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Il danno psicologico e il danno morale nel diritto francese Dr. Gérard Coulot*

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Il danno psicologico e il danno morale nel diritto francese Dr. Gérard Coulot*

Introduzione

Il Dr. Cannavò mi ha fornito la Sentenza N. 8166 del 20 maggio 1993 del Tribunale di Milano che riguardava la filiale italiana del nostro gruppo, allo scopo di illustrare un aspetto del nostro congresso:

il danno psicologico, il danno morale.

Dopo un breve commento di questa decisione, comparata al diritto francese, svilupperò due argomenti:

- il danno morale nel diritto francese

- un danno sfortunatamente nuovo; quello della sieropositività, che tratterò sotto due aspetti: HIV ed Epatite C.

I - Analisi della Sentenza del Tribunale di Milano del 20.5.93 rispetto al diritto francese

Mi perdonerete le imperfezioni della breve analisi che un conoscitore inesperto del diritto italiano deve per forza concedersi per paragonare le soluzioni adottate dai giudici milanesi a quelle che avrebbe preso una giurisdizione civile francese in un caso del genere.

Si trattava nella fattispecie di una bambina minorenne uccisa in un incidente e del danno subito dai suoi genitori:

• Danno economico dei genitori: non esiste in questo caso, dato che i genitori non avrebbero avuto bisogno del sostegno economico della figlia. In compenso, le spese dei funerali gli verrebbero ovviamente rimborsate al completo. La soluzione francese sarebbe stata identica.

• Danno morale dei genitori: i giudici italiani l’hanno determinato nella somma di 150 milioni di lire per ognuno dei genitori (circa 500.000 FF). Data la giovane età della vittima e tenuto conto del fatto che era figlia unica, ognuno dei genitori avrebbe ottenuto in Francia mediamente fra 100.000 e 150.000 FF, vale a dire circa 4 a 5 volte meno. La più netta differenza con la Francia sta senza dubbio nel

“valore” del danno morale. I risarcimenti per danno morale nel caso di un decesso raggiungerebbero dei “livelli molto alti” soltanto in

* Presidente dell’Associazione Assicurazioni Francia

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occasione di un sinistro avente ripercussioni nei massmedia.

Tuttavia, non avrebbe mai superato la punta dei duecentomila franchi.

• Danno biologico: il risarcimento del danno biologico è abbastanza discusso dalla giurisprudenza nel caso di un decesso. Per il giudice italiano può assumere due aspetti:

- il primo sarebbe un danno biologico “riflesso” che subirebbe il defunto... dal suo proprio decesso.

Questo tipo di danno, se fosse riconosciuto, cadrebbe nel patrimonio degli aventi diritto. Il giudice italiano nella fattispecie l’esclude.

In Francia, questo danno è stato menzionato dalla Dottrina sotto la voce pretium mortis, ma non è stato ammesso dai tribunali che hanno giudicato “che nessun credito può, per definizione, nascere dal fatto della morte, tanto che la morte non è effettivamente sopravvenuta, siccome nulla può affermare che questa morte è ineluttabile e i comportamenti della natura sono imprevedibili; che il credito non nasce nella frazione di secondo che precede la morte, ma nella frazione di secondo che segue; che in questo momento è troppo tardi, colui che è appena scomparso non può più essere titolare di diritti.”

- il secondo aspetto è il danno biologico vero e proprio degli aventi diritto, cioè l’incidenza che può avere il decesso di una persona cara sull’emotività e l’equilibrio dei parenti. Il giudice italiano considera che questo danno esista e che debba essere risarcito in più del danno morale con la somma di 60 milioni di lire per ciascuno dei genitori. Questo danno si giustifica con il fatto che il decesso del figlio “ha sicuramente inciso sull’integrità psichica e dunque sul bene

“salute” dei richiedenti.

In Francia un tale danno potrebbe essere risarcito come danno

“fisico” che subirebbero i genitori dal fatto del decesso del loro figlio.

Tuttavia sarebbe ordinata una perizia medicale per stabilire l’imputabilità al decesso del figlio, di un danno all’integrità fisica e psichica dei genitori: il perito accetterebbe poi eventualmente un’incapacità permanente per disturbi soggettivi, cioè di nevrosi o psicosi.

Il giudice francese concederebbe un risarcimento per questo danno soltanto se oggettivamente costatato, ma non potrebbe “accontentarsi” di indicare che il decesso ha certamente comportato un danno all’integrità fisica e psichica dei genitori. La differenza con l’Italia sta dunque piuttosto al livello concettuale.

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II - Il danno morale nel diritto francese Premessa

Il diritto francese ammette fin dall’Ottocento che una terza persona possa subire un danno proprio dal fatto di un danno sopraggiunto alla vittima iniziale: si parla dunque di un danno subito per ripercussione oppure “di rimbalzo”.

Questo danno di rimbalzo subito dalla vittima non si confonde con i diritto che possono avere gli eredi di una vittima deceduta.

Un erede può dunque esercitare un’azione contro il responsabile per due motivi: nel suo nome e come “avente causa” del defunto.

Il danno subito di rimbalzo può essere materiale, economico e/o morale.

Ci limiteremo in seguito ad esaminare il danno morale subito “di rimbalzo” da parte di terzi e che il diritto francese classifica fra i danni extra-patrimoniali.

1 - Il danno morale o affettivo in caso di decesso di un parente

Il concetto del danno morale o affettivo è stato ammesso rapidamente nel corso del Ottocento da parte della Giurisprudenza, anche se con qualche esitazione.

Fu consacrato dal decreto della Camera Civile del 13.2.23.

Essendo concesso soltanto ai parenti di origine (coniuge, figli, ascendenti), i tribunali hanno fatto sempre di più prova di elasticità per caratterizzare la natura del legame che unisce il defunto alla vittima di rimbalzo.

Così il 10.4.1922 il risarcimento del danno morale fu concesso “pure in mancanza di legame di sangue”.

In seguito esige un decreto del 2.2.1931 che l’azione risarcitoria sia fondata su un’interesse di affetto nato dal legame di parentela o di affinità.

Soltanto una sentenza del 27.2.70 della Camera mista della Corte di Cassazione decise che non c’era necessità di un legame legale fra la vittima e il richiedente (rispetto all’azione di una convivente).

Oggi, in caso di decesso, tutte le persone possono pretendere al risarcimento di un danno morale: familiari nel senso largo (linea diretta - collaterale, fidanzati - amici della vittima). Fu ugualmente accolta la domanda di danno morale da parte della governante di un ecclesiastico deceduto. Non ci sono dunque più limiti per quanto riguarda la qualità del legame con la vittima o il numero dei richiedenti. L’unico limite sta nella dimostrazione dei legami affettivi che univano il richiedente al defunto.

Sta alla competenza dei giudici valutare il legame affettivo e il

“dolore reale e profondo” che ne risulta, e di stabilire l’ammontare

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dell’indennizzo per danno morale. Nell’appendice I si trova la forbice dei risarcimenti generalmente accordati nel 1994.

2 - Il danno morale dei parenti in caso di sopravvivenza della vittima iniziale

In questo caso la resistenza della giurisprudenza ad ammettere l’indennità di danno morale fu molto più forte, poiché fu necessario aspettare una sentenza della Camera Civile della Corte di Cassazione del 22.10.1946 per riconoscere la legittimità di tale azione: nella fattispecie fu accordato un danno morale ad un padre la cui figlia si trovava gravemente handicappata, creando così un “danno morale eccezionale”.

Ma l’esigenza di un carattere eccezionale della gravità del danno fu ugualmente abbandonato da una sentenza della 2° Camera Civile della Corte di Cassazione del 23 maggio 19771

Oggi, i parenti di una vittima che ha subito un danno fisico (ma bisogna intendere qui tutti coloro che convivono con la vittima; padre - madre - fratelli e sorelle) possono dunque in linea di principio ottenere la riparazione del danno morale che subiscono alla vista del proprio caro handicappato, anche se non è immobilizzato a letto.

In realtà, bisogna tuttavia che la vittima iniziale abbia una incapacità relativamente importante (almeno del 50%) e che l’indennità non superi il risarcimento accordato in caso di decesso (vale a dire al massimo dai 100.000 ai 150.000 FF).

Bisogna segnalare la decisione resa il 31 marzo 1995 dal Tribunale Correzionale di Bastia che, in occasione della catastrofe di Furiani, accordò a un bambino un risarcimento di 1 milione di franchi per danno “psicologico” derivato dalle lesioni subite dal padre.

3 - Il danno morale in caso di danno provocato ai beni

Applicando il principio della restitutio ad integrum niente si oppone all’attribuzione di un risarcimento per danno morale in caso della perdita di una cosa a cui il proprietario attribuiva un valore affettivo.

Vale a dire che la Corte di Cassazione non censurerebbe una decisione che l’accordasse.

1 Bisogna segnalare che une tale domanda può prosperare soltanto davanti alle giurisdizioni civili e non davanti alle giurisdizioni repressive (Assemblea plenaria della Corte di Cassazione 12.1.79)

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Le decisioni conosciute riguardano soltanto la perdita di una cosa animata o le lesioni subite da questa: la perdita di un cavallo (“Sentenza Lunus” - Cass. I Civ. 16.1.62); la perdita di un cane bassotto tedesco (TGI Caen 30.10.62).

Un tribunale si è tuttavia interrogato, anche se poi la domanda è stata rifiutata, sul legame di affetto che può esistere fra un proprietario e il suo veicolo (TGI Le Mans 14.10.66).

Più seriamente, una parte della dottrina si è chiesta se non bisognerebbe risarcire i disturbi subiti quando un oggetto raro e/o di grande prezzo si è rotto o è stato rubato: ma non ci sono delle decisioni in proposito.

III - Un nuovo danno morale in caso di “morte annunciata”: la sindrome di sieropositività

1 - La contaminazione HIV

Prima di affrontare le regole di risarcimento, menzioniamo il contesto. La contaminazione mediante trasfusione di sangue occupò la prima pagina dei giornali per parecchi anni e suscitò un’emozione all’altezza del dramma: alcune migliaia di emofiliaci e di trasfusi sono stati contaminati con il virus HIV in condizioni che mettono in causa l’organizzazione del sistema delle trasfusioni di sangue in Francia.

Il 31 dicembre 1994 è stato creato un fondo di risarcimento delle persone trasfuse o emofiliache vittime della contaminazione con il virus HIV, fondo alimentato dallo Stato e dagli assicuratori francesi (1,2 miliardi).

Alla fine dell’ottobre 1994, il fondo ha ricevuto 4000 domande di risarcimento (1/3 emofiliaci, 2/3 trasfusi) e più di 8000 domande da parte dei parenti delle vittime.

Quasi 5 miliardi di franchi francesi sono stati spesi fino ad oggi per i loro risarcimenti. Vi è una giurisprudenza abbondante, una dottrina appassionata, un ambiente giuridico non ancora stabilito.

Torniamo per un esame attento di questo documento molto importante ai momenti della giornata organizzata a Parigi il 14.12.94 dalle Edizioni “Formation entreprises” sul tema “Controllare tutti gli impieghi della responsabilità dal fatto dei prodotti di sangue”.

Notiamo anche che la legge del 4.1.93 riorganizza la struttura della trasfusione di sangue in Francia.

Il risarcimento delle vittime del HIV contaminate in seguito ad una trasfusione di sangue, oltre a sollevare i problemi complessi di responsabilità dei centri di trasfusione, ha messo in evidenza un problema specifico per la valutazione di questo danno.

Infatti, i più importanti danni tradizionali, sia permanenti (come l’incapacità permanente, il danno estetico o il danno alla vita di relazione), sia temporanei (come il pretium doloris), si adattano male alle situazioni nelle quali lo stato fisico e psichico delle vittime non si

“consolida”; al contrario, c’è piuttosto un deterioramento più o meno

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rapido dello stato e delle capacità della vittima che conducono quasi ineluttabilmente alla morte.

Il fondo di garanzia creato dalla legge del 31 dicembre 1991 per il risarcimento delle vittime del HIV contaminate con una trasfusione di sangue, ha portato a definire un danno specifico da contaminazione che fu approvato dalla Corte di Appello di Parigi nel 1993.

Fu definito come un “danno di carattere personale, non economico, comprendendo l’insieme dei disturbi nelle condizioni di esistenza causate prima dalla sieropositività, poi dalla sopravvenienza manifesta dell’AIDS”.

“La fase di sieropositività comprende tutti i disturbi che risultano dalla riduzione della speranza di vita, dall’incertezza rispetto al futuro, dall’esistenza di sofferenze e della rispettiva paura e di tutte le perturbazioni della vita familiare e sociale e dei danni relativi agli aspetti più affettivi e personali della vita”.

“La fase manifesta di AIDS comprende le sofferenze patite che sono molto più importanti, i danni estetici e quelli conseguenti ad una degradazione spesso rapida dello stato fisico e l’insieme dei danni alla vita di relazione.

I risarcimenti per questo tipo di danni includono di conseguenza sotto lo stesso termine i più importanti danni fisici non economici tradizionali: parte dell’incapacità permanente che ripara il danno all’integrità psicofisica, più le sofferenze patite, più il danno estetico, più il danno alla vita di relazione, aumentati per il risarcimento dello choc emotivo causato dall’annuncio dello stato di sieropositività.

L’indennità globale più spesso accordata si aggira attorno ai due milioni di franchi: viene accordata al completo se la vittima è nello stato manifesto di AIDS, per i tre quarti se è nella fase di sieropositività (il restante quarto viene assegnato quando sopraggiungerà la fase manifesta di AIDS).

2 - La contaminazione HVC (Epatite C)

Dagli anni 1970 sono state contaminate con il virus HVC circa 500.000 persone in occasione di una trasfusione. Questa valutazione resta tuttavia un ordine di grandezza e i numeri possono variare secondo le fonti e i metodi di valutazione.

La diversità dei modi di trasmissione: via parenterale, via detto sporadica (trasmissione sessuale, trasmissione inter-familiare, trapianto, soggiorno in zona endemica) e via sconosciuta (30% dei casi), la durata generalmente molto lunga di sieropositività asintomatica, le conseguenze mediche molto variabili nella loro gravità, presentano nuovi problemi giuridici. (Potrebbe essere letto su

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questo tema una importante documentazione e in particolare l’articolo esaustivo di Mme Lambert-Faivre2).

Dedichiamo semplicemente alcuni istanti alla riflessione di Mme Lambert-Faivre: non esiste danno specifico di contaminazione VHC. L’autrice rifiuta l’assimilazione fra sieropositività HVC e HIV, perché:

• la riduzione della speranza di vita non è dimostrata

• l’esclusione sociale e familiare incontrata delle volte in caso di AIDS non esiste fortunatamente per l’epatite C.

Condivido questa analisi, ma devo segnalare che la giurisprudenza è meno rigida come attestano diverse decisioni non ancora definitive che hanno accordato delle indennità per contaminazione dell’ordine di 500.000 franchi (Rennes 17.11.92 - TGI Clermont-Ferrand 27.1.93 - TGI Montpellier 2.6.93).

IV - Conclusione

Per concludere vorrei mettere in evidenza le tre seguenti osservazioni:

1. Da alcuni anni si è attivata una reazione dottrinale contro ciò che viene chiamata la “deriva” del concetto di danno morale.

Alcuni autori vorrebbero limitare d’una parte il risarcimento del danno morale ai casi del decesso (escludendolo in caso di sopravvivenza della vittima immediata)3, altri vorrebbero limitare la

“lista” delle persone che possono accusare un danno ai loro sentimenti affettivi; il risarcimento sistematico dei parenti nel senso largo potrebbe in effetti diventare “un fattore di appesantimento del costo dell’assicurazione, sproporzionato all’importanza sociale reale del risarcimento di questo danno”4.

Tuttavia, questa corrente dottrinale può appoggiarsi alla Risoluzione 75-1 del Consiglio dei Ministri del Consiglio Europeo che ammette soltanto la presa in considerazione del danno morale entro certi limiti. Benché questa Risoluzione sia conosciuta da tutti, ne ho riportato in appendice II gli articolo corrispondenti.

2. Il concetto di danno morale ammesso nei paesi di diritto latino non è lo stesso dei paesi di diritto germanico, almeno in caso di decesso.

Per i paesi che lo ammettono, l’aumento costante dell’espressione finanziaria di questo danno finisce per far dubitare della sua giustificazione, nella misura che diventa un “complemento”

sempre più significativo del danno economico e/o materiale dei aventi diritto, in modo che lascia pensare che quest’ultimo sia “non sufficientemente” riparato.

2 Appendice III, Bibliografia

3 M. Ripert e M. Le Tourneau

4 Mlle Viney e M. Tunc

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3. Il diritto francese non da alcuna definizione legale o regolamentare dei più importanti danni: tutto è creazione permanente della giurisprudenza.

Bisogna preoccuparsene o vantarsene? La legge non anticipa le evoluzioni economiche, sociologiche o scientifiche; in generale cerca di mettere in ordine, retrospettivamente, nella creazione giuridica in seno alle giurisdizioni e presso gli autori. Questa messa in ordine dovrebbe avere, in materia di risarcimento, un doppio scopo:

• assicurare una certa equità a beneficio delle vittime, perché abbiano un risarcimento uguale per un danno uguale (e qui, in Francia ma anche nell’Unione Europea c’è materiale su cui riflettere);

• fare in modo che il sistema di risarcimento possa essere economicamente accettabile: in altre parole, giungere a equilibrare entrate e uscite.

APPENDICE I

Francia 1994: Danni morali - Decisioni giuridiche5

Defunto Avente diritto

Danno morale

minimo medio massimo

Coniuge Coniuge 50.000 80.000 120.000 Padre o

Madre

Figlio minore

30.000 60.000 100.000

Padre o Madre

Figlio adulto

20.000 35.000 65.000

5Le rare decisioni che hanno accordato un massimo di 150.000 FF non figurano su questa tabella

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Figlio minore

Padre o Madre

20.000 71.000 100.000

Figlio adulto

Padre o Madre

20.000 60.000 90.000

Fratello/So rella

Fratello/So rella

10.000 30.000 80.000

Nonni Nipoti 5.000 15.000 48.000

Nipoti Nonni 10.000 19.000 40.000

APPENDICE II

Risoluzione 75-1

Del Comitato dei ministri del Consiglio Europeo

relativa al risarcimento di danni in caso di lesione fisica e di decesso

(adottato dal Comitato dei ministri il 14 marzo 1975, in occasione della 234° riunione dei delegati dei ministri)

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3° Risarcimento in caso di decesso

14. - Le spese causate dalla morte della vittima, in particolar modo le spese funerarie, devono essere rimborsate.

15. - La morte della vittima apre un diritto al risarcimento del danno patrimoniale:

a) alle persone nei cui confronti la vittima aveva o avrebbe avuto un’obbligazione alimentare legale;

b) alle persone cui la vittima assumeva o avrebbe assunto il mantenimento, intero o in parte, anche senza esserci tenuto dalla legge. Questo diritto appartiene alla persona che conviveva con la vittima se i loro rapporti erano stabili; può tuttavia essere rifiutato se i rapporti erano adulteri.

16. - Il risarcimento del danno patrimoniale causato dal decesso della vittima alle persone concernate da n° 15 può effettuarsi tramite l’assegno di una rendita oppure l’assegnazione di un capitale, secondo i criteri stabiliti dal diritto nazionale. Nel caso dell’assegno di una rendita è auspicabile che essa sia stabilita in maniera da garantire che, nonostante la svalutazione monetaria, il valore dei versamenti corrisponda costantemente al valore del danno.

17. - Quando il danno patrimoniale causato dal decesso della vittima alle persone concernate da n°

15 è stato riparato con l’assegno di una rendita, il rispettivo importo può essere rivisto se le circostanze che avevano servito di base alla valutazione della somma iniziale sono modificate. I criteri di tale revisione sono stabiliti dal diritto nazionale.

18. - Quando il danno patrimoniale causato dal decesso della vittima alle persone concernate da n°

15 è stato riparato con l’assegnazione di un capitale, non è ammessa alcuna revisione posteriore del rispettivo importo.

19. - I sistemi giuridici che attualmente non concedono un diritto al risarcimento per sofferenze psichiche subite da un terzo in seguito al decesso della vittima dovrebbero concedere tale risarcimento esclusivamente al padre e alla madre, al coniuge, al fidanzato e ai figli della vittima; e anche in questo caso il risarcimento dovrebbe essere sottoposto alla condizione che queste persone abbiano avuto legami affettivi stretti con la vittima nel momento del decesso.

Nei sistemi giuridici che attualmente concedono ad alcune persone un diritto al risarcimento questo non dovrebbe essere allargato ne per quanto riguarda i aventi diritto ne per quanto riguarda l’ammontare del risarcimento.

Principio n° 19

64. - Oltre ai creditori cui la vittima assumeva il mantenimento oppure cui era il debitore alimentare, la delibera non tratta del danno patrimoniale subito da terzi per il decesso della vittima. Questa materia è del resto strettamente legata al problema del danno diretto (vedi § 9 sopra).

65. - Per quanto riguarda il risarcimento di un danno extra- patrimoniale subito da una terza persona per il decesso della vittima, la situazione attuale in Europa è molto vicina a quella descritta a proposito del principio n° 13 al § 50 sopracitato. Fra gli Stati che

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prevedono questo genere di risarcimento alcuni richiedono che il decesso comporti una lesione sicura di un interesse giuridico protetto, ciò che esclude il risarcimento della convivente. Tuttavia, in generale non esiste limitazione per quanto riguarda le persone che possono far valere questo capo di risarcimento, ma nel corso normale delle cose si tratta del coniuge e dei parenti stretti; teoricamente si potrebbe trattare ugualmente di amici o di altre persone che nonostante l’assenza di un legame di parentela avevano un legame affettivo con il defunto, a patto che questo legame affettivo possa essere solidamente provato.

66. - Conto tenuto della differenza delle situazioni considerate dei principi n° 13 e n° 19, non è stato possibile tracciare un limite comune per un risarcimento del danno causato ai terzi per il decesso della vittima; il principio n° 19 prevede dunque un sistema interamente diverso. Tuttavia, questo sistema tende ugualmente ad impedire che al meno le divergenze che esistono, non s’aggravino ulteriormente.

67. - La prima parte del principio lascia agli Stati che non riconoscono la ripartizione del danno extra-patrimoniale subito da terzi in seguito del decesso della vittima la possibilità sia di mantenere questa posizione, sia di avvicinarsi degli Stati che ammettono il risarcimento di tale danno. Il principio raccomanda comunque si faccia tale evoluzione nei limiti attualmente ammessi negli Stati appartenenti all’altro gruppo e chi restringono di più il cerchio degli aventi diritto.

A questo proposito il principio tende a descrivere questi limiti.

68. - Parallelamente i redattori del principio hanno voluto evitare un allargamento delle divergenze che esistono proponendo agli Stati dove il risarcimento del rispettivo danno è previsto dalla legislazione o la giurisprudenza di non oltrepassare i limiti attuali, evidentemente una restrizione per quanto riguarda questi sarebbe non solo conforma allo spirito della delibera, ma costituirebbe un passo in avanti verso una armonizzazione in materia.

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APPENDICE III

Breve Bibliografia

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DELMAS SAINT-HILAIRE, J.P., L’affaire du sang contaminé: la triple ambiguïté de l’arrêt de la Chambre Criminelle du 22.6.94, Gazette du Palais, 9.10.94, Doctrine

DORSNER-JOLIVET, Annick, SIDA et responsabilité des cliniques, Semaine Juridique N° 7, 15.2.95, Doctrine.

GROMB, Sophie, Problèmes médico-légaux posés par les Hépatites C, Gazette du Palais, 27.2.94, Doctrine

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LAMBERT-FAIVRE, Yvonne, Principes d’indemnisation de victimes post-transfusionnelles du SIDA, Dalloz, Chroniques XV, 10ème cahier, 1993

LAMBERT-FAIVRE, Yvonne, L’Hépatite C post-transfusionnelle et la responsabilité civile, Dalloz, Chronique LXXVI, 40ème cahier, 1993 LAMBERT-FAIVRE, Yvonne, Le droit du dommage corporel.

Systèmes d’indemnisation, Dalloz, 1990

LE ROY, Max, L’évaluation du préjudice corporel, LITEC, 1993

MARGEAT, Henri, Sang et droit, l’indemnisation des victimes, Gazette du Palais, 6.8.93, Doctrine

VINEY, Geneviève, Droit civil: les obligations. La responsabilité:

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