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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1417, 30 giugno

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Almo XXVIII - Voi. XXXII

Firenze, 30 Giugno 1901

I 1417

Precisiamo il nostra pensiero

i.

Abituati come siamo ormai da più di un quarto di secolo ad un accordo di pensiero quasi completo coi nostri lettori, tutte le volte che in­ tervenga qualche divergenza sembra a noi che ciò debba dipendere dal fatto che non abbiamo saputo esprimere abbastanza chiaramente e con la debita precisione il convincimento nostio.

Cosi nella attuale situazione economico-poli- tica abbiamo sentito autorevoli e stimabili amici nostri, quasi rimproverarci di aver presa una atti­ tudine mezzo-socialista; crediamo però così in­ giusto simile giudizio, che ci sentiamo indotti a chiarire il nostro pensiero.

Non rimonteremo ad epoche troppo remote per esaminare la condotta politica ed economica delle classi dirigenti; fino al 1871 l’ idea di co­ stituire 1’ unità della nazione e di dare ad essa la sua storica capitale, predominò sopra ogni al­ tro sentimento, sopra ogni altra considerazione; così che si videro concordi in una medesima aspirazione, sebbene discordi nei mezzi per at­ tuarla, i partiti più lontani teoricamente uno dell’ altro.

Ma dal 1871, la questione della unità della patria fu esaurita e non rimaneva più che un solo obbiettivo : quello di amministrare il paese nel modo migliore.

Siamo costretti a dir subito che i fatti che si sono svolti da allora ad oggi, hanno dimostrata- non diremo la incapacità assoluta, ma certo la im­ perizia delle classi dirigenti a compiere questo secondo ufficio. Mentre tanta gente si era mo­ strata così felice di sacrificare averi, libertà e perfino la vita per la causa italiana, ed i loro sacrifizi, intelligenti quanto gravi, avevano otte­ nuto risultati perfino insperati, quando dalla politica patriottica siamo passati alla politica am­ ministrativa, si palesò una completa mancanza di sani criteri, di buoni principi, di scopi defi­ niti, e si può dire che dal 1872 ai oggi, e negli ultimi anni del governo della Destri e nel pre- domin o della Sinistra, e nel lungo periodo del trasformismo si sia proceduto a tentoni senza guida, senza meta, quasi senza la coscienza di tutto quanto andava maturandosi d’ intorno, in un paese nuovo alla vita libera.

L ’ oppressione dei tributi, frutto dello sper­

pero nelle spese; la mancanza di uno stabile in­ dirizzo, così che il Governo parve sempre occupato a disfare anziché a fare; — a tacile conquista che gli affaristi conseguirono del potere, od al­ meno della influenza sul potere; — la sfacciata ed impunita corruzione; a poco a poco accumularono un tale malcontento che non poteva non essere germe di ribellione. E giova notare che tanto più le moltitudini si convincerono della incapacità dei dirigenti, in quanto la critica più feroce sullo stato delle cose non veniva dai partiti estremi, ma i documenti ufficiali del Parlamento, i di­ scorsi degli stessi uomini di Stato, indirettamente le stesse manifestazioni ufficiali della Corona, avvertivano la necessità di cambiar rotta o di in­ dirizzare Governo e paese per una nuova via che meglio si addicesse ad una nazione giovane, che doveva avere tutta la sua speranza nel di­

venire.

Vennero i moti della Sicilia e della Luni- giana nel 1892 e poi quelli di molta parte d’Ita­ lia nel 1898. Per quanto si sia data la colpa, in

parte almeno di quei moti, alle eccitazioni dei partiti estremi, e per quanto la repressione sia stata nei due periodi pronta e violenta, da tutti i gruppi della classe dirigente, venne manifestato il convincimento che una grande parte della causa dei torbidi, dovesse attribuirsi ad un legit­ timo malcontento, e che quindi, se da una parte bisognava essere severi coi colpevoli, dall’ altra bisognava essere solleciti a rimuovere le cause del giusto malcontento.

Se non che, è storia nota, passarono i mesi passarono gli anni e tutti i buoni intendimenti, prima per provvedere alle speciali condizioni dell» Sicilia, poi per instaurare quello che si ri­ teneva più necessario, cioè una maggiore giusti­ zia nelle pubbliche gravezze, rimasero allo stato di intenzioni. Quasi un decennio è passato ; un periodo Crispi, in cui il Parlamento raramente sedeva ed in cui invece si perpetrò la guerra d’Affrica, la quale fra l’altro palesò il disordine in cui si trovano quelle istituzioni che i vieti pregiudizi vogliono fuori di discussione ; poi un periodo Pelloux con tendenze anticostituzionali e restrittive; finalmente un ministero Saracco, che incerto ancora sull’ indirizzo da seguire, fu rove­ sciato senza che se ne sappia bene la ragione.

La situazione adunque si r. epiloga in que­ sti punti:

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Governo e Parlamento riconoscono la ne­ cessità di efficaci provvedimenti e fanno loro stessi e fanno fare alla Corona ripetute pro­ messe;

ciò non ostante passa quasi un decennio di inazione completa, mentre si sperpera il denaro pubblico in una spedizione guerresca che se non si vuol chiamare delittuosa si deve chiamare prova di leggerezza ;

infine ad un tratto e senza un giusto mo­ tivo si manifesta la tendenza verso la restrizione delle libertà statutarie, ed era evidentemente un pretesto per allontanare le menti dal pensare alle riforme eeonomico-tributarie che erano ri­ chieste; — in complesso quella parte delle classi dirigenti che allora dominava rappresentò la impotenza a fare il bene anche in piccola parte. E intanto le gravezze pubbliche aumentarono così che le entrate dal 1872 al 1892 crebbero di mezzo miliardo e dal 1892 al 1900 di altri 150 milioni, senza contare l’ aumento del debito pubblico e senza tener conto del modo insuffi­ ciente con cui sono mantenuti i servizi pubblici. A carico quindi di questo periodo 1872-1900, nel quale dominarono la Destra, la Sinistra e il trasformismo, stanno:

l’ aumento delle imposte per 750 milioni; il debito pubblico aumentato di circa quat­ tro miliardi;

la ingiustizia dei tributi, resa tanto più grave quanto più il gettito dei tributi saliva; i servizi pubblici insufficientemente dotati e nella loro parte più delicata, come amministrazione civi­ le, pubblica sicurezza, giustizia ; esercito e marina, disorganizzati a stessa confessione degli uomini di Stato più temperati; infine una lunga serie di promesse non mantenute. ■

E, ci diceva un eccellente senatore amico nostro, le vostre critiche sono giuste ed io le firmo fin d’ ora, qualunque abbiano’ ad essere, per­ chè ì torti della classe dirigente non saranno mai abbastanza condannati.

Di fronte a questa situazione determinata dalla azione dei diversi Governi e che trae spie­ gazione dalla piccola politica dei nostri più grandi uomini, un’ altra, e molto importante da considerarsi, se ne è andata creando nel paese, sul quale si ripercuoterono gli errori economici e politici che venivano commessi e nei quali si persisteva.

L ’ economia della nazione ha dovuto sop­ portare in questo periodo due grandi crisi, che quasi contemporaneamente ebbero il loro periodo più acuto : la crise del credito, dovuta ai disor­ dini bancari ed alle esagerate speculazioni edi­ lizie, e quella causata dal protezionismo, che determinò lo spostamento di tanti interessi, senza produrre altro importante effetto che quello di creare una situazione economica molto peri­ colosa.

Il paese ha potuto resistere all’ urto della prima crise, quella del credito, con un paziente raccoglimento durato molti anni, e con sacrifizi molto gravi ; lo slancio col quale aveva rivolti i suoi risparmi alle industrie, rimase lungo tempo quasi spento, ed i risparmi della nazione furono dedicati invece al riacquisto del debito nazionale, che si trovava all’ estero. Al periodo tristissimo

che cominciò nel 1886 e che durò fino a pochi anni or sono, comincia, appena da due anni, a succedere un periodo di lenta ripresa, che avrà certo buoni risultati se avrà un processo lento e misurato.

Ma 1’ altra crisi, quella determinata dal pro­ tezionismo, ebbe il suo periodo acuto, come os­ servammo nel 1888 e negli anni subito susse­ guenti, quando venne applicata la nuova tariffa doganale e vennero rotti i rapporti commerciali convenzionati colla Francia, che era il nostro prin­ cipale mercato. E se in un tempo relativamente breve le industrie ed i commerci si adattarono meno male al nuovo regime doganale, aiutati in ciò anche dagli accordi che più tardi furono con­ venuti colle nazioni vicine, il nuovo regime creò però una situazione, di cui si sente ora tutto il pericolo, perchè è basata sull’artifizio e non sul naturale svolgimento delle attività economiche della nazione.

Per quanto infatti si possa con opportune attenuazioni diminuire le difficoltà del momento presente, è troppo vero che molti sono convinti che esista un conflitto tra gli interessi economici del nord e quelli del sud dell’ Italia, determi­ nato questo conflitto dalla protezione doganale accordata ai prodotti manufatti a danno di quelli agricoli; — di qui la scadenza dei trattati di commercio implica il pericolo, o che si debba diminuire notevolmente la protezione alla parte industriale per ottenere sbocchi meno difficili alla parte agricola, o che, se la protezione si avesse a mantenere, la agricoltura ne rimanga sacrificata.

Ed alcuni pensano ancora che se avverrà, come ci auguriamo, che si trovino quei tempera- menti medi che valgano a creare e mantenere un sufficiente equilibrio, ciò sia dovuto alle esigenze della politica internazionale, la cui azione, come politica, sarà necessariamente tanto meno efficace e brillante nel suo proprio campo, quanto più dovrà impiegare la sua influenza e la sua azione a vantaggio del campo più specialmente eco­ nomico.

Infine, a tutto questo si aggiunga il dazio sul grano che fece rincarare il pane del 25 0;0 del suo prezzo, e la convinzione che questo enor me balzello inflitto a 3|5 dei cittadini non abbia portato nessun vantaggio alla economia nazionale, nè al complesso, degli altri 2j5 della popolazione ; — e si comprenderà facilmente tutta la difficoltà della situazione economia finanziaria e politica nel momento in cui il Ministero Pelloux intra­ prese, con criteri non mai abbastanza biasimati, una cura di reazione, anziché una cura economica, quale era consigliata.

E viene poi la caduta del Ministero Saracco, il quale Ministero avrevbe potuto durare molto più a lungo, senza l’ inesplicabile assalto che ebbe a subire da parte del centro della Camera, comandato dall’ on. Sonnino.

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30 giugno 1901

L’ ECONOMISTA

389 il Governo ad un partito che alla Camera era in

minoranza.

I clamori, le grida, le recriminazioni, le pro­ fezie dei costituzionali per questo inatteso atteg­ giamento del Giovane Monarca sono noti e non abbiamo bisogno di ricordarli qui ; e natural­ mente le ire non si spiegarono tanto verso l’on. Zauardelli, che è veramente il rappresentante della scuola liberale pura, quanto contro l’on. Gio- litti, a cui si rivolgevano le più acerbe accuse per quanto aveva operato nei momenti difficilissimi della catastrofe della Banca Romana.

Che è avvenuto?

Che il Ministero si è subito trovato di fronte ad una situazione non dissimile da quella che altri Ministeri hanno incontrato, ma più estesa e più intensa; cioè una agitazione della classe operaia, non solo industriale, ma anche e più spe­ cialmente agricola per ottenere un miglioramento delle _ mercedi e dei patti di lavoro.

È il Ministero, lungi dal seguire una politica di immediata repressione, o lungi dal mettere a disposizione dei padroni e dei proprietari le forze dello Stato, come avevano fatte i Ministeri pre­ cedenti e, duole il dirlo, persino l’ on. Saracco, prese risolutamente una attitudine di neutralità, dichiarando esplicitamente che il Governo inten­ deva di agevolare alle classi meno abbienti il conseguimento di quei miglioramenti economici a cui potevano aver diritto e che credeva che fosse solo ufficio del Governo di fronte alla lotta tra capitale e lavoro di mantenere l’ ordine pubblico e di assicurare, per quanto essa possibile, la li­ bertà del lavoro.

Abbiamo voluto premettere questo somma­ rio sguardo retrospettivo sulla situazione, quale è andata mano a mano formandosi, per spiegare in modo preciso, come faremo nel prossimo fa­ scicolo, le ragioni per le quali noi siamo lietis­ simi della discussione avvenuta alla Camera la Settimana scorsa, e lieti ancora che un voto di non lieve maggioranza, e su concetti chiari ed espliciti sia venuto finalmente a togliere molti degli equivoci che inquinavano la politica ita­ liana.

Intanto ci piace dir subito che noi non rite­ niamo che l’ on. Sonnino sia un reazionario, nè crediamo che l ’ on. Giolitti sia un gran liberale. Sono tutti e due opportunisti. Ma a torto od a ragione l’ opportunismo loro ha spinto l’ uno ad alzare il vessillo della libertà ed a dire: questa è la mia bandiera; e l’ altro a schierarsi recisa­ mente contro. E siccome, nella politica sopratutto, vale per i capi di partito l’ atteggiamento che essi prendono in un dato momento solenne ; cosi ne deriva che per oggi e per non poco tempo certamente: Giolitti voglia dire libertà; Sonnino reazione. — Merito, colpa, abilità poco importa; ognuno giudica secondo i propri convincimenti. Ma qualunque sia il giudizio, il fatto rimane tale quale è per ora.

Ed è precisamente dal punto di vista delle idee, delle tendenze, della situazione o dei pre­ cedenti che noi cercheremo nel prossimo numero di rispondere a coloro che vollero leggere nei giudizi che abbiamo esposto un mezzo-socia­ lismo.

L O S T A T O F O R T E

Vi sono uomini politici, scrittori e dilettanti di politica che hanno una speciale predilezione per la idea che ciò che occorre in Italia è uno Stato forte. L ’ on. Sonnino, 1’ on. Fortis e qual­ che altro hanno insistito alla Camera'in questi ul­ timi anni sul concetto che per attuare riforme, per fare qualche progresso sensibile, per uscire anzi dalle difficoltà di varia natura che logorano l’ Italia od almeno le impediscono di raggiungere quei miglioramenti che sono da tempo desiderati, occorre un Governo forte. Che cosa essi in­ tendano con questa espressione non è ben chiaro. I maligni dicono che la forza del Governo con­ sisterebbe nella presenza al potere di quegli onorevoli deputati; ma sono probabilmente mali­ gnità e nient’altro. Ad ogni modo l ’ idea, perchè semplice e indeterminata, trova aderenti, può essere la parola d’ ordine di un partito, in un dato momento ; è bene quindi di esaminarla.

Un Governo forte si può avere per due ragioni: o perchè sussidiato dalla forza militare e dai poteri più ampli, o perchè formato da uomini che godono per la loro integrità, pel loro carattere, per la loro scienza e pratica di Stato, di una stima grandissima, di un ascendente morale indiscusso, e quindi di una forza non materiale, ma politica, veramente efficace.

Il Governo forte contribuisce a rendere forte lo Stato, ma questo accresce la sua forza per altre circostanze che sono indipendenti dagli uomini che hanno la direzione della cosa pub­ blica. Per quanto infatti siano integri, valenti, rispettabili e amati gli uomini che sono al potere non si potrà dire che lo Stato sia forte se la legislazione, la amministrazione, la giustizia, gli ordinamenti tutti, insomma se non sono ispirati al senso retto del giusto, non curano alacremente e con criteri equi l’applicazione della legge e la colorazione di questa ogni qualvolta si riveli, ina­ datta insufficiente ingiusta. Gli uomini possono certo molto sull’andamento della cosa pubblica, sulla applicazione migliore delle leggi, sull’anda­ mento normale di tutta la macchina dello Stato, ma la loro opera è spesso vincolata, dominata, o frustrata dalle leggi.

La storia conobbe governi forti che poterono determinare un nuovo indirizzo politico e appli­ care sistemi di politica economica, militare e via dicendo, senza incontrare troppa opposizione, ma erano tempi nei quali il concetto della rappre­ sentanza nazionale non aveva ancora applica­ zione.

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scono o meno la sua resistenza, la sua forza, la capacità sua di seguire un dato indirizzo po­ litico.

Lo Stato forte ormai è e non può essere che lo Stato giusto, nel senso che uno Stato è tanto più forte, quanto più la vita sociale pro­ cede armonicamente in tutte le sue manifesta­ zioni, quanto più le varie classi che formano la società politica sono all’ unisono tra loro e tro vano nella legislazione, nella giustizia, nell’ am­ ministrazione tutti quegli istituti e quei mez­ zi che meglio conducono al rispetto dei diritti individuali. Non è forte quel paese dove manca il consenso della popolazione alla politica dei suoi governanti ; dove la giustizia tributaria e quella civile e penale procedono zoppicando, pro­ ducendo attriti, rancori, diffidenze, sperequazioni in brevi ingiustizie, che al cittadino non riesce di eliminare. Non è forte lo Stato dove l’ arbi­ trio, sia della burocrazia, sia dei legislatori e sia d’ altri, è possibile; dove le libertà statutarie si possono offendere, restringere, fraintendere a piacere d’un ministro o del più umile funzionario, dove gli istituti amministrativi non s’ intendono già creati pel bene pubblico, ma il pubblico è quasi considerato come un servo che può essere trattato come meglio piace alla burocrazia. Non è forte lo Stato quando parteggia per una o più classi sociali e non si pone sul terreno della le­ galità e neutralità od almeno 3U quello della equa conciliazione degli interessi divergenti. Non è forte lo Stato che per non screditare uomini po­ litici, del resto già sfavorevolmente giudicati dal punto di vista morale, ricorre alle pietre sepolcrali per soffocare gli scandali politici; nè può esserlo quando per raggiungere anche uno scopo buono e onesto, ricorre a mezzi violenti e sopprime ad esempio la libertà di discussione e trasforma il Parlamento in un ufficio di registra­ zione dei provvedimenti adottati dal potere ese­ cutivo. Lo Stato giusto, liberale, imparziale, è lo Stato forte. Porse che l’ Inghilterra avrebbe po­ tuto condurre quasi al termine la sua grande lotta colle due piccole repubbliche dell’ Africa meridionale se non fosse uno Stato forte? Ohi mai può credere che una simile guerra si sarebbe prolungata per più di un anno e mezzo senza suscitare grandi commozioni politiche, se non vi fosse in quel paese uno Stato forte?

E perchè è veramente tale? Porse per la forza militare, pel potere politico accentrato nelle e,ani dei suoi governanti? Niente affatto, esso è forte perchè è uno Stato giusto, liberale e ri spettoso al massimo grado dei diritti individuali. Così anche i dissensi che certo non mancarono, nè mancano, non possono riescire ad alterare la- figura politica di quello Stato, a scomporre quella unità, non di idee politiche che non c’ è, nè può esserci in via assoluta, ma di sentimenti nazio­ nali, di legami morali. I little englcinders cioè gli avversari di una politica imperialista, i jin-

goisti che ne sono invece i fautori più ardenti

possono divergere, e profondamente, intorno alla politica estera e coloniale, ma ciò non turba l’ unità di aspirazioni ultime, la compagine so­ ciale e morale di quel paese.

Abbiamo noi lo Stato giusto? E possiamo quindi avere lo Stato forte? Dobbiamo

rispon-dere negativamente alle due domande. Non lo Stato giusto, perchè troppi sono nella nostra le­ gislazione, specie in quella tiibutaria, gli ele­ menti della ingiustizia. E un tema che abbiamo trattato tante volte, cosi che non ci occorre di insistere ora su questo punto. E ora soltanto che vediamo lo Stato neutrale nelle contese tra il capitale e il lavoro, vediamo anche disegnarsi le due. correnti politiche, quella che è favore­ vole a cotesta neutralità e vuole che le questioni tra proprietari e contadini si risolvano nell’ am­ bito economico senza violenze governative a tutto beneficio, almeno momentaneo, della parte più provvista di ricchezze e l’ altra corrente che, apertamente o no, con sincerità maggioie o mi­ nore, non vuole bensì scioglimento di leghe e simili, ma viceversa non vuole lo Stato neutrale. E si capisce per qual parte vorrebbe si avesse a muovere, creando in tal modo nuove ingiusti­ zie. L ’ idea dello Stato giusto e liberale, che, ri­ petiamo, oggidì vuol dire Stato forte, non è an­ co; a penetrata nelle menti delle nostre classi dirigenti; vi è in esse un sedimento di idee vec­ chie, quasi feudali, che ancora non ha subito quella decomposizione necessaria perchè altri concetti abbiano il predominio mentale. E per questo assistiamo a lotte parlamentari e giorna­ listiche che non testimoniano davvero del pro­ gresso inlellettuale di molti uomini politici, ma fanno fede piuttosto di una cosa sola: di una paura infantile che deriva principalmente della assenza completa di idee chiare e moderne sulla funzione dello Stato.

Per questo si parla dello Stato forte, del governo forte, senza precisare niente, e si crede o si mostra di credere che la forza dello Stato non sia già nella sua imparzialità, nella sua equità in ogni sfera, ma nel pugno di ferro di qualche ministro.

Illusioni vecchie che possono fruttare nuovi errori.

IL COMMERCIO GIROVAGO E TEM PORANEO

E ’ da un pezzo che alcune Camere di com­ mercio, facendo eco alle lagnanze del commercio diremo così stabile, si occupano degli inconve­ nienti derivanti dal commercio girovago e tem­ poraneo.

Non più tardi dell’agosto 1899, ad esempio, fu tenuta a Venezia una adunanza dei rappre­ sentanti delle Camere del Veneto, per discutere e deliberare sulle discipline più opportune da suggerire per il commercio girovago e tempo­ raneo. Risultò in quella occasione una disparità di vedute intorno appunto alle discipline da sug­ gerire, sicché fu dato incarico ai segretari delle Càmere di Udine, Treviso, Venezia e Vicenza di studiare l’argomento e concretare di mutuo ac­ cordo alcune proposte da sottoporre poscia alla approvazione di tutte le Camere del Veneto.

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30 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 391 parte del commercio girovago è più grave e

sentito nei centri di montagna e particolarmente in quelli prossimi al confine, per l’ invasione di piccoli commercianti girovaghi, taluno dei quali straniero, e colpisce con maggiore intensità al­ cuni rami di commercio, per esempio quello delle mercerie e delle chincaglie. Per quanto si voglia trovare una causa del disagio in cui versano questi commerci, nella grande concorrenza che tra loro si fanno chi lo esercita stabilmente, non v’ ha dubbio, secondo il relatore, che gli eser cizi temporanei e girovaghi contribuiscono a peg­ giorare questa condizione di cose. Non si hanno dati ufficiali per misurare la entità del commer­ cio girovago e per valutarne la corsa ascendente. Se però dobbiamo giudicare da indizi indiretti, bisogna convenire che questa forma di traffico vada di giorno in giorno allargandosi e dia luogo ad inconvenienti sempre più deplorevoli.

A dir vero, a noi pare che trattandosi di reclamare provvedimenti contro una categoria di trafficanti, sarebbe stato utile di fare ricer­ che sul numero loro, sul loro movimento quan­ titativo, sui fatti dannosi che si asserisce diano luogo nei riguardi del commercio stabile.

Occorreva una indagine positiva anche limi­ tata a qualche centro, ma condotta in modo ab­ bastanza completo e certo alle Camere di com­ mercio non. avrebbe dovuto essere difficile di fornire qualche dato. All’ estero associazioni libere di studiosi hanno investigato cotesta ma­ teria o argomenti analoghi e valga per tutti ciò che ha fatto in questi ultimi anni il Verein für So­

cialpolitik che ha compiuta una inchiesta appunto

sulla Hausirgewerbe o industria girovaga. Ecco ad ogni modo le ragioni dei lagni provocati dal traffico ambulante e temporaneo :

I commercianti girovaghi muovono una dan­ nosa e facile concorrenza al commercio fisso, perchè sfuggono a molte delle imposte e spese che gravano sul primo; perchè rilevano e spac­ ciano merci d’ occasione, fondi di magazzino, li­ quidazione di negozi, ecc., cedute a condizioni eccezionali e sfuggono facilmente ai propri im­ pegni; perchè non hanno bisogno di un prece­ dente tirocinio per esercitare la professione, nè devono sottostare ad alcuna formalità, nè a d i­ spendi gravi per iniziare il commercio e possono facilmente passare da un genere all’altro di com­ mercio.

I commercianti girovaghi, si dice inoltre, attraggono i consumatori colla novità e col buon mercato delle merci, cui fa però riscontro, in generale, la qualità oltremodo scadente ; oppure si formano la clientela offrendo le merci a d o­ micilio e spronando a fare acquisti anche chi non ne avrebbe intenzione e sarebbe un naturale cliente del commerciante locale. La stessa mu­ tabilità della clientela agevola le ffiodi nel peso e nella misura. Per quanto riguarda la concorrenza fatta dagli esercizi temporanei, basterà dire che in pochi giorni essi possono saturare una piazza, se è permessa la espressione, di un certo arti­ colo, con danno rilevante e permanente per i commercianti stabili che esercitano nello stesso luogo il medesimo ramo di commercio. Inoltre, mentre il commercio girovago vende di solito a

pronti senza nulla perdere od arrischiare, il com­ mercio stabile ha perdite per crediti inesigibili. In sostanza si tratta di una concorrenza che si ritiene, e certo non a torto, dannosa pel commercio stabile, ma è assai fàcile esagerare gl’ inconvenienti e pretendere di far passare per interessi generali quelli che sono interessi puramente particolari. Ma non v ’ ha dubbio che le condizioni nelle quali viene a trovarsi il com­ mercio stabile di fronte a quello girovago fanno sorgere un problema, specie di carattere fiscale, che merita qualche considerazione. Alcuni paesi se ne sono già occupati ed hanno cercato con provvedimenti di varia natura di attenuare gli inconvenienti deplorati, specie quelli derivanti dalla condizione speciale, talvolta di privilegio, di cui gode il commercio girovago.

La Russia ad esempio, scrive il relatore, è venuta di recente nella determinazione di abo­ lire praticamente mediante tasse esagerate il commercio di colportage esercito da sudditi esteri. In Austria alcuni distretti ottennero pure il diritto di evitare in via assoluta l’eser­ cizio del commercio girovago, il quale è reso praticamente impossibile ed oltremodo dispen­ dioso in molti Cantoni svizzeri, data la gravosa tassa di esercizio che vi si esige ed è vincolato da norme e soggetto a tasse in Francia e in Germania. In Italia, alle Camere di Commercio che ne fanno domanda è concesso di applicare una tassa sugli esercizi temporanei e giro­ vaghi.

Ma da un lato, dichiara la relazione, que­ sto espediente non è sufficiente ad equiparare per rispetto agli oneri fiscali gli esercenti giro­ vaghi e temporanei di fronte ai commercianti stabili; dall’altro non risponde sempre allo scopo cui mira, le modalità fissate per l’ applicazione della tassa non consentendo ch’ essa abbia larga ed intera applicazione. Se trattasi di un mode­ sto esercizio temporaneo, il quale non rimanga aperto più di alcuni giorni, si comprende che la tassa di 15 o 20 lire possa rappresentare un giusto contributo di fronte alla imposta di ric­ chezza mobile, alla tassa esercizi a rivendite, a quella per pesi e misure ecc., che devono cor­ rispondere i commercianti stabili. Ma quando è questione di un negozio di stralcio o di liqui­ dazione che si tenga aperto per due o tre mesi in un luogo, salvo a riaprirlo forse subito dopo in un altro centro e così via, le 15 o 20 lire di tassa non possono più costituire un ostacolo purchessia all’apertura di simili esercizi nè rap­ presentare un equo contributo fiscale, avuto ri­ guardo ai redditi notevoli che il commercio cosi esercitato permette di realizzarne.

L ’ ordinamento della tassa sugli esercizi temporanei ed il commercio girovago sarebbe difettoso, in generale, e permetterebbe che, ad esempio, un commerciante girovago si fermasse due o tre giorni in una piazza senza pagare la tassa in discorso senza contare poi che non tutte le autorità locale hanno molta tenerezza per l’applicazione di una tassa che appare esa­ gerata e vessatoria e va integralmente a bene­ ficio della Camera di Commercio.

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giatori o rappresentanti muniti di campionari o di lotti di mercanzia. E costoro pure sfuggono alla tassa sul commercio temporaneo e gi­ rovago.

Sicché per ottenere che la tassa sia appli­ cata la Commissione, per la quale il Meneghelli ha riferito, crede che le disposizioni da adot­ tarsi dovrebbero più particolaz’mente mirare; a permettere di registrare e classificare i com­ mercianti girovaghi in qualsiasi modo essi eser­ citano il traffico ; ad obbligare gli esercenti il traffico ambulante e temporaneo a fissare un proprio domicilio stabile onde possano a loro confronto venire applicate le imposte generali che colpiscono il commercio fisso; a porre una limitazione al commercio girovago esercitato da sudditi esteri, il quale si svolge con grave danno del commercio fisso, specialmente nelle provinole di confine; a determinare con intenti sociali alcune precise limitazioni all’esercizio del traffico ambulante; a provvedere infine acchè, nessuno dei commercianti girovaghi o tempo­ ranei possa sfuggire alla tassa speciale che ri­ guarda appunto tale genere di commercio e all’imposta di ricchezza mobile.

Quindi l’ obbligo pel commerciante girovago della patente di esercizio da ritirare dalla au­ torità del comune dove abbia fissato la propria residenza e relativo rilascio subordinato al paga­ mento di una tassa.

Gli esercenti soggetti al pagamento di que­ sta tassa dovrebbero presentare un atto di fide­ iussione di persona solvibile alla quale saranno da notificarsi gli avvisi, le diffide di pagamento della imposta di ricchezza mobile od altre, e che dovrà rispondere in proprio, in caso di insolvenza del commerciante per cui è prestata. Inoltre do­ vrebbe applicarsi la tassa di esercizio con paga­ mento preventivo e questo onere sarebbe imposto per l’ esercizio del commercio girovago fuori dei giorni di fiera e di mercato ; la tassa darebbe di­ ritto di esercitare il commercio per un periodo di tempo non superiore ad un anno ed entro i confini di una provincia.

Infine 1’ esercizio del commercio temporaneo e girovago dovrebbe essere vietato in quanto non si tratti di generi alimentari, per i quali risulta ovvia la convenienza di permettere come ora la massima libertà di movimento — a chi non abbia raggiunto una certa età od abbia notoriamente e replicatamente violato i doveri della moralità commerciale.

La Commissione ha anche formulata una pro­ posta di regolamento, in cui sono applicati e pre­ cisati i presenti concetti. Secondo quel progetto la tassa di patente sarebbe di lire due e quella di esercizio di lire venti. E fin che si tratta di regolare meglio il pagamento della tassa si può anche ammettere che gli studi della Commissione sieno nel giusto ; ma quello, che non ci pare accet­ tabile è la richiesta di un fideiussore garante in caso di insolvenza del commerciante garantito. Qui evidentemente si va oltre il segno, tanto più che le tasse dovute dal venditore girovago sono da pagarsi anticipatamente all’ esercizio del traf­ fico ambulante.

Non insistiamo su queste proposte; aggiun­ giamo soltanto che se nella materia delle tasse si

può introdurre qualche miglioramento, pel resto non crediamo vi sia da fare niente di veramente importante. Anche il commercio stabile deve vivere e lasciar vivere, e quello girovago o tempo­ raneo ha pure i suoi svantaggi, le sue lotte, le sue sofferenze.

Se la concorrenza eh’ esso esercita riesce tal­ volta alquanto dannosa, non è questa una buona ra­ gione per rendere la vita al commercio girovago quasi impossibile. Esso ha pure una funzione non inutile nella vita economica di certe località e il sopprimerlo non sarebbe davvero rendere un ser­ vizio alle popolazioni. Per questo bisogna che i commercianti badino a non considerare la que ■ stione dal solo aspetto del loro interesse, ma so­ pratutto da quello della giustizia fiscale.

ILt TEIiEpOJSlO

IT f i l i l i !

Sotto questo titolo, nell’ ultimo numero della

Nuova Antologia, l’on. Luigi Rava pubblica un’in­

teressante articolo, che vai la pena di far cono­ scere per sommi capi. Egli, prendendo le mosse da un disegno di legge presentato nel 1899 alla Camera dal ministro Nasi relativo al servizio dei telefoni e più specialmente all’ impianto di una « rete intercomunale », disegno di legge ri- maneggiato e ripresentato poi dal nuovo mini­ stro di San Giuliano succeduto al Nasi, ricorda che, non essendo stata discussa quella proposta, il 26 marzo 1900, forse per ragioni di economia, l ’ on. ministro delle poste e telegrafi Di San Giu­ liano domandò alla Camera l’ autorizzazione di una spesa straordinaria di L. 700,000 per costru­ zione di linee telefoniche interne ed internazio­ nali e provvedere così, benché non fosse dichia­ rato nel testo della legge, alla costruzione di una linea internazionale colla Francia, per la quale ' era già stata stipulata — ed anche presentata al

Parlamento — la convenzione. La necessità di traversare valichi alpini per impiantare i fili rendeva urgente di provvedere nella buona sta­ gione. La commissione accolse tale proposta colla sola modificazione di dare la preferenza alle li­

nee internazionali: ma la legislatura fu chiusa

senza che nemmeno questo modesto progetto ve­ nisse approvato. Fu poi ripresentato dall’ on. mi­ nistro Pascolato con lo scopo più preciso di

provvedere ad una linea telefonica internazionale e il collegamento di essa colla capitale del regno;

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30 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 393 Nel disegno di legge del 1899, sul servizio

telefonico internazionale e intercomunale, era proposto l ’ impianto — spesso invocato — di due comunicazioni con la Francia e con la Svizzera.

La legge 27 dicembre 1900 ha provvisto alla prima ; un nuovo disegno di legge ora pensa a provvedere alla seconda, che è urgente attuare e giova sperare, sarà presto votato.

L ’ amministrazione svizzera si era assunta, in seguito alle corse trattative, di provvedere alla linea da Zurigo a Lugano e da Lugano al confine ; la Svizzera ha costruito la linea e si di­ chiara pronta a collegare Lugano con Chiasso. E doveroso dunque ora costruire la linea telefo­ nica Milano Chiasso la cui spesa ammonta a lire 51,000.

Ma come è il servizio telefonico interco­ munale in Italia? Diamo alcuni dati di fatto. Le linee telefoniche intercomunali attualmente (giu­ gno 1901) in esercizio ammontano: quelle gover­ native a km, 225, quelle concesse all’ industria privata a km. 909, mentre le reti urbane sono esercitate tutte dall’ industria privata e sono n. 63 con un ricco sviluppo e con molti abbonati. Il numero degli abbonati italiani al telefono è di 17000; il prodotto totale annuo è di L. 288,000.

Qui l’ autore passa ad osservare quale sia lo sviluppo delle linee interurbane in Europa; sta a capo la Germania con 82,573 km. di fili inte­ rurbani poi viene la Francia con 59,975 km. e facendo il confronto con l’ Italia l’ autore scrive: « Le misere cifre del servizio intercomunale mo­ strano quanto cammino resta a percorrere su questa via e come sia necessario che lo Stato provveda a questo impianto (il collegamento To- rino-Roma con le diramazioni Vogbera-Genova- Milano) anche per integrare quello telegrafico non completo e per evitare dannose concorrenze e couseguenze ».

L ’ impianto telegrafico non si può ancora dire completo in Italia; negli ultimi tre'anni (1898- 1899-1900) sono stati attivati 396 uffici: nei tre anni precedenti erano stati circa 700, ma mal­ grado l’ attività di questo ultimo decennio, che diede 1500 uffici con 2500 apparati, sono ancora 4000 circa i comuni sprovvisti di ufficio telegra­ fico. A molti di questi si potrebbe provvedere di telefono, più facile e meno costoso.

Il ministro del commercio, industria, poste e telegrafi in Francia, on. Millerand •— nel suo rap­ porto del 9 maggio 1900 al presidente della re­ pubblica sui servizi postali e telegrafici — la­ menta la deficienza delle linee telegrafiche fran­ cesi e dà il seguente quadro: Francia, un ufficio per 3095 abitanti e per 43 chilometri quadrati : uffici 12,121; Germania, un ufficio per 2360 abi­ tanti e per 24 chilometri quadrati: uffici 22,150; Inghilterra, un ufficio per o700 abitanti e per 30 chilometri quadrati: uffici 10,483. Luigi Rava ha ricercato i dati corrispondenti par l’ Italia, ed ecco le cifre recentissime : popolazione 32,449,754 (dal rapporto sommario sul risultato dell’ ultimo censimento, febbraio 1901); Uffici telegrafici 5,890; abitanti per ufficio 5,509. Superficie del negno in chilometri quadrati 286,648; uffici te­ legrafici 5,890; chilometri quadrati per uffi­ cio 487.

L ’ Italia ha ora circa 42,000 chilometri di

linee con uno sviluppo di fili di chilometri 160,000 con 6500 apparati che servono allo scambio di 52 milioni di telegrammi. Urge aumentare ancora le linee telegrafiche, e per provvedere ai 4000 piccoli comuni che mancano di ufficio, e per raf­ forzare le linee principali e renderle capaci del- l’ aumentato e sempre crescente lavoro. A questi l’ amministrazione nella misura dei mezzi dati al bilancio, provvede. Ma sarà bene vedere prima se non convenga collegarli col telefono a norma della legge del 1892.

Le cifre e i confronti citati, bene dimo­ strano la necessità di pensare al servizio telefo­ nico intercomunale. Bisogna riprendere gli studi per la rete intercomunale italiana, e bisogna che lo Stato costruisca le linee principali, e ciò an­ che per un riguardo economico e finanziario. Cre­ scendo — e crescerà certamente — il lavoro, queste linee sai-anno le prime ad essere riscat­ tate — la Francia lo insegna — e sarà dunque prudente costruire direttamente ciò che si do­ vrebbe dopo pochi anni riscattare, pagando com­ pensi elevati e sapendo che in vista del futuro, inevitabile, riscatto, le linee saranno state c o ­ struite non nel modo migliore. L ’ esperienza in­ segna e, per dir solo dell’ Austria, essa, che non volle da prima seguir l’ esempio e il consiglio della Germania, ha dovuto riscattare a caro prezzo le linee telefoniche.

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postale internazionale, e l’ Italia, davanti ai rap­ presentanti di tutte le amministrazioni del mondo deve fare onesta iigura anche in questo servizio, come figurerà egregiamente negli altri affidati al ministero delle poste e dei telegrafi e già apprezzati universalmente ».

Il Commercio internazionale italiano

nei prim i cin qu e m esi 1901

Il mese di maggio 1901 ha dato il seguente movimento a confronto del 1900 :

M a gg io 1901 M a ggio 1 900 D iffe re n z a

Importazione... 185,851,355 151,916,700 -+- 30,934,655 Esportazione... 113,665,602 108,250,094 -f- 5,415,508

Il complesso quindi del movimento commer­ ciale è aumentato di 31.3 milioni, di cui 30. 9 alla importazione e 8. 4 alla esportazione.

Cosi nei cinque mesi presi complessiva­ mente la importazione, a paragone dei cinque mesi dell’ anno precedente, è aumentata di 78.7 milioni, la esportazione di 4. 3 milioni ; 1’ una e 1’ altra insieme di 83. 1 milioni.

Poche variazioni in sostanza a quanto ab­ biamo veduto nell’ esame particolareggiato del 1° quadrimestre; la seta aumenta nella uscita di quasi 17 milioni ; il grano aumenta invece nella importazione di oltre 66 milioni e mezzo.

Ecco infatti il solito prospetto delle cate­ gorie :

Importazione Esportazione

Valore delle merci im- Valore delle merci e-

portate dal 1°gennaio sportate dal 1° gen-

al 31 maggio. naio al 31 maggio.

1901 Differenza „ 1901 Differenza S piriti, bevande ed olii... Generi coloniali, 28157932 3748829 49615615 - 5411118 droghe e tabac­ chi ... Prodotti chimici, 28118193 + 724729 3294659 - 211183 generi medici­ nali , resine e profumerie . . . . 43420934 + 3193453 17350943 1098063

Colori e generi per tinta e per concia Canapa, lino, juta

11833060 + 35705 4103715 + 509498

ed altri vege­ tali filamentosi

escluso il cotone. 15391736 + 3633541 25855914 5904709

Cotone... 88145768 5734290 25602559 4- 3925161

Lana, crino e peli 35165761 + 1575609 5709018 — 1497883

S eta ... 74102271 + 15201878 212586817 16964611 Legno e pa glia... 32470950 + 3040715 25376219 -f- 369014 Carta e l ib r i ... 9403462 + 1233343 6956217 4- 90)3714 P elli... Minerali, metalli e 26506957 + 1903943 14622387 383304 loro la v ori... Pietre, terre,

va-109825788 — 5732529 20489507 + 3484905

sellami, vetri e

c r is t a lli... 98193143

_

3633103 37152821 805039

C erea li, farine ,

paste e prodotti veg.non compre-si in altre cat. Animali, prodotti e spoglie di aui-144765027 + 66782608 49312386 2630132

mali non com ­

presi in altre c*e. 39830244 _ 348925 67138845

_

4712165

Oggetti diversi . . . 10896057 + 629109 13315092 + 840610

Tot. delle prime

10 categorie 791227283 - f 78756957 578482714 + 4343917

Metalli p reziosi.. 4019000 + 1594600 6915100 + 924300

Totale generale. 795246283 - f 80351557 585397814 + 5268217

Ed ecco il prospetto del prodotto dei dazi durante i cinque mesi :

al Dazi di importazione... Dazi di esportazione... Sopratasse di fabbricazione... Diritti di statistica... Diritti di b o l l o ... Tassa speciale sugli zolfi di Sicilia Proventi diversi... Diritti m a r it t im i... Totale... a,l 1° gennaio 1 maggio 1901 differenza 111804849 + 9631899 330903 74102 1369576 + 112740 1223114 + 380963 512545 + 23459 265675 24094 388806 + 135865 3732045 + 341726 119622513 + 10528456

(Rivista (Bibliografica

D ottor Francesco Coletti. — Le associazioni agra­

rie in Italia dalla meta del secolo X V III alla fine del X IX . — Roma, tip. dell’ Unione Coope­

rativa editrice, 1901, pag. 147.

Questa memoria fa parte della Raccolta di monografie intitolata l’ Italia agricola alla fine del secolo decimonono inviata nel 1900 alla

Société des agric.ulte.urs de Frante dalla Società

degli agricoltori italiani. Essa è un primo e lo­ devole tentativo di presentare un quadro delle associazioni agrarie italiane negli ultimi centocin- quant’anni; e costituisce un capitolo assai interes sante e istruttivo di storia della attività eco­ nomica e agricola in Italia. L ’ Autore deplora giustamente che manchi perfino un primo nucleo coordinato di notizie e di dati intorno alle asso­ ciazioni italiane dirette a studiare e a promuo­ vere la produzione rurale; mancano anche sod­ disfacenti ragguagli storici di alcune fra le principali associazioni e per quelle che non ne sono sprovviste essi sono bene spesso incompleti, sia per il periodo di tempo che comprendono, sia per la materia considerata. La stessa Inchiesta

agraria, diretta da Stefano Earina è sotto que­

sto aspetto, deficientissima e tanto maggiore è quindi il merito dell’ Autore che con grande pazienza e non minore diligenza ba raccolte molte utile indicazioni sulle prime accademie e associazioni agrarie per venire giù giù sino alla Società degli agricoltori italiani, della quale è benemerito segretario generale.

In sette capitoli egli passa in rassegna le associazioni agrarie e nell’ ottavo ed ultimo ca­ pitolo riferisce sui disegni e lp proposte di rappresentanze e organizzazioni agrarie e pre­ senta le principali conclusioni dei cenni storici che ha formato. Ecco la sua conclusione ge­ nerale:

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30 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 395 « Se la nostra analisi, quindi, non è errata, ci

apparisce come sia vano il credere che lo Stato con le sue leggi e i suoi funzionari possa su­ scitare ciò che la realtà economica ed agraria non permetta e verso cui intimamente essa non tenda. E a questa realtà, pertanto è agli indivi­ dui i quali, concretamente, ne sono la diretta e vivente emanazione ed espressione, che è duopo risalire. Nella capacità dello Stato è solo da desumere le tendenze, esistenti è forti, nei modi e nella forma che si manifestano, coordi­ narle, secondarne e, dentro certi limiti, inte­ grarne ed accelerarne la funzione e lo svi­ luppo. »

Questi concetti, ai quali possiamo sottoscri­ vere, rivelano le tendenze dell’ autore, la cui ec­ cellente monografia è un contributo non trascu­ rabile alla storia dell’economia agraria nel nostro paese.

Richard Cal wer. — Handel und Wandel, Jahresbe­

richte über den Wirtschafts— und Arbeitsmarkt. —

Berlin, Edelheim, 1901, pag. 290.

L ’autore, membro del Reichstag si è pro­ posto di raccogliere in una specie di Annuario i principali fatti dell’ economia germanica per mostrare il movimento del commercio delle in­ dustrie degli affari, in genere, la situazione del mercato del lavoro, l ’ andamento dei redditi e del consumo, dei prezzi, delle borse e via di­ cendo.

Non si tratta di un libro di statistica de­ scrittiva, ma di una indagine appoggiata ai dati statistici sulla condizione economica della Ger­ mania. Ed è evidente che l’Annuario del Cahver può rendere utili servigi non solo ai tedeschi ma anche agli studiosi in generale del movi­ mento economico, perchè l’Autore non dimentica i fatti internazionali che hanno esercitato qual­ che influenza sull’economia germanica.

Notevole è il capitolo sulla .crise che si è verificata sul prezzo delle obbligazioni fondiarie e l’altro sul commercio coll’estero. In appendice l’autore ha raccolto molte tabelle statistiche che offrono un materiale assai utile. La pubblica­ zione del Cahver è quindi da augurare che con­ tinui negli anni avvenire e si completi sem­ pre più.

R ivista Econom ica

La crisi industriale in Germania. —- Esportazione del vino italiano nel 1900. — La Ia Esposizione inter­ nazionale di arte decorativa moderna a Torino. —- Gli es¡>erimenti degli automobili per carichi pesanti in Inghilterra. — La popolazione della Gran Bret­ tagna.

La crisi industriale in Germania. — Le ultime notizie venute dalla Germana confermano le preoccupazioni sulla crisi industriare che attraversa quella Nazione.

La Borsa è agitata specialmente in causa della sospensione dei pagamenti di Adolfo Wenigreen e Oomp. (una delle Case più importanti di pellami in Amburgo) e dall’ annunzio che la Società generale tedesca delle piccole terrovie distribuirà uno scarso

4 dividendo agli azionisti. La Casa in pellami Deut-

schmann, fallita, non darà ai creditori più del dieci per cento. Sono fallite le nuove acciaierie Reinin- ckendorf presso Berlino. La Società per 1’ industria

del ferro e del carbone in Differdingen prepone un concordato a condizioni disastrose.

Già da pareccnio tempo le ferriere, le fonderie e le fabbriche di macchine specialmente — società ano­ nime o no — si trovano, salvo eccezioni, in condi­ zioni imbarazzanti. Le difficoltà ne’ pagamenti, le sospensioni e le « Sanierungen » — riordinamento mediante infusione di sangue nuovo — sono a l’ or­ dine del giorno. E per dire soltanto di alcuni casi di primo ordine : le officine di Kammerich chiudono i loro bilanci con grave perdita e le loro azioni in­ trodotte alla Borsa, due anni sono, a 175 per cento e portate a 325, stanno oggi circa a 90; la fabbrica berlinese da macchine da cartonaggio deve liquidare; la Banca per montanistica ed industria, creatura prediletta dell’ alta finanza, constata una perdita di tre milioni e mezzo ; la grande fabbrica di istrumenti musicali Pletschmann è in fallimento; a König­ sberga il direttore della fabbrica di lievito, le cui azioni vennero da poco quotate alla Borsa, si è uc­ ciso ; le azioni dell’ « Archimedea » e d ’ altre ferriere ribassano a vista d’ occhio, perchè si sa bene in qual penosa situazione si trovino. E ia fermezza dei prezzi d’ una soia ed unica categoria di valori, quella delle miniere di carbone, non fa che lasciar temere ancora meno facile un migliorameuto delle altre industrie, perchè quella fermezza è la conseguenza del « Ring » conchiuso fra le miniere e che se frutta loro larghi dividendi, rende, con gli alti prezzi del carbone, an- cora più penosa la vita alle industrie.

Anche le industrie elettriche scrive il corrispon­ dente di Dresda del Corriere della ¡Sera, soffrono di questa condizione di cose : esse che avevano preso, in Germania, tanto slancio da far sì che la loro atti­ vità si estendesse a tutto il globo! L’ «Allgemeine» in pochi decenni ha portato la sua maestranza da dieci uomini a dodicimila. Siemens e Halske, Schu­ bert sono diventati veramente potenze mondiali. Ma il gran volo ora sembra rallentarsi e non sono sol­ tanto le difficoltà del mercato finanziario che lo in­ ceppano : sono anche — e forse ancora di più — i fenomeni del mercato industriale, propriamente detto, quelli che creano gli ostacoli. Così il grande danno alle case spécialiste, che prima avevano il monopolio nella produzione di macchine elettriche, forma la con­ correnza degli altri stabilimenti meccanici, grandi e piccini, che tutti si sono messi a fabbricarne, di più o meno buone, ma a prezzi ridotti. In pari tempo il gas ad incandescenza áuer, i nuovi becchi, gli ac­ cenditori a distanza e quelli a platino rifecero del gas carbone un concorrente formidabile della luce elettrica. Contrariamente però a quanto succede per altre industrie, sulle quali i progressi scientifici poca o scarsa influenza possono avere, quelle elettriche, conviene constatarlo anche perchè con esse sono ili giuoco vitali destini d’ Italia, non si perdono di animo.

Le industrie elettriche, ottenebrate un istante dalla scienza, da questa appunto attendono con cer­ tezza il nuovo giorno. Le lampade ad incandescenza a base d’ Osmium, inventate dall’ Auer, saranno, per la luce elettrica, quello appunto che furono per il gas le reticelle Thorium dello stesso inventore. Ri- ducemio il consumo dell’ energia elettrica e, di con­ seguenza, il costo, di circa il cinquanta per cento renderanno possibile un sinora inattuabile uso d el- 1’ elettricità, in luogo del gas, per illuminazione pub­ blica e privata. Le applicazioni dell’ energia elettrica allo ferrovie, specialmente dove vi è forza d’ acqua, promettono alle relative imprese una attività a così dire sconfinata. Molto si conta anche sulla forza motrice elettrica ad uso dell’ agricoltura, perchè ornai non v’ è più ostacolo a far sì, che, anche giun­ gendo da grande distanza, la corrente elettrica mette in moto aratri, trebbiatrici, ventilatori. Infine, se, poco o punto, si presta fede all’ accumulatore ohe si pretende inventato dall’ Edison — tanto poco 1’ americano è ormai preso sul serio dai tecnici te­ deschi - si fa sicuro assegnamento sull’ accumula­ tore, al cui studio 1’ Auer attende da anni e che, ormai perfetto, verrà seriamente, poco dopo l’ Osmium, a creare una vera, profonda rivoluzione economica nel mondo.

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Szlaby del Politecnico di Charlottemburg — potrà essere alla lettera « luminoso » per 1’ Italia, se l ’ Ita­ lia vorrà.

Esportazione del vino italiano nel 1 9 0 0 . — Dal « Bollettino della statistica doganale e commerciale » desumiamo i seguenti dati epurati e vagliati sulla esportazione del vino nei due anni 1899 e 1900 che rettificano in parte quelli pubblicati nella statistica delle gabelle.

Da media annua della esportazione dal 1889 al 1898 fu di 1,821,610 ettolitri pel vino in botti e di 33,722 centinaia pel vino in bottiglie: l’ esportazione quindi, 1899-900, superò notevolmente la media del precedente decennio. Vino in botti 1899 1900 Vermut eli. 10,763 11,204 Marsala » 37,255 41,111 Altro »■ 2,338,943 1,774,222 Totale » 2,386,964 1,826,537 Vino in bottiglie Vermut cento 27,754 28,573 Marsala » 213 346 Altro » 7,141 7,212 Fiaschi * 5,733 7,743 Totale » 40,841 43,874 ¥ * *

Le quantità esportate nel 1900 sono qui appresso divise secondo i principali paesi di destinazione, e computate con quelle uscite nel 1899 e con le quan­ tità indicate all’ importazione negli stessi periodi di tempo da alcune statistiche estere :

Vino in botti Statistica italiana Statistiche estere

1900 1899 1900 1899 Austria-Ungh. 860,858 1,239,480 1,001,764 1,391,782 Francia 85,892 73,525 91,083 56,240 Germania 100,178 240,512 87,959 108,491 Inghilterra 19,217 19,426 17,336 17,615 Malta 85,996 84,366 — — Svizzera 253,302 311,746 313,083 349,196 Africa 36,004 56,334 — — America Nord 14,555 20,656 — — America Sud 311,440 312,668 — — Altri paesi 59,095 28,256 — — Totale 1,826,537 2,386,964 — — Le differenze, in più o in meno, tra la nostra e le statistiche estere, dipendono, oltre che dalla maggiore esattezza delle statistiche estere che re­ gistrano le quantità entrate pagando dogana, dal fatto che le statistiche estere segnano oppure no il vino in transito diretto ad ulteriore destinazione.

La l a Esposizione internazionale di arte decorativa moderna a Torino. — Con quella tranquilla sicurezza con cui ha preparato il pieno successo della sua Esposizione Generale del 1898, Torino allestisce per 1’ anno venturo 1’ attraente Mostra Internazionale d’ Arte decorativa moderna —- di cui si è già tanto parlato — e un’ altra splen­ dida serie di festeggiamenti.

La pubblica soscrizione ha già raggiunto la somma di circa L. 650 mila ; le adesioni di espositori già pervengono d’ ogni paese ; qualche nazione estera progetta di figurare con un’ Esposizione speciale ; ai primi di luglio incouiincerà la costruzione degli edi- fizi dell’ Esposizione, come li ha ideati la felice fan­ tasia dell’ architetto 11 D’ Aronco ; e fin d’ ora una esperta Impresa per grandi spettacoli pubblici studia un ricco programma di attrattive e divertimenti.

Il Ministero degli esteri ha disposto perchè i regi agenti all' estero si adoperino attivamente af­ finchè sia forte il concorso alla Mostra dei più va­ lenti artisti e dei principali Stabilimenti d’ industrie artistiche.

Il Ministero delle finanze ha intanto autorizzato gli uffici doganali a permettere la temporanea im­ portazione in Italia degli oggetti indirizzati a que­ sta Esposizione.

Tali provvedimenti,, congiunti alle grandi ridu­ zioni sui trasporti di merci e viaggiatori che conce­ dono le Società ferroviarie e di navigazione, provo­ cheranno indubbiamente un ingente concorso di espositori prima e di visitatori poi.

L’ Esposizione meriterà bene gli uni e gli altri nella varietà degli oggetti che raccoglierà o che o f­ frirà all’ ammirazione del pubblico, il quale troverà nella Mostra un incentivo a far larghi acquisti di oggetti che saranno fra i più modernamente belli.

La classe I a comprenderà ogni genere di pittura per decorazione di ambienti, tutte le varietà di de­ corazioni plastiche, le chiusure di porte e finestre, e poi ceramiche e laterizi, vetri e mosaici, stoffe e carte da parati, tappeti e passamanterie, tovaglierie e pizzi, tutti i lavori in cuoi e metalli, lavori in v i­ mini, apparecchi per illuminazione e riscaldamento ed accessori, tutti i mobili ed arredi domestici, ore­ ficerie e smalti, medaglie, ogni prodotto delle arti grafiche, illustrazioni, stampe e rilegature, ecc.

La classe 2a ci presenterà impianti completi di una o più camere : decorazione delle pareti, del pa­ vimento, del soffitto, con tutti gl’ infissi, mobilio, arredi ed accessori.

Infine, troveranno posto nella 3a classe i progetti di edifizi e di parti di edilizi, la distribuzione di piazze e vie, giardini, porticati, passerelle, eco., e tutto che riguarda la decorazione esterna della via e della casa : ringhiere e cancellate, chiusure di porte e finestre, fontane, lampioni, colonne luminose e chioschi d’ ogni genere, insegne, tende, sedili, fac­ ciate di negozi, orologi, cassette postali, ecc.

Non v’ ha chi non veda qual larga e svariata parte del lavoro umano sarà rappresentata nell’ Espo­ sizione internazionale del 1902 in Torino, e quanto interesse essa potrà destare, insieme con le Mostre che le faranno corona, come la quadriennale di Belle Arti ed altre non meno importanti.

Gli esperimenti degli automobili per carichi pesanti in Inghilterra. — Di specia­ lissima importanza per l ’ Italia, ove in molte delle sue strada è impossibile o almeno troppo gravoso lo stabilire delle linee ferroviarie a causa dei forti di­ slivelli, riusciranno le notizie sulle esperienze testé compiutesi in Inghilterra con automobili pesanti ; esperienze promosse dalla Liverpool Self-Propelled Trafile Association fra Blaekburn e Liverpool (via Preston). Nel complesso le esperienze sembrano aver dimostrato che 1’ arte della costruzione dei carri mo­ tori pel trasporto di carichi pesanti abbia raggiunto veramente un grado di eccellenza.

Sette di quei carri hanno completato le prove senza il minimo accidente: in un solo il danno si è ridotto alla rottura di una molla che fu immediata­ mente sostituita cosicché il carro potè senz’ altro accidente continuare il viaggio sino a Liverpool.

Cinque Ditte parteciparono all’ ardua prova, cioè: la G. P. Milnes and C. con due motori a petrolio; la The Lancashire Steam Motor Company, la The Thornycroft Steam Wagon Company, Limited; la T. Coultliard and C., Limited; la Mann’ s Patent Steam Cart and Wagon Company, Limited, queste ultime con carri a vapore.

In complesso si è osservato che in collina i carri a vapore hanno il vantaggio di mantenere più rego­ lare la loro corsa, mentre al piano la velocità mag­ giore può essere raggiunta dai carri a petrolio, per quanto però sia necessario di osservare che queste considerazioni hanno sempre un certo valore rela­ tivo, dato 1’ attuale stato dell’ industria degli auto­ mobili che è ancor lungi dall’ aver detto l’ ultima parola.

Da quest’ ultima prova e da quelle compiutesi gli anni precedenti, ancora un fatto è risultato di indiscutibile evidenza, e cioè che coi carri automa­ tici è necessaria una minore quantità di personale, ma questo però deve essere di altissimo valore tecnico.

La popolazione della Gran Brettagna.

— I risultati del censimento inglese sono ora com- pleti.

La popolazione totale del Segno Unito di Gran Brettagna e d’ Irlanda ascende a 41,454,578 anime; con un aumento di 3,721,656 anime dal censimento del 1891

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30 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 397 diminuzione, derivante dall’ eccedenza dell’ emigra­

zione. è di 589,887.

La popolazione del Regno Unito si divide cosi: Inghilterra 30,803,466; Principato di Galles 1,728,609; aumento 3,623,550.

Scozia 4,471,957; aumento 446,310. Irlanda 4,456,546 ; diminuzione 248 204.

La popolazione complessiva dell’ Inghilterra e del Principato di Galles comprende 15,721,728 maschi e 16,804,347 femmine.

In queste cifre non è tenuto conto degli uomini che servono all’ estero nell’ esercito e nella marina da guerra, nè di quelli impiegati nella marina mer­ cantile.

Le cinque più grandi città d’ Inghilterra, dopo Londra, hanno dato le cifre seguenti:

Liverpool 684,947 abitanti. Manchester 543,969. Birmingham 522,182. Leeds 428,953. Sheffield 380,717.

La cifra proporzionale della popolazione delle città è del 77 per cento; mentre nel 1891 era del 75 per cento.

L’ esercizio economico delle ferrovie

Sui risultati recentemente ottenuti dall’ esperi­ mento di esercizio economico attivato dalla Società delle Meridionali sulla linea Bologna -S . Felice a cominciale dal 1" maggio u. s., il senatore on. Giu­ lio Vigoni, così scrive nella Nuova Antologia.

* Questa linea di 42. 5 chilometri è ora servita promiscuamente da automobili elettriche e da treni leggieri a ' Tapore ; si attivarono 5 coppie di treni in luogo di 8 e pochi giorni dopo la inaugurazione del nuovo servizio furono portati a 6, essendosi dimo­ strati quelli insufficienti, 4 elettrici e 2 a vapore.

Si adottarono due classi con tariffe tali dà vin­ cere la concorrenza di tutti gli altri mezzi di tra­ sporto : si adottarono biglietti a valore fisso com­ prendenti poche zone di prezzo e che servono a tutte le combinazioni di percorso di classe e di riduzioni speciali, per mudo che si consegue una diminuzione complessiva sulla base della tariffa e per 1’ adozione della zona di prezzo, tale da corrispondere rispetti­ vamente a L. 0.0248 per chilometro nella prima classe e L. 0.0174 per chilometro nella terza classe, com­ presa la tassa di trasporto e di bollo. I biglietti vengono distribuiti sul treno.

Il servizio pubblico per la spedizione delle merci non ha limitazione pur riducendo gli impianti e le formalità contabili nelle stazioni; si adottò una separazione completa del servizio locale da quello da e per oltre la stazione di Bologna, ove si fanno le rispedizioni d’ ufficio. Fu quindi abolita la nomen­ clatura delle merci ed il complicato sistema di tas­ sazione e contabilità in vigore : le messaggerie sono tassate a colli con le divisioni di peso fra 10 e 50 chilogrammi ; per le merci si hanno due sole tariffe: una per prodotti agrari, carboni e materiali da co­ struzione senza vincolo di. peso ed a vagone com­ pleto , l ’altro per le merci in genere pure senza vin­ colo, a vagone ed a mezzo vagone. Le riduzioni di tariffa corrispondono a circa il 20 per cento.

Per quanto riguarda la circolazione dei treni ed il servizio delle stazioni vennero concentrate tutte le attribuzioni in un dirigente che risiede a S. Giovanni in Persieeto, a metà della linea : si sono inoltre li­ mitate le visite alla linea e la sorveglianza ai pas­ saggi a livello frequentati, provvedendo gli altii di barre e di cartelli-avvisi.

Le carrozze automotrici elettriche costrutte nelle officine Diatto sono lunghe m. 17.5 a due comparti­ menti capaci di 20 a 32 viaggiatori rispettivamente, un bagagliaio centrale e due terrazzini con scalette di accesso : la sottostante armatura contiene gli ac­ cumulatori del tipo Pescetto, fabbricati dalla So­ cietà già Gruto. Essa è munita di due motori tetra* polari eccitati in serie della Casa Ganz e C.^per una tensione di 500 volts. La corrente per la carica degli accumulatori viene presa dalla rete della Società

cooperativa di Bologna ed opportunamente trasfor­ mata in apposita officina di carica.

Queste carrozze avevano già antecedentemente compiuto regolarmente in servizio del pubblico un percorso di 30,000 chilometri, senza dar luogo ad alcun inconveniente anche lieve, neppure durante le nevicate del passato inverno. La loro velocità di marcia è di chilometri 45. Possono trainare una vet­ tura ordinaria a rimorchio.

Durante questo primo periodo di esercizio il movimento ha superato le previsioni, ha quintupli­ cato. Come ho detto, la Società esercente si trovò nella necessità di aumentare una coppia giornaliera di treni a vapore e nei giorni di festa o di mercato ne occorron più di sei ; in un giorno di festa solenne si arrivò a trasportare più di 2400 passeggeri. Il prodotto giornaliero dei viaggiatori dell’intera linea di L. 200, e nella prima quindicina si ebbe invece un prodotto medio di L. 345 che salirebbero a lire 437 se si tenesse conto del movimento straordinario dianzi citato. Nel mese si ebbero 23,406 viaggiatori contro 4279 nel mese precedente ; gli introiti si rad­ doppiarono, L. 13,740 contro 6878. Anche il servizio merci, prima limitato a 40 spedizioni giornaliere fra arrivi e partenze, ha subito un aumento di circa il 50 per cento. Le spese di esercizio in un periodo tanto breve ed iniziale non possono dare elemento a fondate considerazioni, ma è certo che si otterrà ualche risparmio in quelle pei servizi della strada e elle stazioni : quelle di trazione saranno in rela­ zione al traffico. Da questi dati apparisce senza bi­ sogno dì un’ulteriore dimostrazione che i risultati dell’ esperimento sono confortanti e tali da incorag­ giare 1’ applicazione di simili prove alle nostre fer­ rovie: certo sarebbe una illusione quella di avere eguali risultati sopra tutte le linee di debole traffico ma ciò non deve distogliere dal continuare nell’opera iniziata ed allargare il campo degli esperimenti, salvo abbandonare, in tutto od in parte, questi metodi di esercizio dove non corrispondessero soddisfacen­ temente. Colle prove si arriverà meglio e più presto a risolvere la non facile questione del materiale di esercizio per le linee a régime economico, a formarsi dei criteri sulle condizioni vantaggiose all’ applica­ zione della trazione elettrica per i servizi di viag­ giatori e di merci, a determinare lo semplificazioni di servizio che si presenteranno ancora possibili. In questa bisogna è da desiderare che sia lasciata dal Governo molta libertà di iniziativa all’ esercente per stimolarlo alla prova di quelle riforme che possono avvantaggiare il servizio del pubblico o la semplifi­ cazione e l’economia dell’esercizio, o l’ uno e 1’ altro insieme. E’ pel nostro paese una nuova scuola da fare perchè troppo ci siamo induriti nelle vecchie idee e nei vecchi metodi, e tendiamo a conservare una matassa di pregiudizi che si torcono a danno del pubblico e dell’ erario ».

L ’ U F F I C I O D E L L A V O R O

Pubblich amo il disegno di legge, presen­ tato dall’on. Zarardelli, per l’istituzione del­ l’Ufficio del lavoro, salvo ad illustrarne i fini e discuterne le modalità a tempo opportuno.

Art. 1. — È istituito presso il Ministero di agri­

coltura, industria e commercio un Ufficio del lavoro con lo scopo :

a) di raccogliere, coordinare e pubblicare noti­

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