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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1960, Anno 19, n.1, marzo

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MARZO 1960 Pubblicazione trimestrale Anno XIX - N. 1

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(e R IV ISTA IT A L IA N A DI D IRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E :

L U I G I E I N A U D I A C H ILLE D. GI ANNI NI D E L L ’ U N I V E R S I T À D I T O R I N O D E L L * U N I V E R S I T À D I B A R I

GIAN ANTONIO MICHELI S A L V A T O R E S C O C A D E L L ’ U N I V E R S I T À D I F I R E N Z E A V V O C A T O G E N E R A L E D E L L O S T A T O

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Pubblicazione sotto gli auspici della Camera di Commercio di Pavia

La Redazione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l ’ Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova n. 65. Ad essa devono essere inviati manoscritti, bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia etc. Redattore

Capo, prof. Francesco Forte.

L ’abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti 1 numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all’editore, anche con versamento sul conto corrente postale 3/17986, indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile, nome, cognome e indirizzo dell’ abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. Il rinnovo dell’ abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l’ amministrazione provvede direttamente all’incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative.

Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dall’ im­ porto di L. 70 in francobolli.

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Per ogni effetto l ’abbonato elegge domicilio presso l ’amministrazione della rivista.

ABBONAMENTI CUMULATIVI : Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delie Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto ad una ridu­ zione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercialisti ed a II Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa Dott. A. Giuffrè.

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INDICE-SOMMARIO

P A R T E P R I M A

DOTTRINA

pag. Federico Maffezzoni - Il concetto di importazione come presupposto di

fatto dell’imposta generale sull’e n t r a t a... 3 Jenny Gr iz io tti Kketschm ann - La formazione e la distribuzione del red­

dito nazionale nel nuovo piano settennale sovietico (1959-1965) . . 50 Antonino Rom ani - Appunti sull’interpretazione delle norme fiscali del

trattato istitutivo della C.E.E. con particolare riferimento alle imposte sui consumi vigenti in I t a l i a...56 Onorio Gobbato - Si possono istituire confronti fra le attività del settore

pubblico dei sei paesi della C . E . E . f...8,1 Armando Giorgetti - Di un’esenzione fiscale a favore di alcuni cittadini

italiani di razza ebraica, trattati come nemici durante l’ultimo conflitto 92 G.A. Mic h e li - Tullio Ascarelli... HO G.A. Mic h e l i - Luigi Biam onti... IH F. Maffezzoni - Antonio U ckm ar...IH

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI R E C E N T I...IH

P A R T E S E C O N D A

GIURISPRUDENZA

Enrico De Mita- La solidarietà passiva nel debito d’imposta . . . . 3

Filip po Gazzerro- L’errore nel concordato ossia la ritrattabilità del con­

cordato affetta da e r r o r e... 13 Francesco Valenziano- Della natura e della impugnabilità del concordato

fiscale con particolare riguardo alla imposta di successione . . . 19 Costantino De Bono - Sulla esperibilità dei negozi tra privati da parte

dell’amministrazione fin a n z ia r ia... 24 Giu s e p p e Greco - Appunti in tema di tassa per l occupazione di spazi

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pag. Imposta di registro - Obbligo di pagare l’imposta - Solidarietà passiva di

diritto sostanziale - Sua efficacia processuale (Artt. 80, 84, 93 T.U. di registro) (Cass., 13 ottobre 1958, n. 3228) (con nota di E. Db Mit a) 3 Procedimento - Concordato inficiato da errore di diritto - Estremi per l’an­

nullamento (Comm. Centi1., 18 febbraio 1959, n. 13450) (con nota di F. Gazzebro) ... Successioni - Procedimento di valutazione - Concordato stipulato nel pre­

supposto che la devoluzione fosse esente da imposta - Irretrattabilità del concordato e sua validità per la imposta ritenuta dovuta (Comm. Centi-., 20 gennaio 1959, n. 123G1) (con nota di F. Valen zian o) . 19 Registro e successione - Cessione azienda da parte del titolare a società

costituita fra gli eredi necessari, nello stesso giorno - Simulazione dell’atto allo scopo di evadere l’imposta di successione (Cass., 20 di­ cembre 1958, n. 3937) (con nota di C. De Bono) ... 24 Imposte e tasse - Ingiunzione fiscale - Opposizione - Legittimazione passiva 33 Tributi locali - Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche - Oc­

cupazioni permanenti - Riscossione del tributo - Esclusione del proce­ dimento privilegiato della ingiunzione (Cass., 14 novembre 1959, n. 3376) (con nota di G. Greco) ...33 M A S S I M A R I O ... 43

SENTENZE E DECISIONI ANNOTATE

L’ I NDI C E A N A L I T I C O DEL M A S S I M A R I O

(5)

CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

ALBERTO FERRARI

POLITICA MONETARIA

EVOLUZ I ONE E A S P E T T I ODI ERNI

Prefazione.

L ’e v o l u zio n e dei fattori i s t i t u z i o n a l i: Dell’iniliieiiza della « teoria » e delle « istituzioni » sull’evoluzione della poli­ tica monetaria - Sulle origini della politica monetaria mo­ derna - Dal biglietto di banca alla moneta scritturale - L’evoluzione nei rapporti tra stato e banca centrale.

Eve n tieteorie: La politica monetaria del « gold standard »

internazionale - La politica monetaria della prima guerra mondiale - La politica monetaria del ritorno all’oro - La politica monetaria dell’abbandono del regime aureo - Eventi monetari dopo la guerra - Sul valore pratico della evoluzione in campo teorico.

Po litica m o n e t a r ia o d ie r n a: Politica monetaria e sistema

economico - La politica monetaria e la banca centrale. Indice degli autori - Indice delle materie.

Volume in 8°> pag. XV-347, rii. te la ... L. 2.500

(6)

CASA EDITRICE DOTT ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

BENVENUTO GRIZIOTTI

PRI MI E L E M E N T I

DI SCIENZA DELLE FINANZE

Sesta edizione accresciuta ed aggiornata per cura

d i Francesco Fo rte.

Volume in 8° di pag. IV-323 . . . . L. 1200

JENNY GRIZIOTTI KRETSCH M ANN

P O L I T I C A E C O N O M I C A

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E

S U L L E F I N A N Z E

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agenti-CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

B E N V E N U T O G R I Z I O T T I

SAGGI SUL R IN N O V A M E N T O

DELLO STUDIO DELLA SCIENZA

DELLE F IN A N ZE

E DEL DIRITTO FINANZIARIO

Voi. in 8° di pag. IV- 4 3 8 ... L. 2000

S T U D I

DI SC IE N ZA DELLE F IN A N Z E

E D I R I T T O F I N A N Z I A R I O

VOLUME PRIMO:

Prefazione di Luigi Ein a u d i. — Parte Prima: Sugli ef­

fetti della conversione della rendita e sul calcolo della ric­ chezza imponibile. — Parte Seco n d a: La ripartizione po­ litica del carico tributario e l’imposizione delle rendite e degli incrementi di valore. — Parte Te r z a: Studi sulle finanze postali. — Parte Qu a r ta: La scienza pura delle fi­ nanze e le spese pubbliche (in 8°, pag. XL-522).

VOLUME SECONDO:

Prefazione di Ezio Vanon i. — Parte Pr im a: Le prime e le ultime lezioni. — Parte Seconda: Contributi e discussio­ ni. — Parte Te r z a: Monografie finanziarie. — Parte Quar­

ta: Rassegne di opere e di scuole (in 8°, pag. XVI-588).

Prezzo dei due volumi L. 6.000 - rilegati in t e l a ... L. 7.000

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA E TRIBUTARIA

diretta da G. ZANOBINI, G. PESCATORE, A. TORRENTE

VOLUMI PUBBLICATI:

Rassegna di giurisprudenza sulla espropriazione per pubblica utilità (Norme fondamentali • Leggi speciali - Legislazione urbanistica - Espro­ priazioni od istituti affini in agricoltura - Requisizioni) a cura di G. Landi, p. XII-444, L. 2200.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi di pubblica sicurezza, a cura di R. Albano, p. VIII-441, L. 2200.

Rassegna di giurisprudenza sulle acque ed impianti elettrici, a cura di G. Coletti, p. XXVI-606, L. 3000.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi sanitarie, a cura di R. Russo, p. VIII-624, L. 3000.

Rassegna di giurisprudenza sugli usi civici, a cura di G. Flore, G. Tambur-

rino e A. Siniscalchi, p. XVI-196, L. 1000.

Rassegna di giurisprudenza sulla legge comunale e provinciale, a cura di A. Luco, p. VIII-600, L. 3000.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi sull’ edilizia economica e popolare, a cura di Roehrssen e Buccellato, p. VII-332, L. 1800.

Rassegna di giurisprudenza sulle concessioni di pubbliche autolinee, a cura di G. Manzari, p. X-210, L. 1200.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi doganali e leggi sul monopolio, a cura di G. Santaniello, p. XXVIII-228, L. 1500.

Rassegna di giurisprudenza sulla imposta generale sulla entrata, a cura di M. Jandolo, p. XIX-717, L. 3500.

Rassegna di giurisprudenza sull’ imposta di successione, a cura di E.

Gri-solia Gesano, p. XVI-264, L. 1500.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi di giustizia amministrativa, a cura di M. Rossano, p. IV-960, L. 4000.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi elettorali amministrative, a cura di D. Benanti, p. XVI-160, L. 800.

Rassegna di giurisprudenza sulla legge de! bollo, a cura di G. Santi, pagi­ ne XXIII-319, L. 1600.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi del registro, a cura di M. Pepe, p. XXVII-534, L. 3000.

VOLUMI IN PREPARAZIONE :

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi di Stato e di avanzamento mili­ tari, a cura di R. Merecazzi.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi sull’ impiego pubblico, a cura di G. Coletti.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi della pubblica istruzione, a cura di N. Daniele.

Rassegna di giurisprudenza sulle leggi di contabilità e sui contratti dello Stato, a cura di G. Dallari.

Rassegna di giurisprudenza sulle funzioni giurisdizionali della Corte dei conti, a cura di A. Di Stefano.

APPENDICI DI AGGIORNAMENTO saranno pubblicate periodicamente.

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

ERALDO FOSSATI

PROBLEM I

DEI NOSTRI GIORNI

NOTE ECONOMICHE DEL PERIODO 1 9 4 6 - 1 9 5 7

Problemi nazionali - Problemi internazionali - Visioni sul mondo - Tendenze del nostro tempo - Appendici.

« In questa pubblicazione sono raccolti molti articoli dell’illustre pro­ fessor Fossati, apparsi in riviste e giornali. Gli argomenti che egli svolge, non hanno un’impostazione unitaria e sistematica, giacché af­ frontano le questioni di attualità necessariamente varie e senza alcun filo conduttore. Questa frammentarietà però non toglie nulla al valore intrinseco del contenuto. Il lettore, che svolgerà le pagine cosi dense di questo volume, si imbatterà nelle soluzioni nette e precise dei pro­ blemi, che affiorano di continuo sul tormentoso terreno economico nel decennio trascorso dal ’46 al ’57. Nessuno dei problemi economici, sia di carattere nazionale sia internazionale, che nel periodo menzionato si sono agitati, è sfuggito all’abile penna dell’autore. Egli ha saputo svincolarsi dai vecchi schemi dell’economia classica, che aveva perduto di vista l’uomo reale per correre dietro al fantoccio astratto dell’uomo

oeconomicus... Sono pagine, che offrono materia di ripensamento per

chi detiene le redini del potere politico economico ».

(Da la « Civiltà Cattolica » del 21 novembre 1959)

Volume in 8-, pag. VIII-249 ... L - ì - 50'

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

MAFFEO PA N TA LE O N I

T E O R I A

D E LLA

TRASLAZIONE DEI TRIBUTI

DEFINIZIONE, DINAMICA E UBIQUITÀ DELLA TRASLAZIONE

Prefazione di G. U. Papi Introduzione di E. d’ Albergo

Dalla Prefazione del prof. G. V . P api:

L ’Istitu to di Economia e Finanza della F acoltà Giuridica dell’ U niversità di Roma, nel centenario della nascita di Maffeo P antaleoni, decideva di onorarne

la memoria ripubblicando un’ opera ormai quasi introvabile : « La teoria della

traslazione dei tributi », che era sta ta la sua tesi di laurea.

Il P rof. Ernesto d’Albergo accettava l’ incarico di predisporre una « In tro ­

duzione » alla lettura rinnovata del primo libro del Pantaleoni, agevolando il

tradursi in pratica di una iniziativa al tem po stesso doverosa e a llettan te. È sorta così questa pubblicazione che, se pure appare con lieve ritardo, nulla perde nella finalità di m ostrare t >tta la fresch ezza e attu alità dell’ insegnam ento del Pan­ taleoni, non pure in questo o quel setto r e della scienza econom ica, quanto nel m etodo medesimo dell’indagine. Oggi sop ra ttu tto in cui la pretesa crisi della scienza economica sembra risalire, p er la massima parte, a una certa confu­ sione, o sovrapposizione, o lacunosità di m etodi nello studio dei fenom eni eco­ nomici.

Volume in 8° di pag. XCVI-371, in brossura L. 2000 - rii. in tela L. 2400.

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IL CONCETTO DI IMPORTAZIONE COME PRESUPPOSTO DI FATTO DELL’IMPOSTA GENERALE SULL’ ENTRATA

Som m ario: 1. Premessa. — 2. Si deduce il concetto di importazione ai fini del- l ’ige da quello contenuto nelle norme doganali e particolarmente dalle norme che identificano il soggetto passivo dei tributi doganali. — 3. Si dimostra come il concetto di importazione così precisato sia confermato dalle norme relative al contrabbando doganale. •— 4. E dalle norme disci­ plinatrici dell’abbandono di merci estere. — 5. E dalle norme discipli­ natrici del sequestro e della confisca di merci estere. — 6. E dalle norme disciplinatrici della distruzione e utilizzazione delle merci estere da parte della P.A. — 7. E dalle norme sull’importazione temporanea. _ 8. E infine dalle norme sulla reimportazione di merci già esportate.

1. Premessa.

L’importazione di merci è un terzo tipo di presupposto di fatto, al quale si applica l ’imposta generale sull’entrata, accanto a quelli già esaminati da chi scrive in precedenti lavori ; della entrata lorda di ogni singolo scambio e dell’entrata lorda di una catena di scambi, rispettivamente colpiti dalle c.d. ige onnifase ed ige una tantum (1). L’importazione di merci è ovviamente un presupposto di fatto del tutto diverso dagli altri due, ma a questi ultimi collegato da strettissimi nessi concettuali e funzionali, che è necessario porre in luce nel modo pili chiaro possibile. Tuttavia, prima di rilevare tali nessi, occorre elaborare con precisione il concetto di importazione così come risulta dal sistema normativo, non potendosi studiare le relazioni fra concetti, prima di aver precisato in che cosa questi esattamente consistano. Benché l’ im­ portazione sia considerata come prosupposto di fatto di importanti tributi, come l’imposta generale sull’entrata, la sovrimposta di fabbricazione e i dazi doganali, a prescindere dalPabrogato diritto di licenza e della c.d. tassa di sbarco, tuttavia il concetto nor- matiio di essa ha ricevuto una ben scarsa elaborazione, limitata

(Mì’imìmFtn ^ AFFEZZ0Ni> Contributo alla teoria giuridica del presupposto di fatto

buio

ZT lZTrale

■SUlVentrata’ ln Arch- # “«*■> 1!>57, 150 ss j II-., Contri-

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4

-generalmente a una semplice rilevazione letterale delle norme po­ sitive, talvolta ma raramente e insufficientemente estesa ad uno sforzo di coordinazione sistematica (2). Orbene, il presente studio vuole essere un tentativo di colmare questa lacuna e conseguente­ mente di compiere un ulteriore passo in avanti nello studio si­ stematico dell’imposta generale sull’entrata.

2. ¡1 concetto di importazione di merci deve ricavarsi dalle norme

doganali.

L’art. 171 L. 1940 n. 762 sull’ imposta generale sull’ entrata di­ spone che « in corrispondenza dell’ imposta stabilita dall’ art. 1 del

presente decreto, sulle merci importate dall’ estero è dovuta, per il fatto obbiettivo dell’ importazione, una imposta nella stessa mi­ sura del 3 % stabilita per le entrale derivanti da trasferimenti di merci nel Regno ». Inoltre l’art. I 2 L. 1954 n. 570 dispone che

« sui prodotti industriali importati dall’ estero ed elencati in appo­

site tabelle è dovuta all’atto dell’importazione, in aggiunta alla

imposta di cui all’art. 17 L. 1940 n. 762, un’ imposta di conguaglio

rapportata all’ imposta generale sull’ entrata che gli stessi prodotti avrebbero assolto durante la loro fabbricazione in Italia ». Ora,

entrambi questi tributi che insieme costituiscono l’ ige sulle im­ portazioni, presuppongono appunto una avvenuta importazione di

(2) Il concetto di importazione è stato in genere considerato ovvio e come tale immeritevole di elaborazione approfondita. In realtà esso è stato e viene concepito nei modi più diversi, talvolta come puro passaggio della linea doga­ nale da parte di una merce estera (cfr. Blu m e n ste in, Sistema di diritto delle imposte, trad. Forte, Milano, 1954, 149 ss.; Hensel, Diritto tributario (trad. Jaracli), Milano, 1956, 354 ss.; Gian n in i A. D., Istituzioni di diritto tributario,

Milano, 1956, 452; Avvocaturadello Stato, Il contenzioso dello Stato negli anni W51-55, Roma, 1957, 714 ss. e per la giurisprudenza Cass. 6 giugno 1957, in questa Rivista, 1958, mass. n. 79; 10 settembre 1953, ivi, 1954, II, 128 ss. con nota adeisva di A. D. Gian n in i) ; talvolta come immissione di una merce estera nel consumo interno (così Cutrera, Principi di diritto e politica doganale, Pa­ dova, 1941, 4 ss., 83 ss.; Ingrosso, Diritto finanziario, Napoli, 1956, 224 ss.; e almeno implicitamente Di Lorenzo, Istituzioni di diritto doganale, Roma, 1954, I, 157) ; altra volta come introduzione di una merce estera nel mercato interno o come sua nazionalizzazione (Ale ssi, Monopoli fiscali, imposte di fab­ bricazione, dazi doganali, Torino, 1956, III, 332; Vanoni, Rote sul debitore del dazio di confine, in Riv. dir. comm., 1940, II, 89 ss.; Di Lorenzo, o. c., II, Ii3. La dottrina tedesca, è pure priva di una elaborazione approfondita del con­ cetto, ma sembra concorde nel concepire l ’importazione come introduzione della merce estera nel mercato nazionale. Cfr. per tutti Siegert, Zollgesetz, 5a ed., 1955; Id., Zölle, in Andbuch der Finanzwissenschaft von Gerloff u. Reumark 1956,' II, '722; Bühler u. Strickrodt, Steuerrecht, Wiesbaden, 1958, II, 334 e 339; Pendele, Das Steuerrecht für das Gebiet der Zölle und Verbruuchsteurn,

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merci. Ma le norme non precisano che cosa debba intendersi per tale importazione.

Come si riempie tale lacuna?

L’ unico gruppo di norme positive dalle quali sia possibile de­ durre un concetto compiuto della fattispecie-importazione è quello delle norme doganali. Di più gli artt. 17 ss. L. 762/1940 sull’ ige all’ importazione demandano l’ accertamento di tale imposta agli uffici doganali, a quegli stessi uffici cioè, che svolgono l’accertamento del debito tributario nascente dal dazio doganale. L’ art. 181 stessa legge impone al contribuente di dichiarare il valore imponibile delle merci ai fini della « ige importazione » nella stessa dichiarazione che egli deve presentare agli uffici doganali ai fini del dazio doganale. Lo stesso art. 183 determina il valore imponibile delle merci ai fini dell’ige importazione come valore al confine o come valore ufficial­ mente imposto, vale a dire con criteri identici a quelli in cui lo determina ai fini del dazio doganale. L’art. 19 stessa legge estende all’ ige il regime della temporanea importazione disciplinato ai fini del dazio doganale. L’art. 20 alle lettere 6), e), d), e) estende all’ ige importazione esenzioni già contemplate ai fini del dazio doganale. In­ fine l’ige sull’importazione è un’ imposta destinata a incidere sui prezzi delle merci importate nel territorio dello Stato, allo stesso modo dei dazi doganali e delle sovrimposte di fabbricazione ; essa è allora una imposta di consumo nel senso in cui lo sono questi ultimi tributi e fa pertanto parte della categoria dei diritti di confine, a cui si applica la legge doganale.

Dice infatti l’art. 72 L. n. 1424/1940 che « costituiscono diritti di confine, per quanto concerne le merci in importazione, i dazi di importazione, le sovrimposte di fabbricazione e ogni altra imposta

o sovrimposta di consumo a favore dello Stato ». Per quanto il con­

cetto di imposta di consumo sia giuridicamente assai vago, non è dubbio che l’ige all’ importazione vi rientri allo stesso titolo dei dazi doganali e delle sovrimposte di fabbricazione. Pertanto, ap­ pai tenendo i tre tributi alla stessa categoria per espresso ricono­ scimento legislativo, è necessario ammettere che essi colpiscano lo stesso presupposto.

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Orbene, ciò premesso, si constata che l’art. 6 legge 1940 n. 1424 ammette per le merci estere diverse destinazioni doganali e tra queste due diversi tipi di importazione, l ’importazione definitiva e l’importazione temporanea seguita da riesportazione. Poiché però si deve escludere che gli artt. 17 L. 1940 n. 762 e l 2 L. 1954 n. 570 si riferiscano alla importazione temporanea, in quanto questa viene disciplinata separatamente ai fini dell’ige dall’art. 19 L. 1940 n. 762, non resta che considerare l’ importazione di cui all’art. 17 L. 1940 n. 762 e l 2 L. 1954 n. 570, come importazione definitiva a norma dell’ art. 6 della legge doganale. Con che si viene a concludere che l’ importazione ai nostri fini è una destinazione doganale definitiva

di una merce estera. In che cosa consista tale destinazione risulta

non solo e non tanto dal termine importazione di per sé significante soltanto entrata della merce nel territorio dello stato, quanto dal sistema di norme che colpiscono la importazione : in primo luogo dalla identificazione del soggetto passivo dell’ imposta doganale. Or­ bene costui è alternativamente, a norma dell’ art. 5 l.d. il\ proprie­

tario della merce importata o colui per conto del quale avviene l'im­ portazione (3). È da escludere che soggetti passivi della obbliga­

zione doganale siano anche il presentatore della merce alla dogana o il detentore della merce stessa al momento del passaggio della linea doganale. Si deve infatti osservare che, se l ’art. 162 l.d. considera proprietari della merce anche tali soggetti, tale qualifica viene a co­ storo attribuita al solo fine di imporre ad essi l’obbligo della di­ chiarazione doganale, non certo al fine di parificare in toto il loro trattamento tributario a quello del proprietario o importatore della merce. Ciò risulta da diverse considerazioni. In primo luogo, se il presentatore della merce alla dogana o il detentore di essa al pas­ saggio della linea doganale, fossero soggetti passivi del tributo in quanto riconosciuti proprietari della merce ai fini doganali, il vet­ tore o a maggior ragione lo spedizioniere-vettore della merce estera 3

(3) Sulla identificazione dei soggetti passivi dell’obbligazione doganale cfr. Pesenti, I soggetti passivi dell’obbligazione doganale, in Studi per le scienze

giuridiche e sociali dell’ Università di Pavia, 1934, passim; Gian n in i A . D .,

Istituzioni, cit., 453; Al e ss i, Monopoli eco., cit., 282 ss.; Cutrera, o. e., 37 ss.; D i Lorenzo, o. c., I, 154 ss.; Vanoni, o. I. c.

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— 7

importata dovrebbero sempre essere soggetti passivi principali del tributo, essendo essi quanto meno detentori della merce al momento del passaggio della linea doganale : e ciò è invece contraddetto dal- l’ art. 17 l.d., il quale da un lato autorizza il proprietario della merce a farsi rappresentare da altri soggetti nel compimento delle opera­ zioni doganali e dall’altro lato aggiunge cbe se tale soggetto è uno spedizioniere, costui è responsabile in via sussidiaria del pagamento dell’imposta doganale in luogo del proprietario per le operazioni do­ ganali compiute (4). Dal che ovviamente si deduce che se il soggetto incaricato di compiere operazioni doganali non è uno spedizioniere, ma per esempio un vettore o altro qualsiasi incaricato, costui non è tenuto in base alla legge fiscale al pagamento dell’ imposta, nem­ meno in via sussidiaria, ma potrà essere tenuto a pagarla, solo in base al rapporto privatistico che lo lega al proprietario o al mittente. E allora si giungerebbe a questo assurdo : il detentore della merce al momento del passaggio della linea doganale, se è uno spedizio­ niere incaricato di compiere operazioni doganali, deve l’imposta in via sussidiaria come responsabile; se è incaricato di compiere ope­ razioni doganali ma non è uno spedizioniere, non deve l’imposta ad alcun titolo ; se non è incaricato di compiere operazioni doganali deve l’imposta come soggetto passivo principale. Così ad es. un vettore incaricato di compiere operazioni doganali non dovrebbe nulla alla dogana, mentre un vettore che tale incarico non avesse diverrebbe per ciò stesso soggetto passivo d’ imposta come il proprietario della merce. Ognun vede la estrema assurdità di tali conseguenze, che con­ sentirebbero di attribuire alla personale volontà del proprietario della merce il potere di dare o togliere ad un soggetto la qualità di debitore principale d’ imposta. In secondo luogo si deve osservare che non è concepibile la possibilità di considerare proprietari di una merce due o più soggetti distinti : bisogna alla fine decidersi per riconoscere la proprietà all’ uno o all’ altro. Invece è certo che il le­ gislatore, nel dettare l’art. 162 l.d. non si è lasciato minimamente turbare da questa preoccupazione : tant’è vero che dopo aver detto di considerare proprietario della merce il detentore di essa al mo­ mento del passaggio della linea doganale o il suo presentatore alla dogana, attribuisce colla medesima norma alla dogana il diritto di accertare, ad ogni effetto della legge doganale, chi abbia la pro­ prietà della merce suddetta. Ora, com’è possibile far dire ad un le- 4

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gislatore dotato di senso comune : considero proprietario Tizio, però ammetto la possibilità di accertare se il proprietario sia Tizio oppure Caio? Per salvare il legislatore dal ridicolo non cè che un modo, quello cioè di interpretare l’art. 162 nel senso che Tizio sia conside­ rato proprietario ai soli fini dell’ obbligo della dichiarazione, per quanto l’ effettivo proprietario della merce possa essere Caio, e che in tal caso costui soltanto debba considerarsi tale al ben diverso fine della identificazione del soggetto passivo del tributo: m defi­ nitiva il detentore o presentatore della merce sono considerati pro­ prietari ad un fine diverso da quello per cui è considerato tale l’ef­ fettivo titolare del diritto di utilizzare la merce. Del resto questa stessa conclusione è confermata dal fatto che il detentore o presen­ tatore della merce, obbligati a fare la dichiarazione doganale a norma dell’art. 16 l.d., devono in essa indicare, a norma dell’art. 182‘ , il nome, cognome e domicilio del proprietario delle merci che fosse da loro rappresentato. Ma come potrebbe il proprietario della merce essere il rappresentante... del proprietario della merce, se non ci potessero essere, ai fini doganali, due diversi proprietari della stessa merce, e cioè l’ uno riconosciuto tale ad un fine ben diverso da quello per cui lo è riconosciuto l’ altro (5)? Devono però a questo punto es­ sere previste due obbiezioni. L’ una sorge dall’art. 162 ult. parte l.d. Qui si ammette il diritto della dogana di accertare, ad ogni effetto della legge doganale, chi abbia la proprietà della merce. Il termine

proprietà della merce deve (qui) certamente essere inteso come pre­

supposto del debito d’imposta e non del solo obbligo della dichia­ razione; per togliere ogni dubbio su questo punto basta tenere pre­ sente che la proprietà della merce deve, secondo la norma in esame, Valere ad ogni effetto della legge doganale e quindi anche all’effetto previsto dall’art. 5 l.d. di identificare il soggetto passivo del tributo. Orbene, si potrebbe obbiettare che l ’ art. 162 ult. parte attribuisce alla dogana il diritto e non l ’obbligo di accertare il proprietario della merce e che, ove la dogana non esercitasse tale diritto, il solo soggetto passivo perseguibile per il debito tributario, rimarrebbe il detentore della merce al momento del passaggio della linea doga­ nale. Questi sarebbe dunque in tal caso soggetto passivo del de­ bito d’ imposta e non del solo obbligo di fare la dichiarazione pre­ scritta dall’art. 16 l.d. L’ obbiezione sarebbe però del tutto super­ ficiale. Essa sarebbe fondata, ove il diritto della dogana di identificare 5

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il proprietario della merce potesse essere arbitrariamente esercitata o meno, fosse cioè una facoltà rimessa all’ arbitrio di essa dogana. Ma ciò è assurdo. La dogana infatti non può mai rifiutarsi di iden­ tificare la destinazione doganale della merce estera, cioè se essa sia destinata all’ importazione definitiva o temporanea, alla spedi­ zione ad altra dogana, al transito o al deposito, poiché da tale iden­ tificazione dipende il contenuto concreto del debito d’imposta. Sic­ come poi per le merci estere tale debito sorge incondizionatamente nella sola ipotesi di importazione definitiva, è chiaro che la dogana non può imporre al detentore della merce alcuna prestazione in­ condizionata, se non provando la destinazione della merce stessa ad importazione definitiva. Tale importazione poi non può provarsi a sua volta, se non identificando l’ importatore, l ’ acquirente o il c.d. proprietario della merce estera. Nascono allora da ciò due conse­ guenze : la prima è che il diritto di accertare il proprietario della merce non è per la dogana una facoltà da esercitarsi ad arbitrio, bensì un potere-dovere di procedere all’ accertamento dell’ imposta nei modi e nelle forme stabilite dalla legge ; la seconda è che la do­ gana dopo avere esercitato questo potere-dovere, deve adeguarsi alle risultanze dell’accertamento compiuto e perciò considerare come soggetto passivo il proprietario effettivo della merce o colui per conto del quale l’importazione è fatta a norma dell’art. 5 l.d. Il deten­ tore della merce al momento del passaggio della linea doganale sarà così considerato debitore del tributo non già come tale, ma solo in quanto coincida o sia ritenuto coincidere col proprietario della merce e coll’importatore di questa.

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— l o ­

zione del proprietario della merce; in secondo luogo alla norma impone alla dogana, come pure si è visto, il potere-dovere

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con-— 11 con-—

siderarsi il presentatore o detentore, soltanto se una persona di­ versa non risulti da uno dei due mezzi di identificazione sopì a in­ dicati.

Le due funzioni ora ricordate dall’art. 16 devono essere accura­ tamente distinte, se si vuole comprendere la portata effettiva di que­ sta norma altrimenti incomprensibile, soprattutto per il fatto già rilevato che essa presuppone due concetti diversi del proprietario della merce. È vero che il legislatore ha formulato la norma in modo tale da non facilitare per nulla all’interprete la distinzione fra le due separate funzioni di essa. Ma è altrettanto vero che l ’interprete deve fare il possibile per superare i difetti dalla formulazione normativa, se almeno vuol tentarne una elaborazione su basi scientifiche.

In tale modo si può fissare tranquillamente la conclusione che proprietario della merce come soggetto passivo del tributo non è mai il detentore o presentatore della merce in quanto tale. Esso è dun­ que colui che la parola stessa giuridicamente significa, colui cioè che ha il diritto di godere e disporre della cosa. Ma per l’art. 5 l.d. soggetto passivo del tributo è anche l’ importatore, nel senso di colui per conto del quale, sia o no proprietario, avviene l’importazione : proprietario e importatore sono anzi soggetti passivi solidamente responsabili, come dice espressamente l’art. 5. Per avere il concetto generale e unitario di soggetto passivo del tributo bisogna cogliere l’elemento comune fra essi: orbene, questo elemento non può es­ sere altro che la disponibilità economica della merce nel mercato

nazionale.

D ’altra parte il presupposto di fatto del tributo deve essere ne­ cessariamente un fatto proprio dei soggetti passivi di esso ed allora l’importazione, per essere un fatto proprio di chi ha la disponibi­ lità economica di una merce estera nel mercato nazionale, deve ne­ cessariamente identificarsi nella introduzione della stessa merce estera

nel mercato nazionale suddetto (6).

(6) La dottrina germanica e qualche decisione del

nreteso di identificare il soggetto passivo principale del debito tributano do ganale° per importazione di merce, nel possessore della merce importata di­ l u e n d o S T f r a possessore immediato (che oltre a l l « » *

anche la detenzione della cosa), e possessore mediato che: ha sd o :1 “ £ £ £ *

possidendi, pur lasciando ad altri la detenzione, a ■ concetto di

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Del resto questo concetto risulta bene espresso dall’art. 55 l.d., secondo cui le merci estere per le quali sono stati pagati i diritti do­ ganali diconsi nazionalizzate, vale a dire legittimamente acquisite al mercato nazionale. Se il pagamento del tributo doganale è una pre­ stazione, il cui adempimento legittima la nazionalizzazione delle merci estere, vuol dire che tale nazionalizzazione è l’ evento vantaggioso che giustifica la prestazione imposta al contribuente, è in altri termini il presupposto di fatto dell’ imposta. Nazionalizzazione della merce estera è dunque presupposto di fatto del tributo così come l’ importa­ zione definitiva delle merci estere: nazionalizzazione e importazione definitiva delle merci estere sono dunque giuridicamente sinonimi (7).

Il punto ora precisato è di estrema importanza, in quanto per­ mette di definire, come si vedrà in seguito, la natura protettiva di qualsiasi tributo doganale che colpisce l’importazione definitiva di merci estere e quindi anche dell’ige importazione di cui si tratta nel presente studio.

Peraltro una conclusione come questa sul concetto normativo del presupposto di fatto del tributo, non può essere affidato alla ela­ borazione di poche norme particolari, sia pure di importanza fonda- mentale. Il presupposto di fatto è destinato a riflettere l’ intera fun­ zione del tributo, nella specie poi di tre tributi importanti come l'ige all’ importazione, il dazio doganale e la sovrimposta di fabbri­ cazione, ed è proprio necessario che qualunque concetto di esso si voglia sostenere, sia confermato dall’intero sistema normativo. Nel nostro caso poi, il concetto sostenuto sembra avere, almeno appa­ rentemente, natura economica più che giuridica, e perciò il far ve­ dere come esso abbia basi sicure nell’ intero sistema normativo, di­ venta un mezzo indispensabile, sia per confutare in anticipo le ob­ biezioni di economicismo, che ad esso concetto potranno essere mosse, sia per dare una prova di più che la giuridicità non è monopolio dei

lieole cinematografiche: costui deve certamente il tributo anche se non è possessore delle pellicole); e si può avere un possessore che non sia impor­ tatore (ad es. il contrabbandiere che introduce clandestinamente la merce estera nel mercato nazionale, e ne subisce il sequestro in pendenza del processo penale di contrabbando, rimane certamente possessore della merce, togliendogli il sequestro solamente la detenzione, ma non deve il tributo, come si vedrà meglio più avanti, perchè perde di fatto la disponibilità economica della merce im­ portata. Sembra dunque assai più aderente alla nostra legge identificare il soggetto passivo del tributo doganale in chi acquista la disponibilità economica della merce, per averla introdotta nel mercato nazionale, come sostenuto nel testo.

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dogmi elaborati nei settori extratributari dell’ordinamento giuri­ dico, ma è una caratteristica formale dei concetti di qualsiasi natura e di qualsiasi provenienza che può essere attribuito per il solo fatto di trovare fondamento in norme giuridiche (8).

L’esigenza di dare allora una sicura base sistematica al concetto di importazione come introduzione di una merce estera nel mercato

nazionale, mi impone l’ esame di un notevole numero di istituti del

diritto doganale, precisamente del contrabbando, abbandono e seque­ stro di merci estere, della loro confisca e importazione temporanea, infine della reimportazione di merci estere precedentemente espor­ tate ; ma dall’esame di essi risulterà chiaro che l’indicato concetto di importazione è il solo che può consentire di raccogliere in un sistema organico tutte le norme che vi si riferiscono ed è quindi il solo che da esse può considerarsi confermato ed accolto.

(8) Il carattere formale della giuridicità dei concetti, vale a dire il fatto che devono ritenersi giuridici tutti i concetti comunque fatti proprio da

norme giuridiche, non può essere, nè e mai stato in realtà posto in dubbio da alcuno. Ma fra i cultori dei diritto tributario è tenace il pregiudizio, che le norme tributarie debbano qualificare direttamente il minor numero possibile di fatti economici e che al contrario esse debbono qualificare, dovunque pos­ sibile, dei fatti economici già qualificati da norme giuridiche extratributarie. Tale concetto combattuto in dottrina particolarmente dal Griziotti (L’inter­ pretazione funzionale delle leggi finanziarie, in questa Rivista, 1949, I, 947 ss.l dal Vanoni (Natura e interpretazione delle leggi tributarie, Padova, 1932; lo..

L’unità del diritto ed il valore nel diritto tributaria degli istituti giuridici di altri campi, in questa Rivista, 1941, II, 243; In., Elementi di diritto tributario, 8 ss.), dal Gian n in iM. S. (Interpretazione e integrazione delle leggi tributarie, in questa Rivista, 1941, I, 95 ss.), è stato ancora recentemente difeso dal Berliri A.

(Principi di diritto tributario, Milano, 1952, I, 64 ss.; 1 [>., Le leggi di registro, Milano, 1960, 142 ss, in base al rilievo che le qualificazioni dei fatti compiuti da norme extra tributarie devono valere anche per il diritto tributario, ogni qualvolta le norme di questo non dispongono espressamente il contrario) e dal Romani (L’entrata imponibile nel sistema dell’ige, Milano, 1958, il quale ha

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3. Importazione e contrabbando. Relazioni fra le due fattispecie. Il contrabbando può definirsi una qualsiasi violazione della legge doganale costituente delitto e, per quanto comprenda anche 1 impor­ tazione di merci estere in frode ai c.d. diritti di confine, è ben lungi dall’identificarsi con essa. Innanzitutto costituiscono contrabbando anche i delitti doganali relativi alle esportazioni. Ma anche a pre­ scindere da ciò e limitandoci qui a considerare i delitti relativi alle importazioni di merci, appare subito evidente dalla semplice lettura delle norme positive che le fattispecie di tali delitti possono distin­ guersi in quattro categorie : 1) introduzioni di merci estere nel mer­ cato nazionale, avvenute in frode ai diritti di confine; 2) fatti che, pur non concretandosi di per sè in introduzioni di merci estere nel mer­ cato nazionale, lasciano presumere che tali introduzioni siano avvenu­ te ; 3) semplici tentativi di effettuare introduzioni di merci estere nel mercato nazionale in frode ai diritti di confine, stroncati prima che tali introduzioni si siano verificate; 4) tentativi infine di porre in essere fatti costituenti contrabbando e rientranti nelle categorie 1), 2), 3) sopraindicate.

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gli altri documenti doganali; quella prevista dall’ art. 99 f) l.d., di chi ha imbarcato merci estere in riesportazione su nave di stazza non superiore a cinquanta tonnellate ecc. In tutte queste ipotesi e in altre simili il fatto incriminato non è, come ben si vede, una illecita introduzione di merci nel mercato nazionale, ma un fatto diverso che lascia però presumere tale illecita introduzione. Sembrerebbe qui lo­ gico ritenere che al colpevole di tali fatti debba riconoscersi il potere di dare la prova contraria alla presunzione legislativa. Ma in realtà la legge riconosce questo potere solo eccezionalmente, come nel caso contemplato dagli artt. 91 e 97 /) l.d., in base ai quali chi detiene merci estere senza poterne provare la legittima provenienza, è punito a titolo di contrabbando se non prova di essere venuto in possesso delle merci in virtù di un reato diverso. In tutti gli altri casi, un tale potere non può essere riconosciuto al colpevole, non potendosi dedurre da norme eccezionali una regola generale e dovendosi d’ altra parte riconoscere l’ esistenza di un reato tutte le volte in cui risulta verificata la fattispecie criminosa stabilita dalle leggi. Ma se nelle ipotesi qui esaminate può sussistere reato di contrabbando anche se non esiste una introduzione illecita di merci nel mercato nazionale, si verifica però una prima sostanziale divergenza fra il concetto di importazione difeso nel paragrafo precedente e la sfera delle ipotesi di contrabbando.

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mercato nazionale e viene tuttavia qualificato contrabbando e punito colle stesse pene applicabili a tale illecita introduzione.

La divergenza fra le ipotesi di introduzione di merci estere nel mercato nazionale e le ipotesi di contrabbando, diventa poi massima, allorché la legge punisce come delitto di contrabbando dei semplici tentativi di porre in essere fatti che possono a loro volta considerarsi dei meri tentativi di tali introduzioni. Qui il rigore della legge doga­ nale diventa particolarmente accentuato in quanto si giunge a punire dei tentativi di secondo grado di introduzione di merci estere nel mercato nazionale. L’ art. 108 l.d. dispone così, con norma di carat­ tere generale, che per il tentativo di contrabbando si applica la stessa pena stabilita per il reato consumato. Orbene, coordinando tale norma con quelle che incriminano come contrabbando dei semplici fatti implicanti tentativo di introduzione di merci estere nel mercato nazionale, si deduce che anche i tentativi di porre in essere tali fatti sono puniti colle stesse pene del contrabbando. Così, se è contrab­ bando la detenzione di merci estere in depositi doganali di proprietà privata o dati in affitto dalla dogana senza la prescritta dichiara­ zione di introduzione (art. 103 l.d.), sarà tentativo di contrabbando a norma dell’ art. 108 l.d. il tentativo anche tempestivamente stron­ cato di introdurre in tali depositi merci estere senza la prescritta dichiarazione; così pure se è'contrabbando l’asportazione di merci estere dagli spazi doganali senza il pagamento dei diritti dovuti o senza dare le debite garanzie (art. 97d l.d.), costituisce tentativo di contrabbando a norma dell’art. 108 l.d. il tentativo di effettuare tale asportazione ecc... (9). In tale situazione è importante stabilire, se veramente la legge esclude daH’applicazione del tributo doganale quelle ipotesi di contrabbando che non si concretano in introduzioni illecite di merci estere nel mercato nazionale. La giurisprudenza do­ minante sostiene che il pagamento del tributo doganale debba aver luogo in ogni caso di contrabbando (10). Ma è qui doveroso riconoscere 9

(9) La dottrina in genere nega la possibilità di considerare delitti di con­ trabbando tali tentativi di secondo grado, di sottrarre merci al pagamento dei diritti di confine- Ofr. Nuvolone, II delitto di contrabbando nella nuova legne doganale, in questa Rivista, 1941, I, 60 ss.; Mo n tin i, o. c., 146 s.; Di Lobenzo,

Il contrabbando e gli altri reati doganali. Padova, 1956, 154 ss. Per quanto però la norma legislativa possa sembrare ripugnante, non mi pare possibile superare la sua chiara lettera, che si esprime nel senso indicato nel testo. Anche per questo è assolutamente necessario che una norma così rigorosa non venga estesa al di là del settore propriamente penale in cui opera, fino a far sorgere obbligazioni tributarie senza presupposto di imponibilità.

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che se non vi sono nella legge norme che espressamente contrastino tale tesi giurisprudenziale, non ve ne sono nemmeno di quelle che la confortano,

Non è tale la norma contenuta nell’ art. 145 l.d., secondo cui « il pagamento della multa o dell’ ammenda (a seguito di condanna per reato doganale) non esime dalPobbligo del pagamento dei diritti do­ ganali ». Infatti tale norma si limita a stabilire la compatibilità fra condanna per reati doganali e l’ obbligo di pagamento dei diritti doga­ nali, ma non dice affatto che ogniqualvolta vi sia condanna per reato doganale, vi debba necessariamente essere anche pagamento dei diritti doganali ; in altri termini essa stabilisce che la condanna per reato doganale non estingue il debito doganale che sia indipendentemente sorto a seguito del verificarsi dell’importazione, ma non stabilisce affatto che la condanna per reato doganale fa sorgere necessariamente un debito doganale, anche se nessuna introduzione di merce estera nel mercato nazionale si sia verificata. In secondo luogo l’art. 1451 legge doganale si applica sia nelle ipotesi di delitto di contrabbando, sia nelle ipotesi di contravvenzione doganale, come risulta dal fatto che essa si riferisce al pagamento della multa come al pagamento del- 1 ammenda ; e allora se si dovesse dedurre da essa che la condanna per delitto di contrabbando e perciò al pagamento della multa im­ plichi necessariamente anche il pagamento dei diritti di confine cor­ rispondenti alla introduzione di merce estera nel mercato nazionale, si dovrebbe dedurre allo stesso modo che anche qualsiasi condanna per contravvenzione doganale e perciò al pagamento di un’ammenda debba implicare condanna anche al pagamento dei diritti di confine, e così il capitano che àncora la nave fuori degli spazi stabiliti a norma delFart. 124'1 l.d. o il comandante di un aereomobile che

1938, III, 164; 11 marzo 1938, in Giur. it., II, 169; 12 luglio 1947, in Arch. pen.. Il, 165; 28 marzo 1949, in questa Rivista, 1951, II, 199; 5 ottobre 1953, in

Giur. Cass. pen., V, 224 ; 7 luglio 1954, in Giust. pen., 1955, II, 227. La tesi giurisprudenziale indicata nel testo si spinge fino a ritenere che, anche nei casi di contrabbando che non si concretano in una introduzione illecita di merci estere nel mercato nazionale, sono dovuti tutti i diritti di confine, compresa l’ige importazione, come se l ’iilecita introduzione si fosse effettivamente veri­ ficata. Cfr. sul punto Trib. Genova 17 luglio 1950, in Dir. prat. trib., II, 317; Cass. 19 gennaio 1952, in Giur. Cass. pen., II quadr., 169; 15 ottobre 1957, in

Giust. pen., 1952, II, 60. Contro tale tesi cfr. Cordone, in Giur. Cass. pen., 1953, V, 224, secondo il quale 1’esistenza di un delitto di contrabbando non può far esistere una importazione inesistente; De Vincentiis, in Dir. prat.. trib.. 1950, II, 317 ss. secondo il quale delitto di contrabbando e delitto di evasione al- l’ige sono delitti autonomi e perciò l’inesistenza dell’importazione anche se non impedisce in dati casi l ’esistenza del contrabbando, può impedire nei casi stessi l ’esistenza del delitto di evasione all’ige.

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attraversa il confine fuori dei punti prescritti a norma dell’art. 1251* l.d. dovrebbero i diritti doganali corrispondenti all’ importazione di merci estere anche se la nave o l ’aereomobile fossero del tutto vuoti di merci da importare. Il che sarebbe ovviamente assurdo !

Nessun argomento può trarsi poi in favore dell’ estensione del- Fobbligo di pagamento del tributo doganale a tutte le fattispecie di contrabbando, dalla circostanza che nella maggior parte dei casi la multa da infliggersi al colpevole è pari ad un multiplo dei diritti di confine dovuti. Infatti l’ espressione « diritti di confine dovuti » usata negli artt. 97 ss. l.d. non crea un obbligo nuovo di pagare 1 diritti di confine, ma si limita a confermare l ’esistenza di un ob­ bligo siffatto, che sia sorto in virtù di altre norme. Ora, se tali altre norme dispongono come si è visto il sorgere dell’obbligo di pagamento dei diritti di confine nei soli casi di introduzione di merce estera nel mercato nazionale, tale obbligo rimane ancorato al preciso presup­ posto suindicato, senza che la norma degli artt. 97 ss. l.d. lo possa estendere. Si potrebbe allora obbiettare che, dovendosi commisurare le multe disposte dagli artt. 97 ss. l.d. ai diritti di confine dovuti, anche in ipotesi in cui il contrabbando non si concreta in una intro­ duzione illecita di merci estere nel mercato nazionale e cioè anche in ipotesi in cui i diritti di confine non sono dovuti per quanto si e detto, le multe suindicate dovrebbero rimanere inoperanti per l’im­ possibilità di applicare i diritti di confine che ne sono la base di commisurazione. L’obbiezione però è facilmente superata, conside­ rando che le ipotesi di contrabbando incriminate dagli artt. 97 ss. l.d. si concretano tutte, se non in una introduzione di merci estere nel mercato nazionale, quanto meno in un tentativo di tale introduzione e quindi in un tentativo di evasione ai tributi doganali. Ora i diritti di confine dovuti di cui parlano gli artt. 97 ss. l.d. sono i diritti di confine evasi o che si è tentato di evadere, sono cioè diritti che il contrabbandiere deve pagare se li ha evasi, ma che non deve pagare affatto se si è limitato a tentare vanamente di evaderli. Del resto, il fatto che questo sia il senso dell’espressione « diritti di confine do­ vuti » di cui agli artt. 97 ss. l.d., risulta dalla constatazione che l’art. 106 l.d. la sostituisce coll’altra equivalente di « diritti evasi o che s-i è tentato di evadere ».

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sole ipotesi di contrabbando che si concretano in introduzioni ille­ cite di merci estere nel mercato nazionale.

In particolare i diritti doganali non dovranno applicarsi alle fattispecie indicate sub 3) e 4) del presente paragrafo, vale a dire ai tentativi di primo e di secondo grado di porre in essere intro­ duzioni illecite di merci estere nel mercato nazionale. Invece i diritti doganali dovranno applicarsi alle fattispecie di contrabbando indi­ cata sub 1), vale a dire alle accertate introduzioni illecite di merci estere nel mercato nazionale e dovranno pure applicarsi alle fatti­ specie indicate sub 2), vale a dire ai fatti che lasciano obbietti­ vamente presumere una avvenuta importazione illecita di merci estere, alla condizione però che la presunzione di avvenuta impor­ tazione non sia vinta dalla prova contraria che venga data in modo idoneo dal condannato per contrabbando.

4. Importazione e abbandono di merci estere.

L’esame delle norme relative all’abbandono di merci estere dà un contributo ancora più efficace alla dimostrazione della tesi qui sostenuta, che l’ importazione si realizza solo quando la merce estera viene introdotta non solo nel territorio, ma anche nel mercato na­ zionale (11).

Dell’ abbandono si occupano gli artt. 25 e 26 legge doganale e gli arti. 75-83 regolamento 13 febbraio 1896 n. 65. Si ha abbandono di merci estere ogniqualvolta, giunte tali merci alla dogana, l’importa­ tore o chi per esso : 1) non presenti la prescritta dichiarazione alla dogana entro tre mesi dall’arrivo ; 2) oppure impedisca per fatto proprio la visita doganale delle merci entro lo stesso termine ; 3) op­ pure non paghi i diritti liquidati dopo la visita doganale ; 4) oppure infine non ritiri la merce entro tre mesi dalla data di emissione della bolletta di importazione, qualora abbia pagato i diritti dovuti.

L ’art. 252 legge doganale fa derivare dall’abbandono l’effetto di attribuire all’ufficio doganale il potere di disporre delle merci ab­

bandonate : esso dice infatti che le meri i abbandonate « restano a disposizione della dogana » e che questa deve utilizzare il potere di

disposizione accordatole per il conseguimento dei diritti doganali. Da tale norma si può allora dedurre con sicurezza che l’abban­ dono delle merci non è un fatto estintivo dell’obbligazione doganale,

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poiché altrimenti non si spiegherebbe come la dogana possa acqui­ stare per effetto di esso il potere di disporre delle merci per il conse­ guimento dei diritti doganali dovuti. Ma è qui importante accertare se l’abbandono, in quanto è fatto volontario posto in essere dall’importa­ tore o dal proprietario della merce ed implica da parte di costoro nn acquisto già avvenuto di essa, sia considerato dalle norme doga­ nali come importazione definitiva della merce abbandonala. Se infatti si constaterà che la merce abbandonata non può considerarsi importata, e che essa per considerarsi tale deve essere venduta o ri­ lasciata dalla dogana ad un soggetto che la utilizzi nel mercato na­ zionale, si avrà un altro motivo per dedurre che la fattispecie-im­ portazione è integrata solamente dalla introduzione di una merce estera nel mercato nazionale, non dalla sua semplice introduzione nel territorio dello Stato e nemmeno dall’ acquisto della disponibilità di essa da parte di un soggetto operante in tale territorio.

Ciò premesso si deve osservare che il comportamento identifi­ cato dalla legge come abbandono di merce estera non ha alcun le­ game con una ipotizzata volontà del proprietario o importatore, di abbandonare la merce. Se si richiamano le ipotesi di abbandono pre­ viste dall’art. 25 legge doganale, si osserva : che il non presentare alla dogana entro certi termini la dichiarazione di una merce già as­ soggettata al potere di vigilanza della dogana stessa, significa solo volontà di non dare alla merce entro i termini di legge una delle de­ stinazioni doganali previste dall’ art. 6, non certo volontà di abban­ donarla a disposizione della dogana ; che l’ opporre ostacoli alla vi­ sita doganale può significare volontà di contrastare l’ accertamento doganale, così come il non pagare i diritti doganali liquidati si­ gnifica volontà di sottrarsi all’ adempimento dell’ obbligazione doga­ nale, ma mai in alcun caso volontà di abbandonare la merce a di­ sposizione della dogana ; che infine il mancato ritiro della merce dai depositi doganali dopo che si sono pagati i diritti dovuti, per quanto possa lasciare ragionevolmente presumere la volontà di abbandonare la merce a disposizione della dogana, non ha tuttavia necessaria­ mente questo significato. Inoltre l’abbandono della merce non è mai fatto dipendere dalla circostanza che il comportamento indicato dall’ art. 25 l.d. significhi volontà di abbandonare, tanto che mai al contribuente che versi in una delle situazioni indicate dal detto articolo, è consentito provare di non aver voluto manifestare col comportamento assunto la volontà di abbandonare la merce.

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transí-toria di un dato procedimento di imposizione doganale, l’abbandono non può valere pertanto, per la contraddizione che non lo consente, come importazione definitiva di merci estere.

La suindicata conclusione è confermata dal fatto che a norma dell’ art. 75 regol. 189C n. 65 le merci abbandonate debbono essere inventariate e poi depositate in magazzini sotto la diretta custodia

della dogana e dal fatto che, a norma dell’ art. 68a legge doganale,

alle merci ammesse nei depositi doganali e quindi anche a quelle abbandonate, può essere data una qualsiasi destinazione doganale. Dunque anche per ciò l’abbandono delle merci estere non vale ìm portazione definitiva delle stesse.

La medesima conclusione è ancora ribadita dall’ art. old D.I\ 26 dicembre 1958 n. 1105, il quale dispone che alle merci abban­ donate si applicano i dazi esistenti al momento della vendita che segue l ’abbandono e non al momento dell’ abbandono medesimo. Il che sarebbe assurdo se si considerasse l’abbandono come impor­ tazione definitiva di merce.

La medesima conclusione è infine confermata dall’ art. 83 regol. n. 65/1896 che disciplina l’abbandono di merci estere nelle ipotesi che un credito doganale sia già sorto con riguardo alla importa­ zione di esse. Tale norma dispone : « Le merci dichiarate e visitate per importazione, per le quali non sia stato possibile riscuotere i diritti liquidati, vengouo poste in vendita colle norme stabilite per le merci abbandonate. Alla vendita di tali merci si addiviene solo quando siano stati esperiti contro il debitore tutti i mezzi indicati dalla legge per il recupero del credito ».

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credito. Da ciò allora si deduce che il diritto di credito doganale deve essere sorto e fatto valere con ogni mezzo legalmente previsto, prima dell’abbandono, anzi che la nascita e l’ esercizio totalmente o parzialmente inutile del credito doganale sono degli elementi inte­ granti la fattispecie dell’abbandono di merci, non già degli effetti giuridici dell’abbandono stesso. In altri termini : secondo l’ art. 85 regol. non è l’ abbandono a far sorgere il credito doganale, ma è l’inutile esercizio del credito doganale già sorto il fatto che auto­ rizza la dogana a considerare le merci estere come abbandonate.

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inden-— 24 inden-—

nità, che vengono addebitate al contribuente a titolo di diritti do­ ganali, a norma dell’art. 85 legge doganale.

Per tutte queste ragioni, l’ abbandono rimette in movimento tutti gli elementi che contribuiscono a fissare il credito doganale : la de­ stinazione doganale, le tariffe doganali, l’ammontare dei diritti do­ vuti anche a parità di tariffe, e pertanto trasforma il credito doga­

nale certo e liquido 'prima esistente in un credito illiquido e incerto, non soltanto nel contenuto, ma persino nella sua stessa esistenza (12).

Questo interessante fenomeno di trasformazione di un credito certo e liquido in un altro incerto e illiquido è determinato dalla rela­ zione di strumentalità che esiste fra il procedimento di imposizione doganale e il credito doganale. Il primo è un complesso di atti e operazioni, ai quali l’ ordinamento giuridico collega effetti particolari, tutti orientati verso la costituzione di un credito doganale, ogni­ qualvolta venga accertata 1’esistenza di tutti i presupposti stabiliti dalla legge. Il credito doganale è dunque il risultato e il fine di tale procedimento ; e come tutti i risultati e tutti i fini non possono mai dirsi compiutamente verificati, finché l’ efficacia dei mezzi orien­ tati alla loro produzione non è interamente esaurita, così il credito doganale non può dirsi interamente e definitivamente costituito, finché il procedimento d’imposizione doganale non sia stato definiti­ vamente chiuso. Ma quando si chiude il procedimento d’imposi­ zione doganale? La risposta a questa domanda mi sembra chiara­ mente fornita dagli artt. 54 e 79 legge doganale. Il primo dispone che « verificate le merci, liquidati e riscossi i diritti, è consegnata al contribuente la bolletta di importazione » e su questa « deve es­ sere apposta la data in cui la merce è uscita dalla dogana ». Il secondo dispone che « dopo la verificazione delle merci, la liquida­ zione e il pagamento dei diritti dovuti, la dogana rilascia la bol­ letta di esportazione... nella quale deve essere indicato il termine di tempo entro il quale le merci debbono varcare la linea doganale... ». Da qui risulta che il procedimento di imposizione può dirsi defini­ tivamente chiuso a due condizioni : a) che alla merce sia stata data 12

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una destinazione doganale definitiva ; b) clie dopo il pagamento dei diritti dovuti la merce sia definitivamente uscita dalla dogana nel termine indicato dalla bolletta di importazione o esportazione. Prima che queste condizioni siano integralmente adempiute nessun credito doganale può dirsi definitivamente sorto con un preciso contenuto, nemmeno se le merci sono state controllate e visitate dalla dogana, i diritti liquidati e magari anche riscossi. Se la merce non esce dalla dogana nel tempo stabilito dalla bolletta di importazione o di esportazione, il procedimento di imposizione non si chiude e il cre­ dito doganale è soggetto a mutamenti o per Faumento dei diritti di magazzinaggio, o per indennità di lavoro straordinario al personale della dogana, o per il verificarsi dell’ abbandono delle merci col conseguente possibile mutamento delle tariffe daziarie applicabili o addirittura della destinazione doganale. Le considerazioni suesposte consentono di spiegare la disciplina, altrimenti incomprensibile, del­ l ’ipotesi di abbandono che si concreta nel mancato ritiro di merce estera dopo che i diritti doganali per essa dovuti sono stati pagati. Si deve infatti osservare che tale ipotesi di abbandono è discipli­ nata come tutte le altre, in quanto la legge non fa alcuna distinzione. Precisamente anche nell’ ipotesi in esame, la dogana acquista il po­ tere di disporre della merce abbandonata e può vendere la merce per ottenere il pagamento dei diritti dovuti (art. 252 6 3 legge doganale), anche in tale ipotesi l’avente diritto può ricuperare la merce, prima che sia venduta dalla dogana, previo pagamento di ima somma corrispondente ai diritti dovuti e alle spese (art. 263 legge doganale) ; anche in tale ipotesi si applicano i dazi vigenti al momento della vendita, da parte della dogana, della merce abbandonata e non quelli vigenti al momento della dichiarazione doganale o del pagamento dei diritti (art. 6ld D.P. n. 1105/1958). L’ applicabilità all’ ipotesi in esame di tutte le norme ora indicate, è dimostrata : da un lato dal- l’art. 253 legge doganale, che dispone doversi le merci estere, per le quali vengono pagati i diritti di confine e che non sono ritirate entro tre mesi dalla bolletta d’ importazione, considerare abbando­

nate; dall’altro lato dal fatto che le norme ora indicate non di-

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