbraio 1651); costituisce a livello planimetrico la rappresentazione più accurata dell’area, oltre ad essere molto vicino cronologicamente all’inizio della fase progettuale berniniana (1656). Sono visibili l’obelisco (A), la monumentale fontana restaurata da Paolo V Borghese (B), il varco verso la Porta Angelica (C) e la Porta Sancti Petri (D) aperte nelle Mura Leonine, l’isolato della Penitenzieria (E), la proprietà dell’Arcipretato (F), l’edificio del Priorato (G), il palazzo Branconio dell’Aquila (H).

(19) cc ad em ica ion ea taz so va lu us ivo u. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. ttestimoniato ti i t d dall’avvocato ll’ t concistoriale it i l C Carlo l C Cartari t i (“L (“Lunedì dì 14 il P Papa alle 12 hore si portò dal Quirinale alla Basilica di S. Pietro”)10. Al di là di qualche accenno contenuto in fonti di seconda mano (in particolare, un Avviso del 19 agosto 1656, i cui termini risultano a quella data, come vedremo, già ampiamente superati), appare improbabile che il Bernini abbia preparato un progetto con ambienti sopra i portici nel brevissimo arco di tempo che va dall’incarico affidatogli dalla Sacra Congregazione alla decisione di Alessandro VII di inviare il nipote Flavio Chigi dall’architetto (31 luglio-9 agosto 1656); in ogni caso, nella Congregazione del 19 agosto successivo, meno di venti giorni dopo l’incarico ‘ufficiale’, il Bernini presenta un primo elaborato grafico11. Alcuni elementi del progetto possono essere desunti, in negativo, dalle osservazioni emerse durante la riunione: l’architetto viene invitato a prolungare la piazza e, se possibile, ad evitare che la sua larghezza sia maggiore sul lato occidentale (cioè verso la basilica) rispetto a quello orientale (“si potest, non sit latior a parte Ecclesiae quam in eius princ.o sed recto tramite seu filo ducat a principio usque in eius finem”). Viene dunque rifiutata la matrice geometrica trapezoidale, probabilmente suggerita al Bernini dall’idea di prolungare la direttrice obliqua di Borgo Nuovo, principale via d’accesso a S. Pietro dall’area di castel S. Angelo e del ponte Adriano (figg. 4, 6). L’importanza della congregazione del 19 agosto non sfugge ad Alessandro VII che convoca Virgilio Spada “per saper quel che risolvono” e, il giorno successivo (20 agosto), si incontra con l’architetto (“… è da noi il Bernino circa il portico di S. Pietro col disegno”)12: è verosimile che il “disegno” sia il progetto presentato il giorno prima ai responsabili della Fabbrica di S. Pietro; improbabile, invece, che contenga già le correzioni suggerite nel corso della congregazione, svoltasi meno di ventiquatt’ore prima13. In ogni caso, anche se non necessariamente “schematic” come affermato dal Kitao14, il progetto berniniano dell’agosto del 1656 non può certo essere considerato il frutto di un processo creativo esteso nel tempo visto che, nelle settimane precedenti, il diario di Alessandro VII non ricorda alcun incontro con l’architetto finalizzato alla sistemazione della piazza vaticana; ed è dunque probabile che questa prima idea sia stata concepita in tempi ristretti, il che contribuirebbe a spiegare quell’impostazione complessiva piuttosto ‘meccanica’ che sembra emergere dalle fonti ricordate. Se il 27 agosto il Papa invita a “pensare” al Portico (“… e che si pensi al bisogno pel Portico della piazza di S. Pietro”), il giorno dopo fa ufficialmente il suo ingresso nelle vicende della piazza vaticana Luca Holstenio, il quale invia al Papa “il foglio sopra i portici doppi degli antichi”: si tratta di quella. PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 17.

(20) cc ad em ica. so va lu. taz. ion ea. Fig. 5 - Israël Silvestre, Veduta di piazza S. Pietro (16431644). In base agli estremi cronologici del soggiorno romano del Silvestre ed alla presenza del campanile meridionale della Basilica, iniziato a costruire nel 1641 e demolito nel 1645, la rappresentazione è databile al 16431644. A sinistra, è visibile l’obelisco, con dietro la fitta cortina edilizia corrispondente alla cosiddetta Isola della Penitenzieria e, oltre, alle proprietà edilizie dell’Arcipretato e del S. Uffizio; dalla parte opposta, il recinto delle guardie Svizzere ai piedi delle mura di Niccolò V con a fianco la torre dell’Orologio, realizzata dal Ferrabosco e dal Vasanzio sotto Paolo V Borghese (1605-1621) quale ingresso d’onore del palazzo Apostolico dalla piazza. Quasi al centro dell’immagine, la monumentale fontana, pure sistemata sotto Paolo V, che verrà spostata verso occidente al termine dell’intervento berniniano (1667). ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. Fig. 6 - Israël Silvestre, Veduta di piazza S. Pietro dalla cupola della Basilica (1643-1644), dettaglio (Harward. Fogg Art Museum, 1961. 7). L’immagine evidenzia l’asimmetria dell’area antistante la basilica vaticana, ampia e libera verso settentrione (lato sinistro dell’immagine), stretta e limitata da una fitta cortina edilizia a meridione (destra). Si noti l’andamento diagonale di Borgo nuovo (principale via d’accesso alla piazza), il cui asse risulta quasi tangente alla monumentale fontana realizzata sotto Paolo V. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. sintesi i i storica i sulle ll di diverse tipologie i l i di portici i i nell’antichità ll’ i hi à sulla ll quale l h ha rii chiamato l’attenzione in particolare Daniela del Pesco15. Influente erudito nella Roma del tempo e Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana dal 1653, l’Holstenio (1596-1661) approfondisce nel suo scritto, sulla scorta di numerose fonti, la distinzione tra portici “semplici” e “doppi”: i primi “come s’usa nel secolo moderno”, i secondi (a cui vanno le preferenze dell’autore) adottati in particolare dai Greci e dai Romani. Come si vedrà, il memorandum dell’Holstenio avrà un certo peso nelle vicende dell’opera vaticana contribuendo a determinare l’articolazione interna dei Portici, anche se in misura decisamente minore rispetto a quanto comunemente ritenuto16. Nel frattempo, alcune indiscrezioni cominciano a trapelare al di fuori della corte papale, come provato dal già citato Avviso del 19 agosto (lo stesso giorno della Congregazione ricordata) secondo cui “Si è resoluto mettersi di breve mano al gettito delle case contigue alla Penitentiaria nella piazza della Basilica Vaticana, per poi ambedoi le parti di essa piazza edificare con logge coperte, appartamenti et altre commodità per il Canonici, Penitentieri e tutto il corpo del Capitolo di S. Pietro con ogni magnificenza”17: voci dunque inattendibili, se si pensa che già sei giorni prima il Papa aveva categoricamente escluso la. 18. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

(21) cc ad em ica ion ea taz Fig. 7 - Giovanni Maria Morandi (1622-1717), Giuseppe Testana (1648-1679). Ritratto del cardinale Flavio Chigi (Roma, Istituto Centrale per la Grafica, inv. FN 17625 14569 vol. 1004) Fig. 8 - Giovanni Maria Morandi (1622-1717), Giuseppe Testana (1648-1679). Ritratto di Mario Chigi (Roma, Istituto Centrale per la Grafica, inv. FC 36889 vol. 35H5). PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. Dal 19 agosto 1656 al 17 marzo 1657, cioè dalla presentazione del primo elaborato grafico berniniano al giorno in cui l’architetto sottopone alla Sacra Congregazione un progetto a matrice geometrica ovale, intercorre un periodo di sette mesi, durante il quale viene affinato il primo schema progettuale, matura successivamente la decisione di abbandonare l’impostazione fin ad allora seguita, si elabora infine una nuova soluzione caratterizzata da una forma geometrica radicalmente diversa. Sulla base delle poche fonti scritte disponibili – la nota del diario di Alessandro VII, il verbale congregazionale del 19 agosto, alcuni accenni di Virgilio Spada riferibili a questo stadio della ricerca – è stato ipotizzato come il progetto berniniano elaborato nella prima fase progettuale (estate-autunno 1656) fosse impostato su due portici a corsia unica disposti lungo i lati maggiori di un’area quadrangolare con andamento divergente verso la facciata della basilica, subito reso parallelo in seguito alla richiesta del Papa e della Congregazione e, in considerazione della decisa volontà del Papa (“S. S.tà è stata costante in no volervi altra fabrica sopra”, ricorderà ancora lo Spada), ad un solo livello con “balaustri e con statue ad ogni pilastrino”19. È possibile disporre, invece, di maggiori informazioni, sulla base di ulteriori documenti: tra questi, un celebre elaborato grafico conservato presso il fondo chigiano della Biblioteca Apostolica Vaticana riferito, quasi senza eccezione, alla successiva soluzione progettuale a pianta ovale, di cui costituirebbe la versione iniziale ad archi inquadrati dall’ordine destinata ad essere sostituita dallo schema a colonne trabeate20 (fig. 9). Diversi elementi sembrano suggerire invece una lettura diversa: a) la lunghezza del portico – identificabile, in virtù dell’andamento del dislivello, con quello settentrionale – è pari, in base all’accurata scala metrica, a 950 palmi, ovvero 270 palmi (circa 60 metri) in più dell’attuale portico21. Nel caso di una matrice ovale, dimensioni così ampie avrebbero comportato uno sviluppo trasversale tale da distruggere il “passetto di Borgo” (cioè il collegamento con Castel S. Angelo) ed una parte delle mura di scarpata del palazzo Apostolico; ed anche nel caso, peraltro poco probabile, in cui la misura in scala si riferisca allo sviluppo curvilineo e non alla proiezione dello stesso su una retta (sistema, come si vedrà, mai utilizzato dal Bernini nei vari disegni relativi alla piazza), la misura di 950 palmi supererebbe ampiamente la lunghezza ammissibile nell’area, come è facile dedurre dal confronto con il portico attuale lungo circa 820 palmi, valore esplicitamente ricordato in un documento del 30 luglio 1659 ed indirettamente confermato nel 166422. b) il dislivello tra le quote in corrispondenza dell’estremità destra (orientale) e sinistra (occidentale) risulta pari a circa 10 palmi (ovvero cm 223,4): se una differenza di questa entità è ammissibile nell’ipotesi di un porticato rettilineo in salita ad accentuato sviluppo longitudinale, appare decisamente improbabile che un salto di quota di oltre due metri e venti potesse essere. so va lu. possibilità di edificare ambienti sui portici della futura piazza, ma che testimoniano comunque la crescita dell’interesse popolare nei confronti dell’opera. L’8 settembre 1656 Carlo Cartari ricorda nel suo diario i “due grandi archi per modello del porticale che N. S. desidera si faccia in detta piazza… disegnati in calce” sulla facciata di una casa18: dopo l’elaborato grafico mostrato dal Bernini alla Sacra Congregazione il 19 agosto, la rappresentazione al vero dei “due archi” costituisce dunque il secondo esito progettuale documentato. Appare verosimile che l’architetto abbia voluto verificare alla grande scala – in questa prima fase ancora senza ricorrere a modelli lignei – lo schema compositivo ad archi messo a punto nei giorni precedenti, tenendo conto anche delle osservazioni della Sacra Congregazione e, soprattutto, del Papa.. PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 19.

(22) cc ad em ica ion ea taz so va lu. Fig. 9 - Progetto per i portici retti di piazza S. Pietro. Prospetto (BAV, Chig., P. VII. 9, f. 35r). PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. compositivamente iti t e visivamente ii t assorbito bit da d una forma f ad d emiciclo, i i l che h avrebbe presentato verso la piazza una scalinata variabile da una fino ad una quindicina di alzate. È il caso di ricordare come i Portici ovali realizzati presentino solo tre scalini che, lo si noti, rimangono uniformi lungo tutto il perimetro interno (fig. 10). c) da un memoriale di Virgilio Spada, sul quale si tornerà a breve23, sappiamo che gli archi ideati dal Bernini per il progetto a portici rettilinei presentavano una luce di 20 palmi (ritenuta insufficiente dallo stesso Spada): esattamente lo stesso valore che compare nel disegno. d) nello stesso memoriale viene avanzata dallo Spada una proposta, alternativa al progetto del Bernini, rappresentata da un elaborato grafico che, in base ad alcune note contenute nel testo si riferisce ad un portico semplice coperto dall’alternanza di volta a botte (vano minore trabeato) e “volta a crociera, che riuscirebbe quadra perfetta” (vano maggiore con arcata). Qualora il portico fosse stato a matrice ovale (o comunque curva) la volta a crociera non sarebbe stata ovviamente “quadra perfetta”, ma trapezoidale con le due basi curvilinee. Dal momento che il progetto dello Spada viene redatto esplicitamente come controproposta a quello del Bernini, e dunque solo dopo, è ovvio che anche quest’ultimo si riferisce ad una soluzione retta, non ovale. d) come risulta evidente dal disegno, il portico rappresentato presenta alle estremità due avancorpi. Come vedremo, il progetto ovale berniniano non presenterà alcun avancorpo fino ad oltre la cerimonia della posa della prima pietra (28 agosto 1657): i cosiddetti Ingressi saranno infatti introdotti come ultimo elemento, a lavori iniziati; la presenza di avancorpi è invece richiesta da Alessandro VII già dal 13 agosto 1656 proprio in riferimento ai portici retti (“siano richiami che facciano angolo in basso”)24. e) Il numero delle arcate rappresentate nel disegno è pari (28, più altre due nelle ali): ne consegue la presenza di un pieno in corrispondenza dell’asse mediano. Se una disposizione di questo tipo risulta praticabile nel caso di un portico retto longitudinale (privo dunque di un asse trasversale), appare molto più problematica nel caso di uno schema a matrice ovale, dotato invece sin dall’inizio, come vedremo, di una direzionalità trasversale assiale allineata con l’obelisco. f) infine, le misure presenti nel disegno non corrispondono a quelle del modello ligneo al vero che, come vedremo, viene realizzato nella piazza di S. Pietro immediatamente dopo la presentazione del progetto ovale alla Sacra Congregazione (marzo-aprile 1657). In altri termini, il progetto ovale ad arcate ideato dal Bernini presenta proporzioni diverse rispetto a quello rappresentato nell’elaborato grafico in questione: elemento finora non considerato in virtù della scarsa attenzione riservata ai modelli berniniani, sufficiente invece da solo a respingere il collegamento tra l’elaborato grafico ed il progetto ovale. In virtù delle fonti scritte e grafiche analizzate e sulla base dei riferimenti pla-. 20. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

(23) cc ad em ica ion ea taz so va lu. Fig. 10 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, dettaglio degli scalini (foto dell’A.). PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. us ivo u. nimetrici seicenteschi, risulta dunque possibile delineare una ricostruzione digitale del progetto del Bernini impostato su due portici retti paralleli (figg. 11, 12). Non è facile ricostruire un quadro preciso delle reazioni suscitate dal primo, vero progetto berniniano (se anche effettivamente studiato nei pochi giorni che vanno dal 31 luglio al 9 agosto 1656, tale non può essere infatti ritenuto, lo si ripete, lo schema con portici in basso ed ambienti superiori, privo di qualsiasi possibilità di andare oltre lo stadio di semplice idea in considerazione dell’immediata opposizione del Papa): tra le voci critiche, spicca quella di Virgilio Spada, tramandata da un breve memoriale corredato da un elaborato grafico25. Originata dal “dubbio che i pilastri nella forma designata in una piazza così vasta possino apparire meschini”, la proposta dello Spada delinea uno schema articolato, in cui archi con luce pari a 24 palmi (con una maggiorazione di 4 palmi, dunque, rispetto al disegno berninano) si alternano a vani minori architravati compresi tra paraste distanti tra loro “non meno di palmi 6”: il tutto coronato da un parapetto scandito da statue. La presenza dei vani minori viene motivata da ragioni pratiche (“si darebbe campo a’ pedoni di traversare in quel sia sito i nuovi portici, senza poter essere impediti da carrozze che per acqua, o’ per sole, o per bestialità de’ Cocchieri havessero occupato l’ingresso degli archi, o’ sia il traverso del portico”) ed estetiche (“Aggiongo ch’essendo questi piccoli vani di transito, coperti da un’architrave in piano, il dritto di questi col curvo degli archi, mi pare apportarebbe quel più di bellezza, che desiderare si possa in cosa tale”)26. L’alternanza compositiva viene riproposta anche nel sistema delle volte del portico che, nelle intenzioni dello Spada, avrebbe visto la successione di volte a crociera nelle campate maggiori e di volte a botte in corrispondenza dei varchi minori architravati (“si potrebbe all’incontro degli archi far la volta à crociera, che riuscirebbe quadra perfetta, et all’incontro de pilastri, e transito far la volta à botte con suoi sottarchi, e tal variare à creder mio farebbe belliss.o vedere à chi camminasse sotto d.i portici”). Per ciò che riguarda la datazione del memoriale, si è finora oscillato sensibilmente (1656-1658), con molti autori propensi a metterlo in relazione con la prima proposta berninana per una piazza a matrice ovale e, dunque, posteriormente al 17 marzo 1657, giorno in cui quest’ultima viene ufficialmente presentata dal Bernini. È invece possibile essere molto più precisi sulla datazione, dimostrando al tempo stesso come sia lo scritto dello Spada che il relativo disegno risalgano sicuramente alla fase antecedente alla soluzione ovale berniniana. Il memoriale contiene infatti un indizio importante: nel rivolgersi al Papa, Virgilio si scusa di non avere potuto consegnare personalmente la relazione dal momento che “fin che dura la presente qualità dei tempi, non mi pare manco finiti li quaranta giorni che la convenienza e rispetto, dovuto alla salute di N. S.re mi permetta che senza suo espresso comando io mi presenti ai suoi Sant.mi piedi”. Se il riferimento ai quaranta giorni, come già incidentalmente notato da Daniela del Pesco, si riferisce ovviamente all’epidemia di peste del 1656-1657, la datazione precisa della quarantena dello Spada può essere dedotta invece da alcuni riferimenti documentari: una nota (20 settembre 1656) del diario dell’avvocato concistoriale Carlo Cartari (“Essendo all’improvviso entrato nel lazzaretto dell’Isola [si allude all’isola Tiberina o di S. Bartolomeo, sede di uno dei cinque lazzaretti allestiti durante l’epidemia] il Padre Virgilio Spada con il Padre Scarampi per ministrarvi, per le istanze (come dicono) fattene à Nostro Signore dal d. Card. Spada, quello è uscito e se gl’è data la quarantena. Il Padre Scarampi dicono esservi restato”) e, soprattutto, alcuni inediti resoconti dell’archivio della Congregazione dell’Oratorio di Roma, di cui lo Spada era autorevole esponente, che permettono di seguire puntualmente l’intera vicenda27. “Portati dal loro furore” caritatevole, il preposto della Congregazione Pierfrancesco Scarampi e Virgilio Spada entrano infatti nel lazzaretto il 20 settembre 1656 ma, dettaglio interessante, già la sera dello stesso giorno lo. PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 21.

(24) PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. cc ad em ica ion ea taz so va lu. us ivo u. Spada viene “tratto fuori” per espresso ordine di Alessandro VII; la sua quarantena – leggermente abbreviata per le insistenze dei confratelli Oratoriani e, verosimilmente, per la permanenza nel lazzaretto limitata a poche ore – trascorre presso la “Vigna di S. Honofrio” (una piccola tenuta di proprietà della Congregazione sul Gianicolo nei pressi dell’omonima chiesa), prolungandosi fino al 20 ottobre: il giorno dopo lo stesso Spada sarà eletto nuovo preposto, succedendo allo Scarampi il quale, rimasto più a lungo tra gli ammalati, aveva contratto il morbo morendone il 14 ottobre. La quarantena dello Spada dura quindi dal 20 settembre al 20 ottobre 1656: ed è dunque in questo periodo di forzato isolamento – trascorso appunto “nelle dilitie” della Vigna (e la vista della vicina basilica di S. Pietro sembra aver ispirato, a detta dello stesso Spada, la redazione del progetto) – che viene preparata la proposta, alternativa a quella berniniana. Infine, si noti come il memoriale si riferisca esplicitamente ad un portico semplice, non doppio; l’idea di quest’ultimo verrà presentata in un nuovo disegno mostrato dal Bernini ad Alessandro VII il 15 ottobre 1656: che tuttavia lo Spada non potrà che vedere in ritardo, trovandosi in quei giorni nell’impossibilità di avere contatti diretti tanto con la Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (alle cui riunioni risulterà infatti assente dal 27 settembre al 14 dicembre 1656) quanto con il Pontefice, con cui potrà incontrarsi, come testimoniato dallo stesso diario del Papa, solo il 31 dicembre, ovvero al termine sia della quarantena che dal successivo periodo di distacco ‘precauzionale’ motivato anche dal picco della mortalità raggiunto in città proprio tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre del 1656 (“non mi pare manco finiti li quaranta giorni che la convenienza e rispetto, dovuto alla salute di N. S.re mi permetta che senza suo espresso comando io mi presenti ai suoi Sant[issi]mi piedi”)28. Sebbene oggetto anche di recente di clamorosi fraintendimenti critici, il disegno allegato al memoriale dello Spada (fig. 13) traduce graficamente le indicazioni e le misure elencate nel testo in modo puntuale e, come vedremo, un po’ ingenuo: dall’alternanza compositiva tra elementi trabeati ed archi, alle proporzioni di questi ultimi (luce pari a 24 palmi; altezza di poco inferiore “ai doi quadri”, cioè al doppio della luce stessa), fino alla larghezza dei vani minori (6 palmi). La sua provenienza da “scuola berniniana”, come spesso indicato, appare, ancora una volta, inaccettabile: a) il progetto viene presentato in aperta contrapposizione a quello berniniano sulla cui “congruenza” lo Spada afferma di aver riflettuto. Non a caso Virgilio si premura di precisare che, in caso di gradimento del Papa, “non sarà difficile il trovar modo, che il Cav. Bernino ne divinisse Autore”: un atto apparentemente conciliante, finalizzato ad attenuare il legittimo “dispiacere” del Bernini per l’eventuale esautoramento ad opera dello stesso Spada; a ben guardare, invece, una soluzione umiliante per l’architetto. b) buoni fino ai primi anni Quaranta, i rapporti tra il Bernini e Virgilio Spada registrano un progressivo peggioramento ancora prima dell’elezione di Alessandro VII (1655): sarà lo stesso Bernini a sottolinearlo nel giugno del 1658, lamentando l’ostilità dello Spada nei suoi confronti “sino dal tempo della Santa Memoria di Innocenzo X°” (1644-1655)29. Dal canto suo, Spada ammetterà “di haver proposto alcune difficoltà nel disegno de Portici”, cioè di aver avanzato alcune critiche, peraltro palesate allo stesso Bernini; ma, elemento ben più grave, arriverà ad accusare quest’ultimo di evidenti scorrettezze amministrative nel cantiere vaticano. Come si vedrà più avanti, la già difficile coesistenza tra i due nell’ambito della Reverenda Fabbrica sarà destinata a deteriorarsi ulteriormente nel corso dei due anni successivi. c) un’analisi del disegno evidenzia diversi solecismi, come la sgrammaticata sproporzione dell’altezza della trabeazione rispetto a quella delle pa-. 22. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

(25) cc ad em ica ion ea taz so va lu us ivo u oe scl as alv tat vie ne sio ffu Di ni -. Fig. 11 - Ricostruzione digitale del progetto berniniano di sistemazione di piazza S. Pietro con due portici retti paralleli (elaborazione grafica dell’arch. C. Volken in collaborazione con l’A.) Fig. 12 - Ricostruzione digitale del progetto berniniano di sistemazione di piazza S. Pietro con due portici retti paralleli (elaborazione grafica dell’arch. C. Volken in collaborazione con l’A.). PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. raste (addirittura 1/10), la sciatta ed improbabile articolazione degli archivolti, la stessa brusca soppressione del fregio: elementi incompatibili con il maturo approccio progettuale berninano. Generiche dal punto di vista compositivo ed affrettate nella resa grafica appaiono infine le piccole figure delle statue. In un contesto come quello delineato, appare dunque davvero illogico sostenere che il disegno sia stato redatto nella bottega berniniana, o comunque con la collaborazione diretta od indiretta del Bernini30. In conclusione, dal momento che le proprie indicazioni non avevano trovato favorevole ricezione nel Bernini, lo Spada deve aver pensato di tradurre graficamente la propria proposta (di persona o, meno probabilmente visto che il memoriale non fa alcun cenno in merito, coinvolgendo un disegnatore di fiducia ma anche di non eccelso livello, che potrebbe essere anche Francesco Righi), per poi presentare il memoriale e l’elaborato (fig. 13) direttamente ad Alessandro VII, tra le cui carte verranno conservati.. PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 23.

(26) cc ad em ica ion ea taz so va lu us ivo u oe scl as alv tat vie ne sio ffu Di ni lla Vi llo rce MA re uto FA PD. 24. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO. Fig. F Fi ig 13 - Vi V Virgilio rgilio Sp rg SSpada. ada Pr ad P Progetto rogetto per i port portici rtici re rretti etti di d pia piazza iazza S. Pietro. Prospetto (BAV, Chig., H. II 22, f. 94r). Sebbene anche di recente infondatamente attribuito alla bottega berniniana e riferito al terzo Braccio, il disegno è strettamente connesso ad un memoriale, di cui rappresenta la puntuale traduzione grafica, redatto da Virgilio Spada dopo il 20 settembre 1656 e presentato ad Alessandro VII il 31 dicembre successivo, in cui il padre Oratoriano critica il progetto del Bernini, avanzando una propria soluzione alternativa. La proposta delinea un prospetto impostato su archi di luce pari a 24 palmi e con altezza netta di poco inferiore “a doi quadri” (cioè il doppio della larghezza), alternati a vani minori architravati compresi tra le paraste binate distanti tra loro 6 palmi. La presenza dei varchi più stretti deriva da ragioni pratiche (possibilità da parte dei pedoni di attraversare i portici senza “essere impediti da carrozze”) e da motivazioni estetiche (“Aggiongo ch’essendo questi piccoli vani di transito, coperti da un’architrave in piano, il dritto di questi col curvo degli archi, mi pare apportarebbe quel più di bellezza, che desiderare si possa in cosa tale”). All’articolazione nel prospetto con archi ed elementi trabeati corrisponde nei vani interni un doppio sistema voltato (volte a crociera nel primo caso, a botte nel secondo) che, secondo lo Spada, “farebbe belliss.o vedere à chi camminasse sotto d.i portici”. Il disegno manifesta peraltro diversi solecismi, come la sgrammaticata sproporzione dell’altezza della trabeazione rispetto a quella delle paraste (addirittura 1/10) e la sciatta ed improbabile articolazione degli archivolti Fig. 14 - Progetto per i Portici di piazza S. Pietro. Sezioni (BAV, Chig., P VII 9, f. 34r). L’elaborato, a china con inserti in grafite, mette a confronto due possibili soluzioni: a corsia unica (con indicazione delle catene murate internamente) ed a corsia doppia. Nella parte alta del foglio, sono schematizzate tre inclinazioni dei raggi solari in diverse stagioni (“lumi della state”, “primavera” “et in verno”) parzialmente riportate anche nella sezione a corsia unica al fine di evidenziare la scarsa protezione assicurata; in alto a destra, compare quello che sembra uno schizzo planimetrico del portico ad una corsia, rappresentato a matrice geometrica retta. Al disegno potrebbe ricollegarsi il “disegno de’ portici doppi” che il Bernini mostra ad Alessandro VII nell’incontro del 15 ottobre 1656; in ogni caso, l’incertezza tra corsia semplice, doppia o tripla si trascinerà nelle diverse soluzioni progettuali elaborate dal Bernini, anche dopo la cerimonia della posa della prima pietra dei Portici (28 agosto 1657).

(27) ne. vie. tat. cc ad em ica ion ea taz so va lu. as alv. oe scl. us ivo u. Come anticipato, il 15 ottobre 1656 il Bernini “porta il disegno de’ portici doppi p. la piazza di S. Pietro” ad Alessandro VII; è difficile tentare una ricostruzione precisa di questo “disegno”, dal momento che la nota non ne specifica il carattere (planimetria, prospetto o spaccato). In questa fase progettuale va comunque collocato l’elaborato grafico della Biblioteca Apostolica Vaticana (fig. 14) che presenta le sezioni abbinate del portico semplice e di quello doppio, entrambe a pilastri, con l’evidente scopo di permettere un confronto incrociato; a livello planimetrico invece, un’idea del progetto va probabilmente individuatata nell’elaborato grafico conservato tra le carte chigiane (fig. 15), ripreso con minime alterazioni in una tavola del volume di Filippo Bonanni (1696) (fig. 16) accompagnata da un’eloquente didascalia (“Idea Porticus quam Eques Berninus moliri meditabur in Area Vaticana”) e ricavata, come specificato dall’autore, “ex Autographo ipsius Bernini in Bibliotheca Excentellentis. Principis Ghisii asservato”, cioè da un disegno del Bernini conservato nella biblioteca del principe Chigi31. Rispetto all’idea iniziale, le modifiche fondamentali riguardano la maggiore larghezza dei Portici derivante dall’aumento del numero delle corsie, ma anche l’accresciuto risalto attribuito alle ali. Diminuita è invece la lunghezza totale di ciascun Portico (da 950 ad 880 palmi), forse per evitare la demolizione del palazzo del Priorato, riportato nel disegno. Sia la planimetria della Biblioteca Apostolica Vaticana (fig. 15) che la tavola del Bonanni (fig. 16) mostrano anche un progetto a pianta circolare, scartato da Alessandro VII, secondo quanto riportato ancora dal Bonanni, per l’eccentricità della posizione dell’obelisco (“Verum cum in circulari Theatro centrum non obtineret obeliscus… accuratissimus Pontifex reiecit”). In altri termini, la soluzione a pianta circolare, come peraltro quella a portici retti, avrebbe comportato la perdita dell’assialità trasversale dell’obelisco, pur ampliando la superficie della piazza e migliorando la visibilità del palazzo Apostolico. Ed è anche da questa constatazione che bisognerà partire per spiegare il succesivo scatto compositivo berniniano, che determinerà l’allontamento degli archi di cerchio della futura piazza dalla scalinata della basilica.. Fig. 16 - Progetto per i portici retti di piazza S. Pietro (corsia multipla). Planimetria (da F. Bonanni, Numismata Summorum Pontificum Templi Vaticani Fabricam, Roma 1696, tav. 68). Il testo della didascalia (Idea Porticus quam Eques Berninus moliri meditabatur in Area Vaticana) riferisce direttamente al Bernini la paternità dell’idea progettuale. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. Le settimane seguenti vedono comunque un drastico rallentamento delle operazioni: dalla metà di ottobre la peste dilaga in città, toccando la massima diffusione nel corso del mese successivo e colpendo anche due fratelli del Bernini (di cui uno, a detta del Cartari, morirà), per accennare a diminuire non prima dell’inizio di dicembre: pur rifiutando di abbandonare la città, come da molti invece consigliato, Alessandro VII si rinchiude nella prediletta residenza del Quirinale e, come testimoniato dal Cartari, sarà dunque solo il 13 dicembre 1656 (non il 15, come spesso ripetuto), che si recherà a S. Pietro, esaminando “le mostre delli archi, che si pensa di fare in quella Piazza”; pochi giorni dopo, a detta ancora del Cartari (21 dicembre), il Papa siglerà un chirografo “per la compra, e demolizione di molte case, che sono in quella Piazza, per fargli dar principio quanto prima”32. Se il sopralluogo compiuto da Alessandro VII viene confermato dallo stesso Pontefice (“13 Dece.bre, Mercoledì, a 20 ½ andiamo a S. Pietro ov’è il Bernino, torniam a 22 ½”), il chirografo citato dal Cartari non sembra essere stato emesso, perlomeno in questi giorni33. A poco più di quattro mesi dalla presentazione del primo schema ed ormai in chiusura dell’anno, si entra dunque in una nuova fase, scandita dalla verifica progettuale tramite modelli a grande scala: scelta che contribuirà a determinare il successivo, radicale cambiamento compositivo.. Fiig 15 - Progetto Fig. F Progett Pr tto per i portici porti t ci retti r tt re tti di d piazza pia iazza S. S Pietro P etr Pi tro (corsia multipla). Planimetria (BAV, Chig., P. VII. 9, ff. 32v-33r). PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 25.

(28) as alv. oe scl. cc ad em ica taz. us ivo u. Entrando nel vivo dell’iter progettuale, il Bernini avverte l’impossibilità di calibrare le proporzioni della gran “machina” dei Portici vaticani sulla base solo del disegno in scala. Dalla rappresentazione grafica incisa sulla “maggior Casa” della zona, si passerà presto all’allestimento di modelli lignei: la documentazione della Reverenda Fabbrica ne documenta almeno sette, diversi tra loro per cronologia, scala, finalità35, ma tali da scandire nel loro complesso l’evoluzione compositiva e la prima fase del cantiere. Al di là di qualche generica segnalazione, i modelli berniniani sono stati tuttavia pressoché ignorati: sebbene in grado, qualora pazientemente analizzati e confrontati con i disegni pervenuti e con la stessa opera realizzata, di fornire elementi inediti ai fini della ricostruzione storica e compositiva dell’iter progettuale berniniano.. so va lu. Considerò subito il Bernino la grandezza dell’opera, la vastità della Piazza, e la vicinanza della gran mole di S. Pietro, e per questo giudicò molto fallace chiudersi in una camera e restringere in un foglio una machina così grande, ma scielse la maggior Casa che fosse in d.a Piazza, et in grande vi segnò due archi con i suoi pilastri, cornice, et balaustrata, acciò s. Santità dalla grandezza del sito ne giudicasse la proporzione ricordevole che il Buonaroti prima di principiare il Cornicione del Palazzo Farnese ne fece il modello in legno e messolo nell’altezza del suo sito riuscì così piccolo, che lo accrebbe quasi la metà, il che diede occasione a quel suo bellissimo detto che la lontananza era un inimico, con il quale bisogna combattere a campo aperto34.. ion ea. Il progetto. La seconda fase (1657). Elaborazione, verifica, presentazione: disegni, modelli, medaglie. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. Sabato 17 marzo 1657, il Bernini presenta alla Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica lo schema “in ovata forma”, cioè “il disegno de portici nella Piazza di d.a Basilica, quali nella larghezza dell’ovato abracciano la Casa del Priorato, e chiesa di S. Caterina e nella longhezza parte del Palazzo Cesi”: se il resoconto ufficiale della riunione si limita a ricordare la decisione di rimettersi alla volere del Papa (“Em.mi DD. de ea se remiserunt voluntati Sanct.is Suae”), maggiori dettagli sono forniti da una relazione redatta da Virgilio Spada e datata 19 marzo (cioè due giorni dopo), che attesta come il progetto avesse riscosso “aplauso considerabile” da parte del consesso36. Pur evidenziando diversi aspetti positivi del nuovo progetto (“con esser uscito dalla forma quadra, o più tosto parallelogramma, si sono sfuggite molte cose cattive”) ed in particolare la maggiore capienza della futura piazza e la migliore visibilità di fedeli e visitatori “dalle finestre di S. S.tà” cioè dall’appartamento pontificio (elemento peraltro verificabile anche nell’attuale piazza: figg. 17, 18), lo Spada non lesina critiche in relazione alle dimensioni (“Il disegno mostrato in Cong.ne in forma ovata, non solo gionge con la longhezza di esso ovato al Palazzo Cesis, mà entra dentro di esso molte canne, si come la larghezza non solo giunge al Priorato, mà entra anche in questo molte canne, questa tal grandezza si suole stimare eccessiva”) ed alla scarsa monumentalità degli archi e dei pilastri dei portici (“essendo la principal veduta quella che si havrà nell’uscire dala Basilica, dubitarei che per la lontananza, la vista di pochi giongesse a’ scorgere gl’archi, non che i membri di tale edificio, e che i pilastri fossero per parere tante cannuccie”), toccando tuttavia l’acme in relazione agli aspetti funzionali: dalla lunghezza del percorso da compiere per arrivare alla Basilica (“Lascio la commodità di chi viene à piedi, del sfuggire il sole, ò pioggia nel passare la piazza di S. Pietro, che volendo repararsi sotto i Portici, haveranno da fare un gran circuito e raddoppiare largamente il cammino”), allo scarso riparo dagli agenti atmosferici assicurato dai futuri. 26. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

(29) cc ad em ica ion ea taz so va lu us ivo u oe scl. Fig. 17 - Veduta della Loggia delle Benedizioni dalla piazza. L’immagine è presa dal medesimo punto della fotografia successiva (foto dell’A.) Fig. 18 - Veduta della finestra dell’appartamento papale dalla piazza. Si noti come la finestra risulti visibile anche da una posizione prossima al Portico settentrionale (foto dell’A.). PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. portici (“Aggiongo che il fine di ripararsi dal sole, e dall’acque non si conseguirà con li Portici semplici, perchè li raggi del sole per l’altezza degli archi abracciano tutto il sito dentro i portici, et il vento spingerà l’acqua parim.te à tal sito”). Ed è proprio quest’ultima osservazione a confermare come il progetto del Bernini prevedesse ancora portici ad una sola corsia non chiusi su un lato da pareti od ambienti (“gli Antichi non usarono mai Portici semplici senza appoggio à canto, perché quando vi è l’appoggio delle case, è reparato da quelle il sole, e l’acque à vento, e conseguent.te si contrasta con un solo nemico, mà questi, questi che si disegnano di fare, come che sono isolati, contrasteranno con doi nemici, cioè da tutte due le parti”). Nessuna delle modifiche suggerite dallo Spada (riduzione delle dimensioni della piazza, inserimento di pilastri binati, chiusura dei portici da un lato, etc.) troverà favorevole accoglimento, ma è indubbio che la critica relativa alla scarsa protezione offerta da portici “semplici” a corsia unica verrà recepita dal Bernini che proporrà, come vedremo, prima una duplice e, successivamentre, una triplice corsia. È difficile dire con esattezza quando il Bernini abbia cominciato ad abbandonare lo schema planimetrico quadrangolare: interessanti tracce possono essere individuate nel già citato memoriale di ambito berniniano, che ricorda come Alessandro VII “conoscendo che non si può accertatamente dar giuditio dell’altezza, se prima non si vede la sua longhezza, ordinò all’Architetto, che sopra molti Travi dritti facesse ricorrere una traversa tanto longa quanto fosse la longhezza del Portico non comportando ne il tempo, ne la spesa il farne un’intiero modello. Si portò N. Sig.re à vedere questa dimostrazione, e con ingegno più che humano, non solamente determinò l’altezza dell’opera, ma ne giudicò la forma, cosa che fece stupire l’istesso Architetto invecchiato in questa professione, imperciò che poco si fermò à vedere se voleva essere più bassa, ò più alta, ma … antivedde subito gl’inconvenienti che s’incontravano in fare il Portico in forma quadrata, impercioche la sua altezza in quella forma haverebbe impedito al Popolo la veduta del Palazzo, et al Palazzo il prospetto della Piazza, accresciendosi l’Inconveniente mercè che solendo il Papa dalle fenestre dare la Benedittione a’ i Pellegrini, e processioni che l’anno Santo. PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 27.

(30) Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. cc ad em ica ion ea taz so va lu. us ivo u. vengono per riceverla in questo modo non poteva benedirli se non in grandissima Lontananza, oltre che si veniva ad impicciolire, e dividere la Piazza, lasciando frà il Palazzo, et il Portico un sito morto, quale facilmente riempito d’immonditie haverebbe trasmessi al Palazzo vapori assai dannosi. Havendo dunque in un’istante antiveduti S. Santità gl’incovenienti che s’incorrevano nel far d.o Portico in forma quadra con giuditio più che humano risolse farlo in forma ovata”37. Se non è da escludere che il ruolo svolto da Alessandro VII venga enfatizzato con cortigiana adulazione, può essere confermato con certezza, come si è visto, il sopralluogo del Papa e l’incontro con il Bernini a S. Pietro (13 dicembre 1656) ed è dunque possibile che la verifica ricordata nel memoriale berniniano possa essere avvenuta in quell’occasione (o, meno probabilmente, il 22 dicembre successivo), dal momento che nei tre mesi precedenti, condizionati dal picco di mortalità dell’epidemia, non sono ricordati altri sopralluoghi del Pontefice, peraltro confinato come detto nel palazzo del Quirinale per sfuggire ai pericoli del contagio; sappiamo inoltre che il 14 dicembre, ovvero il giorno dopo il sopralluogo papale, il falegname Cosimo Carcani viene inserito nella lista dei beneficiari di pagamento (50 scudi, che si sommano ad un sostanzioso acconto di 260) per la fornitura di “legnami” alla Reverenda Fabbrica e che nella piovosa giornata del 4 febbraio 1657 il Pontefice riceve prima Virgilio Spada e poi lo stesso Bernini, discutendo “a lungo circa il Portico di S. Pietro”, incontro replicato l’11 febbraio38. Rientrato nel palazzo Vaticano il 14 febbraio, come ricordato nel diario dell’ufficiale delle Guardie svizzere Martino Vebro, Alessandro VII riceve nuovamente il Bernini quattro giorni dopo (18 febbraio); il 12 marzo, appena cinque giorni prima della presentazione del progetto alla Sacra Congregazione, il Papa registra sul diario la decisione di “parlare dei portici ancora” con il Bernini39. Dal momento che nel gennaio 1657 è registrato un solo colloquio tra Alessandro VII ed il Bernini, incentrato sulla Cattedra e non sulla sistemazione di piazza di S. Pietro, è probabile che – dando credito alla testimonianza berniniana – emersa la concreta esigenza di allargare trasversalmente l’invaso a seguito anche della prova in loco e del sopralluogo papale (dunque, non prima del 13 dicembre 1656), il progetto ovale, nella versione presentata ufficialmente alla Sacra Congregazione il 17 marzo, sia stato studiato nel gennaio del 1657 e – dal momento che sarebbe assurdo pensare che il Bernini abbia elaborato il nuovo schema progettuale fino alla presentazione senza discuterne preventivamente con il Pontefice – messo a punto nel periodo che comprende febbraio e la prima metà del mese successivo (cioè nel corso dei ripetuti incontri tra il Bernini ed il Papa), per essere infine sottoposto all’esame della Sacra Congregazione, appunto, il 17 marzo: un lavoro di progressivo affinamento testimoniato da un rapido schizzo riferibile allo stadio iniziale della ricerca40 (fig. 19).. PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Se questa è la probabile cronologia iniziale del nuovo progetto berniniano, ben poco è stato scritto finora sulla sua impostazione architettonica, a parte l’ovvia rinuncia compositiva della pianta “quadrangolare” in favore di quella “ovata”, quasi come se la documentazione disponibile non fosse tale da permettere una plausibile ricostruzione della soluzione presentata. È possibile invece delineare un quadro dettagliato, utilizzando come riferimento privilegiato proprio quel modello ligneo, la cui mancata considerazione ha precluso la possibilità di interpretare correttamente il lavoro condotto dal Bernini. In virtù anche del “considerabile aplauso” ricevuto dalla Sacra Congregazione il 17 marzo, il progetto viene infatti sottoposto ad un’immediata verifica attraverso un modello al vero; in lavorazione già a marzo (mese in cui viene versato un cospicuo acconto di 200 scudi per il “modello di legnio e tela in grande. 28. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

(31) cc ad em ica. oe scl. us ivo u. so va lu. taz. ion ea. Fig. 19 - Schizzo di piazza S. Pietro con una prima idea per i portici curvi (BAV, Chig., H. II. 22, f. 155v). Di ridotte dimensioni, il disegno prefigura l’allargamento trasversale della piazza attraverso l’inserimento di due portici semicircolari, al posto di quelli rettilinei inizialmente progettati dal Bernini (uno dei quali sembra abbozzato sulla destra). L’area rettangolare in basso corrisponde probabilmente allo spazio antistante la facciata della basilica. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. d lli archi delli hi del d l portico”) ti ”) e saldata ld t il 14 aprile il 1657 l’opera, l’ eseguita it da d una figura professionale molto attiva nel cantiere vaticano come il falegname Cosimo Carcani, traduce plasticamente una soluzione definita in tutte le sue componenti, come testimoniato dai dettagli ricordati nella nota di pagamento e dalla rilevante spesa finale (oltre 800 scudi, ridotti dal Bernini a 516)41. I tre “archi di legname” allestiti direttamente sulla piazza ripropongono il consueto modello compositivo basato sullo schema ‘romano’ dell’arco inquadrato dall’ordine: impostato su uno zoccolo alto 4 palmi (poco meno di cm 90) ed una base alta 2 ½ (cm 56 circa), il fusto di ciascun pilastro si innalza per un’altezza fino all’imposta degli archi compresa pari a 27 ½ palmi (poco meno di cinque metri e mezzo) e complessiva di 38 ½ (cm 860). Gli archi sviluppano un diametro di 22 palmi (circa 4.90 metri); non viene specificato il tipo di ordine architettonico adottato, ma le proporzioni del capitello (larghezza 7 palmi, altezza 2½) e, soprattutto, le “Goccie sotto al Membretto, et risalto delli Triglifi che sono n° 16” indicano l’adozione di un ordine dorico classico, alto complessivamente, dunque, palmi 43 ½ (47 ½ con il piedistallo)42. La trabeazione viene articolata in architrave (altezza: 2 palmi, circa cm 45), fregio (3 ¾ palmi, poco meno di cm 84) e cornice (4 ¾ palmi, cm 106): sommando, un’altezza di 10 ½ palmi, ovvero canonicamente circa ¼ di quella della componente verticale. Elemento conclusivo dell’opera, l’imponente balaustrata (altezza 9 palmi, oltre 2 metri) è articolata in basamento, zoccolo e balaustri alternati a piedistalli (in asse con le sottostanti paraste) e coronata da statue alte ben 12 palmi (cm 268). Il pagamento “alli facchini che hanno portato le statue dalla fabbrica al Pittore e poi riportate dipinte a S. Pietro” attesta l’alto grado di verosimiglianza ricercato anche negli elementi ornamentali43. Nel complesso, il portico berniniano sarebbe stato alto, includendo, in basso, lo zoccolo e, in alto, la balaustrata, 67 ½ palmi (circa 15 metri); alla luce di tutto questo, anche per il primo progetto a pianta ovale risulta possibile delineare una ricostruzione (figg. 20, 21).. PD. FA. uto. L’incarico a Virgilio Spada di trattare i capitolati esecutivi con i capomastri muratori e scalpellini – conferitogli dalla Sacra Congregazione il 7 aprile 1657, cioè ancora prima che il grande modello ligneo venga interamente. PARTE. PRIMA. • PROGETTO. E REALIZZAZIONE. 29.

(32) PD. FA. uto. re. MA. rce. llo. Vi. lla. ni -. Di. ffu. sio. ne. vie. tat. as alv. oe scl. cc ad em ica ion ea taz so va lu. us ivo u. completato44 – sembra confermare la volontà di passare alla fase realizzativa e dunque, implicitamente, il gradimento nei confronti del progetto berniniano. Al contrario, quest’ultimo verrà presto accantonato e, già nelle settimane successive, l’architetto sarà impegnato a modificarlo sensibilmente, fino a pervenire ad un primo punto fermo databile domenica 20 maggio 1657, giorno in cui il Papa annota sul diario “Il Cav. Bernino mostra la pianta e alzata del Portico di S. Pietro, e lo concludiamo così”45: affermazione da interpretare peraltro in termini assolutamente relativi dal momento che, anche dopo il 20 maggio, il Bernini continuerà ad occuparsi a lungo del progetto apportando rilevanti modifiche. Nelle settimane successive continuano infatti gli incontri tra il Papa, il Bernini e lo Spada (22 maggio, 10 e 12 giugno) e contemporaneamente è documentata la redazione di disegni da parte di Lazzaro Morelli, uno dei più stretti collaboratori del Bernini; in ogni caso, poco più di quindici giorni dopo la perentoria affermazione papale del 20 maggio, un Avviso (7 giugno 1657) rende noto che “dalla prossima settimana ha ordinato il Papa doversi principiare la magnifica fabbrica del già disegnato teatro sopra la piazza di S. Pietro”46. Nel giro di poche settimane (14 aprile-20 maggio 1657) il progetto a pianta ovale scandito da archi inquadrati dall’ordine, che pure aveva riscosso la piena approvazione della Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica appena il 17 marzo precedente, viene dunque abbandonato, per essere successivamente sostituito dallo schema a colonne trabeate: appare opportuno interrogarsi sulle motivazioni alla base di una tale imprevista evoluzione. È stato più volte sostenuto come l’abbandono del modello compositivo ad archi sia stato motivato dalla difficoltà dell’inserimento di questi ultimi nel prospetto esterno: per la disposizione radiale dei piedritti e conservando inalterate la quote d’imposta e della trabeazione, la luce degli archi stessi sarebbe infatti risultata esternamente maggiore, rendendo necessario un andamento ovale (od ellittico) dell’archivolto, di fatto inaccettabile47. Non si è riflettuto sul fatto che non è credibile che un uomo dell’esperienza del Bernini, per di più affiancato da uno sperimentato tecnico come Marc’Antonio de Rossi, si sia reso conto così tardi (addirittura dopo aver fatto realizzare un modello al vero, peraltro non comprendente l’intera sezione dell’opera) dell’ovvia conseguenza geometrica derivante dalla disposizione radiale di più archi; e non si è ricordato che, di lì a pochi anni nella chiesa chigiana dell’Assunta ad Ariccia, lo stesso Bernini avrebbe saputo gestire con disinvoltura l’accostamento diretto e senza mediazioni di archi di luce diversa. Appare dunque opportuno poggiare su elementi concreti la ricerca delle motivazioni dello scatto compositivo operato. In questo senso, un sicuro riferimento è offerto dal modello al vero realizzato dal Carcani nel marzo-aprile 1657: dal confronto dei dati ricavabili dal modello con la precedente soluzione berninana con portici retti ad archi (testimoniata, come si è dimostrato, dall’elaborato grafico della Biblioteca Vaticana) e, in secondo luogo, con le successive scelte progettuali, emergono infatti diversi elementi interessanti: a) nel proporzionare l’ampiezza degli archi, il Bernini sembra tener conto, verosimilmente a malincuore, della critica avanzata in precedenza dallo Spada in relazione all’insufficiente diametro degli archi del primo progetto (“dico che nel cortile di Monte Cavallo, mi pare che quelli archi rieschino meschini a quel gran cortile, e pure vi entrano due carrozze al pari per traverso, che vuol dire larghezza non minore di palmi 19, adunque li palmi 20, destinati a’ gli archi di questi nuovi portici in una piazza di S. Pietro potrebbero parere molto meschini che però crederei dovessero esser larghi almeno palmi 24”)48: tra la misura suggerita dallo Spada (24 palmi) e quella del suo progetto criticato. 30. IL COLONNATO. DI PIAZZA. S. PIETRO.

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