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LE FINALITA' DELLA PENA Oltre la sanzione

CAP 4 AMBITO PENITENZIARIO

4.2 LE FINALITA' DELLA PENA Oltre la sanzione

Nel corso dell'ultimo secolo, sotto la spinta di movimenti e riconoscimenti internazionali e nazionali,225 grazie ad i progressi ed

alle scoperte fatte a seguito degli studi e delle ricerche in campo sociale, psicologico e criminologico, si è assistito ad un mutamento nella concezione di intendere le cause alla base dei comportamenti antisociali, nelle modalità di trattamento ed esecuzione delle sanzioni e nel modo di percepire la finalità stessa della pena.

Ai soggetti che si rendono autori di reati devono essere riconosciute e stabilite precise garanzie e diritti, la pena inflitta non deve essere percepita come uno strumento di vendetta sociale; applicando ai condannati interventi esclusivamente afflittivi e con finalità di semplice custodia, si rischia, non solo di non riuscire ad apportare soluzioni concrete alle problematiche sociali, ma di incrementarle ulteriormente, incentivando le cause dell'emarginazione sociale di specifiche categorie ed il perpetuarsi in queste di ulteriori comportamenti criminali.

Con l'entrata in vigore della Carta costituzionale viene sancito il tassativo divieto dell'applicazione della pena di morte e dei trattamenti contrari al senso di umanità, stabilendo al contrario la necessità che la pena tenda come fine alla rieducazione del condannato;226 così che 225 Per quanto riguarda il riconoscimento, fatto a livello sovranazionale, dei diritti umani di tutti i

cittadini, possiamo portare come esempio i documenti approvati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite come la “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo” del 1948, il “Patto internazionale sui diritti civili e politici” del 1966, la “Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani, o degradanti” del 1984; a livello europeo troviamo la “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali” del 1955, la “Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti” del 1987, la “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea” del 2000.

ogni sofferenza non connessa con la privazione della libertà deve essere esclusa dalle modalità di esecuzione delle sanzioni.

L'attenzione si sposta, dal reato, al soggetto che lo ha commesso, non basta constatare il semplice fatto criminoso per giustificare l'isolamento e la custodia dell'autore fine a se stessa; l'esclusiva attribuzione di responsabilità al detenuto per l'azione compiuta, derivante da una sua interna e peculiare volontà di delinquere, causata da devianze psicologiche e comportamentali personali, cede il passo all'assunzione, da parte della società, dell'esistenza di molteplici fattori tra loro in interazione, di problematiche sociali che vanno ad aggiungersi e plasmare quelle familiari ed individuali.

Le misure afflittive, oltre a difendere l'ordinamento sociale nel suo insieme, ponendosi come contrasto e modalità di risposta ai comportamenti contrari alle regole comuni di convivenza, causa di instabilità e di conflitti sociali, devono perseguire gli obiettivi della integrazione e della riabilitazione della persona.

Le norme e le regole227 che disciplinano il sistema carcerario e penale

italiano si basano su una serie di principi e riconoscimenti, che si possono ricollegare e far discendere dai presupposti di base della rieducazione e della risocializzazione dei detenuti.

Il nuovo ordinamento penitenziario228 intende la risposta sanzionatoria

come un percorso che deve plasmarsi e differenziarsi sulla base delle caratteristiche dei vari condannati, internati ed imputati;229 per 227 Le norme di dettaglio della vita penitenziaria si desumono da documenti internazionali

(Risoluzione ONU del 1955 “Regole minime per il trattamento dei detenuti”) ed europei (Consiglio d'Europa, risoluzione 5/1973 “regole minime”, risoluzione 3/1987 “regole penitenziarie europee”) recepite a livello nazionale ed incluse nella riforma penitenziaria avvenuta con la legge n. 354/1975 “Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”.

228 Legge n. 354/1975 “Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” e successive modifiche, tra le più incisive L. n. 663/1986 “Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” (legge Gozzini), L. n. 165/1998 (legge Simeone-Saraceni).

229 Si classificano come “detenuti” le persone all'interno di un istituto di pena soggette

consentire il fine del reinserimento sociale è necessario superare una concezione della pena inflittiva statica, ossia con il solo obiettivo del contenimento ed uguale per tutti i soggetti.

Nell'esecuzione della pena occorre distinguere il momento del giudizio, percepito come statico, attestante il fatto commesso e le circostanze che lo hanno determinato, dal momento viceversa dinamico dell'esecuzione della condanna, attuata il più possibile attraverso modalità che tengano conto della personalità del reo, dei suoi bisogni e delle sue necessità di integrazione.

Come evidenzia R. Breda l'esecuzione penale deve “saper guardare all'uomo ed alla sua vicenda esistenziale”, in modo che la condanna possa permettere una reale e personale, non imposta, revisione dei comportamenti da parte dell'individuo; per l'autore “la pena da scontare risulta capace di produrre positivi risultati solo se si apre ad un processo di comprensione più profondo, in cui gli operatori penitenziari sappiano favorire esperienze di confronto e di sostegno ispirate ai valori della socialità e della solidarietà”.230

Il principio dell'individualizzazione della pena, a fondamento della riforma penitenziaria, nonché quello di proporzionalità, stabiliscono che per essere considerata giusta ed eguale la pena deve differenziarsi in base alle personali responsabilità ed alle esigenze di risposta che

ne conseguono,231 la condanna in fase esecutiva sarà così modulata in

rapporto alle modificazioni soggettive intervenute nell'individuo, entro naturalmente i limiti massimi di pena previsti in sentenza.232

Il trattamento rieducativo rivolto ai detenuti dovrà essere finalizzato

di sicurezza di carattere detentivo come colonia agricola, casa di lavoro, casa di cura e custodia, ospedale psichiatrico giudiziario (internati); sottoposte a una restrizione cautelare della libertà personale (imputati).

Neppi Modona G., Petrini D., Scomparin L. (2009), p. 199. 230 Breda R., Coppola C., Sabattini A. (1999), p. 62.

231 Sentenza della Corte Costituzionale 349/93. 232 Breda R., Coppola C., Sabattini A. (1999).

alla possibilità di permetterne il reinserimento sociale; in ogni struttura carceraria compete al gruppo di osservazione e trattamento (GOT)233 l'indagine relativa ai vari aspetti della personalità

dell'individuo; équipe che, in base ai bisogni ed alle caratteristiche rilevate di ogni soggetto, elaborerà un programma individualizzato di trattamento, progetto fatto in funzione delle capacità di impegno e di recupero sociale dimostrate dalla persona.

Il trattamento individualizzato prende avvio dall'osservazione della personalità del soggetto, fatta per comprendere e cercare di superare le carenze ritenute di pregiudizio ad una normale vita di relazione dell'individuo, indagine rivolta ad appurare le cause delle problematiche, gli ostacoli alla costruttiva partecipazione sociale; con il fine di attuare un progetto di intervento rieducativo diretto a promuovere la modifica degli atteggiamenti non adeguati al reinserimento ed alla futura socializzazione del reo.

Vista la necessità di plasmare gli interventi alle caratteristiche dei detenuti è prevista una differenziazione dei programmi; il carcere cessa di essere il luogo esclusivo in cui si procede al recupero individuale e sociale degli autori dei reati, diviene una delle possibili modalità di esecuzione della pena previste, tra le quali si includono le misure alternative alla detenzione; queste ultime basate su modelli di pena centrati sulla volontà di recupero e di collaborazione dimostrate dal condannato, che permettono al soggetto di uscire dalle mura del carcere, in modo definitivo o progressivo, seguito e sostenuto nel suo ambiente di vita.

233 Gruppo composto dalle varie professioni che si trovano ad interagire e collaborare nel settore carcerario; ne fa parte l'educatore, l'assistente sociale, il direttore penitenziario, che lo presiede e coordina, un rappresentante degli agenti di custodia, i vari specialisti di volta in volta necessari per problematiche specifiche dei soggetti, come psicologi, psichiatri, esperti in dipendenze. Per ogni soggetto verrà redatta una cartella personale che raccoglie gli elementi di informazione e valutazione utili per il trattamento rieducativo di ciascun detenuto;

osservazione scientifica della personalità che consente di arrivare, integrando i vari contributi, ad una conoscenza unitaria delle problematiche personali e sociali della persona.

Oltre alle modalità di esecuzione differenti dal carcere, anche nella vita intramuraria è prevista una differenziazione, tra i vari istituti o tra le sezioni di questi, che tenga conto delle caratteristiche personali dei soggetti reclusi e della possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune, perciò differenziato rispetto a quello realizzato in una struttura diversa; possono così costituirsi istituti con programmi differenziati, organizzati con modalità peculiari a seconda delle persone assegnatevi, come ad esempio strutture con un livello di custodia attenuata vista la mancanza, per la personalità dei detenuti presenti, di reali problemi di sicurezza od istituti adibiti a programmi di semilibertà.

Aver percepito la pericolosità dell'assioma pena-carcere e degli effetti marginalizzanti e destrutturanti per la persona della detenzione fine a se stessa ha consentito, oltre a prevedere misure a questa alternativa, un'apertura del mondo carcerario alla società, con l'introduzione al suo interno di professioni pratiche del territorio sociale, in grado di ascoltare ed interagire con la comunità, impegnate in attività di sostegno ed aiuto, come gli assistenti sociali e gli educatori.

Data l'importanza dei rapporti con la comunità è consentito a chiunque sia realmente interessato di partecipare all'opera di risocializzazione dei detenuti, basti che dimostri di poter utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti con la società libera; nel carcere è così permesso l'ingresso dei volontari, sotto il controllo del direttore dell'istituto e previa autorizzazione del magistrato di sorveglianza; inoltre viene sancita la necessità che al condannato venga permesso di mantenere dei rapporti con il mondo esterno, con particolare riguardo per quelli con la propria famiglia.

Per il detenuto si prospetta un percorso di reinserimento in cui verrà seguito ed affiancato da varie figure professionali; grazie all'impiego

degli esperti esterni alla struttura l'operato degli educatori e degli assistenti sociali potrà essere arricchito di ulteriori informazioni, la storia del detenuto potrà così essere ricostruita ed approfondita nei vari aspetti, personali, familiari e del suo contesto di vita, e le necessità ed i suoi bisogni potranno essere rilevati.

Dall'inizio della esperienza carceraria della persona, tramite interventi individualizzati, potrà essere prospettato un progetto di risocializzazione. Il fine della pena non sarà il semplice contenimento del soggetto che delinque, ma vige il principio, come A. Sabattini auspica, che anche “attraverso le misure afflittive” occorra “perseguire gli obiettivi della riabilitazione e della integrazione”;234 che verranno a

strutturarsi come un percorso in cui il detenuto sarà accompagnato e seguito, fino ed oltre il momento dell'uscita dal carcere, attraverso la previsione di servizi di assistenza carceraria e post-carceraria.

Il trattamento rieducativo del detenuto sarà così volto a promuovere un processo di risocializzazione, che permetta di rimuovere le condizioni, gli atteggiamenti personali, le relazioni familiari e sociali di ostacolo ad una partecipazione sociale costruttiva;235 tra i vari

strumenti sono compresi interventi volti al mantenimento dei contatti con il mondo esterno, alla prosecuzione, al miglioramento od alla creazione dei rapporti con il nucleo familiare; fanno parte del trattamento le attività lavorative, di formazione scolastica e delle abilità professionali, le attività culturali, ricreative e sportive e le pratiche religiose.

Per quanto riguarda il lavoro penitenziario esso è percepito non più come un obbligo spettante al detenuto,236 ma come un diritto a questo

riconosciuto costituzionalmente; non deve avere carattere afflittivo e

234 Breda R., Coppola C., Sabattini A. (1999), p. 54.

235 Così come definito dall'art. 1, comma 2, del regolamento penitenziario del 1976.

236 Come previsto dal vecchio regolamento penitenziario, in vigore dal 1931 fino all'attuazione della riforma del 1975.

deve essere remunerato. Attraverso l'attività lavorativa, come per l'adesione facoltativa all'istruzione ed ai corsi professionali, la persona sarà in grado di acquisire praticità, conoscenze ed abilità, spendibili nel momento del reinserimento; l'importanza di tali strumenti risiede nella possibilità di consentire, a chi è motivato, di intraprendere un percorso di crescita personale; attività ritenute mezzi fondamentali nelle dinamiche risocializzanti e nel superamento delle cause della devianza.

La partecipazione alle attività culturali, ricreative e sportive è consentita in quanto riconosciuta “strumento per lo sviluppo degli interessi e della personalità individuale, per l'espressione positiva e canalizzata delle tensioni fisiche ed emotive originate dalla restrizione della libertà”; così come è consentito, a chi lo desideri, professare una fede religiosa, considerato il “valore costruttivo che il credo, le pratiche ed i legami religiosi possono avere per i percorsi riabilitativi delle persone”;237 dimensione spirituale dell'individuo non più

percepita in chiave coercitiva, in quanto il reato era visto come legato ad una assenza di religiosità, ogni forma di obbligo scompare pur restando la religione uno dei possibili strumenti del trattamento.

Fondamentale per il processo di risocializzazione è che venga consentito alla comunità di potervici partecipare, il carcere deve superare la visione di un organismo isolato, chiuso ed impermeabile rispetto alla realtà esterna; come stabilisce l'ordinamento penitenziario la collaborazione di privati, istituzioni, associazioni pubbliche o private deve essere sollecitata ed organizzata, provvedendo ad armonizzare e coordinare l'attività posta in essere dall'ambiente esterno con l'insieme delle attività trattamentali.238

Il valore che le relazioni affettive rivestono per ogni persona è

237 Neppi Modona G., Petrini D., Scomparin L. (2009), pp. 243-245. 238 Artt. 1, comma 6 e 17 o.p.

ampiamente riconosciuto, portando ad affermare la necessità che i rapporti ed i contatti con la propria famiglia non vengano sacrificati dalla detenzione; verranno predisposti precisi programmi di intervento per la cura delle relazioni dei detenuti e degli internati con i loro nuclei, che prevedono azioni volte al mantenimento dei rapporti, qualora siano esistenti e saldi, ad un loro miglioramento, in caso di difficoltà di interazione, od attività in grado di ristabilirli qualora risultino assenti.239

Tra le variabili in base a cui decidere, all'inizio della detenzione, dove assegnare il soggetto rientra il fatto che l'istituto si trovi nell'ambito della regione di residenza o comunque che sia in località prossima; l'assegnazione definitiva verrà fatta in base alle indicazioni trattamentali, contenute nel programma individualizzato, tra le quali rientrano le relazioni affettive del ristretto.

Tra gli strumenti interni, volti alla prosecuzione del legame familiare, si annoverano i colloqui, le visite, la corrispondenza telefonica ed epistolare; riconosciuti come diritti dei detenuti, non comprimibili neanche da valutazioni negative della condotta, derivanti da comportamenti inadeguati tenuti od illeciti compiuti.

Anche le ricompense, come le licenze, o le sanzioni, pur concretizzandosi come premi o punizioni, devono rientrare ed essere finalizzate al trattamento sociale. Sono viste come mezzi capaci di stimolare il senso di responsabilità e l'autocontrollo della persona reclusa, permettono una adesione partecipata agli obiettivi trattamentali, consentono di mantenere la disciplina interna e di creare un clima idoneo allo svolgimento delle attività trattamentali. Definire condotte e comportamenti, meritevoli od al contrario vietati, assegnandovi riconoscimenti o sanzioni, incentiva nel soggetto

239Art. 28 o.p. “Particolare cura [sia] dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie”.

comportamenti conformi ad un sistema di regole e l'assunzione di responsabilità per le proprie condotte. Il regime disciplinare, al pari degli altri strumenti trattamentali, pone tra le sue finalità la rieducazione del detenuto.

Dalle varie disposizioni di legge e regolamentari, sopra enunciate, si evince che il sistema carcerario è stato investito da un “processo di umanizzazione” che consente di porre l'attenzione sui “sopravviventi diritti dei sottoposti ad esecuzione penale e alle garanzie giurisdizionali da accordare per la loro concreta difesa”, che porta a “considerare prevaricante ogni condizione afflittiva che non risulti strettamente giustificata dalla esigenza di controllo e di sicurezza propria della misura penale eseguita o che comunque superi i livelli accettabili sul piano umanitario”; processo che guarda alle “esigenze di dignità del condannato, alle risorse e capacità interiori” che ogni persona, se rispettata come tale, “può desiderare di dimostrare”.240

Occorre comunque porre la dovuta attenzione al fatto che i principi affermati per essere concretamente rispettosi dei diritti di tutti i cittadini devono essere applicati e previsti nelle varie realtà carcerarie; problemi di sovraffollamento degli istituti, mancanza di risorse e di spazi, scarsa presenza di personale qualificato nelle attività di aiuto e di controllo, elevato numero di detenuti assegnati ai vari operatori sociali, educatori ed assistenti sociali, esigue ore riconosciute per il contributo degli esperti esterni, come psicologi o psichiatri, ridotte opportunità di lavoro extramurarie, sono tutti fattori che incidono sulle garanzie riconosciute ai reclusi, sulle opportunità di crescita e riscatto loro offerte, sulla loro effettiva vita in carcere.