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L'evoluzione del settore odontoiatrico in Italia e le implicazioni di marketing: i risultati di un'analisi empirica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

MARKETING E RICERCHE DI MERCATO

Tesi di Laurea

L’EVOLUZIONE DEL SETTORE ODONTOIATRICO

IN ITALIA E LE IMPLICAZIONI DI MARKETING:

I RISULTATI DI UN’ANALISI EMPIRICA

Candidato Relatore:

Paolo Giglioli Antonella Angelini

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Indice

Introduzione

1

Cap I Il panorama odontoiatrico italiano

4

1.1 Analisi della domanda: il ricorso alle cure odontoiatriche 4

1.1.2 La ripresa del mercato 7

1.2 Analisi dell’offerta: il settore odontoiatrico 9

1.2.1 Il mercato dentale 10

1.2.2 Decreto Bersani (n.223/2006) 12 1.2.2.1 Legge Boldi (n.145/2018) 13 1.2.3 L’offerta del settore odontoiatrico 14 1.2.3.1 Odontoiatria Privata 14 1.2.3.2 Odontoiatria pubblica 16 1.2.4 Il dentista tradizionale 18 1.2.4.1 Analisi Andi 19 1.2.4.2 La strategia degli studi tradizionali 20 1.2.4.3 Dentisti iscritti all’albo 22 1.2.5 Odontoiatria di capitale 22 1.2.6 Le catene dentali 24 1.2.6.1 Le caratteristiche delle catene 26

1.2.6.2 Analisi geografica 28

1.2.6.3 I prezzi delle catene 32

1.2.6.4 Le critiche alle catene 34

1.3 Il turismo dentale 35

1.4 Analisi Swot 36

1.4.1 Swot Dentista tradizionale 37

(3)

Cap II Il marketing odontoiatrico delle catene dentali

42

2.1 Il branding 42

2.2 Il marketing delle catene dentali 43

2.2.1 Dentalpro 43

2.3 Conclusione 55

Cap III Analisi della scelta del paziente

57

3.1 Processo decisionale del paziente 57 3.2 Analisi delle barriere al servizio 60

3.3 Relazione paziente-dentista 61

3.4 Analisi della soddisfazione del paziente 64 3.5 Sintesi finale 69

Cap IV L’analisi empirica: metodologia ed analisi dei risultati

71

4.1 Ricerca di marketing 71

4.2 Svolgimento della ricerca 71

4.3 Analisi dei risultati 73

4.3.1 Sezione A: il servizio odontoiatrico 73

4.3.2 Sezione B: la scelta di un dentista 78

4.3.3 Sezione C: la pubblicità in odontoiatria 85

4.3.4 Sezione D: le catene dentali 89

4.3.5 Sezione E: anagrafica 94

4.4 Risposte alle key question 96

Cap V L’Analisi qualitativa: Focus sulle catene dentali

103

5.1 Web listening 103

5.2 Tabella di monitoraggio 104

5.3 Risultati 105

(4)

Conclusione

116

Possibile scenario futuro 122 Suggerimenti 123

Appendice

129

Appendice 1: Mappa di posizionamento delle insegne 129 Appendice 2: i player del settore 130

Appendice 3: La costruzione di un brand 135

Appendice 4: i pensieri degli autori dallo studio di Griffith e Abratt 141

Appendice 5: Approccio TQM all’odontoiatria 142

(5)

1

Introduzione

Nel corso degli ultimi anni il settore odontoiatrico è stato interessato da significanti cambiamenti: sono mutate le relazioni tra il paziente e lo studio, tra lo studio ed i competitors, tra i competitors ed il sistema normativo. Uno studio dentistico oggi si trova immerso in un nuovo panorama odontoiatrico e deve riconoscere che l’offerta è cambiata. La nuova sfida è accettare e comprendere la trasformazione, modificando il proprio business in base ai nuovi servizi offerti dalla concorrenza, ed osservare le nuove esigenze richieste dalla clientela.

Il cambiamento del settore odontoiatrico può essere ricondotto all’introduzione del decreto Bersani (decreto-legge n.223/2006), che ha portato a tre principali conseguenze:

➢ La possibilità di promuoversi: la legge Bersani ha reso possibile la pubblicità delle attività professionali in ambito odontoiatrico, creando la libera concorrenza del settore.

➢ Uno scenario più competitivo: l’ingresso di brand strutturati e gli investimenti effettuati da fondi ed investitori esteri hanno portato all’ingresso di una nuova tipologia di offerta quale la clinica dentale specializzata.

➢ Il mutamento della domanda: la domanda è sempre più attenta alla qualità odontoiatrica, al rischio percepito, al costo da sostenere e ai servizi accessori e relazionali.

In questo nuovo sistema molti operatori si sono trovati non ancora pronti ad offrire un servizio di qualità in una condizione non più isolata, ma di confronto e competizione. Il semplice studio dentistico adesso si orienta al mercato, al marketing e alla comunicazione, dovendo definire il proprio posizionamento strategico, diversificando l’offerta e differenziando la propria immagine.

La qualità del servizio e la reputazione professionale diventano le due leve fondamentali per fronteggiare il nuovo scenario competitivo. La prima è la base per valutare la prestazione ricevuta ed è il fattore che maggiormente influenza la reputazione dello studio dentistico. Allo stesso tempo la seconda contribuisce a determinare la percezione

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2

del livello di qualità da parte del paziente e a condizionarne le aspettative del servizio da ricevere.

Nel paziente quindi cambia la percezione del servizio: non è più una semplice cura sanitaria, ma è un” esperienza di consumo”. Lo studio allora deve preoccuparsi di far vivere un’esperienza di qualità al paziente e collocarlo al centro della propria strategia d’impresa. L’obiettivo principale diventa la fidelizzazione e la creazione di relazioni di lungo periodo.

I dentisti quindi devono mettere in discussione il loro business, analizzando gli interessi del paziente e modificando la loro struttura organizzativa per raggiungere la qualità totale, così da massimizzare la soddisfazione del paziente.

Lo studio dentistico si è definitivamente trasformato in impresa, a prescindere dalla forma giuridica scelta e dalla tipologia di offerta servita.

Oggi, nel mercato odontoiatrico, il format delle cliniche dentali è ciò che più si avvicina all’immagine dello studio-impresa. Negli ultimi anni infatti si è assistito ad un loro rapido sviluppo ed il business delle cliniche è diventato una minaccia per i dentisti tradizionali leader di settore. L’applicazione del marketing ad un servizio sanitario può essere un modello innovativo e vincente per il futuro.

Attraverso un’analisi di dati primari e secondari sono state osservate nel dettaglio le differenze tra le due tipologie di offerta, con particolare focus sul processo di scelta che porta il paziente a preferire un determinato studio dentistico. Per le cliniche dentali il più grande scoglio da superare è quello di modificare questo processo di scelta, ancora legato alla tradizione. In questo ambito i clienti si contraddistinguono per essere disinformati sulle reali modifiche dell’offerta che avvengono nel settore e basano ancora le loro scelte soprattutto su relazioni personali che li portano a preferire il tradizionale dentista di famiglia.

La tesi è articolata in quattro capitoli: nel primo capitolo viene fornita un’analisi dettagliata del mercato odontoiatrico. Attraverso ricerche empiriche sono definite le caratteristiche della domanda ed illustrate le due figure principali dell’offerta con una duplice SWOT analysis: il dentista tradizionale e le cliniche dentali.

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3

Il secondo capitolo dà un esempio concreto della comunicazione di marketing svolta dalle cliniche dentali, presentando la strategia di comunicazione effettuata da Dentalpro, l’impresa leader di categoria per le catene dentali.

Il terzo capitolo illustra il processo che porta il paziente a scegliere uno studio dentistico, tramite un’analisi teorica basata sui principi del marketing relazionale e del marketing dei servizi.

Il quarto capitolo illustra i risultati dell’analisi empirica.

Il quinto capitolo presenta una ricerca qualitativa che approfondisce risultati emersi nell’analisi empirica.

Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile capire i motivi per cui in un settore sanitario estremamente tradizionale è stato difficile applicare principi di marketing validi per altri settori.

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4

Cap I Il panorama odontoiatrico italiano

Dopo una prima analisi incentrata sulla domanda del settore, il lavoro di tesi si concentrerà sulle due tipologie di offerta principali: il dentista tradizionale e le cliniche dentali.

Lo scopo del capitolo è quello di evidenziare le caratteristiche specifiche delle due tipologie di offerta attraverso una doppia analisi Swot che possa identificare gli attributi distintivi dei players del settore.

1.1 Analisi della domanda: il ricorso alle cure odontoiatriche

L’Istat nel 2015 ha pubblicato un report1 sul “Ricorso alle cure odontoiatriche in Italia”. Sono state rilevate informazioni riguardanti la salute orale in Italia e l’accesso alle cure odontoiatriche.

Nel report Istat si analizza cosa è cambiato dal 2005 al 2013.

Figura 1.1: Persone di 3 anni e più per frequenza del ricorso ad un dentista (anni 2005 e 2013,

tassi standardizzati per 100 persone)

Fonte: Istat

Il primo dato rilevante è il calo di fruitori del servizio, con una diminuzione dal 39,3% del 2005, al 37.9% del 2013 (oltre 22 milioni).

1Report, “Il ricorso alle cure e la salute dei denti in Italia”, ISTAT, 6 Luglio 2015

39,30% 24% 25,50% 11,20% 37,90% 29,20% 24,50% 8,40%

Negli ultimi 12 mesi 1-3 anni fa Oltre 3 anni Non è mai stato dal

dentista Fre q u en za d i ricor so ad u n d en tis ta Arco temporale

Frequenza del ricorso ad un dentista o ortodontista nel 2005 e nel 2013

(9)

5

In aumento sono poi coloro che hanno fatto una visita negli ultimi 3 anni (29,2%), mentre chi non è mai stato dal dentista è in netta diminuzione (solo 8,4%).

Il calo è collegato alla perdita del potere d’acquisto della popolazione italiana in seguito alla crisi subita nel 2008. Negli anni post crisi sono cambiate le decisioni di acquisto del consumatore italiano, e la spesa odontoiatrica diventa una delle voci tagliate dalle famiglie in difficoltà.

Si analizza infatti che il 12% delle persone con più di 14 anni ha rinunciato nei 12 mesi precedenti ad una visita odontoiatrica o a trattamenti per motivi economici. Sul totale di chi rinuncia alle visite, i motivi economici incidono per l’85,2%.

In aumento sono poi coloro che hanno fatto almeno una visita negli ultimi 3 anni (29,2%), mentre chi non è mai stato dal dentista è in netta diminuzione (solo 8,4%). Successivamente è interessante l’analisi sul ricorso alle cure in base alla ripartizione geografica:

Tab. 1.1: Persone di 3 anni e più per ricorso ad un dentista per ripartizione geografica (anni 2005

e 2013, tassi standardizzati per 100 persone)

Negli ultimi 12 mesi Non è mai stato dal dentista

2005 2013 2005 2013 Nord 46,80% 45,00% 6,90% 6,20% Centro 40,30% 39,20% 8,90% 6,80% Mezzogiorno 29,30% 27,70% 17,80% 12,10% Italia 39,30% 37,90% 11,20% 8,40% Fonte: Istat

Si notano infatti grosse differenze tra le varie zone: il sud si trova al di sotto della media del 10%, mentre il nord è sopra la media dell’8%. Le persone residenti nelle regioni del Mezzogiorno hanno maggiori difficoltà di accesso alle cure rispetto al resto del paese e tale svantaggio è rimasto costante. Nel meridione si rinuncia maggiormente alle cure odontoiatriche più spesso per motivi economici rispetto al centro e al nord. I dati confermano e sottolineano la differenza di sviluppo economico tra nord\centro e sud. Inoltre, la percentuale di coloro che non sono mai stati dal dentista al sud è notevolmente superiore al Sud rispetto che al Nord (6,2% contro 12,1%).

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6

Un ultimo indicatore interessante riguarda il ricorso alle cure in base al proprio titolo di studio:

Tab. 1.2: Ricorso al dentista, pulizia dei denti e titolo di studio (Anni 2005 e 2013, tassi

standardizzati per 100 persone)

Fonte: Istat

Si nota una forte disuguaglianza sociale nell’accesso alle cure: la quota di persone che si rivolge maggiormente al dentista possiede la laurea (oltre il 50%). È diminuito invece il ricorso alle cure da parte di chi ha la licenza media o inferiore (27,6%).

Dai dati emerge come Il servizio odontoiatrico non sia un servizio accessibile a tutti ed il motivo principale della rinuncia è economico.

Inoltre, è’ interessante analizzare i risultati di un’altra indagine2, per capire il livello di pulizia orale degli italiani. I dati non sono incoraggianti: il 33% si lava i denti una volta sola al giorno, mentre il 25% quando si ricorda di farlo. Il risultato3 è che solo il 30% degli italiani tra i 30 e i 75 anni ha ancora tutti i denti naturali. Negli altri casi (19 milioni di persone), il 25% ha perso almeno 8 denti.

Nonostante il problema ai denti, risulta che il 27% del campione non è intervenuto per ripristinare i denti mancanti, nonostante la perdita fosse recepita come un evento molto grave.

Si osserva allora come la popolazione italiana sia inconsapevole dei rischi che corre sulla propria salute orale, non ponendola come un bisogno primario.

2 “Quanti italiani vanno dal dentista?”, Lettera 43, 23 Luglio 2018

3 Silvia Turin, “Over 40, solo 3 italiani su 10 hanno conservato tutti i denti naturali”, Corriere della sera,

18 Novembre 2016

Ricorso al dentista negli ultimi 12 mesi

Visita di controllo o pulizia negli ultimi 12 mesi

Pulizia dei denti 2 o più volte al giorno 2005 2013 2005 2013 2013 Laurea 52,20% 51,80% 43,80% 38,40% 86,90% Diploma 47,90% 45,00% 39,10% 30,90% 79,90% Licenza media o inferiore 31,00% 27,60% 20,90% 14,20% 61,70% Totale 37,90% 37,00% 28,40% 23,30% 71,50%

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1.1.2 La ripresa del mercato4

L’Istat ha rilevato che il settore odontoiatrico, dopo la crisi del 2009, ha subito un crollo negli accessi allo studio dentistico, con una perdita stimata di almeno 3 milioni di pazienti ed un calo dei ricavi di poco più di 1 miliardo di euro, in entrambi i casi tra il 2008 e il 2013.

A partire dal 2014 si osserva un cambiamento di tendenza nel settore.

L’istituto di ricerca Key-Stone monitora annualmente il panorama odontoiatrico e le differenti modalità di offerta, analizzando i cambiamenti di scenario e di domanda. Key-Stone ha evidenziato la ripresa del settore dal 2014: sono aumentati sia gli investimenti effettuati dai dentisti che gli accessi dei pazienti ai servizi. Di fatto, il mercato ha recuperato le dimensioni pre-crisi (almeno negli accessi), ma i ricavi sono ancora inferiori rispetto al 2007.

Nel biennio 2014-2015 si è assistito ad una crescita del numero di cittadini che hanno avuto accesso alle cure (+14%).

Figura 1.2: Numero di pazienti odontoiatrici nel 2007-2015 (Key-Stone)

Fonte: Key-Stone

4 Roberto Rosso, “Gli italiani (sia pur lentamente) stanno tornando dal dentista”, Dental tribune, 27

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8

Analizzando nel dettaglio, (secondo ISTAT) le famiglie che hanno avuto un accesso dal dentista ed hanno dichiarato una spesa odontoiatrica nel 2013 erano circa 14,1 milioni, con un totale di 22,1 milioni di pazienti curati. Nel 2015 sempre l’Istat ha misurato in 16,1 milioni le famiglie con spesa odontoiatrica per un totale di 25,2 milioni di pazienti. L’aumento è significativo, ma potrebbe trattarsi solo di un riassestamento della spesa della popolazione dopo gli anni di crisi. Si rileva comunque come in soli due anni la crescita è stata pari a 2 milioni di famiglie e 3 milioni di pazienti.

La popolazione assistita almeno una volta l’anno passa dal 38% del 2013 a circa il 43% del 2015, con un ulteriore crescita nel 2016. Il dato registrato non è comunque positivo perché nemmeno la metà della popolazione vede il suo dentista almeno una volta l’anno.

Si registra inoltre l’aumento dei ricavi del settore: dopo il netto calo del 2013 (8,8 miliardi di euro), nel 2015 si ritorna ai livelli pre-crisi (9,6 miliardi) registrando una crescita dell’8% nella spesa.

Figura 1.3: Spesa odontoiatrica per famiglie dal 2007 al 2015(Key-Stone)

Fonte: Key-Stone

Nonostante la ripresa, confrontando il 2015 al 2007 si evidenzia una riduzione del 14% della spesa media per paziente (da 444€ a 380€).

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Rispetto alle Europa l’Italia si posiziona molti punti al di sotto della media (media pazienti di oltre il 55% della popolazione). Questa distanza si può associare soprattutto al mancato sviluppo in Italia di politiche di welfare odontoiatrico, con assicurazioni e fondi integrativi al sostegno pubblico quasi inesistenti.

Tab. 1.3: Fattori rilevanti nell’analisi della domanda

1. Riduzione del numero di pazienti nel 2013

2. Sul totale di chi rinuncia, 85,2 % lo fa per motivi economici 3. Disuguaglianza sia sociale che territoriale nell’accesso ai servizi 4. Ripresa del settore nel 2014

5. Nel biennio 2014-2015 crescita del 14% del numero di pazienti e dell’8% dei ricavi del settore

6. Riduzione del 14% della spesa media del paziente dal 2007 al 2015 7. Nel 2015 43% popolazione assistita

8. Forte ritardo rispetto alle medie europee

Fonte: Nostra elaborazione

1.2 Analisi dell’offerta: il settore odontoiatrico

Negli ultimi 10 anni è cambiata l’offerta del settore odontoiatrico. Il mercato è stato rivoluzionato con l’approdo di nuovi attori dotati di un’organizzazione di tipo aziendale, di strategie ben pianificate ed un marketing aggressivo.

Ormai è completamente superata la gestione dello studio dentistico come una “bottega”. Lo studio moderno deve essere pensato ed organizzato come una piccola media impresa, dotata di una vera struttura organizzativa.

Lo scenario oggi è più complesso, perché la presenza di brand strutturati e l’ingresso di fondi ed investitori esteri hanno aumentato la concorrenza. Nell’offerta odontoiatrica non basta più la singola prestazione professionale, ma occorre sviluppare anche servizi accessori e relazionali per differenziarsi.

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1.2.1 Il mercato dentale

Roberto rosso5, presidente di Key Stone, ha analizzato il mercato dentale italiano. Il settore odontoiatrico italiano si posiziona tra i leader a livello mondiale: il valore complessivo del mercato è stato calcolato per un totale di quasi 1,2 miliardi di euro. Si parla di un business di 550 milioni di euro per i consumi di studio e laboratorio, di 370 milioni di euro per le attrezzature e 240 milioni per il comparto di implantologia.

Attraverso l’analisi congiunturale, effettuata dalla società di ricerca Flash Sell-Out Analysis, è possibile visualizzare le dinamiche evolutive del settore. Il mercato è scomposto in due variabili correlate, non sempre strettamente dipendenti: “il mercato nazionale” e “la produzione italiana”. La prima riguarda i consumi e gli investimenti di studi odontoiatrici e laboratori; mentre la seconda si riferisce alla produzione di dispositivi delle fabbriche italiani per soddisfare la domanda interna e per esportare all’estero.

Figura 1.4: Analisi dell’evoluzione mensile del mercato delle attrezzature e dei consumi

odontoiatrici

Fonte: Key-Stone Flash Sell-Out Analysis

L’andamento dei consumi (linea blu) è lineare ed omogeneo: partendo da una situazione negativa del 2012 (-0,4%) si nota un aumento costante con picco massimo nel dicembre 2016 (+3,9%), fino al +2,3% di Dicembre 2018. L’aumento del triennio 2014-2016 è dovuto ad un aumento della domanda, perché, dopo il 2015, si è osservato una ripresa

5 Roberto Rosso, “Il mercato dentale italiano: attuali prospettive e trend evolutivi”, Doctor Os, 1° luglio

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delle prestazioni odontoiatriche, ed un aumento degli accessi dal dentista e della spesa odontoiatrica.

In seguito al riassestamento dopo gli anni della crisi, il tasso di crescita dei consumi è cresciuto del 2% annuo circa, sia nel 2017 che nel 2018.

L’andamento delle attrezzatture (linea rossa) invece ha un andamento incostante. Le attrezzature rappresentano investimenti critici per gli studi e dipendono dal grado di fiducia degli operatori verso il mercato e la loro propensione ad investire. Infatti, partendo da una situazione fortemente negativa del 2013 (-10,2%), con la ripresa del settore si è assistito ad un’impennata delle vendite nel Dicembre 2016(+23%).

I miglioramenti del settore possono essere ricondotti ad alcuni fattori:

• Sviluppo del digitale: l’utilizzo di attrezzature dentistiche digitali diventa fondamentale per competere nel settore: infatti circa il 60% dei laboratori italiani indica la possibilità di offrire ai dentisti dispositivi realizzati al digitale;

• La concessione di nuove agevolazioni fiscali: la legge di Stabilità del 2016 ha garantito un bonus fiscale per l’acquisto di beni strumentali, e la possibilità per i professionisti di dotarsi di attrezzature in ambito digitale, con un ammortamento della spesa negli anni successivi;

• La diffusione di nuovi modelli di offerta: dal 2012 le catene dentali sono aumentate costantemente, aumentando la richiesta di attrezzature tecnologiche.

Nel 2017 (-2,7%) e nel 2018 (-4,7%), si nota un netto calo nella produzione di attrezzature. Ciò è ritenuto fisiologico dagli esperti del settore: analizzando il trend positivo del triennio precedente era difficile pensare di poter ripetere le stesse performance.

Gli analisti allora per il futuro prevedono un rallentamento della crescita degli investimenti, con problemi soprattutto per i produttori nazionali (l’esportazione di attrezzature dentali italiane è in aumento dal 2015 del 40%).

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1.2.2 Decreto Bersani (n.223/2006)

La causa principale delle modifiche nell’offerta del settore deriva da un decreto-legge attuato dal ministro dello sviluppo economico Pierluigi Bersani nel 2006.

Il decreto Bersani (decreto-legge n.223/2006)6, anche definito “Legge sulle

liberalizzazioni”, ha modificato profondamente la regolamentazione della concorrenza

in Italia.

Nell’articolo n.2, “Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei

servizi professionali”, sono state introdotte tre novità di grande rilievo:

➢ Abolizione dei minimi tariffari: le parcelle sono state rese “negoziabili” tra le parti e legate al risultato della prestazione. È stato abolito la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o minime. Questa normativa porta le imprese a competere sul prezzo, con protesta di molti ordini di professionisti, che vedono una minaccia alla qualità dei servizi offerti.

➢ Liberalizzazione della pubblicità: è stata liberalizzata la pubblicità nel settore dei servizi professionali. Inoltre, è stato abolito il divieto, anche parziale, di pubblicizzare i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto ed il prezzo delle prestazioni.

➢ Società professionali multidisciplinari: è stato reso possibile la creazione di società professionali composte da professionisti di diverse discipline. Inoltre, è scomparso il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Il decreto ha allora concesso l’utilizzo di nuovi strumenti economici nei servizi odontoiatrici, come il marketing. Ciò ha permesso lo sviluppo di nuovi format, consentendo lo sviluppo dell’odontoiatria commerciale.

Il decreto è stato negli anni criticato dalle associazioni dentistiche. In particolare, anche l’ANDI, la maggiore associazione di categoria con oltre 20 mila odontoiatri, considera scorretta la pubblicità in ambito sanitario, sostenendo come la pubblicità non sia informativa, ma crei bisogni. Secondo loro la cura non è un servizio da promuovere, ma

6Legge del 4 agosto 2006 n. 248, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 dell'11 agosto 2006 -

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una necessità. La loro richiesta al legislatore è quella di vietare completamente la pubblicità delle prestazioni sanitarie\odontoiatriche.

La protesta può essere associata comunque alla crisi del settore tradizionale ed è un tentativo di difesa contro i nuovi player del settore che, grazie ad una nuova tipologia di business, stanno aumentando la loro quota di mercato.

1.2.2.1 Legge Boldi (n.145/2018)

Nel dicembre 2018 è stata approvata una nuova legge che regoli la pubblicità nel settore odontoiatrico. La legge Boldi (legge n.145/2018, art. 525 e 536) per tutelare una corretta informazione sanitaria vieta qualunque elemento promozionale o suggestionale, consentendo solo quella pubblicità che permette ai pazienti di individuare le informazioni necessarie alla scelta. In caso di violazione delle disposizioni, gli ordini territoriali dovranno sanzionare i professionisti o le società iscritte, segnalando all’autorità per le garanzie le comunicazioni e le violazioni rilevate, adottando provvedimenti nei confronti della proprietà della struttura.

L’introduzione di questa legge è stata criticata da AGCM (Autorità Garante della

concorrenza e del mercato): Le norme introdotte dalla Legge di Bilancio 2019 in tema di pubblicità (articoli 525 e 536) della legge di Bilancio 2019: “sottrae l’intero comparto delle professioni sanitarie alla possibilità di ricorrere alla leva pubblicitaria, limitando la concorrenza tra professionisti sanitari in misura non proporzionata all’interesse generale di tutelare la sicurezza dei consumatori; viola le disposizioni che attribuiscono all’Autorità la competenza a vigilare sulla correttezza e trasparenza delle comunicazioni informative sanitarie; introduce ingiustificati vincoli all’esercizio della figura del direttore sanitario”. AGCM ritiene che la nuova disciplina introdotta, reintroduca ingiustificate

limitazioni all’utilizzo della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie, rimosse dai richiamati interventi di liberalizzazione e non risulta necessaria, né proporzionata all’interesse generale di tutelare la sicurezza del consumatore. Il parametro di valutazione introdotto è troppo vago ed indeterminato e genera incertezza circa la legittimità della comunicazione stessa da parte dei professionisti.

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1.2.3 L’offerta del settore odontoiatrico

L’offerta del settore odontoiatrico può essere distinta in due macro-categorie: ➢ Odontoiatria Privata

➢ Odontoiatria Pubblica

1.2.3.1 Odontoiatria Privata

Nell’ordinamento italiano sono consentite varie forme giuridiche per esercitare l’attività odontoiatrica:

Fig. 1.5: Le forme giuridiche dell’odontoiatria privata

Fonte: Nostra elaborazione

• Partita iva individuale: esercizio in forma singola ed autonoma, tipica dello studio mono-professionale o dei collaboratori che lavorano presso altri colleghi o studi o società. Si hanno minori costi nella gestione contabile-amministrativa, per studi con una fatturazione contenuta. Garantisce massima velocità nell’apertura e nella chiusura.

Lo studio associato: esercizio in forma associata che richiede almeno due professionisti medico-odontoiatri. Può avere la forma anche di società di persone. Il vantaggio è nella gestione contabile-amministrativa, essendo molto flessibile, in base alla complessità dello studio. Ha lo stesso trattamento fiscale della partita IVA, suddividendo però gli utili tra tutti gli associati in base alle loro quote percentuali. Questa forma però non separa il patrimonio degli associati da quello dell’associazione, aumentando i rischi per gli associati in caso di grossi investimenti o debiti.

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Società di capitali (S.r.l. o S.p.A., anche con unico socio): forma adatta a strutture con costi di gestione contabile-amministrativa alti, con richieste specifiche per poter operare. Esse devono essere dotate di un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri ed avere un’autorizzazione sanitaria rilasciata dall’Asl di competenza. I requisiti strutturali minimi sono: l’accesso adeguato alla struttura per i pazienti disabili, spazi idonei per la sterilizzazione, sala d’attesa e servizi igienici con caratteristiche particolari, specifiche pavimentazioni, superfici minime per i singoli ambienti ed infine l’aerazione forzata. Il trattamento fiscale è separato rispetto ai casi precedenti.

Società tra professionisti: usufruisce di forme societarie già esistenti e collaudate (società di capitali, persone o cooperative). Non è una forma giuridica separata, ma una sottocategoria delle società di capitali. (in forma di S.r.l. sì hanno gli stessi obblighi amministrativi e fiscali del centro dentale)

La7 legge sulla concorrenza (4 agosto 2017, n. 124) ha fatto chiarezza sulle varie modalità

di costituzione dell’attività odontoiatrica:

“L’esercizio dell’attività odontoiatrica è altresì consentito alle società operanti nel

settore odontoiatrico le cui strutture siano dotate di un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri e all’interno delle quali le prestazioni di cui all’articolo 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409, sono erogate dai soggetti in possesso dei titoli abilitanti di cui alla medesima legge”.

7Alessandro Terzuolo, Umberto Terzuolo, “A proposito di nuovi modelli organizzativi per lo studio

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1.2.3.2 Odontoiatria pubblica

Le strutture odontoiatriche del Servizio Sanitario Nazionale sono:

Fig. 1.6: L’offerta dell’odontoiatria pubblica

Fonte: Nostra elaborazione

L’assistenza odontoiatrica rappresenta il settore meno sviluppato del SSN. Nonostante soltanto la metà della popolazione effettua cure dentali, l’impegno dello stato nel settore è minimo.

Le prestazioni private rappresentano dall’84% all’87% del totale.

È evidente allora come l’offerta sanitaria pubblica non è al livello di quella privata, presentando gravi carenze per i cittadini.

8L’approccio dei pazienti è molto diverso rispetto alle altre tipologie di cura sanitaria: hanno bisogno che le prestazioni siano erogate con tempestività, accuratezza e competenza professionale e che le strutture alle quali si rivolgono si rivelino accoglienti, senza barriere architettoniche ed intralci burocratici, con un personale umano e cortese. La quantità di prestazioni erogate nel settore pubblico vede l’Italia tra i livelli più bassi in Europa, con 0,6 visite per abitante per anno.

Il SSN non ha ancora predisposto un sistema di offerta egualitario ed accessibile a tutti, nonostante uno dei motivi principali della rinuncia per l’accesso al servizio sia di tipo economico, come emerso dai dati Istat.

(21)

17

Secondo quanto stabilito dalla normativa nazionale (DPCM del 29/11/01) hanno diritto a tutte le cure odontoiatriche gratuite le seguenti categorie:

- Soggetti in età evolutiva per programmi di tutela alla salute odontoiatrica (0-14 anni);

- Determinate categorie di soggetti in condizione di vulnerabilità (Vulnerabilità Sociale e sanitaria)

Il SSN si dimostra non ancora organizzato a fronteggiare la concorrenza privata, presentando tempi molto lunghi di attesa per prenotare una visita e strutture meno all’avanguardia rispetto agli studi privati.

Il legislatore italiano negli anni non ha predisposto un sistema di previdenza ed assistenza odontoiatrica adeguato. Infatti, molte prestazioni e servizi non trovano ancora un’adeguata copertura pubblica.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati fondi integrativi per migliorare la possibilità di accesso alle cure. Si tratta di un’opportunità aggiuntiva di tutela della propria salute che spesso viene inclusa nel contratto di lavoro. L’iscrizione al fondo offre una copertura totale o parziale delle spese medico-sanitarie sostenute dal cittadino che si rivolge alla struttura convenzionata.

Tale sviluppo però non è stato condiviso con la componente professionale, perché non sono state chiarite regole, priorità e grado di copertura sanitaria.

In sintesi, nella strategia di assistenza odontoiatrica pubblica manca un piano generale sanitario che possa permettere un’equa distribuzione del servizio.

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18

1.2.4 Il dentista tradizionale

In Italia circa il 90% della popolazione che effettua cure odontoiatriche si rivolge al dentista tradizionale.

Key Stone9 nel 2017 ha effettuato un’analisi generale dell’offerta odontoiatrica:

Fig. 1.7: Analisi generale dell’offerta odontoiatrica (Key-Stone)

Fonte: Nostra elaborazione

Analizzando i dati nel dettaglio10, dal 2016 al 2017 si denota un calo nel numero totale di studi odontoiatrici attivi, da 43.991 a 43.782. La tendenza degli ultimi anni è l’apertura di società di professionisti e di capitale (in particolare s.r.l. e cliniche dentali). Gli studi monoprofessionali invece tendono a chiudere, evidenziando la saturazione della tipologia di offerta. Infatti, gli studi monoprofessionali e le partite iva singole sono diminuite da 36.671 a 36.307, dato paragonabile al numero degli esercenti censiti nel 2012. Gli studi associati restano stabili, con 5.156 studi attivi nel 2016.

9 Report: Roberto rosso, “Panorama mercato odontoiatrico”, Key-Stone, 29 Settembre 2018 10 Dati diffusi dall’Agenzia delle entrate nel 2017

(23)

19

Il vero incremento si evidenzia nell’apertura di società di capitali: sono aumentate a 2.319, per un aumento dal 2006 del 39%. Si ipotizza allora che i dentisti tradizionali, come reazione ai cambiamenti del settore, hanno deciso di unirsi tra loro, con società di professionisti o modificare la loro natura in società di capitali, cercando di fare fronte comune, contro la minaccia di nuovi entranti nel settore. Analizzando il reddito ed il fatturato degli studi odontoiatrici si nota una crescita costante del settore: negli ultimi 10 anni il fatturato degli studi è cresciuto del 21%, con un fatturato medio di 161.200€, ed un reddito medio di 52.500€ per dentista. Il settore fattura oltre 7 miliardi di euro, ed il 67,6% è prodotto dalle partite iva e dagli studi monoprofessionali (fatturato medio 131.500€). Le società di capitale producono il 14,4% del fatturato complessivo del settore (con un fatturato medio però di 438.000€).

1.2.4.1 Analisi Andi

Andi è la più grande associazione di dentisti in Italia, con circa 25.000 associati. Nel 2013 ha svolto una ricerca importante per analizzare lo status dell’odontoiatria italiana:

Fig. 1.8: Numero di abitanti per dentista e numero di dentisti per 1000 abitanti (ANDI)

Fonte: Andi

La distribuzione dei dentisti non è equilibrata sul territorio, evidenziando mancanze o eccessi di offerta a livello regionale.

(24)

20

Le regioni11 dove la quantità di dentisti è in eccesso rispetto alla popolazione sono: la Liguria, il Friuli-Venezia Giulia, le Marche, il Lazio, e la Toscana. Le regioni, invece, dove si notano mancanze sono: la Valle D’Aosta, la Basilicata, la Sicilia ed il Trentino-Alto Adige.

Analizzando invece le caratteristiche degli studi: l’85% ha un massimo di 3 poltrone ed i dentisti lavorano per circa 45 settimane all’anno, per 5 giorni settimanali e per poco più di 7 ore al giorno. Le specialità più praticate riguardano servizi di: ortodonzia, protesi, conservativa, endodonzia.

Dall’analisi risulta poi che il 78% dei titolari ha più di 45 anni ed il 69% lavora da più di 20 anni. L’81% ritiene che la professionalità nel suo studio sia superiore alla media e che i fattori principali di successo sono la relazione con il paziente e la reputazione

Emerge poi un altro dato interessante: l’82,6% dei dentisti (che hanno partecipato alla ricerca) intravedeva nella diffusione in Italia di gruppi che operano nel settore dell’odontoiatria con formule societarie, professionali e di marketing diverse dal modello libero-professionale una possibile minaccia che produrrà effetti negativi sulla loro professione.

Nell’ultima parte dell’analisi sono state analizzate le opinioni dei pazienti italiani verso i dentisti12.

In primo luogo, il 96% del campione analizzato dichiara di rivolgersi sempre allo stesso dentista. Ciò mostra come la fiducia per il proprio specialista sia un fattore primario nella scelta dello studio. Infatti, oltre il 90% dei rispondenti ha fiducia nel proprio dentista, e paragonato ad altre professioni specializzate (medici, avvocati, manager, magistrati, notai, giornalisti), il dentista è la figura che riceve la maggiore fiducia dai pazienti. L’89% del campione preferisce dentisti che operano in uno studio privato.

Va comunque notato che questi dati rappresentano la situazione italiana del 2012, in cui le cliniche dentali non erano ancora diffuse nel territorio.

1.2.4.2 La strategia degli studi tradizionali

Gli studi tradizionali si sono trovati in difficoltà a fronteggiare i cambiamenti del settore. La nuova concorrenza competitiva, dovuta alla presenza dei franchising, e gli elevati

11Report: “L’odontoiatria dell’evidenza”, ANDI, 16 Novembre 2016, pag. 6-7

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21

costi di gestione dello studio hanno portato un cambiamento nella visione imprenditoriale dello studio.

Solo gli studi più grandi, con fatturati di 700-800 mila euro annui, hanno potuto fronteggiare i cambiamenti del settore. La strategia attuata, grazie ad importanti risorse, ha permesso una pianificazione di lungo periodo, con investimenti in nuove strutture, ammodernamenti e nuove tecnologie.

Gli studi di minore dimensione invece hanno intrapreso strategie difensive di breve periodo. Infatti, piuttosto che innovare, hanno pianificato la massimizzazione del profitto, impiegando poche risorse nello sviluppo e cercando di contenere la fisiologica discesa di un business arrivato alla sua fase di maturità. Tale strategia può essere ricondotta a quella “cash cow” della matrice BCG. Tale strategia però non è perseguibile a lungo termine perché non è possibile continuare a sfruttare un vantaggio competitivo passato in un settore che sta mutando sia nella domanda che nell’offerta.

Gli studi odontoiatrici oggi si trovano nella stessa situazione delle piccole-medie imprese di venti anni fa: per sopravvivere al nuovo contesto competitivo sono obbligati ad evolversi e ad organizzarsi come una vera impresa. La nuova offerta infatti deve prevedere l’attività di amministrazione per gestire la contabilità, la finanza, la gestione del personale, le normative; l’attività di produzione di servizi e manufatti; la gestione del magazzino dei materiali; il ramo commerciale ed il marketing, la segreteria ed il rapporto con i clienti. Di fatto gli studi non possono più basarsi solo sulle capacità professionali ma devono dotare la loro attività di strumenti informatici, gestionali e finanziari per soddisfare la domanda dei clienti, garantire prezzi adeguati alla concorrenza e ripagare gli investimenti effettuati.

In generale per distinguersi dalla concorrenza ed attrarre nuovi pazienti, gli studi hanno identificato due strategie competitive diverse:

➢ Leadership di costo: servizi a prezzi più bassi dei concorrenti, grazie ad una migliore ottimizzazione dei costi di gestione. La strategia prevede un target orientato principalmente alla convenienza.

➢ Leadership di differenziazione: offerta di servizi aggiuntivi per migliorare la soddisfazione del paziente. La strategia prevede un target orientato alla qualità e alla competenza, per pazienti che considerano la salute un bene primario e sono disposti a spendere un surplus per il servizio.

(26)

22

1.2.4.3 Dentisti iscritti all’albo

Analizzando l’albo degli odontoiatri, la professione dentisitica può essere definita anziana:

Tab. 1.4: Iscritti all’albo degli odontoiatri per fascia d’età

Fonte: Odontoiatria33

24.000 Dentisti (il 40%) hanno più di 60 anni, mentre il 55% ha più di 55 anni (33.000). Ipotizzando a 70 anni il limite massimo di età oltre il quale il dentista abbandona il lavoro, nei prossimi 10 anni potrebbero abbandonare la professione circa 30 mila dentisti.

Questo dato aiuta ad analizzare come gli studi tradizionali tendono a ridursi e molti titolari abbiano ceduto la loro attività a colleghi o franchising dentali.

Si possono prevedere allora modifiche sia al livello di mercato, con un’oggettiva riduzione dell’offerta di studi tradizionali, ed un aumento di franchising; sia al livello di

domanda, con possibili pressioni sulla riduzione generale dei prezzi dovuto ad un

aumento della concorrenza, sia al livello di offerta lavorativa, con un possibile aumento dei posti di lavoro per l’odontoiatria organizzata.

1.2.5 Odontoiatria di capitale

Nel mercato odontoiatrico oltre allo studio mono professionale e associato operano prevalentemente società di capitale. In particolare, sono soprattutto i gruppi

Fascia d'età

Totale Fascia d'età

≤24 15 0% Tra 25 e 29 3.057 5% Tra 30 e 34 4.509 7% Tra 35 e 39 4.593 7% Tra 40 e 44 5.190 8% Tra 45 e 49 4.732 8% Tra 50 e 54 6.553 11% Tra 55 e 59 9.032 15% Tra 60 e 64 12.977 21% Tra 65 e 69 7.462 12% Tra 70 e 74 2.090 3% ≥75 1.376 2% TOTALE GENERALE 61.586

(27)

23

odontoiatrici organizzati, con catene, network, e strutture low cost, ad aver cambiato le dinamiche del mercato. Questo recente fenomeno viene denominato Odontoiatria di

capitale.

Queste nuove tipologie di offerta sono difficili da riassumere in uno schema rigido, essendo l’offerta stessa eterogenea e dinamica.

L’odontoiatria di capitale13 è un fenomeno che riguarda il 4% degli esercenti totali del settore, producendo l’11% del fatturato complessivo (fatturato complessivo di 750 milioni di euro). Oltre il 95% delle cliniche è gestito da società di capitali.

Si calcola infatti che la nuova tipologia di offerta ha assistito oltre un milione di pazienti, collaborando con 8.000 dentisti ed igienisti dentali ed impiegando quasi 7.000 dipendenti, in prevalenza di sesso femminile.

Fig. 1.9: La composizione dell’odontoiatria di capitale

Fonte: Nostra elaborazione

L’odontoiatria di capitale può essere inizialmente scomposta in due macrocategorie: le singole strutture ed i network odontoiatrici (o catene).

Tra le singole strutture si evidenziano tre diverse tipologie di business: ➢ Piccoli studi dentistici finanziati da capitali esterni;

13Federica Cortese, “Catene, grandi centri, low cost: analisi dell’odontoiatria di capitale”, Dental journal,

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24

➢ Grandi centri odontoiatrici assimilabili a case di cura, spesso dotati di tecnologie evolute, sale operatorie e luoghi per la degenza;

➢ Società di servizi che erogano prestazioni presso strutture complesse di terzi. Le catene invece sono quei centri odontoiatrici che erogano prestazioni sotto la stessa insegna o nome commerciale.

Le catene possono scegliere tre diverse modalità di gestione dei centri:

➢ Proprietà: La direzione centrale ha il controllo su tutti i centri aperti. Le decisioni a livello amministrativo, finanziario, strategico e commerciale vengono prese a livello centrale. Ogni centro è poi gestito da un responsabile che deve monitorare le performance dello studio.

➢ Franchising: Accordo di collaborazione tra l’azienda madre (franchisor) ed un’altra società (franchisee). Il franchisor concede al franchisee il diritto di utilizzare le insegne ed il brand dell’azienda. Concede inoltre tutto il know how necessario per poter svolgere l’attività. In cambio il franchisee paga una fee d’ingresso e\o una royalty sul proprio fatturato, oltre ad ulteriori norme contrattuali presenti nell’accordo.

➢ Misto: L’azienda ha sia centri di proprietà che in franchising.

1.2.6 Le catene dentali

La catena dentale è la tipologia di offerta che ha rivoluzionato il settore odontoiatrico. Si può definire anche “Odontoiatria organizzata”, ed oggi si possono contare più di 800 cliniche appartenenti a 50 brand con 4 o più sedi14. Le catene dentali sono entrate nel mercato dopo l’approvazione del decreto Bersani nel 2007. Nei primi anni lo sviluppo non è stato semplice: la visione di un servizio sanitario low cost, basato sul marketing e sulla comunicazione, ha creato contrasti sia con i sindacati odontoiatrici tradizionali (come Andi), che nei pazienti stessi. I sindacati odontoiatrici hanno criticato la nuova tipologia e lottato per la non liberalizzare del settore. La critica principale è nella motivazione: lo scopo delle strutture è la ricerca del profitto ad ogni costo, ponendo in

14Roberto Rosso, “Continua ad aumentare il numero degli studi legati alle catene”, Odontoiatria 33, 18

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25

secondo piano la salute del paziente. Per ANDI, AIO, CAO e FNOMCeO15 le cliniche offrono servizi di bassa qualità a prezzi ridotti, creando una concorrenza sleale in un settore sanitario. Andi ha combattuto per una riforma della legge sulla concorrenza, richiedendo una modifica della regolamentazione della pubblicità sanitaria ed il ripristino del tariffario minimo. Nel 2018 ciò ha portato all’applicazione della legge Boldi ed alla modifica della regolamentazione della pubblicità in ambito odontoiatrico. Gli stessi pazienti inizialmente hanno avuto dubbi sulla reale qualità dei servizi delle cliniche: la scarsa trasparenza delle società, i prezzi più bassi rispetto al dentista tradizionale, la precarietà degli specialisti assunti, hanno creato un senso di sfiducia iniziale verso le cliniche e l’immagine di un servizio che non garantisce una sicurezza adeguata.

Dopo i primi anni di difficoltà legati all’ingresso nel settore, dal 2012 si assiste ad un aumento nel numero delle cliniche. Nonostante oggi i centri rappresentano il 2% delle strutture sul territorio, curano l’8% dei pazienti per un fatturato di circa 800 milioni di euro nel 2017. (Alcuni prevedono nei prossimi 10 anni che le cliniche possono raggiungere il 20% nella quota del mercato).

Fig. 1.10: La crescita delle cliniche dentali (Key-Stone)16

Fonte: Key-Stone

15 Associazioni di odontoiatri

16 Roberto Rosso, “Il mercato sta cambiando”, Il centro odontoiatrico, n1, Aprile, Maggio, giugno 2018,

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26

Dal 2012 ad oggi le cliniche sono quadruplicate, registrando un aumento del 300%. L’istituto di ricerca Key-Stone, tra il 2012 ed il 2019, ha calcolato il CAGR (Compound Annual Growth Rate) delle cliniche e dei dentisti tradizionali. Il tasso di crescita delle catene è nettamente positivo (22%); per i dentisti tradizionali invece si evidenzia una decrescita del 4.2%. (Tale indice è influenzato da nuove acquisizioni, aggregazioni ed aperture).

Si può ipotizzare per i prossimi anni una crescita nel numero delle cliniche (circa 2.000), adeguandosi alla media dei paesi europei in cui quest’offerta si è già radicata. Si prevede inoltre l’espansione dei centri anche nel sud Italia.

1.2.6.1 Le caratteristiche delle catene

Le catene si sono diffuse soprattutto nelle grandi città e nei luoghi di grande concentrazione come i centri commerciali. La mission dichiarata di questi brand è quella di offrire cure odontoiatriche a buon mercato, garantendo tariffe a prezzi ridotti anche per gli interventi ed i trattamenti generalmente più costosi. Le catene in media hanno da 2 a 15 poltrone e sono caratterizzate dall’avere più sedi: poche unità per le start-up, molte decine per le insegne storiche.

Il driver strategico su cui le catene sviluppano il loro business è la prossimità e l’economia di scala, cioè la vicinanza al paziente e la possibilità di centralizzare alcuni costi. I centri utilizzano alcune strategie per offrire prezzi più bassi, senza modificare il livello di qualità:17

➢ Condivisione dell’acquisto di materiali, apparecchiature e prodotti con altri centri appartenenti alla stessa catena. Ciò può portare a sconti anche del 20% sui trattamenti.

➢ Delocalizzazione dei servizi come amministrazione e servizio assistenza.

➢ Ottimizzazione delle attività, con un personale più ampio rispetto allo studio tradizionale, per migliorare l’efficienza nello studio. Migliorando i tempi del servizio si possono ricevere più pazienti.

➢ Stipendio fisso per i dentisti associati, che devono rispettare le direttive imposte dal Dental office Manager.

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27

➢ Proposta di piani di finanziamento a tasso zero

➢ Strategie marketing per aumentare la riconoscibilità del brand ed aumentare il bacino dei pazienti.

Come analizzato precedentemente le cliniche dentali negli anni sono state ampiamente criticate. In questo scenario, per migliorare e tutelare l’immagine e l’identità dei centri odontoiatrici organizzati, le imprese private hanno creato l’ANCOD (Associazione Nazionale Centri Odontoiatrici)18. ANCOD pone come principio fondamentale la qualità e la continuità delle cure: l’associazione si è dotata di un codice di autoregolamentazione sottoscritto da ogni associato, volto ad assicurare questi due diritti, oltre alla massima trasparenza e tutela. Inoltre, ogni associato si impegna ad effettuare comunicazione in modo corretto, condannando ogni messaggio ingannevole.

L’obiettivo dei franchising dentali è allora la modifica della propria immagine: associare oltre alla convenienza l’immagine della qualità alla loro offerta, distaccandosi dal semplice low-cost. Analizzando l’offerta delle catene dentali possono essere distinti due diversi modelli di business:

Fig. 1.11: I due modelli di business delle catene dentali 19

Fonte: Dental Journal

18 Michel Cohen, “La realtà dell’odontoiatria organizzata in un settore in continua evoluzione”, Il sole 24

ore, 5 Luglio 2017

19Federica Cortese, “Catene, grandi centri, low cost: analisi dell’odontoiatria di capitale”, Dental journal,

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1. “Low Cost”: modello di business incentrato sul pricing. Si cerca di offrire prezzi più bassi della concorrenza, concentrandosi sull’ottimizzazione dei costi. Diventa fondamentale fare leva sulla pubblicità per migliorare la percezione del brand ed aumentarne la ricettività.

2. “Convenience”: modello di business basato sulla comunicazione. I maggiori investimenti riguardano i servizi extra-clinici a beneficio del paziente, come la facilità di accesso, la flessibilità dell’offerta, le strutture all’avanguardia ed il personale ausiliario dedicato. La pubblicità è lo strumento fondamentale per trasmettere le caratteristiche del servizio offerto, differenziandosi così dai competitor e ricercando nell’impatto visivo e comunicativo il fattore per attrarre nuovi pazienti.

1.2.6.2 Analisi geografica

I franchising dentali per espandersi sul territorio hanno utilizzato due strategie diverse: a) Modello ad “espansione territoriale controllata”: la strategia mira ad un

posizionamento geografico mirato, senza massimizzare il numero dei centri. Dopo aver aperto il primo centro pilota, si analizza l’efficacia del proprio business. Se le valutazioni danno esiti positivi ed i risultati attesi sono quelli sperati, si apriranno nuovi centri in aree limitrofe. Il vantaggio sta nello sfruttare il territorio secondo logiche di efficacia, come comunicazione locale o sinergie logistiche, e di efficienza, come alto controllo della sostenibilità ambientale, minimizzazione degli sprechi e costi condivisi. L’obiettivo è la saturazione della densità dell’area. Una volta allora raggiunta la massa critica, il processo inizierà nuovamente in un’altra zona ritenuta rilevante, utilizzando la stessa logica.

b) Modello di “espansione nazionale”: la strategia mira ad un posizionamento nazionale del brand ed alla massimizzazione del numero dei centri. L’obiettivo è raggiungere la copertura geografica più estesa possibile, con notorietà sia nazionale che internazionale per i maggiori player.

La strategia è ideata per essere attuata nel lungo periodo, ed i luoghi vengono scelti in base a determinate statistiche che il territorio offre. Sono previsti alti investimenti sulla comunicazione, con l’utilizzo prevalente dei mass media nazionali, ed un sistema efficiente di controllo e gestione centralizzata, per poter controllare ogni centro aperto.

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29

Nella tabella sottostante possiamo vedere per ogni brand il numero di centri aperti e le regioni insediate con dati aggiornati al 2019 (Nell’Appendice 1 è presente una stessa analisi relativa al 2016). I dati sono stati raccolti dai siti web di ogni brand.

Tab. 1.5: Numero di centri aperti e regioni insediate per i brand di catene dentali

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30

In Italia sono presenti circa 50 brand di cliniche dentali che hanno più centri aperti. L’Analisi si è incentrata sui 29 più noti. Si evidenzia come la leader indiscussa per la categoria sia Dentalpro, la quale ha quasi il doppio dei centri aperti rispetto alla seconda, Vitaldent. Dentalpro è infatti il brand più noto a livello nazionale, ed ha superato Vitaldent, la quale ha avuto una lieve flessione, dopo i recenti scandali in cui è stata coinvolta. Gli altri brand in netta crescita sono Caredent, Dentalcoop e in particolare Dentix, il quale ha avuto una rapida crescita nel numero di aperture negli ultimi anni. I dati vengono di seguito proposti in modo grafico.

Fig. 1.12: Mappa di posizionamento delle insegne rispetto al numero di regioni e centri aperti

Fonte: Nostra elaborazione

Nei primi anni in cui si sono diffuse, le catene si sono posizionate nel segmento low cost, creando una concorrenza a livello di prezzo con i dentisti tradizionali già radicati nel settore. Col passare del tempo le cliniche si sono concentrate maggiormente sulla creazione di una propria identità distintiva. Le imprese hanno investito molto nel marketing ed in particolare nella comunicazione, per creare brand forti ed unici, in modo tale da acquisire notorietà ed essere riconosciuti a livello nazionale.

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Le imprese che hanno investito molto nella creazione di brand nazionali, con maggiori investimenti nel marketing e nella differenziazione dei servizi offerti sono raffigurate in alto a destra nella tabella 18. Questi brand hanno aperto numerose cliniche in tutto il territorio e mirano ad ampliare la loro presenza, secondo la strategia di “espansione nazionale”.

Nella parte centrale del grafico invece sono presenti quei brand che hanno intrapreso “un’espansione territoriale controllata”. Questi brand si sono concentrati maggiormente su una strategia di apertura in zone specifiche, utilizzando ancora come vantaggio competitivo i minori prezzi offerti rispetto alla concorrenza. Inoltre, questi brand non hanno ancora effettuato grandi investimenti per creare marchi nazionali distintivi, non sviluppando un’adeguata comunicazione nazionale che possa permettere di aumentare la notorietà del brand.

Nella parte in basso a sinistra del grafico, sono collocate le start up o le imprese che hanno invece un posizionamento locale. Essi sono brand con pochi centri aperti in zone specifiche, che investono molto poco nel marketing. Molto spesso questi brand, una volta raggiunta una buona espansione, sono acquisiti dai leader nazionali, o da società di investimento estero. Di seguito si riporta uno zoom su tali cliniche:

Fig. 1.13: Zoom sulle cliniche dentali di minore dimensione

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32

Inoltre, la tabella numero 20 mostra l’insediamento dei brand per ogni regione. Possiamo vedere che in generale, le cliniche sono presenti maggiormente al nord e al centro rispetto al sud, dovuto principalmente al fatto che al sud sono presenti normative complicate per l’autorizzazione sanitaria ad aprire nuove strutture. Le regioni con una maggiore presenza di catene dentali sono la Lombardia, soprattutto nella provincia di Milano e Bergamo, il Veneto, l’Emilia-Romagna ed il Lazio. Invece, le regioni con minor numero di brand di catene dentali sono la Basilicata, la Calabria, il Molise, la Valle d’Aosta e la Campania.

Fig. 1.14: Numero di brand di catene dentali presenti per ogni regione

Fonte: Nostra elaborazione

1.2.6.3 I prezzi delle catene

Una delle caratteristiche che contraddistinguono le catene dentali sono i prezzi più convenienti rispetto agli studi tradizionali. Sono infatti numerose le pubblicità di catene che comunicano di offrire servizi a prezzi più agevolati della concorrenza.

Vista la carenza del servizio odontoiatrico pubblico, si analizzano le differenze di prezzo delle 6 prestazioni odontoiatriche più comuni tra gli studi privati dentistici e le catene.

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33

Tab. 1.6: Range di tariffe per prestazioni odontoiatriche tra studi tradizionali e catene dentali.20

Fonte: Il sole 24 ore Dall’analisi21 emerge che le cliniche sono realmente più convenienti degli studi tradizionali. La prima visita nelle cliniche è sempre gratuita, potendo risparmiare in media il 50% rispetto agli studi tradizionali che applicano un costo. I maggiori risparmi si hanno sull’impianto in titanio (44%), sull’otturazione (37%) e sulla pulizia dentale (35%). Deve comunque essere annotato che i vari brand adottano strategie di pricing differenti tra loro. I franchising sono molto competitivi per le prestazioni di base, mentre per le prestazioni più complesse si allineano al livello di prezzo degli studi tradizionali.

Altroconsumo ha svolto un’ulteriore analisi confrontando i prezzi medi di 145 studi odontoiatrici di 6 città diverse: Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli e Bari.

È emerso come la media dei prezzi nelle varie città non sia allineanti tra loro:

Tab. 1.7: Confronto dei prezzi medi:22

Fonte: Altroconsumo

20 Adriano Lovera, “Dentista low cost cercasi”, Sole 24 ore, 25 Novembre 2013 21 Svolta su dati Andi, Altroconsumo, Amicodentista, Odontosalute, The smile factory 22 Report: “Quanto costa un sorriso sano”, Altroconsumo, Aprile 2013, pag.10-16

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34

Si nota allora come le prestazioni odontoiatriche siano più economiche al sud rispetto al centro-nord.

1.2.6.4 Le critiche alle catene

Un articolo di Luca Foresti sul Sole 24 Ore23 esamina le sei critiche principali rivolte alle catene da parte degli odontoiatri tradizionali:

1. Per risparmiare le cliniche usano materiali e laboratori scadenti: questa affermazione non è valida in linea generale, perché le catene, grazie all’economia di scala, riescono a contrattare prezzi migliori con i fornitori, riuscendo a non scaricare costi alti sui prezzi dei pazienti.

2. Pagano poco i medici e quindi hanno un alto turnover: i dentisti nelle catene hanno stipendi inferiori rispetto ai dentisti con studi privati. Le catene cercano di risparmiare sul personale, investendo su neolaureati o giovani dentisti con contratti a tempo determinato. Questa politica offre vantaggi a livello di costo, ma può danneggiare la qualità del servizio erogato.

3. Fanno prezzi troppo bassi: ciò è sbagliato perché generalizza il business delle catene. Ci sono infatti cliniche realmente low cost, e cliniche i cui prezzi sono allineati a quelli dei dentisti tradizionali.

4. Orientano i medici a fare piani di cura più invasivi di quelli di cui avrebbero bisogno i

pazienti: alcune catene hanno creato scandalo sostituendo denti malati con impianti

e protesi, invece che tentare di curarli, solo per aumentare la spesa dei pazienti. Ciò va contro la deontologia professionale, e quelle cliniche che effettuano queste operazioni sono quelle con i peggiori odontoiatri che tendenzialmente perdono quota di mercato e falliscono.

5. Usano strategie commerciali scorrette, usando prezzi civetta e nascondendo il vero

costo della cura: non c’è scorrettezza nel promuovere il proprio studio, facendo

provare l’esperienza ad un paziente, se è lasciato poi al paziente di decidere se proseguire o meno

23 Luca Foresti, “Sei ragioni contro e 5 pro per capire come stanno le cose tra mercato e dentisti”, Il sole

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35

6. Raccolgono soldi con i finanziamenti e poi fuggono: è successo raramente solo per le catene in franchising. Mai per quelle interamente possedute dall’azienda proprietaria del brand.

1.3 Il turismo dentale

Il turismo dentale è un sistema organizzato per indirizzare le persone che cercano cure a basso costo. I pazienti così intraprendono lunghi viaggi verso paesi stranieri, con la promessa di enormi risparmi e piacevoli soggiorni.

Complice la crisi economica, come analizzato precedentemente, si registra una rinuncia diffusa a prendersi cura della salute della propria bocca. Chi non può permettersi il dentista in Italia, lo cerca all’estero, in particolare nei paesi dell’est Europa.

Altroconsumo24 ha analizzato come ogni hanno quasi ventimila persone si spingono oltre confine per sistemarsi i denti. Il fenomeno è iniziato durante il periodo di crisi del 2008, ed è in continuo aumento fino ad oggi.

I luoghi preferiti sono solitamente la Croazia, l’Ungheria, la Romania, la Moldavia e l’Albania. La fascia di popolazione in cui è più frequente il turismo dentale è quello dei pensionati che non possono permettersi i normali prezzi delle terapie. I tipi di interventi più svolti sono quelli più complessi, che necessitano un’ingente spesa, come impianti dentali, estrazioni, otturazioni o acquisto di apparecchi ortodontici.

Negli ultimi anni il fenomeno ha avuto un ulteriore sviluppo grazie ad internet. Il web permette di mettersi in contatto facilmente con le cliniche ed inoltre molto spesso è la clinica che si offre di organizzare la trasferta, con annessa sistemazione alberghiera. Il fenomeno ha avuto questo sviluppo grazie ai prezzi fortemente più bassi rispetto all’Italia. I pazienti infatti possono risparmiare dal 50% al 60%.

Ciò è dovuto soprattutto al: ➢ Minor costo degli affitti ➢ Salari medi più bassi

➢ Costo inferiore per le protesi dentali ➢ Sistema fiscale meno esigente

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36

Si confronta i prezzi per le tre operazioni più diffuse, prendendo l’esempio della Croazia25:

Tab. 1.8: Confronto tra i prezzi medi dei trattamenti in Italia ed in Croazia (prezzi in euro)

Fonte: Dottor dentista

Secondo l’indagine svolta da Altroconsumo i pazienti tornano soddisfatti dopo i viaggi. Uno degli aspetti più apprezzati è il fatto di concludere le cure in breve tempo, rispetto ai tempi più lunghi dei dentisti italiani.

Il parere dei dentisti italiani è comunque negativo verso questo fenomeno: viene spesso adottata la soluzione più veloce, senza rispettare i tempi biologici necessari per avere un lavoro di qualità. Ciò aumenta i rischi di ricadute e dolori nel lungo periodo.

Il reale problema del turismo dentale è l’assistenza post operazione. È estremamente difficile garantire assistenza ai pazienti che vivono in un altro stato.

In generale non si mette in dubbio che in questi stati esistono professionisti di qualità, occorre essere informati per non cadere in truffatori che offrono tempistiche troppo brevi, prezzi troppo bassi o hanno titoli di studio e riconoscimenti ufficiali poco trasparenti.

1.4 Analisi Swot

Grazie all’analisi precedenti sono state ricavate due analisi Swot: una per il dentista tradizionale ed una per le cliniche dentali.

L’analisi Swot è uno strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza (Strengths), le debolezze (Weaknesses), opportunità (Opportunities), e le minacce (Threats) di una tipologia d’impresa.

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1.4.1 Swot Dentista tradizionale

Tab. 1.9: SWOT analysis dentista tradizionale

Forza Debolezza

❖ Modello di business leader del

settore

❖ Vicinanza al paziente ❖ Relazioni di lungo periodo ❖ Servizio di qualità

❖ Passaparola positivo

❖ Prezzi alti

❖ Mancanza approccio manageriale ❖ Scarsa propensione agli investimenti e allo sviluppo del brand

❖ Età avanzata dei professionisti

Opportunità Minacce

❖ Riformulazione dell’offerta

❖ Ricerca di qualità/professionalità

da parte della clientela

❖ Legge Boldi

❖ Turismo dentale

❖ Decreto Bersani e liberalizzazioni ❖ Sviluppo catene dentali

❖ Riduzione della domanda per

problemi economici

Fonte: Nostra elaborazione

I punti di forza: il dentista tradizionale innanzitutto è il modello di business più praticato sul territorio con oltre 40.000 studi. Raccoglie circa il 90% della domanda disponibile, perciò sono i leader del settore. Si trovano in una condizione di vantaggio rispetto ai nuovi entranti nel mercato, grazie ad una presenza radicata su tutto il territorio e ad un immaginario collettivo in cui le migliori prestazioni sono svolte negli studi tradizionali. Un’altra caratteristica che li contraddistingue è la vicinanza al paziente. Molto spesso il paziente conosce direttamente il dentista e lo considera il suo specialista di fiducia. La conseguenza è la facilità con cui gli studi tradizionali creano relazioni di lungo periodo, coinvolgendo anche l’intera famiglia del paziente.

Gli studi si caratterizzano inoltre per servizi altamente qualitativi, garantiti da specialisti con molti anni di esperienza, certificazioni e titoli di studio.

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