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Cronache Economiche. N.250, Ottobre 1963

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OLIVETTI

ARREDAMENTI

METALLICI

"SPAZIO

"

Ing. C. Olivettl &

c.,

S.p.A.

(3)

cronache

economiche

mensile a cura della camera di commercio industria e agricoltura di tori no numero 250 - ottobre 1963

Corrispondenza, manou:rilti, pubblicazioni deb-bono euere Indirineti ali. Direzione della Ri-vis' •. L'accettazione degli adicoli dipende d.1 giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti f,rmali • siglati rispecchiano soltanto il pen-SIero dell'aulor. e non impegnano I. Direzione della RjYI\I. nè l'Amministrll.ione Camerale. Per I. recensioni I. pubblicazioni debbono es-ser. Inviat. in duplice copia. E' vietata I. ri-produzione degli .rbeoli e del'. note senza ,'autorizzazione del'. Di,ezione. I manoscrillt, anche se non pubblicati, non si resllluiscono.

Comitato di redulone: Ono Doti. Giuseppe Alpino Prof. DotI. Augusto Bargoni DotI. Clemente Celidonio Prof. Dott. Giovanni DalmaHo Doti Giuseppe Franco DotI. Gil!como Frisetli Prof Doti F. Palazzi - Trivelli Prof. Emilio Zl!ccagnini

Direttore responsabile: Prof. Doti. Giuseppe Carone

sommano

3 l'economia della zona alpina come problema europeo Conferenza sl4mpa del O, Giovanni Mana Vitelli

6 Il l" Salone Internazionale della Montagna IntervlSla con l'Ing. Giovanni Nasi

D. Gribaudi

10 Il mondo alpino nella Integrazione europea S. Gallio

15 ti fatlore demografico nelle zone alpine con particolare riguardo all'Italia A. Huubaume,

27 La popolazione nelle zone alpine con particolare riferimento all'Austria, alla Ger-mania, alla Jugoslavia

P. Crulchonnel

32 le disparità socio-economiche nella zona alpina con particolare riguardo allI! Svizzera e alla Francia

G. Ghil.,dl

37 le sisfe'Tlazioni montane nella zona alpina

L. Mose,

44 la razionallzzazlone delle destinazioni agro-silvo-pastorall delle Alpi G. Carone

53 TUrISmo e artigianato nello sviluppo della economia alpina

•• Tauhcher

58 l economia delle valli alpine ed il turismo F. M. Pacces

76 Può I industria rISalire le valli alpine?

E. ZlcCi;gnini

81 Strumenti di conoscenza e previsione nella programmazione economica S. Lombardi.1

88 la p:anificazione del territorio come strumento di valorizzazione della regione alpina

F. ROlenl.ld

91 l'economie alpine dans le cadre des plans françals de développement

96 In biblioteca

In copertinl!' Un acquerello di Guido Jannon

Direzione, redazione e amministrazione:

(4)

C )IER<\. DI CO\1\IER IO I D"C TRI E rFFICIO PROVL C[ LE I~D"C TRI

E AGRI OLTLR E Ol\f\lERCIO l'de: Palazzo Lascaris - Via Vittorio Alfi('ri, 1.5. Corrispollden;:;a: Via Vittorio Alfieri, 15 - Torino (120) - Casella Postale 41;3. Telegrammi: Camcomm.

Telefoni: 55.33.22 (5 linee). C/c pos/alc: 2'26170.

l'n izio Cassa: Cassa di Risparmio di Torino - ede Centrale - C/c 53.

BOR A "ALORI

BOR ~A MERCI

\'ia San France co da Paola, 28. Telegrammi: Borsa.

Telefoni: Uffici 54.77.04 - Comitato Borsa 54.77.43 - Ipettore Tesoro 54.77.03.

\'ia Andrea Doria, 15.

Telegrammi: Borsa I\lerci - Via Andrea Doria, 1.5. Te/efolli: 55.31.21 (5 linee).

GABl -ETTO CHIMICO :MERCEOLOGICO

(preso la Borsa :-'lerci) _ Vb Andrea Doria, 15. Telefollo: .55.35.09.

A questo numero hanno collaborato:

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L'economia della zona alpina

come problema europeo

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Presidente della Camera di commercio industria e agricoltura di Torino

La Camera di Commercio Indu~tria e Agricoltura di Torino ha organizzato un Conwgno Internazionale di Studi che si svolgerà nei prossimi giorni del 31 mag-gio 1-2 giugno.

E' chiaro che la scelta della data è già di per sè indicati\ a dell'intendimento della Camera di Com-mercio di partecipare nel modo più impegnativo e produttivo alle manifestazioni del primo Salone I n-ternazionale della Montagna che avrà luogo al Pa-lazzo delle Esposizioni al Valentino dal 30 maggio al 9 giugno.

Poichè spetta istituzionalmente alle Camere di Commercio di coordinare e rappresentare gli interessi, nel senso più alto del termine, dell' economia deIle pro-vince, si è ritenuto che l'iniziativa più conveniente comistesse in un Convegno di Studi, indetto a livello europeo, e avente per tema l'economia della zona alpina.

Dietro a queste parole, all'apparenza molto sem-plici, stanno preci i concetti e meditate motivazioni.

i è pemato innanzi tutto a un Com'egno di Studi appunto perchè, oggi come non mai, sono attuali i problemi dello sviluppo territoriale. Se nel periodo fra le due guerre la scienza e la dottrina economica appli-cate si sono ripiegate prevalentemente sulle questioni economiche con iderate nella matrice del tpmpo» t' tante ricerche si sono fatte sul 'ciclo , oggi è in primo luogo il problema del prognO' ~o bilanciato nello spazio . .\la è o\'vio che la soluzione di tale pro-blema richiede esatte documentazioni, approfondite

discussioni e razionali formulazioni di proposte. Ecco dunque perchè il nostro è, in primo luogo, un Come-gno di Studio.

La provincia di Torino d'altra parte è strettamente legata, nella sua evoluzione storica, alle vicende della catena alpina. In certo modo es a rappresenta la « ca-pitale morale », per usare una espressione abbastanza cara agli uomini del settentrione, delle genti che abi-tano il versante italiano deIIe Alpi. E le Alpi hanno i loro problemi, molto tipici e nettamente distinti da quelli di altre zone del paese. E' embrato pertanto quanto mai opportuno che fosse la Camera eli Com-mercio di Torino a porre in questa occasione il pro-blema dell'economia alpina come drgomento di analisi e eli dibattito.

Infine ~i è convinti che la cerchia delle Alpi non costitui ce ragione di separazione e di contrasto, ma motivo di unificazione e di intesa fra le varie genti che abitano i suoi versanti alle varie longitudini. Per que-sto si è voluto porre il Convegno su piano europeo, chiamando a parteciparvi relatori, esperti ed organiz-zazioni appartenenti non solo all'Italia, ma alla Fran-cia, alla Svizzera, alI'Austrw., alla Germania e alla

J

ugo lavia.

I!

concetto di economia alpina come problema ti-pico non è nuovo nel nostro paese e tanto meno negli altlÌ affacciantisi sul massiccio alpino. Già nel 1959 a Trento, ad iniziativa di quella Camera di Commercio, fu promosso un Convegno nazionale per lo sviluppo della regione alpina. Recentem nte a Grenobl!', nello

(0) Tt'nuta !lft'ssO la st'dl' della ,C.I.A. di Torino il 17 maggio }96;3.

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scorso aprile, si è tenuto il secondo Congresso di eco-nomia alpina, al quale pure hanno partecipato relatori ed esperti di sei paesi. A questi precedenti il Convegno della Camera di Commercio di Torino idealmente si ricollega e intende riprendere il discorso altrove av-viato per approfondirlo ulteriormente.

L'enunciazione dei temi che saranno trattati costi-tuisce di per sè una prova evidente. Nella prima gior-nata verranno messi a fuoco gli aspetti demografici e ambientali che caratterizzano le condizioni di vita delle genti alpine nei sei paesi interessati e saranno relatori i Professori Dino Gribaudi e Silvo Golzio de l-l'Università di Torino, il Prof. Adolf Nussbaumer de l-l'Università di Vienna e il Prof. Paul Guichonnet de l-l'Università di Ginevra. Nella seconda giornata ver-ranno studiate le condizioni attuali e le possibilità di sviluppo dei settori produttivi, incominciando dal pro -blema delle sistemazioni montane per toccare quello della razionalizzazione delle destinazioni agro-silvo -pastorali, quello del turismo, dell' artigi:mato e de l-!'industrializzazione: saranno relatori i Professori Fe -derico Maria Pacces e Guido Ghilardi dell'Università di Torino, il Prof. Luciano Moser dell'Università di Milano, il Prof. Anton Tautscher dell'UnIversità di Graz e il Prof. Giuseppe Carone libero docente in eco-nomia del turismo. Nella terza giornata saranno di-battuti i problemi del coordinamento delle iniziative dirette a promuovere l'avanzamento delle strutture economiche della regione alpina nel quadro dei pro-grammi nazionali ed europei di sviluppo: saranno re -latori i Professori Emilio Zaccagnini e Siro Lombar-dini dell'Università di Torino e il Prof. Félix Rosen-feld della Société d'Economie et de Mathématique Appliquées di Parigi.

A Grenoble si è parlato della regione delle Alpi come della « futura California d'Europa'». Anche se non vogli.amo essere così apertamente ottimisti, non possiamo tuttavia non convenire con quanto ebbe pure ad affennare in quella circostanza un grande spirito europeo, Louis Armand: « Nous devons offrir les Alpes à l'Europe et c'est pour cela que nous devons plaider notre dossier devant les plus hautes instances ».

Queste sono anche le nostre convinzioni e voglia-mo sperare che il Convegno sull' economia alpina come problema europeo rappresenti un passo avanti in que -sta direzione.

Sono state quindi poste dai giornalisti alcune do-mande alle quali il Dr, Giovanni MaTia Vitelli ha così risposto:

D, - Quali sono gli scop'i precisi che si pone

il

Convegno sull' Economia Alpina come problema eu-ropeo?

4

1

CRONACHE ECONOMICHE

R. - Si tratta di mettere a fuoco i problemi speci-fici della montagna alpina. Un conto è parlare di que-stioni montane in genere, un altro fissare l'attenzione su quegli aspetti che sono caratteristici di una deter-minata area montana. Si parla tanto di zone depresse del Sud, ma anche nel Settentrione vi sono « sacche » di sottosviluppo che vanno attentamente considerate, Su questi dati di fatto è merito del Convegno di Tre n-to del 1959 di aver attirato in speci.al modo l'attenzione.

D. - Quale azione svolgono le Cam,eTe di Com-meTcio Industria e AgTicoltura in fauoTe dell'economia alpina?

R. - E' noto che le Camere di Commercio costi-tuiscono innanzi tutto degli osservatori economici di primaria importanza. Non solo: esse, come ho già d et-to nella mia esposizione, hanno compiti di coordina-mento e di propulsione dell' economi,a di ciascuna pro-vincia. Da questo punto di vista l'attività delle Ca-mere di Commercio della fascia alpina non può che essere sensibile alle esigenze di una economia alpina, Posso aggiungere che molte fra queste Camere di Commercio hanno costituito apposite sezioni per la economia montana così da seguire in maniera più ef-ficace i problemi della montagna.

D. - Da questo Convegno nasceranno concrete iniziat'ive peT lo sviluppo dell' economia alp'i'M?

R. - Il secondo Congresso dell' economia ah)ina di Grenoble, da me citato, si è concluso con una mo-zione finale che propone la creazione di una « Confe-renza Permanente dell'economia alpina» avente que-sti scopi:

a) incoraggiare la costituzione in ciascun paese della regione alpina di un « Centro di economia alpi-na» incaricato di studiare i problemi che gli sono specifici;

b) riunire periodicamente i rappresentanti di tali Centri per una messa a punto dei loro studi in gior-nate di lavoro comuni;

c) tenere ogni quattro anni un Congresso per procedere all' esame dei problemi generaJi. delle Alpi europee.

Ritengo che non si possa fare a meno di concor-dare con le linee indicate dal Congresso di Grenoble e penso che il nostro Convegno rappresenti, per il nostro paese, un primo passo in tale senso.

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studiosi da Serpieri a Einaudi, per altri è patologico. Una politica razionale di sviluppo dell' economia al-pina deve proporsi una regolamentazione nel primo caso e creare le condizioni di un mutamento di rotta nel secondo. Il processo di decentramento industriale che caratterizza oggi molte città dell'Italia settentrio-nale offre, a questo proposito, possibilità assolutame n-te inesistenti nel passato. Si sta facendo strada l'idea che conditio sine qua non di sviluppo all'interno del massiccio alpino è il rilancio dei centri abitati di im-portanza media - aventi da 5000 a 15.000 abitanti -affinchè divengano città di irraggiamento. A Grenoble è stato anche detto che la vera Europa sarà quella d el-le province.

D. - Può citare alcune fra le esperienze estere che reputa applicabili con successo nella zona alpina ita-liana?

R. - Le esperienze più significative, per ciò che riguarda le attività secondarie, mi paiono quelle sv iz-zere. Esse contengono una indicazione chiara a favore delle industrie di trasformazione, delle industrie l eg-gere, delle industrie che incorporano «più materia grigia che materie prime ». Le Alpi sono fatte per l'in-dustria di qualità. Bisogna perciò fabbricare nelle no-stre vallate ciò che gli svizzeri da tempo fabbricano nelle loro: oggetti poco pesanti, di classe o di valore, suscettibili di. essere trasportati facilmente un po' dap-pertutto. Interessanti esempi anche francesi e austriaci in questo senso confermano la bontà di questa impo-stazione.

D. - Qual è il posto del tu-rismo nell'economia alpina?

R. - Il ruolo del tUlismo è senza dubbio prima-rio, in talune circostanze esso costituisce fattore de-terminante di benessere. In altri casi può convenien-temente servire quale fonte di integrazione di altri redditi.

D. - E quello dell'artigianato?

R. - Sono noti i vincoli assai stretti che legano l'artigianato al turismo. Dove il turismo è ben svilup -pato si danno le condizioni necessarie e sufficienti per un notevole impulso all' artigianato sia di servizi che artistico. Talune esperienze italiane, per non citarne altre, sono a questo proposito assai indicative.

D. - Come può inserirsi una politica di pmgresso pe"/" la regione alpina nei programmi nazionali e re gio-nali cli sviluppo?

R. - Il coordinamento delle iniziative, che costi

-tuisce ]' esigenza fondamentale di una politica di svi-luppo, postula che si tenga conto non soltanto delle grandi aree produttive ormai affermate, ma anche - e forse soprattutto - di quelle zone che costituiscono una riserva e un potenziale economico finora non ad e-guatamente sfruttato. In questa luce i programmi di sviluppo della regione alpina sono necessariamente legati a quelli di sviluppo delle singole regioni e de l-l'intero paese.

D. - Vi è nella zona alpina un problema di infra -strutture?

R. - Senza dubbio, come in tutte le aree plU o meno sottosviluppate. Per quanto riguarda le Alpi d i-rei che il problema delle infrastrutture è soprattutto problema di comunicazioni e di trasporti e, in misura forse solo di poco inferiore, di attrezzature ricettive.

D. - Il Convegno si rivolge anche all'attenzione degli uomini di Governo?

R. - Se il Convegno non riuscisse a richiamare l'attenzione dei pubblici poteri riuscirebbe soltanto a metà. Il Convegno di Trento del 1959 riscosse il pieno appoggio delle autorità

di

Governo e il recente Con-gresso di Grenoble rivelò una presenza estremamente attenta e interessata di autorità locali e centrali. AI nostro Convegno sono stati invitati tutti i parlame n-tari, senza alcuna distinzione di partito. Ci a uguria-mo che all'epoca dello svolgimento dei lavori il nuovo Governo possa essere già formato così da consentire la partecipazione del Ministro per lo sviluppo econo-mico del Mezzogiorno e delle aree depresse e dei Mi-nistri più interessati all'integrazione economica euro-pea. In ogni caso sarà cura degli organizzatori di far pervenire al nuovo Governo le indicazioni che sca tu-riranno dal Convegno.

D. - Qu.al è la situ.azione degli studi di economia alpina nel nostm paese?

R. - Ricerche sulle condizioni di vita nelle Alpi sono state condotte a suo tempo dal Serpieri; in epoca più recente dalla Camera di Commercio di Trento, dal Comitato Italiano per i Problemi degli Alpigiani (C.I. P.D.A.), dalla F.A.O., nonchè dalla Direzione Gene-rale dell'Economia Montana del nostro Ministero d el-1'Agricoltura. Si avverte tuttavia la necessità di ult e-riori iniziative e soprattutto di un migliore coordina-mento e di una identità di metodologie, anche rispe t-to a quanto si fa negli altri paesi della regione alpina. Si potrà attendere da ciò una migliore conoscenza del-le condizioni di fatto e probabilmente un impiego più produttivo del pubblico danaro.

(8)

Il

Salone Internazionale

della Montagna

D. - Qual è il uwtivo informatore e quali sono gli scopi del "Salone Internazionale della Montagna?». R. - L'Italia è un Paese di montagne, che cos ti-tuiscono oltre un terzo del territorio nazionale, con una popolazione di 9 milioni di persone: queste cifre ci sono sembrate costituire un motivo ed un argomento sufficientemente validi per lo studio dei problemi nuo-vi che la vita moderna estende fino alle valli ed alle cime.

D. - Quali sono le principali sezioni in cui si ar-ticola la manifestazione?

R. - Il nostro Salone vuole dare rilievo a tutti gli aspetti più attuali ed importanti della montagna, divi-dendosi in dieci grandi Mostre: la Rassegna Centena-ria del Club Alpino Itali.ano, che presenta, fra l'altro, una ricca e rarissima documentazione fotografica; la Rassegna dei Monti d'Italia - con una grandiosa sce-nografia delle nostre montagne - allestita dalle Orga-nizzazioni Turistiche Ufficiali di tutto il Paese; la Mo-stra delle Truppe da Montagna, che comprende gli Alpini, le Guardie di Finanza e l'Aeronautica Mili-tare per quanto riguarda le stazioni meteorologiche montane. Alcuni settori, inolt{e, sono dominio parti-colare dell'industria: tali la Mostra Internazionale dei Trasporti a Fune, in cui le maggiori Case italiane pre-sentano, i,n funzione, quegli stessi impianti che ven -gono oggi sempre più richiesti in tutto il mondo; la Mostra Internazionale di Macchine ed Attrezzature per lo Viabilità Invernale, i Cantieri Alpini, gli Impianti I droelettrici, l' Agricoltu l'a Montana e la Silvicoltura, dove sono grandiosamente e significativamente rap-presentate, in campo europeo, l'industria stradale ed automobilistica con tutte le sue più moderne attr ez-zature, l'industria cantieristica, quella elettrica ed in-fine quella trattoristica, con mezzi realizzati secondo

6

\

CRONACHE ECONOMICHE

Intervista

con

l'Ing. Giovanni

Nasi

Presidente del Salone rnternazion~le della Montagna

particolari concezioni che le gràndi Case hanno stu-diato per l'agricoltura d'alta montagna e per la silvi-coltura. Un argomento più che mai d'attualità viene illustrato nella Mostm Internazionale dei Prodotti Ti-pici e dell' Artigianato. A problemi particolarmente at -tuali ed importanti per la montagna è dedicata la Mo-stm Internazionale della Fauna e della Flora Alpina, mentre un successo particolare di pubblico ottiene la Mostra Internazionale degli Equipaggiamenti Sportivi, che va dall'abbigliamento alle attrezzature per gli sport ad alta quota, ed in particolare per gli sport della neve. Non abbiamo infine voluto trascurare quanto sulla montagna si scrive e si pubblica, e pertanto nella Mo-stra Internazionale della Stampa Alpina Tecnica, Scien -tifica e Divulgativa sono presenti le maggioTi Case edi-trici italiane e straniere, nonchè i più diffusi Periodici della Montagna.

D. - La montagna può costituire un mercato per la produzione industriale, e per quale produzione in particolare?

R. - Proprio al nostro Salone si può constatare quale grande mercato può costituire oggi la montagna. Ed in quali settori? In quelli di tutte le attrezzature sportive, dell' edilizia e soprattutto della trattoristica: l'agricoltura montana e la silvicoltura sono infatti i due maggiori patrimoni delle nostre « terre alte » e devono essere impostate secondo sempre più estesi criteri di meccanizzazione, per cui la trattoristica moderna stu-dia e realizza sempre nuove soluzioni costruttive.

D. - La montagna è ancora un possibile serbatoio di fOTze di lavoro e quali?

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di lavoro. E' necessario tuttavia che le fonti di tale lavoro siano sviluppate o, quando si renda necessario, create sul posto, affinchè cessi il fenomeno dello spo-polamento.

D. - Quale paTte potrebbe avere il fololO1'e nello sviluppo dell' economia alpina?

R. - Se nel folclore includiamo tutta quella serie di attività e di produzioni tipiche delle varie zone montane, allora il folclore deve appoggiare il turismo appoggiandovisi a sua volta in misura rilevante: essi devono cioè trarre l'uno dall'altro le possibilità di un continuo potenziamento.

D. - Qual è la situazione attuale delle attrezza-ture turistiche nelle zone alpine, e quale il contributo del Salone in materia?

R. - Direi che è una situazione discontinua. Ab-biamo, oggi, in Italia, le nostre «metropoli della neve» e molti grandi centri di villeggiatura montana, in cui l'attrezzatura sportiva-turistica è quanto di più per-fetto l'industria possa dare; ma esistono anche num e-rose altre località che, pur dotate di attrattive turisti-che non inferiori, attendono tuttavia ancora di essere convenientemente potenziate e sfruttate. In questo sen-so ritengo che, con il Salone, si possa effettivamente dire di aver compiuto un grande passo in avanti, poi-chè gli Enti per il Turismo, le Aziende Autonome di Soggiorno e le altre Organizzazioni Ufficiali hanno modo di presentare al pubblico queste zone. Così gli operatori turistici si trovano di fronte alle località disponibili con tutte le loro caratteristiche, e contem -poraneamente alle varie soluzioni offerte dagli impian-ti funiviari, dall'urbanistica, dall' edilizia alpina, ecc.

D

.

-

Si

può parlare di novità nel settore delle at-trezzature tecniche e che rispondano alle esigenze di particolari economie?

R. - Certamente, ed il Salone è uno specchio par-ticolarmente fedele di queste «novità per la monta-gna », che riguardano soprattutto le tendenze costrut-tive della trattoristica moderna, la quale va sempre più orientandosi verso un criterio generale di polivalen-za: in altri termini, come è stato anche auspicato da molti esperti partecipanti ai Congressi del Salone, l'in-dustria dovrà sforzarsi per avvicinarsi sempre più alla macchina ideale che, dotata di diverse attrezzature, possa falciare il fieno d'estate, sgombrare la neve in inverno e in primavera, abbattere gli alberi in autun-no, supplire in una parola a tutte le necessità d 'im-piego senza restare inutilizzata per lunghi periodi d el-l'anno. E' forse troppo pretendere, ma bisognerà co-munque tendere ad un traguardo molto prossimo.

D. - Il Salone vuol dire una parola nuova in tema di architettura alpina?

R. - Per quanto riguarda l'architettura, il Salone vuole soprattutto fare un discorso completo: infatti, oltre alla Rassegna delle abitazioni alpine, curata dai più celebri architetti italiani di montagna, sono pre-senti al Salone ben sette case prefabbricate. Questo allo scopo di illustrare le più diverse tendenze, dal punto di vista costruttivo, estetico ed ambientativo, della moderna architettura alpina in tutta Europa.

D. - Quali sviluppi Ella 1'itiene possibili per quan-to riguarda la diffusione delle case prefabbri.cate nelle zone montane?

R. - La richiesta di case prefabbricate da parte di privati va attualmente assumendo, in Italia, dimen-sioni sempre maggiori, e le cause sono evidenti: mag-giore economicità, praticità, rapidità di costruzione. Tuttavia l'adozione su larga scala di case prefabbri-cate in montagna è condizionata all'intenso incremen-to turistico di una determinata località o all'industria-lizzazione di una valle mediante la creazione di fab-briche e stabilimenti sul posto.

D. - Quali le novità in tema di viabilità invernale? R. - Per quanto concerne il suo settore dedicato ai mezzi sgombraneve, il Salone vuole essere soprat-tutto un «punto della situazione », - e proprio que-sto si è cercato di ottenere anche con l'organizzazione della « Giornata Internazionale di Studio sui Problemi della Viabilità Invernale » - a pochi mesi dal VI Con-corso di Sestriere. Dai risultati tecnici emersi allora, e dai dati economici che si possono già rilevare nel-l'ambito del Salone, la situazione si può riassumere cosÌ: i mezzi ci sono, praticamente per ogni necessità e circostanza. Manca ancora, in genere, la coscienza da parte delle Pubbliche Amministrazioni dell'impor-tanza del problema dello sgombero della neve per la vita dei centri abitati; spesso poi, quando questa co-scienza esiste, mancano i mezzi per dare ad ogni Co-mune (ed il problema è particolarmente urgente anche per il Meridione) il proprio sgombraneve.

D. - Quali innovazioni si hanno nel campo dei trasporti a fune?

R. - Di innovazioni veramente radicali è difficile parlare, ma è evidente che tutte le Case sono alla con-tinua ricerca di perfezionamenti meccanici, tali che possano garantire maggiore sicurezza, rapidità, portata e facilità di manutenzione. Un secondo lusinghiero rilievo è dato dalla constatazione che le funivie ita-liane sono sempre più richieste in tutte le parti del

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mondo, dal Karakorum al Kenya, dagli Stati Uniti al-l'America del Sud.

D. - Quali la pmtecipazione ed il contributo de l-l'mtigianato al Salone Internazionale della Montagna, con pmticolare riferimento ai settori dell' anedamento, dell' abbigliamento e dello sport?

R. - Il settore dell'artigianato, che riscuote un suc-cesso di pubblico veramente grandioso, è stato e mi-nentemente impostato secondo il criterio delle parte-cipazioni collettive, per poter offrire al visitatore nu-merosi elementi di varietà e di confronto; sono per-tanto presenti al completo, con tutta la gamma delle loro produzioni, gli Artigiani ed i Commercianti della Provincia di Torino, che illustrano le più moderne realizzazioni per l'abbigliamento e lo sport di mon-tagna, gli Artigiani dell'Alta Valle di Susa, della Valle d'Aosta e di numerose Valli venete, specializzati nella produzione di mobili e suppellettili tipiche che hanno, già in questi giorni, dimostrato di incontrare il favore del pubblico del Salone; non mancano tuttavia le par-tecipazioni aziendali, italiane ed estere, che presenta-no novità particolari soprattutto per l'abbigliamento degli sciatori e per la realizzazione di sci con mate-riali e procedimenti inediti.

D. - La Mostm ha due sezioni particolarmente interessanti che riflettono la flora e la fauna montana. Ella pensa che in questo particolare settore vi siano specifici provvedimenti da adottare anche in relazio-ne agli episodi dello scorso inverno?

R. - I provvedimenti da adottare per la conser-vazione della fauna e della flora alpina sono ovvia-men te moltissimi: dall' educazione dei turisti, al rispet-to per il paesaggio, ad una migliore organizzazione che impedisca ai bracconieri di commettere stragi a danno degli animali dei Parchi Nazionali. Secondo me, tuttavia, l'importante è che tali provvedimenti vengano applicati con urgenza ed in maniera radicale, poichè le conseguenze della trascuratezza non possono non rill.ettersi in modo assai dannoso sullo sviluppo tu-ristico delle varie zone, senza 'contare l'irrimediabile depauperamento del patrimonio faunistico italiano, ed il rischio della totale estinzione di determinate vege-tazioni in certe zone.

D. - Come si i.nquadra e quale funzione econo -mica ha avuto, nell'ambito del Salone, il Convegno I ntemazionale sull' Economia della Zona Alpina come Problema Europeo?

R. - Il « Convegno Internazionale di Studio sul-l'Economia della Zona Alpina come Problema Euro-peo », si autodefinisce come una Manifestazione di grandissima importanza proprio nell'ambito di un

Sa-8

1

CRONACHE ECONOMICHE

Ione della Montagna, poichè essendo oggi le Alpi, come è stato più volte sottolineato nel corso del Con-vegno stesso, un elemento di unione e non più di separazione, tutti i problemi dell' arco alpino vanno considerati alla luce delle attuali dimensioni politiche ed economiche, quelle stesse che hanno portato alla creazione di organizzazioni di lavoro e di mercato su basi europee e per cui i grandi trafori alpini, r ecentis-simamente realizzati o ancora in stadio di progetto, assumono un'importanza economica eccezionale ed es-senziale.

D. - Nel quadro delle manifestazioni oollatemli al Salone è stato organizzato un Convegno Nazionale dei Consigli di Valle. Quale si può considerm·e la fun-zione politica degli stessi e quali sono i possibili con-creti apporti che essi possono fornire a favore dei pro-blemi che affliggono le nostm montagne?

R. - I Consigli di Valle costituiscono certamente un fatto politico di non poco rilievo. Essi sono infatti la rappresentanza democratica della Zona Montana, nuovo concetto territoriale di intervento. Questa rap-presentanza, oltre ad esprimere la volontà degli Enti Locali, consente inoltre una partecipazione diretta del-le forze economiche e di lavoro operanti nelle singole Valli. L'apporto concreto che i Consigli di Valle pos-sono portare alla soluzione dei problemi della nuova visione zonale della montagna, è dato dalla loro stessa natura giuridica di consorzi di Enti Pubblici, affian-cati dalle forze economiche che operano nella zona. In queste condizioni i Consigli di Valle rappresentano, o meglio potranno rappresentare qualora vengano accol-te le istanze presentate da ogni parte in materia di fi-nanziamento e di regolamentazione, degli strumenti di effettiva rinascita della montagna italiana.

D. - Ella ritiene che il Salone Internazionale del-la Montagna costituisca il primo di una lunga serie?

(11)

E.P.T. -Torino

(12)

Il ",ondo alpino

nella integra

zione

europea

Dino Gribaudi

1. - Europeità delle Alpi

Quando si pensa all'individualità geografica del-l'Europa come al naturale fondamento della sua unità, si è portati ad additarne i caratteri salienti più nel fa -vore climatico della posizione, nella piccolezza della massa terrestre, nel profondo frastaglio delle coste, che non negli aspetti del rilievo. Eppure, se ben si guarda, il tratto fisico che meglio impersona ed espri-me la fisionomia del nostro continente è proprio dato dal sistema alpino. L'azzurro dei nostri mari, le ghir-lande di isole che fronteggiano la terraferma e le ar-moniose penisole che se ne staccano, le pianure e i laghi che ne smaltano le depressioni possono trovare delle « copie conformi» in altre parti del globo terra c-queo; il paesaggio delle Alpi è un « unicum »: un qua-dro di cui non esistono imitazioni o contraffazioni.

Appalachi, Montagne Rocciose, Cordigliera delle Ande, Atlante, lo stesso Himalaja, la Cordigliera Au-straliana sono marginali, o per lo meno eccentrici. Le Alpi sono piantate nel cuore geometrico dell'Europa. A differenza delle grandi montagne asiatiche e ameri-cane, esse non raggiungono altezze quasi stratosferi-che e irrespirabili: non sorgono da vasti altopiani dif-ficili all' accesso ed al transito, ma direttamente dalla pianura o dal mare. In nessun posto le Alpi s'innalzano come un blocco massiccio ed insuperabile, tanto da costituire un vero impedimento alla circolazione. In-somma, con le loro fattezze e con le loro dimensioni, le Alpi consacrano e suggellano il carattere fondam en-tale dell'Europa quale terra della misura, del giusto equilibrio, dovunque aperta al movimento e all'inse-diamento degli uomini.

Effettivamente, non c'è sulla terra sistema monta-no più « umanizzato » delle Alpi, più carico di storia, più strettamente associato ai destini dei popoli circo-stanti. Certo, anche i più moderni progressi tecnici in tema di comunicazioni non hanno affatto abolito le Alpi come ostacolo. Ma la funzione separatrice del sistema alpino, così sensibile in campo climatico, in campo antropico non ha punto la fatalità e la rigi-dezza che poeti e politici le hanno, di quando in quan-do, e quasi sempre interessatamente, assegnato. In li-nea generale si può dire che nessun movimento o co-struzione umana proveniente dal basso ha trovato nella displuviale alpina un fattore di arresto definitivo.

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I

CRONACHE ECONOMICHE

Nelle Alpi s'incontrano, è vero, i limiti dei tre gran-di gruppi linguistici dell'Europa: il latino, il germa-nico, e lo slavo. Ma è altrettanto vero che sono abba-stanza frequenti le tracimazioni e gli espandimenti di questa o di quella lingua sul versante opposto. Quan-to alle frontiere politiche, troppo di rado si ricorda, che il loro - d'altronde non sempre ottenuto - coincidere con i sommi fastigi del sistema alpino è cosa di data recente. In realtà, i confini politici hanno sempre mi-rato a travalicare la massa montuosa, così da compren-derne le due fiancate. La storia del dominio territo-riale di casa Savoia è luminosa testimonianza di que-sta tendenza al possesso di ambo i versanti. La lunga durata e l'integrità della Svizzera ne sono, in buona misura, una conseguenza.

2. - L'unità del mondo alpino

Il frazionamento politico delle Alpi fa troppo spes-so dimenticare che, ad onta delle divisioni introdotte dagli uomini, esse costituiscono, come già riconosceva Strabone venti secoli fa, una peculiare unità geogra-fica, fisica, antropica, economica. La varietà di anda-mento, di costituzione geologica e petrografica delle Alpi, con monti così diversi - come gli antichi mas-sicci granitici e porfirici, le svettanti catene e i ghiac-ciai delle Alpi occidentali, i torrioni e i pinnacoli delle Dolomiti - con versanti disimmetrici, con solchi \'al-livi qui trasversali, là longitudinali, non tolgono che il sistema alpino si presenti come un tutto unico, dalla tagliente personalità naturale.

Sotto il profilo antropico è interessante notare come l'area alpina corrisponda a quella di una propria razza - appunto l'alpina - riconoscibile su ambedue i ver-santi. Pure su ambedue i versanti si riscontrano assai spesso strettissime affinità dialettali. Il caso dei dialetti franco-provenzali nell'ambito delle Alpi Graie, Cozie e Marittime è quanto mai significativo.

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dipendere dal di fuori. Ma anche i mercati cui si ricor-reva si trovavano nella cerchia delle montagne patrie.

Di fronte alle esigenze degli scambi locali non esi-stevano barriere di sorta. Passaggio di ghiacciai, fre -quenza di alti e pericolosi valichi oggi disertati, stan-no a dimostrare come non si esitasse dinanzi alle mag-giori asprezze della natura alpina. Alimentato, oltre che dalle necessità economiche, dalle relazioni di pa-rentela e dalle frequenti sagre religiose, intenso era il movimento di persone, di cavalcature, di merci, di greggi tra l'una e l'altra valle dello stesso versante. Ma, altrettanto intenso, e non meno libero da ogni impac-cio che non fosse dovuto al rude ambiente fisico, era il traffico tra i due versanti del sistema alpino, vinco-lati in intima solidarietà economica, oltre che dallo scambio di merci e di persone, dal possesso e dall'uso comune di beni silvo-pastorali.

Contro questo vecchio mondo abitudinario, per molti lati completamente libero di sè e fiero della sua libertà, ma povero e indebolito dal suo stesso iso la-mento, la penetrazione del progresso economico, sotto forma di generi di consumo, di manufatti, di servigi comodi e rapidi, provenienti dalla pianura, ha avuto facile gioco. Cessata, o di gran lunga diminuita, la con -venienza economica di certe colture e di molta parte della produzione locale, artigiana e domestica: sp ez-zata o allentata di molto la rete degli scambi e ntroal-pini: ostacolato con impedimenti fiscali, doganali, mi-litari, burocratici, il libero transito dall'uno all'altro versante: aboliti gli antichi privilegi e livellati con que l-li della pianura i carichi tributari, la montagna alpina è stata squassata da una crisi economica che ha esa -cerbato antichi fenomeni di abbandono della terra, diventata matrigna avara e sconoscente di fronte al-l'aumento dei bisogni e di maggior comodità di vita.

E tuttavia anche oggi il mondo alpino conserva una propria struttura economica e demografica, di cui è massimamente responsabile l'ambiente fisico. E' su-perfluo mettere qui l'accento sull'asprezza delle condi-zioni di clima e di rilievo in cui si svolse la vita delle genti alpine. Altrettanto superfluo è far notare come queste genti siano obbligate da potenti cause restrit-tive ad orientare la loro attività in poche direzioni. In rapporto diretto col clima, col rilievo, con la composi-zione delle rocce sono la grande estensione delle aree improduttive, e la frequenza e la disastrosa violenza di calamità naturali come le valanghe e le piene dei tor-renti, la cui minaccia permanente costituisce un triste appannaggio della regione alpina. L'erosione del poco suolo apparirebbe un ben più diffuso e grave flagello, ove il montanaro cessasse di tenere in piedi o di rico-struire i muretti a secco e i ciglioni che intagliano, come un grandioso lavoro a sbalzo, tanta parte dei fian-chi vallivi delle Alpi.

L'unità fisico-economica del sistema alpino si tra-duce in una serie di caratteri generali. Anzitutto nella prevalenza delle superfici a bosco ed a pascolo, con \"arie proporzioni di essenze arboree e di forme di go-verno, su proprietà privata o collettiva, con assai fr e-quenti diritti d'uso, con allevamento di bestiame per

larga parte bovino, con un regime fondiario di ardua, faticosa manutenzione, e con sistemi di conduzione tra i quali la conduzione diretta predomina nettamente. Questa regge anche l'utilizzazione del limitato suo -lo agrario, tutto di proprietà privata, con un ordin a-mento colturale tipicamente scaglionato in altezza -dai prati irrigui di fondovalle agli ultimi campicelli di segala ed ai prati ancora falciabili - in aziende gene-ralmente di pochi ettari, sminuzzati in numerose, spes-so microscopiche particelle, disperse lungo i pendii, con discreto sviluppo della produzione di cereali e di pa-tate, di castagne e di altra frutta, con troppo parsimo-niose concimazioni, scarsa meccanizzazione agraria, a l-levamento fondato specialmente sulla pratica dell'a l-peggio e sulla produzione del latte. Tra le vecchie in-dustrie locali quelle del legname e dei prodotti caseari conservano la maggior importanza. Per quanto in de -clino, l'artigianato e il lavoro a domicilio, autonomi o integranti, valgono ancora a ridurre, qua e là, gli effetti della lunga vacanza bianca durante i mesi in-vernali.

In queste condizioni - che significano d'ordinario povertà e incertezza di risorse e di entrate, me dio-crità e monotonia di alimentazione, rusticità di dimora, isolamento - e nonostante i maggiori redditi appor-tati localmente dallo sviluppo della circolazione e delle attività industriali e turistiche, l'arco alpino figura (è cosa notissima) come zona economicamente depressa. Di qui, altre manifestazioni generali dell'unità alpina, che interessano il patrimonio demografico, la sua s trut-tura, la sua recente evoluzione ed alle quali non accen -no neppure perchè costituiscono materia di speciali relazioni nel corso di questo stesso convegno.

Infine, mentre l'Europa postbellica stava dandosi un nuovo assetto, il mondo alpino ha trovato modo di affermare la sua individualità anche in campo politico-amministrativo. Così, alle autonomie cantonali della Svizzera si sono affiancate quelle concesse in Italia alla Valle d'Aosta, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia, come riconoscimento di particolari situazioni storico-etniche, legate a caratteristiche locali dell' a m-biente montano.

3. - Di f?"Onte a. nuove comuni esigenze

Nel passare dall'antico stato di autosufficienza e di indipendenza effettiva a quello di parte integrante di più vasti spazi politici ed economici, il mondo alpino, pur mantenendo i tratti d'insieme ora sommariamente delineati, subì, lungo la nuova rete delle strade e delle ferrovie, la penetrazione del progresso moderno, in modo diverso e con ritmo più o meno celere a seconda delle disponibilità finanziarie e degli orientamenti po-litici dei varii Stati di appartenenza. Ciò vale sopra t-tutto per l'incremento delle industrie che venne a differenziare abbastanza nettamente certi versanti ri-spetto ad altri (quello delfinasco-savoiardo, per ese m-pio, rispetto al piemontese) e certe valli nei confronti di altre.

Nello stesso tempo esasperazioni nazionalistiche e motivi di difesa, o strategica o economica, da'lano alla

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linea di frontiera un'efficacia discriminativa prima ignota, mettendo, .tra l'altro, in più cruda evidenza le differenze di prezzo e gli ostacoli al movimento con cui le tariffe doganali elevate, o meglio, disugualmen -te elevate, pesano su determinate merci di vasto con-sumo. E' istruttivo, al riguardo, quanto scriveva al-cuni anni fa uno studioso dello spopolamento nelle valli ossolane: « Essere sulle montagne a contatto co-gli svizzeri che pagavano il tabacco, lo zucchero, il caffè, il cioccolato, e tanti altri generi a prezzi not e-volmente inferiori a quelli che dovevano pagare i no-stri montanari, se costituiva un incentivo alla profes -sione del contrabbando (altrettanto lucrosa, quanto p e-ricolosa) era, in pari tempo un termine di confronto troppo forte e continuo per non esercitare una influen-za deleteria sull'animo delle nostre popolazioni, nelle quali permaneva il ricordo dei perduti privilegi fiscali » (V. Brocca (6), Valli Ossolane, in « Lo spopolamento montano in Italia» Roma 1932, t. I, voI. I, p. 36).

Di fronte alla crisi economica che vem1e investe n-do l'arco alpino nel suo insieme e che, per effetto di contrasto col rapido avanzamento delle sottostanti r e-gioni di pianura, si espresse e si esprime sostanzialmen-te in un più manifesto grado di arretratezza, gli Stati poggianti su quell'arco non rimasero indifferenti, ma come è naturale si comportarono diversamente, a se-conda delle diverse situazioni e degli interessi locali, delle possibilità finanziarie, degli indirizzi generali de l-la politica economica: ognuno cioè adottò una propria politica alpina ed emanò una serie di provvidenze l e-gislative dirette a sanare le più preoccupanti deficienze del proprio settore montano.

La diffusione di nuove tecniche dei trasporti con funivie, seggiovie, ecc.; l'incremento dell'alpinismo, l'avvento del turismo di massa, se valsero ad attenuare le ulteriori differenze create nelle condizioni di vita dei montanari dalle diverse politiche nazionali, lascia-rono tuttavia sussistere abbandoni di terre, vuoti di occupazione, cali di produttività e di reddito, sfasature di investimenti: tutte questioni di fondo con aspetti demografico-economici variamente m.a largamente di-stribuiti e alla soluzione delle quali, per l'interpiden-denza che vincola i fattori dell'economia montana, non sembra più possibile provvedere seriamente senza qual-che intesa da parte degli Stati alpini. E ciò soprattutto allo scopo di coordinare, di fro'nte a comuni esigenze di un ambiente comune, le misure protettive e gli in-terventi stimola tori singolarmente adottati.

L'atmosfera di comprensione internazionale crea-tasi nell'immediato dopoguerra, ma specialmente lo stretto avvicinamento operato si fra Stati europei entro lo schema di organismi regionali, hanno indubbiamente spianato la via a convegni, inchieste, studi, condotti insieme da personalità di paesi alpini. Già lungo sareb-be l'elenco di tali iniziative, ma qui mi permetterò sol-tanto di ricordare, a mò di esempio, le laboriose inda-gini italo-franco-svizzero-germanico-austriache guidate dalla FAO per uno studio internazionale sulla vita ru-rale nella cerchia alpina: indagini culminate nella

pub-121

CRONACHE ECONOMICHE

blicazione di una assai interessante monografia (FAO, La vie rurale dans l'are alpin, Roma, 1960).

Così l'unità geografico-economica del mondo alpi-no, associando i paesi interessati nella considerazione di problemi analoghi, se non uguali, ha ripreso il so-pravvento sull'artificiosa divisione dei confini politici. ed ha, tra l'altro, portato a notare i gravi inconvenienti delle provvidenze parziali, dei piani slegati. Non di-mentichiamo, tuttavia, che all'invito suasivo (ed anche costrittivo) della montagna ha risposto la buona volon-tà degli uomini. Solo così, in verità, la cerchia alpina può e deve diventare, come dice il programma del no-stro convegno « motivo di unificazione e d'intesa fra le varie genti che l'abitano ».

L'interesse di questo richiamo alpino all'armonia dei rapporti fra i paesi contermini è reso ancora più grande dalla loro appartenenza a sistemi economico-regionali diversi. L'Italia e la Francia sono membri della C.E.E. e della C.E.C.A.; la Svizzera e 1'Austria fanno, invece, parte dell'E.FT.A. e dell'O.E.C.D.; la Jugoslavia è legata economicamente all'Europa occi -dentale, ma per gli aspetti ideologici rientra nel bloc-co orientale, mentre professa un' equidistanza politica fra i due blocchi. Intorno alla piattaforma alpina sono dunque accomunati nella ricerca di soluzioni valide per i suoi problemi d'insieme non soltanto Stati e na-zioni resi confinanti dalla posizione geografica, ma paesi che seguono destini diversi e che l'attrazione di altre forze tende a mantenere disgiunti. Perchè non guardare alle Alpi come ad un terreno di intesa capace di preparare sostanziali progressi sul difficile cammi-no di una più integrale unità europea?

4. - Dimensioni europee del mondo alpino

Questa funzione il mondo alpino può essere chi a-mato a compiere invocando il peso di valori fisici, an-tropici ed economici di cui non sempre si ha adeguata coscienza. L'ombra delle Alpi - per usare un 'espres-sione di E. De Martonne - spazia su una grande par-te dell'Europa. Esse hanno, di fatto, fornito all'attività erosiva e al trasporto dei ghiacciai e dei torrenti quella immensa congerie di materiali morenici ed alluvionali che ha formato le grandi pianure subalpine. La pia-nura del Po, il pianalto bavarese, le colline della Sviz-zera, il corridoio del Rodano sono più o meno 1'opera dei corsi d'acqua alpini quaternari: un'opera che pe-netra per centinaia di chilometri nel cuore del con ti-nente e che può considerarsi come il supporto mate-riale delle ricchezze agrarie che nutrono tanta parte d'Europa.

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del Nord, col risultato che, sovente, sull'Europa ce n-trale regnano delle alte pressioni caratterizzate ne ll'in-verno da giornate limpide e fredde. Ecco perchè, a non grande distanza dalla riviera ligure, Torino e Milano sono note per i rigori del loro clima invernale. Come è facilmente comprensibile, l'estollersi delle Alpi di-sturba, tutt'intorno, la distribuzione dell'umidità at-mosferica.

Favorendo la condensazione dell'umidità stessa in piogge di rilievo che si aggiungono a quelle frontali

ed all'acqua accumulata nei ghiacciai, le Alpi sono diventate il serbatoio idrico del nostro continente. I suoi fiumi più importanti, di fatto, nascono da sorgen-ti nel.sistema alpino o ne ricevono la maggior parte del loro deflusso. Così il Rodano e il Po, così il Reno

ed il Danubio. La fusione delle nevi permanenti e dei ghiacciai mantiene abbondante d'acque, durante l'es ta-te, il Reno olandese e si fa sentire fino alle bocche del Danubio.

L'estensione dell'influenza alpina nei riguardi delle vicende europee appare non meno grande quando dal-l'ambiente fisico si passi a considerare quello umano. Si può anzi dire che l'importanza antropica del mondo alpino non ha fatto che svilupparsi ed ampiarsi col pro-gresso dei tempi. Nell'antichità classica il pensiero delle Alpi (<< infames frigo re Alpes» come le chiama Livio) s'accompagnava indissolubilmente a quello di un tre -mendo ostacolo, posto di traverso alle comunicazioni tra l'Europa occidentale e settentrionale e il mondo mediterraneo. L'ostacolo era troppo lungo a girarsi: bisognava prenderlo di petto. Ma il suo passaggio, an-corchè favorito da profondi valichi e dalla costruzione di ardite strade, era paventato per il succedersi di pericoli mortali e si compieva rapidamente: «quam maximis itineribus ».

Tra le risorse delle valli alpine solo quelle mine -rarie (e non tutte, naturalmente) trovavano smercio al di fuori della cerchia montana. Così il sale del Salz-kammergut, che veniva esitato in Boemia, così il ferro di Cogne e l'oro della bassa Valle d'Aosta contesi ai Salassi dagli imprenditori romani, che disponevano di migliaia

di

schiavi. Durante il basso medio evo il ri-bollimento, il torbido dilagare, l'accavallarsi di cor-renti etniche e di regimi politici sembrano farsi gioco della barriera alpina, abbandonata a se stessa in uno stato di pennanente anarchia. Poi, lentamente, quella barriera, funzionando da frangiflutti, placa il tumul-tuare dei popoli e l'impeto disordinato delle tendenze politiche, economiche, sociali, inalveando gli uni e le altre in letti distinti, tra sponde vieppiù stabili.

E' forse ancora da scriversi una storia che mostri quale parte spetti alle Alpi nel determinare la strut-tura e la conEgurazione della nascente Europa. Certo una delle sue funzioni di allora, quella di rifugio, pro -pria delle alte valli, valse a conservare alla nostra civil-tà insegnamenti, costumi ed energie che in seguito avrebbero irrobustito fedi, vivificato menti, difeso con -trade di tutta Europa.

Quando, con il prosperare delle fiere delle Fiandre e di Champagne da una parte, e delle Repubbliche

marinare dall'altra, il bassopiano del Reno e della Schelda e quello del Po divennero i due poli dell' eco-nomia mercantile europea, le Alpi furono come un alto ponte gettato a saldare, attraverso lo scambio del -le merci e le comuni tendenze della vita sociale, le due parti più diverse dell'Europa. Di questo fiorire dei traf-fici transalpini la montagna non ebbe a beneficiare gran che. L'accresciuta importanza dei suoi valichi do-veva invece avere decisive conseguenze sulla vita di insediamenti umani posti all' esterno ed anche a note-vole distanza dall'arco alpino.

Mentre Torino trae la maggior parte dei suoi pro -venti dai pedaggi che pagano le merci avviate oltralpe per il Moncenisio e per il Monginevro, ai piedi dell' al-tro versante analoghi vantaggi arricchiscono Chambé-ry. Le fortune commerciali di Milano sono legate al Sempione, al Maloggia, poi al San Gottardo. In Sviz-zera è Berna che ha tratto profitti dalla strada del Sempione, mentre Monaco di Baviera, la vicina Augu-sta e Verona, si trovano sull'asse stradale passante per il Brennero. Ma, come si diceva poco fa, anche centri più lontani hanno ricevuto incentivi ed appoggi alloro sviluppo da relazioni intrattenute con passaggi tran -salpini. Grazie a tali passaggi sono quello che sono Lione, Norimberga e persino Venezia e Vienna. Non per nulla il Piemonte meridionale si popola di nuovi centri proprio durante la maggior frequenza dei viag -gi transalpini di mercanti e di romei. Non solo Cuneo, Savigliano, Fossano, Mondovì, ma Asti ed Alba stessi, lungo il corridoio del Tanaro, sentono avvinte le loro sorti a quelle dei valichi alpini della valle di Susa, tanto da lottare disperatamente per assicurarsene il libero transito.

Come s'è già accennato, relativamente tardi, e cioè con l'apertura delle comunicazioni moderne, il mondo alpino ha veduto valorizzata e diffusa tutt'intorno una discreta aliquota della sua produzione mineraria, for e-stale, agraria, zootecnica. Questa forma di espansione economica del sistema alpino, causata da impulsi ester -ni, è stata, però, preceduta ed accompagnata da una espansione demografica che ha raggiunto ancor. più vasti orizzonti e che appare motivata da cause interne. In realtà, per lunghi periodi le Alpi hanno servito come un serbatoio di gagliarde forze umane, che, cresciute di troppo rispetto alla sua capacità di sostentamento, han-no travolto la resistenza loro opposta dall' amore de l-la terra natia, ed hanno dilagato per tanta parte d' Eu-ropa, seguendo il cammino dei fiumi della stessa ori-gine. La colonia valdostana di Parigi può essere rigua r-data come una delle numerose isole di deiezione che l'alluvione alpina ha sparso per il continente. Visto sotto questo profilo, e cioè come un generoso apporto di sane, rudi tempre alpestri alla demografia ed al la-voro di più contrade europee, lo spopolamento mon-tano, a proposito del quale siamo stati assordati da tante querimonie e atterriti dalle più apocalittiche pre -visioni, non assume effettivamente il significato e

il

valore di un contributo della montagna alpina all'unio-ne più profonda, quella del sangue, fra i popoli del nostro continente?

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Il mondo alpino non si è fatto soltanto donatore di uomini. Grazie allo sviluppo delle comunicazioni e della tecnica parecchie delle sue ricchezze, prima uti-lizzate soltanto all'interno o alla periferia del sistema, hanno potuto servire a nuovi usi e raggiungere ben maggiori lontananze, estendendo l'influenza economi-ca del sistema stesso. Il ferro delle miniere di Liconi, estratto come magnetite a 2500 metri di altitudine, e lavorato dalla « Cogne» ad Aosta, si spinge, sia sotto forma di acciaio, sia sotto forma di prodotti mecca-nici, sino alle sponde atlantiche, in Portogallo e in Belgio, a quelle adriatiche in Jugoslavia ed in parec-chi altri paesi europei esterni all'area alpina. Anche la siderurgia delle Alpi orientali ha sbocchi estesi a buona parte del continente. Produttrici di alluminio, di carburo di calcio, di esplosivi, di concimi chimici, le Alpi contano oggi in campo industriale assai più di una volta.

E ciò specialmente per l'entrata in circolo di un' al-tra abbondante ricchezza alpina: l'acqua, diventata carbone bianco ed agevolata nelle sue capacità di la-voro dai forti dislivelli dei versanti e dagli invasi rica-vabili con lo sbarramento di alte conche e di valloni laterali. Si può calcolare che più di 70 miliardi di kWh annui siano prodotti da cadute d'acqua nell'ambito del sistema alpino. Ma bisognerebbe anche tener con-to dell' energia elettrica che le acque d'origine alpe-stre permettono di generare al di fuori della cerchia delle Alpi: a Sciaffusa e sul canale d'Alsazia, me dian-te il Reno; a Génissiat e a Donzère per mezzo del Ro-dano; a Moncalieri e Torino, a San Raffaele Cimena, attraverso i deflussi del Po e della Stura di Lanzo.

Le moderne reti di interconnessione hanno ancora allargato l'area di influenza dell'elettricità di prove-nienza alpina, sicchè 1'energia delle Alpi francesi giun-ge a muovere macchine, ad illuminare strade, a riscal-dare uomini in quel di Parigi, mentre, per portare un altro esempio, 1'acqua di torrenti e di fiumi delle Alpi orientali è l'anima energetica di buon numero di in-dustrie torinesi e piemontesi. Altamente istruttivo e ricc9 di significato ideale, oltre che d'importanza pra-tica, è il fatto che, assai prima di tanti progetti di col-laborazione economica regionale, e cioè all'inizio de l-l'attuale secolo, i paesi alpini avessero deciso di scam-biarsi energia attraverso elettrodotti destinati ad igno-rare linee di vetta e confini politici. con una forma di aiuto reciproco che può ben additarsi come prodromo di successive integrazioni su maggior scala.

A questo punto sarebbe assai interessante poter stabilire con qualche precisione il valore delle importa-zioni e delle esportazioni dirette da e verso il mondo alpino dal restante dell'Europa, e, più ancora, la quota parte del movimento commerciale europeo che passa attraverso le Alpi. Dati difficili ad ottenersi, natural-mente, ma, a conti fatti, non potremmo non rimanere fortemente impressionati notando come una lunga bar-riera di alte montagne, lungi dal costituire una zona di isolamento e di freno, sia in realtà un'area .di con-centrazione del movimento, dei traffici, delle scambie-voli relazioni tra i popoli.

14

I

c R o N A C H E E C o N o M I C H E

La presenza di confini che mettono in rapporto di stretto vicinato sei importanti Stati europei, ma soprat-tutto la posizione geografica delle Alpi, come passag-gio obbligato fra paesi ad economie in larga misura complementari, danno ragione dell'accennata ed ap-parentemente contradditoria intensità di linee com-merciali. Effettivamente si potrebbe estendere al com-plesso del sistema alpino l'appellativo di « plaque tour-nante » del commercio europeo, che si dà comunem

en-te alla Svizzera. La rapida esecuzione di grandiosi tr

a-fori quali quelli che ci interessano così da vicino e il fiorire di altri progetti non meno grandiosi costituisco-no una riprova dell' accresciuta importanza di questa

funzione di smistamento, anche in relazione all 'aumen-tato volume dei traffici fra i paesi aderenti alla C.E.E. Si tratta qui di un patto regionale che viene ad invol-gere buona parte dell'area alpina, facendola partecipe

del più vasto respiro economico che il patto stesso comporta.

Luogo di passaggio, di cernita, ma anche di sem-pre più fitti incontri, le Alpi. E ciò grazie specialme n-te alla diffusione dell'alpinismo e poi del turismo, di classe e di massa. Le vecchie villeggiature alpine in cui non si poteva contare che su compagnie nostrane

oggi sono in parte diventate (almeno le maggiori) sta-zioni internazionali. Quanto alle nuove, esse sorgono già con l'ambizione di richiamare clienti d'oltre fron-tiera. E al di sopra delle frontiere alpine è un crescente ricercarsi, un accennarsi, un invitarsi, un ritrovarsi nel-la comune ansia delle prove di ardimento per cengie e per ghiacciai, nella contemplazione di così splendide bellezze naturali, nel godimento della serenità e della pace che spirano da vette e

da

convalli.

"

Dinanzi ai sublimi spettacoli della natura alpina, in un ambiente che innalza l'uomo al di sopra delle solite meschinità e lotte quotidiane, nella ricerca di un' armonia che ci affratelli con i nostri simili come vuole l'esempio della vita condotta nel rude mondo alpestre, si creano le condizioni migliori per trattare e per discutere problemi relativi a più larghe intese fra i popoli e gli Stati. Come ho voluto mostrare, in modo di cui sono il primo a non essere soddisfatto, il problema alpino, attese le ripercussioni che ha e può avere sul resto del continente, è diventato problema eropeo. Cercare di assicurare alla montagna alpina un più stabile e coordinato equilibrio economico e sociale, significa lavorare per l'integrazione europea. E d'altra parte, oggi non è più possibile affrontare le questioni inerenti ad un miglior futuro per la nostra montagna sulla base ristretta delle preoccupazioni nazionalistiche di un tempo.

Che, grazie a questo convegno, un soffio di spirito europeo investa il mondo alpino, ne vivifichi angoli morti e aree stagnanti, per dargli Ull respiro più degno

degli sconfinati orizzonti che le sue vette dischiudono,

(17)

Il fattore

demo~rafico

nelle zone alpine

con particolare

ri~uardo

all' Italia

1. - I termini generali dei problemi della demo-grafia alpina sono ben noti avendo dato occasione a studi di carattere generale ed a ricerche monografiche. Per quanto riguarda l'Italia è sufficiente ricordare l'in-dagine dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria e del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Le zone alpine italiane sono caratterizzate da forti movimenti migratori e spesso da profondi squilibri nel-la composizione della popolazione per età e per sesso. I tassi di natalità sono di solito piuttosto bassi: quelli di mortalità, se (tenuto conto della composizione della popolazione per classi di età) non sono particolannen-te elevati, in non pochi casi conducono ad un saldo negativo nel movimento naturale. In alcune zone tale fatto aggrava il saldo pure negativo dei movimenti migratori, così che si manifesta nel tempo una flessio-ne, più o meno accentuata, nell'ammontare della po-polazione.

E' ben noto d'altra parte che spesso il fenomeno dello « spopolamento montano» non si manifesta come diminuzione della popolazione complessiva di una zona alpina, ma con lo spopolamento di parte di essa, com-pensato nel totale dallo sviluppo demografico delle parti economicamente più favorite: è il caso tipico di certe valli ove in alcune località lo sviluppo turistico o industriale è stato notevole.

Questo premesso e per non ripetere cose ben note, abbiamo cercato di raccogliere nella presente rela-zione alcuni dati fondamentali che permettano una visione di assieme del fenomeno nel tempo e su tutto l'arco alpino interessante !'Italia (l).

Abbiamo considerato anzitutto lo sviluppo della popolazione residente nei comuni montani delle pro-vince delle zone alpine, secondo la classificazione ado

t-tata dall'Istituto Centrale di Statistica. A questo ri-guardo ricordiamo che per « zona montana» secondo tale classificazione ai fini statistici si intende il terri-torio caratterizzato dalla presenza di notevoli masse rilevate aventi altitudini di nonna non inferiori a 600 metri (zona alpina).

Peraltro i livelli altitudinali sono suscettibili di

spo-Silvio Golzio

stamento in relazione ai limiti inferiori di determinate zone fitogeografiche, ed inoltre sono comprese nella zona di montagna le aree intercluse fra le masse rile-vate costituite da valli, altipiani ed analoghe configu-razioni del suolo.

L'allegato numero uno presenta la ripartizione dei 1420 comuni montani, delle 18 provincie la cui super-ficie in tutto o in parte è inclusa nell'arco alpino, se-condo la quota altimetrica. Tale quota si riferisce alla sede del comune, che di solito si trova nel fondo valle; si spiega così l'elevato numero di comuni, 47 su cento, la cui quota altimetrica risulta inferiore ai sopra ricor-dati 600 metri. Si notano profonde differenze tra pro-vincia e provincia, tanto che si passa, come casi limite, dalla provincia di Varese, nella quale il 91 su cento dei comuni ha sede a quota inferiore ai 600 metri, alla provincia di Cuneo, ove tale percentuale scende al 18 per cento. Appare quindi chiaro che la classificazione adottata non è la più adatta per il nostro studio, anche perchè essa comprende (data la configurazione delle valli alpine del versante italiano) zone che da un punto di vista economico hanno caratteristiche ambientali profondamente diverse. Non avendo possibilità di scel-ta, data la natura della nostra indagine, dovremo per lo meno tenere presenti tali riserve nelle conclusioni.

2. - Con questa avvertenza rileviamo anzitutto che, nel periodo dal 1901 al 1961 (riferendo ci alla stessa superficie territoriale) la popolazione residente nei co-muni montani come sopra definiti risulta aumentata del 17 % contro un aumento del 53,5 % per il com-plesso della popolazione italiana. La densità di popo-lazione è salita da 53 a 60,8 abitanti per Kmq.; men-tre la densità media italiana è passata da 109,1 a 167,6.

Il quadro complessi\'o indicherebbe dunque un au

-mento, se pur lieve, della popolazione dei comuni mon-tani, ma un esame più di dettaglio pennette di indi-viduare andamenti difformi nelle varie province delle zone alpine (allegato 2°).

(l) Ringrazio vivamente gli uffici della Camera di Commer -cio di Torino che hanno collaborato nella raccolta dei dati per

questa relazione.

(18)

Infatti, per i comuni alpini delle province di To-rino, Cuneo, Imperia, Savona (e cioè di tutta la fascia alpina delle Alpi Marittime, Cozie e Graie) ed all' estr e-mo opposto per quelli della provincia di D dine la po -polazione negli ultimi cinquant'anni ha subito una for-te diminuzione. Dna diminuzione, però più lieve, si nota pure nelle province di Verona, Vicenza e Belluno. La popolazione della Valle d'Aosta, stazionaria per quasi un secolo, è lievemente aumentata negli ultimi quindici anni. Limitate variazioni all'aumento si ri-scontrano nelle province di Vercelli e di Trento. Al contrario risulta fortemente aumentata la popolazione residente nei comuni montani delle province di Bol-zano, Brescia, Bergamo, Como, Varese e Novara, ed in minor misura quella di Sondrio.

Volendo precisare con qualche maggior dettaglio le variazioni intervenute nell'ammontare della popola -zione della zona alpina italiane possiamo rilevare:

a) Nei comuni montani di quattro province il fe -nomeno del declino numerico della popolazione appare di antica data, e precisamente la popolazione dal m as-simo di sviluppo demografico raggiunto nel 1881 è diminuita nel 1961 come segue:

Torino: - 25 %

Cuneo: - 42,5 Ofo

Imperia: - 42 Ofo

Savona: - 34,2 Ofo

b) Per la provincia di D dine il declino della po -polazione dei comuni montani risale all'ultimo tre n-tennio con una diminuzione nel 1961 del - 12,7 % in

confronto al 1931;

c) Per i comuni montani delle Alpi venete il f e-nomeno, appena accennato fra le due guerre, si ma-nifesta chiaramente nell'ultimo decennio con le s e-guenti diminuzioni nel 1961 in confronto al 1951:

Verona: Vicenza: Belluno: - 13,5 Ofo 6,9 Ofo 1,3 Ofo

d) Si deve rilevare che per i comuni montani delle Alpi Occidentali, esclusa 'la Valle d'Aosta, il de -clino numerico, della popolazione, è continuato ne l-l'ultimo decennio, nonostante la fortissima riduzione verificatas,i in precedenza.

Abbiamo infatti le seguenti ulteriori diminuzioni dal 1951 al 1961:

Abitanti Variazioni

1951 1961 'I. SAVONA 13.060 11.192

-

1.868 -- 8,3 IMPERIA 28.574 25.487 - 3.087 - 10,1 CUNEO 132.774 114.941 - 17.883 - 13,6 TORIIO 154.167 141.987 - 12.180 - 7,8

161

CRONACHE ECONOMICHE

e) Dal 1951 al 1961 è invece aumentata la po-polazione dei comuni montani delle seguenti province:

Valle d'Aosta:

+

7,3 Ofo

Vercelli:

+

l,l Ofo

Novara:

+

5,3 Ofo

Varese:

+

9,5 Ofo

Como:

+

4,5 Ofo Sondrio:

+

5,2 Ofo Bergamo:

+

2,5 Ofo Brescia:

+

6,9

Ofo

Bolzano:

+

11,9

Ofo

Trento:

+

4,3

Ofo

Si delinea così, nelle grandi linee, questo fatto ca-ratteristico che il declino, ahneno dal nostro punto di vista, dei comuni montani delle Alpi italiane, si l oca-lizza in quelle zone che in gran parte sono state fuori dal processo di trasformazione economico e di svilu p-po industriale, sia questo dipeso dalle condizioni am-bientali o dall'ubicazione dei comuni stessi.

Questa valutazione di assieme nasconde situazioni locali e particolari molto diverse, talchè anche in quel -le province ove la popolazione dei comuni montani è aumentata nel suo complesso, si riscontrano singoli comuni o gruppi di comuni ove è diminuito, spesso in rilevantissima misura, il numero degli abitanti. Men-tre, al contrario, anche nelle zone alpine, nelle quali la popolazione complessiva è in diminuzione, si riscon -trano comuni che presentano una popolazione in au -mento.

Non è possibile in questa sede analizzare dettagli a-tamente le variazioni numeriche della popolazione di ben 1420 comuni montani; ci limitiamo soltanto a n o-tare che l'aumento si riscontra quasi sempre per co-muni che presentano sviluppo industriale o turistico,

mentre al contrario appaiono in diminuzione le popo-lazioni dei comuni che hanno conservato la tradizi o-nale struttura economica.

Ricorderemo ad esempio qualche caso più sign ifi-cativo nell'ultimo decennio.

In provincia di Cuneo sono aumentate le popola -zioni dei comuni montani di Borgo San Dalmazzo, Manta e Verzuolo, comuni con notevole sviluppo indu-striale ed ai margini della zona montana.

In provincia di Torino è aumentata la popolazione di 17 comuni montani, tutti di fondo valle e a forte sviluppo industriale (Susa, Perosa, Bussoleno, Condove, Pont, Lanzo, ecc.) o con notevole importanza turistica, come Bardonecchia.

In Valle d'Aosta, analogamente: Aosta, Cogne, Courmayeur, Issogne, La Thuile, Pont Saint Martin, Saint Vincent, ecc.

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