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L’esecuzione Il Portico meridionale e le opere di completamento (1661 1667)

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 48-64)

La storia del Portico meridionale (figg. 34-36) ha inizio ancora prima che sia completato quello settentrionale, in particolare per ciò che concerne lo sgombero dell’area, le fondazioni e gli accordi con gli appaltatori. Il 2 novembre 1660 il verbale della Congregazione minore riporta la richiesta del Bernini di nominare un responsabile incaricato “mensurandi, et aestimandi Domos di- ruendas”, ovvero di misurare gli edifici da demolire per liberare la superficie, mentre il giorno dopo sono citate le cinquanta “Notificationi per Cavar terreno per li nuovi fondamenti” ed altrettante “per quelli che vogliono attendere a fare li fondamenti all’altro giro delli portici di S. Pietro”109. La circostanza singolare è che già nell’aprile precedente Giuseppe Buccimazza aveva redatto un testo con cui si impegnava ad eseguire lo scavo per le fondazioni ad un prezzo convenuto ed il 14 ottobre 1661 era seguito l’effettivo accordo o Obligo che riprendeva, al di là di qualche modesta variazione nei prezzi, quanto stabilito in precedenza110. Una malcelata preferenza dei vertici della Reverenda Fabbrica nei confronti del Buccimazza viene peraltro confermata dal verbale della Con- gregazione minore del 20 giugno 1660, in cui si delibera che, a parità di offerta, venga comunque preferito lo stesso Buccimazza (“D. Sec.rius consideret obla- tiones, et in pari oblatione praeferat Bucimatium”)111. Nel contratto, quest’ul- timo si impegnava anche a spianare successivamente l’area della piazza (opera effettivamente condotta al termine dei lavori del Colonnato, circa sei anni dopo), ricevendo 25 giuli per canna cuba asportata e depositata “for di Porta fabrica nell’orto delli sig.ri incoronati vecino alla muraglia di Roma”. Come di consueto, il Buccimazza avrebbe dovuto cedere pietra e tevolozza rinvenute nello scavo (per il corrispettivo di 7 baiocchi la carrettata), riservandosi tuttavia il materiale eventualmente messo in luce nella spianatura della piazza.

Il 4 novembre 1660 si approvano i modesti pagamenti per le già citate “Notificationi per cavar terreno per li nuovi fondamenti de portici di S. Pietro” e, alcuni giorni dopo (16 novembre), “per quelli che vogliono attendere a fare li fondamenti all’altro giro delli portici di S. Pietro”112.

Il 17 novembre sono stipulati i Capitoli con Andrea Appiani, Carlo Pier- visani, Giovanni Francesco Ghetti e Bonifacio Perti il cui testo, già approvato in precedenza nella Congregazione minore, era stato ratificato da quella par- ticolare cinque giorni prima113: i quattro appaltatori scalpellini si impegnano a realizzare le opere in travertino del Portico meridionale in soli tre anni (mag- gio 1661-maggio 1664), in base ad un rigoroso programma scandito dalla consegna di un terzo del lavoro totale al conclusione di ciascun anno114. Al fine di assicurare la perfetta identità tra i due Portici, per quello meridionale si utilizzeranno “puntualmente le centine, e modenature già fatte”, cioè quelle utilizzate in precedenza per il settentrionale. Particolare attenzione viene ri- servata alla qualità del materiale, che non poche diatrìbe aveva suscitato nei mesi precedenti: se gli appaltatori promettono di “fare le Colonne, e gl’altri lavori migliori di quelli che si sono fatti sin hora nel Portico che al presente si lavora”, questo impegno si traduce nella prescrizione che riguarda l’utilizzo “di Travertino tutto di Tivoli” per ciò che concerne le parti più in vista (il I° giro di colonne, oltre alle trabeazioni del IV°) e nel rigoroso controllo affidato “all’Em.mo Sig.r Cardinale Chigi, ò di chi Sua Emin.za ordinarà”. Ai capo- mastri viene tuttavia riconosciuta un’ampia autonomia (“Che la R. Fabrica debba lasciare la total cura, governo, e amministrazione concernente quest’o- pera alli detti mercanti… ne alcuno altro ve si possa ingerire senza loro con- senso”), limitata solo dal periodico controllo operato dalla committenza (“ec-

cettuati però quelli che saranno deputati da S. E. à riconoscere, e rivedere il lavoro”). Rimane comunque l’obbligo da parte della Fabbrica di trasportare i blocchi di travertino ai tetti degli scalpellini “quando bisogna”; come già per l’appalto relativo al Portico settentrionale, il trasporto dal luogo di lavorazione alla posizione assegnata nel Colonnato ed il montaggio dei blocchi di pietra saranno a totale carico della Reverenda Fabbrica (quest’ultima, come vedremo, delegherà tuttavia il lavoro agli appaltatori delle opere murarie). Infine, i prezzi: 480 scudi per ciascuna colonna rifinita a regola d’arte (ammontare ri- ferito al secondo Giro) e cifre variabili da 3 ½ a 4.80 scudi a carrettata per il rustico delle diverse componenti della trabeazione, con l’aggiunta da 7 a 11 baiocchi al palmo per la fattura (ovvero la lavorazione dei blocchi sbozzati).

Lo scavo per le fondazioni inizia meno di due mesi dopo; il 22 gennaio 1661 viene ricordato infatti come “Si seguitano a cavare li fond.ti del portico dalla parte verso Cesi”115; quasi contestualmente (29 gennaio) la Sacra Congregazione ratifica i Capitoli dell’Appalto del Portico con i capomastri muratori Simone Brogi, Giovanni Albino Agustone, Giacomo Pelle e Pietro Ostini, il cui testo viene letto in congre- gazione dal notaio della Reverenda Fabbrica116. I Capitoli riguardano innanzitutto le fondazioni del nuovo Portico che, una volta ultimato lo scavo, dovrano essere realizzate in pezzame di tufo di piccole dimensioni (“non più grossa di un mezzo palmo”), mescolato con calce grassa e pozzolana. Gli altri punti dell’accordo fissano i prezzi per i muri in pietra ed in tevolozza (realizzati con calce e pozzolana), gli archi, le volte (quelle di luce non superiore a 15 palmi con spessore “in cima” di un palmo ed un quarto, le più grandi aventi spessore di un palmo e mezzo: en-

Fig. 34 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Sulla destra, l’attacco con il Corridore o Braccio di colle- gamento con la basilica (foto dell’A.)

trambe rinfiancate e misurate “in piano, e si calcolino per muri dua, e mezzo, da pagarsi al prezzo de i muri di pietra”) e, infine, i tetti. Clausola importante è quella che impegna i capomastri a “far condurre sotto li tetti delli scalpellini tutti quei sassi, che bisognaranno per lavorarli e rivoltargli secondo il bisogno, e doppo lavorati, con ogni diligenza condurli sopra senza far schianti, e poi tirarli su, et ag- giustati, e ritoccati, che saranno dalli scalpellini, mettergli in opra, e che siano bene in piano, et a piombo con sua calce di stucco sotto, e di fuori”: un’operazione, come detto, di cui la Reverenda Fabbrica si era assunta la responsabilità con gli scalpellini, ma che si troverà più conveniente delegare ai capomastri muratori ap- paltatori. Dal canto suo, la Reverenda Fabbrica promette di concedere “luogo al porto della Traspontina da poter scaricare la pietra, e pozzolana, a proporzione del sito, e conforme il bisogno” e, se necessario, utensili ed attrezzature che, come di consueto, dovranno essere stimate sia prima che dopo l’uso, per quantificare l’usura subita. Per ciò che concerne infine i pagamenti, dopo un primo acconto di ben tremila scudi, i capomastri verranno retribuiti “di mano in mano tutto quel denaro, che importaranno i scandagli da farsi dall’Architetto, e suoi ministri ap- provati che siano dalla S. Cong.ne” (cioè secondo gli stati d’avanzamento del lavoro ratificati in congregazione), impegnandosi a “lavorare con quella quantità d’huomini, che potranno, e che parerà alla S. Cong.ne”. L’unico punto in sospeso riguarda la fornitura d’acqua, risolto rimandando salomonicamente alla decisione del cardinale Chigi (“E perche si pretende da tutti capi mastri, che la R. Fabrica sia tenuta a provedergli d’acqua sul lavoro, e dall’altra parte per parte della med.a si dice, che facendosi la fabrica a tutte spese loro, ad essi tocca pensarvi, convengono ambedue le parti di rimettersi al provedim.to, che sopra ciò prenderà l’Em.mo Card.e Chigi”). Degno di nota è che, come si è visto, meno di un mese dopo (25 febbraio 1661), vengano siglati i Capitoli con i capomastri muratori anche per il completamento delle opere murarie del Portico settentrionale, il cui testo ricalca peraltro quello sottoscritto per quello meridionale.

Non appare comunque sorprendente la decisione di realizzare il secondo Portico ancora prima del completamento di quello settentrionale: al di là della fretta palesata in più occasioni dal Papa, sulla quale si avrà modo di tornare estesamente, già dal 14 ottobre 1660 Virgilio Spada si era interrogato sulle modalità per continuare il lavoro senza perdite di tempo, raccoman- dando di concentrare il massimo impegno sul nuovo Portico e portando in- vece a termine lentamente l’opera relativa al Braccio settentrionale117. Non è dunque un caso che già il 3 febbraio 1661, quindi pochi giorni dopo l’inizio dello scavo, la Congregazione minore ordini che “Si sollecitino i Capi Mastri muratori, che quanto più presto possono, faccino il fondamento del Portico”118.

Siglati i contratti d’appalto con scalpellini e muratori ed iniziato lo scavo per le fondazioni, i lavori possono comunque procedere alacremente. Nei mesi successivi si susseguono infatti i pagamenti, generalmente accreditati, per le opere in travertino, ad Andrea Appiani, che riveste una posizione di riferimento sia per la Fabbrica che per i compagni appaltatori. Tra giugno e settembre del 1662, ad esempio, “A m.ro andrea appiano e compagni capo mastri scalpellini” vengono pagati ben 30.864 scudi “conforme l’appalto”, versati con cadenza mensile119. Sebbene talvolta di minore entità, i pagamenti continuano con una certa regolarità anche successivamente120. Dopo l’acconto versato a marzo 1662 (3.500 scudi), dall’estate si susseguono con una certa regolarità consistenti pa- gamenti anche ai capomastri scalpellini (8.000 a luglio, 6.000 ad agosto, 5.000 a settembre, 4864 ad ottobre, 2.800 a dicembre)121; per tutto il 1663 continuano i regolari pagamenti sia ai capomastri scalpellini che ai muratori122.

zione a quella data: il documento si riferisce a metà del Portico; in effetti, nel corso dell’anno sono registrati i pagamenti relativi all’altra metà123. Nel corso del 1666 continuano i pagamenti, a beneficio soprattutto dei capomastri mu- ratori, segno evidente che si sta lavorando alle volte ed alla struttura di sostegno della copertura: Bernini autorizza i pagamenti a Simone Brogi “e Compagni” il 9, 15, 22 e 29 gennaio, il 9 aprile, il 9 luglio ed il 21 agosto (per le demolizioni e le fondazioni del Braccio meridionale), il 4, l’11 ed il 19 settembre, il 23 ed il 27 ottobre (“per finire il Porticho”) ed il 18 dicembre124. Nella prima metà dell’anno sono registrati vari conti di ferramenti diversi (spranghe, sprangoni e catene) per il “Porticho verso Cesi” (cioè quello meridionale)125. Nella seconda metà dell’anno si cominciano a registrare i versamenti relativi agli elementi or- namentali del Portico meridionale, come il grande stemma araldico posto sopra l’avancorpo verso Borgo Vecchio (2 agosto 1666)126.

La nota di Benedetto Drei, soprastante della Fabbrica, che attesta di aver ricevuto, al 18 dicembre 1666, ben 351 carrarecci (cioè arcarecci) per “il tetto del Portico verso Cesi” attesta come, a questa data, le operazioni riguardassero ormai la quota della copertura; e non a caso, nelle settimane successive, i lavori si concentreranno soprattutto sul Braccio meridionale127.

Nel corso del 1661, quando è ormai in vista il completamento del Portico settentrionale, si comincia a pensare anche agli elementi ornamentali, cioè i monumentali stemmi araldici posizionati in corrispondenza degli avancorpi e le statue sulla balaustrata terminale (figg. 37-39). Il 29 marzo 1661 il diario di cantiere ricorda come “S’è posta l’Arme di S. S.ta al suo loco, e si lavorano li ferri per fermarla”; l’11 aprile seguente, ormai completato il lavoro, “S’è disfatto tutti il Castello e ponti dell’Arme”128. Come di consueto, i relativi saldi saranno decisamente più tardi: al 4 aprile 1662 data infatti la Misura, e Stima dello stemma posto sopra “L’Ingresso di Palazzo” (cioè verso la Basilica), scolpito da Ambrogio Appiani, mentre solo il 29 febbraio 1664 verrà stimato quello sopra l’avancorpo orientale, cioè verso Borgo Nuovo, dovuto ad Antonio Pozzi (anche se il rustico, ovvero i blocchi di travertino sbozzati, era stato pagato già il 6 di- cembre 1662)129. Sia l’Appiani che il Pozzi sono definiti intagliatori di pietra; i mandati di pagamento – in entrambi i casi, relativi alla sola fattura (cioè alla lavorazione del travertino) e pari a 120 scudi ciascuno – sono sottoscritti da Giovan Lorenzo e Luigi Bernini, Benedetto Drei e Mattia de Rossi, in qualità rispettivamente di architetto, deputato, soprastante e misuratore.

Per ciò che concerne il Portico meridionale, bisognerà aspettare invece il 1666: al 23 maggio di quell’anno data infatti la Misura e Stima del Rustico di

travertino che comprende, tra l’altro, tre “targhe dell’Armi con suoi Regni, e

Chiavi, e Cartelloni che gli fanno posamento sotto”130. La lavorazione dei blocchi sbozzati comincia subito, visto che già il primo luglio seguente viene siglata la stima della “fattura, et intaglio” dello stemma situato in corrispon- denza dell’avancorpo centrale del Portico meridionale131.

In parallelo, si lavora alle statue da collocare sopra la balaustrata: il 30 di- cembre 1661 è pagato il rustico di nove statue “fatte abbozzare in Cava”132; sbozzati in cava, i blocchi di travertino vengono infatti trasportati a Roma per essere lavorati dagli scultori, in particolare da Lazzaro Morelli, uno dei più stretti collaboratori del Bernini, a cui saranno versati complessivamente, tra luglio e dicembre 1662, 230 scudi come acconto per le “statue che fa di traver- tino per il portico”133. I pagamenti per le statue – spesso a beneficio del Morelli, ma anche di altri scultori come Andrea Baratta, Bartolomeo Cennini, Giacomo Antonio Fancelli, Domenico e Francesco Mari, Paolo Naldini, Giovanni Maria Rossi – continuano con una certa regolarità; ad esempio, nel febbraio-marzo

Fig. 35 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale, det- taglio dell’attacco con il Corridore (o Braccio) (foto del- l’A.)

Fig. 36 - Colonnato di S. Pietro. Dettaglio della connessione tra il Corridore meridionale (Braccio di Carlo Magno) e la facciata della basilica (foto dell’A.)

1663 viene versato un ennesimo “acconto delle figure di travertino per il por- tico”134. Tuttavia, è dalla seconda metà del 1666, quando ormai il Colonnato è quasi compiuto, che si intensificano i versamenti per le statue: nel settembre e fino a dicembre diversi scultori risultano attivi per la loro lavorazione delle statue, ricevendo ripetuti acconti135. Il 18 dicembre seguente il Bernini autorizza il pagamento di 150 scudi ai capomastri muratori “a’ bon conto delle mettiture in opera delle Statue per finimento del Portico”137. Nella Congregazione del 14 gennaio 1667 il cardinale Nini riferisce la volontà del Pontefice che siano collocate le statue mancanti sopra la balaustrata del Portico138; il 10 marzo se- guente un riepilogo del soprastante Drei certifica che 64 statue devono ancora essere realizzate139, ma solo nel dicembre dello stesso anno, alle 24 finalmente sistemate “nelli sei luoghi più cospicui” del Colonnato (verosimilmente i sei avancorpi o Ingressi) se ne aggiungeranno altre quattro140. Sei mesi dopo (29 giugno 1668), una nota del diario di Carlo Cartari ricorda la collocazione di ulteriori statue: se in quel giorno risultano posizionate 43 statue, le rimanenti 45 saranno progressivamente sistemate fino al 15 marzo 1673141.

Il definitivo completamento di un’opera eccezionale come il Colonnato richiede ovviamente tempi lunghi: per la collocazione delle statue sopra le ba- laustrate dei due Bracci, ad esempio, bisognerà attendere addirittura i primi anni del Settecento. La documentazione relativa all’anno 1667 attesta tuttavia la sostanziale conclusione della struttura architettonica, ad eccezione del Braccio meridionale e, ovviamente, la prosecuzione delle opere relative ad una parte non trascurabile dell’ornamentazione scultorea. Il resoconto della riunione della Congregazione “piccola” del 7 gennaio 1667 chiarisce le tre di- rezioni principali verso le quali si sarebbero orientati gli ultimi sforzi: il rinnovo della scalinata davanti alla facciata della Basilica, la spianatura della piazza con la sistemazione dei condotti di scarico dell’acqua piovana (opera prope- deutica alla posa della pavimentazione) e, infine, lo spostamento della fontana di Paolo V e la realizzazione di quella simmetrica a meridione142.

Il passo successivo è la lettura congregazionale dei Capitoli relativi a due in- terventi di completamento, ovvero “tutta la scalinata di travertino, che gira at- torno a tutto il Portico della Piazza di san Pietro” (opera affidata, sia per la for- nitura che per la posa in opera del travertino, al capomastro scalpellino Carlo Piervissani) e la spianatura dell’area della stessa piazza con sistemazione della pavimentazione (opera affidata a Giuseppe Buccimazza)143. Se per la scalinata il termine di ultimazione è fissato al 30 aprile, il Buccimazza si impegna a com- pletare metà della piazza “per tutto il mese di giugno 1667”. In considerazione dei tempi ristretti, i lavori iniziano subito, come documentato dalle Relazioni

quotidiane della R.da Fab.ca di S. Pietro 1667: già il 5 gennaio, infatti, si dà

inizio alla spianatura della piazza ed all’allestimento “del tetto per li scarpel.i per lavorare li nuovi scalini del portico”; negli stessi giorni, si lavora allo scavo per le fondazioni dell’ultimo settore del Braccio meridionale, mentre si riempie con tufo, calce e pozzolana la parte già scavata144. L’11 gennaio lo scavo è praticamente terminato; nello stesso giorno, si dà inizio ai lavori per la platea di fondazione della seconda fontana prevista nella piazza, replica di quella realizzata all’inizio del secolo sotto Paolo V Borghese (a sua volta destinata ad essere spostata), la cui realizzazione era stata peraltro decisa da Alessandro VII il mese precedente145. Sebbene già impegnato per gli scalini dei Portici, il 4 febbraio il capomastro scalpellino Piervissani chiede l’assegnazione anche della scalinata davanti alla Basilica, la cui realizzazione viene decisa ancora nel gennaio146.

Le fondazioni del Braccio meridionale sono saldate il 17 marzo, mentre proseguono di buona lena i lavori in elevazione147. In un simile contesto,

Fig. 37 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, stemma occidentale (foto dell’A.)

Fig. 38 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, stemma centrale (foto dell’A.)

Fig. 39 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, stemma orientale (foto dell’A.)

non appare sorprendente che l’interesse di Alessandro VII si orienti soprat- tutto verso la decorazione scultorea: già il 14 gennaio il cardinale Nini rife- risce nella Congregazione minore della richiesta del Papa di conoscere il numero delle “reliquae statuae ad ornatum supra Balaustra Porticarum col- locandae”148. La sistemazione delle statue prosegue, come confermato dal pagamento ai capomastri muratori del 12 febbraio149; nei tre mesi successivi sono documentati ulteriori versamenti a scultori, tra cui Lazzaro Morelli150. In questo arco di tempo si colloca una lunga lista di nomi di santi tra i quali selezionare quelli destinati ad essere rappresentati nelle statue e, soprattutto, un elenco di scultori distinti tra coloro “che hanno lavorato le Statue del Teatro della Piazza di S. Pietro” e quelli “che potrebbero attendere à fare le Statue del Portico”151.

Quattro resoconti tratti dalle Relazioni quotidiane in precedenza ricordate (28 febbraio, 17 e 24 marzo, 2 aprile 1667) descrivono con precisione l’anda- mento delle operazioni in corso nel cantiere, fornendo anche interessanti in- dicazioni sulle maestranze presenti in cantiere: ultimate le fondazioni del settore terminale del Braccio meridionale, proseguono i lavori murari relativi alla volta del piano interrato (“Volta sotto il pavimento”) ed allo spiccato dei muri perimetrali, mentre nella piazza si continua a lavorare al sottofondo della pavimentazione, agli scalini dei Portici ed alla nuova fontana (“Si è posto in opera il Scalino att.o la 2. fontana”); infine, proseguono le “mettiture in opera delle Statue sopra il Portico”152. Il 24 marzo 1667, complessivamente 416 uomini lavorano nel cantiere, di cui una settantina impiegata per le de- molizioni di fabbricati ancora in corso.

Esattamente in questo contesto vanno collocati due importanti interventi di completamento dell’opera: la pavimentazione della piazza e la costruzione del cosiddetto “terzo Braccio”. Se per ciò che concerne quest’ultimo si rimanda al capitolo conclusivo153, per quanto riguarda la prima si è già ricordato come dal 5 gennaio fosse in corso l’opera di spianatura e regolarizzazione dell’area della piazza, necessaria per la successiva sistemazione della pavimentazione; il 14 gennaio, il Buccimazza lavora alla preparazione del sottofondo di uno degli “stradoni”154.

Appena il giorno prima, 13 gennaio, Alessandro VII aveva annotato sul suo diario “… il Cav. Bernino ci lassa lo scompartimento della piazza del Teatro di San Pietro”155, il che conferma la redazione di un progetto ber- niniano, anche se ovviamente non è certo che si tratti di quello definitivo. Due elaborati grafici, generalmente considerati semplici studi preliminari, mostrano infatti altrettante soluzioni alternative per il disegno della pavi- mentazione156(figg. 133, 134) è possibile tuttavia che rappresentino qualcosa di più di semplici schemi preliminari. Si è conservato infatti uno Scandaglio

di quello, che importarà a selciare la metà della Piazza di S. Pietro – non da-

tato, ma sicuramente posteriore al primo gennaio 1667 – che sembra fare preciso riferimento ad uno dei due elaborati, quello con la pavimentazione che ripropone l’ovale di base157 (fig. 134): sono citati infatti “li stradoni

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 48-64)