• Non ci sono risultati.

RIFLESSIONI DI COPERTINA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "RIFLESSIONI DI COPERTINA"

Copied!
1
0
0

Testo completo

(1)

RIFLESSIONI DI COPERTINA

Sia quando viene esercitata en plein air, assimilando le vi- brazioni atmosferiche del paesaggio, sia nella prossimità emotiva di una natura morta, la pittura di Paola Angelini si presenta come un amalgama equilibrato di materiali perso- nali e di sollecitazioni esterne, sedimentatesi in lei, sotto forma d’immagini e di sensazioni fisiche, durante lo studio oppure in occasione di viaggi e prolungati soggiorni, come quelli, decisivi sul piano biografico, in Norvegia e in Belgio.

Prescindendo interamente dalla dimensione diacronica di questa stratificazione complessa, la sensibilità visiva dell’ar- tista marchigiana viene alimentata in continuazione: magari nel bosco che cinge un fiordo, dove l’aria è tersa come l’ica- stico rigore che solca i romanzi di Knut Hamsun; o dinnanzi alla Pietà di Tiziano presso la Galleria dell’Accademia a Ve- nezia, oppure tra i capolavori di Palazzo Pretorio a Prato, dove Angelini inaugurerà tra qualche mese, in una sala a lei dedicata, la sua nuova personale.

In un dipinto di Angelini sarebbe estremamente difficile, ad- dirittura impossibile, ricostruire la miriade di riferimenti alla storia dell’arte, alla sua biografia, alla molteplicità d’imma- gini che arricchiscono il suo archivio interiore. Sebbene i suoi lavori non perseguano alcun intento narrativo, a un’analisi più attenta si ha tuttavia la sensazione che essi celino tante storie frammentarie entrate in qualche modo in risonanza con la sua sensibilità: racconti spezzati, interrotti, non finiti, nei quali l’incipit è più importante del finale. Nel romanzo intitolato Se una notte d’inverno un viaggiatore, patchwork di innumerevoli abbozzi di racconti mai risolti, di varie storie in- concluse sviluppate in parallelo, senza un ordine gerarchico, Calvino ha offerto il modello letterario per eccellenza di que- sta tecnica compositiva e del suo principio costruttivo: «La storia della letteratura è ricca d’incipit memorabili, mentre i finali che presentino una vera originalità sono più rari. […]

Questo è particolarmente vero per i romanzi: è come se nel momento dell’attacco il romanzo sentisse il bisogno di ma- nifestare tutta la sua energia. È da questa constatazione che sono partito quando ho cominciato a pensare a un romanzo fatto di inizi di romanzo». Analogamente si potrebbero con-

siderare le opere di Angelini come dipinti fatti di inizi di di- pinti, nei quali la superficie del quadro viene trattata come un campo di relazioni potenziali. Anche grazie alla sua sintonia con la tradizione fiamminga, la giovane pittrice dispone le diverse figure sulla tela, con intento corale, garantendo a cia- scuna una sorta di equivalenza visiva ed evitando d’imporre alla composizione una struttura centralizzata, con un ele- mento prevalente sugli altri.

Non bisogna però scambiare quest’assenza di un baricen- tro e di continuità narrativa per una tarda riproposizione della decadente art pur l’art avente l’unico scopo di eserci- tare la pratica della pittura. Tali premesse potrebbero indurre a scorgere una tendenza al nichilismo, ossia a dipingere senza un centro visibile, senza un ordito razionale e una meta precisa. Il nichilista, disinteressato all’origine dei pro- pri pensieri e delle proprie esperienze interiori, resta peren- nemente ancorato a un immobile hic et nunc, è condannato a pestare i piedi sul posto, privo di slancio nel tempo, di moto in avanti o all’indietro, senza alcuna vis utopica né alcun anelito a salvare qualcosa dall’oblio o dall’inesorabile distruzione portata dal progresso. Ciò che protegge la pit- tura di Angelini da un simile nichilismo sembra essere l’ade- renza a temi e oggetti emotivamente carichi, nonché il calore avvertibile in ogni indecifrabile accostamento di forme eterogenee. Ciò che le impedisce di cadere in questo vuoto è forse una mossa difensiva nei confronti della disso- luzione del soggetto, del proprio Io: accostando uno all’al- tro sulla tela immagini tanto imprecise e indefinibili quanto cariche di Sé, dense, viscose e intense sul piano esistenziale, collegate in modi imperscrutabili a una realtà esteriore forse presente, forse passata o forse soltanto immaginata, la gio- vane artista sembra erigere una fragile barricata contro la dissoluzione incombente, un ultimo diaframma – estetico ma anche etico – che, di fronte allo sfaldarsi rapido e inar- restabile di ogni solidarietà, non può che coincidere con un precario residuo di individualità.

Veronica Liotti

Paola Angelini, Study of light 2, 2014, olio su lino, 103 × 107 cm, Courtesy dell’artista

Paola Angelini, nasce nel 1983 a San Benedetto del Tronto (AP), attualmente vive e lavora a Gent in Belgio, dove prose- gue la propria formazione presso la Koninklijke Academie voor Schone Kunsten/Royal Academy of Fine Arts (KASK).

Dopo il diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze (2008), ha frequentato nel 2011 il Laboratorio di Arti Visive presso lo IUAV di Venezia con Bjarne Melgaard – uno dei più noti e apprezzati artisti norvegesi – e nello stesso anno ha preso parte alla collettiva Baton Sinister per il padiglione norvegese alla 54° Biennale di Venezia. Nel 2014 e nel 2016 è stata selezionata per una residenza in Norvegia presso il Nordic Artists’ Centre Dale (NKD). Ha ricevuto di- versi premi, tra cui il premio Level 0 di ArtVerona 2014. Tra i progetti futuri, segnaliamo due mostre personali: a mag- gio al Palazzo Pretorio di Prato e a novembre al Museo Palazzo Ducale di Urbino. Infine, tra le numerose mostre personali e collettive a cui ha partecipato ricordiamo: nel 2016 What is Orange? Why, an Orange, Just an Orange!, Marsèlleria, Mi- lano (personale). Nel 2015 Passi Erratici, Museo Nazionale della Montagna, Torino e Contemporary Artists from Italy, Fon- dazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Nel 2014 Landskapet, Nordic Artists’ Centre Dale NKD, Dale i Sunnfjord, Norvegia (personale); Visioni per un inventario: una mappa del navegar pitoresco, Fondazione Bevilacqua La Masa, Gal- leria di Piazza San Marco, Venezia e Ciò che l’apparire lascia trasparire, Mac-Museo di Arte Contemporanea di Lissone, Lissone (MB).

Riferimenti

Documenti correlati

Squillano i rari rossi, gialli e smeraldini: delle unghie e delle labbra truccate, dei frutti succosi sul vassoio, dei vasi e delle losanghe per terra.. Con la ri-

In controtendenza rispetto alla progressiva virtualizzazione delle relazioni, Tocca ritorna alla materia, esaltandola nella tridimensionalità degli strati di pigmento sovrapposti

Questa semplice constatazione, all’apparenza contraddittoria, cela tutto lo spessore teorico della rielaborazione cui Frangi sottopone l’inesausto rapporto tra fi- gurazione

C’è inoltre un aspetto imponderabile, benché inconfondibile, nell’esotismo della flora e del color rosa pesca del cielo al tra- monto, che ci induce a definire la quinta

Gosia utilizza quasi esclusivamente china o acquerello nero su carta bianca (con alcune eccezioni, come nel- l’immagine di copertina), delineando le figure con tratti decisi, puli- ti

Così i quadri di Cerutti esprimono un’insopprimibile sensazione d’incompiutezza formale e concettuale, quasi mancasse loro una yod o un apice, la lettera e il segno

La temperatura dei sensi, 41artecontemporanea spazio studio, Torino e Passaggi a Oriente, Progetto VIAPAC- Via per l’arte contemporanea, a cura di a.titolo, ex albergo Oriente,

Come un reporter a caccia di scatti a effetto, Galliano si affida alla “presa diretta”, a un punto di vista frontale in cui i bordi della scena sembrano tagliati fuori di netto