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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1975, Anno 34, n.1, marzo

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(1)

MARZO 1975 Pubblicazione trimestrale Anno XXXIV - N. 1 Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

( e RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici dell'Istituto di Finanza dell'Università, della Camera diCommercio di Pavia e dell'Istituto di diritto pubblico

della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma

T » D I R E Z I O N E è in Pavia, Istituto di Finanza presso l'Università e la Camera TcommetoZ Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze

carrette cambi libri per recensione in duplice copia.

I manoscritti dei lavori giuridici devono essere inviati al prof. G I A N A N T O N I O

M I C H E L I , Via Scipione Gaetano, n. 13 - 00191 Roma.

Redattore• prof. A L B E R T O M A J O C C H I , Prof. Incaricato nell'Università di Pavia.

Redattore Capo: prof. E M I L I O GERELLI, Direttore dell'Istituto di Finanza del-l'Università di Pavia.

L ' A M M I N I S T R A Z I O N E è presso la c a s a Editrice Giuffrè, 20121 - Milano, Via

Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2/3. Q / I T Q Q R I

4d essa vanno indirizzati le richieste di abbonamento (c.c postale 3/17986) e di pubblicità, le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli even-tuali reclami per mancato ricevimento di fascicoli.

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a n n o si intenderanno tacitamente rinnovati per l'anno successivo L ab-bònamènto però n o n p u ò essere disdetto se l'abbonato non e al

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Per ogni effetto l'abbonato elegge domicilio presso l'Amministrazione della rivista. Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementaiTeventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.

Registrazione presso ii Tribunale 15 marzo 1966 Direttore responsabile: EMILIO GERELL.

ift Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 70 %

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PARTE PRIMA

CESARE COSCIANI - Su di alcune deformazioni della progressività

dell'im-posta sul reddito delle persone fisiche 3

FRANCO REVIGLIO - Una valutazione economica della riforma

dell'imposi-zione indiretta

EMILIO ROSINI - Area, spessore e forza dell'ordinamento europeo: %

rego-lamenti comunitari nel diritto finanziario italiano 37

GIAN ANTONIO MICHELI - L'art. 20 della Costituzione e il potere di

impo-sizione

FRANCESCO TESAURO - Novità e problemi nella disciplina dell'imposta di

registro ^ APPUNTI E RASSEGNE

E U C L I D E A N T O N I N I - Dell'interdipendenza delle economie, delle nazioni,

dei tributi e d'altro nel pensiero di Gaetano Filangieri . . . . 120

RECENSIONI

G E R E L L I E . - Economia e tutela dell'ambiente ( F . O S C U L A T I ) . . . . 1 3 0 B O H M P . - K N E E S E A. V. (a cura di) - L'economia dell'ambiente (F. O S C U

-L A T I )

1 3 0 B O S I B - C A V A Z Z U T I F . - Gli strumenti fiscali nell'economia italiana

(G. M AROTTA) JGG SAINZ DE BUJANDA F. - Hacienda y Derecho (G. A. MICHELI) . . . . 135

LLAMAS BARELLA M. A. - Las contribuciones especiates (A. CICOGNANI) . 137

NUOVI LIBRI

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI . . . . . . . 147

P A R T E S E C O N D A

D O M E N I C O F U K L A N - Divisione con conguagli. Il momento della valutazione

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F R A N C E S C O T E S A U R O - Competenza del giudice ordinario sulle questioni di •fatto non estimative ed incostituzionalità del difetto di istruzione preventiva nel processo tributario

B A L D A S S A R R E S A N T A M A R I A - I poteri ispettivi della polizia tributaria SENTENZE ANNOTATE

Divisione ereditaria - Disparità di valore tra porzioni in natura e quote di diritto - Conguagli - Imposta di registro - Valutazione ai fini della determinazione dell'imponibile - Riferimento alla data della divisione

(Api>. Milano, 2 7 giugno 1972) (con nota di D. F U K L A N ) . . . . Tributi in genere - Contenzioso - Istruzione tecnica preventiva -

Fatti-specie in tema di semplice estimazione - Inammissibilità (Cass. Civ., Sez. Un., 29 ottobre 1974, n. 3251) (con nota di F. T E S A U R O ) . . Polizia tributaria - Accesso in esercizi pubblici e in locali adibiti ad

azienda industriale o commerciale - Violazioni costituenti illeciti am-ministrativi - Questioni di legittimità costituzionale - Infondatezza in riferimento agli artt. 24, 2° comma, e 3, 1° comma, Cost. (Corte Cost., 2 maggio 1974, n. 122) (con nota di B. S A N T A M A R I A )

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D O T T . A . G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O GIORGIO FOSSATI ALBERTO PORRO

IL FACTORING

ASPETTI ECONOMICI,

FINANZIARI E GIURIDICI

Nella prima parte dell'opera, curata dal Prof. Fossati, dopo brevi cenni sulle origini e sull'evoluzione storica dell'isti-tuto, ne vengono presi in considerazione i molteplici aspetti economici e finanziari, attraverso un approfondito esame delle diverse funzioni che esso assolve, quale moderna tec-nica di finanziamento delle imprese.

Nella seconda parte, a cura dell'Avv. Porro, è stata appro-fondita l'analisi del contenuto negoziale dell'istituto stesso, in un tentativo di costruzione dottrinale della sua natura giuridica, e con particolare riferimento ai problemi teorici e pratici che esso pone all'interprete.

In appendice sono stati raccolti alcuni precedenti giurispru-denziali italiani e francesi, oltre ad esempi di contratti di società nazionali e straniere.

ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI DEL FACTOR-ING: Storia del factoring - Il contratto di factoring - Il factoring e l'economia d'impresa - Il factoring in Italia. ASPETTI GIURIDICI DEL FACTORING: Legislazione del factoring in alcuni stati esteri - Struttura giuridica del factoring in Italia - Problemi nell'ambito delle norme sulla cessione dei crediti. Appendici.

1974, volume in 8°, p. XII-254, L. 4000

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D O T T . A . G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O

RECENTISSIMA

M A N U A L E

DEL BOLLO

Raccolta di legislazione, norme amministrative e giurisprudenza, coordinata per articolo da GIUSEPPE GIULIANI

La tecnica adottata per la compilazione del volume è la stessa se-guita per il Manuale dell'iva, che ha riscosso unanimi consensi; i testi, cioè, sono stati riportati nell'ambito degli articoli — della legge, della tariffa o della tabella — più direttamente chiamati in causa. Quando il testo esaminato riguardava più articoli, si è fatto ricorso all'espediente di suddividerlo e di riportarlo, in stral-cio, per la parte di pertinenza, di seguito alle singole norme inte-ressate. Se, però, il testo presentava una sua unità organica, si è preferito lasciarlo integro sotto l'articolo di maggior interesse, provvedendo, in tal caso, a fare opportuni richiami sotto gli altri articoli.

Inoltre, s'è cercato di riportare in nota tutte le più significative disposizioni richiamate dai vari articoli della legge, della tariffa e della tabella.

Anche gli indici seguono l'impostazione di quelli del Manuale

dell'iva.

Di preminente interesse l'Indice-repertorio alfabetico, che non si limita a rinviare alla norma ma, almeno per gli argomenti di mag-giore interesse, ne sintetizza anche la disciplina. In tal modo, esso è in grado di fornire una prima immediata risposta al quesito posto da chi lo consulta.

Vìndice cronologico è unico per la legislazione, le norme di at-tuazione, le disposizioni amministrative e la giurisprudenza. Infine,. l'Indice sistematico offre la visione panoramica di tutto il lavoro. Poiché vi sono indicati anche gli estremi dei provvedimenti, diventa complementare all'indice cronologico.

1975, volume in 8°, p. VII-544, copertina in balacron, L. 10.000

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GUIDA MONACI

ANNUARIO AMMINISTRATIVO ITALIANO

maneggevole quanto il secolare Annuario Generale Italiano, attraverso la consultazione dell'Indice per Voci Categoriche e per Località nonché l'Indice Generale dei Nomi, la Guida Monaci - Annuario Amministrativo italiano ha lo scopo di fornire con ampiezza ogni informazione riguardante gli Enti Pubblici e Privati, le Amministrazioni Centrali e Peri-feriche, Statali e Parastatali, ecc. I! razionale sistema di classificazione dei dati rende estremamente agevole rapida e preziosa la consultazione anche ai fini della ricerca del numero di Codice di Avviamento postale degli indirizzi di tutti i Nominativi.

Prezzo di copertina: L. 30.000 ( + IVA).

Sconto 20% per prenotazioni triennali.

Le prenotazioni potranno essere rivolte direttamente agli uffici della Guida Monaci S.p.A.

00187 ROMA - VIA FRANCESCO CRISPI, 10 - TELEFONO 48.34.01 20145 MILANO - VIA VINCENZO MONTI, 86 - TELEFONO 34.85.67

D O T T . A . G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O

UGO CARRARA

Previsioni e programmazioni finanziarie

nell'economia di un grande comune 1946-1975

Questa pubblicazione — nella quale sono raccolti tutti i principali discorsi tenuti dall'autore nel Consiglio Comunale di Milano durante la sua più che venticinquennale attività di Consigliere, in sede di discussione dei bilanci an-nuali e delle programmazioni finanziarie del Comune di Milano — non vuole essere una semplice rievocazione storica dei fatti che si sono qui succeduti, bensì può ben essere un fattivo contributo per lo studio della complessa atti-vità finanziaria ed amministrativa che distingue la gestione di un grande Comune come quello di Milano.

1975, volume in 8°, p. VI-708, con tabelle, ril. tela, L. 15.000

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D O T T . A . G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O MANUALI GIUFFRE'

GIACOMO MOLLE

MANUALE

DIRITTO

BANCARIO

I SOGGETTI: L'impresa bancaria - Costituzione ed eser-cizio delle aziende di credito - La crisi delle aziende di credito - Le sanzioni.

I DOCUMENTI: Premessa. Biglietti di banca - Assegno bancario - Gli assegni bancari speciali - Assegno circolare - I titoli speciali dell'istituto di emissione e dei due ban-chi meridionali - I documenti di legittimazione e docu-menti probatori di banca.

LE OPERAZIONI: I singoli contratti - L'apertura di credito L'anticipazione bancaria Lo sconto bancario -Conto corrente bancario - I crediti documentari - I depo-siti a custodia - Il servizio bancario delle cassette di si-curezza - Servizio incasso e istituti connessi.

I CREDITI SPECIALI. Appendice.

1975, volume in 8°, p. 313, L. 5500

Per acquisti rivolgersi alla Sede in Milano - c.c. postale 3-17986 - od ai suoi agenti

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D O T T . A . G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O

GIUSEPPE PELLINGRA

L'IMPOSIZIONE

T R I B U T A R I A

Voi. I: PARTE GENERALE

1974, volume in 8°, p. 246, L. 3500

Voi. II: LE IMPOSTE DIRETTE

1974, volume in 8°, p. 221, L. 3200

Voi. Ili: LE IMPOSTE INDIRETTE

1974, volume in 8°, p. 263, L. 4200

In corso di stampa

Voi. IV : LA RISCOSSIONE DELL'IMPOSTA SUI REDDITI

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D O T T . A . G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O

GENTILE - GUERRERI - LAGOSTENA BASSI

RESPONSABILITÀ

GUIDA G I U R I S P R U D E N Z I A L E

Una raccolta di massime giurisprudenziali ordinate sistematicamente, con-tinnamente aggiornate e di agevole consultazione.

L'opera è divisa nelle seguenti sezioni:

Responsabilità, Responsabilità della P.A., Lavoro, Risarcimento del dan-no, Prescrizione del risarcimento del dandan-no, Assicurazione, Rapporto tra azione civile e giudizio penale, Questioni di procedura penale, Questioni di procedura civile, Questioni varie, Circolazione stradale.

LA SEZIONE ASSICURAZIONE è una delle più importanti.

Eccone i titoli che comprendono 650 voci:

Disposizioni generali - Assicurazione contro i danni - Assicurazione contro gli infortuni - Assicurazione di responsabilità civile - Assicurazione contro i furti - Assicurazione delle spese legali - Surrogazione dell'assicuratore - Coas-sicurazione - AsCoas-sicurazione contro l'incendio - RiasCoas-sicurazione - Assicura-zione del credito - AssicuraAssicura-zione trasporti - AssicuraAssicura-zione contro le malattie - Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore - Assicurazione sulla vita - Assicurazioni marittime ed aeree.

È in distribuzione l'aggiornamento 1 9 7 4 : 126 schede, 1 fascicolo di aggiornamento, indici, L. 15.000.

L'intera raccolta, in sei raccoglitori, costituiti da oltre 3 0 0 0 schede, rilegati in balacuir e forniti di scatole custodia e indici è in vendita a L. 125.600.

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SU DI ALCUNE DEFORMAZIONI

DELLA PROGRESSIVITÀ DELL'IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE

1. Una delle caratteristiche di maggior rilievo della riforma delle imposte sul reddito, entrata in vigore dal 1° gennaio 1974, concerne lo spostamento del prelievo dal livello reale (che con l'imposta locale sui redditi e con quella sulle persone giuridiche assumerà un'impor-tanza di minor rilievo) a quella personale (l'imposta sul reddito delle persone fìsiche è destinata ad assumere un peso preminente nell'am-bito dell'imposizione diretta, mentre le due imposte personali sop-presse, quella complementare progressiva sul reddito e quella di fa-miglia, avevano un ruolo secondario).

Questo spostamento dell'onere fiscale dal livello reale a quello personale nell'ambito dell'imposizione sul reddito è stato conseguito con una diversa ponderazione delle aliquote ai due livelli di imposi-zione e con altre disposizioni tecniche, tra cui l'estensione del me-todo della ritenute alla fonte, applicato al livello personale, e la di-versa impostazione dell'accertamento dei redditi.

Un'imposta progressiva sul reddito per essere perequate deve es-sere commisurata al reddito complessivo del soggetto, da qualsiasi fonte provenga, ed i singoli elementi che lo compongono devono es-sere determinati in modo che il concetto di reddito sia il più possibile omogeneo per tutte le categorie. Lo scostamento dal reddito effet-tivo di uno o più elementi che compongono il reddito complessivo, sia tale scostamento da attribuire alla sua determinazione legale in mi-sura inferiore a quella effettiva, ad esenzioni o ad evasioni parziali o totali, non si limite a ridurre in misura corrispondente l'onere fi-scale sul reddito che si intende agevolare o che comunque sfugge, to-talmente o in parte, al principio del cumulo, ma si trasforma, altresì, in uno sgravio indebito anche per gli altri redditi soggetti al regime normale.

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Sia il tasso di imposta progressivo in modo che un reddito di 1.000 sia colpito col tasso medio del 9 % ed uno di 2.000 con quello del 10 %. Se un soggetto passivo ha un reddito globale di 2.000, costituito da due diversi redditi di 1.000 ciascuno, l'imposta globale sarà di 200, attribuibile in ragione di 100 per ciascuno dei due redditi.

Se lo Stato intende agevolare uno dei due redditi, dichiarandolo esente dall'imposta personale, il percettore dovrà godere di uno sgra-vio di 100. Ma se l'esenzione viene concessa non già in sede reale, ma sotto forma di esclusione dal reddito complessivo, a meno che questo non sia l'unico cespite del soggetto passivo, il benefìcio di cui il con-tribuente verrà a godere sale da 100 a 110, con un ulteriore premio, non giustificato da alcun motivo razionale, di 10. Infatti, il reddito residuo di 1.000, che è ora l'unico componente del reddito comples-sivo imponibile, non assolve più un'imposta di 100, ma un'imposta di 90.

Se ciò è ovvio, è chiaro altresì che questo premio addizionale, a parità di ammontare del reddito esente, cresce col crescere de^li al-tri redditi non esonerati dall'imposta. O, a parità di ammontare de-gli altri redditi, cresce col crescere della sua entità assoluta. Cessai di esistere, si ripete, nel solo caso in cui sia l'unico elemento del red-dito complessivo.

Alle stesse conclusioni si giunge se anziché di redditi esenti si tratta di redditi determinati, di fatto o in base a particolari dispo-sizioni di legge, in misura inferiore a quella effettiva, come nel caso del reddito catastale, o se si tratta di redditi che evadono, in tutto o in parte.

Il discorso non muta, se si prescinde dal processo di illusione fi-nanziaria che ne può derivare, se la tabella delle aliquote dell'impo-sta viene presentata, anziché in base a tassi medi, in base a tassi mar-ginali. A meno che, con notevole arbitrio e senza alcun fondamento logico, non si considerino sempre i redditi in discorso come redditi marginali.

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_ 5 —

Il problema di non deformare la progressività dell'imposta si impone soprattutto nel periodo che il nostro Paese sta attraversando e che esige un aumento deLla pressione fiscale su tutte le categorie di contribuenti. Aumento che si può chiedere anche alla classi meno ab-bienti, solo se il principio viene rispettato per tutti i redditieri. In caso diverso, una erosione della base imponibile che si verifica al ver-tice dei redditi inevitabilmente trascina un'altra erosione alla base della piramide, compromettendo in modo grave il gettito.

Purtroppo la nostra imposta sul reddito delle persone fisiche, quale si presenta dopo il suo primo anno di applicazione, assomiglia pili che mai ad un vecchio mosaico in cui taluni dei tasselli più im-portanti sono caduti, altri sono rovinati, così che il disegno originario ne riesce deformato ed imbruttito.

2. La prima violazione a questo principio è stata commessa in sede di legge delega con l'esclusione dal reddito complessivo dei red-diti (interessi ed altri frutti) delle obbligazioni pubbliche e private e degli interessi bancari. Interessi che concorrevano invece a formare il reddito complessivo della soppressa imposta complementare (art. 9, n. 2 della legge delega citata). Non è male tenere presente che il to-tale delle obbligazioni esistenti al 31 dicembre 1973 era di 58 mila miliardi, i depositi dì risparmio od in conto corrente presso Istituti di credito (prescindendo perciò dalle Poste) ammontava a 69 mila mi-liardi. Anche tenendo conto del fatto che quasi due terzi dei titoli erano posseduti dalla Banca d'Italia e dalle aziende di credito, e te-nendo conto dei conti correnti interbancari, si può pensare, senza ten-tare con ciò una difficile valutazione, che i redditi che sono esentati dall'imposta personale si possono collocare sui 500-1000 miliardi di lire. E vero che per le obbligazioni emesse dopo il 31 dicembre 1973 è prevista un'imposta sostitutiva che per le persone fisiche lui carat-tere definitivo (in pratica per i titoli emessi fino a tale data la ritenuta alla fonte non trova attuazione), ma è un'imposta che per il suo carattere reale potrebbe rimanere, a lungo andare, a carico del-l'ente emittente. E comunque è pur sempre una limitazione della pro-gressività.

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Ed è così che nel creare le azioni di risparmio (legge 7 giugno 1974, n. 216) e nel configurarle con una struttura giuridica che le rende, almeno per la durata della società, più simili alle obbliga-zioni che a quelle delle aobbliga-zioni, il legislatore ha ritenuto opportuno equiparare il loro trattamento fiscale a quello delle obbligazioni, sot-toponendo ad una ritenuta a carattere definitivo gli utili ad esse attri-buiti (15 %) ed escludendoli dal reddito complessivo, sia pure la-sciando facoltà al possessore di renderle nominative o di optare per il regime della ritenuta d'acconto.

E ne deriva anche che, data la concorrenza sul mercato dei ca-pitali delle obbligazioni alle azioni (di fatto il problema sul piano eco-nomico è molto più complesso) con la stessa legge ai possessori di azioni si dà la facoltà di optare, in luogo della ritenuta d'acconto del 10 % sui dividendi, ad una ritenuta a carattere definitivo del 30 %, escludendo anche questi redditi da quello complessivo ai fini del-l'imposta personale.

Arrivati a questo punto non si comprende per quale motivo le società di persone o le imprese individuali che sul mercato operano in regime di concorrenza- con le società di capitale non siano assog-gettate al medesimo regime, evitando che il loro reddito concorra a formare il reddito dei soci o dell'imprenditore.

A queste conclusioni ha portato e può portare l'esenzione con-cessa nella legge delega per gli interessi sulle obbligazioni. Il legisla-tore ha così commesso un grave errore sul piano fiscale e su quello equitativo, al quale un giorno bisognerà porre rimedio ritornando al-l'antico, per evitare ogni eccezione all'imposizione progressiva ed ogni distorsione conseguente. A meno che non si dimostri chiaramente la sussistenza di motivi di efficienza economica che consigliano questa deroga e che la maggiore efficienza compensa sia le distorsioni che ne derivano nei confronti delle altre imprese sia la violazione del prin-cipio di equità.

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— 7 —

ostacolo al finanziamento delle imprese, e ciò ancorché le norme qui criticate non abbiano, sembra, costituito uno stimolo all'acquisto di valori mobiliari da parte delle famiglie, ma per lo meno tale obiettivo dovrebbe essere perseguito non appena la congiuntura economica lo permetterà.

E ciò anche perché la conoscenza del reddito complessivo nelle sue componenti, sussistano o meno le esenzioni per i redditi privilegiati, è necessaria per evitare intralci all'accertamento induttivo nei confronti degli evasori (che col sistema attuale possono precostituirsi la prova fittizia di un reddito esente) e per consentire una certificazione più esatta del reddito globale da parte degli uffici che può venir chiesta ai fini non fiscali (presalario e borse di studio nelle Università, assegna-zione di case popolari, pensioni sociali, pensioni per i ciechi ed invalidi, ecc.). In ogni caso l'inclusione nel reddito complessivo imponibile dei redditi esenti si impone ai fini della determinazione dell'aliquota ap-plicabile ai redditi non esenti, che il legislatore non considerava meri-tevoli di alcun premio.

3. Una seconda distorsione del principio della progressività de-riva dai redditi accertati catastalmente. Il problema va distinto a se-conda che si tratti di redditi di terreni (reddito dominicalé e reddito agrario) e dì fabbricati.

Purtroppo l'attuale situazione critica in cui versa il nostro cata-sto rende quecata-sto strumento inefficiente sia ai fini del controllo delle dichiarazioni che ai fini della determinazione del reddito dell'im-mobile.

Il mancato aggiornamento delle intestazioni catastali, per l'arre-trato delle volture che si sono cumulate nel tempo, non permette sempre di identificare i possessori dei terreni e delle unità immobi-liari accatastate.

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incluse nelle dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta sulle per-sone tìsiche.

Collegamento del resto difficile anche per gli immobili accata-stati, per l'ipotesi non infrequente in cui il domicilio fiscale del pos-sessore è situato in un Comune al di fuori del territorio di compe-tenza dell'Ufficio distrettuale dove l'immobile è situato. E ciò potrà portare a numerose evasioni ai fini dell'imposta personale. Evasioni che secondo l'ordinamento vecchio erano meno rilevanti per il mag-gior peso assolto dall'imposta reale.

A prescindere da questo problema di controllo sulla inclusione degli immobili nel reddito complessivo, vi è l'altro non meno grave della mancata corrispondenza del reddito catastale al reddito at-tuale, sia pure medio ed ordinario.

Come è noto i redditi dei terreni sono ancora quelli risultanti dall'applicazione del R.D.L. 4 aprile 1939, n. 589, cioè espressi in lire del periodo 1937-1939, rivalutati per il coefficiente unico 48.

In questo quarantennio i prezzi dei singoli elementi della produ-zione vendibile e dei componenti dei costi di produprodu-zione nell'agricol-tura sono aumentati con un'apernell'agricol-tura del ventaglio degli indici dei prezzi che presentano una notevolissima dispersione, rispetto all'in-dice 48. Cioè, a seconda della coltivazione e delle varie zone agrarie, i redditi dominicali ed agrari sono aumentati con un coefficiente pro-fondamente diverso da caso a caso. E nessun coefficiente unico è in grado di riportare i redditi del 1937-1939 a livelli monetari attuali. Di più in questo periodo le stesse tecniche produttive sono in molti settori profondamente mutate, basti pensare alla diffusione dei mezzi meccanici di coltivazione, per cui la stessa quantità di prodotti e di mezzi di produzione, nonché i metodi di coltivazione giudicati ordi-nari nel 1939 sono modificati, così che le tariffe di estimo vigenti non corrispondono più, nemmeno lontanamente, per talune coltivazioni, al reddito medio ed ordinario degli anni settanta. Se poi si considera che nel quarantennio di vigenza delle attuali tariffe molti terreni hanno mutato le colture, che la qualità e la classe riscontrate in ca-tasto sono cambiate, mentre nel periodo in esame le operazioni di ri-classamento sono state relativamente modeste, si vede come i valori esposti in catasto sono valori fittizi senza alcuna aderenza alla realtà, e la loro valutazione con un coefficiente unico risponde solo ad una finzione formale.

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divergenza un elemento fisiologico del catasto, anzi è un elemento per cui taluni si dichiarano favorevoli al sistema catastale stesso. Ma ciò può essere un fatto positivo nei limiti in cui tale divergenza dipende dalla volontà e capacità del proprietario del terreno o dell'imprendi-tore dell'azienda agraria. Ma quando ciò non si verifica, la situazione diviene patologica sulla cui opportunità nessuno ha mai insistito.

Le considerazioni ora svolte, pur mettendo in rilievo una certa inadattabilità del sistema catastale ad un sistema di imposizione per-sonale progressiva, non implicano necessariamente la soppressione del metodo catastale. E ciò sia perché uno stimolo efficiente e pere-quato al settore agricolo, che rispetto agli altri è un settore partico-larmente depresso, è un obiettivo da perseguire, sia perché di fatto l'accertamento analitico nei confronti di milioni di produttori agrì-coli sarebbe impossibile e porterebbe fatalmente a regimi forfettari che nulla sarebbero altro che un sistema catastale peggiorato.

Se si vuole eliminare questa incongruenza e non conservare il catasto dei terreni come un fossile di altri tempi, è necessario tra sformarlo in quel catasto flessibile che ho ripetutamente e da tempo sostenuto. In effetti il principio è stato accolto nell'art. 2, n. 15 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 ma è stato mal tradotto nei decreti dele-gati, anche per un imperfetto coordinamento tra l'art. 24 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 547, e l'art. 5 del d.p.r. 604 della stessa data.

Per realizzare tale obiettivo è necessario un lavoro ingente ed impegnativo da parte dell'amministrazione del catasto. È necessario realizzare in primo luogo la meccanizzazione degli atti di conserva-zione del catasto, i cui studi svolti su impianti pilota risalgono, se non vado errato, agli anni cinquanta, ed i cui risultati dovrebbero affluire all'anagrafe tributaria. Ciò implica la disponibilità di mezzi adeguati (personale qualificato e stanziamenti di bilancio) da met-tere a disposizione degli uffici competenti e, quindi, la volontà e l'im-pegno delle autorità politiche di mettere ordine in questo settore.

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l'aggiorna— l o

-mento dei redditi catastali è stato effettuato con coefficienti diversi-ficati a seconda del gruppo cui appartiene l'immobile, ma in misura uniforme per tutto il territorio nazionale, con l'effetto pur sempre di una generale minor valutazione dei redditi imponibili. Di più, la legge 23 febbraio 1960, n. 131, cbe conserva il suo valore fino alla prima revisione delle tariffe d'estimo, consente, limitatamente ai fab-bricati dati in locazione, di basarsi su di un reddito effettivo forfet-tario quando questo diverga oltre certi limiti dal reddito catastale.

Anche per questi redditi si pone l'esigenza di un catasto flessi-bile, atto a seguire in modo più immediato le variazioni reali e mo-netarie dei fitti di quanto lo consentano gli artt. 34 e 35 del d.p.r. n. 597 e l'art. 6 del d.p.r. n. 604, che hanno innovato di ben poco il sistema precedente. Si tenga presente cbe una revisione continua delle tariffe di estimo degli immobili urbani presenta minori difficoltà rispetto al reddito dei terreni ; inoltre per il reddito degli immobili urbani non sussistono i motivi di incentivazione economica e di equità che possono giustificare una sottovalutazione per i redditi dei terreni, ma, anzi, trattandosi di sovraredditi a carattere congiunturale ed at-tribuibili in buona parte alla rendita edilizia, per gli immobili ur-bani si rende necessario un accertamento il più vicino possibile al reddito effettivo. L'accertamento catastale in questo settore si giusti-fica solo per motivi pratici essendo impossibile per l'amministrazione accertare per un numero ingente di unità immobiliari il reddito col metodo analitico.

Purtroppo, però, per gli immobili le probabilità di scostamento anche notevole tra reddito catastale, per quanto flessibile, e reddito effettivo, è molto frequente : la vicinanza di un parco, di una fermata della metropolitana, l'esposizione dell'appartamento, la tranquillità o la rumorosità di una strada, ecc., sono elementi che fanno diver-gere il fitto di un appartamento rispetto a quello di un altro identico, situato in posizione diversa. E spesso vi è l'impossibilità del catasto di dare rilevanza, ai fini del classamento delle unità immobiliari, a questi elementi. Pertanto, sembra necessario prevedere l'ipotesi di una divergenza tale tra reddito effettivo e reddito catastale che non possa essere sanata attraverso un riclassamento dell'immobile. Cioè si tratta di rendere permanente, perfezionandola, una norma analoga a quella della legge 1960.

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richiede l'impiego di personale e di mezzi finanziari adeguati per un certo numero di anni. Ma senza questa riorganizzazione, che non può che essere d'iniziativa e responsabilità degli organi politici, è legit-timo il dubbio se convenga conservare uno strumento perfetto in teo-ria, ma cbe in pratica serve poco o nulla.

5. Ai fini del gettito delle imposte sul reddito delle persone fi-siche, ed in talune ipotesi anche per quello delle persone giuridiche, un'altra preoccupazione sorge per quanto riguarda la determinazione fiscale del reddito d'impresa.

Il problema presenta due diversi aspetti : quello delle esenzioni e quello del concetto stesso del reddito d'impresa.

Se si considera il reddito d'impresa come il risultato netto di tutta l'attività esercitata dall'impresa quale emerge dal conto dei profitti e delle perdite, si possono spiegare talune rettifiche atte a ri-portare l'utile quale appare da detto conto all'utile imponibile, ad esempio per eliminare la deduzione di taluni elementi che non costi-tuiscono un costo dell'esercizio ma un accantonamento occulto di utili, ma non si comprende l'avulsione di certi proventi che fanno parte dell'utile netto globale.

Così non si spiega sul piano economico, se non per motivi sto-rici, che una riforma radicale a mio avviso non dovrebbe consolidare, l'avulsione dal reddito d'impresa di taluni redditi di capitale che per l'impresa costituiscono veri e propri proventi, inscindibili rispetto ad altri ricavi e proventi.

Si allude agli interessi sulle obbligazioni pubbliche cbe sono esen-tati dal reddito d'impresa, in qualsiasi forma costituita (art. 31 del d.p.r. 601) ; gli interessi su tutte le altre obbligazioni che sono esen-tati dal reddito delle imprese individuali e delle società di persone (art. 26 del d.p.r. n. 600 e art. 37 del d.p.r. n. 601) e la riduzione a metà degli interessi di queste obbligazioni in quanto siano state emesse prima del 1° gennaio 1974, se percepite da persone giuridiche (art. 30 del d.p.r. 598) ; gli interessi su depositi bancari delle imprese indivi-duali e delle società di persone sono esclusi dal reddito delle imprese individuali e delle società di persone (art. 26 del d.p.r. 600). Possono, inoltre, essere sottratti dal reddito d'impresa individuali o di società in qualsiasi forma costituite gli utili distribuiti dalle società di ca-pitale incinsi gli utili attribuiti alle azioni di risparmio.

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feriore a quella che grava sui redditi dell'impresa, così da rendere conveniente l'avulsione di detti redditi con quelli dell'impresa. Per le obbligazioni emesse prima del 1 gennaio 1974, poi, tale ritenuta di fatto non esiste.

In tal modo il reddito complessivo d'impresa risulta deformato, e quando la ritenuta ha carattere definitivo, non opzionale, può essere anche un aggravio non giustificato a carico dell'imprenditore indivi-duale o società di persone, ove l'impresa sia in perdita o, nell'ipotesi in cui gli interessi attivi soggetti a ritenuta definitiva costituiscano, un elemento importante dei ricavi lordi, come nell'ipotesi di un isti-tuto bancario (impresa individuale o società di persone).

Il secondo aspetto, relativo alla determinazione fiscale del red-dito d'impresa, presenta problemi più complessi e più difficilmente risolvibili se si vuol conciliare l'esigenza, che deve essere riconosciuta, di commisurare l'imposta al reddito effettivo dell'impresa, evitando di tassare il reddito lordo, con l'esigenza fiscale di assicurare al bi-lancio dello Stato un determinato gettito.

Una soluzione razionale che consenta di conciliare queste due esi-genze è difficile, anche perché in concreto è difficile definire lo stesso concreto di reddito. Ciò non toglie che si possano mettere in evidenza talune caratteristiche degne di nota, i riflessi di natura economica di talune norme fiscali e le diverse conseguenze a seconda che si tratti di una persona giuridica o di un'impresa individuale (escludendo da queste considerazioni le imprese minori di cui all'art. 72 del d.p.r. 597, che hanno un proprio criterio di determinazione del reddito).

Nella determinazione del reddito d'impresa vengono ammesse in detrazione dal reddito lordo, in conformità con i principi accolti dalla tecnica aziendale, oltre che spese e costi effettivamente soste-nuti nell'esercizio, anche taluni oneri e costi che maturano nell'eser-cizio, ma che si realizzeranno o si renderanno liquidi in esercizi fu-turi. In tal caso a carico degli utili lordi dell'esercizio si detrae una quota destinata ad alimentare un accantonamento costituito al pas-sivo del bilancio e dal quale l'impresa attinge quando si verifica l'evento previsto, senza caricare tali oneri ai ricavi di questo periodo. Tale pratica non è altro che un'applicazione corretta del principio della competenza, che vuol attribuire ad ogni esercizio costi e ricavi di pertinenza di quel periodo di gestione.

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riferita meccanicamente alla quota maturata nel periodo, ma devian-do, per motivi di opportunità, a questo principio, relativamente al maggior accantonamento attribuibile a modifiche normative e retribu-tive che può essere ripartito in non oltre tre periodi d'imposta) ; l'ac-cantonamento per rischi su crediti entro certi limiti fìssati dalla legge ed indipendentemente da un esame di merito sulla probabilità di per-dita del credito stesso; le quote di ammortamento di beni materiali ed immateriali, incluso l'ammortamento anticipato, ecc. A risultati analoghi si giunge svalutando le rimanenze del magazzino ed il por-tafoglio dei titoli quando il valore corrente scende al di sotto del co-sto, scontando in tal modo un evento futuro ritenuto probabile.

Queste norme non rispondono solo ad esigenze tecnico-aziendali, ma trovano anche un fondamento nell'obbiettivo dello sviluppo eco-nomico.

Per quanto si sia criticato, ed effettivamente sia criticabile l'au-tofinanziamento, tuttavia questo è un elemento oggi più che mai indi-spensabile per assicurare alle imprese il capitale necessario per il loro sviluppo, e, in molti casi, nell'attuale fase inflazionistica, anche per mantenere, entro certi limiti, intatto il loro capitale. Da questo punto di vista si possono spiegare le quote di ammortamento, che in via generale da noi sono più elevate che in altri paesi, considerando anche l'ammortamento anticipato nella misura del 45 % da distri-buirsi in un triennio; il mancato obbligo di rivalutare il magazzino ed il portafoglio quando i prezzi correnti aumentano fino a raggiun-gere il costo d'acquisto originario e successivamente svalutato (in tal senso, l'art. 2425, n. 2 del codice civile che per le materie prime e per le merci dispone la loro iscrizione in bilancio per un valore non superiore al minor prezzo tra quello d'acquisto o di costo e quello desunto dall'andamento di mercato). E così si spiega anche l'introdu-zione dell'ammortamento minimo obbligatorio per ciascun anno.

Si tratta in sostanza di evitare, entro certi limiti, la distribu-zione di utili inesistenti.

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-neile attività dell'impresa. Se mai è da lamentare una condotta op-posta, cioè ii desiderio di mettere in evidenza degli utili superiori a quelli effettivi o di distribuire riserve negli anni in cui non si rea-lizzano utili, utilizzando solo parzialmente le norme di cui si è detto. Per questo, se nei confronti di questi soggetti le norme dovessero es-sere mutate, non potrebbero eses-sere cambiate se non nel senso di ren-derle più incisive; almeno fino a quando perdurerà l'attuale situa-zione economica.

Ma dove il problema dà luogo a non poche perplessità è nei con-fronti delle imprese individuali e, anche se in misura minore, delle società di persone.

Come le società per azioni hanno l'esigenza, nei limiti del pos-sibile, di mettere in evidenza un utile di bilancio, anche, talvolta, a costo di non effettuare gli ammortamenti necessari, a maggior ra-gione le imprese individuali e, anche se con maggiori vincoli le so-cietà di persone, devono distribuire un utile, specie se il reddito d'im-presa è l'unica risorsa per l'imprenditore o il socio.

In presenza delle norme fiscali di cui si è detto, una politica aziendale in tal senso è resa più agevole in quanto l'imprenditore non ha interesse a mettere in evidenza degli utili. Ma se effettuando tutti gli accantonamenti nei limiti massimi concessi dalle norme fi-scali, l'imprenditore riesce ad annullare il profitto imponibile (si tenga conto anche della minor valutazione rispetto ai prezzi correnti dell'attivo di bilancio al costo storico) può procedere alla distribu-zione del proprio patrimonio nei limiti in cui l'autofinanziamento su-pera l'onere effettivo, mantenendo intatto il capitale dell'impresa. In questa ipotesi formalmente si riduce il patrimonio di bilancio, ma ef-fettivamente si distribuisce un reddito che in tal modo non entra a formare il reddito complessivo dell'imprenditore o del socio.

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6. Tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo desta non po-che perplessità la lettera f) dell'art. 10 del d.p.r. 597, per cui dal red-dito sono deducibili le spese per cure mediche e chirurgiche e le spese necessarie per l'assistenza specifica di persone colpite da grave e permanente invalidità o menomazione, compresi gli onorari e gli altri compensi, in quanto eccedono una certa percentuale del reddito dichiarato (cioè la parte eccedente una data percentuale e non un

limite massimo di deducibilità). Naturalmente tali spese devono es-sere documentate in sede di dichiarazione.

È una grossa novità per il nostro ordinamento di cui, forse, non si è pienamente valutala la portata, in quanto in tale norma manca un coordinamento logico con le disposizioni relative alla sicurezza so-ciale. Né a tale scopo serve la disposizione per cui tali oneri devono essere rimasti effettivamente a carico del contribuente.

Attualmente in Italia vi è un sistema per cui tutti sono assi-curati contro le malattie e gli infortuni, salvo un numero limitato di classi sociali. Il ricovero all'ospedale è assicurato gratuitamente a tutti indistintamente, i servizi medici e le medicine sono rese gra-tuitamente o rimborsate. Naturalmente tutto ciò avviene ad un li-vello minimo uguale per tutti. Certo, in molti casi le prestazioni sono inadeguate, il costo è eccessivo, ma si tratta di disfunzione relativa alla organizzazione della sicurezza sociale. Chiunque può godere di questo minimo cbe viene assicurato dallo Stato.

Come ogni servizio pubblico la gratuità si limita ad un livello minimo, ma uguale per tutti. Se questo è insoddisfacente, è questo settore che va corretto. Lo Stato non può dare un contributo (que-sta è la natura della detrazione) a coloro che desiderano un livello superiore di prestazioni. Se all'ammalato assistito si assicura in ospe-dale o nelle cliniche convenzionate un letto in una camera di più per-sone o in una corsia, ed un vitto qualitativamente molto modesto, non si vede perché a favore di certi cittadini lo Stato deve assumersi parte dell'onere se il ricovero avviene in una clinica privata, o, anche peg-gio, nella stessa clinica convenzionata a camera singola, magari con salotto e televisore, con un vitto pari a quello di un ottimo ristorante ecc. Ciò costituisce un'indubbia deviazione del sistema, tanto più in quanto il tasso dell'imposta risparmiata è crescente (anche se la parte non detraibile è pure essa crescente) col crescere del reddito. Se mai la detrazione poteva essere concessa per coloro che non hanno diritto ad usufruire della sicurezza sociale.

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contestazioni. Per chi usufruisce dell'assistenza indiretta, se vi è uno sfasamento tra l'anno in cui le spese sono sostenute e quello in cui vengono rimborsate, come può il contribuente onesto dichiarare La misura in cui gli oneri sono rimasti effettivamente a suo carico? E come potrà l'Amministrazione controllare che la spesa per cui si chiede il rimborso integrale non è stata rimborsata sia pure parzial-mente dall'ente assicurativo o dall'impresa o ente cbe abbia una pro-pria cassa previdenziale? Con quale capacità tecnica potranno sinda-care gli uffici sulla necessità di certe cure, di determinati medicinali e sulla esigenza effettiva di certe spese di assistenza (infermiere o massaggiatore)? E le domande si possono moltiplicare.

Anche se l'inammissibilità delle spese risulterà a prima vista, nello spoglio della dichiarazione, l'ufficio si asterrà dal procedere alle rettifiche necessarie perché con ciò si precluderebbe l'accertamento di un maggior reddito susseguente ad un esame più approfondito dei singoli redditi. Purtroppo l'art. 38 del d.p.r. 600 per il quale la ret-tifica deve essere fatta con un unico atto, da molti punti di vista è deleteria. La norma vincola eccessivamente l'azione dell'amministra-zione. È vero cbe il termine della prescrizione è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione è presentata. Ma se si tiene presente il termine per la presentazione delle dichia-razioni, il tempo necessario per il loro esame ai fini dell'iscrizione a ruolo ed il fatto cbe le proposte di accertamento devono essere in-viate ai Comuni entro il 1° luglio dell'anno in cui scade il termine, si vede che il tempo utile per le rettifiche non supera i cinque anni. E ciò a fronte ad una decina di milioni di dichiarazioni annuali. Ciò significa che di fatto molti potranno dedurre spese giuridicamente inammissibili, senza temere una rettifica successiva dall'ufficio.

Ma prescindendo dal problema dell'accertamento, cbe dà luogo nella nuova disciplina a, qualche altra perplessità dal punto di vista del funzionamento pratico dei controlli, anche questo aspetto creerà un fattore aggiuntivo di sperequazione tra soggetti uguali, tra coloro che usufruiranno dell'assistenza diretta cbe non godranno dell'ulte-riore beneficio delle detrazioni fiscali e coloro che possono ricorrere a quella indiretta, cbe potranno godere di una riduzione del reddito imponibile, cbe si aggiungerà allo standard garantito a tutti.

Ed in tal modo si avrà un'ulteriore deformazione della progres-sività.

CESARE COSCIANI

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U N A V A L U T A Z I O N E E C O N O M I C A

D E L L A R I F O R M A D E L L ' I M P O S I Z I O N E I N D I R E T T A ( * )

S O M M A R I O : P R E M E S S A . — L ' I M P O S T A S U L VALORE A G G I U N T O : Primo niente: le deviazioni dalla generalità ingiustificate. - Secondo inconve-niente: la scarsa progressività - Terzo inconveinconve-niente: la scarsa discrimi-nazione nei confronti delle importazioni. - Quarto inconveniente: l'ec-cessiva evasione per la mancanza dei controlli e, quindi, l'insufficienza del gettito. - Quinto inconveniente: un certo ruolo perverso dell'imposta nella attuale situazione inflazionistica. - Sesto inconveniente: il man-cato rimborso agli esportatori. — L ' I M P O S T A DI REGISTRO. — L E I M P O S T E D I S U C C E S S I O N E E DONAZIONE. — L ' I M P O S T A S U G L I I N C R E M E N T I DI VALORE DEGLI I M M O B I L I .

PREMESSA

La riforma tributaria ha rappresentato un'occasione storica di rinnovare il nostro antiquato ed inefficiente sistema tributario. Essa è stata in parte un'occasione mancata, perché il disegno logico della riforma, quale era stato delineato dalle varie commissioni di studiosi che l'avevano preparata, si è in parte inquinato, per difetto di inge-gneria sociale e a causa delle spinte degli interessi corporativi, a mano a mano che la riforma è stata attuata dal Parlamento e dal Governo. La riforma tributaria illustra le difficoltà in cui ci si muove nel nostro Paese quando si vuole portare avanti una riforma in modo coerente a causa di quelli cbe Steve definisce i « particolarismi che frantumano le grandi conquiste dell'oggettività della legge e del-l'amministrazione » (1).

Un esempio evidente è l'introduzione dell'imposta sul valore ag-giunto. Tale tributo ha molti pregi sotto il profilo teorico; ma nella sua applicazione concreta esso è stato gravemente distorto, perdendo via via molte delle caratteristiche di generalità, di neutralità e di

(*) Relazione al Convegno Nazionale su « Risultati e prospettive della riforma tributaria in materia (li imposizione indiretta », Camera di Commer-cio, Industria e Agricoltura, Pavia 13-14 dicembre 1974.

(1) S T E V E S . , Lezioni di scienza delle finanze, Padova, Cedam, 1972, p. 317.

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non discriminazione che corrispondono al suo modello teorico, senza che sempre tale perdita trovi giustificazioni sotto il profilo economico, sociale e tecnico-amministrativo.

Le aliquote dell'IVA erano state fissate supponendo la parità di gettito con l'IGE ; a mano a mano che la normativa dell'imposta ve-niva definita, per esigenze giustificate di politica economica e sociale e in qualche caso per l'azione di interessi corporativi, la base imponi-bile si è ridotta, senza nel contempo preoccuparsi delle implicazioni di gettito. Ciònonostante, nel 1973, primo anno di applicazione del-l'IVA, il gettito dell'imposta, seppure inferiore alle previsioni ufficiali, è stato lievemente superiore a quello cbe si sarebbe avuto con la vec-chia imposta, ove il coefficiente di elasticità del prelievo fosse stato quello medio degli ultimi 15 anni (1,21). Ciò significa che il tasso di evasione si è ridotto oppure che la stima delle aliquote non era cor-retta (2).

Inoltre, l'introduzione di questo tributo è avvenuta in modo di-sordinato, accentuando le ripercussioni sui prezzi ed altri effetti ne-gativi sulla produzione e sulla domanda cbe si sarebbero potuti evi-tare. Si sarebbe dovuto annunciare l'imposta una sola volta e poi introdurla : la si è, invece, annunciata tre volte per cui si sono avuti per tre volte gli effetti di annunciazione del tributo, tra i quali le an-ticipazioni di una parte degli effetti di aumento dei prezzi. In defi-nitiva, si è avuto un effetto cbe in realtà si voleva controllare.

Una valutazione economica della riforma dell'imposizione indi-retta deve essere effettuata considerando i problemi di politica fi-scale di breve e di medio periodo, cbe costituiscono un aspetto in un certo senso nuovo, determinato dalle vicende economiche recenti, ol-treché dai primi risultati della riforma. In particolare, si deve porre in primo piano il problema dell'aumento del rapporto tra il gettito e il prodotto nazionale, per ridurre il disavanzo a dimensioni « nor-mali » e per procurare le risorse addizionali cbe sono richieste dalla domanda collettiva di riforme.

Il quadro che si intende dare sarà il più possibile tecnico ed ob-biettivo. In qualche caso sarà inevitabile soffermarsi su questioni « politiche » ; ma allora saranno rese esplicite le valutazioni che si sug-geriscono. L'inventario dei problemi sarà il più possibile completo ; mi soffermerò prima sull'imposta sul valore aggiunto, poi sul tributo di

(2) POLA 6., IVA anno 1913: come ha funzionato l'applicazione del nuovo

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registro, sulle imposte di successione, e, infine, sull'imposta sull'in-cremento di valore degli immobili.

L ' I M P O S T A SUL VALORE AGGIUNTO

L'applicazione dell'IYA presenta alcuni inconvenienti, in parte riportabili alla disciplina normativa, tra i quali l'esistenza di deviazioni dalla generalità del tributo cbe non sembrano giustificate, la scarsa progressività rispetto alla spesa delle famiglie, l'insufficiente discriminazione nei confronti delle importazioni, l'eccessiva evasione per la mancanza dei controlli e, quindi, l'insufficienza del gettito, un certo ruolo perverso dell'imposta nell'attuale situazione inflazionisti-ca, e l'eccessivo ritardo nei rimborsi alle esportazioni. Questi incon-venienti non portano, a mio giudizio, ad una valutazione negativa sull'introduzione dell'IVA. Tutto sommato, mi pare cbe salvo qual-che problema particolare, del resto inevitabile, la disciplina del nuovo tributo, seppure voluminosa, sia tecnicamente piuttosto raffinata, bene coordinata e formulata. Viene meno un difetto del nostro vecchio si-stema tributario cbe portava ad una scarsa certezza giuridica.

Primo inconveniente: le deviazioni dalla generalità ingiustificate

Le deviazioni dalla generalità del tributo ingiustificate sono so-prattutto quelle che discendono dai regimi agevolati, cbe hanno eroso la base imponibile, provocando gravi abusi, perdite di gettito e rendite ingiustificate a favore di contribuenti. Si tratta in primo luogo delle esenzioni e delle esclusioni previste dall'art. 2, comma 3 e dall'art. 10, comma 1, del regime forfettario (art. 33) e di esonero

(art. 32) e dei regimi per l'agricoltura.

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Il venir meno dell'esonero è inteso a combattere una delle cause principali dell'evasione dell'IVA, assai grave perché l'evasione all'ul-timo stadio, specialmente da parte dei piccoli commercianti, significa per l'erario la perdita dell'imposta e per il contribuente il godimento di aberranti rendite fiscali senza alcun vantaggio per il consumatore finale. In un sistema dove i controlli non funzionano l'esonero rende facile l'evasione anche ai soggetti con cifre di affari superiori a 5 mi-lioni, cbe in tal modo riescono a sottrarsi anche all'imposizione di-retta. Anche senza l'evasione, l'esonero e i regimi forfettario e spe-ciale per gii agricoltori contribuiscono, d'altro canto, a perdite di gettito per l'erario, pari alla creazione di rendite fiscali, che non vantaggiano necessariamente i contribuenti che l'erario vorrebbe av-vantaggiare.

Il regime forfettario dovrebbe essere eliminato per quanto ri-guarda il suo contenuto agevolativo, perché la soppressione dell'eso-nero rende ingiustificato l'abbattimento decrescente della base impo-nibile sinora concesso ai forfettari. La forfettazione della detrazione non trova alcuna giustificazione, essendo esattamente quantificabile l'IVA che ha gravato sugli acquisti sulla base del corrispondente re-gistro che gli attuali forfettari devono tenere.

Si dovrebbe applicare solo un regime speciale che incida unica-mente sull'insieme degli adempimenti al fine di semplificarli e non sul quantum dell'imposta. Il regime semplificato potrebbe essere man-tenuto solo elevando la fascia di volume di affari da 80 a 120 milioni, già stabilita agli effetti della contabilità semplificata per le imprese minori dall'art. 18 del D.P.R. n. 600 relativo all'accertamento delle imposte sul reddito.

Poiché i regimi speciali per l'agricoltura finiscono di avvantaggia-re più i commercianti che gii agricoltori, si dovavvantaggia-rebbe eliminaavvantaggia-re l'aspet-to agevolativo, provvedendo a restituire agli agricoll'aspet-tori le somme in-cassate in forme opportune (sussidi alla ristrutturazione fondiaria, etc.).

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nuova norma che introduce la tassazione delle prestazioni a privati dei professionisti. Ne risulta l'incredibile risultato che la maggiore imposta pagata dai privati per l'assoggettamento all'IVA delle pre-stazioni dei professionisti va a totale beneficio dei professionisti eso-nerati e a beneficio parziale dei professionisti soggetti al regime for-fettario.

Secondo inconveniente : la scarsa progressività

L'IVA è un tributo moderatamente progressivo rispetto alla spesa delle famiglie, grazie al giuoco delle esenzioni e delle discrimi-nazioni di aliquote. Ma con l'attuale struttura delle aliquote la pro-gressività appare assai tenue. Dovrebbe essere possibile accrescerla, spostando una parte dell'onere dell'imposizione indiretta dalle classi più povere a quelle più ricche.

Per questa manovra si potrebbe anche pensare ad una riduzione di aliquote sui beni essenziali. I beni di prima necessità attualmente al 6, al 3 e all'I per cento potrebbero scontare una aliquota ulterior-mente ridotta, che in alcuni casi (pasta, pane, latte, farina, riso, olio, zucchero) potrebbe anche essere pari alla zero per cento.

L'individuazione di tali beni dovrebbe avvenire tenendo presenti gli impegni assunti dalle imprese sulla determinazione dei prezzi in sede CIP, al fine di evitare che le riduzioni di aliquota non vadano a vantaggio del consumatore, ina esclusivamente delle imprese e della distribuzione. La perdita di gettito potrebbe essere recuperata au-mentando il campo di applicazione dell'IVA maggiorata (30 %). A tale aliquota potrebbero essere soggetti beni, quali i cosmetici e la maggior parte dei prodotti per profumeria (ad esclusione natural-mente del sapone e dei detersivi), i dischi e i nastri da registrazione, il cognac, la birra, le bevande gassate, ad esclusione delle acque mi-nerali, i vini a denominazione di origine, il vermouth. Qualora la tas-sazione mediante l'aliquota maggiorata possa sembrare insufficiente, si potrebbe utilizzare l'imposta di fabbricazione, ritoccandola verso l'alto. I prodotti interessati potrebbero essere i superalcoolici, io

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presentato al Parlamento nel luglio scorso, ma poi il Parlamento non ha ratificato gli aumenti, crediamo, soprattutto a causa di pres-sioni corporative.

In ogni caso i ritocchi alla struttura delle aliquote dovrebbero essere giustificati nei confronti della collettività mediante indagini empiriche sulla distribuzione del carico di imposizione per classe di spesa. Sotto questo importante profilo molto resta ancora da fare, perché assai scarsa è la conoscenza empirico-statistica della distribu-zione di spesa tra le varie classi di reddito e, soprattutto, della di-stribuzione dell'incidenza, effettiva e formale dell'imposizione. Tra l'altro tale conoscenza si rivelerebbe assai utile per le previsioni di gettito, la cui qualità è assai cattiva.

Terzo inconveniente : la scarsa discriminazione nei confronti delle im-portazioni

Una maggiore discriminazione delle aliquote dovrebbe essere ricercata non solo per aumentare l'equità dell'imposizione, ma altresì per scoraggiare alcuni consumi a forte contenuto di importazione. I recenti ritocchi alle aliquote IVA sul whisky e sulla carne bovina si proponevano questo obbiettivo, anche se, riteniamo, l'aumento at-tuato risulterà insufficiente a provocare il voluto contenimento del-le importazioni. Ciò sembra vero soprattutto per quanto riguarda l'aumento al 18 per cento dell'IVA sulla carne bovina.

Come è noto, le importazioni di bestiame e di carne bovina co-stituiscono la causa principale del disavanzo non-oil della bilancia dei pagamenti. L'effetto di prezzo (+ 12 per cento) determinato dall'au-mento di aliquota pare insufficiente a provocare una rilevante ridu-zione della domanda, data la modesta elasticità della domanda di carne bovina (3). Senza il ricorso al razionamento o a divieti di ven-dita in certi giorni del mese, solo il passaggio dell'IVA al 30 per cento avrebbe permesso, crediamo, un'apprezzabile riduzione della do-manda e delle importazioni, che è stata indicata, rispettivamente, in-torno al 25 e al 50 per cento. Si è calcolato cbe il risparmio di valuta estera avrebbe potuto raggiungere 700 miliardi di lire, invece di circa

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100 miliardi di minor spesa con l'aliquota al 18 % (4). Naturalmente tale effetto sarebbe potuto essere realizzato dopo almeno un anno, poiché i nostri allevatori non sarebbero stati subito in grado di sod-disfare la domanda di carni sostitutive. Nel primo anno probabil-mente la restrizione delle importazioni sarebbe potuta essere di circa la metà (300-400 miliardi).

Al fine di spostare la domanda di carne da quella estera a quella nazionale, l'entrata ottenuta dalla maggior aliquota sulla carne sarebbe potuta essere destinata a sussidi a favore dei produttori degli altri tipi di carne, ad esempio, affidando all'AIMA il compito di ac-quistare i capi suini e avicoli a un prezzo remunerativo, cedendoli poi alle macellerie. L'imposizione CIP del prezzo di vendita al con-sumo avrebbe dovuto impedire artificiosi allineamenti dei prezzi delle carni sostitutive su quelli delle carni bovine. Poiché la manovra avrebbe avuto carattere neutrale in termini di gettito e nei con-fronti del costo della vita, si sarebbe potuto concordare con i sin-dacati la sostituzione del nuovo modello di consumo di carni alla voce « polpa di vitellone » inclusa nella scala mobile.

Quarto inconveniente: l'eccessiva evasione e, quindi, l'insufficienza del gettito

L'applicazione dell'IVA sino ad oggi pare contraddistinta da un elevato grado di evasione, imputabile in parte allo sfasamento del-l'entrata in vigore della riforma tributaria, in parte ai mancati con-trolli dell'amministrazione finanziaria, in parte ad alcune anomalie della legge delegata. Il grado di evasione è difficilmente quantifica-bile. Recentemente si è calcolato che l'evasione dovrebbe essere di-minuita rispetto a quella che si aveva con l'IGE di circa un sesto

(essa avrebbe raggiunto il 24 per cento del gettito teorico, circa 1200 miliardi nel 1973 (5) ; altri, sulla base di una valutazione a priori, ritengono che l'evasione dell'IVA sia più elevata, tale da sottrarre una percentuale del gettito teorico sino al 50 per cento, più o meno dello stesso ordine di grandezza di quella che si aveva con il prece-dente regime. Non è possibile preferire l'una o l'altra delle valuta-zioni offerte, per la debolezza delle ipotesi assunte alla base dei cal-coli effettuati. Sarebbe certo auspicabile che l'amministrazione

svi-\

( 4 ) Si tratta delle valutazioni offerte da N . A N D R E A T T A , «Corriere della sera », 28 maggio 1974.

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lappasse un'indagine sul grado di evasione complessivo e nei diversi settori, per zone e per prodotti, confrontando i gettiti teorici ricava-bili sulla base dei dati di contaricava-bilità nazionale con i gettiti effettivi, ricostruendo, cioè, la base imponibile del tributo, disaggregata in re-lazione alle aliquote. L'indagine potrebbe anche offrire indicazioni preziose sui provvedimenti da adottare e sui controlli da effettuare. Non è necessario soffermarsi qui sui ben noti danni prodotti dal-l'evasione, non solo su quelli in termini di gettito, ma anche, e forse soprattutto, su quelli in termini di distorsioni sul mercato. La lotta all'evasione è oggi particolarmente necessaria per la grave situazione finanziaria in cui si trova il nostro paese. Non è possibile valutare pienamente il ruolo da attribuire alla lotta all'evasione, né, d'altro canto, quello stesso dell'imposizione indiretta, se non si prende in considerazione la situazione della finanza pubblica in Italia oggi nel contesto della situazione economica. Riteniamo che nei prossimi due-tre anni la pressione fiscale dovrebbe aumentare ad almeno il 35 per cento, in linea con la media degli altri paesi industrializzati (6) e in relazione del livello della spesa pubblica. Nel 1973, secondo i dati ufficiali dell'ultima Relazione generale sulla situazione

econo-mica del paese, la pressione fiscale complessiva, inclusi i contributi sociali, misurata dalle entrate tributarie di cassa, rappresentava il 29,6 per cento del prodotto nazionale (7) ; nel 1974 essa dovrebbe

es-(6) Nel 1970 la pressione fiscale nei paesi membri dell'OC SE, ad esclu-sione degli Stati Uniti, raggiungeva in media il 34,6 per cento. Nei sìngoli paesi era la seguente : Austria 35,6 ; Belgio 33,9 ; Canada 33,9 ; Danimarca 39.2 ; Finlandia 32,9 ; Francia 36,1 ; Germania 35,4 ; Giappone 19,9 ; Grecia 25.3 ; Irlanda 30,5 ; Italia 29,3 ; Norvegia 40,8 ; Regno Unito 37,1 ; Spagna 21,1 ; Stati Uniti 29,8; Svezia 43,4; Svizzera 24,9.

Solo il Giappone, la Grecia, la Spagna e gli Stati Uniti avevano in tale anno una pressione fiscale inferiore a quella italiana (naturalmente non usiamo qui il termine « pressione » in senso letterale, perché allora dovremmo pren-dere in considerazione il reddito medio pro-capite e la distribuzione del red-dito). OECD, National Accounts Statistics.

( 7 ) È singolare che una recente pubblicazione della MEDIOBANCA, La fi-nanza pubblica, 1968-1912, p. 59, molto ampiamente ripresa dalla stampa, ab-bia messo in dubbio i dati sulla pressione fiscale ufficiale, senza preoccuparsi di chiarire che la pressione misurata riguardava solo gli accertamenti di com-petenza, mentre quella ufficiale le entrate di cassa (competenza e residui) e senza indicare i criteri di consolidamento in modo da permettere un controllo. La presisone fiscale indicata nello studio Mediobanca per il 1972 (35,6 per cento) supera di ben 5,6 punti quella che risulta dalla Relazione Generale

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sere aumentata di oltre un punto percentuale, grazie al pacchetto fiscale, al venir meno delle cause di perdita di gettito dell'IVA nel primo anno e al fiscal drag sulle entrate da imposte dirette (partico-larmente dalle trattenute sui redditi di lavoro dipendente) prodotto dall'accelerazione dell'inflazione. Infatti, nel 1974 le entrate tributarie del Settore Statale sono aumentate del 28,8 per cento a fronte di un aumento del reddito che nel settembre 1974 la Relazione previsionale

e programmatica ha previsto intorno al 20,7 per cento. Nel 1973 le entrate tributarie erano aumentate solo del 16,4 per cento, a fronte di un aumento del reddito del 17 per cento. L'elasticità delle entrate tributarie al reddito sarebbe aumentata da 0,96 nel 1973 a 1,39 nel 1974. Di detto aumento è responsabile soprattutto l'imposizione di-retta, il cui gettito nel 1974 si è accresciuto del 37,8 per cento (del 24,6 per cento soltanto per l'imposizione indiretta). Ma, per il li-vello della spesa pubblica, pari al 40,2 per cento del prodotto na-zionale nel 1974, il gettito risultante deve ancora essere giudicato in-sufficiente. Nonostante un lieve miglioramento nel 1974, il disavanzo del Settore Pubblico (Pubblica Amministrazione e Aziende autono-me) rimane ancora di gran lunga il più elevato di tutti i paesi indu-strializzati (nel 1973 esso aveva raggiunto un massimo storico relativo del 9,1 per cento del prodotto nazionale). Il finanziamento dell'impo-nente fabbisogno del Settore Pubblico ha provocato e provoca effetti squilibranti per l'eccesso di moneta che si è dovuto creare. In presenza di un vincolo alla creazione di credito fissato dall'autorità monetaria per la necessità di riequilibrio dei conti con l'estero, il fabbisogno del Settore Pubblico è stato la causa principale della stretta creditizia al settore produttivo, perché la dilatazione del volume della base mone-taria per finanziare il Tesoro ha condotto ad una contrazione delle di-sponibilità di finanziamento per il settore privato. In questa situa-zione, l'aumento delle entrate tributarie attraverso la lotta all'eva-sione deve essere perseguito con assiduità e incisività nei prossimi anni, se si vuole uscire dalla situazione di stagnazione con inflazione e recuperare gli investimenti.

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lavoratori i gravi sacrifici che sono necessari per il superamento delia crisi e costituisce un invito all'anarchia. D'altro canto, l'aumento della pressione fiscale attraverso la riduzione dell'evasione permette di ottenere le risorse necessarie per rilanciare la politica delle riforme. La via apparentemente più facile di aumentare il gettito ritoccando le aliquote o, peggio, introducendo nuovi tributi (come putroppo è avve-nuto recentemente con la parte del pacchetto fiscale riguardante il ri-tocco delle aliquote delle imposte sul reddito) porta inevitabilmente al-l'affossamento della riforma tributaria.

L'aumento della pressione fiscale, dunque, deve essere raggiunto in primo luogo migliorando gli accertamenti al fine di ridurre so-stanzialmente il grado di evasione (8). Per quanto riguarda l'IYA un primo passo per un effettivo salto di qualità degli accertamenti è stato compiuto con l'introduzione dell'accertamento per sorteggio di un campione di contribuenti, cbe dovrebbe divenire operativo al più pre-sto. Spetta al Ministero delle Finanze definire i criteri per i controlli. E necessario che tali criteri stabiliscano cbe il sorteggio del campione debba essere svolto con la massima pubblicità, ad esempio per televi-sione e con la presenza di un notaio e debba interessare zone, catego-rie e contribuenti in modo da evitare cbe si possa pensare ad azioni pu-nitive o ricattatorie. Purtroppo ancora non si dispone dell'universo dei contribuenti registrato dall'anagrafe e, perciò, i sorteggi non potranno cbe interessare gruppi limitati di contribuenti di cui è possibile di-sporre degli elenchi. Si potrebbe forse pensare di utilizzare le anagrafi civili dei comuni, richiedendo ad ogni comune di estrarre una o più lettere, in relazione al numero degli iscritti, tra i quali in ogni pro-vincia si potrebbe poi estrarre a sorte un prefissato numero di contri-buenti.

L'accertamento per sorteggio dovrebbe essere effettuato da com-missioni miste di funzionari dei diversi uffici e con la partecipazione della polizia tributaria, al fine di evitare che si instaurino rapporti personali tra coloro che vengono estratti a sorte e il singolo funzio-nario. Si dovrebbe dichiarare esplicitamente che i risultati dell'ac-certamento per campione non verranno utilizzati per reintrodurre di fatto l'accertamento induttivo sulla base di parametri stabiliti a priori simili a quelli di famigerata memoria esistenti per la vecchia

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imposta di R.M. Il fine dell'accertamento per campione è quello pre-ventivo di ammonire gli evasori, applicando effettivamente tutte le san-zioni, anche quelle più gravi di ordine penale sinora rimaste sulla carta, non quello di rilevare indici medi di redditività da applicare nell'accertamento della cifra di affari e del reddito degli altri con-tribuenti.

Accanto all'applicazione dell'accertamento per campione, la lotta all'evasione nel settore dell'IVA deve svolgersi effettuando i con-trolli incrociati delle cifre di affari presso l'anagrafe centrale e pro-muovendo per il futuro un effettivo coordinamento tra l'accertamento della cifra di affari ai fini dell'IVA e del reddito ai fini delle imposte dirette. Sino ad oggi i controlli sostanziali delle dichiarazioni IVA non hanno potuto usufruire del controllo incrociato delle dichiara-zioni annuali, perché non era indicato il numero di codice dei clienti. L'indicazione obbligatoria di tale numero di codice nell'allegato clienti della dichiarazione annuale che, a quanto pare, verrà richiesta dal decreto in corso di emanazione, dovrebbe permettere sin dagli ultimi mesi del 1976 e nel 1977 di disporre di tale controllo, almeno per un campione di contribuenti, e, perciò, di accrescere sostanzialmente l'efficacia dei controlli di merito, oggi ancora affidati più al « fiuto » degli uffici cbe all'evidenza indiscussa dei fatti. Anche se i commer-cianti al minuto e le attività assimilate (una delle categorie sospette di maggiore evasione) non sono tenuti all'obbligo della fatturazione e, perciò, la loro cifra di affari non verrà rilevata dall'anagrafe, sarà possibile un controllo dei loro acquisti attraverso l'elenco clienti dei fornitori cbe permetterà, tra l'altro, di controllare il legittimo godi-mento del regime di esonero (se questo non verrà abolito).

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