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RIFLESSIONI DI COPERTINA

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Academic year: 2021

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RIFLESSIONI DI COPERTINA

I quadri di Valentina D’Amaro si riconoscono al primo sguardo.

Non diversamente dai pittori ortodossi di icone, che reiteravano all’infinito il medesimo volto con l’aspirazione, mai appagata, di coglierne l’impalpabile santità, e similmente a Claude Monet, che ha esplorato l’anima della cattedrale di Notre-Dame a Rouen in una serie di trenta intensi dipinti (1892-1894), D’Amaro tenta di approssimarsi al nucleo atemporale, universale e spirituale del reale attraverso la ripetizione di paesaggi. A tal fine, nel corso degli anni, l’artista ha sviluppato un’inconfondibile poetica per- sonale, incentrata sulla variazione dello stesso tema, rappre- sentato con una tecnica tradizionale simile alla grisaille: su una base grigia o marrone vengono applicati strati sovrapposti e co- prenti di pittura a olio fino a ottenere una superficie omogenea nella quale le tracce delle singole pennellate scompaiono e il colore acquista un’incredibile lucentezza e profondità. Nonos- tante tale costanza tematica, osservare un suo dipinto è ogni volta un’esperienza unica e sorprendente, a cui concorrono in egual misura le dimensioni della tela e la potenza cromatica.

Difficilmente la riproduzione tecnica, specie in formato ridotto, può trasmettere la carica energetica ed emozionale di queste opere.

Sulle ampie campiture omogenee lo sguardo dello spettatore vaga e scruta in cerca di un centro o di un appiglio utile a trac- ciare uno scampolo di narrazione. La diffusa coazione, ormai assimilata, a presupporre soggettività (o a costruirla ovunque essa sembri mancare), così come il bisogno inculcato di andare

“subito al sodo” evitando inutili “perdite di tempo”, urgono alla ricerca di un senso all’interno dello sfondo. Ma qui il soggetto è lo sfondo stesso, anzi, lo sfondo assorbe, ingloba e dissolve qualsiasi soggetto e ogni traccia che vi possa alludere.

Perfino il cielo diventa una muta distesa bianca, piatta e im- mota, benché non “vuota”.

Caspar David Friedrich e Edward Hopper sono tra le figure della storia dell’arte alle quali D’Amaro si sente maggiormente debi- trice. Dal primo trae l’amore e lo stupore davanti alla natura, l’ideale romantico di fusione con essa e, al contempo, il rispetto per le immani forze che può scatenare. Del secondo, invece, ammira le atmosfere sospese, la carica metafisica infusa ai con- testi più quotidiani.

«Nell’esperienza della contemplazione e del contatto con la natura e i suoi elementi – confessa l’artista – possiamo accedere

a stati meditativi profondi, a partire dai quali “prendere le dis- tanze” dai limiti posti dalla quotidianità e dalla contingenza, e ritrovare quella parte intima di noi, che anche nella solitudine ci lega e avvicina agli altri e al senso globale dell’esistenza. […] In generale la mia idea di pittura è quella di un potente strumento che, se svincolato da necessità narrative e da rimandi con- cettuali, può comunicare, accedendo ai sensi, bypassando la mente, a un livello più profondo del sistema percettivo, con meccanismi analoghi a quelli della musica».

L’analogia tra musica e pittura rimanda a una geniale intuizione di Ernst Bloch, che nella sua filosofia del suono – il contesto è il revival neoromantico d’inizio Novecento, innervato dalle ten- sioni politiche, dal gergo infuocato e dagli slanci mistici dell’a- vanguardia espressionista tedesca – auspicava che, accanto alla chiaroveggenza (Hellsehen, letteralmente il “chiarovedere”), si affinasse anche la capacità di Hellhören (“udir-chiaro”), per ac- cedere a una razionalità superiore, non meramente strumen- tale, in cui vibrasse la dimensione ultraterrena. «Questa vita e quest’annuncio – scrive Bloch nello Spirito dell’utopia (1918) – li possediamo nel colore, nel riflesso colorato; ma se guardo nello stesso sole nascosto, non è più arte, perfezione virtuale ancora intramondana, ma sono io: un intimo cercar-Dio privo d’immagini e di opere, in cui l’oggettivo non è che una costruzione ausiliaria, al punto che solo la nuova nascita, la dis- posizione del cuore, appare come opera. Al di là di ogni arte ciò sarebbe morale e metafisica dell’interiorità e del suo mondo, un nuovo stare-per-sé-nella-esistenza senza mediazioni della soggettività e del suo non mondo (Unwelt), che separa chiara- mente l’immanenza dell’oggetto artistico dalla trascendenza dell’oggetto diretto o religioso». Il raffinato calembour tra Un- welt, il non-mondo del soggetto razionale, e l’ambiente (Umwelt) che gli sta intorno e al quale non riesce ad accedere, ci sembra valga come clavis interpretandi per la poetica di Valentina D’Amaro. «Si sviluppa pertanto una specie di armonia infinita – prosegue Bloch in riferimento alla musica – che non è più costretta a comunicare ogni volta la provenienza e la meta del viaggio, e tanto meno deve temere le esplorazioni nelle vaste regioni del vacuum tonale». Perdersi in questo “vuoto” ci sembra l’invito dell’artista.

Veronica Liotti

Valentina D’Amaro, Senza titolo, 2013, olio su tela, 80 × 100 cm, Courtesy dell’artista

Il terzo artista che presentiamo in collaborazione con Yellow artist-run space è Valentina D’Amaro, in attesa della personale che lo spazio varesino le dedicherà in autunno. Valentina D’Amaro nasce a Massa (MS) nel 1966. Attualmente vive a Milano, dove si è diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera.

Il suo lavoro è stato incluso nella prestigiosa pubblicazione internazionale Vitamin P3. New Perspectives in Painting, Phaidon Press, in uscita a ottobre 2016. Su invito della Presidenza dell’Unione Europea ha preso parte al dibattito “New Narratives for Europe”

(Milano 2013, Berlino 2014). Nel 2005 ha vinto la sesta edizione del Premio Cairo Communication.

Ha esposto in numerose collettive in Italia, Austria, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Francia, Olanda, Belgio, Re- pubblica Ceca e Cina. Segnaliamo qui alcune delle più recenti: nel 2016 Learning from Lascaux, Museo Fiorentino di Preistoria Paolo Graziosi, Firenze, Into the Woods Villa Contemporanea, Monza e NO PLACE 2 Castello di Fombio, Lodi. Nel 2015 Pitture di Paesaggio, Museo Biumi Innocenti, Verbania e Tra Terra e Cielo, the Workbench, Milano. Nel 2014 Alcuni Paesaggi, Museo del Paesaggio, Villa Giulia, Pallanza (VB); Made Painting in Italy, Galerie Van Campen & Rochtus, Anversa e Upward Positive Leaders, Kunstverein Neukolln, Berlino. Ricordiamo inoltre tra le personali: Vespro, Dimora Artica, Milano (2015); Naturale Irrealtà, Palazzo Parasi, Cannobio (VB) (2014); Diálogo entre paisajes, N2 Galería, Barcellona (2013); Oltre il paesaggio, Galleria Doris Ghetta, Or- tisei (BZ) e Marcorossi Artecontemporanea, Verona (2013); Valentina D'Amaro, M.A.R.S., Milano (2011).

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