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Il vertice decisionale La Sacra Congregazione, l’economo segretario

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 67-72)

Non è così scontato indicare quali figure incarnino, nel caso del Colonnato di piazza S. Pietro, il vertice decisionale. Come si è già avuto modo di evidenziare, in- fatti, la funzione svolta da Alessandro VII non si esaurisce nella sostanziale impo- sizione alla Reverenda Fabbrica della realizzazione dell’opera, superando resistenze e perplessità. Il ruolo svolto dal Papa, in particolare nell’ottica dei rapporti con il Bernini, verrà analizzato più avanti; in ogni caso in cima alla piramide direttiva si colloca l’organismo istituzionalmente preposto alla direzione della Reverenda Fab- brica di S. Pietro, ovvero la Sacra Congregazione1.

La necessità di individuare un’assise che potesse regolare le molteplici questioni connesse ad un cantiere di grande impegno gestionale come quello della basilica petriana aveva indotto Clemente VII de’ Medici (1523-1534) ad istituire con la bolla Admonet Nos (12 dicembre 1523) il Collegium LX virorum, la cui diversificata composizione (curiali, giuristi, tecnici, esperti in questioni economiche, diplomatici, etc.) rifletteva la complessità dei problemi che l’organismo era chiamato ad af- frontare. Pur godendo di ampi margini di autonomia, il Collegium rimaneva co- munque sotto il controllo del Papa: l’inclusione di rappresentanti dei maggiori Stati europei aveva d’altra parte il significato di un’esplicita apertura internazionale, quasi a ribadire, in chiave antiluterana, il carattere ecumenico della grande opera intrapresa. Se appare evidente come, ai fini operativi, un insieme di sessanta persone dovesse definire al proprio interno un gruppo direttivo ristretto, è da notare come tale esigenza fosse destinata tuttavia a rimanere a lungo priva di una ufficializzazione. Messa a punto la macchina organizzativa della Fabbrica attraverso importanti provvedimenti burocratici (in merito soprattutto alla razionale distri- buzione dei rappresentanti della Fabbrica al di fuori della città Roma, i cosiddetti

commissari, incaricati soprattutto di raccogliere i fondi provenienti da tributi,

legati, offerte) e superata infine la latente dicotomia con il Capitolo di S. Pietro (risolta per volere di Sisto V il 4 marzo 1589, con la nomina dell’Arciprete della basilica Vaticana a capo della Reverenda Fabbrica), l’attività del Collegium proseguì fino ai primi anni del Seicento, quando Clemente VIII Aldobrandini (1592- 1605) elevò allo status di Congregazione l’organismo direttivo della Reverenda Fabbrica di S. Pietro: un atto che, come evidenziato da Renata Sabene, va inqua- drato nel processo di riordino e valorizzazione delle Congregazioni, promosso alcuni prima dall’energico Sisto V Peretti (1585-1590).

Il decisivo passaggio dal Collegium LX virorum, un organismo che si era peraltro rivelato non immune da inefficienze gestionali e scorrettezze ammini- strative, alla Sacra Congregazione comportò un indubbio snellimento organiz- zativo: non eliminando, tuttavia, l’esigenza di individuare forme di articolazione interna tali da favorire una più efficace azione rivolta alle diverse problematiche del grande cantiere. In altri termini, anche nell’ambito della Sacra Congregazione si avvertì presto l’opportunità di individuare un gruppo ristretto delegato ad esa- minare ed a deliberare su specifiche questioni, in primo luogo di tipo tecnico, conservando naturalmente all’organismo maggiore la funzione deliberativa a livello generale. Frutto di questa esigenza fu la distinzione tra la congregazione

generale e quella particolare; la Heimbürger Ravalli ha indicato in Virgilio Spada

l’autore dello statuto della congregazione particolare (o piccola), segnalando alcune copie del documento conservate presso l’archivio Spada2; un efficace quadro della composizione di quest’ultima all’inizio dei lavori del Colonnato (agosto 1657) si deve allo stesso Spada3, che ricorda la presenza del “più anziano” dei Cardinali della Congregazione “grande” (cioè quella generale), ovvero Francesco Barberini (fig. 41), del tesoriere (mons. Fransoni, cardinale dal 1660), dell’avvocato della Reverenda Fabbrica (Antonio Severoli), del giudice (Giovanni Carlo Ve- spignani), del segretario economo (Andrea Ghetti), del computista (Vincendo Bardini), dell’architetto (Giovan Lorenzo Bernini), del soprastante (Benedetto Drei, assistito da Marc’Antonio de Rossi) e del fattore (Giacomo Balsimelli), con la significativa aggiunta del cardinale Flavio Chigi “per gratia fatta dalla S.tà di N. Sig.re”, cioè per esplicito volere di Alessandro VII evidentemente interessato ad avere un suo diretto referente nell’ambito del ristretto consesso. È da evidenziare tuttavia come, sulla scorta dello spoglio dei verbali congregazionali, la composi- zione della congregazione particolare non corrisponda sempre al quadro delineato dall’Oratoriano4. Ancora lo Spada mette in evidenza la frequenza molto diversa delle due congregazioni: se quella generale infatti “si tiene di rado solendosi fare solamente con occasione o’ d’intraprendere nuove fabriche di consideratione, o’ di cause non ord.rie, e litigiose”, quella particolare si “suol radunare ogni mese perche trattandosi prima de’ lavori, che si hanno per le mani, e delle spese, che occorrono à fine di pagare gl’artiggiani, non si suol differire oltre il mese, et il solito è di farla nella p.ma settimana di ciascun mese”. Si può aggiungere inoltre come lo svolgimento di lavori si articolasse generalmente in una prima parte, de- dicata alla gestione delle opere ed agli aspetti economici ad esse legati, con parte- cipazione di tutti, seguita da una seconda sessione a composizione contenuta – senza cioè architetto, soprastante e fattore – in cui, come ricorda ancora lo Spada, “si leggono i memoriali, che sogliono essere non meno di 50 in c.a, à quali si ri- ferisce col voto dei Congregati”. Infine, è opportuno puntualizzare come l’utiliz- zazione di tre diverse sedi per le riunioni congregazionali (palazzi del Vaticano, del Quirinale e della Cancelleria) negli anni del Colonnato (1656-1667) rispec- chiasse puntualmente la coesistenza di altrettanti centri di gestione e di controllo: se il primo è ovviamente legato all’ambito di attività della Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica di S. Pietro, il secondo, dimora prediletta da Alessandro VII, evidenzia il ruolo egemonico del Papa; il palazzo della Cancelleria, invece, non è altro che la residenza ufficiale del cardinale Francesco Barberini nella sua qualità, dal novembre del 1632, di vice Cancelliere di Santa Romana Chiesa ma al tempo stesso, come Arciprete della basilica vaticana, di prefetto della Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica.

Nel caso specifico del Colonnato, tuttavia, l’articolazione tra congregazione

generale e particolare si dimostrerà insufficiente, portando alla creazione di una

commissione ancor più ristretta, la congregazione minore, la cui prima convocazione documentata, sulla base dei verbali congregazionali, sembra risalire al 29 marzo 16605: è tuttavia possibile (anche se poco probabile) che, in considerazione del carattere eccezionale e della composizione estremamente ristretta, i primi incontri non siano stati registrati. L’atto di nascita della congregazione minore può essere identificato verosimilmente in un appunto di Alessandro VII (“Si adunino un’hora ogn. 7mana… Ferrini, P. Virgilio, il Bernini”), conservato tra le carte del Pontefice: datata erroneamente da Daniela del Pesco alla seconda metà del 1666, la nota è ovviamente precedente di diversi anni, dal momento che Virgilio Spada muore nel dicembre del 16626. Anche in virtù della convocazione del marzo 1660 pre- cedentemente ricordata, risulta dunque possibile pensare appunto all’inizio del 1660, periodo peraltro cruciale, come si vedrà, per le sorti del Colonnato7. Formata,

nella sua composizione base, da tre sole persone, alla congregazione minore viene attribuito un carattere prettamente operativo: se al Bernini ed alla Spada è riferita la competenza tecnico-gestionale, mons. Antonio Ferrini, Elemosiniere segreto di Alessandro VII fino alla morte (dicembre 1666, cinque mesi prima di quella del Papa), peraltro già coinvolto in quegli anni come latore di istruzioni relativamente ad interventi artistici, rappresenta la longa manus del Pontefice, con compiti di informazione e di controllo. In ogni caso, la decisione di istituire la congregazione

minore conferma l’eccezionalità dell’opera berniniana tale da richiedere, appunto,

un organismo estremamente agile in grado di risolvere con immediatezza questioni specifiche e, in secondo luogo, la vigile supervisione papale che tramite il Ferrini, ma anche attraverso i frequenti contatti con lo Spada ed il Bernini, trovava modo di dispiegarsi.

Come in parte già evidenziato, il ventaglio delle competenze della Sacra Con- gregazione è decisamente vasto; per ciò che riguarda il Colonnato, il consesso discute innanzitutto le richieste economiche delle diverse maestranze e quelle avanzate da fornitori ed appaltatori, autorizzando l’inserimento nella lista dei pa- gamenti8, oltre naturalmente a delicate questioni architettoniche e tecniche9. La congregazione minore talvolta si riunisce solo per autorizzare il pagamento ai ca- pomastri scalpellini od ai muratori, come ad esempio il 12 agosto 1661.

È ancora nella riunioni congregazionali che si decide di diversificare le modalità di pagamento agli appaltatori: dalla fine del 1663, i capomastri scalpellini ricevono infatti metà dell’importo dovuto sotto forma di titoli di Stato10. Ed è alla Sacra Congregazione che si rivolgono, già dalla prima fase dei lavori, maestranze, capo- mastri e sub-appaltatori per ottenere giustizia11, la nomina di un perito neutrale in caso di divergenze sulle misure delle opere condotte o semplicemente elemosine12. A questo proposito, un caso emblematico è quello che riguarda Giuseppe Bucci- mazza, che lamenta un ingiustificato abbassamento della cifra riconosciutagli per lo scavo relativo al Portico meridionale, con indebito guadagno degli appaltatori che si erano impegnati con la Fabbrica a versargli quanto dovuto13; poco più di un mese e mezzo dopo (20 novembre 1665), viene consegnata la perizia redatta da Giuseppe Paglia, il frate domenicano molto attivo nei cantieri della Roma barocca14. Alla Sacra Congregazione si rivolgono anche figure esterne al cantiere, che se- gnalano danni o prevaricazioni derivanti da attività collegate all’opera. È il caso, ad esempio, di Marco Ambrogio Incoronati, proprietario di un orto “di quattro pezze” (poco più di un ettaro) nei pressi di Porta fabbrica, che nel gennaio 1666 denuncia come nella sua proprietà da oltre due anni “li ministri della R. fabbrica hanno fatto buttare il calcinaccio levato dalli gettiti fatti per li Portici di S. Pietro in modo tale, che all’oratore non l’è restato se non il sito, essend’un monte di cal- cinaccio senza la casa, Pozzo, arbori, e tutto deserto”; dal momento che lo stesso Incoronati ricorda di aver inviato diversi memoriali, anche all’economo della Fab- brica, rimasti senza alcun seguito, appare evidente come il ricorso ai cardinali della Congregazione rappresenti l’extrema ratio per ottenere il risarcimento dei danni subiti15. Al di là del caso segnalato, numerosi sono comunque i memoriali inviati alla Sacra Congregazione da uomini e donne, appartenenti a diverse categorie so- ciali, motivati dalle più varie cause.

Se questo è il quadro di riferimento, riassumere frequenza e tipo delle riunioni congregazionali per il periodo corrispondente alla realizzazione del Colonnato (1656-1667) (tabella 1) porta ad evidenziare ulteriori elementi. Innanzitutto, in accordo con quanto affermato dallo Spada, appare chiaro come la congregazione

generale venga convocata molto raramente, talvolta il giorno prima di quella minore, come ad esempio, il 15 luglio 1661 nel palazzo del Quirinale: in questa

occasione risulta composta dai cardinali Francesco Barberini, Pallotta, Astalli, Al- dobrandini, di S. Susanna, Borromeo, Pio, Raggi e Chigi, e dai presuli Auditore

Fig. 41 - Ottavio Leoni (1578-1630). Ritratto del cardi- nale Francesco Barberini (1597-1679) (Roma, Istituto Centrale per la Grafica, FC 93010, sc. 36)

Fi F

della Camera, Tesoriere Generale, Boncompagni prefetto del Sacro Palazzo, Cerri decano della Sacra Rota, Caracciolo decano della Reverenda Camera, Virgilio Spada Precettore di S. Spirito e mons. Ferrini Elemosiniere di Alessandro VII16. La tabella mostra, soprattutto, la frequenza tutt’altro che omogenea delle riunioni: è possibile notare infatti un’evidente intensificazione tra la fine del 1659 e la prima metà del 1661. Come già evidenziato, si tratta in effetti di un periodo cruciale per la storia esecutiva del Colonnato, in cui si assumono decisioni, come quella asso- lutamente rilevanta di ricorrere al sistema degli appalti esterni, tali da mutare alla radice l’organizzazione del lavoro.

Strettamente connessa alla Sacra Congregazione è la figura dell’economo se- gretario: a lungo distinti, i due ruoli sono riunificati nella stessa persona dal primo agosto 1655, un anno prima dell’inizio della vicenda del Colonnato17. L’importanza delle mansioni svolte, il rapporto diretto con il Prefetto della Sacra Congregazione (formalmente, la massima autorità dell’organismo, a capo anche del Capitolo di S. Pietro, in qualità di arciprete della Basilica vaticana) e, di norma, l’estesa durata temporale del mandato (dal 1637 al 1700, cioè per lo spazio di oltre sessanta anni, si registrano solo quattro avvicendamenti) hanno fatto paragonare la qualifica dell’economo-segretario a quella del moderno direttore generale di un ente statale18. Come ricordato anche nelle memorie dell’ecclesiastico Giuseppe Cervini, dal marzo 1660 (e fino al 1667) economo segretario della Reverenda Fabbrica di S. Pietro è monsignor Carlo Antonio Dondini, che succede ad Andrea Ghetti, in carica addirittura dal 163719. È nel corso del loro mandato, dunque, che viene realizzato il Colonnato.

Se, in qualità di segretari, Andrea Ghetti e successivamente il Dondini sotto- scrivono i verbali delle riunioni della Sacra Congregazione (ovvero i documenti ‘ufficiali’ dell’attività della Reverenda Fabbrica), come economi sovrintendono alla gestione economica; il che contribuisce a spiegare il riconoscimento dello stipendio più alto tra quelli degli provisionati della Fabbrica20. Nel caso specifico del Colonnato, l’economo segretario comunica al computista l’entità di ciascun pagamento, autorizzando l’emissione dei mandati di pagamento da parte dello stesso computista, generalmente previa delibera della Congregazioneo su richiesta del Bernini21.

Sebbene i suoi compiti non rientrino nella sfera tecnica, può capitare che l’e- conomo segretario si attivi per sollecitare gli appaltatori od addirittura effettui dei sopralluoghi in cantiere, soprattutto nel caso di controversie di carattere economico: il 20 novembre del 1665, ad esempio, il Dondini assiste alla verifica della profondità

Tab. 1 - Frequenza delle riunioni congregazionali della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (gennaio 1656 - maggio 1667) (g: Congregazione generale; p: Congregazione par- ticolare; m: Congregazione minore)

delle fondazioni del Portico meridionale ad opera di Giuseppe Paglia, nominato in precedenza perito al fine di dirimere uno spinoso contrasto sorto tra gli appal- tatori ed il responsabile dello scavo22; oppure può succedere che l’economo segre- tario riceva l’incarico di ispezionare il sito dove dovrebbe essere scaricata la terra tolta per spianare la piazza di S. Pietro23.

Sebbene sia trattato con deferenza dagli altri offitiali, infine, anche il computista Vincenzo Bardini (e, dopo di lui, Giuseppe Gambirasi), è di fatto un semplice

provisionato della Reverenda Fabbrica di S. Pietro; come tale, più di una volta co-

stretto a perorare per il riconoscimento di qualche suo diritto, soprattutto di tipo economico. Nel dicembre 1658, ad esempio, il Bardini supplica la Sacra Congre- gazione di riconoscergli “qualche restoro”, facendo notare come la metà del suo onorario mensile di 12 scudi venga in realtà versato al suo “Giovine aiutante” e, soprattutto, come il suo lavoro si sia molto accresciuto “al presente” (chiara allusione al maggior impegno in termini di contabilità derivante dai grandi lavori in Vaticano promossi da Alessandro VII); ancora il 28 giugno 1662, lamenta di non aver ricevuto alcun emolumento supplementare, a differenza del soprastante e del fattore, supplicando “umilmente” di riconoscergli qualche corrispettivo24. Le mansioni del computista riguardano essenzialmente la redazione e la trascrizione di conti, versamenti, interessi e documenti vari inerenti la sfera economica della Fabbrica; impressionante è l’elenco di registri e libri mastri a lui affidati: un “libro Mastro dove si raguagliono tutte l’Entrate, et uscite de denari”, un “Giornale dove si notano tutti li denari, et entrate che vengano di Spagna Portogallo, e Nap.li et altri luoghi fuori di Roma”, ovvero i tributi versati alla Reverenda Fabbrica, un “libro Rincontro alla S.ri Deposit.ri dove si nota tutto quello che entra, et esce giornalm.te”, quattro libri mastri relativi ai possessori ed agli interessi dei luoghi di Monte e degli altri titoli di stato, un registro “detto de Manuali” dove vengono riportati i lavori condotti dagli scalpellini, scultori, pittori e le altre maestranze; infine, un libro mastro dove sono annotate tutte le monitioni della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (cioè il materiale di proprietà, come ferri, utensili, piombo, rame, eventualmente dato in prestito o ceduto a soggetti esterni)25.

Per ciò che concerne in particolare il Colonnato, compito fondamentale del computista è firmare, dietro disposizione dell’economo segretario, i mandati di pagamento, in particolare quelli a beneficio degli appaltatori; connesse a questa funzione sono le numerose comunicazioni che intercorrono tra la direzione tecnica e lo stesso computista, di cui rimane ampia testimonianza nell’archivio della Re- verenda Fabbrica.

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 67-72)