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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1978, Anno 37, n.2, giugno

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(1)

GIUGNO 1978 Pubblicazione trimestrale Anno XXXVII - N. 2

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV -10 %

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E SCIENZA DELLE FINANZE

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

( e RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

DIREZIONE

GIAN ANTONIO MICHELI - EMILIO GERELLI 1

\<2t

COMITATO SCIENTIFICO D] ENRICO ALLORI0 - ENZO CAPACCIOLI - CESARE COSCIANI

FRANCESCO FORTE - GIANNINO PARRAVICINI - ALDO SCOTTO SERGIO STEVE

AG

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici dell'Istituto di Finanza ^llVniversità, della CameZ di Commercio di Pavia e dell'Istituto di diritto pubblico

deUa Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma

« TSZÌZ s t - a v w a ? s tóts

à t t s f i s s i » p- —

MICHELI, Via Scipione Gaetano, n. 1 3 - 0 0 1 9 7 Roma.

Redattore: dott. L U I G I BERNARDI, dell'Istituto di Finanza dell'Università di

Pavia.

L ' A M M I N I S T R A Z I O N E È presso la casa editrice Dott A O W ™ E M T 0"

h f S n A 20121 Milano, Via Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2,à.

AU I s a vanno indirizzati le richieste di abbonamento (c.c. postale 721209) f d i p u b b r t l le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli even-tuali reclami per mancato ricevimento di fascicoli.

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. . » 23.000 Estero

Annate arretrate senza aumento rispetto alla quota annuale. L'abbonamento decorre dal 1" gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri

dell'annata, compresi quelli già pubblicati. . ^a m o t l t f t

rente con i pagamenti. . ,

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spediscono che contro rimessa dell'importo.

Te richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate fluii ìm-norto di L 200 in francobolli e trasmesse con specifica comunicazione raccomandata al competente Ufficio Codificazione Clienti.

Per ogni effetto l'abbonato elegge domicilio presso l'Amministrazione della ri-Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie

sunnlementari eventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al i. 104 del 15 marzo 1968 Direttore responsabile: E M I L I O GERELLI

Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 70 %

(3)

GIANNINO PARRAVICINI - La pressione tributaria e finanziaria. Osservazioni sul metodo e sull'attuale situazione

RUGGERO PALADINI - La stima degli effetti della polìtica fiscale e monetaria e la scelta delle variabili

SALVATORE LA ROSA - Metodi di accertamento e riforma tributaria . GIAN ANTONIO MICHELI - Primi appunti sull'efficacia soggettiva (limiti

sog-gettivi) dell'iscrizione a ruolo

DANIELA REGAZZONI - Ricorso avverso l'accertamento di maggior valore ai fini dell'imposta sulle successioni e accettazione tacita dell'eredità . G I U S E P P E PERRICCONE - Gli interessi e le sanzioni pecuniarie in materia di

imposte dirette. Limiti e possibilità di cumulo

ANNALISA LORENZETTO PESERICO - Effetti dell'estinzione del processo tributa-rio per omessa presentazione dell'istanza di trattazione

APPUNTI E RASSEGNE

GIORGIO TARZIA - La controparte che paga le spese legali, deve operare la ritenuta d'acconto ?

RECENSIONI

GERELLI E., REVIGLIO F. (a cura di) - Per una politica della spesa pubblica in Italia (FRANCO OSCULATI)

SAINZ DE BUJANDA F . - Sistema de dereoho financiero. Introducwn (GIAN ANTONIO MICHELI)

NUOVI LIBRI

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI

P A R T E S E C O N D A

REDAZIONE - Ancora sul condono e sull'obbligazione solidale tributaria . FRANCESCO MOSCHETTI - Impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie

del verbale di violazioni IVA per illegittima determinazione della pena definibile in via breve

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SENTENZE ANNOTATE

Imposte e tasse - Obbligazione solidale - Condono - Pagamento da parte di un coobbligato - Estensibilità degli effetti estintivi del pagamento agli altri coobbligati - Conseguenze (Cass., Sez. I, 28 febbraio 1978) (con

nota redazionale) 97 Imposta sul valore aggiunto - Irrogazione di sanzioni - Avviso di notifica

di processo verbale - Efficacia in ordine al diritto di definizione in via breve.

Imposta sul valore aggiunto - Irrogazione di sanzioni - Avviso di notifica di processo verbale - Requisiti di legittimità.

Imposta sul valore aggiunto - Irrogazione di sanzioni - Avviso di notifica di processo verbale - Impugnazione di fronte alle Commissioni tribu-tarie - Potere di annullamento - Ammissibilità.

Imposta sul valore aggiunto - Irrogazione di sanzioni - Processo verbale di constatazione notificato al contribuente - Parificazione all'avviso di notifica.

Contenzioso tributario - Art. 16 D.P.R. n. 636 del 1972 - Contenuto preva-lente di precisazione temporale (Comm. Vicenza, Sez. IV, 2 dicembre

1 9 7 5 , n. 3 3 9 ) (con nota di E . MOSCHETTI) . . . 1 0 4

Imposta di registro - Riunione dell'usufrutto alla nuda proprietà verifi-catasi successivamente all'entrata in vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 - Distacco avvenuto sotto la vigenza del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 - Disposizioni transitorie D.P.R. n. 634 - Ininfluenza - Appli-cabilità della disciplina previgente (Comm. Genova, Sez. VIII, 30

mag-gio 1977) (con nota di F . PICCIAREDDA) 123

(5)

MEDIOCREDITO CENTRALE »

COMUNICATO STAMPA

NEL 1977 AGEVOLATE DAL MEDIOCREDITO CENTRALE 1.773 OPERAZIONI PER 1.698 MILIARDI DI LIRE.

REIMPIEGATI GLI UTILI NELL'AGEVOLAZIONE.

Il Consiglio Generale del Mediocredito Centrale presieduto dal prof. Giannino Parravicini, ha approvato il bilancio dell'Istituto per l'esercizio 1977 e la relazione del Consiglio di Am-ministrazione. , , , „ „ „ , ,. Con i mezzi a sua disposizione il Mediocredito Centrale ha svolto nel 1977 un volume di attività superiore a quello del precedente esercizio, ma diversamente articolato. L agevola-zione all'interno si è risolta in un accoglimento dì 1.336 domande di finanziamento per un totale di 148 miliardi di lire, contro 334 miliardi nel 1976. Nel confronto tra i due esercizi non va dimenticato che il D.P.R. n. 902 sulla disciplina dei crediti agevolati al settore indu-striale è rimasto per tutto l'anno praticamente inoperante in attesa dell'emanazione dei criteri di attuazione e delia fissazione delle zone insufficientemente sviluppate del Centro-Nord. L Isti-tuto ha quindi poIsti-tuto svolgere un'attività limitata di rifinanziamento, e un attività normale di risconto delle operazioni previste dalla legge n. 1329 per la vendita agevolata dei macchinari alle

piccole e medie industrie. . L'agevolazione alle esportazioni a pagamento differito si è attuata in 437 domande accolte per

complessivi 1.550 miliardi di lire di credito agevolato, rispetto a 1.207 miliardi nel 1976. Anche le esportazioni a pagamento differito sono state interessate da una nuova normativa que a contenuta nella legge n. 227 del 27 maggio 1977, e operante dalla fine di ottobre Tuttavia anche in questo settore l'attesa dei provvedimenti riguardanti le condizioni, le modalità e i tempi di intervento del Mediocredito Centrale, ha obbligato ad accogliere le domande con riserva, che poi, per le operazioni normali, è stata sciolta nei primi mesi del 1978. I finanziamenti accolti a favore delle piccole e medie industrie hanno riguardato nella misura del 6I/o gli investimenti in macchinari e impianti, del 25% gli immobili e del 7% le scorte Come negli anni passati, l'Istituto ha proseguito l'opera di sostegno capillare alle piccole industrie. Infatti il 29% dei finanziamenti non ha superato, per singolo importo, i 00 milioni, e i n i * non ha superato i 300 milioni. L'87% del credito agevolato è andato alle imprese localizzate nel Nord, il 12% a quelle ubicate nel Centro ed il restante 1% ad imprese con sede nel Ne|ZZsettore° delle esportazioni a pagamento differito, il credito agevolato .

dente a 1.961 miliardi di lire di forniture, contro 1.509 ne 1976, e andato per i 6 A alle esportazioni verso i paesi industrializzati, per il 25% a quelle verso . paes. e u r o p e , aderenti

al Comecon e per il 69% alle esportazioni verso , paesi in via di sviluppou R spetto ali eser cizio passato è aumentata la quota dei finanziamenti agevolati dal Mediocredito Centrale per le esportazioni verso i paesi in via di sviluppo. M r o„a t„r o P iP

annarec-Circa la natura dei beni strumentali prevalgono le macchine, le attrezzature e le apparec eh riture industriali, giacché incidono per il 48% sul totale del .credito capitale f a z i o n a t o guono gli impianti industriali e quelli elettrici ed idroelettrici con il 26%. Al terzo posto si collocano le esportazioni di mezzi di trasporto, comprese e navi.

Nel comDlesso la consistenza degli impieghi agevolati dall'istituto passa da 1.867 miliardi nel 1976 a 2 259 m bardi ne 1977, con un aumento del 21%. Questi impieghi hanno consen ito agli Istituti prTmari di portare la consistenza del credito agevolato alle imprese a l l e . c i f r a d? circa 3147 miliardi. Tenendo conto anche dei finanziamenti f e g a t i con mezzi formo da emissioni obbligazionarie, la consistenza degli impieghi sale a 3.604 miliardi, rispetto a 3.192 b " c o n t o " d e i ^profitti e delle perdite si è chiuso con un utile di 33.7 miliardi di lire dopo aver spesato 6 miliardi per contributi agli interessi pagati nell e s » si "riscontra un aumento di quasi 10 miliardi dovuto non a sPe=u' ™

all'aumento degli impieghi e alla riduzione di alcuni oneri per contribut, in p 8

del bilancio. L'utile è stato destinato per 3 , 4 miliardi alla riserva o r m a r l a , per 5 minat

alla riserva straordinaria, per 1,1 miliardi a iniziative di studio e ricerca, per 24,2 bardi al fondo statale per la concessione dei contributi agli interessi.

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IV

SVIMEZ

Associazione per lo Sviluppo dell'Industria nel Mezzogiorno Monografie

AMENDOLA MARIO BARATTA PAOLO

INVESTIMENTI INDUSTRIALI

E SVILUPPO D U A L I S T I C O

Sommario:

Accumulazione e sviluppo nel Mezzogiorno e nel Centro-nord

Investimenti, valore aggiunto e produttività: analisi e raffronti territoriali nelle due fasi 1951-63 e 1963-73

L'analisi dei settori

I mutamenti nei caratteri della crescita industriale ed i riflessi sul dualismo Appendice statistica

8°, p. VIII-152 con tavole, L. 4 0 0 0 14

PUBBLICAZIONI DELLA F A C O L T A ' DI ECONOMIA E COMMERCIO DELL'UNIVERSITÀ' DI ROMA, X L I

GIANCARLO MARTINENGO

CRESCITA

E BILANCIA DEI PAGAMENTI

La cresoita nell'approccio monetario alla bilancia dei pa-gamenti: una sintesi di alcuni schemi.

Una interpretazione alternativa del processo di crescita in una economia aperta di dimensioni ridotte.

Appendici. 8", p. VI-106, L. 3500 17

(7)

V

CASSAZIONE PENALE

M A S S I M A R I O A N N O T A T O

direttore responsabile: Antonio Brancaccio

La rivista mensile è strutturata in modo da fornire un'informazione completa e ragionata della giurisprudenza della Corte di cassazione in materia penale e- processuale penale, integrata con la giurisprudenza della Corte costituzionale e con significative decisioni delle magistrature di merito.

Ogni fascicolo contiene, oltre alle più recenti sentenze della Corte co-stituzionale e delle Sezioni unite della Cassazione, numerosissime mas-sime, accompagnate quando occorre dal testo della decisione e tutte annotate, le più interessanti con ampio commento, le altre con richiami di giurisprudenza e citazioni di dottrina. Ne risulta un panorama com-pleto e aggiornato della giurisprudenza della Cassazione, filtrato attra-verso varie osservazioni critiche.

CONDIZIONI DI ABBONAMENTO PER IL 1 9 7 8 : Italia L. 25.000 - estero L. 31.000

Abbonamento cumulativo con la RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE:

Italia L. 41.000 - estero L. 60.000

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• Sottoscrivo l'abbonamento alla rivista C A S S A Z I O N E PENALE

MASSIMARIO ANNOTATO per l'anno 197

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CEDOLA DI COMMISSIONE LIBRARIA affrancatura a carico del destinatario da NON AFFRANCARE addebitarsi sul conto di credito n. 1332 presso Puff. post, di Milano A.D. (Aut. Dir. Prov. P.T. di Milano n. 77991 del 18-7-1957).

Alla casa editrice

Dott. A. GiUFFRÈ EDITORE S p A.

Via Statuto 2

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VII

S E M I N A R I O G I U R I D I C O D E L L A U N I V E R S I T À ' D I B O L O G N A

LXXVII

ADRIANO DI PIETRO

Lineamenti di una teoria giuridica

dell'imposta sull'incremento

di valore degli immobili

8°, p. 248, L. 6500

S V I M E Z

Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno Collana Francesco Giordani

ALCUNI EFFETTI DELLA SCALA MOBILE E

DELLA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI

SUL DIVARIO NORD-SUD

di GIOVANNI PALMERIO e ROLANDO VALIANI

8°, p. Vni-88, con tabelle, L. 2200

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Vili

Quaderni di documentazione, 1 "Legislazione e Giurisprudenza Tributaria,,

diretta da L. PAPI ANTONIO CASERTANO NICOLO' POLLARI

LA NUOVA DISCIPLINA

DELL'ANAGRAFE

TRIBUTARIA

E DEL CODICE FISCALE

DEI CONTRIBUENTI

Testo integrato con il D.P.R. 23 dicembre 1977, n. 9 5 5 ed annotato articolo per articolo

Dopo le note di commento ai singoli articoli, l'opera propone una sche-matizzazione degli argomenti di maggior interesse, quali, ad esempio, il prospetto degli atti sui quali deve essere indicato il numero di codice fiscale e le sanzioni.

L'opera è inoltre corredata di un'appendice che riporta a partire dal D.P.R. 2 novembre 1976, n. 784, i vari testi di legge dei decreti mini-steriali successivi sino al recente D.P.R. 23 dicembre 1977, n. 953.

8°, p. 160, L. 4.000 (in vendita solo per contanti)

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L A P R E S S I O N E T R I B U T A R I A E F I N A N Z I A R I A O S S E R V A Z I O N I S U L METODO E S U L L ' A T T U A L E S I T U A Z I O N E ( * )

1. L'inusitato ed incontrollabile aumento della spesa pubblica nel nostro Paese ripropone un antico argomento, di cui il Lenti ebbe a suo tempo ad occuparsi in un aureo, studio dal nome, invero mo-desto, di Note sulla pressione tributaria (1), ma ricco di spunti e di considerazioni teoriche e applicative. Vi si mettono, tra l'altro, a fuoco alcuni problemi, che sono poi divenuti negli anni a noi più vi-cini particolarmente sentiti : l'aumento della pressione tributaria e questioni di metodo intorno alla sua misura, la dissociazione tra il costo e il ricavo dell'attività finanziaria, il suo mancato adeguamento alle nuove funzioni di promozione e di redistribuzione del reddito.

In particolare sono posti in rilievo alcuni interrogativi sui va-lori da collocare al numeratore e al denominatore del rapporto della pressione tributaria. Per l'importo da collocare al denominatore egli propone il reddito nazionale netto ai prezzi di mercato, e per l'im-porto da collocare al numeratore egli distingue tre valori: delle en-trate tributarie dello stato, degli enti politici minori (regioni, pro-vince e comuni) e degli enti pubblici dipendenti (2) ; delle entrate per contributi degli enti previdenziali; e infine dell'aggregato del carico tributario.

Taluni, continua il Lenti, e tra essi il Ricci, propongono di con-siderare al numeratore del rapporto le spese pubbliche, anziché le

en-(*) Il presente articolo riproduce, con modifiche, un saggio scritto per gli Studi in onore di Libero Lenti.

(1) LENTI L . , Note sulla pressione tributaria, in L'industria, n. 2, 1956, pp. 214-240.

(2) Sono enti politici gli enti politicamente autonomi ; enti che possono seguire un indirizzo politico autonomo, e godono di una autonomia normativa organizzativa, finanziaria e di gestione. Per questa loro natura che a diverso livello li accomuna allo stato ente, essi sono qui chiamati enti politici, te-nuti distinti dagli altri enti pubblici. Presentemente in Italia sono enti poli-tici gli enti territoriali minori. Qfr. PARRAVICINI <!., Scienza delle finanze. Prin-cìpi, Milano, Gi uff rè, 2" ed., 1975, cap. II.

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— 178

--trate tributarie: al concetto di pressione tributaria sostituiscono quello di pressione finanziaria. Ma in questo caso svanisce la natura della coazione, insita nel prelevamento tributario, e si lia un rapporto che insieme unisce entrate coattive e entrate liberamente ottenute (.3). L'interesse del Lenti e la sua analisi si fermano, peraltro, sul primo valore, che riflette la pressione fiscale tradizionale, e che ancora rap-presentava la parte del tutto prevalente della pressione delle entrate coattive. Inoltre al concetto generico globale di pressione fiscale o tri-butaria sostitutiva, per successive approssimazioni, rapporti miranti a meglio qualificare la distinzione e gli effetti dell'imposizione sui red-diti guadagnati e sui redred-diti consumati.

Ho ricordato il lavoro del L E N T I , Note sulla pressione tributaria,

perché di più immediato riferimento, tra tanti suoi scritti, a contro-versie attuali. Ciò nondimeno, anche in questa occasione di una rac-colta di studi in suo onore, preme rilevare e con piacere come egli sia stato, se non l'unico, uno dei pochi studiosi di statistica che abbia dedicato energie, tempo, passione e chiaro intelletto anche agli studi della finanza pubblica, recando un contributo di rilievo per la messa a fuoco e la risoluzione di alenili problemi di valutazione dei feno-meni finanziari anche nei loro rapporti con le finalità e la funziona-lità della pubblica amministrazione.

L'ampio sviluppo dell'attività pubblica in ogni settore e la di-mensione di quella degli enti previdenziali propongono oggi il pro-blema della definizione della pressione tributaria e di quella finan-ziaria in termini di chiara evidenza e l'esigenza di una sua rigorosa soluzione. Il concetto di pressione tributaria non è più univoco, bensì prevede, come sarà visto più avanti, distinti rapporti. Inoltre al con-cetto di pressione tributaria si affianca quello di pressione finanziaria. Quest'ultimo concetto, che prende in considerazione le spese pubbli-che, ha oggi trovato spiccata ragion d'essere nello stesso progredire delle spese e nella espansione del disavanzo di bilancio pubblico e di quello degli enti previdenziali. La dissociazione, che si è prodotta tra le entrate e le spese pubbliche, rende indispensabile la conoscenza di entrambi i rapporti, delle entrate e delle spese, non soltanto per gli aspetti quantitativi del fenomeno finanziario, ma anche per quelli qualitativi, per le conseguenze che ha sull'attività economica il veri-ficarsi di un disavanzo o di un avanzo di bilancio.

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--2. Il rapporto tra l'insieme dei flussi finanziari che passano pel-le pubbliche casse e quindi delpel-le risorse di cui lo stato e gli altri enti si avvalgono, da un lato, e le risorse della collettività dall'altro, ri-guarda quindi sia le entrate che le spese. Il significato dei due raf-fronti è diverso, perché essi pongono in evidenza due diversi e per lo più opposti aspetti economici: il primo indica i mezzi che la puh blica amministrazione sottrae coattivamente ai singoli, e quindi alla collettività quale insieme di singoli; il secondo indica l'ammontare in valore delle risorse di cui la pubbblica amministrazione si avvale e dei beni pubbblici, dei servizi sociali e dei trasferimenti, che essa pone a disposizione dei singoli e della collettività.

Come si è premesso, l'attuale esistenza di enti, cui sono affidati compiti sociali, dalle pensioni alla sanità, e in special modo le di-mensioni raggiunte dai flussi finanziari e dai servizi da loro ge-stiti, hanno da più anni posto, accanto al rigoroso e semplice schema delle entrate e delle spese pubbliche in senso stretto, un sistema ag-giuntivo di entrate anch'esse a natura coattiva e di spese anch'esse a finalità pubblica, le une e le altre aventi precisi scopi delineati dalla legge.

Il nuovo sistema finanziario aggiuntivo, a finalità sociali e pre-videnziali, è al tempo stesso a sé stante e complementare del sistema finanziario In senso stretto dello stato e degli altri enti politici. La conoscenza dei rapporti tra i flussi finanziari e i flussi della ricchezza, e della partecipazione pubblica all'attività economica deve, di conse guenza, ormai estendersi al sistema previdenziale.

Nell'ambito delle entrate pubbliche a natura coattiva, si ha un primo rapporto, qui chiamato della pressione fiscale, che prende in considerazione le sole entrate coattive del settore tradizionale della finanza pubblica, cioè del fisco: le imposte dirette e indirette e le tasse; un secondo rapporto, qui chiamato della pressione sociale, che prende in considerazione le entrate coattive degli enti previden-ziali, i contributi sociali; un terzo rapporto, qui chiamato della pressione tributaria, che insieme unisce le entrate coattive del fisco e i contributi sociali.

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— ISO —

qui chiamato della pressione finanziaria e sociale. La pressione fi-nanziaria, come detto, rileva il valore dell'insieme dei beni e dei ser-vizi dei quali la pubblica amministrazione in senso stretto si avvale per la propria attività, indipendentemente dalla forma di copertura ; essa esprime l'effettivo « sacrificio » della collettività, giacché indica la quota delle risorse che è acquisita dallo stato e dagli altri enti politici e pubblici. Va, però, subito premesso che questo «preleva-mento » è indice di un « sacrificio » in assoluto, se è considerato a sé, non tenendo conto dei vantaggi delle prestazioni pubbliche e dei mezzi finanziari, che la collettività riceve di ritorno o in controprestazione, La pressione sociale esprime il sacrificio sociale: rappresenta la quota di reddito di cui i membri della collettività si debbono privare a favore di altri. Infine la pressione finanziaria e sociale rappresenta il sacrificio complessivo che la pubblica amministrazione impone alla collettività per i servizi tradizionali, le opere pubbliche, gli interventi economici, nonché per i servizi sociali degli enti previ-denziali, e in particolare modo per i trasferimenti finanziari di na-tura sociale.

A parità di entrate e di spese è indifferente usare il rapporto delle entrate o quello delle spese : il rapporto della pressione fiscale o il corrispondente rapporto della pressione finanziaria; oppure il rapporto della pressione tributaria o quello della pressione finan-ziaria e sociale. Quando, invece, v'è disavanzo oppure avanzo dei conti pubblici, i due rapporti esprimono situazioni non soltanto quan-titativamente, ma anche qualitativamente diverse (4). Nell'eventua-lità del disavanzo ciascun membro della collettività è privato, oltre che dei beni e dei servizi di cui avrebbe goduto se non avesse do-vuto pagare i tributi, della quota suppletiva, che è acquisita dal-l'ente politico mediante le entrate minori non aventi natura coattiva ma di natura effettiva (le nostre entrate extratributarie), e per lo più mediante l'indebitamento pubblico, nelle diverse forme in cui avviene, e l'emissione di carta moneta. Nel caso opposto, di avanzo, il sacrificio « reale » della collettività nel suo insieme è inferiore a quello che deriverebbe dal prelevamento tributario, e ne è inferiore per l'importo dell'avanzo stesso: la collettività non si avvale di parte delle risorse delle quali ha acquisito il diritto mediante l'esercizio del potere impositivo. Ma anche i singoli non si avvalgono di queste

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— 181

-risorse, che pertanto rimangono inutilizzate. A meno che la fles-sione della domanda complessiva non origini una flesfles-sione dei prezzi.

3. Tutti i rapporti, della pressione fiscale, tributaria, finanzia-ria e sociale, sono costruiti collocando al denominatore i valori dei flussi di ricchezza ai quali lo stato e gli altri enti attingono per il loro fabbisogno nel periodo di tempo in cui avviene il prelevamento tributario oppure si effettuano le spese pubbliche, periodo che di norma è l'anno. Questi flussi di ricchezza sono rappresentati dal prodotto interno lordo al costo dei fattori, oppure ai prezzi di mer-cato, dal prodotto interno netto al costo dei fattori, oppure ai prezzi di mercato, e dal reddito nazionale netto ai prezzi di mercato. La scelta dell'uno e dell'altro aggregato è suggerita dallo scopo cui il rapporto è destinato ed è condizionata dalla facilità o dalla diffi-coltà del calcolo.

La scelta si è definitivamente fermata su due valori : sul reddito nazionale netto ai prezzi di mercato e sul prodotto interno lordo an-cora ai prezzi di mercato.

L'acquisizione di risorse da parte dello stato e degli enti poli-tici e pubblici ha sempre luogo in termini di risorse, beni e servizi, calcolate ai prezzi che hanno sul mercato. Ora, l'imprenditore, men-tre non include nel prezzo del prodotto le imposte dirette, perché queste sono a carico dei percettori di reddito, né include le imposte patrimoniali, in quanto esse esulano in linea di massima dai rap-porti del processo di formazione, distribuzione e consumo del red-dito, include quali elementi a sé stanti le imposte indirette e i tri-buti minori collegati alla produzione (5). T)i conseguenza, quando lo stato trasferisce ai suoi dipendenti, o impiega per propri acquisti, disponibilità finanziarie, fa pagamenti che soltanto in parte, anche se la prevalente, vanno alle imprese in corrispettivo di beni e ser-vizi, e per la restante parte ritornano al fisco sotto forma dell'im-posta indiretta, o di altro tributo assimilabile, che su di essi sono applicati. La capacità reale di acquisto della pubblica amministra-zione si riduce in misura corrispondente all'imposta indiretta e ai tributi assimilabili, che grava sui beni e sui servizi che, direttamente o indirettamente, acquista.

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--L'attività finanziaria modifica altresì i valori di mercato, an-che nel senso opposto del ribasso dei prezzi, il an-che avviene quando lo stato o altro ente politico o pubblico sovvenziona le imprese indu-striali, agricole e commerciali, consentendo loro di fissare prezzi di vendita inferiori a quelli risultanti dai redditi distribuiti ai fattori della produzione.

I flussi di ricchezza cui vanno rapportati i flussi finanziari deb-bono pertanto includere le imposte indirette e i tributi minori sulla produzione ed essere ridotti degli importi delle sovvenzioni.

Le disponibilità in risorse di una collettività possono tuttavia essere inferiori o superiori alle risorse prodotte all'interno in dipen-denza, e nella misura, dei flussi di redditi verso l'estero o provenienti dall'estero, a titolo di partecipazione dell'estero alla ripartizione della produzione nazionale e rispettivamente della partecipazione interna alla produzione dell'estero. Così il reddito nazionale netto ai prezzi di mercato prende il posto del prodotto interno netto, sem-pre ai sem-prezzi di mercato. Il modesto valore che hanno in Italia le dif-ferenze fra i flussi di entrata delle risorse e i flussi di uscita fa sì che i due valori del prodotto interno netto e del reddito nazionale ai prezzi di mercato siano molto vicini tra loro.

Dell'avviso che al denominatore debba porsi il reddito nazionale netto ai prezzi di mercato è, come si è premesso, lo stesso Lenti, giac-ché tanto l'imposta quanto il reddito imponibile sono espressi in moneta corrente, in una moneta che presenta un ugual potere di ac-quisto (6). In altre parole si deve prendere il reddito ai prezzi di mer-cato, in quanto il valore delle somme prelevate è in termini di prezzi, e questi includono le imposte indirette.

La ricchezza, che entra nelle casse pubbliche e ne esce, è sem-pre né può essere che ricchezza nuova, ricchezza che si crea nello stesso periodo di tempo: il rapporto tra flussi finanziari e il flusso della ricchezza nuova deve porsi l'obiettivo di accertare la parte delle risorse prodotte nel periodo di tempo considerato, che è acquisita e spesa dalla pubblica amministrazione.

II rapporto deve quindi avere al denominatore la ricchezza nuo-va, il valore aggiunto della produzione. Le risorse, che lo stato e gli enti politici acquisiscono, non possono che far parte della ricchezza di nuova creazione; non provengono, né possono provenire, dalla quota di produzione che è assorbita dagli ammortamenti.

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«unente irrazionale è, quindi, il rapporto che pone al denominatore il prodotto interno lordo, comprensivo degli ammortamenti, giacché stabilisce un raffronto sia con la nuova ricchezza prodotta nel pe-riodo considerato, sia con quella ricchezza che è stata impiegata nella produzione, e che nella produzione è andata distrutta.

4. In lire correnti i flussi delle risorse, espressi nei loro ag-gregati più rappresentativi, hanno indicato negli otto anni, dal 1970 al 1977, incrementi di poco inferiori al 200 %, come si vede nella

Tabella 1. L'incremento più elevato è quello del prodotto lordo ai prezzi di mercato; il meno elevato è quello del reddito nazionale netto, sempre ai prezzi di mercato. Il distacco sui tassi di incremento dei due aggregati ha la propria ragione negli aumentati importi degli ammortamenti.

I flussi finanziari, delie entrate e delle spese sempre in lire cor-renti, hanno avuto un incremento ancora più elevato, con una pro-nunciata tendenza delle spese a precedere le entrate, a svincolarsene.

In lire correnti l'insieme delle entrate effettive della pubblica amministrazione (7), è salito da 18,8 mila miliardi nel 1970 a 63,6 mila miliardi nel 1977, con un aumento di circa il 240 % ; l'insieme delle spese è salito da 19,1 mila miliardi a 81 mila miliardi, con un aumento di circa il 320 %. I dati, che sono esposti nella Tabella 2, danno i valori consolidati dell'insieme delle entrate e delle spese dello stato e degli altri enti, e sono pertanto depurati dei trasferi-menti interni tra gli enti stessi. I dati consolidati non comprendono i contributi sociali figurativi. La contabilità nazionale calcola ed in-serisce nell'importo sia delle entrate che delle uscite della P.A. una somma equivalente ai contributi sociali cui dovrebbe far fronte per le pensioni agli impiegati dello stato, qualora in luogo di farne ca-rico al bilancio dello stato avesse una gestione separata, oppure si comportasse come un'impresa privata versando i contributi agli isti-tuti previdenziali.

L'incremento di circa il 100 in più delie spese rispetto a quello delle entrate ha fatto aprire un disavanzo inusitato, che nel 1977, se-condo i dati della tabella che sono provvisori, sarebbe stato di ap-pena 2 milardi inferiore all'importo di tutte le spese, sempre in lire correnti, del 1970 (8).

(7) Si designa qui con il termine di pubblica amministrazione lo stato, gli enti politici minori, la Cassa dd.pp., le aziende autonome, gli enti pubblici collegati ai poteri centrali, gli enti previdenziali.

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(19)
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— 186

--Le tre grandezze economiche, reddito nazionale, entrate tribu-tarie ed extra-tributribu-tarie e spese pubbliche, hanno avuto negli otto anni un andamento a ventaglio. In lire a costante capacità d'acqui-sto, il reddito, fatto il 1970 uguale a 100, è salito a 117, le entrate sono salite a 138, le spese a 172. 11 tasso medio annuo d'incremento è stato del 2,3 % per il reddito, del 4,7 % per le entrate, dell'8 % per le spese. Il tasso di aumento delle spese supera del 70 % quello delle entrate, e questo supera del 100 % il tasso di aumento del red-dito nazionale.

I dati nella loro evidente semplicità non richiedono alcun com-mento.

5. I diversi flussi nei quali si divide l'attività finanziaria richia-mano, come si è detto, il calcolo di più rapporti con il reddito na-zonale netto ai prezzi di mercato. Dal lato delle entrate si pongono i rapporti delle entrate fiscali e dei contributi sociali a sé presi, e dell'insieme delle entrate tributarie.

Tra le entrate provenienti da prelevamenti coattivi è opportuno, infatti, distinguere le entrate provenienti dalle imposte e dalle tasse, entrate propriamente del fisco, dalle entrate provenienti dai contri-buti sociali, e considerare successivamente tutte le entrate di carat-tere coattivo. La differenza tra le entrate fiscali e quelle tributarie si ha, come si è detto, nella non inclusione, o inclusione, dei contributi sociali.

Dal lato delle spese è opportuno distinguere il rapporto delle spese dello stato, unitamente a quelle degli altri enti politici e pub-blici, non previdenziali, da quelli delle spese degli enti previdenziali e dell'insieme delle spese.

Come risulta nella Tabella 3, la pressione fiscale propriamente detta si aggira intorno al 19 % a tutto il 1975; sale al 21 % nel 1976 e al 23 % nel 1977. La pressione sociale per contributi gradatamente sale dal 13 % nel 1970 a poco meno del 16 % nel 1976, e lievemente flette nel 1977. Nell'insieme dei due valori, la pressione tributaria si aggira intorno al 32,5 % a tutto il 1973, poi dal 1974 si inasprisce di anno in anno, sicché sale al 38 % nel 1977. Il calcolo della pres-sione fiscale e della prespres-sione tributaria non tiene conto dei tributi

(21)

riscossi direttamente al confine della CEE, tributi che nel 1977 sono ammontati a 925 miliardi di lire (9).

In breve il gettito fiscale aumenta grosso modo parallelamente al reddito nazionale a tutto il 1972, si abbassa lievemente alla vi-gilia e durante il periodo di introduzione della riforma tributaria, e quindi aumenta in tre anni di ben cinque punti. Si è giunti a una elasticità del gettito delle imposte che non sembra possa a lungo mantenersi, oltre che per l'onerosità per il contribuente, per le con-seguenze che il crescente spostamento di reddito alla pubblica am-ministrazione infligge agli investimenti.

Pressione fiscale e pressione per contributi sociali hanno unita-mente sospinto a valori sempre più alti la pressione tributaria. La elasticità della pressione tributaria rispetto al reddito è stata in-torno all'unità fino al 1973, e lia superato l'unità negli anni 1974 e 1975 grazie all'impennata dei contributi sociali, e nel 1976 e 1977 grazie al forte gettito delle imposte dirette. Nel 1975 è stata pari a 1,4. Al margine su ogni cento lire di maggior reddito prodotto, la pub-blica amministrazione in senso lato ne ha prelevate oltre 1/3 in ogni anno fino al 1974 e circa la metà negli anni successivi.

TABELLA 3 P R E S S I O N E F I S C A L E , S O C I A L E E T R I B U T A R I A

(rispetto al reddito n. n. ai prezzi di mercato) (in percento)

Anni Pressione fiscale per contributi Pressione sociali Pressione tributaria 1 9 7 0 1 9 , 7 1 2 , 6 3 2 , 3 1 9 7 1 1 9 , 6 1 3 , 3 3 2 , 8 1 9 7 2 1 9 , 5 1 3 , 2 3 2 , 6 1 9 7 3 1 8 , 8 1 3 , 7 3 2 , 5 1 9 7 4 1 9 , 1 1 4 , 3 3 3 , 4 1 9 7 5 1 9 , 0 1 6 , 0 3 5 , 0 1 9 7 6 2 0 , 9 1 5 , 7 3 6 , 5 1 9 7 7 2 2 , 9 1 5 , 1 3 8 , 1

(22)

— 188

--Questa impostazione, che pone accanto alla pressione fiscale, la pressione per contributi sociali, si attiene alla considerazione eco-nomica di avere una valutazione completa dei flussi coattivi di ric-chezza, in dipendenza dello spazio acquisito, accanto alla finanza, dalla parafinanza. Non vuole essere intesa quale adesione alla conce-zione politica che vorrebbe modificare il sistema previdenziale in sistema di sicurezza sociale, insieme riunendo in un grande bilancio pubblico ogni entrata e ogni spesa.

D'altro canto il calcolo del prodotto interno è rimasto, e ad av-viso di chi scrive a ragione, all'antica concezione: il contributo so-ciale pagato dall'imprenditore è considerato parte dei redditi spet-tanti ai fattori della produzione, e quindi viene incluso nel prodotto al costo dei fattori.

Non si può, in effetti, disconoscere che i contributi sociali sono nati, e formalmente almeno sono rimasti, quale quota a sé stante della retribuzione, accanto a quella pagata in contanti. La quota di retribuzione che corrisponde ai contributi sociali è retribuzione a pagamento differito o a pagamento in natura : differito in quanto essa ritorna nella forma della pensione di quiescenza, o di invalidità o di altre prestazioni pecuniarie; in natura in quanto dà diritto alle pre-stazioni mediche, sanitarie, e altre di ordine sociale (10).

Ma non si può neppure disconoscere che i contributi sociali han-no via via assunto di fatto le caratteristiche del tributo per vari motivi : per la non corrispondenza tra i contributi delle singole

ca-llo) Vorrei ricordare quanto già ebbi a scrivere anni fa : « Le prestazioni della previdenza sociale non sono un di più rispetto al salario e allo stipen-dio del lavoratore: esse sono quote di salario e di stipenstipen-dio corrisposte in modo diverso. La previdenza sociale, le cui lontane origini si hanno nell'assi-curazione contro gli eventi sfavorevoli, che colpiscono il singolo nell'occupa-zione e nelle capacità di lavoro, e nell'assicuranell'occupa-zione sulla vita, costituisce un insieme di oneri e di prestazioni per infortuni sul lavoro, per malattie, per pensioni, ecc., che sono strettamente collegate al diritto della giusta remune-razione del lavoro. La previdenza sociale riguarda i soli lavoratori e loro famiglie ».

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— 189

--tegorie di lavoratori e le prestazioni che esse ricevono; per la larga partecipazione dello stato al finanziamento delle prestazioni sociali; per il conseguente graduale spostamento del sistema da previdenziale, fondato sulla prestazione e controprestazione, a sociale; per i ri-chiami della concezione politica della sicurezza sociale.

6. L'aumento della pressione delle spese pubbliche è stato an-cora più pronunciato di quello della pressione tributaria. Come si rileva nella Tabella 4, la pressione finanziaria complessiva, relativa a tutta la pubblica amministrazione, in essa compresi gli enti previ-denziali, qui indicata con il termine di pressione finanziaria e so-ciale, ha fatto negli otto anni un balzo di circa 17 punti percentuali, essendo passata dal .36 % nel 1970, al 43 % nel 1972-74, intorno al 53 % negli ultimi anni. Oltre la metà del reddito nazionale netto ai prezzi di mercato è assorbita a partire dal 1975 dalla pubblica am-ministrazione. Al margine la pressione è stata del 72 % in media d'anno, con andamento però discontinuo dell'elasticità, che ha toc-cato i massimi valori di 2,5 e di 2,8 nel 1972 e 1975, anni nei quali si è voluto fare una politica espansionistica delle spese pubbliche, ed è scesa sotto l'unità, a 0,88 e 0,75 nel 1973 e 1976, anni in cui si è agito in senso opposto.

L'indice della pressione si riduce da 3 a 3,5 punti, se dalle spese si toglie un importo corrispondente alle entrate extra-tributarie, en-trate effettive a natura varia che concorrono a coprire le spese in modo definitivo senza che si debba far ricorso all'indebitamento o all'espansione monetaria (11).

Entro l'andamento della pressione finanziaria e sociale, quello della pressione finanziaria in senso stretto, riferibile allo stato e agli altri enti politici e pubblici, da essi esclusi quelli previdenziali, ha due salti: il primo nel 1972, con il 26 % contro il precedente 21 %, il secondo nel 1975 con valori superiori al 30 %. I salti pongono in I evidenza due momenti di punta del processo di espansione delle spese, che riflettono sia la pressione delle richieste sociali e salariali e sia il perseguimento di obiettivi di politica economica. Regolare è stato, per contro, l'andamento della pressione sociale per i contributi, che dal 15 % via via sale fino al 17,5 % del 1972, e riprende a salire nel 1975, avvicinandosi al 22 %.

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(25)

— 191

--In sintesi, si possono separare gli otto anni considerati in tre di-stinti periodi: nel primo, di due anni, si ha stabilità della pressione finanziaria e un incremento della pressione sociale piuttosto lieve; nel secondo, di tre anni dal 1972 al 1974, mentre la pressione sociale si eleva a livelli di poco sopra alle precedenti, la pressione finanziaria si alza di 6 punti, intorno al 26 %, e conseguentemente la complessiva pressione finanziaria e sociale, già del 37 % si pone al livello medio, sensibilmente più alto, del 43 % ; negli ultimi tre anni, dal 1975 al 1977, la pressione finanziaria e sociale si eleva ancora e si pone in-torno al 53 %. La sola pressione finanziaria è di poco inferiore al terzo.

Questi diversi rapporti della pressione finanziaria danno una visione dell'onere imposto dall'attività finanziaria pubblica al si-stema economico, più aderente di quella che appare negli indici dei tributi.

Come si è accennato, il vero costo che la collettività sopporta per il settoi'e pubblico è dato dalle spese pubbliche. Il sacrificio della collettività nel suo insieme è misurato dal complesso delle risorse, beni e servizi, di cui lo stato e gli altri enti politici e pubblici si impossessano, avvenga l'acquisizione o non avvenga con copertura tributaria. Diversa ne è soltanto nei due casi la distribuzione dei sacrifici all'interno della collettività, e conseguentemente diversi sono gli effetti economici che ne discendono, per le reazioni diverse di comportamento che derivano dal ricorso all'una o all'altra forma di provvista.

La copertura delle spese pubbliche con il provento dei tributi ha in sé implicito l'immediato processo di ripartizione dell'onere fi-nanziario, si abbia o non si abbia traslazione; la copertura mediante indebitamento rinvia la ripartizione dei sacrifici tra i singoli a quando si dovrà fare fronte all'onere per il servizio dei debiti, e si dovrà scegliere tra le diverse entrate tributarie; la copertura me-diante l'inflazione (che può aversi anche quando il debito pubblico è collocato presso il sistema creditizio) si traduce in una immediata disordinata distribuzione di sacrifìci (12).

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del-— 192

--Comunque la valutazione (lei sacrifici clic la collettività, e i sin-goli, subiscono in dipendenza dell'attività finanziaria deve tenere conto unitamente della pressione tributaria e delle sue varie com-ponenti, e di quella finanziaria e sociale, ancora vista nelle varie componenti. Se gli indici della pressione tributaria più riflettono le situazioni degli individui, perché dicono quanto nella media i sin-goli debbono coattivamente cedere allo stato e agli altri enti po-litici e pubblici, gli indici della pressione finanziaria e sociale danno la misura dell'insieme delle risorse che sono sottratte all'attività privata, anche se poi a essa vengono restituite, nonché dell'estensio-ne dell'intervento pubblico e della partecipaziodell'estensio-ne pubblica al pro-cesso di formazione distribuzione e consumo del reddito nazionale.

7. Come si è premesso, la scelta di un aggregato piuttosto di al-tri, che rappresenti il flusso della ricchezza in un dato periodo di tempo, è, purtroppo, condizionata anche dalla possibilità di rileva-zione e dall'attendibilità dei calcoli. Due sono le difficoltà: l'ima consiste nel calcolo degli ammortamenti, l'altra nel calcolo dei tri-buti, delle sovvenzioni pubbliche, e delle partite con l'estero aventi natura di reddito. Poiché le rilevazioni partono di norma da quelle del prodotto lordo ai prezzi di mercato, la difficoltà fondamentale è quella del calcolo degli ammortamenti.

Il calcolo degli ammortamenti, e quindi dei valori dei quali il prodotto lordo andrebbe ridotto per pervenire a quello netto e al reddito nazionale, è un calcolo sempre irto di difficoltà, di opinabile attuazione, e pertanto esposto a elaborazioni diverse da paese a paese. Gli enti e gli organismi internazionali, preoccupati principal-mente della omogeneità dei dati ai fini dei raffronti tra paesi diversi, hanno di conseguenza optato per il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato. Essi evitano, così, le difficoltà di una elaborazione uni-forme degli ammortamenti nei diversi paesi, nonché delle valuta-zioni delle partite con l'estero. Poiché, inoltre, il calcolo del prodotto lordo ai prezzi di mercato si attua ovunque direttamente rilevando il valore della produzione dei beni e dei servizi ai prezzi di mercato, essi evitano anche le difficoltà della valutazione dei tributi indiretti e delle sovvenzioni pubbliche.

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— 1 9 3

--studiosi a propendere per il raffronto delle grandezze finanziarie con il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato, in luogo del prodotto netto o del reddito nazionale. Probabilmente proprio l'esigenza di esprimere i valori interni della pressione fiscale e finanziaria con-formi a quelli che sono rilevati dagli organismi internazionali ha indotto da ultimo lo stesso Lenti in alcune sue recenti analisi a ri-piegare su valutazioni della pressione tributaria che prendono a base il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato.

Le stesse ragioni perdono, tuttavia, è in sé ovvio, la ragion d'es-sere quando il calcolo della pressione tributaria e finanziaria è de-stinato ad analisi interne, attuali e storiche, e quando la finalità è quella di precisare l'effettivo onere del prelevamento coattivo dei tributi e l'ampiezza delle spese pubbliche, nei confronti con la ric-chezza disponibile.

I due rapporti, comunque, si integrano : quello avente al deno-minatore il reddito nazionale ai prezzi di mercato, in quanto è l'e-satta misura della ricchezza acquisita dallo Stato e dagli altri enti politici e pubblici e del sacrificio che è imposto ai singoli e alla col-lettività; e quello avente a denominatore il prodotto interno lordo, sempre ai prezzi di mercato, in quanto consente di effettuare con-fronti internazionali secondo una metodologia clie riduce le diffe-renze di valutazione.

I rapporti della pressione tributaria dell'Ocse, prendendo in con-siderazione il prodotto interno lordo, sono più bassi di quelli che scaturirebbero dal raffronto col reddito nazionale netto ai prezzi di mercato. A titolo di esempio, la pressione tributaria italiana, espressa dalla percentuale del 35 % nel 1975 e del 36,5 % nel 1976 rispetto al reddito nazionale netto ai prezzi di mercato, scende al 32 % e al 34 % secondo i dati dell'Ocse.

Questi dati, esposti nella Tabella 5, mettono in rilievo negli ul-timi anni una pressione tributaria, inelusiva delle imposte delle tasse e dei contributi sociali, in continuo aumento ovunque, pur presentando sempre notevoli differenze da paese a paese.

I dati di questa tabella, nonché di quelle successive, sono desunti dagli studi Orse, dati quindi calcolati con uniformità di criteri. Poiché essi servono non tanto per la individuazione del vero valore della pressione tributaria e di quella finanziaria, quanto per la com-parazione, non si è provveduto ad alcuna rettifica dei valori del nostro Paese, giacché si sarebbe alterata l'uniformità di elaborazione.

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— 194

--TABELLA 5

PRESSIONE TRIBUTARIA NEI PAESI OCSE (in % del p.i.l. ai prezzi di mercato)

P a e s i 1965 1970 1975 1976 Paesi Bassi 36 40 47 46 Svezia 36 40 46 51 Norvegia 34 39 45 45 Danimarca 30 41 43 — -Belgio 31 35 41 40 Austria 34 36 39 39 Finlandia 31 33 38 42 Francia 35 35 39 39 Regno Unito 31 38 37 37

Repubblica Fed. Tedesca . . . 31 32 35 36

Canada 26 32 34 35

Italia 29 30 32 34

U.S.A 2 7 30 30 30

Giappone 18 19 20 21

Fonte: OCSE, Revenue Statistìcs of OECD Member Gountries 1965-1975, Paris 1977.

I dati indicano una pressione tributaria nella media dei paesi membri che sale dal 28 % nel 1965 al 34 % circa nel 1976. In base ai dati provvisori del 1976 la pressione risulta del 51 % in Svezia, intorno al 45 % nei Paesi Bassi e in Norvegia, intorno al 40 % in Belgio, Austria, Finlandia, Francia, intorno al 37 % nel Regno Unito, in Germania, intorno al 35 % in Canadà e in Italia, e intorno al 30 % negli Stati Uniti e al 20 % in Giappone.

II nostro paese ha nella media gravato fiscalmente di meno sul prodotto interno lordo rispetto a molti altri paesi industrializ-zati; ha seguito con una certa fatica sulla via degli inasprimenti fi-scali i paesi più avanzati. Ma non è stato da meno, anzi li ha alle volte superati, per le spese pubbliche.

(29)

Germa-— 195

--nia, ma supera la pressione finanziaria del Regno Unito e della Francia.

TABELLA 6

PRESSIONE FINANZIARIA E SOCIALE (% del p.i.l.) P a e s i 1974 1975 J 11976 1977 Germania 43,8 47,9 47,3 47,3 Francia 39,6 44,1 44,6 45,6 Regno Unito 44,8 46,3 46,1 44,4 Italia 40,2- 48,2 46,2 46,7

Fonte: ISCO, « Congiuntura estera »: n. 2 del 28 febbraio 1978.

Lo scorso anno l'Italia ha posto a disposizione dello stato e degli altri enti politici e pubblici una quota del proprio reddito equivalente a quella dei paesi più ricchi; ma non è stata in grado di trarre le corrispondenti disponibilità finanziarie dalle imposte e dai contributi sociali: anzi gran parte delle spese sono state fatte allo scoperto, dando continuo alimento al processo inflazionistico.

8. I rapporti della pressione tributaria e di quella finanzia-ria non offrono, tuttavia, da soli una sicura guida a un giudizio della situazione finanziaria comparativa di un paese. I raffronti dei flussi globali non sono in sé indicativi del grado di equilibrio, o di squilibrio, della finanza di un paese rispetto a quelle di altri paesi; essi non rilevano le diversità delle condizioni economiche, che nei livelli del reddito pro-capite hanno uno degli indicatori fondamen-tali dei diversi livelli di ricchezza.

(30)

Que-— 196

--sto è stato nello stesso anno di 3,6 mila dollari in Germania e in Francia, e di 2,3 mila nel Regno Unito.

TABELLA 7

REDDITO PRO-CAPITE DISPONIBILE NEL 1975 (dollari U.S.A. correnti)

P a e s i Popolazione (milioni) P.i.l. (miliardi) Spesa pubblica (miliardi) P.i.l. pro-capite (migiiaia) Spesa pubblica pro-capite (migliaia) Reddito disponibile pro-capite (migliaia) Germania . . . . 63 425 204 6,9 3,3 3,6 Francia 53 336 148 6,4 2,8 3,6 Regno Unito . . . 56 228 99 4,1 1,8 2,3 Italia 56 173 83 3,1 1,5 1,6

In Italia il reddito pro-capite disponibile scende a 1,6 mila dol-lari, al 44 % di quello della Germania e della Francia. Il reddito a disposizione di un francese e di un tedesco per i consumi e gli inve-stimenti (compresi gli ammortamenti giacché si tratta di prodotto in-terno pro-capite) è stato quindi più che doppio di quello di un ita-liano; e quello dell'inglese è stato nella media superiore del 30. % circa.

Nella Tabella 8 sono indicati i valori pro-capite, sempre del 1975, anche della pressione tributaria e di quella finanziaria e sociale negli stessi paesi.

TABELLA 8

TRIBUTI E SPESE PUBBLICHE PRO-CAPITE NEL 1975 IN ITALIA E IN ALTRI PAESI

* P a e s i Tributi (migliaia di dollari USA) Spese ' pubbliche (migliaia di dollari USA) Pressione tributaria (in % ) Pressione finanziaria e sociale (in % ) Germania 2,4 3,3 35 48 Francia 2,5 2,8 39 44 Regno Unito 1,5 1,8 37 44 Italia 1,0 1,5 32 48

(31)

— 197

--per l'Italia; con la pressione finanziaria e sociale si hanno due grup-pi : il primo dell'Italia e della Germania con il 18 % ; il secondo della Francia e del Regno Unito con il 44 %.

La diversità del reddito pro-capite non consente però, ancora, di accogliere i nuovi risultati, se non come un'ulteriore approssima-zione. Come ha sottolineato lo stesso Lenti i sacrifici dei singoli o della collettività si muovono in direzione opposta al livello del dito pro-capite, e tanto più sono sentiti, quanto più basso è il red-dito, finché l'acquisizione pubblica di risorse incide su bisogni pri-mari o ritenuti pripri-mari dal singolo. Ne è ben consapevole il legisla-tore nel seguire il principio della progressività del sistema fiscale.

Scrisse Griziotti che la formula della pressione tributaria do-vrebbe escludere la parte della ricchezza r (reddito), che è necessaria per il eosto della vita, c, secondo il tenore di vita di ciascun popo-10 (13). Egli propone la seguente formula p = — , dove e sta a indicare le entrate tributarie.

La difficoltà della valutazione del minimo occorrente all'uomo medio per le esigenze fondamentali, giustamente messa in luce dal Lenti, rende la formula difficile e di opinabile applicazione. Non confuta, tuttavia, la realtà economica che la formula intende sot-tolineare: lo stesso prelevamento percentuale in sé nasconde oneri e sacrifici diversi con il diversificarsi dei redditi.

Nella Tabella 9 sono indicate due ipotesi di redditi pro-capite eccedenti il fabbisogno per consumi primari nei paesi considerati. Con valutazione a stima si riduce il reddito pro-capite dell'importo di redditi che non è di pertinenza dei contribuenti persone fisiche, nonché della quota corrispondente al minimo imponibile delle im-poste personali, considerato non tassabile, in quanto indispensabile per il soddisfacimento dei bisogni primari. La prima ipotesi pre-sume un « abbattimento » del reddito pro-capite del 25 % ; la seconda ipotesi lo prevede del 33 %. Nella prima ipotesi il rapporto tra il totale dei tributi prelevati, per imposte tasse e contributi sociali, e 11 reddito tassabile, dà una pressione tributaria del 52 % in Francia, del 48 % nel Regno Unito, del 46 % in Germania e del 48 % in Italia.

La pressione finanziaria e sociale è sempre in tutti i quattro paesi alquanto più elevata della pressione tributaria: essa va dal

( 1 3 ) GRIZIOTTI B . , Primi elementi di scienza delle finanze, A cura di

(32)
(33)

— 1 9 9

--58 % per la Francia e il Regno Unito al 63 % per la Germania, al 65 % per l'Italia. La pressione finanziaria e sociale più elevata si registra quindi nel nostro paese.

I valori mutano e si elevano per tutti i paesi se all'ipotesi di un consumo per i bisogni primari del 25 %, si sostituisce quella di un consumo uguale al 33 %. In questa ipotesi l'Italia ancora appare quale paese con la pressione meno pesante, ma con valori però pros-simi al 50 % ; sempre appare, questa volta affiancata dalla Germania, come il paese con più elevata pressione finanziaria e sociale; il suo valore è di poco maggiore al 70 %. Va osservato che in Italia nel corso dei tre anni dal 1975 al 1977, la pressione finanziaria e so-ciale è rimasta grosso modo costante, mentre quella tributaria è au-mentata di tre punti.

Questi calcoli ci pongono dinnanzi risultati che non possono essere ignorati da chi intenda esprimere giudizi sulla pressione tri-butaria e finanziaria nel nostro paese e tanto meno possono essere ignorati da chi intenda trarre conclusioni sulla sufficienza o insuf-ficienza della pressione fiscale italiana grazie a un semplice raffronto con quelle di altri paesi.

Una conclusione è, comunque, inoppugnabile: in Italia la par-tecipazione pubblica al processo di formazione e distribuzione del reddito è molto più ampia che in paesi più ricchi, a economia si-mile alla nostra, e facenti parte della comunità economica europea. Il peso relativo della pubblica amministrazione e dei movimenti di distribuzione dei redditi dagli uni agli altri, per la tutela della vec-chiaia, l'invalidità, i servizi sanitari ha superato le dimensioni rag-giunte altrove.

Nel raffronto tra i bisogni, che l'individuo soddisfa direttamente, e i bisogni che sono soddisfatti dall'attività pubblica, i primi bisogni hanno uno spazio più ristretto che altrove: o in altre parole l'area pubblica è più vasta che altrove.

(34)

— 2 0 0 —

e quindi dell'efficienza della pubblica amministrazione, del grado di osservanza delia condizione che le spese pubbliche vengano effettiva-mente incontro a bisogni dalla collettività più sentiti dei bisogni individuali che alternativamente debbono tacere. La stessa considera-zione s'impone in merito ai trasferimenti di reddito dai membri delia collettività nella veste di contribuenti ad altri membri della colletti-vità, o agli stessi, nella veste di percettori di servizi sociali o di pen-sioni o di altre prestazioni pecuniarie. I sacrifici dei primi, divenendo troppo onerosi, e i vantaggi dei secondi, divenendo troppo allettanti, unitamente possono concorrere a frenare, o a ridurre, il benessere di tutti.

Scrive ancora il Lenti : « quando si discute di pressione tribu-taria non bisogna mai trascurare l'intima interdipendenza tra le due quantità che stanno al numeratore e al denominatore del rapporto. Il carico tributario condiziona la formazione del reddito nazionale e viceversa » (14).

G I A N N I N O P A R R A V I C I N I

(35)

LA STIMA DEGLI E F F E T T I DELLA POLITICA FISCALE E MONETARIA

E LA SCELTA DELLE VARIABILI (*)

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. Strumenti, obiettivi e variabili intermedie nella teoria della politica economica. — 3. Applicazione al modello keynesiano semplice. — 4. Generalizzazione. — 5. Il caso dei modelli con più coppie di variabili. — 6. Il caso di funzioni lineari. — 7. Una critica metodolo-gica ai lavori econometrici dei monetaristi. •— 8. Conclusioni.

1. In questo lavoro mi propongo di mostrare come una mancata riflessione sulle variabili usate nelle equazioni in forma ridotta — e quindi nella loro stima — possa indurre a delle conclusioni impro-prie; a scopo di esempio, data la rilevanza del problema, mi soffer-merò in particolare sui lavori econometrici dei monetaristi, in cui essi hanno cercato di stimare l'influenza delle variabili fiscali e mo-netarie sul reddito nazionale, concludendo che lo strumento monetario risulta efficace mentre quello fiscale non lo sarebbe.

2. Nella teoria della politica economica l'analisi in termini di strumenti e obbiettivi costituisce lo schema fondamentale di riferi-mento; ora, per quanto riguarda gli obiettivi, in parte vi è un gene-rale consenso su una certa lista, che comprende la piena occupazione, lo sviluppo del reddito, una equa distribuzione, ed in parte è lo stu-dioso che, da un particolare punto di vista, sceglie una certa speci-ficazione.

Per quanto riguarda invece gli strumenti, si pone in via prelimi-nare un problema metodologico : quali sono le grandezze economiche che possono considerarsi come strumenti della politica economica? Uno degli Autori che insieme a Tinbergen sviluppò questo tipo di im-postazione, B. Hansen ('), sottolineava che nella determinazione dei ' parametri d'azione dello Stato ' occorre fare riferimento solo a quelle variabili di cui lo Stato abbia un controllo diretto, intendendo con

(*) Ringrazio il prof. Lucio Izzo per gli utili consigli datimi su una pre-cedente stesura del lavoro, ed il dott. Lionello Punzo per la parte di algebra li-neare. Naturalmente gli errori restano di mia responsabilità.

(36)

— 202

--questo il caso in cui, data una certa struttura istituzionale e giuri-dica, i vari organi dello Stato hanno il potere di determinare, diret-tamente ed autonomamente dal comportamento dell'economia, il va-lore delle variabili, che appunto per questo possono essere definite quali variabili strumentali.

D'altra parte, tuttavia, l'interesse dei responsabili della politica economica di solito si incentra piuttosto sui valori di altre grandezze economiche, che non sono variabili strumentali, ma che sono proprio quelle che influiscono direttamente sugli agenti economici. Un sem-plice esempio è rappresentato dall'ammontare del prelievo fiscale, che poiché concorre a determinare il reddito disponibile delle famiglie ed i profitti delle imprese, influenza le decisioni di spesa; e tuttavia lo Stato non può determinare, in genere, l'ammontare del gettito, bensì fissare delle determinate aliquote fiscali, esenzioni, detrazioni, etc...., e dall'interazione tra queste variabili strumentali con le relative basi imponibili, che dipendono dal comportamento degli agenti economici, risulterà un certo gettito (2).

In altre parole il gettito fiscale, T, può essere considerato quale funzione di fi variabili strumentali fiscali e Bn basi imponibili ; nella misura in cui i responsabili della politica economica sono in grado di specificare correttamente tali funzioni, possono formulare delle previsioni attendibili sull'andamento del gettito, e quindi conside-rarlo esso stesso come la variabile strumentale da manovrare.

In sostanza l'esistenza di una relazione tra la variabile T, get-tito fiscale, che possiamo definire quale variabile intermedia, e le va-riabili strumentali fi, fa si che i responsabili della politica econo-mica possano ragionare come se il gettito sia la variabile diretta-mentre controllabile, in questi termini : « sto usando come variabile strumentale il gettito, e lo posso fare in quanto so che questo significa variare di tanto l'aliquota tale o la detrazione tal'altra ».

3. Questo discorso può essere formalizzato attraverso il sem-plice modello keynesiano in tre equazioni :

P) «Congress legislates govevnment expenditure, but it can never le-s le-s i a t e tax receiptle-s », P. A. SAMTTELSON, The Simple Mathematica of Income Determination, 1948, ristampato in Readings in Macroeconomws, a cura di M.

(37)

— 203

--La prima equazione è la nota condizione di equilibrio tra il reddito nazionale e le tre componenti della domanda globale, con-sumi, investimenti e spesa pubblica; la seconda è la funzione lineare del consumo rispetto al reddito disponibile, rappresentato qui dalla differenza tra reddito nazionale e prelievo fiscale, T. Questo, nella terza equazione è espresso come una semplice funzione, per ridurre le complicazioni, del reddito nazionale, per un'aliquota t.

Parametri e variabili esogene del modello sono la componente autonoma del consumo A, la propensione marginale al consumo c, oltre agli investimenti I, e alla spesa pubblica G; supponiamo di considerare inoltre quale parametro l'aliquota t, poiché si tratta di una variabile controllata direttamente dallo Stato, cioè di una va-riabile strumentale in senso proprio. Le incognite saranno dunque il reddito nazionale Y, i consumi G ed il gettito fiscale T, clie, come si è detto, rappresenta la variabile intermedia.

La soluzione per Y dà, come è noto:

A + I + G

l'effetto di una variazione dell'aliquota sul reddito nazionale — ov-vero del moltiplicatore di t rispetto ad Y, è dato dalla derivata par-ziale della (4) per f :

d Y -cY

(5) dt 1 - c (1 - t)

In questo modello non si può parlare di effetto di T su Y, in quan to T è anch'essa una variabile endogena; per studiare questo effetto possiamo però prendere in considerazione il modello tronco delle (1) -(2), e risolvere sempre per Y considerando ora T come esogena, ot-tenendo :

A+I + G- cT

(6) r — —

e quindi, facendo la derivata parziale per T, si ha

d Y - c

(7) - a i r = T T V

(38)

— 204

Vi è tuttavia un altro modo per misurare questo effetto, che ai nostri fini è più interessante: riprendendo infatti il modello (1)- (3), iu cui T è variabile endogena, differenziamo la (3) rispetto a i :

d T dYjl Y (1 - c)

(8) =Y + t - = —

w dt dt 1 - c (1 -1) dividiamo quindi la (5) per la (8) si ottiene (3) :

dY I dt - e

(9) = w dT I dt 1 - c

cioè appunto il risultato della (7).

4. È facilmente comprensibile che l'esempio proposto al para-grafo precedente può essere generalizzato; si supponga quindi di avere una certa variabile obiettivo, che indichiamo con o, la quale è fun-zione di una variabile intermedia i, che possiamo considerare come la variabile che lo Stato cerca di regolare, ma di cui non lia il con-trollo diretto. Si supponga inoltre che la i possa essere espressa come funzione della o e di una variabile strumentale, cioè di cui lo Stato ha il controllo diretto, la s; è evidente quindi che esisterà una rela-zione funzionale tra la o e la s.

In termini analitici supponiamo cioè di avere (10) o = / (i)

(11) o - «J» (s)

funzioni entrambe che ammettano inversa; inoltre si abbia (12) i = <p (o, s)

(3) Questo tipo di rapporti fu definito da Samuelson, nell'articolo citato

alla nota precedente, come pseudo-moltiplicatori, poiché riteneva naturale che le variabili strumentali fossero parametri e le altre dovessero essere quindi en-dogene ; per cui si riferì a questi rapporti come a « creature camaleontiche ». In realtà non si tratta altro che di osservare come la struttura del modello muta a seconda della scelta delle variabili tra esogene ed endogene; si veda su que-sto A. PAPANDKEU, Introduzione ai modelli macroeconomiei, trad. it., 1 9 6 6 , ISCO,

e R . PALADINI, Gli effetti della politica fiscale; modelli di analisi, Milano, 1 9 7 6 ,

(39)

e tutte le funzioni siano continuamente derivabili di ordine anche superiore al primo; è facile verificare che tra le derivate delle fun-zioni devono necessariamente sussistere le seguenti relafun-zioni:

(13)

(14)

<Ps + «Po < K

il che significa, in altre parole, che conoscendo altrnativamente la (10), e la (12), oppure la (11) e la (12), possiamo ricavare o /', e cioè gli effetti della variabile strumentale o intermedia su quella obiettiva. Ogni qualvolta abbiamo un modello la cui struttura può essere ricondotta a quella delle (10) - (12), ed in cui le funzioni hanno le caratteristiche sopraricordate, possiamo verificare la relazione : va-riabile obbiettivo — vava-riabile intermedia — vava-riabile strumentale. Ad esempio, nel modello IS-LM la quantità di moneta appare come variabile esogena, ma è evidente che non si tratta di una variabile strumentale in senso proprio, quanto piuttosto di una variabile in-termediarla variabile strumentale, anche se non viene specificata, è costituita dalla compravendita di titoli (mentre il tasso dell'interesse è variabile endogena). Il moltiplicatore della moneta rispetto al red-dito deve essere dunque pensato come il rapporto di due moltiplica-tori: quello dei titoli rispetto al reddito e quello dei titoli rispetto alla quantità di moneta.

5. Questa relazione tra variabile intermedia e variabile strumen-tale non sussiste più quando in un modello vi siano più coppie di va-riabili. Se ad esempio il gettito fiscale viene distinto in gettito delle imposte dirette e gettito delle imposte indirette, sicché nel modello si hanno due gettiti, T d e T i, e quindi due aliquote, t d e ti, la si-tuazione cambia; l'effetto dei due gettiti sul reddito non può più es-sere visto come rapporto tra due moltiplicatori. Ad esempio d Y f d T d non può più essere calcolato come

d YI d T ì (4).

dYIdtd

e lo stesso dicasi per

dT d/ dtd

(40)

- 2 0 0 —

Senza illustrare l'esempio, possiamo esaminare la nuova situa-zione nei suoi termini generali : si abbiano dunque le seguenti relazioni

(15) o = / (ij, i2)

(16) o = ty («!, s2)

(17) ii — 9 (o, Si)

(18) ia = co (o, s2)

e si supponga che le funzioni siano continuamente derivabili di ordine anche superiore al primo; in questo caso per conoscere l'effetto della prima variabile intermedia sulla variabile obbiettivo, cioè per cono-scere fÌL, non basta conoscere la (16) e la (17) ma occorre anche la

(18). In altre parole

(19) A *

'K

r + ? » k

in quanto la relazione che lega queste derivate parziali è data da

K d Sj + i>'Sa ds2- y>2 f'8t (ù'0 d s2 — fit m'ì2 d s2

(20) fu

K d si + K 9o d si + 9 ' «2 d s2

Ora, solo per e co^ pari a zero la (19) diviene un'eguaglianza, ma ciò significherebbe tornare al caso precedente, 0, il che poi è lo stesso, supporre una relazione funzionale tra le due variabili strumentali.

Riprendendo l'esempio del prelievo fiscale, la manovra del get-tito dell'imposta diretta — fermo rimanendo il getget-tito di quella in-diretta — ha un effetto sul reddito nazionale che non può essere ad-debitato alla sola variazione dell'aliquota dell'imposta diretta, ma è anche il risultato di una variazione dell'aliquota dell'imposta indi-retta, e viceversa.

(41)

— 207

aspetto, valendosi di semplici nozioni di algebra lineare, e mostrando quindi le relazioni già stabilite da un altro angolo visuale (6).

Supponiamo di partire da un sistema di n equazioni in n + / in-cognite ; per risolverlo si ponga la n-\-l esima incognita quale esogena ; si avrà al l X1 A • • • A aln xn al.n+l xn+1 ( 2 1 ) . . = anl ®1 "t- • • ' "f ann xn an,n+1 xn+1 ovvero (22) A x = y

dove A è la matrice dei coefficienti, x il vettore delle incognite e y quello dei coefficienti dell'esogena xn+1, che poniamo pari all'unità.

Come è noto la soluzione per le n x, variabili è data dalla

(23) at =

dove la Ai è la matrice in cui il vettore y prende il posto della iesima colonna.

Si sostituisca ora la variabile xn quale esogena, mentre xn+1 di-viene una endogena; si avrà

all X1 A • • • + al,n-l xn-l al.n+l Xn+1 aln xn • •

(24) . . = •

r • • •

anl X1 4" • • • -f" an.n-1 Xn-1 + an,n+1 xn+l ann xn

(5) Nella teoria dell'algebra lineare le proposizioni che seguono possono

essere ricavate dalle regole che servono per elaborare il metodo del simplesso, cioè quel metodo di programmazione lineare elaborato da G. Dantzig nel 1949; si veda G. HAI) LEV, Linear Programmine, 1 9 6 2 , pp. 8 0 - 9 2 , ed in particolare i par. 3 - 6 , Improving a basic feasible solution; si veda anche O. ALMON J B . , Matrix Methods in Economica, 1 9 6 7 , pp. 2 7 - 2 9 , dove le « pivot rules » consistono in

(42)

— 208

--ovvero, in termini matriciali

(25) A* x* = y*

dove A* è una matrice che differisce dalla A per una colonna; ana-logamente le soluzioni per le n* variabili sono date dalla

(26) ^

ed in particolare si avrà

Kl »

(27) x\ = 1^*1 J •À/n+1

Si può vedere facilmente che:

(28) x1= x \ j xn+1 ;

infatti :

(29)

N _ K

U l \A n +1| poiché

(30) 1^1 = \A[\ e \A\ = \A*n+1\

Le medesime relazioni valgono evidentemente per le derivate. Si esamini ora il caso in cui vi siano n equazioni ed inco-gnote; ora occorre considerare due variabili quali esogene, e scrivere:

all " t • • • 4" 0>\n xn al,n+l xn+1 + al,n+2 xn+2

(31) /i . =

anl X1 A • • • A ann xn

e, in forma matriciale:

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