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LA FUNZIONE DEL CONTROLLO NEI SERVIZI SOCIALI L'aiuto al di la dei limiti

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INDICE

– INTRODUZIONE 4

PARTE PRIMA 11

L'operato dell'assistente sociale

– CAP. 1 IL PROCESSO D'AIUTO 12

1.1 FUNZIONI DEL SERVIZIO SOCIALE 12 L'operatore ed i suoi compiti,

dal supporto alla valutazione

1.2 FASI DEL PROCESSO D'AIUTO 18

1.3 STRUMENTI DEL SERVIZIO SOCIALE 29 Mezzi per integrare

i compiti di aiuto e controllo

1.3.1 IL RAPPORTO PROFESSIONALE 30

1.3.2 IL COLLOQUIO 32

1.3.3 L'INDAGINE DOMICILIARE 36

1.3.4 LA DOCUMENTAZIONE 39

1.3.5 I RAPPORTI CON GLI ALTRI 44

OPERATORI O PROFESSIONISTI

1.3.6 LA FORMAZIONE 47

1.4 PRINCIPI GUIDA DEL LAVORO SOCIALE 51

1.4.1 VALORI 51

1.4.2 COMPETENZE ED 54

ABILITA' PROFESSIONALI

– CAP. 2 LA FUNZIONE 57

DI AIUTO E CONTROLLO

2.1 LA MULTIDIMENSIONALITA' DEL SOCIALE 57

(2)

2.2.1 MODALITA' DI ACCESSO 62

2.2.2 LA PRESA IN CARICO COATTA 65

2.3 SPECIFICITA' E DIFFERENZE 67

TRA I CONTESTI

2.4 RICERCA DI UN EQUILIBRIO 71

Come far coesistere le due funzioni

2.5 UTILIZZO CONTESTO COATTO 76

COME RISORSA DI CAMBIAMENTO Da agenti di controllo

ad agenti di cambiamento

2.6 LIMITI ED OBBLIGHI DI CONTROLLO 79

PARTE SECONDA 83

Settori del controllo sociale:

dove aiuto e controllo si integrano

– CAP. 3 AMBITO 86

PROTEZIONE DEI MINORI

3.1 IL MALTRATTAMENTO DEI MINORI 86

3.1.1 RICONOSCIMENTI E 92

DIRITTI ATTRIBUITI

3.1.2 DEFINIZIONE E 99

MODALITA' DI PERPETUAZIONE

3.1.3 FATTORI ED INDICATORI DI RISCHIO 108

3.1.4 DALLA RILEVAZIONE 116

AL TRATTAMENTO

Limitare per supportare

3.2 AFFIEVOLIMENTO E 127

DECADIMENTO DELLA POTESTA' L'inadeguatezza genitoriale:

minori da tutelare, famiglie da sostenere

3.2.1 AFFIDAMENTO AL SERVIZIO SOCIALE 128

3.2.2 ADOZIONE 130

(3)

3.3 FUNZIONE DI AIUTO E CONTROLLO 142

– CAP. 4 AMBITO PENITENZIARIO 155

4.1 TUTELA PENALE SOGGETTI DEBOLI 155

4.2 LE FINALITA' DELLA PENA 157

Oltre la sanzione

4.3 IL RUOLO DEI SERVIZI SOCIALI 166

4.3.1 LE INCHIESTE SOCIALI 173

4.4 MISURE ALTERNATIVE 175

ALLA DETENZIONE

4.4.1 AFFIDAMENTO IN PROVA 179

AL SERVIZIO SOCIALE

4.5 GIUSTIZIA PENALE MINORILE 184

4.6 FUNZIONE DI AIUTO E CONTROLLO 194

– CAP. 5 AMBITO DIPENDENZE 199

5.1 TOSSICODIPENDENZA 201 5.2 ABUSO DI ALCOL 204 5.3 DIPENDENZA E GIUSTIZIA 206 5.3.1 RESPONSABILITA' PENALI 207 ED AMMINISTRATIVE 5.3.2 ATTENUANTI ED AGGRAVANTI 209 5.3.3 MISURE ALTERNATIVE 211

5.4 IL RUOLO DEI SERVIZI SOCIALI 213

5.5 FUNZIONE DI AIUTO E CONTROLLO 217

– CONCLUSIONI 225

(4)

INTRODUZIONE

Il presente elaborato si prefigge lo scopo di indagare ed analizzare la presenza della funzione del controllo nei servizi sociali; svelarne le peculiarità e le caratteristiche; approfondire le possibilità di azione ed interazione che l'assistente sociale potrà far derivare dai contesti di controllo; affermare la necessità di comprendere ed accettare il possibile compito di sorveglianza e di vigilanza richiesto dentro agli interventi di supporto ed aiuto, funzione di controllo di cui l'operatore sociale si potrà avvalere in modo produttivo, se adeguatamente svelata e fatta comprendere anche agli utenti.

Il lavoro è suddiviso in due parti; la prima introduttiva, di analisi dell'attività dei servizi sociali, dei compiti ricoperti dagli operatori del settore, del lavoro che svolgono e delle metodologie utilizzate.

Nel primo capitolo varrà illustrato il processo di aiuto, ossia il percorso di lavoro intrapreso dagli assistenti sociali con le molteplici utenze, che spontaneamente od obbligatoriamente gli si presentano; se ne esamineranno le fasi, le varie funzioni ricoperte dentro al proprio servizio, le modalità di lavoro ed i compiti spettanti ad ogni operatore; l'attenzione verrà soprattutto rivolta agli strumenti propri della professione ed all'utilità che tali mezzi possono avere nel delicato compito di integrazione delle funzioni di aiuto e di controllo, che competono agli assistenti sociali. Per maggiore chiarezza verranno resi espliciti i principi che guidano i vari operatori nel loro percorso, i valori di riferimento, le competenze e le abilità professionali su cui possono contare per far leva sulla collaborazione degli utenti.

Dopo una generale introduzione all'operato degli assistenti sociali ci soffermeremo nel dettaglio nelle funzioni dell'aiuto e del controllo a

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questi riservate, si affronteranno le differenze e le particolarità dei rispettivi contesti; le modalità di accesso che fanno acquisire la denominazione agli utenti di coatti. Avremo modo di constatare l'impossibilità di far prevalere un compito rispetto all'altro, tanto l'aiuto che il controllo, i rischi che si corrono, le problematiche che ne scaturiscono; si affronterà l'argomento dell'attenzione necessaria da riporre nel rapporto e nella comunicazione con i nuclei in carico, per ridurre i rischi di non adesione e partecipazione, per spronare gli utenti dei contesti coatti alla collaborazione, per trasformare la funzione di controllo da un limite, una imposizione, in una risorsa, trasformando così gli assistenti sociali da agenti di controllo ad agenti

di cambiamento. Vengono date delle possibilità di uscita dal dilemma

di quale funzione ritenere preminente e quale compito tra il sostegno ed il controllo far prevalere; delle possibilità di equilibrio ed integrazione tra le due funzioni si prospettano dentro agli strumenti del servizio sociale e nei metodi di lavoro, come la creazione di una équipe intorno ad un caso o la supervisione, nella collaborazione tra i servizi e tra gli operatori, nel riconoscimento delle varie responsabilità e ruoli, nell'acquisizione di conoscenze dei rispettivi ambiti di intervento. Infine si tratteranno i limiti agli interventi e viceversa gli obblighi di controllo che la legge e la deontologia assegnano agli operatori, nonché le sanzioni attivate in caso di inadempienze.

Nella seconda parte si entra più nel particolare del tema, soffermandosi, passo dopo passo, sui vari settori del controllo sociale; approfondendo quei possibili ambiti in cui viene richiesto agli assistenti sociali di intervenire attraverso azioni di supporto, vigilanza e verifica, adempiendo contemporaneamente alla duplice funzione di aiuto e di controllo.

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dei maltrattamenti in famiglia e le varie modalità in cui gli abusi si possono presentare e verificare. Si ripercorre il lungo cammino che ha portato al riconoscimento di diritti e di specifiche garanzie nei confronti dei soggetti minorenni; si indagano le possibilità di tutela e gli interventi protettivi riconosciuti ai servizi sociali, gli istituti giuridici attivabili, le sanzioni spettanti ai genitori maltrattanti e le contemporanee possibilità di aiuto offerte al nucleo per superare ed affrontare la situazione problematica. Vengono analizzati quei fattori ai quali la collettività, ma specialmente gli operatori del settore sociale, devono prestare attenzione per rilevare celermente possibili nuclei a rischio, dove un mancato supporto può far più facilmente conseguire degli atti violenti; viceversa attivando interventi di sostegno e vigilanza sarà possibile garantire una adeguata protezione dei minori. Si riconosce l'importanza in tale campo delle forme di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, per impedire che i maltrattamenti si verifichino, si amplifichino e per ridurre le gravi conseguenze che gli abusi determinano sulla persona che ne è vittima. Oltre alla necessaria vigilanza ed al controllo dei comportamenti maltrattanti solo con il contemporaneo aiuto e sostegno ai nuclei colpiti dagli abusi sarà possibile tutelare le vittime, garantirgli un ambiente sicuro ed idoneo in cui poter crescere ed esprimersi.

Il quarto capitolo, sul settore penitenziario, si apre con la precisazione dell'esistenza nel nostro ordinamento di specifiche norme di tutela per determinate categorie di soggetti, definite “deboli”, ritenute meritevoli di una particolare attenzione, vista l'impossibilità di queste ultime di riuscire in modo autonomo a far valere il rispetto dei propri diritti e di pretendere una adeguata attenzione alle proprie necessità ed esigenze. In seguito verranno analizzate le finalità e le motivazioni sottostanti alla previsione di specifiche pene, da attivarsi in conseguenza della

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commissione di un reato, le diverse modalità di esecuzione della condanna; si affronterà l'aspetto dei diritti da garantire e delle tutele da riconoscere ai detenuti, gli obiettivi verso cui dovrebbe tendere la sanzione, la necessità di percorsi riabilitativi individuali, che vadano al di là della semplice punizione; si esamineranno, come prova di possibili percorsi al contempo di vigilanza e sostegno, le misure alternative alla detenzione, le opportunità che offrono, i principi che le sottendono. Si analizzeranno i compiti assegnati agli assistenti sociali, l'importanza del loro lavoro ed impegno nel settore penitenziario, affrontando gli interventi che potranno attuare sia rispetto ai condannati detenuti dentro alle carceri, sia nei confronti dei soggetti in stato di libertà o semi-libertà, come gli affidati ai servizi sociali, le persone in libertà vigilata o poste agli arresti domiciliari. Data la particolarità della condizione dei soggetti minorenni, qualora si trovino a commettere dei reati od attività illecite o pericolose, si affronteranno i previsti percorsi da attivare, calibrati sulle loro esigenze, le specificità proprie del settore ed i correttivi al sistema penitenziario; per i minori si riconosce l'impossibilità di punire individui la cui personalità è in formazione, con esigenze di sviluppo ed educative da considerare, le cui concrete capacità di discernimento andranno indagate ed appurate caso per caso. Il fatto di rendersi autore di un reato andrà considerato come la prova dell'esistenza di un disagio sofferto, una richiesta di aiuto, a cui rispondere attraverso adeguati progetti di recupero e di sostegno e non tramite punizioni. Anche per l'ambito penitenziario in ultimo ci soffermeremo sull'improduttività e pericolosità di ricorrere a semplici sanzioni, di privilegiare la componente del controllo tralasciando il, sempre necessario, contemporaneo aiuto da attivare; solo calibrando interventi di sostegno e vigilanza potremmo fare in modo che le persone,

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autonomamente, intraprendano e si impegnino in percorsi di crescita, si potrà sperare che i comportamenti devianti vengano abbandonati, innescare reali processi di risocializzazione e di reinserimento sociale. Ambito dove, al contempo, non si può rinunciare alla funzione del controllo, data l'esigenza di protezione della collettività, di difesa sociale, dai comportamenti illegali, ritenuti pericolosi e devianti.

L'ultimo settore del controllo sociale affrontato riguarda l'ambito delle dipendenze; anche con tale tipo di utenza, come del resto nella tematiche precedenti, la vera efficacia degli interventi e la concreta possibilità di progetti attuabili saranno garantite dalla capacità degli operatori di saper combinare la funzione dell'aiuto e del controllo. Integrando, all'imposizione di limiti ed alla verifica delle prescrizioni da rispettare e dei comportamenti da tenere, interventi di supporto e sostegno, l'assistente sociale, con la collaborazione degli altri operatori e professionisti, riuscirà a far riscoprire alle persone le proprie risorse e capacità, a far loro assumere le proprie responsabilità, renderle nuovamente capaci di ricoprire i ruoli loro attribuiti, dentro alla famiglia, come quelli di genitori, coniugi o figli, ed al di fuori di essa, come cittadini attivi che partecipano nella società. Utilizzando e potendo contare su entrambe le funzioni, il sostegno ed il controllo, si potrà incentivare gli utenti a sostenere e portare a termine percorsi di recupero e trattamenti rieducativi. Proseguendo nella trattazione si cercherà di definire le caratteristiche dei soggetti dipendenti, le problematiche che l'abuso di sostanze determina, gli effetti e le conseguenze che si riscontrano nei vari aspetti di vita della persona, la dipendenza psicologica, fisica e sociale che comporta la completa e totale dedizione ad una sostanza tossica per l'organismo. Vista la perdita di autonomia della persona, l'incapacità di comprendere pienamente le proprie azioni, di

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distinguere ciò che è pericoloso, oltre che per se stessi per gli altri, ciò che è vietato, a causa della preminenza che la sostanza assume per il dipendente, viene analizzata la confluenza del settore delle dipendenze nel settore della giustizia; si elencano le conseguenze penali ed amministrative dell'utilizzo e della detenzione di sostanze stupefacenti ed alcoliche, le conseguenze per chi compie determinate azioni sotto i loro effetti, le attenuanti e le aggravanti che comportano; vengono scorse le possibili misure alternative alla detenzione, i circuiti speciali, come le sezioni a custodia attenuata a loro riservate, l'integrazione nel personale penitenziario di équipe esperte nella cura delle dipendenze, operatori del SerT, che si vanno ad aggiungere al gruppo trattamentale, il GOT, presente negli istituti carcerari. Vedremo i vari campi in cui la professionalità degli assistenti sociali si può inserire, adoperandosi nella cura e nel trattamento della patologia, in interventi di sostegno al nucleo e di contenimento dei comportamenti disfunzionali. Nel settore delle dipendenze gli operatori sociali sono presenti ed affiancano su più frangenti il personale della giustizia ed i vari interventi penali ed amministrativi; la loro presenza è garantita ed il loro apporto ampiamente riconosciuto dentro ai NOT, costituiti in ogni Prefettura, dentro al sistema penitenziario, attraverso le attività richieste all'UEPE; il loro contributo soprattutto è ritenuto indispensabile all'interno dei servizi specialistici di trattamento delle dipendenze, incaricati di offrire supporto e professionalità nella risocializzazione e riabilitazione dei consumatori; all'interno dei SerT sarà così possibile contare al contempo su personale attinente alla sfera sia medica-infermieristica che socio-educativa.

Nelle conclusioni ripercorreremo i passi compiuti, i tratti salienti, emersi nella presente trattazione, sveleremo le riflessioni, che lo svolgimento del tema, ha fatto emergere, le implicazioni che comporta

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l'utilizzo della funzione del controllo dentro ai servizi sociali, l'inevitabile presenza dei compiti di vigilanza dentro all'operato degli assistenti sociali, il loro essere parte stessa del processo di aiuto; si argomenteranno in modo incisivo le potenzialità che ne possono emergere, la possibilità di trasformare gli interventi di controllo in una risorsa. L'attenzione verrà indirizzata alla necessaria collaborazione da mantenere tra i vari operatori ed i molteplici servizi, si cercherà di far comprendere che nei vari settori è possibile far coesistere le due funzioni, quello che viene richiesto ai vari operatori è che accettino e riconoscano i vari ruoli e le responsabilità dei colleghi, che si dotino adeguatamente delle informazioni sul funzionamento dei vari ambiti, come quello sociale o della giustizia, che sappiano destreggiarsi tra i percorsi possibili da attivare, tra gli istituti ed i procedimenti utilizzabili da questi. Tramite il ricorso costante ai propri strumenti e capacità professionali, ed ai principi e valori che li guidano, sarà possibile superare il dubbio se sia o meno possibile riuscire ad innescare percorsi di supporto ed aiuto dentro a dei contesti coatti, superando la concezione dicotomica del ricorso esclusivo ad una od all'altra funzione, ossia il controllo od il sostegno.

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PARTE PRIMA

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CAP.1 IL PROCESSO DI AIUTO

1.1 FUNZIONI DEL SERVIZIO SOCIALE

L'operatore ed i suoi compiti, dal supporto alla valutazione

Individuare dei confini netti nella professione dei servizi sociali è un compito non reso facile dalla sua stessa configurazione; settore caratterizzato da molteplici ambiti di intervento, diversificati ma che non escludono una copresenza ed una influenza reciproca,1 utenti con

problematiche e storie di vita specifiche che impongono all'assistente sociale di adoperarsi per riuscire a plasmare, adattando agli interlocutori, il corpo unitario di azioni ed interventi che gli competono.2

La funzione dei servizi sociali nel tempo si è venuta sempre più a caratterizzare per la sua dimensione di pluralità, comprendendo molteplici ed a prima vista antitetici contesti di azione; così gli interventi si trovano ad avere come fine l'assistenza, l'aiuto, il contenimento, il controllo o ancora la prevenzione dei soggetti destinatari.3

Dunque dalle varie richieste inoltrate all'assistente sociale possono

1 Non solo questo è evidente nella necessaria integrazione del settore sociale con quello

sanitario, ma emerge chiaramente nell'intrecciarsi, quasi confondendosi, dei bisogni, attribuibili ad un solo soggetto o all'interno del suo nucleo, come nel caso delle famiglie

multiproblematiche.

2 La capacità di differenziare, per permettere l'esercizio universale dei diritti e di uguali

opportunità, viene messa in campo dall'assistente sociale soprattutto nella relazione diretta con l'utente, individuando il linguaggio a lui più adatto, con l'obiettivo di riuscire a renderlo più consapevole delle sue possibilità e delle sue scelte.

3 Nello specifico Cesaroni M., Lusso A. e Rovai B., tra le più importanti e significative funzioni proprie del servizio sociale, fanno rientrare la prevenzione del disagio sociale, suddivisa in primaria, secondaria e terziaria; l'aiuto alla persona, alle famiglie e alla comunità in quanto portatrici di un bisogno; il controllo sociale, compito che l'assistente sociale è chiamato a svolgere su mandato dell'Autorità Giudiziaria e, a livello direttivo/dirigenziale e politico, le attività di organizzazione, programmazione, amministrazione e gestione dei servizi. Cesaroni M., Lusso A., Rovai B. (2000).

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venire a concretizzarsi differenti contesti, ognuno con caratteristiche ed adempimenti peculiari, che possiamo suddividere in:4

- CONTESTO INFORMATIVO

Rientra in questo ambito il segretariato sociale, vengono richieste notizie, informazioni sui servizi, sulle prestazioni, su ciò che è presente nel territorio ed il modo di accedervi, si orientano così i cittadini sulle risorse sociali disponibili, indirizzando questi ultimi all'ente competente alla risoluzione delle loro problematiche. La sua importanza risiede nell'essere il primo contatto che la persona ricerca con gli operatori sociali, una possibilità per gli utenti di ricevere attenzioni ed adeguate risposte, un modo per sentirsi ascoltati ed acquisire praticità nel rapporto con le istituzioni. Per i sevizi costituisce una sorta di filtro delle richieste di aiuto, che agevola l'operato dei vari settori, ai quali vengono indirizzate e pervengono solo le domande che gli competono e di cui possiedono i mezzi per intervenire.

- CONTESTO CONSULENZIALE

L'intervento di collaborazione viene richiesto per affrontare le difficoltà sovente legate alla coppia, come nel caso di separazioni o divorzi, alla gestione ed al rapporto con la prole, ad esempio nel caso di decisioni riguardanti l'affidamento dei figli.5

Alla famiglia viene data la possibilità di contare su uno spazio indipendente dove esprimere le proprie paure e preoccupazioni, un

4 Annamaria Campanini, integrando l'elenco proposto da D'Adda e Gallione (1983), individua la presenza di cinque contesti, entro i quali si può aprire la relazione tra assistente sociale e richiedente.

Campanini A. (2007).

5 Nell'ambito dell'affidamento una spinta alla mediazione familiare è stata data dall'entrata in vigore della Legge n. 54/06 sull'affidamento condiviso, la quale prevede, qualora i genitori acconsentano, che il Giudice possa rinviare l'adozione dei provvedimenti temporanei, permettendo, tramite l'aiuto di esperti, il raggiungimento di un accordo, che tenga conto della tutela del preminente interesse morale e materiale dei figli.

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momento per riflettere, ritrovare la collaborazione e la capacità di arrivare a degli accordi condivisi.

Il supporto può essere ricercato nel momento della costituzione di nuovi nuclei, come nel caso di famiglie adottive od affidatarie, dove si necessita di tempo per conoscersi, comprendersi, arrivare a modalità di rapporto autonome; viene richiesto all'operatore un aiuto durante la ricerca dei nuovi equilibri, un sostegno nelle difficoltà e nei momenti critici che si potranno incontrare in questo periodo di transizione.

- CONTESTO ASSISTENZIALE

Le problematiche superficialmente sembrano derivare solo da disagi materiali, la richiesta dunque è centrata su bisogni di tipo pragmatico, con l'illusione da parte dell'utenza, della necessità di agire solo su tali aspetti, visti come unici responsabili della propria sofferenza e delle difficoltà riscontrate.

Spesso tali richieste celano domande di aiuto, da parte della famiglia, che direttamente non riescono o non possono fare, per vergogna, per paura del biasimo o perché ne temono le conseguenze; fermarsi ad un aiuto materiale od alla semplice richiesta degli utenti, non indagando ed approfondendo le cause della sofferenza e le varie problematiche, impedisce che nei loro confronti si attivino interventi efficaci, idonei a tutelare e proteggere i vari componenti della famiglia; così facendo viene meno la possibilità di offrire ai nuclei, non soltanto delle soluzioni reali e concrete, ma un'occasione per cambiare, per assumersi le proprie responsabilità; occorre impedire che si determini una dipendenza improduttiva nei confronti dei servizi, al contrario è doveroso incentivare le capacità, le risorse personali e l'autodeterminazione delle persone.

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acritica delle richieste dei soggetti, analizzando la domanda nelle sue varie sfaccettature ed implicazioni, attivando al contempo interventi con funzioni di aiuto e supporto delle risorse degli utenti e di controllo e valutazione delle capacità familiari.

- CONTESTO DI CONTROLLO

La prima differenza che spicca rispetto agli altri contesti è il fatto che la richiesta non proviene dall'utente, che al contrario si trova nella situazione di subire l'intervento.

Può essere innescato da un ente ad un livello gerarchico superiore a quello di appartenenza dell'assistente sociale, come il Tribunale Ordinario o per i Minorenni, o da un'istituzione posta allo stesso piano, come la scuola od un servizio specialistico6 già inserito nel

nucleo, a conoscenza della situazione familiare, avendo attivato con questo precedenti percorsi di intervento; la richiesta di indagare e verificare la situazione, rivolta ai servizi, può giungere da un membro della famiglia contro un altro della stessa, da persone vicine al nucleo che sospettano l'esistenza di problematiche al suo interno o anche dall'assistente sociale, responsabile e referente della famiglia, qualora rilevi la presenza di elementi di grave rischio, per uno o più membri di quest'ultima, che emergono durante la relazione ed il lavoro intrapresoci.

- CONTESTO VALUTATIVO

Vi rientrano le richieste di valutazione provenienti dalle istituzioni giudiziarie, come la possibilità di accedere alle misure alternative alla

6 Ad esempio un servizio di psichiatria od adibito alla cura delle tossicodipendenze, che ha tra i suoi utenti un genitore, può rendersi conto che le problematicità di questo sono tali da non garantire le cure adeguate e le necessarie attenzioni ai suoi figli e riterrà opportuno un intervento di valutazione della situazione, un'indagine, volta ad indagare le reali possibilità di protezione e tutela garantite alla prole.

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detenzione, le richieste di indagine sociale7 nei presunti casi di

maltrattamento nei confronti di minori, la possibilità di richiedere l'affidamento dei figli in caso di separazione e divorzio, i casi che prevedono una prassi necessaria da attivare per realizzare scelte di vita specifiche, come l'idoneità degli aspiranti all'adozione o all'affidamento familiare; misure quindi che prevedono una precisa valutazione sulla situazione da restituire all'ente richiedente, in modo che possa prendere i consecutivi provvedimenti, istituzione che potrà essere a seconda del caso il Tribunale Ordinario, il Tribunale per i Minorenni, il Magistrato di Sorveglianza o la Prefettura.

La scelta ultima spetterà all'organo richiedente, ma all'operatore compete il difficile compito di riuscire a restituire un'immagine il più possibile attendibile e veritiera della situazione sotto indagine, in grado di far prendere le scelte più opportune ed attuare gli interventi migliori; al giudice manca la possibilità di un rapporto più profondo e diretto con le persone, relazione al contrario di cui l'assistente sociale potrà beneficiare ed utilizzare per ottenere la collaborazione e l'adesione degli utenti.

Come le funzioni, i contesti, entro i quali l'assistente sociale si troverà a svolgerle, inevitabilmente si intrecceranno; rientra nelle capacità specifiche del suo ruolo l'abilità di riuscire a sfruttare le peculiarità di ogni ambito, non irrigidendosi entro confini e limiti prestabiliti, ma ad esempio utilizzando un contesto informativo come possibile aggancio, per instaurare una relazione e così attivare un processo di aiuto o ancora non fermarsi alla pragmaticità del contesto assistenziale, ma approfondire la richiesta. Occorre tenere presente che anche all'interno

7 Al servizio viene richiesto di analizzare la situazione familiare in modo da accertare dei fatti, valutare le capacità genitoriali e la presenza di rischi per i minori, con la possibilità di pronunciare la decadenza della potestà o l'allontanamento dei figli nei casi di grave pregiudizio, come previsto dagli articoli 330 e 333 del Codice Civile.

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di un contesto di controllo sarà possibile fare leva su strategie volte al cambiamento e al sostegno dell'utenza, esercitare una contemporanea funzione di aiuto e supporto ai nuclei.

Ogni contesto può essere usato dall'operatore come possibilità di rapportarsi ed avvicinarsi alle difficoltà delle famiglie, riuscire nel tempo a stabilire una relazione di fiducia, ottenere l'adesione e la consapevolezza da parte dei membri della necessità di accettare, per il bene degli stessi, anche delle eventuali prescrizioni e limitazioni.

Avvicinarsi ad un nucleo, instaurandoci un rapporto, consente all'operatore di intervenire prontamente qualora le problematiche si intensifichino, qualora si verifichino situazioni di rischio o si palesino necessità di tutela o protezione.

Con gli utenti potremmo passare da un contesto all'altro, entro la stessa relazione, a seconda dell'evolversi dei fatti e delle azioni da compiere; l'importante è che i vari cambiamenti siano resi espliciti, per evitare fraintendimenti e sentimenti negativi, come rabbia e tradimento, che andranno ad intaccare l'interazione con l'operatore.8

Nei vari contesti compito dell'assistente sociale sarà riuscire a bilanciare le molteplici funzioni che gli competono; all'interno di un contesto consulenziale od assistenziale, dove la componente dell'aiuto risulta preponderante, eventuali segnali di disagio e sofferenza espressi da un componente della famiglia non possono essere sottaciuti od ignorati, le necessità di tutela impongono l'attuazione di interventi con funzioni di controllo e vigilanza, fino alla segnalazione delle problematiche alla autorità giudiziaria competente ad attuare la dovuta protezione.

Come la funzione di supporto non esclude la possibilità di ricorrere a

8 Questo soprattutto si rende necessario nel caso di slittamenti in contesti di controllo, per l'obbligatorietà di riferire ad autorità esterne e l'evidente componente sanzionatoria insita nel rapporto.

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delle limitazioni ed alla richiesta del rispetto di determinate condizioni, qualora gli operatori si trovino impegnati in compiti di controllo,9 non possono non attuare al contempo, prevedendo una

strategia generale di intervento, azioni di aiuto e terapeutiche, combinate all'utilizzo di prescrizioni ed all'attuazione di misure protettive; questo per la consapevolezza che con i soli divieti è impensabile guadagnare il rispetto e la collaborazione delle persone, la loro adesione sarà solamente formale, le relazioni disfunzionali non troveranno altre modalità di interazione più rispondenti alle necessità familiari e della persona; una volta che la vigilanza sarà allentata, se non si sono incentivate spinte interne al cambiamento, tenderanno a ripresentarsi le stesse problematiche che hanno imposto l'intervento di controllo.

1.2 FASI DEL PROCESSO DI AIUTO

Il lavoro dell'assistente sociale, oltre a comprendere vari settori e problematiche,10 si rivolge ad una utenza che si può, di volta in volta,

sostanziare nella figura di singolo cittadino, del suo nucleo familiare, di gruppi con interessi particolari o di comunità più estesa; essendo la

9 Un esempio di contesto di controllo è il caso in cui l'équipe dei servizi socio-sanitari sia impegnata nella valutazione della recuperabilità delle capacità genitoriali di nuclei in cui si sono perpetuati maltrattamenti su minori, dove si indaga sulla capacità della coppia di modificare le modalità di relazione disfunzionali che intesse, sulle sue reali spinte al cambiamento e sulla volontà futura di seguire il bene e gli interessi dei figli.

10 Gli ambiti di intervento dei servizi sociali comprendono le politiche in favore delle famiglie, per i minori, per gli anziani, per le persone disabili, per gli immigrati, per i nomadi, per le persone a rischio di esclusione sociale, per la tutela della salute mentale, per la prevenzione ed il trattamento delle dipendenze, per il contrasto della violenza contro le donne, i minori ed in ambito familiare; così come disposto dalla Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (L. n. 328/00) ed in ambito della Regione Toscana dalla L.r. n. 41/05 “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale”.

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sua azione indirizzata non solo a soddisfare bisogni specifici, ma ad operare sul territorio, facendo ricerca, studiando l'evoluzione dei fenomeni, l'emergere di problematiche, nonché effettuare attività di prevenzione e sviluppo della società e della sua capacità di autodeterminazione.

Dalla necessità di superare la distinzione tra dimensione individuale, di gruppo e collettiva del lavoro sociale (case work, group work, community work),11 per poter contare su linee guida adattabili alla

mutevolezza e dinamicità dei contesti operativi, così da dare professionalità all'azione,12 si è andata consolidando nei servizi sociali

la modalità operativa del metodo unitario,13 fondata sul concetto

dell'inscindibilità del rapporto tra ambiente e persona.

La cornice entro cui le funzioni e le finalità del servizio sociale possono essere raggiunte, ed i contesti avere uno sviluppo operativo, è il processo di aiuto, luogo dove si sostanzia l'interazione tra richiedente14 ed assistente sociale, relazione che si apre con l'incontro 11 Nei primi anni del novecento negli Stati Uniti, nel settore dei servizi sociali, nel tentativo di

elaborare una modalità operativa, si sviluppa il metodo del case work, centrato sulla dimensione individuale, sui bisogni dell'utente e la mobilitazione delle sue risorse interne; l'intervento è focalizzato sugli aspetti personali e preminenti sono i ruoli educativi e riabilitativi del rapporto con l'assistente sociale.

L'attenzione viene successivamente rivolta ai gruppi sociali; il group work si basa sul presupposto che il senso di appartenenza ad un gruppo sia essenziale per lo sviluppo psicosociale di un individuo, i disagi personali scaturiscono dunque dalla separazione e dall'inadeguatezza dei rapporti sociali, la soluzione per risolverli andrà quindi cercata nel gruppo, fonte di condivisione e di partecipazione dei problemi (gruppi di auto-mutuo aiuto). Verso la metà del ventesimo secolo l'interesse si sposta verso la dimensione collettiva, il metodo del community work o community organization concentra l'attenzione sulla necessità di rendere consapevole la comunità dei propri problemi, di promuoverne l'organizzazione, lo sviluppo e la partecipazione, con il fine di cercare soluzioni non imposte dall'alto,

consentendole di strutturarsi, accompagnata, ma in modo autonomo come risorsa. Cesaroni M., Lusso A., Rovai B. (2000).

12 Il fine della razionalità e scientificità dell'operato sociale si attua attraverso il procedimento

metodologico, ordine logico e sequenziale, assume la valenza di schema concettuale, volto a

collegare azioni tendenti al raggiungimento di scopi, che consente di estrapolare da esperienze pratiche diverse dei punti comuni su cui agire.

Zilianti A., Rovai B. (2007).

13 Metodo che tiene conto della globalità della persona, l'attenzione è rivolta al contesto di tutte le dimensioni presenti nel processo di aiuto, quali l'utente, l'ambiente o il territorio entro il quale si attua l'intervento, l'ente, le organizzazioni e le varie risorse.

Dal Pra Ponticelli M. (1985).

14 Il rapporto tra operatore dei servizi ed utente può innescarsi per una sua domanda spontanea, provenire da un membro del suo nucleo familiare o per invio obbligatorio da parte di

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tra operatore ed utente, spazio relazionale dal quale dipenderà gran parte della qualità del rapporto e la proficuità dell'intervento.

Processo in grado di guidare l'azione dell'assistente sociale, suddiviso per comodità descrittiva ed esigenze didattiche in varie fasi, ma visto come percorso unitario, volto a garantire la correttezza dell'azione professionale.

M. Lerma15 evidenzia come il suo scopo non si fermi a rispondere ai

bisogni dei singoli, come azione diretta all'utenza per valutare ed affrontare i problemi ed evitarne la cronicizzazione, ma si presta alla promozione di iniziative di solidarietà sociale, nella più ampia accezione di gestione e programmazione dei servizi, essendo il processo d'aiuto attuato nell'interazione tra operatori, utenti ed enti. Le sue fasi possono essere sintetizzate in:

- ANALISI DELLA DOMANDA

Fase descrittiva-conoscitiva in cui l'assistente sociale si troverà ad individuare ed analizzare il problema sociale presentato dal cittadino. Il suo livello di iniziativa varierà a seconda che la richiesta sia avanzata direttamente dall'utenza, che gli pervenga da una segnalazione di un altro ente, da un incarico legale (mandato di autorità) o da un suo intervento diretto in caso di situazioni ritenute di rischio.

L'incontro tra l'operatore ed il nucleo familiare, o con un suo componente, che porta la sua storia, può avvenire entro un contesto spontaneo, caratterizzato da una domanda diretta delle persone, interessate a superare personali problematiche, o può concretizzarsi in un contesto di controllo, relazione imposta ai soggetti coinvolti, assistente sociale ed utenti, da un ente gerarchico superiore,

un'Autorità Giudiziaria. 15 Lerma M. (1992).

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autorizzato ad intervenire qualora sia violato il rispetto di determinati diritti o se ne voglia indagare la possibilità. La disponibilità iniziale, la collaborazione e la fiducia riposta negli operatori saranno differenti a seconda del contesto in cui la domanda perviene al servizio. Nel caso di invio coatto, obbiettivo dell'équipe sarà definire con chiarezza i compiti che le competono; il suo dovere di costituirsi referente dell'organo di controllo, di dover collaborare ed interagire con questo, dovrà essere chiarito agli utenti. Il messaggio che deve pervenire alle persone è che il fine dell'intervento non è sanzionare i loro comportamenti, per punirli delle proprie scelte od azioni intraprese, ma i limiti che vengono posti si rendono necessari per l'evidenza della sofferenza e dei disagi, patiti da un membro del nucleo o dalla persona stessa, e se questa accetterà la necessità di cambiare, paleserà la voglia di riscattarsi e migliorarsi potrà contare sull'aiuto ed il sostegno dei servizi, ben disponibili ad accompagnarla nel suo processo di crescita ed autodeterminazione.

Anche nel caso di domanda spontanea, individuata la pertinenza con il servizio,16 prima di compiere qualsiasi altro passo, sarà opportuno per

l'assistente sociale porsi, e cercare risposta, a dei quesiti volti a svelare le motivazioni dell'attualità della richiesta, ciò che ha spinto a rivolgersi al servizio e quello che ci si aspetta da questo, da chi è scaturita la proposta, i passati rapporti e gli esiti con altri enti ed operatori; in modo da ipotizzare le inclinazioni dell'utenza verso il cambiamento e di inquadrare la domanda all'interno del gioco intrapreso,17 dello scopo sotteso, attuato dal richiedente e dal suo 16 In caso di esito negativo sarà compito dell'operatore fungere da filtro ed indirizzare l'utente al

servizio competente, fornendogli le adeguate informazioni.

17 La metafora del gioco interattivo viene utilizzata per descrivere il funzionamento dei gruppi umani, visti come dotati ognuno di una organizzazione specifica, che da luogo appunto a specifici giochi. Nelle relazioni familiari l'interazione è costruita dall'intreccio delle strategie dei singoli; il gioco familiare scaturirà dall'insieme delle regole che nel tempo ne strutturano l'organizzazione interna, originata in base a retroazioni circolari di adattamento delle mosse di ciascuno a quelle degli altri. Poiché in ogni sistema è sempre presente un gioco interattivo

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sistema più ampio di relazioni. La ricerca di tali risposte permetterà all'assistente sociale di avere una sorta di guida nell'attuazione della seconda fase del processo, portandolo ad indagare nei campi ritenuti più pertinenti e rilevanti.

- ANALISI DELLA SITUAZIONE

Fase descrittiva volta alla raccolta delle informazioni sulla strutturazione ed organizzazione della situazione della persona richiedente e del suo contesto di appartenenza, in cui si realizza compiutamente la presa in carico.18

Le fonti, per approfondire la conoscenza dei bisogni, delle risorse disponibili ed attivabili, oltre che da colloqui diretti con gli utenti, i familiari e le possibili altre persone vicine e coinvolte, possono essere costituite dalla documentazione in possesso del servizio o presso altri enti, da consulti e richieste di chiarimento con operatori sociali o attraverso incontri con altri professionisti.

Il fine è quello di ricostruire la storia personale e familiare, arrivare all'anamnesi sociale, in modo da conoscere gli eventi importanti dell'utente e del suo contesto di vita, gli ostacoli incontrati, i tentativi fatti per risolvere i problemi, così da ottenere una mappa dei rapporti del sistema utente.

I dati raccolti non dovranno essere dunque solo anagrafici, come l'età, la professione, il titolo di studio, ma soprattutto relazionali, ad esempio l'evoluzione di relazioni positive o negative dentro il sistema familiare od i rapporti intergenerazionali.

questo andrà sempre il più possibile svelato e compreso prima di intraprendere qualsiasi intervento.

Campanini A. (2007).

18 La presa in carico della situazione problematica della persona rappresenta la condizione che vincola l'assistente sociale ad occuparsi del caso, diventandone il referente, assumendone le responsabilità professionali e di ordine amministrativo; avendo il compito di adempiere a tutte le funzioni specifiche a risolvere, o almeno ad attenuare, il disagio sofferto.

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- VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE

Sulla base della storia ricostruita l'assistente sociale sarà in grado di formulare delle ipotesi, sul problema, sulla sua formazione ed evoluzione, sul lavoro ed i possibili interventi da attuare.

Grazie alla diagnosi sociale così potremmo contare su un'interpretazione della situazione problematica e delle possibili cause che hanno concorso a determinarla. Ipotesi caratterizzata dal fatto di essere provvisoria, ossia modificabile dal continuo flusso informativo; condivisa, oltre che con l'utente con l'équipe di lavoro, al fine di limitarne la soggettività e l'improvvisazione; specifica e plausibile, cioè costruita sulle informazioni raccolte in base al sistema utente ed alla sua interazione con sistemi più vasti; verificabile, azione ottenibile soprattutto nel rapporto diretto con gli utenti, dalla capacità di osservarne ed interpretarne le retroazioni agli input immessi nella relazione dall'operatore.19

- DEFINIZIONE ED ELABORAZIONE DEL PROGETTO D'INTERVENTO Dalla valutazione operativa, ossia l'analisi dei punti di forza e debolezza, la rilevazione delle risorse interne ed esterne, la fissazione degli obiettivi di cambiamento, deriverà l'elaborazione di un progetto

di intervento individualizzato.20

Piano di lavoro che andrà a disporre precise strategie di azione, gli strumenti e le risorse da utilizzare od incentivare, le persone implicate ed i compiti loro affidati, i costi ed i tempi di attuazione.

E' in tale ambito che le funzioni di aiuto e controllo troveranno un'applicazione, le finalità della vigilanza e del contemporaneo

19 Lerma M. (1992). Mazza R. (1991).

20 Il piano individualizzato di intervento impone che nel lavoro sociale si tenga conto dell'unicità della persona, della sua storia ed esperienza di vita; ogni intervento deve basarsi sulla sua centralità, sulla pluridimensionalità e globalità della presa in carico; ogni situazione che si presenta sarà specifica poiché differente è ogni utente ed ogni azione dovrà plasmarsi alla sua unicità.

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sostegno al nucleo si combineranno, così come l'obiettivo di indirizzare, limitare ed accompagnare nel percorso gli utenti; ai vari operatori verranno attribuiti precisi compiti, si stabilirà a chi compete il controllo e la vigilanza del rispetto delle prescrizioni e dei doveri impartiti, chi sarà il referente e, oltre a seguire la famiglia, si costituirà responsabile del progetto in generale, divenendo coordinatore dei vari compiti, attento che le finalità di supporto siano rispettate e la tutela e la protezione garantite.

Tale fase decisionale-attuativa non è compiuta in autonomia dall'assistente sociale, ma necessita sia della collaborazione degli altri professionisti (lavoro di équipe) che della partecipazione degli utenti, verso e per cui i piani vengono elaborati.

Le parti si accordano, tramite un patto di reciprocità, per assumere impegni, responsabilità, regole che andranno rispettate per il buon esito del progetto; tramite la stipulazione di un contratto dunque le ipotesi e le azioni degli utenti troveranno un punto di convergenza con quelle dell'assistente sociale.

Le varie aspettative si chiariranno e coordineranno; permettendo non solo che venga rispettato il principio dell'autodeterminazione della persona, vista come capace di prendere e partecipare alle decisioni che la riguardano, se solo messa nella condizione di disporre dei mezzi necessari, ma tale accordo consentirà all'operatore di poter valutare il percorso effettuato, basandosi sulle mete raggiunte o meno, calcolando gli imprevisti, permettendogli di apportare i tempestivi cambiamenti necessari.

- ATTUAZIONE DEL PIANO DI INTERVENTO

Gli obiettivi fissati, per essere raggiunti, hanno bisogno che dalla fase ideativa si passi a quella operativa; l'assistente sociale compie gli

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interventi necessari ad indurre i cambiamenti auspicati, azioni che potranno essere suddivise in dirette ed indirette a seconda che prevedano la presenza dell'utente.21

La finalità dell'aiuto e del controllo otterranno in tale fase un riscontro pratico, verranno stabilite le precise misure, idonee a fornire sostegno e garantire la vigilanza; saranno previsti interventi, come l'assistenza domiciliare, il ricorso ad educatori, l'inserimento in strutture, in grado di conciliare i due compiti, soluzioni dove il rapporto diretto con il nucleo consente di seguirlo e limitarlo se necessario.

L'attuazione del piano implica una serie di azioni che possono avere diversi bersagli quali gli individui, attraverso interventi di sostegno, informazione e controllo; l'ambiente, attraverso attività amministrative, l'erogazione di specifiche prestazioni, la conoscenza socio-ambientale, influenze che possono avere risvolti psicologici e strutturali; la relazione fra persone, attraverso incontri di negoziazione e mediazione; i servizi, per adeguarli ai bisogni dell'utenza, garantirne un buon funzionamento, attraverso il lavoro di documentazione, organizzazione di uffici e strutturazione delle équipe.22

- VALUTAZIONE DEI RISULTATI

Fase specifica di verifica in cui si analizza il percorso attuato, i cambiamenti verificatisi nella situazione, dall'inizio dell'intervento, si riflette sugli obiettivi fissati, sul contratto stipulato, sulla corrispondenza o meno del piano di lavoro con i risultati concreti ottenuti dalla sua attuazione.

21 Maria Dal Pra Ponticelli suddivide gli interventi facendo rientrare tra quelli diretti la capacità dell'assistente sociale di chiarire e sostenere, informare ed educare, persuadere ed influenzare, controllare ed esercitare un'autorità, mettere in relazione, creare nuove opportunità e strutturare un rapporto di lavoro con l'utente; mentre come indiretti classifica l'organizzazione, la

documentazione, la programmazione e la pianificazione, le azioni sull'ambiente, la collaborazione con gli altri operatori e gli interventi a livello delle istituzioni sociali. Dal Pra Ponticelli M. (1985).

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Soprattutto in contesti di controllo questa fase permette di verificare la reale adesione degli utenti alle finalità stabilite, la corrispondenza tra quanto dichiarato ed i reali cambiamenti da questi apportati, la loro disponibilità ad accrescersi allontanandosi dalle precedenti modalità di relazione disfunzionali, acquisendone di fatto di nuove, più costruttive; tramite il dialogo continuo con gli operatori coinvolti nel progetto, la continua trasmissione delle informazioni tra loro, è possibile avere un riscontro generale e veritiero dei comportamenti e delle azioni degli utenti, permettendo un intervento celere nei casi di riscontrata adesione solo formale e della continua presenza delle problematiche che hanno determinato l'intervento dei servizi.

Questa azione è possibile solo se nel suo percorso l'assistente sociale ha redatto una dettagliata documentazione, relativa al piano di lavoro (relazione valutativa sulla situazione, progetto di intervento, contratto) ed all'evolversi del processo di aiuto (cartella sociale, verbali, diari e relazioni); per consentire una continua trasmissione e circolazione delle informazioni e degli interventi compiuti, avere nel tempo memoria e prova del percorso intrapreso, studiarne i pregi ed i punti critici e poterne apportare le modifiche che si rendono necessarie. Si valuterà non solo l'efficacia delle strategie attuate, ma anche i risultati raggiunti rispetto al miglioramento delle condizioni determinanti del contesto di vita dell'utente ed i benefici da lui ottenuti, rispetto anche alla dipendenza formatasi dai servizi.

Qualora i risultati della valutazione si discostino dagli obiettivi prefissati, le mete di cambiamento non siano state raggiunte o nuovi fatti siano sopravvenuti, un nuovo piano di lavoro conseguirà ad una raccolta di maggiori informazioni, ad una valutazione più adeguata della situazione, scaturenti dal continuo feedback, che consente di ripercorrere i propri passi, plasmandoli all'evolvere del processo.

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- CHIUSURA DELLA AZIONE

Fase conclusiva che fa riflettere sul fatto che l'intervento dell'assistente sociale necessita dei limiti, dei tempi stabiliti, in quanto visto come processo che accompagna le persone nei loro momenti di difficoltà, un aiuto che consente loro di riappropriarsi dei mezzi per continuare in modo autonomo il proprio percorso. La dipendenza dai servizi, e dall'operatore che gli incarna, deve essere limitata; ogni intervento necessita che ne venga stabilita una conclusione, che siano fissati i tempi di attuazione.

La necessità della temporaneità delle azioni dei servizi sociali è evidente anche nei casi dove, oltre all'aiuto, siano attuati interventi di controllo; i limiti che vengono imposti alla persona non possono essere perenni, i divieti e le prescrizioni devono servire a far acquisire agli utenti la consapevolezza del cambiamento, il controllo fine a se stesso non è produttivo e rispondente ai fini dell'azione sociale; la possibilità di rapportarsi con nuclei disfunzionali, offerta dall'imposizione di un contesto coatto, deve essere colta dagli operatori come opportunità di intraprendere con questi un percorso volto alla riscoperta dell'autonomia ed alla ricerca di personali risorse. Questa fase, ossia la chiusura dell'azione, come la valutazione e la restituzione di questa all'utente, non deve essere evitata, semmai sarà necessario accompagnare la persona nell'analisi dei risultati ottenuti, prepararla al distacco, favorendo l'apprendimento del processo di soluzione dei problemi.

La fine dell'intervento può avvenire per iniziativa dell'utente, per il raggiungimento degli obiettivi prefissati o per esaurimento del rapporto. Nel caso di contesti di valutazione o di controllo la chiusura dell'azione, nell'ipotesi maggiormente auspicata, stabilirà che le condizioni che rendevano necessaria la vigilanza sono state superate, i

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cambiamenti sperati si sono verificati, permettendo alle persone di riacquistare una nuova autonomia ed indipendenza sulla propria vita; qualora le problematiche non siano totalmente superate, ma dei progressi e dei miglioramenti vengano effettivamente riscontrati, le misure di controllo ed i divieti potranno essere attenuati e diminuiti, durante il continuo supporto e sostegno, tramite una azione di vigilanza meno intensa, ma pur sempre presente, si potrà prestare attenzione alle eventuali ricadute o difficoltà che potranno nuovamente verificarsi per gli individui o le famiglie.23

In questa fase potrà quindi concretizzarsi la conclusione del piano di azione o l'eventuale formulazione di nuovi progetti, conseguenti a delle valutazioni negative.

La suddivisione in fasi falsa la possibilità nella pratica di una loro simultaneità, i vari passaggi si intrecciano e si presentano nell'intero processo, così che la raccolta di informazioni, la formulazione di ipotesi, la verifica e la valutazione non sono azioni da compiersi in momenti precisi e limitati, ma caratterizzano l'intero processo, guidando l'operato ed il ragionamento dell'assistente sociale.24

Quel che differenzia i vari passaggi sarà l'intensità delle azioni; all'inizio dell'intervento l'accento verrà posto sulla raccolta dei dati, sulla comprensione della richiesta e della situazione, sulla valutazione preliminare; l'assistente sociale dovrà fare chiarezza sui propri compiti, esplicitando negli eventuali contesti di controllo la sua doppia

23 Non sempre la chiusura dell'azione ed il raggiungimento degli obiettivi determinano la riappropriazione dell'autonomia totale per gli utenti; ad esempio, nel caso si valuti la

recuperabilità di genitori accusati di abusi e dal lavoro attuato con questi emerge una diagnosi di non recuperabilità delle capacità genitoriali e l'impossibilità di proseguire il rapporto, ritenuto pericoloso e disfunzionale per i figli, la prosecuzione dell'intervento si sostanzierà nella ricerca di un nuovo nucleo, per il bene dei minori, e nel percorso di accompagnamento dei genitori verso l'accettazione della decisione.

24 Più che come passaggi sequenziali, l'espletamento delle azioni, può essere spiegato con la metafora della spirale, che, qualora se ne avverta la necessità, consente la facoltà di ritornare a fasi precedenti.

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funzione, sostegno e vigilanza, su quello che potrà concretamente offrire, sulle risorse del servizio che rappresenta e sulle possibili scelte ed eventualità che si prospettano. Nel mezzo del processo preminenti saranno l'elaborazione del progetto di intervento e delle strategie, la stipulazione del contratto; come ultimo passo l'attenzione si sposterà sulla messa in atto delle strategie di intervento, sul controllo continuo dell'adesione degli utenti, sulla valutazione dei risultati ed infine sulla preparazione della conclusione del percorso attuato.25

Qualunque sia la tipologia di utenza ed il campo di applicazione dell'intervento sociale il procedimento metodologico26 intrapreso sarà

lo stesso, con il compito per l'assistente sociale di utilizzare, a seconda del caso, conoscenze e legislazione di riferimento specifiche, nonché attivare i servizi e le prestazioni adeguate alla situazione.

1.3 STRUMENTI DEL SERVIZIO SOCIALE Mezzi per integrare i compiti di aiuto e controllo

L'assistente sociale nell'adempimento delle sue funzioni può contare su degli strumenti, e delle tecniche volte al loro utilizzo, in grado di aiutarlo ed indirizzarlo nel processo di aiuto. Tali strumenti di lavoro si possono ritrovare in altre professioni, ma ciò che li caratterizza e differenzia nel campo dei servizi sociali è l'obiettivo verso cui tende il loro utilizzo.27 Attraverso l'impiego di specifici mezzi l'operatore potrà 25 Lerma individua tre livelli di intervento; nel primo include il lavoro per chiarire la domanda ed

introdurre ordine e consequenzialità in situazioni frammentate; nel successivo, il secondo, la costruzione del rapporto collaborativo con l'utente intorno ad un progetto; nel terzo include l'insieme delle realizzazioni, dei provvedimenti, delle opere che concorrono a risolvere il problema da cui si è partiti.

Lerma M. (1992). 26 Vedere nota n. 12.

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contare su dei supporti in grado di ridurre l'incertezza e la complessità del suo operato, riuscirà ad analizzare e studiare le situazioni con maggior cura ed il più rispondente possibile alla realtà degli eventi; vista l'ulteriore complessità degli interventi, nel caso di contemporanee esigenze di controllo e di valutazione nei confronti degli utenti dei servizi, tramite l'utilizzo degli strumenti professionali, l'assistente sociale riuscirà a coniugare le sue molteplici funzioni, integrandole, permettendo che il fine ultimo dell'aiuto delle persone venga rispettato e garantito.

Gli strumenti possono riguardare azioni rivolte all'utenza o modi di rapportarvisi, i rapporti e l'interazione con gli altri operatori, suoi collaboratori o superiori, l'elaborazione di atti e la documentazione. Tra i più rilevanti e specifici della professione troviamo il colloquio, il rapporto professionale che si instaura con gli utenti, la visita domiciliare, l'équipe di lavoro e le sue riunioni, la supervisione, la tenuta delle documentazione necessaria come la cartella sociale, le relazioni ed i verbali.

1.3.1 IL RAPPORTO PROFESSIONALE

Il clima che si crea tra assistente sociale ed utente è un ingrediente indispensabile per l'attuazione e la riuscita del processo di aiuto; l'insieme degli atteggiamenti e dei sentimenti reciproci che intercorrono tra questi consentirà o meno il raggiungimento dell'obiettivo comune da cui sono uniti, con il fine di permettere un migliore adattamento della persona richiedente al suo ambiente ed aiutarla a comprendere e risolvere i suoi problemi.

assistenti sociali ma viene comunemente utilizzato anche dagli altri operatori psico-sociali, in ambito terapeutico, psichiatrico, psicologico e persino sanitario.

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Entrando in relazione con l'utente l'assistente sociale si rende disponibile ad accedere al suo dolore emotivo, alla sua sofferenza; occorre che si presenti preparato a questa tensione, per evitare che la fugga, assumendo atteggiamenti di distacco, rifiuto e risposte burocratizzate o all'opposto non permettere che ne venga troppo coinvolto, evitandogli di compiere scelte ed azioni ponderate, invischiandosi lui stesso nelle problematicità degli utenti. Fare ricorso al supporto dei colleghi ed alle proprie capacità professionali può essere considerato un valido mezzo per contrastare il rischio di rigidità relazionale ed ipercoinvolgimento, consentendo al professionista di dosare e riuscire a trovare un equilibrio tra questi sentimenti opposti. E' attraverso l'interazione diretta con l'utente che nei contesti di controllo si può passare, mediante le capacità e le abilità relazionali proprie dell'assistente sociale, da un clima di sfiducia, di percezione di un rapporto imposto, di un obbligo, ad un opposto interesse e coinvolgimento dell'utente, all'attenzione ed al rispetto della professionalità dell'operatore; l'iniziale prevedibile non collaborazione degli utenti non deve scoraggiare, l'incarico di vigilanza deve essere percepito come un'opportunità, competerà all'assistente sociale riuscire a sfruttare il rapporto con la persona per fargli comprendere la necessità del suo intervento, il suo interesse ad offrirsi a lui anche come un aiuto, nonostante i suoi compresenti obblighi di controllo. Abilità degli operatori è riuscire a far comprendere agli utenti che non devono percepire loro come un nemico, il controllore al quale sottacere la realtà; per ottenere la fiducia delle persone fondamentale sarà sempre specificare il contesto entro il quale si opera, essere chiari, mai nascondere i propri compiti di vigilanza, il proprio obbligo di riferire e relazionare le proprie informazioni ad organi giudiziari superiori, la coerenza dell'operatore è il primo passo per ottenere il

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rispetto degli utenti.

L'interazione deve essere indirizzata a permettere un ingaggio collaborativo della persona, agevolare il riconoscimento delle competenze dell'assistente sociale, l'instaurazione di un clima di fiducia; mete facilitate dalla capacità dell'operatore di rapportarsi senza preconcetti e stereotipi ed assumere al contrario atteggiamenti di accettazione e tolleranza.

Attraverso la relazione verranno comunicate all'utente le capacità specifiche della professione, come l'ascolto, la comprensione, l'accoglienza, l'atteggiamento non giudicante; inoltre l'operatore riuscirà nel rapporto diretto ad evocare potenzialità, rinforzare le competenze e favorire processi evolutivi nei confronti del cittadino, avendo come guida e obiettivo l'autodeterminazione e la possibilità di scelta riconosciute ed ogni persona.

1.3.2 IL COLLOQUIO

Il mezzo attraverso il quale la relazione tra operatore ed utente può instaurarsi e consolidarsi è il colloquio; l'assistente sociale vi ricorre nei diversi momenti del processo di aiuto, con finalità differenti; lo può utilizzare per la ricerca delle informazioni, per valutare i bisogni e la situazione delle persone, costruire e verificare ipotesi, progettare interventi e monitorarne gli effetti.28

Deve essere centrato sull'utente, tendere alla sua partecipazione e perseguirne gli interessi; vista la posizione che si trova a rivestire

28 Tra i vari tipi di colloquio professionale rientrano non soltanto le interazioni rivolte all'utente nel corso del processo di aiuto, ma anche nei confronti del cittadino in senso lato, tra colleghi, operatori esterni all'ente e di altre professioni. Potremmo quindi trovare colloqui informativi o di segretariato socio-assistenziale, diagnostici, di trattamento psicosociale, di indagine e di valutazione psicosociale, terapeutici, di consulenza e telefonici.

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l'assistente sociale rientra tra i suoi compiti la capacità di cercare di dare spazio alla persona, porsi in una situazione di ascolto, empatizzare, ossia cercare di capire il punto di vista dell'altro, il suo modo di analizzare la realtà; fondamentale sarà riuscire ad accogliere l'utente in modo da permettere che si senta libero di esprimersi, con piena fiducia nei confronti dell'operatore.

L'interazione è volta al raggiungimento di uno scopo, obiettivo insito nel processo di aiuto, e per ottenerlo l'assistente sociale dovrà cercare non solo di comprendere le espressioni dirette, ma fare anche attenzione al comportamento analogico, cioè le reazioni non verbali, spesso anticipatorie o sostitutive dei messaggi verbali, e persino decifrare il modo di evolversi del rapporto interpersonale, ponendosi come osservatore partecipante, parte della relazione ma impegnato ad analizzarla.

Il suo svolgersi non deve essere direttivo, ma spetta comunque all'operatore la responsabilità di dirigere i vari colloqui; l'utente deve averne chiara la specificità, importante dunque sarà rispettarne i tempi, gli spazi ed il contenuto.

Gli argomenti spiacevoli non andranno evitati, bensì affrontati se pertinenti al raggiungimento dell'obiettivo, spetterà all'assistente sociale sondare le aree ritenute rilevanti, porre domande che svelino nodi cruciali, che facciano emergere informazioni importanti, chiedere chiarimenti su quanto da lui compreso, su suoi eventuali sbagli di codifica dei messaggi, ricapitolare e ripuntualizzare per approfondire. Attraverso i colloqui si potranno determinare i percorsi e gli interventi da attuare; ad esempio nel caso si sospettino dei maltrattamenti perpetuati nei confronti di minori, convocare la famiglia, esplicitarle le proprie paure sull'esistenza di possibili rischi per i figli, osservarne le reazioni, ascoltarne le motivazioni, carpirne il desiderio di cambiare

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o al contrario vedere il nucleo trincerarsi dietro scuse e non assumersi le proprie responsabilità, permetterà all'assistente sociale di delineare il cammino successivo da intraprendere. Una segnalazione al Tribunale per i Minorenni potrà essere ritenuta indispensabile per la protezione e la tutela dei minori, collocando gli utenti in un contesto coatto o, grazie alla collaborazione della famiglia ed ai non eccessivi rischi per i figli, l'operatore potrà ritenere che sarà sufficiente inserirla, o continuare a seguirla, in un contesto spontaneo di aiuto.

Qualora si operi in un contesto di controllo, tramite gli incontri diretti con gli utenti potrà essere fatta chiarezza sull'esistenza della propria doppia funzione, ribadita la necessità di intrattenere rapporti con l'autorità giudiziaria, del dovere di riferirle le informazioni acquisite, di collaborarci e colloquiarci; tramite il rapporto partecipato con le persone è possibile costruire un legame, altrimenti ricercato solo astrattamente.

Potrà essere testata l'esistenza e la concretezza dei possibili cambiamenti attuati dalle famiglie che seguiamo, ascoltati i loro punti di vista e le loro necessità; il nucleo potrà essere “osservato dal vivo, in azione”, “l'attenzione” verrà così concentrata sulle “relazioni”,29 in

tal modo potrà essere analizzata concretamente l'esistenza di rischi e pericoli per alcuni suoi componenti e quindi valutata la necessità di interventi più incisivi dal punto di vista del controllo e delle prescrizioni o al contrario, testati i cambiamenti ed i miglioramenti della situazione, palesare la possibilità di allentare le limitazioni imposte; processi di cui l'operatore si fa promotore, informando dei pericoli riscontrati o dei cambiamenti avvenuti l'organo giudiziario competente che, sulla base delle indicazioni ricevute, attuerà le relative decisioni, ritenute idonee all'evolversi della situazione.

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Osservare ed interagire con le persone ci consentirà di testate i loro comportamenti, la loro adesione e partecipazione alle finalità degli interventi od al contrario i loro sentimenti di sfiducia, rabbia ed ostinazione su determinati atteggiamenti; potremmo così ottenere un riscontro della concreta assunzione di responsabilità, della loro disponibilità a cambiare e riporre in noi fiducia e rispetto.

Anche la scelta di chi convocare o meno alle sedute può essere parte dell'intervento, il messaggio indiretto che ne scaturisce, sui coinvolgimenti, le implicazioni, su chi è chiamato in causa e quindi percepito come parte del sistema, è un potente strumento che gli operatori potranno utilizzare; ad esempio per smentire modalità interattive attuate dalla famiglia che, velatamente o direttamente, attribuiscono la colpa della sofferenza, dei disagi patiti dal nucleo ad un loro membro; per evitare che la loro ipotesi sia confermata è importante estendere la partecipazione all'incontro all'intero sistema, attuando una riattribuzione più ampia delle responsabilità.30

Il colloquio non dovrà strutturarsi come una intervista, o peggio ancora come un interrogatorio, con un susseguirsi di domande giudicanti ed argomenti non approfonditi, l'utente deve poter essere lasciato libero di esprimersi, sfogarsi, concedendogli tempi e spazi adeguati.

L'assistente sociale può contare su alcune tattiche che gli consentono di condurre l'incontro e che gli permettono di superare l'eventuale impasse comunicativo in cui può venire a trovarsi; in particolare gli è richiesto di assumere una posizione imparziale tra i partecipanti al colloquio, porre equilibrio nelle alleanze, non schierandosi a favore delle ragioni di una sola parte, ma tenendosi equidistante e permettendo che ognuno possa esprimere le proprie opinioni senza

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prevaricare; usare un linguaggio e delle espressioni adeguate agli interlocutori, per mettere questi ultimi nella condizione di poter comprendere; l'operatore non deve essere troppo impulsivo nell'esprimere la propria soluzione od interpretazione del problema, ma essere cauto e riflessivo, ponderando le risposte ai tempi degli utenti. In alcuni casi, qualora l'interazione sia improduttiva, il suo ruolo od il contesto vengano squalificati, può rivelarsi conveniente per l'operatore sospendere tatticamente il colloquio o rimarcare lo scopo dell'incontro, appellandosi alla sua facoltà di imporre le regole dell'interazione.

Al fine di costruire un rapporto collaborativo il comportamento dell'utente deve essere decolpevolizzato e responsabilizzato; per instaurare un'interazione produttiva atteggiamenti giudicanti e la ricerca di un unico responsabile andranno evitati, al contrario ogni membro influente del “sistema famiglia” andrà coinvolto nel processo di aiuto, reso partecipe della soluzione dei problemi e spronato al cambiamento.

1.3.3 L'INDAGINE DOMICILIARE

I colloqui con gli utenti possono avvenire anche nel suo domicilio, al fine di consentire un approfondimento rispetto alla globalità della situazione, della sua famiglia, del suo ambiente di vita e degli aspetti relazionali.

L'assistente sociale può vedere personalmente ciò che fino a prima ha potuto solo immaginare o di cui ha solamente sentito parlare; immergendosi nel contesto della persona può percepirne molte informazioni, anche quelle consapevolmente nascoste dall'utente, per

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paura o mancanza di fiducia; può avvalersi così di uno strumento in più per comprendere e talvolta cambiare le proprie ipotesi ed interventi.

Molti sono gli spunti su cui riflettere e da cui far scaturire le decisioni necessarie al caso, il quartiere di residenza, l'ubicazione della casa familiare ed il modo di mantenere e provvedere alla stessa, l'osservazione dei rapporti e delle relazioni mentre si svolgono, sono tutti aspetti a cui prestare attenzione e da inserire nello studio generale della situazione. L'operatore entra così a far parte dell'ambiente socio-familiare dell'utente, con l'intento di analizzare e approfondire la sua analisi.

Nel processo di aiuto l'utilità e la decisione di attuare la visita domiciliare può essere frutto di una valutazione personale dell'assistente sociale, che la inserisce nel progetto più ampio di lavoro intrapreso con la persona ed il suo nucleo, qualora la ritenga necessaria e produttiva, sia per acquisire dati, che ai fini del rapporto professionale instaurato con la famiglia; può rientrare in quei casi in cui si rivela necessaria per l'ottenimento di certe prestazioni, configurandosi come dovere burocratico, pur sempre riconoscendo le opportunità che ne possono derivare, per una conoscenza più approfondita del caso e delle persone, come ulteriore canale per “avvicinarsi” ed instaurare una relazione significativa con gli utenti;31

inoltre può rientrare in un protocollo operativo stabilito da altre istituzioni, come canale di indagine e valutazione, come nel riconoscimento delle idoneità o per gli accertamenti dell'esistenza di rischi o disagi sofferti dai minori.32

31 L'intervento a domicilio si rivela necessario ad esempio per l'attivazione dell'assistenza domiciliare, del telesoccorso e della teleassistenza, per la stesura del Progetto di Assistenza Personalizzato, e dei relativi interventi, da parte dell'Unità di Valutazione Multidisciplinare nell'area della non autosufficienza (L. n. 66/08) ed ai fini della Legge n. 104//92

“Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.

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